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Le opere perdute di Lucano

causa dell’improvvisa morte dell’autore, al v. 546 del libro X; è probabile che i libri previsti fossero dodici, come quelli dell’Eneide. Secondo quanto riferisce una biografia antica, Lucano avrebbe fatto in tempo a pubblicare soltanto i primi tre libri. Argomento della Pharsalia L’argomento, rigorosamente storico, è la guerra civile tra Cesare e Pompeo, culminata nella decisiva battaglia di Farsàlo il 9 agosto del 48 a.C. Il racconto, che segue lo svolgersi degli eventi in ordine cronologico fino allo scoppio della rivolta anticesariana in Alessandria [Bellum civile o Pharsalia, p. 78], si sarebbe forse dovuto spingere, nelle intenzioni dell’autore, fino alle Idi di marzo del 44; è peraltro verosimile che Lucano intendesse suggellare il suo poema con l’eroico suicidio di Catone in Utica, dopo la sconfitta di Tapso (46 a.C.). Struttura dell’opera Secondo alcuni studiosi la struttura dell’opera presenterebbe una scansione interna per tètradi o gruppi di quattro libri, ognuna delle quali dedicata a uno dei tre personaggi principali: la prima, che si apre con il passaggio del Rubicone e si chiude con la sconfitta del cesariano Curione, a Cesare (I-IV); la seconda a Pompeo e alla sua tragica morte (V-VIII); la terza tetrade, incompiuta, a Catone, figura dominante già nel libro IX, in una sorta di apoteosi finale. Altri ha proposto una suddivisione in due èsadi, sul modello dell’Eneide: al centro, la scena soprannaturale e profetica della nekyomantéia («necromanzia») [T12]. In realtà la narrazione si concentra a fasi alterne sugli opposti schieramenti senza seguire un preciso criterio organizzativo (ad esempio, se il IX libro è incentrato su Catone, il X vede come protagonista pressoché assoluto Cesare); è lo stesso metodo compositivo di Lucano, fondamentalmente “paratattico”, a dissuadere dalla ricerca di rigorose simmetrie strutturali, tanto più se si considera lo stato d’incompiutezza del poema. Le fonti Circoscrivere con esattezza le fonti storiografiche della Pharsalia non è agevole, in quanto le opere riguardanti quel periodo cruciale sono andate in massima parte perdute: si ritiene che l’autore abbia utilizzato soprattutto i libri di

Tito Livio, accanto alle storie delle guerre civili composte da Asinio Pollione e da

Seneca il Vecchio, tenendo senza dubbio presenti anche i Commentarii di Cesare.

È probabile, inoltre, che si sia potuto avvalere di lettere e documenti originali dell’epoca. Ma il confronto con le fonti superstiti mostra a evidenza come Lucano abbia sottoposto i materiali storici a un’appassionata deformazione, rielaborandoli in maniera selettiva e visionaria.

Le opere perdute di Lucano

▰ Titoli e argomenti Delle numerose opere minori attribuite a Lucano conosciamo, oltre a rari frammenti, i seguenti titoli: Iliacon (o Iliaca), sulla morte di Ettore e il riscatto del cadavere; Saturnalia; Catachtonion (letteralmente «discesa agli inferi»); Silvae (titolo ripreso poi da Stazio); De incendio urbis, un poemetto sull’incendio di Roma; una tragedia incompiuta (Medea); alcune fabulae salticae, cioè libretti per pantomimi; un Orpheus (forse un epillio); epigrammi; declamazioni. Accanto ai testi encomiastici (Laudes Neronis) letti durante i ludi del 60, abbiamo notizia di un carme denigratorio sullo stesso imperatore, evidentemente posteriore alla rottura. ▰ Una poesia colta d’intrattenimento Titoli

e argomenti rivelano un’adesione al programma classicistico di Nerone (appassionato di poemi omerici e di antichità troiane) e al gusto contemporaneo per una poesia colta d’intrattenimento, destinata in primo luogo alla recitazione pubblica.

Storia o poesia? E tuttavia, stando alle testimonianze pervenute, Lucano fu accusato di aver scritto un’opera di storia, piuttosto che un poema epico. È innegabile che la Pharsalia presenti alcuni tratti tipicamente “storiografici” [T11 e T13

ONLINE]: ritratti, discorsi, confronti tra personaggi, digressioni geografiche, prodigi e sogni rivelatori nell’imminenza di decisivi eventi bellici ecc. Ma le reazioni dei contemporanei sono il segno di una novità più profonda e inquietante. Se la

Pharsalia è un’opera rivoluzionaria, assolutamente unica nella storia dell’epica latina, certo non lo è soltanto per la scelta di un argomento storico, e nemmeno per la prossimità nel tempo dei fatti narrati.

Il fatto è che Lucano propone un modello di epos radicalmente nuovo, operando una sistematica e “scandalosa” violazione del codice epico di derivazione omerico-virgiliana. C’era una convinzione profondamente radicata nella coscienza letteraria del mondo greco-latino: che il racconto epico, secondo la nota definizione tramandata dalle scuole peripatetiche, dovesse abbracciare insieme «i fatti degli dèi e degli uomini». Eliminazione del tradizionale apparato mitologico Al contrario, Lucano elimina radicalmente dal suo poema l’intervento degli dèi, con tutto il tradizionale apparato di concilia deorum, contese fra gli immortali schierati pro o contro un determinato eroe, apparizioni divine nei momenti cruciali, promesse, vendette, salvataggi miracolosi.

Di fronte ai mirabilia della natura (le bufere di sabbia, i bassifondi delle Sirti, le sorgenti del Nilo), oggetto nel poema di frequenti digressioni descrittive (che testimoniano di interessi eruditi e scientifici, nel solco delle Naturales quaestiones di Seneca [cap. 4.5]), l’autore prende razionalisticamente le distanze dalle ricostruzioni eziologiche in chiave mitica. Il meraviglioso soprannaturale nella Pharsalia Nondimeno, l’elemento soprannaturale è tutt’altro che assente dalla Pharsalia: Lucano sostituisce al consueto armamentario mitologico un meraviglioso magico-stregonesco, in gran parte attinto alle leggende e alle oscure superstizioni popolari; il poema è anzi sovraccarico di apparizioni ed evocazioni di ombre, incantesimi, vaticini, visioni, presagi, prodigi, che trovano il loro culmine nei rituali necromantici della maga Erictho [ T12]. Sono le inquietanti manifestazioni di forze che sembrano identificarsi con un Fato oscuro e rovinoso, che cospira alla distruzione di Roma. Catastrofe e tragedia La Pharsalia è infatti il racconto di un crollo, della fine catastrofica di Roma, che per Lucano si identifica con l’antica res publica senatoria.

Più che assistere a una rappresentazione-narrazione della guerra civile, ascoltiamo un threnos, un lamento funebre per la morte di un mondo tragicamente sconvolto.

La guerra fratricida del resto è un tema propriamente tragico, secondo quanto aveva osservato Aristotele (Poetica 14, 3), dunque estraneo agli statuti del genere epico, che non possono non risultarne scossi e modificati in profondità. Anche l’atteggiamento del cantore muta radicalmente: non più solidale e celebrativo, esprime non esaltazione, orgoglio, senso di appartenenza, ma indignata denuncia, disperazione, orrore. Epica «antivirgiliana» L’epica storica lucanea affronta dunque da una prospettiva completamente rovesciata rispetto all’Eneide – il poema per eccellenza della romanità – l’avvento del principato in Roma e la fine della repubblica.

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