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Le opere di Seneca non pervenute

temporanei e dagli storiografi delle generazioni successive – che riguardavano innanzitutto il comportamento, sia nell’ambito della vita privata, per l’incoerenza fra le austere dottrine professate e le ricchezze accumulate senza scrupoli, sia in quello dell’attività politica, per i compromessi attuati all’epoca del principato neroniano, ma anche per la doppiezza e l’opportunismo mostrati negli anni precedenti.

Significativi i rapporti istituiti con Claudio: dalle adulazioni smaccate contenute nella Consolatio ad Polybium [T4 ONLINE], si passa nel giro di dieci anni alla satira sferzante dell’Apokolokyntosis [T20], composta, a sua volta, negli stessi giorni della solenne laudatio funebris pronunciata ufficialmente da Nerone [cap. 4.6].

Ma la contraddittorietà dell’uomo si rivela anche negli aspetti più profondi e più intimi della sua personalità e della sua opera: il richiamo di una vita ascetica e contemplativa (evidente fin dagli anni giovanili) si interseca con l’ambizione ad assumere ruoli politici e civili; l’invito filosofico al senso della misura e al controllo di sé viene clamorosamente smentito sia dalla scelta di uno stile sentenzioso, frantumato e sfavillante (anticlassico nella forma come nella sostanza), sia dalla natura dei testi tragici (dove il Logos è destinato a soccombere dinanzi alla forza irrazionale e sconvolgente delle passioni). Ma forse sono proprio questa contraddittorietà, espressa in uno stile inquieto e «drammatico», la non sistematicità del pensiero filosofico, il carattere “esistenzialistico” della sua riflessione a fare di

Seneca, come scrisse Concetto Marchesi, «lo scrittore più moderno della letteratura latina». Le opere sopravvissute Ricchissimo è il corpus delle opere sopravvissute, comprendente, oltre agli scritti filosofici, dieci tragedie, una satira menippea (Apokolokyntosis) e una raccolta di epigrammi, da sempre oggetto di controversia riguardo alla paternità.

Dieci opere filosofiche sono state trasmesse sotto il titolo complessivo di Dialogi, nonostante solo una di esse (De tranquillitate animi) presenti un vero e proprio impianto dialogico. Non sappiamo se tale titolo sia dovuto all’autore stesso. È possibile che il termine, per il carattere sovente dialogico dei trattati filosofici antichi, fosse genericamente usato per indicare le opere filosofiche anche quando non si trattava di veri e propri dialoghi.

I dieci titoli, suddivisi in dodici libri, sono stati trasmessi nei manoscritti secondo il seguente ordine, che non corrisponde a quello cronologico: I. Ad Lucilium de providentia; II. Ad Serenum de constantia sapientis; III-V. Ad Novatum de ira libri tres;

Le opere di Seneca non pervenute

Il corpus delle opere di Seneca che ci sono state trasmesse è certo ragguardevole, ma altrettanto vasto è il catalogo delle opere disperse, di cui possediamo scarsi frammenti quando non il solo titolo. Fra i trattati filosofici: Exhortationes; il dialogo De superstitione; i Libri moralis philosophiae, ai quali Seneca lavorò negli ultimi anni di vita; le Epistulae ad Novatum, il fratello cui sono dedicati due dei Dialogi; il libro De matrimonio, più volte citato da Gerolamo; il Liber de remediis fortuitorum ad Gallionem, di cui parla Tertulliano; un De officiis da cui Martino di Braga, nel VI secolo, trasse la sua Formula honestae vitae, testo destinato a notevole fortuna durante l’età medievale; De immatura morte. Disperse sono anche le orazioni, e soprattutto il ricco corpus di trattati di argomento geografico, folclorico e naturalistico: De motu terrarum (sui terremoti); De lapidum natura; De piscium natura; De situ Indiae; De situ et sacris Aegyptiorum; De forma mundi (sulla sfericità del mondo).

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