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Contributo per una storia iconogra0ico-iconologica della morte

(I parte)

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Rodolfo Papa

Scrivere una “storia dell’iconograBia della rafBigurazione della morte all’interno dell’arte cristiana” è certamente interessante, ma al contempo complesso, poiché, come spesso accade nei temi artistici legati a verità di fede, le sfumature sono molteplici, tante quante sono i punti di vista dai quali è possibile guardare l’argomento.

In questo contributo cercherò di delineare alcuni aspetti, posizionando lo sguardo su un numero limitato e circoscritto di punti di vista, accennandone alcuni e per necessità tralasciandone altri, sebbene parimenti importanti.

Si può, infatti, certamente indagare questo tema da una prospettiva antropologica, sociologica, politica, economica, etica e bioetica, e perBino medico-sanitaria oltre che Bisiologica, ma in questo mio contributo, cercherò di comprendere soprattutto le valenze religiose e spirituali che, nel corso della storia, hanno mosso artisti e committenti alla rappresentazione della morte, e dunque analizzerò alcuni monumenti funebri al Bine di comprendere come la fede di quegli uomini si sia espressa con diversi esiti compositivi, estetici e stilistici.

L’analisi iconologica dei monumenti funebri, che emergerà da queste brevi pagine, si propone di produrre un senso coerente in grado di aprirsi ad ulteriori letture, avendo presente quel che afferma anche

George Kubler in un suo scritto, ovvero che «per coloro che si applicano allo studio del signi.icato il criterio di valore non è la discontinuità, ma la continuità» [1].

Del resto, lo stesso termine linguistico “monumento” conserva in sé il senso dell’originario verbo transitivo latino mŏnēre, che si muove dal “far ricordare”, nel senso di “riportare alla memoria”, Bino all’ “esortare nell’ammonimento”, provocando, suscitando, “ispirando pensieri”. Infatti la radice di “monito” e di

“mente” è la medesima di “monumento”, e quest’ultimo tradotto in senso letterale signiBica semplicemente “strumento per far ricordare”.

Il monumento si colloca, dunque, come “strumento”, tra il ricordo e il pensiero, tra il portare alla memoria fatti, cose, persone e il riBlettere su di esse. Ma il mo-

Figura 1. Tommaso di ser Giovanni Cassai detto Masaccio, L’Altare della Trinità, Chiesa di S. Maria Novella, Firenze.

Rodolfo Papa, PhD. Pittore, scultore, teorico, storico e Bilosofo dell'arte. Esperto della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi. Accademico Ordinario della PontiBicia Insigne Accademia di Belle Arti e Lettere dei Virtuosi al Pantheon. Docente di Arte Sacra, Tecniche Pittoriche nell’Accademia Urbana delle Arti. Presidente dell'Accademia Urbana delle Arti. Già docente di Storia delle teorie estetiche, Storia dell’Arte Sacra, Traditio Ecclesiae e Beni Culturali, FilosoBia dell’Arte Sacra (Istituto Superiore di Scienze Religiose Sant'Apollinare, Roma; Master II Livello di Arte e Architettura Sacra della Università Europea, Roma; Istituto Superiore di Scienze Religiose di Santa Maria di Monte Berico, Vicenza; PontiBicia Università Urbaniana, Roma; Corso di Specializzazione in Studi Sindonici, Ateneo PontiBicio Regina Apostolorum). Tra i suoi scritti si contano circa venti monograBie, molte delle quali tradotte in più lingue e alcune centinaia di articoli (“Arte Cristiana”; “Euntes Docete”; “ArteDossier”; “La vita in Cristo e nella Chiesa”; “Via, Verità e Vita”, “Frontiere”, “Studi cattolici”; “Zenit.org”, “Aleteia.org”; “Espiritu”; “La Società”; “Rogate Ergo”; “Theriaké” ). Collaborazioni televisive: “Iconologie Quotidiane” RAI STORIA; “Discorsi sull’arte” TELEPACE. Come pittore ha realizzato interi cicli pittorici per Basiliche, Cattedrali, Chiese e conventi (Basilica di San Crisogono, Roma; Basilica dei SS. Fabiano e Venanzio, Roma; Antica Cattedrale di Bojano, Campobasso; Cattedrale Nostra Signora di Fatima a Karaganda, Kazakistan; Eremo di Santa Maria, Campobasso; Cattedrale di San PanBilo, Sulmona; Chiesa di san Giulio I papa, Roma; San Giuseppe ai Quattro Canti, Palermo; Sant'Andrea della Valle, Roma; Monastero di Seremban, Malesia; Cappella del Perdono, SS. Sacramento a Tor de'schiavi, Roma …)

numento ha anche il compito di costituire un monito, che è per sua natura sospeso tra il ricordare e il meditare, in senso più propriamente spirituale. RiBlettendo ulteriormente, si intende il monumento non solo in senso ottocentesco come dedica ad un personaggio illustre del passato più o meno remoto, come omaggio della città ad un suo poeta o artista famoso, ritenuto in qualche modo fondativo della stessa civitas, che lo rappresenta autocelebrandosi, ma nel monumento funebre c’è qualcosa di più e di diverso. Prima di tutto, ci si può soffermare sul fatto che molti hanno commissionato a grandi artisti il proprio monumento funebre, molti anni prima della morte e in previsione di essa, e questo è certamente il primo senso dello “strumento di memoria”, giacché serve allo stesso committente per ricordare costantemente l’esito della sua vita. Il monumento funebre in questo caso è iscrivibile nell’ambito del tema iconograBico della vanitas, come mezzo di ricordo di memoria della caducità delle cose vane, divenendo vero e proprio memento mori. Ma nella cultura cristiana, ogni esito personale non può rimanere separato dalla collettività, l’agire del cristiano è agire nella societas, e ancor più ediBicare la stessa civitas, perché la fede non è ⏤ come vorrebbe una certa cultura liberale otto-novecentesca ⏤ un fatto privato, ma esattamente l’opposto, cioè eminentemente pubblico. Ecco che in questa prospettiva il monumento funebre cristiano svolge non solo il compito di pietas nei confronti del defunto, ma di carità nei confronti dei vivi che ad esso guardano con rispetto.

