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sulloscaffale Uno studio su Tiberio; due poemetti di Giovanni Pascoli

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Lidia Storoni Mazzolani

Tiberio o la spirale del potere

Rizzoli, Milano 1992

Uno studio su Tiberio

A Lidia Storoni Mazzolani, fine traduttrice di classici latini, si devono diversi studi sul mondo antico, fra cui questa ampia biografia dedicata a Tiberio, che già nel titolo («Tiberio o la spirale del potere») e nel sottotitolo («La forza irresistibile del dispotismo») rivelano l’intento dell’autrice: sottrarre la figura del successore di Augusto alle pagine fosche e sinistre di Tacito e di Svetonio (le fonti storiche tradizionalmente più accreditate sull’argomento) per leggere la figura e l’opera politica di Tiberio entro una diversa prospettiva. Come leggiamo nell’introduzione dell’opera, «Tiberio fu l’unico imperatore che, come il suo storico cent’anni dopo [Tacito], ritenne la costituzione repubblicana la migliore; ma ebbe il tempo di rendersi conto che non c’è Principe che non si trasformi in autocrate, e non c’è autocrate che non trascenda: le condanne, le confische, anche se non furono così terribili come vengono descritte, rientrano nella logica del sistema. Se qualcosa trapela dal chiuso animo dell’imperatore, è la sua intima riluttanza al sistema; la sua bruciante vergogna, alla fine, di aver ceduto ad esso». Il libro, rigoroso e documentato, è tra i saggi più convincenti sul mondo romano degli ultimi decenni, e presenta il vantaggio di una prosa leggibile e di un impianto storiografico divulgativo, che lo rende adatto anche a un pubblico di studenti.

Giovanni Pascoli

Tutte le poesie

a cura di A. Colasanti, traduzione e cura delle poesie latine di N. Calzolaio, Newton Compton, Roma 2006

Due poemetti di Giovanni Pascoli

Il Pascoli dedicò all’imperatore Tiberio due poemetti, uno in lingua italiana, uno in lingua latina: il primo, intitolato Tiberio (1896), entrò poi a far parte dei Poemi conviviali; il secondo, intitolato Chelidonismos (1897), rientra nella sezione Res Romanae dei Carmina. Pascoli guarda a Tiberio partendo da due episodi apparentemente marginali, entrambi ambientati in terra greca: in uno Tiberio è ancora neonato, e si salva miracolosamente da un immane incendio scoppiato tra i monti di Arcadia, lungo il corso dell’Eurota. Nell’altro, un uomo ormai maturo, si trova in esilio a Rodi, nel giorno in cui i bambini dell’isola erano soliti cantare il «canto della rondine» (Chelidonismos, in greco), un antico testo popolare che Pascoli inserisce con sorprendente naturalezza nella trama di questo suo severo, pensoso componimento. Mentre i bimbi intonano la loro canzoncina – annuncio di primavera per un’isola di eterne primavere –, giunge in porto una nave, conducendo a sua volta la notizia che Augusto ha richiamato il futuro imperatore in patria. O utinam hic – inquit – semper, Chaldee, vel exul («Magari, o Caldeo – dice – potessi rimanere sempre qui, anche come esule»), esclama Tiberio, rivolgendosi a Trasillo, l’astrologo che poco prima gli ha divinato un grande futuro.

Busto di Gaio Cesare Germanico detto Caligola, I secolo d.C. Copenaghen, Ny Carlsberg Glyptotek. Il principato di Caligola Fu Caligola, nel suo brevissimo principato (37-41 d.C.), a operare con energia questa conversione. Discendente di Marco Antonio (che volle riabilitare, cancellando l’anniversario di Azio) e figlio del colto e amato

Germanico, aveva da loro ereditato il modello assolutistico di una monarchia orientale fondata su un principio sovrannaturale: il sovrano era l’incarnazione vivente di un nume, una figura sacra e intangibile cui dovevano essere riconosciuti onori divini già in vita e non solo post mortem.

Coerentemente al suo progetto, Caligola impose fastosi cerimoniali di tipo orientale alla corte, mortificando di proposito il ceto senatorio e cercando consensi nel proletariato urbano e nelle province orientali, ai quali volle presentarsi come il continuatore di Alessandro Magno.

Per ingraziarsi il popolo, organizzò spettacoli e ludi magnifici, accompagnati dall’elargizione di grandi somme. Una congiura di palazzo sostenuta da pretoriani, senatori e cavalieri, alleati di fronte alle sempre più allarmanti stravaganze del principe, lo

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