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LABORATORIO Magni animi est magna contemnere (Epistulae ad Lucilium 39, 4-5

LABORATORIO Nell’officina di Seneca

POLIPTOTO

OMOTELEUTO

ANAFORA

ANTITESI Magni animi est magna contemnere

Epistulae ad Lucilium 39, 4-5

Magni animi est magna contemnere ac mediocria malle quam nimia; illa enim utilia vitaliaque sunt, at haec eo quod superfluunt nocent. Sic segetem nimia sternit ubertas, sic rami onere franguntur, sic ad maturitatem non pervenit nimia fecunditas. Idem animis quoque evenit quos immoderata felicitas rumpit, qua non tantum in aliorum iniuriam sed etiam in suam utuntur. Qui hostis in quemquam tam contumeliosus fuit quam in quosdam voluptates suae sunt? Quorum inpotentiae atque insanae libidini ob hoc unum possis ignoscere, quod quae fecere patiuntur. Nec inmerito hic illos furor vexat; necesse est enim in immensum exeat cupiditas quae naturalem modum transilit. Ille enim habet suum finem, inania et ex libidine orta sine termino sunt.

ANTITESI

FORMA ARCAICA E POETICA PER FECERUNT

CONGIUNZIONE DI VALORE AVVERSATIVO

I dati

Le Epistulae morales ad Lucilium comprendono 124 lettere suddivise in 20 libri. Furono composte tra il 62 e il 65, negli anni in cui Seneca si distacca apertamente da Nerone, ritirandosi a vita privata. In seguito a tale scelta, secondo la testimonianza di Tacito (Annales XIV, 56, 3), Seneca «modificò le abitudini della passata potenza, non volle più affollamento di visitatori, evitò di farsi accompagnare da un seguito, diradò le apparizioni in città»: le Lettere a Lucilio testimoniano dunque il passaggio definitivo alla vita filosofica.

Dentro il testo

1 Traduci il passo di Seneca. 2 Costruisci una tabella in cui porre, da un lato i termini di carattere morale, su cui Seneca va a edificare la sua nozione di virtus e di saggezza, dall’altra i termini che invece pertengono alla sfera del vizio e della passione. 3 Nel brano ricorrono figure di suono, quali poliptoti, allitterazioni e omoteleuti: ricercale nel testo, individuandone il valore espressivo. 4 Con quali sostantivi (o meglio aggettivi sostantivati) concordano, sempre nella frase d’apertura, i pronomi illa e haec? Possiamo parlare di strutture oppositive? 5 Sono presenti, nel testo, tre similitudini con il mondo naturale, e in specifico vegetale: quali?

Conosci altri passi di Seneca in cui l’autore ha fatto ricorso a similitudini naturalistiche? 6 Come spesso nella sua prosa morale, Seneca articola il discorso mediante espressioni di carattere fortemente sentenzioso: scegliendo un esempio adeguato, esponi la funzione che svolgono le sententiae nella sua filosofia. 7 Elabora una sintesi del passo proposto (max tre righe). 8 Consideri importante, in questa lettera, la presenza silenziosa di un lettore-discepolo? In quale misura questa presenza modella lo svolgimento del discorso, così come il suo esito espressivo?

9 Dell’epistola di Seneca riportiamo la conclusione:

Il necessario (Necessaria) ha come sua misura l’utile (utilitas) che reca; ma con quale criterio si può misurare il superfluo (supervacua)? Perciò gli uomini si immergono nelle passioni e, una volta che ne hanno fatto un’abitudine, non possono più farne a meno; e sono veramente infelici, poiché giungono a sentire come necessarie le cose prima superflue. Non godono dei piaceri, ma ne rimangono schiavi e, quella che è la peggiore disgrazia, amano anche il proprio male. Si raggiunge il colmo dell’infelicità quando le cose turpi non solo sono gradite, ma procurano un intimo compiacimento; e non c’è rimedio quando quelli che erano sentiti come vizi diventano abitudine quotidiana. Addio.

Che cosa aggiunge questo brano al discorso? A quale domanda cerca di dare una risposta? Trova un titolo adeguato a questo paragrafo conclusivo.

Oltre il testo

10 Possiamo ricondurre il pensiero sviluppato da

Seneca in questo brano alla dottrina filosofica stoica? Motiva la tua risposta. 11 Fin dalla prima frase del testo, Seneca fonda il suo discorso sull’antitesi fra mediocria e nimia. Un tema ben noto alla poesia e alla filosofia classica, e che ricorre anche in una celebre ode di Orazio (II, 10), di cui riportiamo le prime due strofe: Rectius vives, Licini, neque altum / semper urgendo neque, dum procellas / cautus horrescis, nimium premendo / lituus iniquuum. // Auream quisquis mediocritatem / diligit, tutus caret obsoleti / sordibus tecti, caret invidenda / sobrius aula.

Quali analogie intercorrono fra i due testi? A quali metafore ricorre Orazio, diversamente da Seneca, per sviluppare il discorso? 12 Come già si è accennato nella rubrica sulla fortuna di Seneca, Quintiliano, alla fine del secolo, scrisse una pagina molto dura sulla prosa di uno scrittore di cui egli riconosceva l’intelligenza, ma di cui stigmatizzava lo stile. Leggi il seguente giudizio e commentalo alla luce dei testi senecani che conosci, prendendo soprattutto in considerazione i punti sottolineati:

In lui vi sono numerosi e brillanti aforismi, molto merita di essere letto per ragioni morali, ma lo stile è generalmente corrotto ed è pericolosissimo perché abbonda di difetti attraenti. Si vorrebbe che si fosse espresso con la sua intelligenza, ma con il gusto di un altro. Se avesse disdegnato alcune cose, se non si fosse appassionato di una forma di espressione corrotta, se non avesse amato tutto quello che era suo, se non avesse spezzato il peso dei concetti in frasette minute, sarebbe apprezzato unanimemente dalle persone colte piuttosto che amato dai ragazzi.

(Institutio Oratoria X, 1, 129-130; trad. di C.M. Calcante)

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