Per comprendere bene quel che stiamo dicendo, prendiamo come primo esempio L’altare della Trinità [2], eseguito negli anni 1424-1425 da Tommaso di ser Giovanni Cassai detto Masaccio, nella Chiesa di S. Maria Novella a Firenze [3]. L’affresco nel registro inferiore rappresenta uno scheletro adagiato sopra un sarcofago, afBiancato da «Il monumento si colloca […] come “strumento”, tra il ricordo e il pensiero, tra il due coppie di colonnine alle estremità e posto sotto un piano, al momento Bisiportare alla memoria fatti, cose, persone e il camente non presente, ma riflettere su di esse. Ma il monumento ha che getta comunque ombra anche il compito di costituire un monito, che sul fondo della parete; lo è per sua natura sospeso tra il ricordare e il scheletro è posto, dunque, meditare, in senso più propriamente spirituale» sotto il piano della mensa che costituisce, o meglio che costituiva, l’altare reale della cappella .icta, nella quale la riBlessione sulla morte è parte integrante della meditazione sull’azione salviBica della Croce all’interno della storia della salvezza, nell’economia intra-trinitaria ivi rappresentata [4]. Sul fondo della parete, poco sopra lo scheletro, campeggia una scritta in caratteri capitolini che recita: «IO FU’ GIAa QUEL CHE VOI SETE, E QUEL CH’I’ SON VOI ANCO SARETE». Questa scritta è ovviamente il precipitato di una riBlessione personale sulla morte, condotta dal committente e partecipata all’artista che la scrive ma, oltre a svolgere una funzione rammemorativa personale, diviene, per il semplice fatto di essere scritta in un luogo pubblico quale la chiesa, un monito e un ammaestramento per gli altri. Partendo proprio dall’affresco di Masaccio è necessario spostare il discorso su un piano ulteriore, giacché il luogo di sepoltura per secoli è stato proprio l’ediBicio delle chiese. I monaci, i frati, le monache e le suore per secoli sono stati sepolti in ossari comuni collocati sotto il pavimento delle chiese monastiche e conventuali. I poveri e le persone comuni ricevevano

Figura 2. Tommaso di ser Giovanni Cassai detto Masaccio, L’Altare della Trinità, particolare. Chiesa di S. Maria Novella, Firenze.

sepoltura negli ossari posti sotto il pavimento delle chiese, magari ad opera di confraternite a questo scopo create. Mentre gli appartenenti alle famiglie nobili o a quelle di ricchi mercanti e di banchieri, venivano sepolti nelle cappelle di famiglia che solitamente erano collocate lungo le navate laterali delle chiese o erano esse stesse delle cappelle indipendenti più o meno grandi, o nei casi più importanti erano vere e proprie chiese palatine o conventuali ofBiciate da ordini religiosi. In ogni caso la sepoltura era normalmente prevista all’interno delle chiese. A questo punto dobbiamo aprire una parentesi sulla concezione stessa dell’ediBicio “chiesa” come luogo totale della fede e della vita dei fedeli cristiani. Il senso iconologico di una chiesa è, infatti, quello di “luogo totale”, capace cioè di riassumere tutta la multiforme bellezza delle verità di fede. Infatti, l’ediBicio chiesa, attraverso la sua forma e attraverso le immagini in esso contenute, deve rappresentare Cristo stesso, che in quel luogo è presente e agisce. In altre parole, l’ediBicio deve rappresentare il mistero del Corpo Mistico di Cristo [5]. Guardando alla lunga esperienza artistica prodotta nel corso dei secoli dalla Chiesa per mezzo dei suoi “fedeli-artisti”, si possono scoprire molte cose in tal senso interessanti. Gli esempi di questa volontà di rappresentazione artistica sono sovrabbondanti in ogni epoca e in ogni latitudine. L’idea stessa dell’ediBicio chiesa si è conformata al corpo di Cristo a partire dalla pianta, che è maturata nel corso del tempo in forma di croce latina, riecheggiando non solo il simbolo della fede, ma mostrando nelle sue proporzioni l’idea stessa del corpo glorioso del CrociBisso-Risorto. La corrispondenza tra corpo e architettura, cosı̀ ampiamente sviluppata già nella tradizione classica pre-cristiana testimoniata dagli scritti di Vitruvio [6], riceve inesauribile ricchezza nella prospettiva cristiana [7], a partire dalla Patristica. Cosı̀ vediamo in pieno Medioevo, per esempio, nella nota rafBigurazione del macrocosmo proposta da Ildegarda di Bingen nel Liber divinorum operum [8], una esplicita corrispondenza tra il cosmo, il corpo dell’uomo, la pianta delle chiese, la croce; in questa immagine la Trinità abbraccia e costituisce questo tutto armonico, di cui Cristo è il centro di signiBicato. Deriva da Ildegarda di Bingen anche la bella immagine che troviamo nel Liber Ponti.icalis del XII secolo (Reims, Bibl. Munic, ms. 672, fol. Iv ). E la ritroviamo anche negli scritti di Rabano Mauro [9] e di San Pier Damiani [10]. Questa complessa visione del mondo in cui tutto si corrisponde diventa, nelle opere pittoriche, la rappresentazione di come le cose si muovano dall’origine, si formino a partire da essa e ad essa tendano. Persino in Leonardo troviamo la coscienza di questo movimento ontologico, infatti in uno dei suoi taccuini scrive che l’universo è “incluso” nella mente di Dio [11]. Nella visione cristiana, la rappresentazione dell’intero corpo mistico si completa con la rafBigurazione dei santi che sono al cospetto di Dio, avvolti dalla sua Gloria nella festa perenne della liturgia celeste. Ed ecco allora che le facciate delle cattedrali si popolano delle efBigi dei corpi dei santi, che sono esposti alla contemplazione dei fedeli per la loro educazione ed ediBicazione morale e spirituale. Gli esempi sono innumerevoli, e cosı̀ possiamo vedere le realizzazioni di questa santa rappresentazione, per esempio, nella facciata della Cattedrale di Salisbury ediBicata intorno al 1220, o nella contemporanea facciata della Cat-

