EMOTIONS MAGAZINE – AGOSTO-SETTEMBRE 2019 – ANNO 9 N 36

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CHIN FESTIVAL: COME LE TRIBÙ LOCALI FESTEGGIANO ANNUALMENTE LA LORO LIBERTÀ NELLE MONTAGNE BIRMANE

MADRID TRADIZIONALE E C O LTA , MA ANCHE ECLETTICA, MODERNA E MONDANA

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INCONTRI DI EMOTIONS: FREDERIK FARINA

EXECUTIVE CHEF E DIRETTORE F&B DI HYATT REGENCY BANGKOK SUKHUMVIT EMOTIONS

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IL GOLF È SPORT DI LUNGA TRADIZIONE, SPECIE NEI PAESI ANGLOSASSONI. SI DICE SIA STATO INVENTATO DA QUELLE PARTI Photo by Anna Alberghina

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BUFFALO: TRA ARCHITETTURE FIRMATE E LE NIAGARA FALLS

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redazione@emotionsmagazine.com

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Fotografi Anna Alberghina Pietro Busconi Matteo Maimone

GOLF, NORD IRLANDA: I TRACCIATI PIÙ BLASONATI A NORD DI BELFAST

Responsabile Marketing e Pubblicità Enrico Micheli e.micheli@emotionsmagazine.com

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KALEIDOSCOPE

Pubblicazione Rivista Online DMXLAB Srl

The Sanya EDITION

The Shanghai EDITION

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Progetto grafico e impaginazione Elisabetta Alfieri

Collaboratori Anna Alberghina Pietro Busconi Luisa Chiumenti Pamela McCourt Francescone Anna Elisa Sida

ESSAOUIRA, MAROCCO: UNA CITTA’ AI CONFINI DEL MONDO

LIBRIEMOTIONS

Ideazione logo Ilenia Cairo

e.alfieri@emotionsmagazine.com

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Direttore Responsabile Teresa Carrubba tcarrubba@emotionsmagazine.com

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Editore Teresa Carrubba Via Tirso 49 -00185 Roma Tel e Fax 068417855 Pubblicazione registrata presso il Tribunale di Roma il 27.10.2011 – N° 310/2011 Copyright © – Tutto il materiale [testi e immagini] utilizzato è copyright dei rispettivi autori e della Case Editrice che ne detiene i diritti.


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S C R I V I A M O

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E M O Z I O N I

TERESA CARRUBBA EDITORE DIRETTORE RESPONSABILE

Un viaggio può essere programmato anche seguendo l’input di un evento speciale. Gli appassionati di tennis, per esempio, potranno approfittare della Coppa Davis che si svolgerà a Madrid dal 18 al 24 novembre 2019, per una settimana nella rutilante capitale spagnola. Sarà l’occasione per esplorare i grandi quartieri, per vivere la movida madrilena e per visitare il maestoso Escorial, a 50 km. Più impegnativo per l’organizzazione, un viaggio in USA, a Buffalo, con architetture firmate dai più grandi progettisti che dettero vita alla città moderna, a cominciare dalla fine dell’800. Da qui, inevitabile, l’escursione alle Cascate del Niagara. Ci sono poi le vacanze a tema, come quelle dedicate al golf. In Irlanda, a nord di Belfast, si può tracciare un percorso seguendo alcuni club tra i più blasonati. Uno tra tutti, il Royal County Down che la prestigiosa rivista Golf Digest presenta come miglior campo da golf del mondo. Oppure vacanze dedicate all’arte. Meta insolita per questo, Essaouira, in Marocco, con una straordinaria medina, protetta da mura merlate. Durante il mese di giugno, il Festival Gnaoua, una kermesse di concerti e mostre, attira centinaia di visitatori. Ma la cultura Gnaoua non si esprime solo attraverso la musica. Ad Essaouira è nata una scuola di pittura. Altrove, in Myanmar, viene celebrato il Chin Festival durante il quale le tribù locali festeggiano annualmente la loro libertà nelle montagne Birmane. Chi programma un viaggio in Thailandia e si ferma a Bangkok, può degustare i piatti raffinati preparati dal siracusano Frederik Farina Executive Chef e Direttore F&B del nuovo Hyatt Regency Bangkok Sukhumvit.

tcarrubba@emotionsmagazine.com Il matrimonio, acrilico su tela (particolare) MAROCCO Photo by Anna Alberghina


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Tradizionale e colta, ma anche eclettica, moderna e mondana. Questa è Madrid. Le vie di grande respiro, le ampie piazze, gli edifici monumentali, le chiese e i parchi, dimostrano che c’era una lungimirante razionalità negli audaci assetti urbanistici degli Asburgo e dei Borbone. Una città dell’opulenza insomma, che emergesse in Europa come capitale sontuosa e cosmopolita in campo economico, politico, culturale e artistico e che nulla avesse da invidiare a fascinose metropoli come Parigi e Londra. E tutto lo charme di allora è ancora vivo, accresciuto dall’intrigante contrasto tra palazzi barocchi e rinascimentali e l'architettura contemporanea, costruzioni moderne e avanguardiste. Fu il re Alfonso XIII a decretare il processo di modernizzazione facendo costruire alberghi e grattacieli, e a far aprire la Gran Via, in piena Belle Époque, quando Madrid era capitale mondana e raffinata. La Gran Via, che non è una semplice strada ma un simbolo, taglia il centro di Madrid in due per collegare i quartieri di Salamanca

e Argüelles, offrendo vedute prospettiche imponenti, tra magnifici palazzi nell’elegante stile Art Decò. Negli anni ‘30 la strada fu prolungata fino a Plaza de España, regalando alla città quell’icona chiamata Edificio Carrión, che rievoca l’architettura newyorkese. All’inizio della dittatura franchista si deve invece il tratto finale della Gran Vía, con edifici più austeri, come il neobarocco Edificio España, nell’omonima piazza. La Gran Vía oggi conserva il fascino retrò di quella che fu, negli anni ‘50 e ’60, la Broadway spagnola, con i suoi numerosi teatri dove vanno in scena i musical. Qui c’è vita ad ogni ora del giorno per lo shopping, ma è anche rituale ritrovo per le lunghe notti madrilene. La stessa cosa può dirsi del Barrio Salamanca, quartiere elegante, abitato e frequentato da professionisti e manager, rinomato per i negozi di abbigliamento e arredamento. Ma la movida per eccellenza si svolge al Barrio de Las Letras, per la sua offerta diversificata di generi musicali, ogni sera della settimana, tra Calle Príncipe, Calle Huertas e Plaza de Santa Ana. Il Café Central, per esempio, (Plaza del Ángel, 10) situato in una ex vetreria centenaria, meta irrinunciabile per gli amanti della musica jazz, famoso anche per aver ospitato alcuni protagonisti del jazz internazionale, come George Adams e Lou Bennett.

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La Gran Via non è una semplice strada ma un simbolo, taglia il centro di Madrid in due per collegare

i quartieri di Salamanca e Argüelles, offrendo vedute prospettiche imponenti, tra magnifici palazzi nell’elegante stile Art Decò

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Nel 2002 la prestigiosa rivista di jazz americana Down Beat ha definito il Café Central come uno dei migliori locali del mondo in cui ascoltare jazz. Barrio de Las Letras, è il Quartiere Letterario al centro di Madrid, dove hanno vissuto alcuni dei grandi letterati spagnoli. Oggi è una zona che unisce cultura, vita bohemien, divertimento, shopping e buona gastronomia. Il quartiere è formato da stradine pedonali e gradevoli piazze come quella di Santa Ana. Qui è facile trovare edifici dove vissero e crearono figure importanti della letteratura del Siglo de Oro spagnolo, come Lope de Vega, Quevedo, Gongora e Cervantes. Sul pavimento di diverse strade sono incise alcune frasi tratte dalle opere di alcuni di essi. Qui si trovano negozi più tradizionali, calzolai, argentieri, liutai e spazi moderni, gestiti da giovani stilisti di tendenza. E ci sono anche numerosi ristoranti e bar all’aperto per godere della gastronomia madrilena e della popolare tradizione spagnola delle tapas. Ma Barrio de Las Letras è anche vicino alle pietre AGOSTO - SETTEMBRE

miliari della cultura madrilena, il Museo Nazionale del Prado e il Thyssen-Bornemisza, così pure a zone monumentali come la Puerta del Sol e la Plaza Mayor. Un tempio dell’arte, il Museo Nacional del Prado, ogni anno accoglie più di due milioni di visitatori. Oltre agli spazi dedicati alle mostre temporanee, la collezione permanente è tra le più ricche del mondo e va dal Medioevo al Novecento, passando per il Rinascimento e il Barocco: Velazquez, Tintoretto, Goya, Bosch, Rubens, Mantegna, Botticelli, solo per citare alcuni artisti. Monumentale e unica, Plaza Mayor, un elegante abbraccio di edifici monocromi ed elegantissimi. Accogliente come un salotto. Fu costruita sull’antica Plaza del Arrabal, in cui si trovava il mercato più popolare della città alla fine del XV secolo, quando la corte di Filippo II fu trasferita a Madrid. Nel 1617 viene dato l’incarico all’architetto Juan Gómez de Mora di uniformare gli edifici di questo luogo, che nel corso dei secoli ha ospitato

feste popolari, corride modello di riferimento La Casa de la Panadería 27, che ospitava la co madrileni. Fu costruita d di Francisco De Mora. T rivestono l’edificio, op distinguono figure mito di Madrid, come la de sede del Centro del Tur hanno modificato la fisi occasioni. Il più devasta portò alla ricostruzion Juan de Villanueva, ch altezze, chiuse la piazza archi di accesso. Il più Cuchilleros, Il cui nome trovavano i laboratori p che fornivano i macella ubicata la Casa de la Ca generale della carne.


di tori ed eventi religiosi. Il stilistico di tutta la piazza è a (panificio), al numero civico orporazione dei panettieri da Diego Sillero su progetto Tra le pitture murali che oggi pera di Carlos Franco, si ologiche relative alla storia ea Cibele. Attualmente è la rismo di Madrid. Gli incendi ionomia della piazza in varie ante fu quello del 1790, che ne effettuata dall’architetto he ridusse le facciate di due a agli angoli ed eresse nove ù monumentale è quello de e è dovuto al fatto che qui si per la produzione di coltelli ai della Plaza Mayor, dove è arnicería, che fu il magazzino

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MADRID il Palazzo-Monastero dell’Escorial, un complesso monumentale voluto da Filippo II, è tra i più grandiosi edifici rinascimentali della Spagna, dichiarato dall'UNESCO Patrimonio dell'Umanità

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La tradizione del mercato in Plaza Mayor ha ripreso vita nel 1916 in una particolarissima struttura nelle vicinanze, uno dei migliori esempi di architettura in ferro nella città, su progetto dell’architetto Alfonso Dubé y Dìez, il Mercato de San Miguel. E’ il Gotha gastronomico della città, con i migliori prodotti rappresentativi della cucina spagnola. Dal celebre prosciutto iberico ai frutti di mare più freschi che vengono portati ogni giorno dalla Galizia, ai formaggi più rinomati della Castiglia, delle Asturie e dei Paesi Baschi. Qui si possono acquistare ma anche degustare sul posto le specialità in vendita. Gli amanti dello slow food, invece, preferiranno mangiare da Sobrino de Botin, al 17 della succitata Calle de Cuchilleros, che sembra essere il ristorante più antico del mondo grazie alla sua attività ininterrotta dal 1725. La rivista Forbes gli ha assegnato il terzo posto tra i 10 migliori ristoranti classici per le sue due specialità, maialini e agnelli arrosto in stile castigliano, citati persino da Ernest Hemingway nel romanzo Fiesta. Molti locali madrileni sono legati a celebri presenze, i caffè letterari, dove si tenevano le tertulias, incontri culturali dell’intellighenzia. Salvator Dalì prediligeva lo stile barocco del Café de Oriente in Plaza de Oriente 2, dove si affacciano il Palazzo Reale e il teatro dell'opera, il Teatro Real. Lì Dalì disegnò un ritratto a china di Federico García Lorca. Hemingway descrisse il Café Gijón (Paseo de Recoletos, 21) come un «luogo pulito e ben illuminato». Vantava frequentazioni illustri di poeti e artisti del calibro di Salvador Dalí, Luis Buñuel e Federico García Lorca. Il premio Nobel Camilo José Cela visitò il Café Comercial (Glorieta de Bilbao, 7) per concedersi una tazza di cioccolata con i churros, i famosi bastoncini fritti. Chi visita la Spagna non dovrebbe mancare uno spettacolo di Flamenco. Il Corral de la Moreria di

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2019, PRESSO L’ICONICA CAJA MÁGICA DI

MADRID SI TERRANNO LE

FINALI DELLA COPPA DAVIS NEL 2019 E 2020. LA COPPA DAVIS DI BNP PARIBAS, LA COPPA DEL MONDO DI TENNIS, COMPIE 119 ANNI, ESSENDO STATA ISTITUITA NEL 1900. DA QUEST'ANNO, LA COMPETIZIONE VEDRÀ 18 PAESI E I MIGLIORI GIOCATORI DEL MONDO GAREGGIARE IN UNA STAGIONE FINALE PER ESSERE INCORONATI CAMPIONI. LA COMPETIZIONE DELLE FINALI DI COPPA DAVIS INIZIA CON UNA FASE A GIRONI COMPOSTA DA 18 SQUADRE CHE SI SFIDANO IN SEI GRUPPI DI TRE NAZIONI. I SEI VINCITORI DEL GIRONE PIÙ LE DUE SQUADRE IN SECONDA POSIZIONE CON I MIGLIORI RECORD - BASATI SU SET E GIOCHI VINTI SI QUALIFICHERANNO PER I QUARTI DI FINALE. I CAMPIONI DEL MONDO DI COPPA DAVIS SARANNO INCORONATI DOPO IL COMPLETAMENTO DI QUESTA FASE A ELIMINAZIONE DIRETTA.

