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CULTURA e SOCIETÀ Gli uomini-lupo

CULTURA e SOCIETÀ

Gli uomini-lupo

«Licantropo» secondo la voce greca composta da lýkos, «lupo» e ánthropos, «uomo», o «lupo mannaro» da un’evoluzione del latino popolare lupus hominarius, l’uomo-lupo è figura dell’immaginario europeo probabilmente fin dalla prima età del bronzo. È possibile che i racconti di licantropia affondino la propria origine nella competizione fra le tribù primitive di cacciatori e i branchi di lupi; con il passaggio alla stanzialità e alla pastorizia, il lupo, più che temuto in quanto competitore, venne demonizzato come nemico, come simbolo della natura più sanguinaria e selvaggia. Già nell’Epopea di Gilgamesh la dea Ishtar, nella serie delle capricciose metamorfosi a cui ha sottoposto i suoi amanti, trasforma (ironicamente!) un pastore in lupo (Tavola 6, vv. 56-60). Nel mito greco la terra dei licantropi è l’Arcadia, il cui primo re fu Licàone: secondo il racconto di Ovidio, portò al culmine l’empietà del genere umano nell’età del ferro, e fu perciò trasformato in lupo da Giove, quasi a sancire fisicamente la ferocia animalesca già presente nel personaggio (Ovidio, Metamorfosi, I, 209-241). Sempre in ambiente arcadico si collocano rituali legati alla figura di Zeus «Liceo», collocato sul monte omonimo, i cui sacerdoti, dopo aver compiuto un sacrificio umano, venivano trasformati in lupi; trascorsi nove anni, se non si fossero cibati di carne umana, avrebbero recuperato l’aspetto di uomini. Un racconto di ambientazione arcade, legato a questa origine religiosa, è riferito anche da Plinio il Vecchio (Naturalis historia VIII, 80-82) [T5 ONLINE, cap. 3], e storie analoghe si trovano in varie civiltà antiche, presso le quali la metamorfosi in lupo rappresenta un rito di iniziazione dei giovani membri di stirpi guerriere. All’Arcadia era ricollegato da alcuni anche il rito dei Lupercalia, le cui origini vengono illustrate da Ovidio nei Fasti (II, 267-452): si tratta di un rituale di purificazione e di fecondità, in cui due giovani, detti Luperci, a metà febbraio si spogliano e si rivestono di un perizoma di pelle caprina, girano intorno al Palatino e sferzano chiunque incontrino sulla loro strada, e in particolare le donne. Costante è il tema dell’ingresso nel mondo animale attraverso l’abbandono delle vesti umane, appese a una quercia nel racconto di Plinio, protette da un bizzarro, animalesco cerchio magico di urina in Petronio: in latino l’uomo-lupo è per eccellenza versipellis (termine usato anche da Petronio), cioè nasconde, sull’altro lato della pelle umana, una pelliccia animale, che appare alla luce durante la trasformazione. Nelle tradizioni germaniche il berserkr («orso-lupo», poiché ricoperto di pelli d’orso o di lupo) era il guerriero votato al dio Odino, le cui vesti ferine alludevano all’assunzione magica di una ferocia distruttiva animalesca. Uomini-belva, assetati di sangue, la cui immagine demoniaca ricorre in miti di trasformazione dell’area balcanica, fino al vampirismo. Già in età antica, peraltro, medici come il poeta Marcello di Side o il più noto Galeno di Pergamo, entrambi vissuti nel II secolo d.C., testimoniano di una spiegazione razionalistica della licantropia: chi ne è affetto nel mese di febbraio (lo stesso mese dei Lupercali) vaga di notte in preda al delirio, imitando in tutto un lupo o un cane, e si aggira per i cimiteri come il soldato petroniano. La licantropia (o cinantropia) sarebbe dunque una patologia psichica che richiede precise terapie (salassi, purgazioni, sonniferi).

Miniatura raffigurante un branco di lupi che assiste alla trasformazione di un uomo in lupo, Rochester Bestiary, 1230 ca. Londra, British Library.

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