Figura 3. Facciata della Cattedrale di Salisbury, Regno Unito di Gran Bretagna.

tedrale di Strasburgo, tanto per citarne qualcuna. Ma oltre l’esibizione dei volti delle schiere inBinite dei santi, viene anche rappresentato il senso di comunione dei santi che vivono in cielo al cospetto di Dio, e che sono nella gioia del seno stesso di Dio [12]. I cieli sono pieni di santi ed angeli, rappresentati in ordine gerarchico secondo la tradizione esegetica dei testi sacri elaborata nei secoli dai Padri della Chiesa. Prima di tutto, viene rappresentato Cristo, primizia di coloro che risorgono da morte, poi gli Apostoli, poi i martiri, di seguito i confessori della fede ed inBine le vergini. Sant’Agostino in una sua omelia afferma:

«Secuti sunt eum martyres sancti, usque ad effusionem cruoris, usque ad similitudinem passionis: secuti sunt martyres, sed non soli. Non enim postquam illi transierunt, pons incisus est; aut postquam ipsi biberunt, fons ipse siccatus est. […] Habet, habet, fratres, habet hortus ille dominicus, non solum rosas martyrum, sed et lilia virginum, et coniugatorum hederas, violasque viduarum. Prorsus, dilectissimi, nullum genus hominum de sua vocatione desperet: pro omnibus passus est Christus. Veraciter de illo scriptum est: “Qui vult omnes homines salvos .ieri, et in agnitionem veritatis venire” (1 Tm 2, 4)» [13].

Tutta la realtà creata e redenta viene rappresentata negli immensi affreschi e mosaici che popolano le pareti, le volte e le cupole delle nostre splendide chiese. La tradizione medievale e rinascimentale esprime la fede negli Angeli [14], secondo quanto scritto nelle pagine e negli eventi della Rivelazione. Nove cori angelici costituiscono una gerarchia che ha Dio al proprio centro: seraBini, cherubini, troni, dominazioni, potestà, virtù, principati, arcangeli e angeli. Tommaso d’Aquino, partendo dalle Sacre Scritture, nella Summa theologiae offre un’approfondita riBlessione sugli angeli:

«Quia igitur unus est Deus princeps non solum omnium Angelorum, sed etiam hominum, et totius creaturae; ideo non solum omnium Angelorum, sed etiam totius rationalis creaturae, quae sacrorum particeps esse potest, una est hierarchia» [15]. Ed ancora: «est auctoritas sacrae Scripturae, quae sic eos nominat. Nomen enim Seraphim ponitur Isaiae VI; nomen Cherubim Ezech. I; nomen thronorum, Coloss. I; dominationes autem et virtutes et potestates et principatus ponuntur Ephes. I; nomen autem Archangeli ponitur in canonica Iudae, nomina autem Angelorum in pluribus Scripturae locis» [16].

L’arte sacra cristiana è sempre stata impegnata nella rappresentazione di questa visione del cosmo. Cosı̀, per esempio, nella Basilica di San Marco a Venezia, o

nella volta della chiesa del Gesù a Roma affrescata dal Gaulli [17], vediamo l’intero cosmo rappresentato nel mistero della Creazione e della Redenzione: tutto si ricapitola in Cristo re dell’universo, circondato dalle schiere angeliche e dalle schiere dei santi. Il fedele è chiamato a contemplare il cielo che irrompe nello spazio sacro della chiesa, in un gioco linguistico che risponde direttamente al senso etimologico del termine “con-templare”, che signiBica letteralmente “osservare la volta celeste attraverso il perimetro del tempio privo del tetto” [18]. E cosı̀ gli artisti fanno a gara per trovare modi sempre nuovi ed efBicaci per annullare le pareti del sofBitto e permettere al cielo di discendere verso i fedeli, mostrando non solo la luce, ma anche i suoni celestiali della meravigliosa liturgia perenne che nel cielo si celebra nell’unità della comunione dei santi, al suono e al canto degli angeli che danno Gloria a Dio. A questo proposito come dimenticare le prospettive mirabili del gesuita Andrea Pozzo [19] nella chiesa di San’Ignazio [20] a Roma. Nell’inBinita gamma di sfumature teologico-spirituali che le nostre chiese offrono, si afferma dunque l’abitudine di rappresentare delle vere e proprie cosmograBie, dove tutte le realtà create e redente si ricapitolano, secondo l’esegesi patristica di testi rivelati quali il prologo del Vangelo di Giovanni. Vediamo il volto di Cristo che giganteggia nelle volte delle cupole delle chiese, in quanto principio e Bine di tutta la realtà. Cristo è immenso e occupa tutta la volta celeste, perché Egli è Dio come scrive Giovanni nel suo Vangelo:

«In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste» [21].

