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T 9 L’uso del tempo (Epistulae ad Lucilium 1) LAT

T 9

Epistulae ad Lucilium 1

LATINO

L’uso del tempo

Il tema del tempo era già stato affrontato nel De brevitate vitae, e non a caso apre la serie delle lettere indirizzate a Lucilio: noi moriamo un po’ ogni giorno, poiché ogni giornata che trascorre è un passo sul cammino che conduce alla morte; solo se sapremo far nostro il tempo che ci appartiene, sapremo vivere saggiamente. La vera libertà è quella interiore, ed implica il pieno dominio del tempo che ci è concesso. Seneca non svolge il discorso per via dimostrativa, non si pone davanti al lettore come un tecnico della conoscenza ma come un maestro di vita. Fa perciò uso di uno stile mosso e vario, che mira a stabilire un rapporto di familiare intimità con il proprio interlocutore: Ita fac, mi Lucili... Persuade tibi hoc sic esse ut scribo... Fac ergo, mi Lucili. Non mancano procedimenti retorici più complessi, utilizzati nei punti nodali del discorso. Si osservi, ad esempio, il ritmo ternario dell’esordio: auferebatur... subripiebatur... excidebat, verbi di area semantica affine, ma che indicano tre modi assai diversi di lasciarsi sfuggire il tempo, ripresi subito dopo, con sapiente parallelismo, da eripiuntur... subducuntur... effluunt. Prevale, nel tessuto del discorso, l’espressione sentenziosa, che dispone in un movimento rapido le auree tessere della conoscenza e della saggezza: Dum differtur, vita transcurrit. Omnia, Lucili, aliena sunt, tempus tantum nostrum est (par. 3).

Seneca LuciLio Suo SaLutem. [1] Ita fac, mi Lucili: vindica te tibi, et tempus quod adhuc aut auferebatur aut subripiebatur aut excidebat collige et serva. Persuade tibi hoc sic esse ut scribo: quaedam tempora eripiuntur nobis, quaedam subducuntur, quaedam effluunt. Turpissima tamen est iactura quae per neglegentiam fit. Et si volueris adtendere, magna pars vitae elabitur male agentibus, maxima nihil agentibus, tota vita aliud agentibus. [2] Quem mihi dabis qui aliquod pretium tempori ponat, qui diem aestimet, qui intellegat se cotidie mori? In hoc enim fallimur, quod mortem prospicimus:

[1] Fa’ così, o mio Lucilio, rivendica il possesso di te stesso, e il tempo che finora o ti veniva portato via, o ti veniva rubato o ti sfuggiva di mano, raccoglilo e conservalo. Persuaditi che è così, come scrivo: parte del tempo ci viene strappato, parte ci viene sottratto, parte scorre via. La perdita più vergognosa, tuttavia, è quella che avviene per negligenza. E, se vorrai prestare attenzione, gran parte della vita fugge via nell’agire male, una grandissima parte nel non fare nulla, tutta la vita nel fare altro.

fac: seconda persona singolare dell’imperativo presente di facio; forma tronca, come dic (da dico) e duc (da duco). Svolge funzione prolettica rispetto ai tre imperativi che seguono (vindica... collige... serva). – mi Lucili: il vocativo, accompagnato dal possessivo, rafforza il legame affettivo tra maestro e discepolo, e introduce il nome del destinatario dell’opera, Lucilio Iuniore. La desinenza -i di Lucili è di norma per i vocativi dei nomi propri in ius della seconda declinazione (come filius). – te tibi: si noti l’accostamento, in poliptoto, di due forme del pronome personale: te è complemento oggetto di vindica; tibi è dativo d’interesse. – auferebatur... subripiebatur... excidebat: in aufero è l’idea di un tempo strappato con la forza; in subripio del tempo che ci è rubato con l’inganno, quasi subdolamente, come se fosse sottratto di nascosto; in excido (spesso usato con locuzioni come de manibus, a digitis) del tempo che ci sfugge via per trascuratezza o sbadataggine. I tre concetti vengono ribaditi nei verbi che seguono (eripiuntur, subducuntur, effluunt). Entrambe le terne sono disposte in climax, e sottolineate dall’uso dell’anafora (la disgiuntiva aut nella prima; la forma indefinita quaedam nella seconda). – hoc sic esse: proposizione infinitiva oggettiva retta dal verbo Persuade, con il pronome dimostrativo neutro (hoc) in funzione prolettica. – ut scribo: proposizione comparativa. – quaedam: nel primo colon è aggettivo; nei due che seguono pronome. – Turpissima... per neglegentiam: tipica sentenza senecana. Per neglegentiam è complemento di causa. – si volueris adtendere: protasi di un periodo ipotetico della realtà: volueris è futuro anteriore; l’infinito adtendere ha come complemento oggetto sottinteso il sostantivo animum. – magna pars... maxima... tota vita: si noti, di nuovo, la progressione in climax dei tre soggetti, e l’epifora del participio sostantivato agentibus.

[2] Chi mi indicherai che stabilisca un prezzo per il tempo, che dia una valutazione della sua giornata, che si renda conto di morire ogni giorno? In questo infatti ci inganniamo, nel proiettare

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