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Apotheca & Storia

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LA SANITÀ NEL DOPO COVID

PNRR un’occasione da non sprecare

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Carlo Ranaudo*

Q

uesta pandemia e il tragico bilancio di morti e feriti che si sta portando dietro hanno dimostrato, se ancora ce ne fosse bisogno, che il modello della sanità pubblica in Italia deve essere profondamente modi9icato ed adeguato ad una realtà che cambia. Nel 1978 la nascita del SSN con la Legge 833 segna una svolta nel percorso civile della Nazione. Una sanità in cui venivano abolite le mutue con prestazioni differenziate tra appartenenti a categorie ricche e quelle povere, e sanciva il principio di universalità, uguaglianza ed equità per l’accesso alle cure di tutti i cittadini, grazie all’intervento di un unico erogatore di servizi. Si costruisce un modello di sanità condiviso ed omogeneo sul territorio nazionale. Un modello basato sulla presenza di un terzo pagante, che copre la spesa attraverso la 9iscalità generale. Proprio questa gestione della spesa diventa sempre più un fattore critico, tanto che per governarla si introduce nel 1992 il concetto di aziendalizzazione, con un’attenzione alle entrate (fondo sanitario, ticket…) e alle uscite (prestazioni). Poi la svolta del 2001 con la riforma del Titolo V della Costituzione e il passaggio alle Regioni della componente economica, con abbinato il discutibile principio della legislazione concorrente. Da un lato uno Stato centrale che detta i principi generali (Livelli Essenziali di Assistenza in cui sono inseriti anche i farmaci), dall’altra le Regioni con il compito di erogare i servizi, gestire le risorse, organizzare i servizi. Comincia così a vacillare il principio di uguaglianza ed equità dei cittadini di fronte alla sanità. 21 Servizi Sanitari Regionali, modelli spesso diversi, concorrenza interna tra le regioni, ma anche buchi nei bilanci e commissariamento di quelle regioni — in maggioranza del centro sud — che non riescono a far quadrare i conti economici, sia per gestioni non sempre oculate, ma anche per problemi strutturali dif9icilmente risolvibili con i soli fondi sanitari. Commissariamento signi9ica risparmio e impossibilità di programmazione, con la conseguenza dell’incremento della forbice tra regioni virtuose e altre sotto tutela. L’aspetto più preoccupante che ha messo in luce questo modello regionalizzato è la incapacità di reggere alle emergenze. Il prezzo più alto di vite umane e di ricoveri è stato pagato proprio da quelle regioni cosiddette virtuose, con in testa il triangolo d’oro della sanità italiana: Lombardia, EmiliaRomagna, Veneto. Nessuna delle tre ha mai subito un commissariamento. Ognuna, anche se con un approccio politico economico diverso, è stata indicata come il punto di riferimento per le altre. E invece la pandemia mette a nudo i problemi, a volte ignorati o sottovalutati. Ma è veramente la pandemia l’unica vera causa della debacle del modello sanitario, o c’è forse qualcos’altro di più strutturato e che può rappresentare la mina vagante per il futuro nostro e delle future generazioni? Leggiamo qualche dato che potrebbe farci ri9lettere. Negli anni ’50 c’era in Italia un bambino per ogni anziano, oggi siamo a 5 anziani per ogni bambino. Si è allungata l’età media, ma sono anche aumentati gli anni di vita non in buona salute.

*Docente di Farmacoeconomia, Dipartimento di Farmacia - Università di Salerno

Figura 1. Il SSN resta la più grande infrastruttura del nostro Paese, la più grande opera pubblica mai costruita. Ma come tutte le opere ha necessità di essere periodicamente ristrutturata. In 40 anni l’Italia è mutata profondamente. (Min Salute).

