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T 2 Dal proemio delle Argonautiche (Argonautica I, 1-4) LAT IT
T 2
Argonautica I, 1-4 LATINO ITALIANO
Nota metrica:
esametri.
PERCORSO ANTOLOGICO Dal proemio delle Argonautiche
Il poema si apre con la tradizionale protasi o propositio (dichiarazione dell’argomento), quattro densi versi in cui si concentrano le espressioni rivelatrici dei nuclei tematici più significativi dell’opera.
Prima deum magnis canimus freta pervia natis fatidicamque ratem, Scythici quae Phasidis oras ausa sequi mediosque inter iuga concita cursus rumpere, flammifero tandem consedit Olympo.
Io canto i mari che furono, primi, una via a magnanimi figli di dèi, la profetica nave che osò, nella Scizia, cercare le sponde del Fasi e fra scatenate montagne, rompere il varco, e finalmente posò, nel cielo fiammante di stelle.
(trad. di F. Caviglia)
2. fatidicam... ratem: «profetica» è la nave Argo, perché nella sua struttura era stato inserito il legno di una quercia tratta dal bosco sacro di Dodona in Epiro, sede di un venerato oracolo di Zeus. Durante la traversata la nave stessa esprimerà profetici responsi. – Scythici: propriamente nella Colchide; nella lingua poetica, la Scizia designa in senso lato le terre estreme di NordEst. Il Fasi è l’attuale fiume Rion, che sfocia nel Mar Nero, a Sud del Caucaso. 3. iuga concita: le Simplegadi («le rocce che urtano l’una contro l’altra»), nella tradizione greca mitici scogli semoventi all’altezza del Bosforo. 4. flammifero... Olympo: la nave è destinata al catasterismo («trasformazione in astro»), cioè ad approdare negli spazi celesti sotto forma di costellazione. Argo, detta anche la Nave, è in effetti una costellazione australe che sorge all’orizzonte in marzo e tramonta in settembre.
Inaudita novità dell’impresa argonautica Prima è la parola che apre il poema ed è parola-chiave nell’ideologia dell’opera: la nave Argo è la prima a violare i flutti, e continuamente l’autore insiste sulla novità dell’impresa compiuta dagli
Argonauti. Essa rappresenta un sovvertimento dell’ordine naturale, un’intrusione nel regno di Nettuno che sarebbe pericolosa senza l’aiuto di altri dèi, in particolare di Giunone e Minerva, ma soprattutto di Giove, che con la prima navigazione intende concludere l’età dell’oro di Saturno e inaugurare l’età del ferro (I, 498500).
Il viaggio della nave Argo è dunque una sorta di missione civilizzatrice, che sarà premiata col catasterismo (= trasformazione in astro) della stessa nave (flammifero... consedit Olympo; I, 4). Mito e presente storico: Valerio Flacco e Virgilio Si ricorderà il proemio dell’Eneide, dove Enea è primus a raggiungere l’Italia per volere del fato. Il viaggio di Enea era una fuga da Troia per fondare un’altra patria, Roma, che in questo modo trovava nel lontanissimo passato mitico un’illustre radice genealogica.
Invece, il viaggio di Giasone sulla nave Argo non può avere col presente di Roma che una relazione esemplare, archetipica: più che lo scopo della navigazione conta
allora la navigazione stessa, in cui si può vedere, con adulatoria amplificazione, il modello mitico delle imprese oltremare (in Britannia) compiute dal futuro imperatore Vespasiano durante il regno di Claudio (I, 79). Già Virgilio, nell’ecloga
IV (vv. 3435), aveva messo in relazione le spedizioni di Ottaviano in Oriente con l’impresa argonautica: fin dall’inizio il modello virgiliano funziona come strumento di “romanizzazione” di un mito estraneo alla storia di Roma. La figura di Giasone La fonte principale di Valerio Flacco, Apollonio Rodio, aveva ritratto Giasone come un antieroe, del tutto inadeguato a un progetto di grande epica. Valerio riplasma Giasone sul modello di Enea: inserisce episodi guerreschi per far risaltare la virtus bellica del protagonista; lo rappresenta intento ad elevare preghiere agli dèi e a celebrare sacrifici, evidentemente mirando a farne un eroe della pietas. La funzione narrativa di Medea La storia d’amore fra Giasone e Medea ricorda quella di Enea presso Didone. Tuttavia la funzione narrativa di Medea è opposta a quella di Didone: l’unione con la regina di Cartagine è un indugio rispetto alla realizzazione del Fatum, mentre la storia d’amore con Medea è essenziale al suo compimento, ben più di qualunque fatto d’armi. La duplice natura di Medea La maestria di Valerio consiste nella gradualità con cui descrive gli stadi successivi dell’innamoramento, rendendo l’immagine di un conflitto tutto interiore tra Amor e Pudor. Ma non si può dire che il poeta riesca ad unificare i diversi volti di Medea in un carattere coerente: il lato più oscuro del personaggio, quello di maga e sacerdotessa di Ecate, non giunge ad armonizzarsi con la figura dell’adolescente inesperta, in preda ai primi turbamenti d’amore [T4]. Gli dèi e il fato Un tema presente in Valerio, che assume rilievo assoluto in Stazio, è la problematizzazione della volontà degli dèi. Esemplare l’interrogazione patetica a Giove all’inizio del III libro: perché il padre degli dèi ha permesso che si scontrassero in armi uomini che si erano lasciati da amici, che, anzi, erano legati da un rapporto di ospitalità? C’è un Fatum che accieca gli uomini e li induce agli atti più terribili. Valerio, a differenza di Stazio, ha comunque fiducia nel progresso del mondo e nelle possibilità conoscitive dell’uomo: le sue invocazioni ad Apollo e alle Muse, in punti particolarmente importanti, non solo riprendono un topos del genere epico, ma sono anche un’affermazione di ottimismo gnoseologico. Tecnica compositiva Sul piano compositivo Valerio interviene sovente a spezzare la linearità del racconto, con cambiamenti di scena, sospensioni patetiche, moltiplicazione dei punti di vista: nel libro VI, ad esempio, la guerra è vista ora attraverso gli occhi di Giasone, ora attraverso quelli di Medea; nel libro VII il poeta narra le vicende dell’innamoramento di Medea per fasi successive e staccate, in modo da suscitare un’atmosfera di attesa. La fortuna Come si è detto, l’unico a citare Valerio Flacco nell’antichità è
Quintiliano. Gli studiosi tuttavia hanno individuato tracce della lettura delle sue
Argonautiche in Stazio, Silio Italico e in poeti della tarda antichità come Claudiano e Draconzio. Sappiamo che fu letto anche nel Medioevo, quando si trassero diverse copie da un unico manoscritto, perduto. Perduta è anche la copia trovata a S.