Attraverso questa chiave interpretativa possiamo leggere opere mirabili come il Katholikon della chiesa di Dafni eretta nell’ XI sec., o la chiesa di Santa Maria Pammakaristos eretta sotto i Paleologi a Costantinopoli, o ancora la cupola centrale della chiesa della Parigoritissa costruita ad Arta nel XIII secolo [22]. L’idea di rappresentare cosmograBie si modula in varie maniere nel corso del tempo; i portali delle cattedrali gotiche riproducono, attraverso una serie di archi concentrici che si sovrappongono l’uno all’altro nelle strombature, i vari cieli che circondano il mondo Bino a giungere al settimo, luogo della dimora di Dio. Le strombature dei portali pullulano di santi, parlano della vita che è nel cielo e convogliano lo sguardo verso il culmine dove al centro della mandorla solitamente è rappresentata la Trinità. Il portale d’ingresso della Cattedrale di Reims, quello della Cattedrale di Santiago de Compostela o il portale della Cattedrale di Saint-Trophine ad Arles o ancora i portali del Duomo di Siena o quelli del Duomo di Genova, che immediatamente esplicitano in senso trinitario il mistero della Chiesa, ci dicono tutti che lo spazio architettonico già parla di una dimensione paradisiaca. La chiesa cosı̀ concepita ci introduce già in una dimensione celeste, perché di fatto non entriamo solo nel luogo di ritrovo di una comunità, ma direttamente in una dimensione altra, tutta spirituale, dove il cielo e la terra, i fedeli “pietre vive”, entrano in comunione con tutto il mistero del Corpo Mistico di Cristo che è appunto la Chiesa. L’arte diviene il mezzo insuperato per rappresentare questa dimensione ecclesiale e nel contempo escatologica, riprendendo il senso più profondo delle parole di san Paolo:

Figura 4. Facciata della Cattedrale di Nostra Signora di Strasburgo, Francia.

«Ringraziamo con gioia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, perché ci ha messi in grado di partecipare alla sorte dei santi nella luce, ci ha liberati dal potere delle tenebre, ci ha trasferiti nel regno del suo Figlio diletto, per opera del quale abbiamo la redenzione, la remissione dei peccati. Cristo è immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni creatura; è prima di tutte le cose e tutte in lui sussistono. Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui: quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili. Egli è il capo del corpo, che è la Chiesa; è il principio di tutto, il primogenito di coloro che risuscitano dai morti, per ottenere il primato su tutte le cose. Piacque a Dio di fare abitare in lui ogni pienezza, per mezzo di lui riconciliare

Figura 5. In alto: a sinistra Monastero di Daphni, Grecia; a destra cupola della Chiesa della Theotokos Pammacaristos, Istambul, Turchia. In basso: cupola della Chiesa della Panaghia Parigoritissa, Arta, Grecia.

a sé tutte le cose, rappaciBicare con il sangue della sua croce gli esseri della terra e quelli del cielo» [23]. Dunque, la lettura iconologica di queste chiese cosı̀ ricche di pittura, scultura e decorazioni, deve partire da una corretta impostazione, che sia in grado di evidenziare la dimensione mistica delle visioni in esse rappresentate. In esse, infatti, il fedele è condotto a “vedere” lo splendore della Gloria di Dio attraverso la bellezza dell’opera dell’ingegno dell’uomo, che è capace di rappresentare per analogia la Bellezza stessa di Dio. In questa prospettiva è necessario menzionare gli studi e le scoperte fatte dallo storico dell’arte Marco Bussagli, che rintraccia nel Giudizio Universale [24] di Michelangelo della Cappella Sistina, un immenso volto che occupa tutta la parete ed è costituito dalla inBinita schiera di angeli e di santi, prendendo a

Figura 6. Portali della Cattedrale di S. Lorenzo, Genova.

modello il volto della Veronica, anticamente conservato nella Basilica di San Pietro e rimosso, per proteggerlo dalle devastazioni dei Lanzichenecchi durante il sacco di Roma nel 1527, ad opera dell’imperatore Carlo V. Il Giudizio Universale di Michelangelo si iscrive nella lunga tradizione che qui abbiamo esposto, nella volontà di rappresentare non solo la Gloria di Dio, ma l’idea stessa del Mistero del Corpo Mistico di Cristo, nel quale si incastonano tutti i santi, gli angeli e i fedeli di ogni tempo, che sono giunti a vedere e godere della bellezza inBinita del Volto di Dio. Michelangelo espone e nasconde al tempo stesso, attraverso un’abile e sapiente composizione, il mistero cristologico della Chiesa, evidenziato non solo dai corpi dei santi ma anche dalla presenza dei fedeli. In tal senso le cappelle private, veri e propri luoghi di sepoltura, concepite in vario modo, ma sempre all’interno della medesima concezione teologica e culturale, si strutturano come delle cosmograBie capaci di evocare al proprio interno il senso di appartenenza all’intero Corpo Mistico che è la Chiesa, di cui Cristo è il capo. L’idea stessa di seppellire i defunti all’interno delle chiese è segno evidente di una visione complessa e compiuta del senso escatologico della rappresentazione della fede attraverso le immagini. Si posso fornire innumerevoli esempi, ed alcuni sono molto appropriati per comprendere il signiBicato della rappresentazione della morte all’interno dell’economia della salvezza. Per esempio la Cappella Sassetti in Santa Trinita a Firenze, realizzata da Domenico Ghirlandaio [25] tra il 1482 e il 1485, per il banchiere Francesco Sassetti, con le sue Storie di San Francesco, declina, all’interno della devozione francescana, la fede nella resurrezione dei corpi. Infatti, si nota un complesso rimando tra i due sarcofagi di fattura classica, all’antica, che accolgono appunto i corpi dei capostipiti della famiglia ⏤ Francesco Sassetti e sua moglie Nera Corsi ⏤ posti sotto degli archi nelle pareti destra e sinistra della cappella, e il sarcofagomangiatoia rappresentato nella pala d’altare L’adorazione dei pastori, realizzata anch’essa dal Ghirlandaio e posta sull’altare della cappella funebre. Il sarcofago scoperchiato, utilizzato nel dipinto per rappresentare la mangiatoia [26], allude alla morte di Cristo e alla sua sepoltura, ma soprattutto alla sua Risurrezione giacché esso è vuoto. E cosı̀ i due sarcofagi di Nera Corsi e di Francesco Sassetti, scolpiti allo stesso modo di quello nel dipinto della pala d’altare, ad esso si collegano, riconducendo l’esito delle morti dei due committenti, in un costruttivo senso di virtuosa speranza, alla Risurrezione stessa di Cristo. Per comprendere il nesso che lega quei due sarcofagi reali a quello dipinto e vuoto, ci soccorre il brano della Epistola ai Romani di san Paolo che, ponendo in relazione il sacriBicio di Cristo con la salvezza degli uomini nell’avvenuta riconciliazione con Dio, recita:

