L’ETÀ DI AUGUSTO
3. Orazio
Dialogo con i MODELLI La parte iniziale dell’ode (vv. 1-5) trae ispirazione da un epinicio (= «canto di vittoria») di Pindaro (Pitiche VI, 10-14), nel quale il poeta greco afferma la superiorità della parola poetica sulle arti figurative. Pindaro si affida completamente a immagini naturalistiche, potenziate dalla metafora dell’«esercito invasore»; Orazio introduce immagini nuove e diverse: quella nuda e monumentale delle piramidi e quella, che ripropone il tema centrale di tutta la sua lirica, della fuga inarrestabile del tempo distruttore. Ma certo in questa perentoria affermazione dell’eternità della poesia risuona anche l’eco di un threnos (= «canto funebre») composto in onore dei caduti delle Termopili da un altro grande poeta greco, Simonide di Ceo, vissuto tra VI e V secolo a.C. (e dunque contemporaneo di Pindaro).
un tesoro d’inni [...] che né pioggia invernale, immite1 esercito invasore di nube tonante, né il vento potranno mai sospingere negli abissi del mare, sotto i colpi di una congerie di melma e di sassi. (Pindaro, Le Pitiche, trad. di B. Gentili, Fondazione Lorenzo Valla A. Mondadori, Milano 1995)
Questa funebre veste non la ruggine, né il tempo oscurerà, che tutto vince. (Simonide, fr. 362 Page, in Lirici greci, trad. di G. Perrotta, Garzanti, Milano 1976)
1. immite: feroce, crudele.
T 23 Pulvis et umbra sumus Carmina IV, 7 LATINO ITALIANO
LETTURA ESPRESSIVA IN LINGUA ITALIANA
254
La lirica si apre serenamente su immagini di vitalità e di rinascita: ritorna la primavera (vv. 1-4), accompagnata dal luminoso quadretto mitologico delle Grazie danzanti (vv. 5-6). Ma il grave ammonimento dei versi successivi richiama improvvisamente l’idea del trascorrere del tempo (v. 8) e dell’inesorabilità della morte (v. 7). Al ciclico avvicendarsi delle stagioni (vv. 9-13) corrisponde infatti, in malinconica antitesi, il tempo, lineare e finito, della vita umana (vv. 14-16). Anche il motivo del carpe diem (vv. 17-20), che di solito nella poesia oraziana contrappone un’intensa carica di vitalità al pensiero del tempo e della morte, appare qui solo accennato in pochi e desolati versi. Il ricorso agli exempla illustria, storici e mitologici, ribadisce l’irreversibile caducità della vita umana: Enea, Tullo Ostilio e Anco Marzio (v. 15) non hanno potuto, benché re o eroi, sottrarsi al destino di morte; Diana e Teseo (vv. 25-28), benché solleciti o coraggiosi, non hanno potuto salvare i loro protetti dalla fine; il genus, la facundia e la pietas (vv. 23-24) non restituiranno a Torquato la vita, quando gli occorrerà discendere per i cammini dell’Ade. @ Casa Editrice G.Principato
Danzatrice o baccante, affresco dalla Casa del Cicerone a Pompei, I secolo d.C. Napoli, Museo Archeologico Nazionale.
PERCORSO ANTOLOGICO
Pindaro e Simonide di Ceo