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Dedicato a chi ama vivere il mare e la navigazione nella più antica tradizione velica. La flotta Star Clippers regala un’esperienza unica a bordo dei suoi velieri che rievocano i leggendari Clipper di un secolo e mezzo fa. Il perfetto connubio tra la tradizione della navigazione a vela, il comfort e la modernità di una nave da crociera e l’intimità di un grande yacht. Salpate con noi a bordo di Royal Clipper, Star Clipper o Star Flyer: Autentici velieri a 5 e 4 alberi.
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SOMMARIO AGOSTO | SETTEMBRE 2021
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www.emotionsmagazine.com
VIETNAM DEL NORD
UN viaggio TRa i coloRi
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SOMMARIO
ROMA
IL PONTE DELLA MUSICA AMA LE ROTELLE
ROMANIA
L’ORTODOSSIA DEL BUON VIVERE: QUANDO LA FELICITÀ È TRADIZIONE
ROMANIA, foto di Giuseppe Sabella
Direttore Responsabile Teresa Carrubba tcarrubba@emotionsmagazine.com Ideazione logo Ilenia Cairo
COSTA BRAVA
GIRONA E IL “TRIANGOLO DI DALÌ”
SICILIA
FAVIGNANA : L’ISOLA SCAVATA NEL TUFO
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viNi pRemiaTi, mixology e visTe UNicHe sU Roma aNTica
ANTONELLA FERRO
LE GRANDI PASSIONI
LIBRIEMOTIONS 4
Collaboratori Anna Alberghina Luisa Chiumenti Pamela McCourt Francescone Giuseppe Garbarino Dino Latella redazione@emotionsmagazine.com Fotografi Anna Alberghina Dino Latella Giuseppe Sabella Archivio Courtyard by Marriott Rome Central Park
KALEIDOSCOPE
agostoSETTEMBRE
Progetto grafico e impaginazione Elisabetta Alfieri e.alfieri@emotionsmagazine.com
Responsabile Marketing e Pubblicità Enrico Micheli e.micheli@emotionsmagazine.com Pubblicazione Rivista Online Paolo Milanese grafico@idra.it Editore Teresa Carrubba
Pubblicazione registrata presso il Tribunale di Roma il 27.10.2011 – N° 310/2011 Copyright © – Tutto il materiale [testi e immagini] utilizzato è copyright dei rispettivi autori e della Case Editrice che ne detiene i diritti.
IL COURTY YARD AR RD BY MARRIOT TT ROME CENTRAL PARK, UNA SCOPERT TA ACON NTINUA! Il Courtyard by y Marriott Rome Central Park, una continua scoperta! il Courtyard by Marriott Rome Central Park è la soluzione ottimale sia per una a vacanza alla scoperta della città eterna che per l'organizzazione di meetings e congressi. L’ hotel di 162 camere con terrazzo e splendida vista della cupola di S. Pietro, ospita eventi sportivi e musicali, grazie alla sua vicinanza al Foro Italico, Stadio Olimpico ed Auditorium Parco della Musica. Il Centro Congressi ha un ingresso autonomo, 11 sale con luce naturale, ampi foyers, Video Walls, Digital Signage & Flip Charts.
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na la fantasia, specie quella che vaga oltre i confini, per mete lontane , a volte raggiungibili solo nei sogni. emotions
ad alimentare il mondo onirico del viaggio, saziando l’immaginazione in attesa che possa diventare realtà. partiamo
etnam del Nord, disegnato dall’ipnotizzante digradare delle risaie, preziosa risorsa di un paese che vive anche
o i rituali delle cinquanta etnie che popolano le montagne. di tutt’altri riti si parla a Favignana, la più grande isola
di, dove si svolge la mattanza dei tonni, un evento che unisce la sinergia dei pescatori alla fede religiosa che protegge
e da sempre ha sostenuto gli egusani, anche se al momento è sospesa per problemi di quote. mattanza a parte,
a merita un viaggio. sfatato il pregiudizio che la Transilvania sia una regione immersa in oscure leggende, la Romania
TERESA CARRUBBA
eDitore, Direttore responsaBile
ende ai piedi dei monti carpazi è colorata da un curioso amalgama di popoli immigrati da paesi limitrofi e da paesaggi
tura rigogliosa che dà vita ad una semplice ma intrigante vita contadina. atmosfere più mondane, invece, sulla Costa
ra le spiagge e i golfi a picco sul mare e l’interessante coinvolgimento dell’arte nel cosiddetto “ Triangolo di dalì”
ntato da un itinerario che comprende musei e opere del grande artista del surrealismo. a volte i monumenti e le opere
oniche assumono una connotazione diversa da quella per cui sono state immaginate. e’ il caso del modernissimo
ella Musica a Roma, oggi diventato soprattutto un punto d’incontro e di socializzazione per un popolo di giovani che
a chiacchierare, a suonare, ad esibirsi con lo skate e quant’altro. Un modo diverso di vivere la città eterna. per “gli i emotions”, l’intervista ad una General Manager dell’dell’hôtellerie romana insignita dell’ “eHma Best practices
er le lodevoli iniziative e il supporto sociale nel periodo più difficile della pandemia.
tcarrubba@emotionsmagazine.com EMOTIONS
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VIETNAM DEL NORD
SORRISI E COLORI
DEI POPOLI DELLE MONTAGNE
testo e foto di aNNa alBeRgHiNa
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SORRISI E COLORI DEI POPOLI DELLE MONTAGNE
DONNA DI ETNIA DZAO
LA NATURA È STATA GENEROSA CON IL VIETNAM! SCINTILLANTI DISTESE DI CAMPI DI RISO, CURATE DA TEMPO IMMEMORABILE DALLE CONTADINE CON IL TRADIZIONALE CAPPELLO CONICO, DISEGNANO PANORAMI STRABILIANTI CHE APPAIONO DAL VIVO PROPRIO COME NEGLI OPUSCOLI TURISTICI. Un viaggio al Nord del Paese consente di entrare in un mondo dai colori brillanti, dalla cultura ricchissima e dalla storia avvincente. Il mosaico di etnie che popola le regioni montuose del Vietnam è noto come “tribù di montagna”. I Francesi chiamavano queste minoranze montagnards, i Vietnamiti li chiamavano moi, un termine spregiativo che significa selvaggi. Il governo attuale preferisce l'espressione “minoranze nazionali”. La pittoresca città di Sapa, a 1.650 metri di quota, si trova al confine con Cina e Laos, proprio al centro di una fitta rete di piste che conducono ai remoti insediamenti dove vivono otto degli oltre cinquanta diversi gruppi etnici del Vietnam. I più famosi sono gli Hmong, gli Dzao ed i Thai. A causa della loro dispersione e dell'iso-
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lamento geografico, i vari gruppi hanno conservato lingua, abiti e tradizioni autonome. Le leggende raccontano che i primi Hmong arrivarono da un luogo molto freddo dove vi era buio per sei mesi e luce per gli altri sei. Fu un cacciatore, sprezzante del pericolo e delle bufere di neve, ad attraversare tutta la Siberia fino a raggiungere la Cina ove diede origine alla stirpe Hmong. Sia che si arrivi a Sapa con il treno notturno da Hanoi o dopo aver percorso in auto molti chilometri di piste sconnesse, si verrà accolti da un paesaggio incantevole. Dispersa la nebbia notturna, si palesa un cielo terso e l'alba illumina le montagne ricoperte da una lussureggiante vegetazione di bambù e palme, punteggiate da villaggi di case tradizionali su palafitte, interamente realizzate con materiali naturali.