«GiustiBicati dunque per la fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo; per suo mezzo abbiamo anche ottenuto, mediante la fede, di accedere a questa grazia nella quale ci troviamo e ci van-

tiamo nella speranza della gloria di Dio. E non soltanto questo: noi ci vantiamo anche nelle tribolazioni, ben sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza. La speranza poi non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. Infatti, mentre noi eravamo ancora peccatori, Cristo morı̀ per gli empi nel tempo stabilito. Ora, a stento si trova chi sia disposto a morire per un giusto; forse ci può essere chi ha il coraggio di morire per una persona dabbene. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. A maggior ragione ora, giustiBicati per il suo sangue, saremo salvati dall'ira per mezzo di lui. Se infatti, quand'eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita. Non solo, ma ci gloriamo pure in Dio, per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, dal quale ora abbiamo ottenuto la riconciliazione. Quindi, come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte, cosı̀ anche la morte ha raggiunto tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato. Fino alla legge infatti c'era peccato nel mondo e, anche se il peccato non può essere imputato quando manca la legge, la morte regnò da Adamo Bino a Mosè anche su quelli che non avevano peccato con una trasgressione simile a quella di Adamo, il quale è Bigura di colui che doveva venire. Ma il dono di grazia non è come la caduta: se infatti per la caduta di uno solo morirono tutti, molto di più la grazia di Dio e il dono concesso in

Figura 7. In alto: Domenico Ghirlandaio, Adorazione dei pastori. Cappella Sassetti, Chiesa di S. Trinita, Firenze. In basso: a sinistra, sepolcro di Nera Corsi; a destra, sepolcro di Francesco Sassetti. grazia di un solo uomo, Gesù Cristo, si sono riversati in abbondanza su tutti gli uomini. E non è accaduto per il dono di grazia come per il peccato di uno solo: il giudizio partı̀ da un solo atto per la condanna, il dono di grazia invece da molte cadute per la giustiBicazione. Infatti se per la caduta di uno solo la morte ha regnato a causa di quel solo uomo, molto di più quelli che ricevono l'abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo del solo Gesù Cristo. Come dunque per la colpa di uno solo si è riversata su tutti gli

Figura 8. Filippino Lippi, Cappella Carafa, S. Maria sopra Minerva, Roma.

uomini la condanna, cosı̀ anche per l'opera di giustizia di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustiBicazione che dà vita. Similmente, come per la disobbedienza di uno solo tutti sono stati costituiti peccatori, cosı̀ anche per l'obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti. La legge poi sopraggiunse a dare piena coscienza della caduta, ma laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia, perché come il peccato aveva regnato con la morte, cosı̀ regni anche la grazia con la giustizia per la vita eterna, per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore» [27].

Un altro esempio interessante di concezione di cappella funebre è la Cappella Carafa [28], affrescata in Santa Maria sopra Minerva a Roma, da Filippino Lippi tra il 1488 e il 1493 per il cardinale Oliviero Carafa. La pala d’altare, anch’essa realizzata ad affresco e incorniciata da una splendida cornice a stucco in modo da rappresentare la casa di Maria a Nazaret, vede il committente in ginocchio al cospetto della Vergine sorpresa proprio nel momento della “meritatio” [29] all’interno del santo evento dell’Annunciazione. Il cardinale è presentato a Maria da un suo illustre avo, il domenicano san Tommaso d’Aquino. Qui il senso della speranza si declina all’interno della fede in una accezione devozionale tutta mariana. Infatti il cardinale si fa rappresentare all’interno della scena dell’Annunciazione nel momento culmine dell’Incarnazione, ponendo quindi in relazione l’altare sottostante, con il tabernacolo (ora asportato) e la Bigura di Maria stessa che è il vero Tempio di Gloria, tabernacolo vivente di Nostro Signore Gesù Cristo. E il senso della preghiera di intercessione del defunto cardinale si esplicita nella parte superiore dell’affresco, dove Maria Assunta in cielo, in corpo e anima, in quanto creatura splendente di grazia preservata “ab origine” dal peccato originale, guarda verso gli apostoli e, attraverso di essi, agli uomini con amore di madre. E quindi il senso di speranza lanciato oltre la morte dagli affreschi fatti realizzare dal cardinale Oliviero Carafa, si comprende attraverso le bellissime parole della preghiera dedicata a Maria: «Ave Maria, gratia plena, Dominus tecum, benedicta tu in mulieribus, et benedictus fructus ventris tui, Iesus. Sancta Maria, mater Dei, ora pro nobis peccatoribus, nunc et in hora mortis nostrae. Amen». Del resto questa cappella riprende una lunghissima tradizione di sepolture cardinalizie, che declinano il senso della speranza nella vita eterna all’interno della devozione mariana, come la tomba del cardinale Matteo d’Acquasparta [30], generale dei francescani realizzata da Giovanni di Cosma dopo il 1302 nella

Figura 9. Pietro Cavallini, monumento funebre del Cardinale Matteo d’Acquasparta, S. Maria in Aracoeli, Roma.

