4 minute read

La condizione degli schiavi nel pensiero cristiano delle origini: le lettere degli apostoli

padroni, ed a cui le labbra non venivano cucite assieme, erano disposti a porgere il collo in luogo del padrone, a rivolgere un pericolo incombente sul proprio capo: durante i banchetti parlavano, ma in mezzo ai tormenti sapevano tacere. [5] Si ripete poi il proverbio, conseguenza della stessa arroganza, che il numero dei nemici è uguale a quello degli schiavi: essi non sarebbero nostri nemici, se noi non li rendessimo tali. Pel momento passo sotto silenzio altri trattamenti crudeli, disumani: l’abuso che facciamo di loro non come uomini, ma come animali, il fatto che, quando ci siamo sdraiati per pranzare, l’uno asciuga gli sputi, l’altro, posto sotto il divano, raccoglie i resti degli ubriachi. [6] Un altro ancora squarta uccelli molto costosi: introducendo la mano esperta lungo una linea ben precisa nel petto e nel codrione, ne stacca i pezzi, infelice! egli che vive solo per tagliare convenientemente gli uccelli; senonché è più infelice chi insegna tale arte per il suo piacere, di chi la impara per necessità. [...] [15] «Che dunque? lascerò sedere alla mia mensa tutti gli schiavi?». Non più facilmente che tutti gli uomini liberi. Ti sbagli, se credi che io terrò lungi da me taluni quasi che facciano un mestiere troppo basso, come, per esempio, quel mulattiere e quel bifolco: non li giudicherò secondo il mestiere, ma secondo la condotta. La condotta dipende da ciascuno di noi, il mestiere dalla sorte. Taluni pranzino con te perché ne son degni, altri per diventarlo: la dimestichezza con persone dabbene distruggerà in essi quel tanto di abbietto che proviene dalla convivenza con gente di bassa educazione. [16] Non c’è ragione per cui, o mio Lucilio, tu cerchi un amico soltanto nel Foro e nel Senato: se farai ben attenzione, lo troverai anche a casa. Sovente una buona materia senza l’artefice rimane inerte: prova e sperimenterai. Come è sciocco chi avendo intenzione di comperare un cavallo non osserva il cavallo, ma il basto ed il morso, così è più sciocco che mai chi giudica un uomo secondo l’abito o la condizione, che ci sta attorno come un abito. «È uno schiavo». Ma forse libero nell’animo. [17] «È schiavo». Tale condizione gli nuocerà? indicami qualcuno che non sia schiavo: c’è chi è schiavo della lussuria,

La condizione degli schiavi nel pensiero cristiano delle origini: le lettere degli apostoli

▰ Dalla Lettera ai Galati di san Paolo Seneca

non pensa ovviamente che la schiavitù vada abolita; non lo pensava neppure san Paolo, che pure negli stessi anni, nella lettera ai Galati (3, 28) scriveva qualcosa di molto affine alle parole di Seneca: non est Judaeus neque Graecus, non est servus neque liber, non est masculus neque femina: omnes enim vos unum estis in Christo Jesu. E ancora, nella lettera agli Efesini (6, 5): «Servi, obbedite a quelli che secondo la carne vi sono padroni, con rispetto e timore, nella semplicità del vostro cuore, come a Cristo, servendo non all’occhio quasi per piacere agli uomini, ma come servi di Cristo, facendo di cuore la volontà di Dio, e servendo con affetto, come se si trattasse del Signore e non di uomini, ben sapendo che ciascuno, servo o libero che sia, riceverà dal Signore la ricompensa di ciò che avrà fatto di bene. E voi, o padroni, fate altrettanto riguardo ad essi, astenendovi dalle minacce, ben sapendo che il padrone loro e vostro è nei cieli e che davanti ad esso non ci sono preferenze personali». ▰ Dalla I lettera di san Pietro Un concetto

analogo si ritrova nella prima lettera di san Pietro (2, 13 e 18): «State dunque, per riguardo a Dio, soggetti ad ogni autorità umana [...] Servi, siate con ogni rispetto soggetti ai vostri padroni, non soltanto ai buoni e dolci, ma anche agli intrattabili».

chi dell’avidità del denaro, chi dell’ambizione, chi della speranza, chi del timore. Eccoti un uomo consolare del tutto sottomesso ad una vecchierella, un ricco ad una servetta, ti mostrerò dei giovani di nobilissima famiglia divenuti schiavi di pantomimi: nessuna servitù è più vergognosa di quella che è dovuta alla nostra stessa volontà. Perciò non c’è ragione per cui cotesti uomini sdegnosi ti distolgano dal dimostrarti ilare coi tuoi schiavi e non arrogantemente superiore: ti rispettino piuttosto che temerti. [18] Ora qualcuno dirà che io incito gli schiavi alla conquista della libertà e cerco di buttar giù i padroni dall’alto della loro dignità, perché affermai: rispettino il padrone piuttosto che temerlo. «Proprio così?» egli soggiunge; «rispettino il padrone come clienti, come chi va a casa a salutarlo per omaggio?». Chi parlerà così dimostrerà di dimenticare che non è poco per i padroni ciò che basta alla divinità. Questa è rispettata ed amata: ora l’amore non può andar congiunto col timore. [19] Pertanto ritengo che tu ti comporti molto giustamente non volendo essere temuto dai tuoi schiavi, correggendoli colle parole: colle percosse si redarguiscono i bruti. Non tutto ciò che ci spiace, anche ci danneggia: ma l’eccessivo benessere ci rende assai facili ad accessi di rabbia, di modo che qualunque cosa accada non conforme al nostro desiderio provoca l’ira. [20] Facciamo nostro il modo di sentire dei despoti: infatti essi pure, dimentichi del loro potere e dell’altrui debolezza, vanno in collera, incrudeliscono, quasi che avessero ricevuto ingiuria, mentre la loro alta condizione li rende del tutto sicuri da siffatto pericolo. E ben lo sanno, ma lagnandosi vanno in cerca dell’occasione di nuocere; hanno ricevuto ingiuria per farla. [21] Non voglio trattenerti più a lungo; infatti non hai bisogno di esortazioni. Fra gli altri vantaggi la condotta onesta ha questo: è contenta di sé stessa, sta salda, mentre la malvagità è leggera, spesso si muta mirando non al meglio ma al diverso. Addio.

(trad. di U. Boella)

La cattura di uno schiavo in un rilievo dell’età imperiale.

This article is from: