6 minute read
COME VEDERE I PAESI CHE NON SI POSSONO VISITARE
Gli imprevisti della geopolitica hanno relegato alcuni paesi al di fuori dei percorsi turistici. Il cinema e la letteratura sono i mezzi migliori per scoprirli più da vicino.
200 LA VITA SULLA TERRA (MALI) Abderrahmane Sissako, 1998, Mali
Advertisement
y Il regista Abderrahmane Sissako si riprende con la cinepresa tra i suoi connazionali nel villaggio della sua infanzia, dove è andato a trascorrere le feste dal padre. A Sokolo i raccolti sono una lotteria, il telefono funziona a singhiozzo e la bicicletta resta l’unico mezzo di trasporto affidabile. Nonostante la presenza di situazioni che si prestano al sorriso, la constatazione, amara, è quella dell’abbandono di cui soffre il Sahel. Per Sissako, ‘la vita non è uno spettacolo perché un uomo che grida non è un orso che danza’.
112 Ì Nel cuore del paese dei bambara, terra di cantastorie, la regione di Ségou vanta un patrimonio artistico e culturale di prim’ordine che comprende la città di Djenné e la sua moschea in terra cruda. Da tempo destabilizzato da gruppi terroristici e dai ribelli tuareg a nord, il Mali è ormai una zona di operazioni militari dove è diventato impossibile circolare senza correre rischi. Per aprire le porte della sua affascinante cultura affidatevi ai suoi artisti, come il musicista Salif Keita, la cui splendida ballata Folon accompagna i titoli di testa del film.
201 VIVA LALDJÉRIE (ALGERIA) Nadir Moknèche, 2004, Algeria
y Secondo film di Moknèche dopo Le Harem de Madame Osmane, questo ritratto di donne è anche il quadro di un popolo che ricuce i brandelli di una vita di lacerazioni, ebbrezza e malinconia nell’inverno algerino. Il titolo si rifà allo slogan rabbioso e irrisorio degli ‘hittites’, i giovani disoccupati che passano le giornate appoggiati contro i muri. Il terrore degli anni ’90 e la sclerosi dello stato hanno partorito esistenze precarie, incarnate da questo trio di donne in cui la cantante Biyouna recita la parte della madre.
Ì Algeri oggi. L’immagine che ne dà Moknèche è quella di un ammasso disordinato, un campo minato, senza esotismo coloniale né splendore arabo-musulmano, dove l’intimità si annida nelle pieghe del sogno e del ricordo. Ma in questa società in rovina, Algeri pulsa ancora. Il film, a dispetto di tutti i cliché sulla città, richiama anche la presenza dell’acqua, le torrenziali piogge temporalesche, i rubinetti gocciolanti, i singhiozzi repressi. L’Aldjérie del film, contrazione di Algeria e al-Djazai-r (Algeri), non è una destinazione, è un vicolo cieco.
202 PYONGYANG (COREA DEL NORD) Guy Delisle, 2003, Canada
w Dopo una storia a fumetti che raccontava il suo soggiorno nella città cinese di Shenzhen, il fumettista nato a Québec si ripete al ritorno dalla capitale della Corea del Nord con questo giornale di bordo per immagini, umoristico e perplesso, sugli usi e costumi della dittatura comunista. Delisle è sbarcato su Marte, con 1984 di George Orwell in valigia e una bottiglia di cognac. Il suo approccio? Quello di chi visita un museo e tenta di far parlare una mummia ideologica.
Ì La Corea del Nord non è vietata agli stranieri. Basta procurarsi (un mese prima) un visto turistico tramite un’agenzia di viaggi specializzata. Il punto d’ingresso più utilizzato è la Cina. Il paese accoglie ogni anno circa 2000 occidentali. Sul posto, alberghi di lusso e un tasso di criminalità da far invidia alla Svizzera, ma visite sempre guidate e dunque scarse possibilità di contatto con la popolazione. Non perdetevi i Monti Myohyang, uno dei luoghi sacri della penisola coreana, né gli affreschi rivoluzionari e la statua di Kim Il-sung nella capitale.
w Il narratore, Amir, figlio di un ricco commerciante di etnia pashtun, ricorda l’infanzia trascorsa a Kabul e gli aquiloni che faceva volare insieme al suo amico Hassan prima di emigrare. Quando torna nel suo paese per riparare a un torto commesso ai danni di Hassan, i talebani sono al potere… e l’usanza invernale degli aquiloni è ormai vietata. L’autore, di origine afghana, analizza i tre decenni di caos vissuti dal suo paese dopo l’invasione russa, oscillando tra la nostalgia di un paradiso perduto, la colpa e la denuncia di pratiche e tradizioni dettate dai clan che hanno portato il suo popolo verso l’abisso.