Figura 10. Bernardo e Antonio Rossellino, Cappella del Cardinale del Portogallo, particolare del monumento funebre. Chiesa di S. Miniato al Monte, Firenze. Figura 11. Antonio e Piero del Pollaiolo, pala d’altare della Cappella del Cardinale del Portogallo, con i Santi Vincenzo, Giacomo Maggiore ed Eustachio. Chiesa di S. Miniato al Monte, Firenze.

chiesa di Santa Maria in Aracoeli a Roma, o ancora la tomba del cardinal Guidel, eretta dopo il 1299 in Santa Maria Maggiore sempre a Roma, o come ancora la tomba del cardinale Guglielmo Durando vescovo di Mende, realizzata dopo il 1296 da Giovanni di Cosma in Santa Maria sopra Minerva, che è a pochi metri di distanza dalla stessa cappella Carafa. In questi monumenti, la struttura è semplice: un sarcofago con sopra la Bigura del defunto giacente e al di sopra un mosaico o un affresco rappresentante il defunto inginocchiato ai piedi del trono su cui siede la Vergine con il Bambino e i santi patroni del defunto. Ma la rappresentazione che questo tipo di tomba pone in essere è molto più complessa di quel che a prima vista appare. Infatti nel caso della tomba del cardinale Acquasparta, la struttura è incorniciata da un tempietto gotico, che sembra deBinire lo spazio separato di una vera e propria cappella a forma di ciborio. Il riferimento cosmico che pone in essere è immediatamente avvertibile, infatti le due colonne libere rimandano alle altre due che (non realizzate) devono, per forza di cose, sorreggere la struttura soprastante, e quel segno di quattro punti rimanda necessariamente alla natura creaturale dell’uomo e, quindi in senso esteso, alla terra, mentre la parte alta nella lunetta affrescata, abitata dalla Vergine con il Bambino tra i santi Matteo apostolo e Francesco, allude, con evidenza di cose, alle realtà celesti. Quindi la tomba è concepita essa stessa come un ediBicio che unisce cielo e terra in una rarefatta cosmograBia, capace di parlare di vita e di salvezza all’interno di un luogo di morte. Questi modelli si imporranno, rimanendo vivi Bino a tutto il XV e il XVI secolo, come testimoniano per esempio, la Cappella del Cardinale di Portogallo realizzata intorno al 1465-66 da Bernardo e Antonio Rossellino in San Miniato a Firenze, dove il bassorilievo del gruppo della Vergine con il bambino, inseriti in un clipeo vegetale, che sormonta il monumento funebre del cardinale Giacomo di Lusitania, dialoga con la Bigura di san Giacomo maggiore dipinta nella pala d’altare tra i santi Vincenzo ed Eustachio, opera di Antonio Pollaiolo, in segno di intercessione per l’omonimo illustre defunto; o il Monumento funebre del doge Andrea Vedramin, realizzato da Pietro, Tullio e Antonio Lombardo, tra il 1490 e il 1500, nella chiesa dei Santi Giovanni e Paolo a Venezia; o ancora la Tomba del cardinale Girolamo Basso della Rovere realizzata da Andrea Sansovino, tra il 1505 e il 1507, nell’abside della chiesa di Santa Maria del Popolo a Roma. In questi due ultimi esempi, però, il discorso teologico si allarga ulteriormente anche alla rappresentazione dell’elogio delle virtù praticate in vita dal defunto. [segue]

Bibliografia e note

1. Kubler G., La forma del tempo. La storia dell’arte e la storia delle cose. Trad. it. Casatello G., Einaudi, Torino 1989, p. 150. 2. Studi recenti hanno posto il problema della titolazione di quest’opera di Masaccio, che solitamente viene denominata come Trinità, ma questo descriverebbe solamente la

parte superiore dell’affresco e non sarebbe in grado di spiegare il senso dell’insieme, mentre con il titolo Altare della Trinità se ne ricostruisce il senso non solo iconologico ma anche funzionale, visto che in origine tale affresco era dotato di una mensa d’altare su cui si ofBiciava la

Messa, risultando quindi una vera e propria cappellina laterale “.icta”. Cfr. Marino E., La Trinità di Masaccio. Nerbini, Firenze 2008. 3. Riguardo il rapporto tra il convento di S. Maria Novella e la cultura domenicana, cfr. Marino E., Santa Maria Novella e il suo spazio culturale, [s. n.], Pistoia 1983; Lunardi R.,

Arte e storia in Santa Maria Novella. Nuova Salani, Firenze 1983. 4. Il signiBicato teologico trinitario, che la parte superiore rappresenta, si combina con l’affresco sottostante la mensa nel quale viene rappresentato uno scheletro che, inserito in una visione salviBico-escatologica, nella prospettiva dell’Incarnazione, morte e Risurrezione della seconda persona della Trinità, acquista in questo caso il senso di un vero e proprio memento mori. Cfr. Marino E.,

La Trinità del Masaccio, cit., in particolare il cap. 5, intitolato L’Altare della Trinità e la storia della salvezza. La iconograBia-iconoteologia dell’Altare della Trinità è visione della “Storia” della salvezza del “Primo-Adamo”, operata delle tre Persone della SS. Trinità sul Golgota nell’ora del Cristo “nuovo-Adamo” (Gv. 12, 23), e riattualizzata “in sacramento” sull’Altare eucaristico nel tempo della Ecclesia, pp. 259-328. 5. Cfr. Papa R., L’edi.icio chiesa come rappresentazione del

Corpo mistico della Chiesa. In Atti del Convegno internazionale di studi L’Arte, la bellezza e il magistero della Chiesa, Università della Calabria, 14 novembre 2008, in pubblicazione. 6. «1. Aedium compositio constat ex symmetria, cuius rationem diligentissime architetcti debent. Ea autem paritur a proportione, quae graece αυαλογια dicitur. Proportio est ratae partis membrorum in omni opere totoque com|modulatio, ex qua ratio ef.icitur symmetriarum. Namque non potest aedis ulla sine symmetria atque proportione rationem habere compositionis, nisi uti [ad] hominis bene .igurati membrorum habuerit exactam rationem. 2. Corpus enim hominis ita natura composuit […] 3. Similiter vero sacrarum aedium membra ad universam totius magnitudinis summam ex partibus singulis convenientissimum de| bent habere commensus responsum. Item corporis centrum medium naturaliter est umbilicus. […] 4. Ergo si ita natura composuit corpus hominis, uti proportionibus membra ad summam .igurationem eius respondeant, cum causa constituisse videntur antiqui, ut etiam in operum perfectionibus singolorum membrorum ad universam .igurae speciem habeant commensus exactionem. Igitur cum in omnibus operibus ordines traderent, | maxime in aedibus deorum, <quod eorum> operum et laudes et culpae aeternae solent permanere» Marco Vitruvio Pollione, De Architettura.