Avere una popolazione anziana signi9ica fare i conti con la cronicità. Sono 24 milioni i cittadini italiani affetti da una patologia cronica, e più della metà soffre almeno di plurimorbilità. Ipertensione e malattia artrosica in primis, ma anche diabete, bronchite cronica, asma, patologia tiroidea. Tutto questo ha un costo elevatissimo per il SSN. Si parla di 65 miliardi di euro per la sola cronicità, ma è un dato molto sottostimato e soprattutto in continua crescita. Di fronte a questa enorme necessità di risorse diventa estremamente dif9icile, se non quasi impossibile, garantire la sostenibilità economica del Servizio Sanitario Nazionale con il modello attuale. I cronici e i fragili rappresentano una realtà sovraregionale e dunque il problema è di tutti. Il primo elemento di fondo è di tipo strutturale. Non può essere la realtà ad adattarsi ad un modello, ma sono i modelli ad adattarsi alla realtà. Sembra un gioco di parole, ma è una evidente realtà. Quello di oggi è il modello 9iglio della aziendalizzazione della sanità, che ha portato alla occupazione del potere, alle spartizioni, alla gestione di 101 aziende sanitarie locali, di aziende ospedaliere, di aziende integrate con i policlinici. La regionalizzazione della sanità — 9iglia della sopracitata modi9ica del Titolo V della Costituzione — ha creato attorno ai miliardi della sanità un sistema di potere politico enorme. Un sistema di potere politico, ma anche un modello su cui si fondano i servizi sanitari. Un modello “ospedalecentrico” basato sulle prestazioni, ognuna con un suo costo e pertanto con un suo rimborso secondo un concetto di “silos”, che considera esclusivamente il costo della malattia e della prestazione. È il modello DRG (Diagnosis Related Group o raggruppamenti omogenei di diagnosi) mutuato dal sistema americano, che non va dimenticato è totalmente diverso dal nostro, perché basato sul rimborso assicurativo. Un paziente si opera di protesi dell’anca o di bypass aortocoronarico o di cancro del colon, e al centro erogatore viene rimborsato il costo della prestazione. Poi questo paziente, una volta dimesso, torna a casa, con tutti i problemi della sua patologia cronica, e rimane a carico della Regione di origine. Un modello che ha fatto aumentare a dismisura la mobilità sanitaria dalle regioni del sud verso quelle del nord, che garantivano maggiore tecnologia e prestazioni più di avanguardia, sempre però legate ad ambiti chirurgici e diagnostici. Aziendalizzazione selvaggia che in nome del bilancio lascia fuori i cronici, i fragili, i posti letto di rianimazione e terapia intensiva, tutto quello che costa troppo e non porta bene9icio economico. Il Covid ci ha dimostrato che oggi quel modello non regge, anzi è diventato il punto debole non solo della sanità ma anche dell’economia. Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, che più di ogni altra regione, hanno attirato pazienti e malati nei loro ospedali, e che 9ino a ieri hanno vantato e incassato la maggiore mobilità attiva, oggi più di ogni altra piangono i propri morti. Il Covid ha solo portato a galla la inadeguatezza del sistema, e soprattutto la necessità di un radicale cambiamento di approccio.

Figura 2. Il modello attuale non è più adeguato e va profondamente rivisto. Siamo all’ “anno zero” come ha titolato l’ultimo forum sulla sanità 9ine 2020.

La presa in carico del paziente rappresenta la vera s9ida della Sanità. Tutt’altra cosa rispetto al modello di presa in carico della malattia. Ma siamo attrezzati? Oggi diventa necessario anzi indispensabile riscrivere la Sanità. Riprogrammare una assistenza territoriale che si prenda cura dei pazienti sempre più anziani, e sia veramente attenta ad un concetto che negli ultimi anni sembrava quasi solo uno slogan: la prevenzione. Prevenire non signi9ica fare un vaccino per il Covid-19 o per l’in9luenza o per il morbillo. Prevenire signiNica agire sui fattori di rischio, investendo su un modello di medicina di iniziativa, quel paradigma assistenziale che prevede di agire anticipatamente, ed individuare possibili

bisogni ed eventuali fattori di rischio per la

salute, piani9icando con anticipo le azioni più opportune. Un sistema di assistenza diverso dalla classica medicina di attesa, che aspetta la malattia per intervenire. Questo modello basato sulla prevenzione può rappresentare anche il vero elemento di sostenibilità del SSN, perché la malattia ha un costo elevato, sanitario e sociale, che oggi lo Stato non può più permettersi di affrontare. La grande svolta può oggi venire dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Un 9iume di risorse in cui la sanità entra in tre capitoli o Missioni; nella Missione 1, la più ampia, per la digitalizzazione, l’innovazione e la competitività; nella Missione 6 con i sette miliardi di euro per la costituzione delle reti di prossimità, telemedicina e assistenza sanitaria territoriale, e i sei miliardi per l’innovazione e la digitalizzazione del SSN. Nella Missione 5 sulla inclusione territoriale. Un piano che prevede la creazione di 1288 case

della comunità e 381 ospedali di comunità.

Senza un modello organico, senza una visione politica e un progetto piani9icato, programmato e governato, si corre il rischio di voler utilizzare questi fondi per una manutenzione del già esistente. Le case della salute le conosciamo già. Oggi non serve rimodellare l’esistente, ma scrivere il progetto della sanità del futuro. Il Covid ci ha solo dimostrato che si deve invertire il 9lusso. Il paziente deve entrare in ospedale solo quando è necessario, per le emergenze, per le patologie complesse, per gli interventi altamente specialistici ed ottenere «Non giochiamo con la sanità. La sanità è una cosa seria, è il bene più assistenza quali9icata. Per il resto è l’ospedale che deve andare sul importante da cui dipende tutto. territorio , anche Spendere con efficacia ed efficienza queste attraverso sistemi come risorse sarebbe il modo migliore per onorare l’assistenza domiciliare, le migliaia di vittime dirette e indirette di la telemedicina, il questa pandemia, e fare in modo che non siano morte invano. Non è una opzione, ma è potenziamento della medicina di prossimità. Non si può assistere più una drammatica necessità, se non si vuole al fenomeno delle liste di che i principi di uguaglianza e universalità, attesa senza 9ine, in cui alla base della grande riforma del 1978, lo stesso ente, che nega vadano drammaticamente perduti. una prestazione, diventa Il grande guaio dell’emergenza COVID sarebbe pensare che non ci sia stata e che esattore di risorse private nella stessa struttura. E allora: a chi tutto possa tornare come prima» conviene avere le liste chilometriche? Probabilmente a chi dovrebbe fare di tutto per evitarle.

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