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Vita QUOTIDIANA a ROMA Gli spettacoli circensi nell’epistola 7 a Lucilio

Analizzare il testo

1. A quali termini ricorre Seneca per introdurre il concetto di «folla»? 2. Traduci e commenta la seguente affermazione:

Inimica est multorum conversatio (par. 2). Perché il sapiens stoico deve evitare di mescolarsi con la gente? Che cosa deve temere dalla loro frequentazione? 3. Sottolinea una o più espressioni che presentano carattere sentenzioso, non mancando di spiegare che cosa si deve intendere quando parliamo, per la prosa senecana, di sententiae. 4. Rintraccia nel testo le seguenti figure retoriche: omoteleuto, climax, correctio, figura etimologica.

C’è una frase che le contiene tutte? Con quale effetto sul piano espressivo e concettuale? 5. Quale giudizio esprime l’autore sui munera gladiatoria?

Confrontare i testi

6. Gli spettacoli gladiatorii occupano una parte rilevante dell’immaginario romano, soprattutto in età imperiale. Metti a confronto il giudizio espresso da Seneca con un componimento di

Marziale, tratto dal Libe de spectaculis [T6,

cap. 8].

Vita QUOTIDIANA a ROMA

Gli spettacoli circensi nell’epistola 7 a Lucilio

Nel brano che abbiamo letto Seneca fa numerosi e precisi riferimenti che forniscono indicazioni sullo svolgimento degli spettacoli del circo, e in particolare a talune specifiche tipologie dei cruenti combattimenti gladiatorii. ▰ Il meridianum spectaculum (7, 3) Lo «spettacolo

meridiano» o «di mezzogiorno» era una sorta di intervallo, posto al centro della giornata, tra i ludi del mattino, che prevedevano combattimenti tra animali o tra uomini e animali, le venationes (= cacce), e quelli del pomeriggio, che consistevano solo in combattimenti uomo contro uomo (hoplomachia). Come si ricava dal seguito del discorso, lo spettacolo – in questa fase morta della giornata – consisteva generalmente in lusus... et sales, scenette divertenti e buffonesche in cui si esibivano mimi e comici, e che servivano ad alleggerire la tensione degli spettatori (aliquid laxamenti). In questo caso, invece, Seneca si ritrova dinanzi a combattimenti ancora più brutali e ripugnanti, in cui venivano eccezionalmente impiegati non più gladiatori professionisti, ma delinquenti comuni (ladri, assassini, incendiari) ad gladium ludi damnati («condannati alla spada nel circo»), costretti a combattere senza alcuna forma di protezione (Nihil habent quo tegantur), cioè senza armi di difesa. ▰ Ordinariis paribus... postulaticiis (7, 4) Gli

ordinarii erano le coppie dei gladiatori previste dal programma, che combattevano armati, secondo le regole; i postulaticii erano i gladiatori «richiesti», «reclamati» (da postulo) espressamente dal pubblico, s’immagina per la loro abilità e popolarità. ▰ Interfectores interfecturis iubent obici (7, 4)

Si allude qui all’aspetto più crudele dei munera sine missione («spettacoli [= combattimenti gladiatorii] senza grazia» esclusa cioè l’eventuale concessione di non più combattere per quel giorno), in cui tutti i duellanti (come si è detto, non professionisti ma delinquenti comuni) erano condannati a perire, salvo l’ultimo. «Il miserevole drappello veniva spinto nell’arena; veniva distaccata una prima coppia composta di un uomo in armi e di un uomo vestito semplicemente di una tunica; il primo doveva uccidere il secondo, e lo uccideva a colpo sicuro. Dopo di che veniva disarmato e contrapposto a un nuovo venuto armato fino ai denti. Il macello continuava inesorabile fino a che l’ultima testa della mandria non era rotolata sulla sabbia» (Carcopino). La contiguità dei termini Interfectores interfecturis rende la rapidità con cui il carnefice diviene subito vittima. ▰ Ferro et igne res geritur (7, 4) La frase viene

variamente interpretata. Seneca potrebbe alludere all’uso di spingere al combattimento gli esitanti e i renitenti, minacciandoli con le armi e con il fuoco; ma è più probabile – dato il carattere conclusivo della frase – che si alluda invece alla pratica di toccare i corpi dei caduti con un ferro arroventato per verificare se fossero realmente morti.

▰ Per saperne di più Il testo di riferimento resta il classico studio di Jerôme Carcopino, La vita quotidiana a Roma all’apogeo dell’impero, Laterza, Roma-Bari 1993; sull’argomento specifico si veda Parte seconda, capitolo III, Gli spettacoli. Da segnalare inoltre il saggio di Patrizia Arena, Gladiatori, carri e navi, Carocci, Roma 2020, che dà conto degli eventi spettacolari organizzati in età imperiale per intrattenere le masse: i munera gladiatoria, le corse dei carri, le naumachie.

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