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DAL 18 AL 24 NOVEMBRE

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Madrid (Calle de la Moreria, 17) è probabilmente il tablao flamenco più famoso al mondo. Qui si sono esibiti celebri artisti come Pastora Imperio, La Chunga, Maria Albaicin. ll Corral de la Moreria, dove è possibile cenare durante lo spettacolo, è decorato con mobili antichi che gli conferiscono un’atmosfera molto particolare. Un viaggio a Madrid deve includere una giornata a San Lorenzo de El Escorial, a circa 50 km. Durante il tragitto, ai piedi della Sierra de Guadarrama, vale la pena fermarsi nel Bosco de la Herreria, un'area protetta tra querce, frassini e castagni, per poi giungere al paese di San Lorenzo de El Escorial le cui dimore signorili di stile herreriano ben si armonizzano con il Palazzo-Monastero dell’Escorial, un complesso monumentale voluto da Filippo II, primo re di Spagna, come residenza e Pantheon dei re di Spagna. E’ tra i più grandiosi edifici rinascimentali della Spagna, dichiarato dall'UNESCO Patrimonio dell'Umanità. La complicata struttura del monastero reale è stata progettata e iniziata da Juan Bautista de Toledo e poi continuata dall’architetto Juan de Herrera, tanto da essere considerato un esempio di stile manieristico herreriano. Costruito in granito grigio del Guadarrama e coperto di ardesia blu, il Monastero è austero e freddo, come il carattere di Filippo II. Nella facciata del palazzo non compare infatti lo stile ornamentale del primo Rinascimento spagnolo ma la rigorosa simmetria di un classicismo solenne e distaccato. Dal patio dei Reyes de Judea si accede alla basilica, caratterizzata da una cupola alta 95 metri, con decorazioni pittoriche di Luca Giordano, al Pantheon reale in cui sono stati sepolti i re spagnoli dei casati degli Asburgo e dei Borbone, alla biblioteca che conserva numerosi manoscritti e incunaboli di altissimo valore storico e all’inestimabile collezione di quadri delle sale capitolari. El Greco, Ribera, Tiziano, Velázquez o Bosch sono solo alcuni dei grandi artisti di cui si possono contemplare le opere. Invece, nella pinacoteca è possibile ammirare tele di Tiziano, Veronese, Zurbarán e Tintoretto. Gli Asburgo abitano ininterrottamente il Palazzo-Monastero fino al 1700, ma la nuova dinastia lo abbandona per altre residenze quali La Granja de San Ildefonso, il Pardo, Aranjuez e il nuovo palazzo reale di Madrid. Dopo la visita a San Lorenzo de El Escorial, e rimanendo in zona, si può decidere di degustare, per pranzo, i piatti del Real Club de Golf La Herreria (Ctra. de Robledo de Chabela, 100 - San Lorenzo de El Escorial), un campo a 18 buche, considerato adatto a giocatori esperti.

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www.turismomadrid.es www.esmadrid.com/it/

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IL NUOVO PARTNER PER LE FINALI DELLA DAVIS CUP MADRID SARÀ VP HOTELES. LA INTERNATIONAL TENNIS FEDERATION (ITF) E LA KOSMOS TENNIS HANNO INFATTI RAGGIUNTO UN ACCORDO CON VP HOTELES PER DIVENTARE LO SPONSOR

UFFICIALE DELLE FINALI DELLA COPPA DAVIS MADRID NEL 2019 E 2020. LA PRESTIGIOSA CATENA ALBERGHIERA

SPAGNOLA OSPITERÀ LE SQUADRE CHE PARTECIPERANNO

ALLE FINALI DEL TORNEO INTERNAZIONALE, CHE SI TERRÀ A MADRID DAL 18 AL 24 NOVEMBRE

possiede cinque hotel nella capitale spagnola e tutti si trovano nel centro della città. Il primo albergo della catena è nato nel 1997, il VP El Madroño, nel distretto di Salamanca, con la filosofia di offrire la massima qualità senza rinunciare a trattamenti personalizzati. Da allora, la catena VP Hoteles ha aumentato il numero di hotel fino a 5 strutture cosmopolite di 3, 4 e 5 stelle: VP El Madroño, nel distretto di Salamanca; VP Metropolitan Garden, situato vicino all'area commerciale Azca; VP Garden di Tres Cantos in Avenida de los Encuartes, VP Jardín de Recoletos, situato a pochi passi dalla Puerta de Alcalá e la nuova incorporazione della prima linea di lusso VP Hoteles Design, VP Plaza España Design. Nato a marzo 2018, VP Plaza España Design 5* è destinato a diventare il fiore all'occhiello dell'azienda. In effetti, è stata una delle aperture più attese del vivace settore alberghiero di lusso di Madrid, grazie alla sua imponente architettura e design. Con una superficie di oltre 25.300 mq distribuiti su 17 piani, l'hotel dispone di 214 camere di nove diverse categorie, tra cui una suite presidenziale di 120 mq. Tutte dotate di servizi di prim'ordine e tecnologia all'avanguardia. Inoltre, l'hotel offre molte opzioni di ristorazione, come il raffinato Ginkgo Restaurant & Sky Bar, che propone cucina fusion asiatica-mediterranea con una vista spettacolare a 360º su Madrid e musica dal vivo. www.vphoteles.com/es/

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TESTO DI ANNA ELISA SIDA

FOTO DI MATTEO MAIMONE

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COME LE TRIBÙ LOCALI FESTEGGIANO ANNUALMENTE LA LORO LIBERTÀ NELLE MONTAGNE BIRMANE

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C IN Ottenuta l’indipendenza solo nel tardo 1974, questo stato immerso tra montagne e colline verdeggianti, ora ha quelle poche vie di comunicazioni che permettono al turismo di incrementarsi, cosa non possibile circa una decina dI anni fa. E’ abitato dai Chin (o Mizo), popolo birmano-tibetano, migrati dalla Cina, un tempo animisti e ora cristiani (per un buon 70% della popolazione) che si ritrovano a commemorare ogni anno, il 20 Febbraio, l’evento del 1948, quando a Falam si tenne l’Assemblea Generale dello Stato Chin. All’assemblea, 5.000 rappresentanti hanno votato per ribaltare il loro sistema feudale tradizionale adottando, così, la democrazia. Il 20 Febbraio diviene il giorno in cui il potere politico nello stato Chin è stato consegnato dai sovrani al popolo. E’ il giorno in cui il popolo ha goduto

d’aquila. I ranghi della parata si gonfiano di famiglie mentre marciano per le strade con i loro volti pieni di eccitazione e allegria che con qualche fotografia scattata con il cellulare smorzano, catturando il momento. Sanno già di poter ricordare con gioia quell’istante. Tutti uniti per festeggiare e rendere onore ai loro rappresentanti. Gli stessi gentili rappresentanti che saliti sul palco intonano l’orgoglio, la continuità della cultura Chin, l’istruzione e i miglioramenti della sanità. Le donne Chin, tra cui spiccano le donne Munn, Makan e Dine scorrono intorno alle persone trovando un posto più appartato, riconoscendo serenamente la loro notorietà, prestandosi e improvvisandosi modelle per una foto. Sciolte le righe, attenti caricano i proiettili nei loro fucili fatti in casa per poi essere scaricati verso il cielo, quasi volessero bucarlo, per rendere onore alla festa e al sentimento che batte forte come l’insistente gonfiore dei tamburi circonstanti. Nuvolette di fumo prodotte dai fucili e dalle numerose pipe degli anziani locali, inducono gli altri a lasciare l’area del discorso per dedicarsi agli stand ricolmi di cibo che circondano il campo da calcio.

I RANGHI DELLA PARATA SI GONFIANO DI FAMIGLIE MENTRE MARCIANO PER LE STRADE CON I LORO VOLTI PIENI DI ECCITAZIONE E ALLEGRIA

finalmente della libertà: è il Chin National Day. Un giorno di festa dove è possibile vedere di tutto. Poco dopo l’alba i bambini e giovani, dopo essersi radunati nei cortili delle scuole, sono pronti a dirigersi verso la fiera nella piazzetta comunicante con il mercato locale. Una fila di bambine vestite con longyi multicolore intrecciati nelle vivaci strisce del Chin attraversate da fili d’argento scintillanti, prendono parte timidamente alla parata. Per i bambini lo stesso, con la differenza che possiedono una doppia cintura di pelle stretta in vita che regge il longyi e fornisce al contempo un fodero per il tradizionale coltello a lama larga del Chin. Gli uomini non sono da meno: una bandoliera (indossata dai militari di alcune Armi dell’esercito) di conchiglie di ciprea incrocia le loro spalle e intorno alla loro fronte un copricapo dal quale spuntano piume EMOTIONS

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SORRIDENTI E ATTENTE CI SONO QUESTE PICCOLE DONNE CHIN DAI VOLTI DECORATI DA TATUAGGI BLU. SORRIDONO, CON GLI OCCHI PERSI PER LE RUGHE DELLA LORO ETÀ SOLLEVANDO IL KHAUNG YAY, VINO DI MIGLIO FERMENTATO Iniziano a prendere parte cerchi di ballerini tribali che battono e si attorcigliano al ronzio di tamburi di pelle coreografando armoniosamente danze del sacrificio e del rinnovamento insieme ai loro pugnali. Pugnali tramandati di generazione in generazione, di padre in figlio. In quegli stessi cerchi circolano sorridenti e attente queste piccole donne Chin dai volti decorati da tatuaggi blu. Sorridono, con gli occhi persi per le rughe della loro età, sollevando verso la bocca di ogni persona appartenente alla tribù il Khaung Yay, vino di miglio fermentato. Tutti loro, vestiti in camicia bianca, longyi rosso e copricapo piumato si strattonano gentilmente, sogghignano con i loro denti e labbra arrossati dal pan che masticano di continuo, stringendosi e danzando a ritmo sincopato. Lasciano per ultimo le competizioni come il tiro alla fune e il palo della cuccagna. I partecipanti sono per lo più giovani ragazzi che con il sorriso ed inesauribile energia si apprestano a gruppi di quattro persone a raggiungere “la cuccagna” cercando di scalare il palo di bambù, precedentemente oliato a dovere. Per loro è una preparazione mentale mentre diventa un’intrepida attesa per lo spettatore locale che inevitabilmente tiene il volto verso l’alto

aspettando con emozione l’esito. Ed è cosi che giochi come questi ricordano quelli popolari che si praticavano una volta all’aria aperta, nelle piazze e nei cortili. Erano dei semplici passatempi che richiedevano destrezza, abilità ma anche tanta fantasia senza dispendio di soldi e tutti, soprattutto, vi potevano partecipare. Il comune denominatore tra i giochi di una volta e quelli che caratterizzano il Festival del Chin è favorire la socializzazione coinvolgendo fasce d’età diverse. Gli adulti insegnano le regole dei giochi e i bimbi e i ragazzini le applicano, imparando a costruire e ad ingegnarsi ricorrendo ad ogni tipo di materiale tra scarti di legname, stoffa e carta. E’ un evidente bene che dopo 70 anni un Festival di questo calibro riesca a connettere tutte le tribù locali, tutte le etnie provenienti da tutto il Myanmar, con i loro costumi, religioni e tradizioni, e al contempo richiami l’attenzione di persone da ogni parte del mondo con il solo intento di valorizzare i veri valori della vita, quegli stessi valori come l’amore reciproco, la condivisione del tempo e il rispetto per il prossimo. Valori che qui, a Mindat, non accusano il peso del tempo ma anzi, li arricchiscono.

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MINDAT, STATO CHIN IN MYANMAR-BIRMANIA

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DOPO 70 ANNI IL FESTIVAL DA TU 30

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L DEL CHIN RIESCE A CONNETTERE TUTTE LE TRIBÙ LOCALI, TUTTE LE ETNIE PROVENIENTI UTTO IL MYANMAR, CON I LORO COSTUMI, RELIGIONI E TRADIZIONI EMOTIONS

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Photos by Hyatt Regency Bangkok Sukhumvit

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della cucina thailandese PAMELA MCCOURT FRANCESCONE

«La cucina non è altro che un’espressione di emozioni e personalità» EMOTIONS

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Siracusano, residente da quasi vent’anni in Thailandia, Frederik Farina Executive Chef e Direttore F&B del nuovo Hyatt Regency Bangkok Sukhumvit, svela i segreti della cucina thailandese e ci parla del suo piatto preferito.

della cucina thailandese

«La cucina thailandese è un gioco di equilibri dove il salato, il dolce, l’amaro, il piccante insieme a sapori concentrati oppure blandi si alternano, dando la possibilità a ogni commensale di trovare il proprio equilibrio». Queste, spiega Farina, sono le carte vincenti che fanno della cucina thailandese una delle più apprezzate al mondo. Una cucina che incanta con le sue sfumature e fragranze, le sue spezie provocanti e i colori festosi, i suoi sapori inconfondibili e raffinati.

LA SEDUZIONE

Farina, che ha iniziato la carriera al ristorante Jonico di Siracusa, ha lavorato a Milano e Miami prima di approdare a Bangkok e al gruppo Hyatt nel 2005, diventando Italian Chef prima allo Hyatt Grand Erawan di Bangkok e poi allo Hyatt Regency Danang Resort e Spa in Vietnam. Ora nello Hyatt Regency Bangkok Sukhumvit, il 5 stelle più nuovo della Città degli Angeli, si trova al comando di una cucina articolata che risponde alle esigenze di una clientela sofisticata.

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PURO PIACERE PER IL , DIVENTATO PER LA GASTRONOMIA Dopo 14 anni in diverse cucine Hyatt quali le sfide di questa cucina nuova di zecca nello Hyatt Regency Bangkok Sukhumvit? «Nel ristorante Market Café la cucina è thailandese. Le sfumature e la ricchezza della cucina thai consentono di spaziare dalle ricette regionali, anche con le influenze delle etnie minori, a quelle delle cerimonie, per inoltrarsi a quelle di casa. Insomma, non si finisce mai, volendo scoprire c’è davvero tanto da cui ispirarsi». Nello Spectrum Lounge & Bar al 29° piano e nello Skybar al 30°, Farina ha optato per un menù internazionale che rispecchi i gusti del viaggiatore raffinato, di chi sa apprezzare le cucine nazionali e regionali dei paesi che visita, ma che gradisce anche una scelta più cosmopolita. Sul menù dello Spectrum ci sono classici come il manzo Wagyu, le ostriche, e l’aragosta, ma anche sfiziosità come ali di pollo caramellate e piccanti polpette larb di maiale. «E’ un menù ancora in fase di definizione, intendo ricorrere

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a una cucina più vicina alla mia persona ed esperienza per le prossime versioni. Vedremo quanto di cucina siciliana troveremo in uno dei più bei Rooftop della città»! Non è sempre facile per la clientela internazionale scegliere da un menù thailandese, quali sono i segreti di un pasto equilibrato? «L’ideale è ordinare un piatto ciascuno per dare a tutti una voce in capitolo al menù. Considerando che non esistono piatti serviti individualmente, ma si condivide tutto, per un gruppo di quattro persone consiglierei due o tre antipasti o insalate come l’insalata di papaya oppure di pomelo. Poi una zuppa più o meno piccante, dei curry a scelta fra quelli più popolari come un green curry servito con qualsiasi carne, uno yellow curry con il pesce o il granchio e un red curry con il maiale o l’anatra, senza dimenticare le verdure saltate come il morning glory e il bok choi. L’ospitalità Thai, e nella ristorazione ancora di più, è decisamente accomodante nel fare sentire il cliente a proprio agio con richieste su porzioni e livello di spezie, e il cameriere trasmette le preferenze del cliente allo staff in cucina».