Ì Khaleid Hosseini vive negli Stati Uniti dall’età di 15 anni. È il bravo afghano che se l’è cavata, capace di narrare l’assurdo destino del suo paese nella lingua emotiva dell’Occidente e di fornire il soggetto a un film hollywoodiano uscito nel 2007. Ma partire per l’Afghanistan per un viaggio di piacere non ha alcun senso. Il paese è distrutto, la miseria impera ovunque, le province sono in stato di guerra. Eppure, vi fu un tempo in cui le rovine antiche di Char-é-Zohak, la Gola dell’Adjar, la Moschea Blu di Mazar-e-Sharif sedussero gli stranieri di passaggio. Purtroppo, oggi i magnifici paesaggi afghani si intravedono solo attraverso il mirino dei fucili o le immagini in pixel dei droni.
204 SOTTO GLI ULIVI (IRAN) Abbas Kiarostami, 1994, Iran
y L’ultima parte della Trilogia del terremoto, dopo Dov’è la casa del mio amico? e E la vita continua. Una troupe cinematografica è impegnata nella selezione di attori tra gli abitanti di un villaggio nel nord dell’Iran devastato dal terremoto per un film intitolato… E la vita continua. Al casting sfilano ragazze velate che hanno occhi soltanto per la cinepresa, ma a vincere il primo premio è un giovane manovale, scelto per far coppia con la ragazza di cui è segretamente innamorato. Kiarostami ha il dono di riuscire a sfuggire alla censura dei mullah con il ricorso al fuoricampo. Lo stesso cineasta compare nel film, senza narcisismo, nelle vesti che più gli sono consone, quelle di regista.
Ì L’Iran può intimorire e il recente inasprimento del regime non facilita le cose. È tuttavia ancora possibile viaggiare nel paese, soprattutto nelle città più ‘turistiche’ come Isfahan, Shiraz, Yazd o Kashan. Discrezione, pazienza e velo obbligatorio. Nei luoghi pubblici sembra di camminare sulle uova, ma in quelli privati si cela un favoloso mondo di ospitalità, raffinatezza e poesia. Al contrario, partire alla scoperta delle campagne riprese da Kiarostami richiede più esperienza e temerarietà.
205 IL TEMPO DEI CAVALLI UBRIACHI (IRAN) Bahman Ghobadi, 2000, Iran
y Il film si svolge nel Kurdistan iraniano, al confine con l’Iraq e la Turchia. Una ragazza accetta di prendere per marito un iracheno in cambio del denaro che le serve per curare il fratello minore. Ma la famiglia dello sposo le offrirà soltanto un mulo e il bambino, senza un intervento chirurgico è condannato… Né pathos né miserabilismo in quest’opera vicina al neorelismo, ma piuttosto rigidità del clima, conflitti ancestrali, abnegazione dei bambini. Il festival di Cannes premiò con la Caméra d’Or questo primo lungometraggio del regista curdoiraniano. VIAGGIARE IN POLTRONA
Ì Il Kurdistan, regione di alte montagne inaccessibili in inverno, presenta un clima primaverile ed estivo temperato. È una terra di allevamenti e colture di cereali. Ecco ciò che si apprende sui libri di geografia. Bahman Ghobadi le dà un volto, una lingua, un’anima. I curdi sono un ‘popolo senza patria’, dispersi tra Turchia, Iraq, Iran e Siria… Miseria, soprusi, guerriglia segnano la vita quotidiana. Visitare il Kurdistan turco è pericoloso, mentre quello siriano è inaccessibile. Ma sul versante iraniano la regione è raggiungibile (con un volo per Sanandaj da Teheran). Offre paesaggi tra i più spettacolari del paese, splendidi villaggi e montagne di assoluta bellezza.
206 IL FIORE DELLE MILLE E UNA NOTTE (IRAN, YEMEN, ERITREA, NEPAL) Pier Paolo Pasolini, Italia, 1974
y La celebre raccolta di racconti arabi ha fornito il materiale per questa ultima parte della ‘Trilogia della vita’, nella quale Pasolini voleva esaltare la libertà dei corpi non asserviti alla società dei consumi. Dalla cinepresa, la sua lampada di Aladino, il regista fa uscire un Oriente fantastico, un universo onirico ed erotico in cui i personaggi si muovono in mezzo a paesaggi sublimi. Attorno al vagabondo Nur ed-Din, partito alla ricerca della fidanzata Zumurrùd, le storie si incatenano salde come i prodigi. Ì Pasolini girò il film tra Isfahan in Iran, la città di Zabid nello Yemen e Massawa in Eritrea, spingendosi fino in Nepal. Molte di queste zone sono oggi quasi inaccessibili agli occidentali. Ma il cinema di Pasolini fissa luoghi e corpi in una dimensione senza tempo. Non dovete fare altro che partire per questo viaggio interiore, e camminare in deserti popolati di immagini e miraggi.