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T 12 Due senes (Heautontimorumenos, 410-511) IT

Dialogo con i MODELLI

Pindaro e Simonide di Ceo

La parte iniziale dell’ode (vv. 1-5) trae ispirazione da un epinicio (= «canto di vittoria») di Pindaro (Pitiche VI, 10-14), nel quale il poeta greco afferma la superiorità della parola poetica sulle arti figurative. Pindaro si affida completamente a immagini naturalistiche, potenziate dalla metafora dell’«esercito invasore»; Orazio introduce immagini nuove e diverse: quella nuda e monumentale delle piramidi e quella, che ripropone il tema centrale di tutta la sua lirica, della fuga inarrestabile del tempo distruttore. Ma certo in questa perentoria affermazione dell’eternità della poesia risuona anche l’eco di un threnos (= «canto funebre») composto in onore dei caduti delle Termopili da un altro grande poeta greco, Simonide di Ceo, vissuto tra VI e V secolo a.C. (e dunque contemporaneo di Pindaro). un tesoro d’inni [...] che né pioggia invernale, immite1 esercito invasore di nube tonante, né il vento potranno mai sospingere negli abissi del mare, sotto i colpi di una congerie di melma e di sassi.

(Pindaro, Le Pitiche, trad. di B. Gentili, Fondazione Lorenzo Valla A. Mondadori, Milano 1995)

Questa funebre veste non la ruggine, né il tempo oscurerà, che tutto vince.

(Simonide, fr. 362 Page, in Lirici greci, trad. di G. Perrotta, Garzanti, Milano 1976)

1. immite: feroce, crudele.

T 23

Carmina IV, 7 LATINO ITALIANO

LETTURA ESPRESSIVA IN LINGUA ITALIANA

Pulvis et umbra sumus

La lirica si apre serenamente su immagini di vitalità e di rinascita: ritorna la primavera (vv. 1-4), accompagnata dal luminoso quadretto mitologico delle Grazie danzanti (vv. 5-6). Ma il grave ammonimento dei versi successivi richiama improvvisamente l’idea del trascorrere del tempo (v. 8) e dell’inesorabilità della morte (v. 7). Al ciclico avvicendarsi delle stagioni (vv. 9-13) corrisponde infatti, in malinconica antitesi, il tempo, lineare e finito, della vita umana (vv. 14-16). Anche il motivo del carpe diem (vv. 17-20), che di solito nella poesia oraziana contrappone un’intensa carica di vitalità al pensiero del tempo e della morte, appare qui solo accennato in pochi e desolati versi. Il ricorso agli exempla illustria, storici e mitologici, ribadisce l’irreversibile caducità della vita umana: Enea, Tullo Ostilio e Anco Marzio (v. 15) non hanno potuto, benché re o eroi, sottrarsi al destino di morte; Diana e Teseo (vv. 25-28), benché solleciti o coraggiosi, non hanno potuto salvare i loro protetti dalla fine; il genus, la facundia e la pietas (vv. 23-24) non restituiranno a Torquato la vita, quando gli occorrerà discendere per i cammini dell’Ade.

Danzatrice o baccante, affresco dalla Casa del Cicerone a Pompei, I secolo d.C. Napoli, Museo Archeologico Nazionale.

Nota metrica:

sistema archilocheo secondo, composto di esametri dattilici alternati a trimetri dattilici catalettici in syllabam. Diffugere nives, redeunt iam gramina campis arboribusque comae; mutat terra vices, et decrescentia ripas flumina praetereunt.

5 Gratia cum Nymphis geminisque sororibus audet ducere nuda choros.

Immortalia ne speres, monet annus et almum quae rapit hora diem.

Frigora mitescunt Zephyris, ver proterit aestas 10 interitura, simul pomifer autumnus fruges effuderit, et mox bruma recurrit iners.

Damna tamen celeres reparant caelestia lunae: nos ubi decidimus 15 quo pater Aeneas, quo Tullus dives et Ancus, pulvis et umbra sumus.

Svanirono le nevi, tornano già le erbe nei campi, agli alberi le chiome; la terra muta vicenda, e i fiumi decrescendo scorrono fra le rive;

5 la Grazia, con le Ninfe e le sue gemine sorelle, osa guidare ignuda le danze.

Ma l’anno e l’ora che rapisce i fecondi giorni, ti ammoniscono a non nutrire speranze immortali.

Il freddo si mitiga agli Zefiri, la primavera 10 cede all’estate che morrà appena il fruttuoso autunno avrà effuso i frutti, e presto torna l’inerte inverno.

Il danno del cielo tuttavia riparano veloci lune; noi, come cademmo 15 dov’è il padre Enea, e dove il ricco Tullo e Anco, polvere e ombra siamo.

5. Gratia... sororibus: le tre Grazie (Aglaia, Eufròsine, Talía), dee della bellezza e della gioia serena, compagne di Afrodite. Abitavano, come le Muse, in Olimpo. 9. Zephyris: venti tiepidi che giungono da occidente e annunciano la primavera. 15. Tullus... Ancus: Tullo Ostilio e Anco Marzio, re di Roma, noti il primo per la sua ricchezza (dives), il secondo per la mitezza dell’animo.

Quis scit an adiciant hodiernae crastina summae tempora di superi?

Cuncta manus avidas fugient heredis, amico 20 quae dederis animo.

Cum semel occideris et de te splendida Minos fecerit arbitria, non, Torquate, genus, non te facundia, non te restituet pietas.

25 Infernis neque enim tenebris Diana pudicum liberat Hippolytum, nec Lethaea valet Theseus abrumpere caro vincula Pirithoo.

Chi sa se i superni dèi alla somma dell’oggi vorranno aggiungere il tempo d’un domani?

Tutto ciò che avrai concesso al tuo caro cuore, 20 sfuggirà alle avide mani d’un erede.

Una volta perito, quando Minosse abbia pronunciato su di te una pur splendida sentenza, la nobile stirpe, o Torquato, la facondia, la pietà, non ti restituiranno alla vita;

25 ché neanche Diana libera dalle tenebre inferne il casto Ippolito, né Teseo riesce a spezzare i ceppi letei a Piritoo suo diletto.

(trad. di L. Canali)

17-18. Quis... superi?: cfr. I, 11 [T12]. 21. Minos: re di Creta e giudice infernale. 23. Torquate: probabilmente un discendente dell’antica e illustre famiglia dei Manlii, come conferma l’allusione al genus. La facundia testimonia invece della sua valentia di oratore. 25-26. Diana... Hippolytum: Ippolito, figlio di Teseo, si era votato al culto di Diana e viveva castamente. Fu ingiustamente calunniato dalla matrigna, di cui aveva respinto l’amore, e maledetto dal padre, che lo fece perire con l’aiuto di Poseidone. Secondo una versione del mito, Diana scongiurò inutilmente il dio Esculapio di sottrarlo alla morte. 27-28. Lethaea... Pirithoo: il Lete è il fiume infernale che dà l’oblio; Piritoo, innamorato di Proserpina, discese agli inferi con l’amico Teseo per rapire la dea: catturato, fu messo in catene; Teseo riuscì invece a fuggire e a ritornare sulla terra.

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