Libri X, a cura di Bossalino F., ed. Kappa, Roma 2002, libro III, I, 1, pp. 124-126. 7. Riguardo il rapporto simbolico dei segni della cultura antica nella prospettiva cristiana, cfr. Champeaux G.,

Sterckx S., I simboli del Medio Evo. Trad. it. Girardi M., Jaca

Book, Milano 1984; Penna R., L’ambiente storico culturale delle origini cristiane. EDB, Bologna 1984. 8. Ildegarda di Binghen, Liber divinorum operum. Ed. Derolez A., Dronke P., Turnhout, Brepols 1996 (Corpus Christianorum, Continuatio Mediaevalis, 92). 9. Cfr. Cavallo G., Rabano Mauro, De rerum naturis. Cod.

Casin. 132. Archivio dell’Abbazia di Montecassino. Facsimile e Commentari, Pavone Canavese, 1994. Vedi anche

Reuter M., Text und Bild im Codex 132 der Bibliothek von

Montecassino ‘Liber Rabani de originibus rerum’. Untersuchungen zur mittelalterlichen Illustrationspraxis (Münchener Beiträge zur Mediaevistik und Renaissance-Forschung, 34), München 1984. 10. Cfr. Giovanni da Lodi, Vita Petri Damiani. In Migne J.P.,

Patrologiae Cursus Completus, series II, Ecclesiae Latinae,

Parigi 1844-55, vol. 144, 114 C.; Pier Damiani, Opere.

Lettere, a cura di Gargano G.I., D’Acunto N., Città Nuova,

Roma 2000; Id., De divina omnipotentia e altri opuscoli, a cura di Brezzi P., trad. di Nardi B., Vallecchi, Firenze 1983;

Id., Lettere ai monaci di Montecassino, a cura di Granata

A., Jaca Book, Milano 1988; Id., Vita sancti Romualdi, edizione critica di Tabacco G., Istituto Storico Italiano,

Roma 1957; Id., Lettre sur la toute-puissance divine. Introduction, texte critique, traduction et notes par Cantin

A., Paris 1972 (Sources chrétiennes, N. 191). 11. Sebbene negli ultimi anni della sua vita, Leonardo mostri di nutrire difBidenza verso la volontà di scrivere e di comunicare quanto oltrepassa la ragione, tuttavia egli non perde mai la sua Biducia nella capacità dell’arte di rappresentare l’origine di tutto; egli, infatti, scrive: «O [stoltizia umana] voi poi scorrere ne’ miracoli e scrivere e dar notizia di quelle cose di che la mente umana non è capace e non si posso[n] dimostrare per nessuni essemplo naturale» (Leonardo da Vinci, Codice W, 19084r) e poi nel medesimo testo si dichiara convinto che non si può «abbracciare la mente di Dio, nella quale s’include l’universo, caratando o minuzzando quella in ‘nBinite parte come l’avvessero a natomizzare» (Ibid.), ma laddove Biniscono le deBinizioni e le dimostrazioni, il mistero dell’universo, contenuto nella mente di Dio, in qualche modo continua a essere mostrato nelle opere del pittore. Per una riBlessione su questo passaggio, cfr. Papa R., Leonardo teologo.

Ancora, Milano 2006, p. 27 e p. 64. 12. «C’è poco da meravigliarsi, quindi, se una mentalità, che riteneva necessario rendere la fede “più chiara” con un appello alla ragione e rendere la ragione “più chiara” con un appello all’immaginazione, si sentiva anche tenuta a rendere l’immaginazione “più chiara” con un appello ai sensi. […] Nella sfera delle arti Bigurative ciò è dimostrabile attraverso l’analisi di quasi ogni singola Bigura, benché sia ancora più evidente nella sistemazione degli insiemi. […] Il timpano è nettamente diviso in tre registri, cosicché Cristo in trono (Deësis) risulta separato dai dannati e dagli eletti, e questi a loro volta dai risorti. Gli apostoli, precisamente inclusi nel timpano di Autun, sono posti nelle strombature al di sopra delle dodici virtù e dei vizi corrispondenti» Panofsky E., Architettura gotica e .iloso.ia scolastica. Trad. it. Petrella A., a cura di Starace F.,

Liguori, Napoli 1986, p. 22. 13. Agostino d’Ippona, Discorso 304, 2-3: «I santi martiri lo hanno seguito Bino all'effusione del sangue, Bino a rendersi a lui somiglianti nella passione: i martiri lo hanno seguito, ma non sono stati i soli. In realtà non è che venne tagliato il ponte dopo il loro passaggio, o che quella sorgente si sia inaridita dopo che i martiri bevvero.[…] Possiede, possiede, fratelli, quel giardino del Signore, possiede non solo le rose dei martiri, ma pure i gigli delle vergini e le edere dei coniugi e le viole delle vedove. In una parola, dilettissimi, in nessuno stato di vita gli uomini dubitino della propria chiamata: Cristo è morto per tutti.

Con tutta verità, di lui è stato scritto: Egli vuole che tutti gli uomini siano salvi e che tutti giungano alla conoscenza della verità» Opere di Sant’Agostino, edizione latino-italiana, parte III: Discorsi, vol. XXXIII, a cura di Trapè A.,

Città Nuova, Roma 1986, pp. 518-521.

