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6 Agricoltura: il De re rustica di Columella

Un genere illustre I trattati sull’agricoltura avevano sempre occupato nella cultura latina un posto di primo piano: si ricordino le opere in prosa di Catone il Vecchio e di Varrone, nonché le Georgiche di Virgilio. Città e campagna rappresentavano, nella mentalità romana, due modelli di vita e di pensiero contrapposti e alternativi: l’elogio della vita agricola era strettamente connesso al culto degli antichi mores.

Nel I secolo d.C., si occupano di agricoltura Cornelio Celso (in una sezione perduta delle Artes), Giulio Attico (autore di una monografia sulla coltivazione della vite),

Giulio Grecino (padre di quell’Agricola, al quale Tacito dedicò una biografia) e soprattutto Lucio Giunio Moderato Columella, autore di un trattato tecnico-scientifico sull’agricoltura che è il più vasto e impegnativo fra quelli antichi a noi pervenuti. La vita e le opere Columella nasce all’inizio del secolo a Gades, nella Spagna

Betica, da una famiglia di tradizioni agrarie. Dopo aver prestato servizio in qualità di tribuno militare in Siria, si trasferisce definitivamente in Italia, dove intrattiene rapporti di amicizia con Celso e con Seneca. Medio proprietario terriero, possiede fondi nel Lazio, in Etruria e in Italia. Compone, per quanto sappiamo, cinque opere, fra le quali una sui rituali sacri e un’altra adversus astrologos. Ce ne rimangono solo due: i dodici libri De re rustica, scritti in età neroniana fra il 60 e il 65, e il Liber de arboribus, che alcuni hanno inteso come un’epitome, altri, forse con più ragione, come una prima stesura dei libri III-V della sua opera maggiore. I Libri de re rustica I dodici Libri de re rustica sono un trattato tecnico sull’agricoltura e sull’allevamento: nel libro I vengono esposti alcuni precetti generali che riguardano, in particolare, la scelta del sito, la posizione della villa rustica, pozzi e sorgenti d’acqua, i doveri del padrone, la distribuzione dei lavori e l’organizzazione complessiva dell’azienda; il libro II è dedicato alla coltivazione dei campi e dei prati; i libri III-V alle viti, agli ulivi, agli olmi e agli alberi da frutto; i libri VI-

IX all’allevamento del bestiame; il libro X è dedicato agli orti e ai giardini; i libri

XI-XII, infine, ai doveri del fattore (vilicus) e della fattoressa (vilica). Una parte rilevante del libro XI è riservata alla descrizione del calendario rustico. Il libro X (De cultu hortorum) Il libro X, dedicato alla trattazione degli orti, è eccezionalmente in esametri. Si tratta, come spiega lo stesso autore, di un omaggio a

Virgilio, che nel libro IV delle Georgiche (vv. 116-124; 147-148), lamentando di non poter dedicare una parte della sua opera al tema degli horti, aveva auspicato che altri provvedessero in futuro a integrare la lacuna. Benché privo, com’è ovvio, della sensibilità poetica e linguistica di Virgilio, Columella riesce tuttavia nel compito di rendere deliziosamente accattivanti anche le lunghe liste di ortaggi che l’esposizione richiedeva. Un tema d’attualità: la crisi dell’agricoltura italica È nella vasta prefazione generale che Columella affronta un tema particolarmente dibattuto negli ultimi decenni: la crisi dell’agricoltura italica, non più in grado di sopperire ai consumi delle popolazioni locali. Columella ne addebita le cause all’incuria dei proprietari terrieri (che preferiscono vivere in città, lasciando incolti i campi o affidandone la gestione a schiavi vecchi, inesperti e non motivati) e alla mancanza di una buona preparazione tecnica degli agricoltori. Razionalizzazione delle risorse, nuovi investimenti produttivi, una maggiore cultura agraria sono i rimedi proposti.

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