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RINASCERE NEL SACRO, GESTAZIONE DI UN’OPERA

La cappella dell’Immacolata Concezione nella Chiesa di San Giovanni Maria Vianney a Falsomiele (Palermo)

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Irene Luzio*

Figura 1. Chiesa di S. Giovanni Maria Vianney, Palermo, quartiere Falsomiele. Particolare del nartece rivestito di cocciopesto e della statua del Santo Curato d’Ars di Giuseppe Di Caro. Foto di Guido Santoro.

Il caso “San Giovanni Maria Vianney”, nel panorama dell’architettura sacra più recente, è del tutto singolare [1]. Sperimentazione e originalità accedono al sacro talamo della tradizione. Il sovrannaturale si china sul mondo naturale. Il simbolo informa la materia. Ne va nascendo un corpo caldo, radioso, pulsante di energia vitale e al tempo stesso ricco e funzionale in ogni sua parte — sulle orme di Gaudí — capace di rispecchiare la fede, la personalità e la storia degli uomini che l’hanno concepito. Il sacerdote, la comunità parrocchiale e le maestranze — in gran parte locali — sono ancora nel pieno del travaglio: grazie alla pia sollecitazione dei fedeli, la cappella dell’Immacolata Concezione è sul punto di vedere la luce. Si può già riconoscere, addossato alla Miancata sinistra della chiesa, un ambiente longilineo, coperto da una volta a sezione

*Università degli Studi di Palermo.

Figura 2. Luca Crivello e Alessandra La Diega, dal cartone alla sinopia. Foto di Guido Santoro.

parabolica e rivestito alla base delle pareti di onice dai toni caldi e terrosi, che gli conferisce un aspetto raccolto, da grotta delle apparizioni. La stretta parete frontale è occupata quasi interamente da un ripiano; su di esso, posa con grazia una statua dell’Immacolata (Figure 6 e 7) — che contribuisce ad alimentare nei parrocchiani una fervida devozione mariana — la quale spicca contro un ovale marmoreo di un blu molto intenso (azul macaubas) circondato da una raggiera di stucco che verrà rivestita di mosaico vitreo, per rendere la sorgente luminosa che La circondava nell’apparizione a Guadalupe. Lungo la parete laterale, come in processione verso la statua, si schiudono tre alte

Figura 4. Bartolo Mallia lavora al controsoffitto. Foto di Guido Santoro. Figura 3. Luca Crivello, spolvero e ritocco della sinopia del terzo affresco. Foto di Guido Santoro.

Figura 5. Fina Rossi colloca il mosaico di vetro. Foto di Guido Santoro.

Figura 6. Cappella dell’Immacolata Concezione allo stato attuale. Foto di Andrea Rera.

