PERCORSO ANTOLOGICO
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vitae summa brevis spem nos vetat inchoare longam. Iam te premet nox fabulaeque Manes et domus exilis Plutonia; quo simul mearis, nec regna vini sortiere talis, nec tenerum Lycidan mirabere, quo calet iuventus 20 nunc omnis et mox virgines tepebunt.
aequo) che non fa differenza alcuna tra ricchi e poveri è luogo comune in ogni tempo. Si veda anche l’ode oraziana II, 14, 11-12 [ T19]. – tabernas ... turris: oggetti di pulsat. Tabernas, che designa le umili capanne dei poveri, è vocabolo “basso” e prosastico; turris (= turres), metonimia per i magnifici palazzi ornati di torri dei ricchi e dei potenti, è termine poetico. – O beate Sesti: solo ora viene pronunciato il nome del destinatario, subito dopo la riflessione di sapore gnomico sul comune destino di morte dei ricchi e dei poveri. Infatti beatus significa «felice», «fortunato», a designare colui al quale non manca alcun bene morale né materiale. – vitae ... longam: costruisci: summa brevis vitae vetat nos inchoare spem longam, dove summa brevis vitae, lett. «la somma breve della vita [= la somma breve, il numero limitato degli anni, dei giorni che ci è concesso di vivere]», è soggetto di vetat, da cui dipende l’infinitiva oggettiva nos... inchoare (lett. «che noi incominciamo», «intraprendiamo»; nos è accusativo soggetto dell’infinitiva); spem longam è oggetto di inchoare. Implicita l’esortazione (carpe diem) espressa nell’ode I, 11 a Leuconoe, dove ricorrono analoghi concetti, termini-chiave e immagini, e in particolare i medesimi aggettivi in antitesi (et spatio brevi / spem longam reseces, vv. 6-7 [ T12]). [16-20] Presto su di te incomberà la notte, e i Mani, [vuote] favole, e l’incorporea dimora di Plutone; e là, quando vi sarai entrato, non trarrai a sorte coi dadi il regno del convito, e non contemplerai il tenero Licida, per cui ora tutti i giovani ardono, e fra poco si scalderanno le fanciulle. premet: futuro di premo, ĕre, singolare con tre soggetti (nox ... Manes ... domus Plutonia). Il verbo esprime potentemente l’angoscioso senso di oppressione, di chiusura degli spazi, di costrizione che si immagina afferri colui che è precipi-
tato nel regno dei morti. Non si dimentichi peraltro che alle immagini mitiche e poetiche corrisponde, sul piano filosofico-razionale, secondo la dottrina epicurea professata da Orazio, il puro e semplice annientamento (ne è spia fabulae). – nox: secco monosillabo; è probabile che agisca qui la memoria del carme 5 di Catullo (v. 6). La «notte», oscurità dell’oltretomba sotterraneo e metafora della morte. – fabulaeque Manes: fabulae, nominativo plurale, è apposizione di Manes («i Mani [che sono] favole», leggende prive di fondamento); secondo altri è genitivo singolare («i Mani della favola»), senza sostanziale mutamento di significato. – exilis: «esile», «sottile», inconsistente come le ombre che l’abitano, è attributo di domus ... Plutonia. Sono state proposte altre interpretazioni di exilis: «misera», «squallida»; o ancora «angusta», «ristretta». – quo simul mearis: quo simul = simul quo, per anastrofe; quo, avverbio di moto a luogo, funge da nesso relativo; simul, avverbio di tempo, è qui impiegato come congiunzione temporale a introdurre il predicato meaˉris (= meavĕris), futuro anteriore di meo, meaˉre («passare», «entrare» in una via tracciata), arcaismo. – nec ... nec: anafora. – regna... talis: regna vini (lett. «i regni [= il regno] del vino») è oggetto di sortieˉre
(= sortieˉris), seconda persona singolare del futuro di sortior, ˉıri (deponente), che regge l’ablativo plurale strumentale talis – tenerum Lycidan: nome greco di un ragazzo con desinenza greca dell’accusativo, oggetto di mirabere; l’aggettivo tener allude insieme alla delicata bellezza e alla giovanissima età dell’efebo. – mirabĕre: futuro (= mirabĕris), da miror, aˉri, deponente. – quo: ablativo causale del pronome relativo, riferito a Lycidan. – iuventus: metonimia per iuvenes (l’astratto per il concreto), con cui concorda il nominativo femminile singolare omnis. – calet: da caleo, ˉere («ardere di passione», come flagrare), presente indicativo; il soggetto è iuventus. Si fa riferimento al costume ellenico degli amori efebici, diffuso ormai da tempo in Roma soprattutto nelle cerchie intellettuali e aristocratiche. – mox: «ben presto», «fra poco», cioè quando Licida non sarà più un fanciullo e incomincerà a suscitare il desiderio delle ragazze (virgines), mentre perderà di attrattiva per i giovani; si contrappone a nunc. – tepebunt: futuro di tepeo, ˉere (lett. «esser tiepido»; per traslato «innamorarsi»). Il finale dell’ode, che evoca immagini di vita mondana e schermaglie amorose, sortisce un effetto piuttosto marcato di alleggerimento rispetto a quanto precede.
Nomi e parole degli antichi Regna vini: l’espressione oraziana (letteralmente «i regni [= il regno] del vino») si riferisce a un’usanza importata dalla Grecia, secondo la quale nei conviti si sorteggiava, gettando i dadi, il rex convivii («re del convito»), detto anche arbiter o magister bibendi («arbitro», «reggitore del bere»), in greco symposíarchos («simposiarca»).
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Al rex designato dalla sorte i convitati dovevano obbedienza; egli imponeva le sue “leggi”, che regolavano la quantità e i modi del bere, la proporzione in cui il vino doveva essere mescolato con l’acqua, e così via, vigilando che non sorgessero contese tra i commensali.
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