I SEGRETI E LA SEDUZIONE

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È UN GIOCO DI EQUILIBRI IL DOLCE, IL PICCANTE SI ALTERNANO DANDO LA POSSIBILITÀ DI TROVARE IL

Parlando della sua squadra di cucina, è necessario conoscere la lingua, che lei parla, per lavorare in piena sintonia con chef thailandesi, o la cucina è una lingua universale? «Diciamo che se i professionisti in cucina interagiscono secondo delle regole abbastanza simili, parlare la lingua locale permette tanto di più. La cucina non è altro che un’espressione di emozioni e personalità. La possibilità di interagire direttamente senza bisogno di traduzioni, facilita tutto questo». Come è nata la sua passione per la cucina? «Puro piacere per il buon cibo, diventato un amore per la gastronomia, poi il desiderio di conoscere come si faceva tutto ciò, che per finire è diventato una professione che mi ha portato qui a Bangkok nel 2002». Dovendo scegliere un solo piatto quale sarebbe? «Adoro il risotto, che non è proprio una specialità siciliana, ma c’è dentro tutta l’essenza della buona cucina italiana. Non che altri piatti ne siano privi, semplicemente mi piace molto il buon riso».

www.hyatt.com/en-US/hotel/thailand/hyatt-regency-bangkok-sukhumvit/bkkhr EMOTIONS

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BUFFALO

TRA ARCHITETTURE FIRMATE E LE NIAGARA FALLS LUISA CHIUMENTI

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MCKINLEY MONUMENT , NIAGARA

DOPO IL SUO PASSATO INDUSTRIALE, BUFFALO È OGGI LA CITTÀ DELLA CULTURA, DEGLI STUDI E DELLA MEDICINA Capoluogo della contea di Erie nello Stato di New York, servito dall'Aeroporto Internazionale di Buffalo Niagara, l’agglomerato “bi-nazionale”, è costituito, oltre che dalla stessa Buffalo, dalle città di Niagara Falls (New York) e Niagara Falls (Ontario), ed è anche un importante centro culturale-artistico, dotato di una vivace vita sociale e notturna. Allo scoccare del XIX secolo Buffalo, dove euro-americani si erano trasferiti alla fine del XVIII secolo, era una delle più sviluppate città degli Stati Uniti, per merito del suo importante porto fluviale. I grandi mulini per il grano e gli impianti industriali sviluppatisi con il traffico portuale prosperarono fino alla metà del XX secolo quando, a causa dell'apertura del canale del fiume San Lorenzo, il viavai navale passò fuori dalla città

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di Buffalo. Questo evento diede inizio al tramonto del benessere che per oltre 150 anni aveva fatto prosperare questo territorio. Ma dopo il suo passato industriale, Buffalo è oggi città della cultura, degli studi e della medicina. Nel 2005 il Reader's Digest l'ha definita la terza città più pulita degli Stati Uniti e nel 2001 il quotidiano USA Today ha assegnato a Buffalo il premio “Città con un cuore”, proclamandola la località più amichevole di tutta la nazione. Presenta inoltre architetture firmate dai più grandi progettisti che dettero vita alla città moderna, a cominciare, alla fine dell’800, dal Guaranty Building di Louis Sullivan, il più importante architetto americano del sec. XIX, considerato a buon diritto padre del grattacielo.


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IL TRIBUNALE DELLA CONTEA DI ERIE

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Il Guaranty Building è un'opera originalissima, dello studio di architettura di Sullivan & Adler della fine del XIX secolo, caratterizzato da un paramento in terracotta con bassorilievi dai delicati ornamenti geometrici e pilastri che sono connessi solo alla sommità dell'edificio tramite archi a tutto sesto. La costruzione fu completata nel 1896 e meno di un secolo dopo (1975), venne dichiarata “monumento storico nazionale”. La ricercatezza del lavoro in terracotta è chiara manifestazione della suggestione che Sullivan deve avere subito dopo un suo viaggio in Italia, dove fu particolarmente colpito dall’arte del Rinascimento. Nonostante i progressi tecnologici che hanno reso il grattacielo possibile, tra cui acciaio di alta qualità e ascensori elettrici, Sullivan si sforzò di collegare l'edificio con il mondo naturale. Il suo ornamento per il Guaranty è stato soprattutto ispirato da fiori, baccelli, e, nella parte superiore della costruzione, dai rami di un albero. E poi ecco, nel ‘900, i segni lasciati dal più grande allievo di Sullivan, Frank Lloyd Wright. Basti, come

esempio, ricordare un’abitazione straordinaria, la Martin House costruita da Wright per Darwin D. Martin, un uomo d'affari, proprietario, della EZ Stove Company con sede a Chicago. In questa città egli aveva visitato lo studio del grande architetto e, dopo aver visto la villa che egli aveva eretto (1902) ad Oak Park, poco fuori Chicago, dove ci sono le più belle ville di Wright, gli dette l’incarico di costruirgli la propria casa a Buffalo. La Martin House, costruita tra il 1904 e il 1905 si può oggi visitare, nella parte meridionale della città, al 125 della Jewett Parkway. E sempre di Wright ecco altri interventi al centro di Buffalo: dall'Administration building Larkin, primo grande progetto commerciale di Wright, alle case poi progettate per tutti gli altri dipendenti della Larkin. Per concludere, un accenno alla gastronomia con una curiosa indicazione: in tutto il nord degli USA e nella provincia dell'Ontario (Canada) è molto conosciuto ed apprezzato un piatto caratteristico di Buffalo consistente in ali di pollo fritte condite con salsa piccante (Buffalo Chicken Wings). EMOTIONS

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A BUFFALO E, CON CIRCA MEZZ’ORA DI MACCHINA, FINE TRA STATI UNITI E CANADA, RAGGIUNGIAMO...