14. Per uno studio iconograBico delle immagini degli angeli, cfr. Bussagli M., Storia degli angeli. Racconto di immagini e di idee. Rusconi, Milano 2003. 15. Tommaso d’Aquino, Summa theologiae, I, q. 108, art. 1, resp. «Poiché dunque l’unico principe è Dio, il quale è capo non solamente di tutti gli angeli, ma altresı̀ degli uomini e di tutto il creato, ne segue che una sola è pure la gerarchia non solo di tutti gli angeli, ma anche di tutte le creature razionali, atte a partecipare le cose sante» S.

Tommaso d'Aquino, La Somma teologica, trad.it. a cura di

Coggi R., Edizioni Studio Domenicano, Bologna 1996, vol.

I, p. 938. 16. Ibid., I, q. 108, art. 5, sed contra «Abbiamo l’autorità della

Sacra Scrittura che cosı̀ li denomina. Infatti troviamo i

SeraBini in Isaia [6,2]; i Cherubini in Ezechiele [1; 10, 15.20]; i Troni nella Lettera ai Colossesi [1, 16]; le Dominazioni, le Virtù , le Potestà e i Principati nella Lettera agli

Efesini [1, 21]; gli Arcangeli nella Lettera Canonica di

Giuda [9] e gli Angeli in moltissimi luoghi della Scrittura»

S. Tommaso d'Aquino, La Somma teologica, op. cit., vol. I, p. 955. 17. Canestro Chiovenda B., La gloria di Sant’Ignazio e altri lavori del Gaulli per i Gesuiti. In “Commentari”, 13, 1962, 2-4, pp. 289-298; Enggass R., The painting of Baciccia.

Pennsylvania University 1964, pp. 32-34; Wittkower R.,

Jaffe I.B., Architettura e arte dei gesuiti. Mondadori Electa,

Milano 1992. 18. Devoto G., Avviamento alla etimologia italiana, Mondadori, Milano 1979, ad vocem. 19. Pozzo A., Perspectiva pictorum et architectorum, Roma 1693. 20. Pozzo A., Signi.icati delle pitture, fatte nella volta della

Chiesa di Sant’Ignazio di Roma, spiegati dal medesimo autore in una lettera scritta a sua Eccellenza il Sig. Principe di Lichtenstein, edito da Domenico Ercole, Roma 1828; Mariani V., Lettera del f. A. Pozzo al Principe di Liechtenstein sul signi.icato degli affreschi della volta della chiesa di Sant’Ignazio, Roma 1924; Id., La cupola di Sant’Ignazio nel trattato di Prospettiva di Andrea Pozzo, in

“Roma”, I -1923, pp. 432-34; Fabrini N., La chiesa di Sant’Ignazio in Roma, Roma 1952; Montalto L., Andrea Pozzo nella chiesa di Sant’Ignazio al Collegio Romano. In “Studi

Romani”, 1958; Carboneri N., Andrea Pozzo architetto.

Trento 1962; Portoghesi P., Roma barocca. Laterza, Roma-

Bari 1967; Beltrame Quattrocchi E., Il palazzo del Collegio

Romano e il suo autore. In “Studi Romani”, 1956; De Feo

V., Andrea Pozzo, Architettura e illusione. OfBicina, Roma 1988. 21. Gv 1, 1-3. 22. Per uno studio dell’arte e dell’architettura bizantina, cfr.

Iacobini A., Zanini E. (a cura di), Arte profana e arte sacra a Bisanzio. Argos, Roma 1995; Beckwith J., L’arte di Costantinopoli. Introduzione all’arte bizantina. Einaudi,

Torino 1967; Mango C., Architettura bizantina. Electa,

Milano 1999; Orlandos A.K., ᾽Αρχεῖον τῶν βυζαντινῶν μνημείων τῆς ῾Ελλάδος, Atene 1935. 23. Col 1, 3. 12-20. 24. Bussagli M., Michelangelo. Il volto nascosto nel “Giudizio”.

Medusa, Milano 2004. 25. Papa R., Ghirlandaio. Art Dossier, n. 246, luglio-agosto,

Giunti, Firenze 2008. 26. Papa R., Contributo per una storia iconologica della Natività. In La Madonna del Presepe, da Donatello a Guercino, catalogo della mostra a cura Adani G., Gentilini G. e Grimaldi Fava C., Minerva, Bologna 2007, pp. 72-105. 27. Rm 5, 1-21. 28. Papa R., La città dipinta. La cappella Carafa di Filippino

Lippi. In “ArteDossier”, XX, n. 207, gennaio 2005, pp. 34-40. 29. Robertus Caracciolus, Specchio della fede, Venezia 1495, (Sermone XL de la Annuntiatione…), pp. CLIv-CLIIr. Fra

Roberto Caracciolo analizzando il racconto esposto nel vangelo di Luca (Lc I, 26-38) rintraccia e commenta la successione di cinque condizioni spirituali e mentali o stati d’animo attribuibili a Maria: «O terbio mistrio da dichiarare circa la annuntiatione della madonna si chiama angelica confabulatione: dove si conteneo cinque laudabile conditione de essa virgine benedica. La prima si chiama Conturbatione. La seconda Cogitatione. La tertia Interrogatione. La quarta Humiliatione. La quinta

Meritatione. […] La quinta laudabile conditione si chiama

Meritatione… E dicte quelle parole l’angelo si partı̀. E la virgine benigna subito hebbe Christo dio incarnato nel suo ventre con quelle mirabile conditione delle quale disseno nel sermone nono. Dove noi possiamo meritamente contemplare che in quello puncto che la virgine

Maria concepı̀ Christo l’anima sua fu levata in tanta contemplatione alta e sublime con gesto e dolcezza delle cose divine che citra la beatiBica visione passò el modo de ogni altra creatura». 30. Pace V., Arte a Roma nel Medioevo. Committenza, ideologia e cultura .igurativa in monumenti e libri. Liguori, Napoli 2000, Cap. 8: La committenza artistica del cardinale Matteo d’Acquasparta nel quadro della cultura .igurativa dell’epoca, pp. 151-173.

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