nicchie, che il giovane pittore Luca Crivello ha ricevuto l’onore e l’onere di affrescare. Non è per caso che la commissione sia stata afMidata proprio a lui, né è solo per la sua brillante tesi sull’attualizzazione della metodologia dell’affresco, con l’introduzione del supporto alleggerito (derivato dalle tecniche di restauro; permette di ridurre i costi e di non incappare in iter burocratici kaMkiani). La prima delle ragioni è che Luca Crivello non è un “artista”. O, meglio, è proprio un vero artista nella misura in cui essere artista signiMica non essere interessato ad inseguire la novità e la stravaganza, ad improntare le opere sul proprio ego, ad ergersi su un piedistallo e accattivare critici, giornalisti e ricchissimi acquirenti. Ha tentato, durante il primo biennio dell’Accademia, di sperimentare un’estetica che mediasse tra Migurazione ed astrazione per far gola al mercato… ma non era quella la sua vocazione. Luca Crivello è un pittore-artigiano, un interprete, e la tesi gli ha aperto le porte di un settore di nicchia in cui la domanda esiste ancora: la — o meglio, certa — committenza ecclesiastica. Produrre un’opera sacra, infatti, non è da tutti. Richiede la viva volontà di mettersi a servizio, umiltà nell’ascoltare le verità di fede da rappresentare, disponibilità a carpirne il valore e il signiMicato, per poterla poi rendere con efMicacia; e umiltà anche nel confronto con la committenza e con una tradizione artistica e iconograMica plurisecolare. Richiede un eccezionale talento per la Migurazione e la sensibilità per conciliare in uno stesso soggetto realismo e idealità, perché il corpo sia un riMlesso dell’anima, abbastanza sublime da manifestarne l’intima natura e abbastanza naturale da rendere spontanea e immediata la relazione con l’osservatore. Un simile pittore — com’è Luca Crivello — può rendere visibile l’Invisibile. La sMida — nel caso della nostra cappella — è rendere visibile l’Immacolata Concezione. Rendere la perfetta purezza dell’anima della Vergine, mai intaccata neppure dal peccato originale, neppure quando ancora si formava nel grembo della madre, S. Anna. È una sMida tutto sommato più semplice, ai giorni nostri, di quanto non lo sia stata per secoli: il processo di chiariMicazione teologica e iconograMica si è deMinitivamente concluso intorno alla metà dell’Ottocento. Il principale modello iconograMico, ormai canonico, è quello della “novella Eva”: è stato elaborato tra XVI e XVIII secolo — anche se si rilevano signiMicative anticipazioni sul tema, nella produzione d’oltralpe [2] — ed applica alla Vergine alcuni attributi della donna dell’Apocalisse, con la mediazione di alcuni passi della Genesi: gravida (Ap 12 e Gen 37, 9-10), vestita — o circondata — di sole e la luna sotto i piedi (Ap 12), uno dei quali schiaccia la testa del serpente — che talvolta avvolge tra le spire il globo terraqueo — (Gen 3,15), sul capo una corona di dodici stelle (Ap 12 e Gen 37, 9-10). Il ventre gravido rimanda all’Immacolata Concezione

Figura 7. Statua dell’Immacolata Concezione. Foto di Andrea Rera.

come segno del praevisis meritis, perché la grazia salviMica Le fu applicata preventivamente per rendere possibile l’Incarnazione del Verbo. La corona di stelle rinvia al conseguente titolo di Madre della Chiesa (in quanto questa è Corpo Mistico del Figlio, simboleggiato dalle 12 stelle-tribù di Israele). Il manto di sole rappresenta Cristo, il Sol Iustitiae (Malachia 3,20), che avvolge la Madre come segno di giustiMicazione preventiva (praevisis meritis). La luna sotto i piedi, invece, che cresce-decresce, signiMica il dominio perfetto della Vergine sulla sua corruttibile condizione umana. InMine il serpente a cui schiaccia il

Figura 8. Apparizione della Madonna a Guadalupe, bozzetti di Luca Crivello.

capo (come, del resto, anche il dragone di Ap 12) rimanda a Satana e alla vittoria — in Cristo — che Le fu concessa sul peccato. Questa iconograMia la si ritrova — in parte — nella statua argentea dell’Immacolata di Palermo (1647) e nell’immagine della sacra tilma di Guadalupe (1531): due dei soggetti che Luca Crivello sta affrescando per la cappella. Il terzo soggetto è la Madonna di Lourdes (1858). Questa apparizione ha determinato il secondo modello canonico per rappresentare l’Immacolata, che riassume alcuni attributi riscontrabili già in iconograMie precedenti, come l’atteggiamento orante e la bicromia bianco-azzurro delle vesti (che signiMicano, rispettivamente, la purezza e l’elezione divina di Maria); altri elementi — come il rosario, la grotta, le rose — sono speciMici dell’apparizione di Lourdes. I soggetti delle tre lunette laterali si succedono in ordine cronologico, dalla più antica alla più recente, verso la statua. Lo scopo è creare delle Minestre sul Cielo, rendere presente e vicina la Vergine Immacolata attraverso delle immagini che elevino i fedeli a contemplarne il mistero e ad invocarne la protezione con amore e Miducia; ma anche rappresentare i momenti più signiMicativi, nella storia della Chiesa e nella storia di Palermo, del lungo e complesso percorso che ha portato all’emanazione e chiariMicazione del dogma. I tre soggetti — è il caso di ribadirlo — sono l’apparizione a Guadalupe (1531), il voto di sangue stretto dal Senato Palermitano a difesa dell’onore dell’Immacolata (1624) e l’apparizione a Lourdes (1858). I primi bozzetti di Luca Crivello rappresentavano soltanto la Madonna — rispettivamente nella tilma, la statua argentea di Palermo e nella grotta — su un piano ravvicinato, per rendere l’effetto di un’apparizione sotto gli occhi dei fedeli. Il confronto con la committenza ha portato ad una revisione dell’idea originale e ad una resa più narrativa e storica, introducendo altri personaggi — come l’indio Juan Diego, il cardinale e il popolo palermitano, la pastorella provenzale Bernadette — ed esplicitando il contesto spaziale. La prima lunetta (Figura 8) vedrà, nell’angolo inferiore sinistro, Juan Diego: di tre quarti, inginocchiato sul suolo sterile e nell’atto di raccogliere le rose nella tilma, volge lo sguardo rapito verso la Migura della Vergine, sulla destra. Lei è rappresentata come nell’immagine acheropita: in piedi, con le mani giunte in preghiera e lo sguardo volto verso il basso, coperta da un manto di stelle e circondata da una raggiera luminosa; la luna, sotto i suoi piedi, sorretta da un angioletto.