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RAINBOW BRIDGE

I numerosi parcheggi più o meno vicini ai battelli e alle terrazze belvedere, fanno sì che un vero e proprio fiume di persone si riversi sulle ampie strade con gli impermeabili che svolazzano al vento, pronti a imbarcarsi per andare più vicino possibile ai grandi scrosci delle immense cascate. Si può considerare una sorta di Santuario della Natura, questo enorme potere visivo del grande salto che compie l’acqua nello spazio verdeggiante che lo accoglie. Ma si vedono anche gruppi religiosi che pregano, prima di affrontare la lunga fila per il battello ed altri che sembrano lì per un serio meeting scientifico sul potere dell’acqua, organizzato proprio sotto gli alberi, con il rumore di fondo dello scroscio, che tuttavia non disturba. Divisa in tre “salti” distinti, situati uno di fianco all’altro, alti circa 50 metri, l’acqua scende dal lato statunitense, mentre il punto migliore per guardare le cascate è forse il lato canadese, proprio di fronte, oppure la torre di osservazione costruita sulle rive del fiume. Vicino alla Grotta dei Venti, un sentiero conduce, dopo una discesa di 300 scalini, alla base della “cascata del velo nuziale”. Si può percorrere il Rainbow Bridge (il ponte che unisce i due lati delle cascate, da una parte gli Stati Uniti, dall’altra il Canada) o prendere il Maid of the Mist, la barchetta super turistica che però porta proprio ai piedi delle cascate, dove quasi «si respira» l’acqua e a volte si riesce anche a scorgere l’arcobaleno tra le infinite gocce nebulizzate che avvolgono completamente i visitatori, nonostante gli impermeabili. Il fascino delle cascate del Niagara, situate nel nord-est dell'America, tra USA e Canada,

le più grandi cascate dell'America settentrionale che, dopo la distruzione delle cascate Guairà, sono divenute le più grandi del mondo, ha costituito una vera e propria forza propulsiva in tutti i tempi. Si pensi che appena all’inizio del secolo XX (era il 24 ottobre del 1901), una donna, Annie Taylor Edson, fu talmente attratta da quella forza, che osò sfidare l’enorme massa d’acqua, gettandosi dal lato canadese all'interno di un barile insieme al suo gatto, e divenne così l'eroina indiscussa delle cascate del Niagara. Ma prima ancora, nell'ottobre del 1829, Sam Patch, che si autodefiniva “il saltatore yankee”, saltò da un trampolino costruito a ridosso della Cascata del Ferro di Cavallo, dando vita ad una successiva, lunga tradizione di persone che tentarono di gettarsi dalle cascate. Il 24 luglio 1883, il britannico Matthew Webb si tuffò nel fiume Niagara da una piccola imbarcazione, sita vicino al Niagara Falls Suspension Bridge, iniziando a nuotare. Le Cascate del Niagara hanno anche un potere immaginifico. Chi non ricorda “Niagara”, il film girato nel 1953 dal regista Henry Hathaway, con Marilyn Monroe? La sua fama ha fatto sì che molti degli edifici e dei luoghi costituenti lo sfondo di tante scene del film, siano stati a tutt’oggi conservati. Ma le cascate sono anche un’innumerevole fonte di energia elettrica: pur non essendo particolarmente alte (solo 52 metri di salto), un’imponente portata e il salto d'acqua, vengono intercettati dalla centrale elettrica, con una stima di oltre 168.000 m3 al minuto nel regime di piena e circa 110.000 m3 come media. EMOTIONS

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ANNA ALBERGHINA

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E' la città degli artigiani

del legno, dei pittori e dei musicisti.

Le ipnotiche sonorità

della musica Gnaoua

sono ormai apprezzate in tutto il mondo

Essaouira è un luogo speciale La fortezza, le mura di un bianco accecante che al tramonto si tingono di rosa, le botteghe artigiane, il mercato del pesce, i gridi dei gabbiani, le sue coste incessantemente spazzate dai venti oceanici, ve ne faranno pian piano assaporare l'atmosfera rilassata da città ai confini del mondo. Per un momento vi sembrerà di essere arrivati in Bretagna, ma, appena vi inoltrerete nei vicoli della città vecchia, sarete rapiti dal suo carattere tipicamente marocchino. La straordinaria medina, protetta da mura merlate, che difende il porto è iscritta nella lista del Patrimonio dell'Umanità. Fondata da mercanti cartaginesi, divenne ben presto un importante scalo commerciale lungo la rotta diretta ai paesi del Golfo di Guinea. Diventata provincia romana nel primo secolo dopo Cristo, fu, successivamente, conquistata dagli Arabi e poi dai Portoghesi che la ribattezzarono Mogador, piccola fortezza. All'epoca era abitata da una nutrita comunità ebraica che divenne intermediaria delle relazioni politiche e commerciali tra il Sultano e gli stranieri. Nel 1764, per volontà del Sultano Muhammad III del Marocco e su disegno dell'architetto francese Théodore Cornut, lo stesso che progettò il porto di Saint Malò, l'impianto urbanistico della vecchia Mogador venne stravolto per dar vita ad una città moderna, di stampo europeo con un largo viale centrale porticato, dritte vie trasversali e una poderosa cinta di mura. Il suo nome attuale, Essaouira, significa infatti la ben disegnata. Questa cittadina è dunque un perfetto esempio di architettura militare che coniuga magistralmente la cultura arabomusulmana e quella europea. Per anni fu l'unico porto marocchino aperto al commercio estero. Il suo declino iniziò con l'avvento del protettorato francese nel 1912 durante il quale venne dato maggior impulso ai porti di Casablanca, Agadir e Tangeri.

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Questa cittadina è dunque un perfetto esempio di architettura militare che coniuga magistralmente la cultura arabomusulmana e quella europea Negli ultimi 50 anni, tuttavia, la città è risorta grazie al turismo e al fiorire delle arti. E' la città degli artigiani del legno, dei pittori e dei musicisti. Le ipnotiche sonorità della musica “Gnaoua” sono ormai apprezzate in tutto il mondo. Durante il mese di giugno, il Festival Gnaoua, una kermesse di concerti e mostre, attira centinaia di visitatori, animando i vicoli di un affascinante mix di contaminazioni musicali. La confraternita degli Gnaoua si è costituita a partire dalle popolazioni originarie dell'Africa nera (Mali, Sudan...) deportate in Marocco dagli schiavisti. Queste confraternite mistico-terapeutiche praticano riti di esorcismo e di possessione (lila) dove si associano fede islamica e antiche credenze che rappresentano l'eredità dei culti animisti sub-sahariani. Musica e rituali, che hanno lo scopo di liberare i pazienti dai demoni che li tormentano, hanno origini comuni con quelle del Voudou, della Santeria cubana e del Candomblé brasiliano. Ma la cultura Gnaoua non si esprime solo attraverso la musica. Ad Essaouira è nata una scuola di pittura che vede in Mohamed Tabal il suo principale esponente. Il padre di Mohamed era uno “Gnaoua” dei paesi berberi. Tabal significa “tambourinaire” ossia “colui che suona il tamburo”. Alla morte del padre, Mohamed ereditò il suo somaro e il suo tamburo, diventando così anch’egli uno Gnaoua errante. Per anni percorse le campagne in lungo e in largo ma dopo il suo fortunato incontro con Damgaard, un importante mercante d'arte di Essaouira, poté, finalmente, esprimere pienamente la sua vocazione artistica. Nelle sue opere vi sono continui riferimenti al suo universo onirico in cui ripercorre la sua vita di Gnaoua. Egli dipinge in uno stato di hal, una sorta di ipnosi o “trance”, secondo canoni che sfuggono a qualsiasi criterio estetico occidentale. Crea opere dove il naturale sfiora il sovrannaturale. Si tratta sicuramente di un genio creativo libero da qualunque vincolo, estraneo a qualsiasi riferimento o corrente artistica precedente. Un Maestro puro, istintivo, assoluto. A poca distanza da Essaouira, una speciale riserva della biosfera ospita una foresta di “argania spinosa”, un albero autoctono, chiamato dai

berberi “l'albero della vita” che produce una noce delle dimensioni di un'oliva. L'argan viene lavorato da cooperative femminili, attraverso procedimenti tradizionali, per l'estrazione di un olio biologico molto apprezzato per le sue proprietà benefiche anticolesterolo e molto utilizzato nella cosmesi. Questi frutti, inoltre, sfamano il bestiame tanto che le capre di questa regione hanno sviluppato la capacità di arrampicarsi sugli alberi. In una delle sue tele, densa di riferimenti simbolici, Tabal ritrae le capre dell'argan. Leggiadre e misteriose, sembrano quasi volare.

