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Il dibattito FILOSOFICO I timori delle pene infernali: anche Cicerone confuta Epicuro

fatica vi offre come semplice ornamento e magnificenza esteriore: considerate che niente, all’infuori dell’animo, è degno della vostra ammirazione e che per un animo veramente grande nessuna cosa può essere grande». [6] Se io rivolgo tali ammonimenti a me stesso ed ai posteri, non ti sembra forse che mi renda più utile di quando mi recavo nel Foro per comparire in giudizio o imprimevo il mio sigillo su un testamento, o in Senato mi adopravo con la parola e con l’autorità a favore di un candidato? Credimi: sembra che alcuni facciano niente eppure svolgono un’attività ben più importante di quella degli altri: si occupano dell’intera realtà nel suo duplice aspetto, umano e divino. [7] Ma ormai devo finire e pagarti, come sono solito fare, il debito per questa lettera. Non pagherò del mio: continuo a saccheggiare Epicuro, del quale oggi ho letto questa sentenza: «bisogna consacrarsi del tutto alla filosofia, per raggiungere la vera libertà». Chi si è sottomesso ed affidato a lei, non è tenuto a bada da un giorno all’altro, ma è subito affrancato: ché per il fatto stesso che l’uomo serve alla filosofia è libero.

(trad. di U. Boella)

T 13

Cotidie morimur Epistulae ad Lucilium 24, 17-21 ONLINE

Il dibattito FILOSOFICO

I timori delle pene infernali: anche Cicerone confuta Epicuro

Ironizzando sull’Epicurea cantilena (par. 18), Seneca concorda con Cicerone, il quale, nelle Tusculanae disputationes (I, 21, 48), aveva scritto, sempre alludendo agli epicurei: «Spesso, quando ci penso, io mi stupisco della sfrontatezza di certi filosofi che celebrano la scienza della natura e, tutti entusiasti, rendono grazie a colui che ne è l’inventore e il rappresentante principale, e lo venerano come un dio, perché, dicono, egli li ha liberati da due padroni tirannici come potevano essere un terrore continuo e una paura che non lasciava respiro né di giorno né di notte. Che terrore? Quale paura? Ma se non c’è vecchia che sia così sciocca da temerle, queste cose (di cui voi avreste paura, si vede, senza i vostri studi naturalistici), come le profonde dimore dell’Orco sulla riva dell’Acheronte, le regioni dal pallore di morte, velate di tenebre» (trad. di A. Di Virginio).

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