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Naturalis historia VII, 21-32 passim) IT

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Naturalis historia VII, 22-32 passim ITALIANO

PERCORSO ANTOLOGICO Miracula naturae: le popolazioni dell’India

«Soprattutto l’India e il territorio degli Etiopi pullulano di meraviglie»: così ha inizio un excursus etnografico sulle regioni tradizionalmente considerate dagli antichi sede di monstra e di mirabilia. Segue il vero e proprio catalogo dei prodigi, accompagnato dalla scrupolosa citazione delle fonti, come se Plinio volesse in qualche modo distanziarsi dalle notizie che fornisce, attribuendone la responsabilità ai suoi auctores. Il brano si chiude con una riflessione (par. 32) che sottolinea il carattere spettacolare del mondo naturale (grande e sempre vario teatro di prodigi): ma ciò che per gli uomini è miraculum, per la natura è solo ludibrium, un passatempo, spesso capriccioso e crudele, che testimonia della sua straordinaria potenza. All’«ingegnosità» creativa della natura corrisponde l’ingegno classificatorio dell’uomo. Archivista di questo cosmo spettacolare, Plinio interpreta la sua Storia naturale come un immenso magazzino di dati e di notizie per la curiosità dei suoi lettori.

[22] È certo che in India molti uomini hanno una statura superiore ai cinque cubiti,1 non sputano, non soffrono mai il mal di testa o il mal di denti o il mal d’occhi, e solo raramente di altri mali del corpo; sono infatti temprati da una distribuzione tanto equilibrata del calore del sole. I loro filosofi, che chiamano gimnosofisti,2 resistono dall’alba al tramonto a fissare il sole con occhi immobili, e per tutto il giorno restano sulla sabbia ardente in equilibrio ora su un piede, ora sull’altro. Secondo Megastene,3 su un monte chiamato Nulo ci sono uomini con le piante dei piedi rivolte all’indietro e con otto dita per piede. [23] Su molti altri monti si trovano invece uomini con la testa di cane, vestiti di pelli di fiere, che emettono solo latrati e che vivono di caccia e uccellagione, procurandosi la preda con l’arma delle unghie: Ctesia4 afferma che, al tempo in cui scriveva, c’erano più di centoventimila individui di questo genere; scrive inoltre che, presso una popolazione dell’India, le donne partoriscono una sola volta nella vita, e i loro figli incanutiscono subito. Lo stesso Ctesia parla di una stirpe di uomini – i Monocòli5 – che hanno una gamba sola e sono straordinariamente agili nel saltare; essi sono chiamati anche Sciàpodi,6 poiché quando la calura è più forte, giacendo a terra supini, si proteggono con l’ombra del piede. Non lontano da essi sono i Trogloditi; e, continuando verso occidente, c’è una popolazione priva di collo, con gli occhi piantati sulle spalle. [24] Sui monti orientali dell’India (nella regione detta dei Catarcludi) si trovano anche dei satiri, esseri agilissimi che corrono talvolta a quattro zampe, talvolta eretti, e hanno sembianze umane; sono così veloci che non si lasciano prendere se non sono vecchi o malati. Taurone7 chiama Coromandi una

1. cinque cubiti: m 2,22. 2. gimnosofisti: sono i fachiri indiani. 3. Megastene: compì un viaggio in India per conto del re Seleuco I; al ritorno scrisse una storia indiana molto apprezzata nei secoli successivi per la ricchezza delle notizie contenute. 4. Ctesia: medico e viaggiatore del V-IV secolo a.C., a lungo attivo alla corte persiana, autore di svariati volumi sull’Assiria, la Persia e l’India. 5. Monocòli: in greco, «che hanno una gamba sola». 6. Sciàpodi: in greco, «che si fanno ombra coi piedi», così grandi da ripararli dal sole. 7. Taurone: menzionato solo in Plinio; per il resto ignoto.

popolazione selvatica, senza voce, che emette strida paurose, ha corpi setolosi, gli occhi glauchi, i denti di cane. Eudosso8 afferma che, tra le popolazioni meridionali dell’India, gli uomini hanno le piante dei piedi lunghe un cubito; le donne le hanno invece così piccole, che sono soprannominate Strutòpodi.9 [25] Megastene cita una popolazione, tra gl’Indiani Nomadi, la quale ha solo dei buchi al posto delle narici e, avendo i piedi inceppati, striscia come i serpenti: costoro si chiamano Scirati. [...] [26] Al di là degli Àstomi, tra le montagne più lontane, si dice che abitino i Trispitami10 e i Pigmei, i quali non superano le tre spanne di altezza; essi vivono in clima salubre e in una continua primavera, poiché sono riparati, a nord, dai monti; sono infestati dalle gru, come afferma anche Omero.11 Si racconta che, in groppa ad arieti e capre, armati di frecce, i Pigmei scendano tutti insieme in schiera al mare nella stagione primaverile, e distruggano le uova e i pulcini delle gru. Questa spedizione si compie ogni anno in tre mesi; se non avesse luogo, sarebbe impossibile fronteggiare la massa delle gru che nascerebbero. Le loro capanne sono fatte di fango, penne e gusci d’uovo. [27] Aristotele afferma che i Pigmei vivono in caverne; per il resto concorda con gli altri autori. [...] [32] Queste particolarità e altre simili – oggetto di gioco per lei, di ammirazione per noi – la natura ingegnosa ha creato nel genere umano. Ma chi riuscirebbe ad enumerare le sue realizzazioni su singoli individui, che crea ogni giorno e quasi ogni ora? Per svelare la sua potenza ci sia sufficiente l’avere posto tra i prodigi intere popolazioni.

(trad. di G. Ranucci)

8. Eudosso: Eudosso di Cnido, matematico, naturalista e geografo vissuto nel IV secolo a.C. 9. Strutòpodi: in greco, «dai piedi di passero». 10. Trispitami: in greco, «di tre palmi». 11. Omero: la notizia si trova in Iliade III, 3-6.

Pierre-Henri de Valenciennes, Eruzione del Vesuvio del 24 agosto del 79 d.C. sotto il regno di Tito, olio su tela, 1813. Tolosa, Musée des Augustins.

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