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IL GOLF È SPORT DI LUNGA TRADIZIONE, SPECIE NEI PAESI ANGLOSASSONI. ANZI, SI DICE SIA STATO INVENTAT IL FATTO CHE TRA INGHILTERRA E IRLANDA SI CONCENTRA LA MAGGIORANZA DEI GOLFISTI EUROPEI E Nella parte settentrionale dell’isola irlandese, quella ancora britannica, i campi da golf sono sempre più spesso meta di tanti appassionati che, arrivando da tutto il mondo, dedicano qualche giorno a calcare i fairways più celebrati. L’elenco dei principali percorsi di gioco sarebbe lungo e, probabilmente noioso. Basti dire che se si vuole organizzare una vacanza di golf da queste parti, la zona a nord di Belfast permette di cimentarsi su alcuni tracciati tra i più blasonati. Citiamo, per esempio, il Royal County Down che la prestigiosa rivista Golf Digest presenta come miglior campo del mondo, l’Ardglass Golf Course, proprio sul mare, il Portstewart Golf Course e, quello che secondo noi merita di più, il Royal Portrush Golf Course. È proprio quest’ultimo che ha ospitato (si è appena concluso) l’evento golfistico annuale più importante: L’Open Championship, chiamato anche più semplicemente “The Open”. La storia e la rinomanza di questo torneo meritano qualche nota, non fosse altro perché il nostro campione nazionale, Francesco Molinari,

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lo vinse solo un anno fa sul tracciato del Carnoustie Golf Links Ma cominciamo dall’inizio. Era il 1860 quando otto professio di golf, rigorosamente inglesi, vollero decidere chi fosse il mig di loro. Fu organizzato un torneo che alla fine decretò il p vincitore: Willie Park Senior. Il premio consisteva in una cintu cuoio marocchino del valore di 25 sterline che passava di vinci in vincitore finché lo stesso non avesse vinto il torneo per alm tre volte. Questo successe nel 1870 quando la cintur definitivamente assegnata a Tom Morris Jr. A questo punto ser un nuovo trofeo. Ci vollero due anni di discussioni tra i circol patrocinavano l’evento per arrivare a finanziare la realizzazion Trofeo attuale: la Claret Jug. Il golf di Portrush ha ospitato per la seconda volta qu prestigioso evento. La prima volta fu nel 1951 quando a vince 300 sterline di primo premio fu l’inglese Max Faulkner. Dicev che lo scorso anno il Trofeo è andato a Molinari. Lui però ha por


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a casa circa 2 milioni di dollari. Le caratteristiche di questo campo sono tali da entusiasmare ogni golfista. Dal tipico disegno links, si affaccia sulle sponde dell’oceano che lasciano intravedere non troppo lontano le coste scozzesi. Ogni buca ha un nome e ci piace ricordare solo quella chiamata “calamity corner”. Un nome che suona come un programma per chi non effettua un tiro più che perfetto. Il divertimento è assicurato e le oltre 200 sterline che si spendono per il green fee contribuiscono a lasciare un ricordo indelebile della giocata su questo campo. Quando anche il nostro Paese comprenderà che dal golf possono arrivare enormi soddisfazioni economiche e un grandioso ritorno in termini di affluenza e visibilità turistica, forse sarà già troppo tardi. Il Nord Irlanda, con nemmeno 2 milioni di abitanti e neanche 100 campi di golf, ricava dal turismo legato a questo sport qualcosa come 45 milioni di euro l’anno. E non ha tutto quello che l’Italia saprebbe offrire “di contorno”.

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A A NORD DI BELFAST PERMETTE DI CIMENTARSI SU ALCUNI TRACCIATI TRA I PIÙ BLASONATI

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The Sanya EDITION Pamela McCourt Francescone

Sofisticazione e sobrietà, tradizione e contemporaneità: un equilibrio di contrasti ispirati dalla natura e dai colori di Sanya, conosciuta anticamente come “la Fine del Cielo e dell’Oceano” per la sua lontananza dal centro di potere della Cina imperiale. Sorge su l’isola di Hainan, la prefettura più meridionale del Paese, un paradiso con un clima tropicale tutto l’anno, The Sanya EDITION nato da una partnership tra due giganti dell’hôtellerie, Ian Schrager e Bill Marriott. Aria e acqua gli elementi predominanti del design, come testimonia l’atrio sconfinato dove un laghetto di fiori di loto e due alti filari di bambù ondulanti

fanno da cornice all’infinità d Sulla baia di Haitang, a 45 mi internazionale, sono otto gli e di cavallo con 512 camere – s tonalità champagne, crema e Mare Cinese Meridionale, su 20.000 mq – dove si pratican paddleboarding - e sulla più gr piscine. Sono 17 le ville esclus private e interni raffinati e ac Quattro i ristoranti che propo variopinto di cucine orientali


dell’oceano. inuti dall’aeroporto edifici a forma di ferro sono 47 le suite - dalle bianco con veduta sul ull’oceano privato di no kayaking e rande delle quattro sive con giardini, piscine ccoglienti. ongono un panorama i e internazionali che

portano la firma dell’Executive Chef catalano Jordi Villegas Serra che delizia gli ospiti nel Market at Edition con prime colazioni che diventano avventure alla scoperta di piatti espressi e grandi buffet, e dove di sera si cena con specialità hotpot. Nel Jade Egret le proposte sventolano bandiere europee, nel Beach Barbacoa si cena con i piedi nella sabbia con piatti tipici balinesi alla brace, e nel raffinato Xian Hai By the Sea vengono proposti frutti di mare e altre prelibatezze della più sofisticata cucina cantonese. Per i più piccoli c’è il Kid’s Club con giochi, attività sportive e una pista di macchine a scontro. All’ultimo

piano, intorno alla piscina a sfioro, viene servito un elegantissimo tè del pomeriggio e la sera si sorseggiano cocktail esotici e flute di champagne. Per i più romantici c’è la tavola galleggiante in mezzo all’oceano privato per cenare a lume di candela cullati dal mormorio delle onde e dal venticello che dolcemente bisbiglia tra le palme lungo la spiaggia bianca.

www.editionhotels.com/sanya EMOTIONS

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KALEIDOSCOPE The Shanghai EDITION Pamela McCourt Francescone