Figura 9. In alto e a sinistra. Simulacro argenteo di Palermo (1647) e patto di sangue del 1624, bozzetti di Luca Crivello.

Figura 10. Apparizione della Madonna di Lourdes, bozzetti di Luca Crivello.

La seconda lunetta (Figura 9), invece, vedrà centrale la statua dell’Immacolata, patrona dell’arcidiocesi di Palermo dal 1624 in virtù del voto, da parte del popolo per mezzo del Senato, di proteggerne l’onore Mino allo spargimento di sangue (imperversava ancora la lotta tra maculisti ed immaculisti): lucente nel suo corpo argentato, la corona che sovrasta l’ovale perfetto del volto, le mani giunte in preghiera e il piede che sottomette il capo del serpente. A destra, il card. Giannettino Doria, arcivescovo di Palermo, rivestito dei paramenti, in contemplazione; all’angolo destro si nota un teschio che rimanda all’ultima grande pestilenza che investì la città, in quello stesso secolo, e al miracolo di Santa Rosalia (la più celebre patrona di Palermo) che la fece cessare. A sinistra, il popolo stesso, che con fervida devozione si fa incontro alla statua; dal caotico sovrapporsi di masse corporee, atteggiate in pose quasi barocche, emerge lo stendardo della Confraternita del Porto e Riporto, della Chiesa di San Francesco d’Assisi di Palermo. L’ultima lunetta (Figura 10) vedrà inMine, sul margine sinistro, Bernardette: inginocchiata sul suolo roccioso, avvolta nel suo povero abito da pastorella provenzale, le mani al petto in adorazione e gli occhi socchiusi come in atto di abbandono. Sulla destra, ma in posizione quasi centrale, la Migura della Vergine: la luce che cala dall’alto, l’elegante classicismo della posa a chiasmo — con la lieve torsione del collo a sinistra, del busto a destra — un ginocchio lievemente avanzato ma nascosto dalle ampie vesti; i piedi nudi sMiorano le rose. La gentile serenità dei volti, la morbidezza delle pose e l’abbondanza dei panneggi sono i tratti distintivi della mano di Crivello. La resa cromatica non è ancora deMinita, ma si può indovinare da alcuni elementi già deMiniti della terza lunetta, ch’è in corso di realizzazione: benché di norma il Crivello adoperi tonalità soffuse e pastellate, la vivacità del contesto architettonico ha richiesto per questi affreschi delle tonalità più calde e cariche. Ci sono ancora dei margini per la sua crescita artistica, è indubbio, ma anche questo fa di Luca Crivello una giovane promessa. La cappella dell’Immacolata — e tutta la chiesa di S Giovanni Maria Vianney — permettono di sperare che sia ancora possibile coniugare tradizione e novità, bellezza della forma materiale e verità dei signiMicati spirituali, nella creazione di un’opera d’arte che sia realmente sacra.

Note

1. Luzio I., Rinascere nel Sacro: storia di una chiesa e di una periferia: Falsomiele. Theriaké, anno IV n. 33, pp. 22-32. http://www.agifarag.it/437987920 2. http://www.lapartebuona.it/la-bibbia-nellarte-e-nellacultura/evoluzione-iconograMica-dellimmacolataconcezione-un-contributo-di-micaela-soranzo/

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