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Nel cuore pulsante di Shanghai, a due passi dal Bund, l’iconico lungofiume storico, sorge The Shanghai EDITION, nato dalla visione di due giganti dell’hôtellerie globale, Ian Schrager e Bill Marriott. Da Schrager il nuovo brand EDITION prende lo stile minimalista luxe ultra-chic, e da Marriott quei livelli ineccepibili di servizio e di know-how che fanno di Marriott International uno dei colossi del settore d’alta gamma. Nella torre a 29 piani, le 129 camere e le 13 suite hanno tonalità soft, legni chiari e un design puro e

raffinato. Nell’edificio originale Art Anni Venti del Novecento sede dell d’energia elettrica municipale - son ristoranti e bar e, all’ultimo piano il Electric Circus e ROOF, un roofbar spettacolare oltre il Bund sui gratta di Pudong. Di grande impatto l’atrio Schrager, un ”luogo d’incontro” smi dal bar che svetta fino al soffitto da grande globo luminoso, e che insiem spazi sottostanti di un bagliore dor


t Deco - negli l’azienda no ubicati i l nightclub con vista acieli futuristici o in puro stile isurato, illuminato a dove pende un me inondano gli rato. A regola

d’arte il personale multilingue che, in perfetto stile Marriott, anticipa le esigenze degli ospiti con un garbo caloroso, informale e impeccabile. Arioso ed elegante la Shanghai Tavern in stile brasserie gestita dallo chef stellato Jason Atherton, con prime colazioni à la carte. Nel Canton Disco il menù propone il meglio della cucina cantonese, e all’HIYA le specialità giapponesi sono multiformi e scenografiche. Al sesto piano, La Spa invita al relax con un approccio sofisticato al benessere e terapie tradizionali e contemporanee, e dalla piscina

coperta con Jacuzzi le finestre guardano sulla città. Ai piani alti il ristorante giardino è un ambiente bucolico dove, per passare il tempo tra una portata e l’altra, invece di un campo di croquet c’è un tavolo da biliardo. Come il biliardo in panno blu elettrico nel secondo atrio d’ingresso, quello con una parete in mattonelle d’epoca shikumen, e uno specchio maestoso che riflette il moto perpetuo sulla Nanjing Road East, la strada dello shopping più ricercata di Shanghai.

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Andrea Battaglini

Alessio Franconi

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Uscita lo scorso maggio 2019, la guida è dedicata all'enigmatico e affascinante Paese del Sud America con i suoi meravigliosi paesaggi naturali, la sua giovane ma florida cultura, il tango, il pato (l'autentico sport nazionale), la sua cucina multietnica capace di mixare ingredienti indios, europei e africani. L'Argentina sorprende per la sua varietà, con le smisurate estancias mesopotamiche o con le riduzioni gesuitiche di Misiones, al Selva Misionera e le Cascate di Iguazù. Il Norte invece regala gli scenari più assoluti: la puna, la Quebrada de Humahuaca, le valli Calchaquíes, il Parque Nacional de los Cardones. E poi i vigneti di Mendoza, al Valle de la Luna e infine Cordoba "la dotta", dove si sprigionò la prima riforma democratica universitaria. Ma tutto comincia a Buenos Aires: l'effervescente capital federal cara agli scrittori Luis Borges e Adolfo Bioy Casares, a Juilio Cortázar e al regista Mariano Llinás. Con un ricco apparato fotografico originale dell'autore. Andrea Battaglini è fotografo e giornalista specializzato in percorsi culturali, dal 1980 ha collaborato con le più autorevoli testate italiane ed estere. È autore di numerosi libri fotografici e guide turistiche tra cui Argentina (Moizzi, Milano, 1990 e 1997), Strade d’autore (TCI, Milano, 2006), Yaguarì, momentos (Buenos Aires, 2011) e St. Petersburg (Mazzotta, Milano, 2002). Dal 2010 realizza le installazioni fotografiche “fotopolittici”, con cui in 5 frammenti sintetizza una storia, e le macrofotografie o “morsi fotografici” sull’ipovisione del’acaro dei libri.

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MORELINI EDITORE Giulia Dickmans

BERLINO al femminile MORELINI EDITORE

La nuova guida ci porta nella "città del Muro", di cui ricorre quest'anno, il 9 novembre, il trentesimo anniversario della caduta. Capitale della Germania, metropoli eclettica, multiculturale e alternativa come New York, si scopre oggi dinamica e al passo con i tempi, con i suoi trend che hanno conquistato anche le italiane: il misterioso ed elegante total-black, il look da hipster, le biciclette per muoversi in città, la musica da ascoltare sempre e ovunque. Berlino è una città dai mille volti, con i suoi 12 Bezirke (distretti) ognuno con una propria anima e il proprio stile, dove ciascuno può sentirsi a suo agio: Charlottenburg con le sue vie per lo shopping, il Mitte con la famosa Isola dei Musei, il Friedrichshain con i club Kreuzberge che pare fatta su misura per le famiglie, solo per citare i più noti. Ci si muoverà in una Berlino nuova, anche attraverso interviste a berlinesi doc ed expat (un'attrice, una "piratessa" attivista, due blogger di moda, una proprietaria di un sexyshop) che sveleranno gli aspetti più originali e autentici di questa città, lontani dagli stereotipi più noti sul popolo tedesco. Nella guida non mancano approfondimenti alla meno nota Berlino coloniale di cui si ritrovano tracce nel quartiere africano – l'Afrikanisches Viertel – la Mohrentrasse – letteralmente la "strada dei neri" – i Supermercati Edeka e in molti altri luoghi simbolo. Oltre alla storia a Berlino però ci si diverte pure: locali notturni, ristoranti multietnici, negozi e molti altri luoghi dove immergersi nel mood cittadino.

E’ la guida alla punta di diamante delle tre Repubbliche Baltiche, al Paese giovane dalle tradizioni antiche, dove respirare contemporaneamente un'aria cosmopolita nelle grandi città – Tallinn e Tartu – e l'immensità della natura a poco meno di 20 minuti di automobile dai centri urbani. Capitale dell'Estonia, Tallinn, città vibrante di eventi da cui facilmente è possibile raggiungere San Pietroburgo, Helsinki e Riga. Qui, cinta da mura medievali, si trova l'affascinante Città Vecchia con le sue stradine acciottolate, i vicoli stretti e gli affascinanti scorci sulla "Città bassa" e sulla collina di Toompea, dove si trova il castello e che da sempre ospita la nobiltà cittadina. Spostandosi da Tallinn verso la costa, meritano una visita le rovine gotiche del convento di Santa Brigida oppure potete godervi la spiaggia di Stroomi o di Rocca al Mare, un tranquillo quartiere il cui nome deriva da una villa costruita nella seconda metà del XIX secolo dal barone francese Arthur Girard de Soucanton. L'influenza del popolo e della cultura russa si può respirare ancora nella parte Nord dell'Estonia, area interessata da importanti giacimenti minerari alternati agli immensi parchi naturali del territorio di Lahemaa, tra le più importanti aree forestali in Europa, dove poter avvistare caprioli, alci e cinghiali. La zona Ovest dell'Estonia è costellata di piccole cittadine fin sulla costa da cui partono i traghetti per raggiungere le isole di Vormsi, Hiiumaa, Muhu, Saaremaa e Kihnu, le terre dei vichinghi con i caratteristici fari.




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