DONNE HMONG FIORITE AL MERCATO DI BAC HA
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DONNE HMONG FIORITE
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VIETNAM DEL NORD AL CENTRO DELLA LORO VITA VI SONO I MERCATI SETTIMANALI. I PIÙ INTERESSANTI SONO QUELLI DI CAN CAU E BAC HA. FIN DALLE PRIME LUCI DELL'ALBA SI È RISVEGLIATI DAI SUONI DEL VILLAGGIO IN FERMENTO. Questi popoli conducono uno stile di vita semplice, basato sull'agricoltura. Hanno abitudini seminomadi e coltivano il riso in terrazze ricavate con la tecnica detta slash and burn (taglia e brucia). Al centro di ogni casa si trova sempre l'altare per gli antenati che, insieme agli spiriti della natura, restano il fulcro della loro religiosità, nonostante le influenze di Buddismo, Confucianesimo, Taoismo e Cristianesimo. Ancora oggi, i genitori dei futuri sposi consultano l'astrologo affinché si esprima sul buon assortimento della coppia e sul suo destino. E' compito del futuro marito portare in dote alla famiglia della fidanzata maiali, polli, vino di riso e molte monete d'argento. Al centro della loro vita vi sono i mercati settimanali. I più interessanti sono quelli di Can Cau e Bac Ha. Fin dalle prime luci dell'alba si è risvegliati dai suoni del villaggio in fermento. Donne vistosamente abbigliate con i variopinti costumi tradizionali, arrivano da lontano, le pesanti gerle cariche di svariate mercanzie. Gli abiti sono così ricchi da far pensare che le bambine delle tribù im-
parino a ricamare prima ancora che a camminare! La fibra più utilizzata è la marijuana che viene coltivata, filata, tessuta e poi tinta con l'indaco. Tutte indossano vistosi copricapi, neri per le Hmong e rossi per le Dzao e si adornano di molteplici gioielli d'argento. Quale segno di bellezza, le Dzao hanno la consuetudine di radersi le sopracciglia ed i capelli sulla fronte e di ricoprire d'oro uno degli incisivi. Rossi, neri o fioriti, Hmong e Dzao si mescolano in una girandola di colori. I venditori di incenso saturano l'aria di profumi. Le donne si accalcano vocianti attorno ai banchi di tessuti. Poco più in là si vendono gli animali: bovini, maiali ma anche cani e graziosi uccellini nelle loro gabbie. Il mercato è occasione di transazioni commerciali ma soprattutto di incontri, scambi di notizie e pantagrueliche bevute! Contagiata dall'euforia generale non riesco a resistere alla tentazione di acquistare un arazzo, uno scialle o un portafoglio ricamato. Lo spirito di questa cultura mi ha già conquistata, ed è solo il primo giorno!
VENDITRICI DI INCENSO A BAC HA
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DONNE DI ETNIA DZAO
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DONNA HMONG NERA
BAMBINI HMONG
CASA TRADIZIONALE DEL VIETNAM DEL NORD
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L’ORTODOSSIA DEL BUON VIVERE:
QUANDO LA FELICITÀ È
TRADIZIONE testo di giUseppe gaRBaRiNo foto di giUseppe saBella
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L’ORTODOSSIA DEL BUON VIVERE
TRANSILVANIA: NOME ANTICO CHE INCUTE TERRORE E RICORDI DI OSCURI FATTI, OGGI INGHIOTTITI DALLA STORIA E DALLA MEMORIA DELL’UOMO, MA IN VERITÀ QUESTO LUOGO È TUTTO LUCE, COLORE E SORRISI Siamo nella storica regione che si insinua nella parte occidentale e centrale dell'odierna Romania, luogo di rara bellezza da sempre avvolta dal mistero di antichi abitanti, battaglie, personaggi al limite della fantasia, ai piedi di quei monti Carpazi che abbiamo cercato sull’atlante scolastico con aria di sognatori. E’ una terra da secoli crocevia di migrazioni, popolazioni di ogni genere hanno condiviso raccolti, case, paesi e chiese, qui feroci guerre e invasioni hanno lasciato ai posteri i racconti di un terrore diffuso e solo immaginabile; il mosaico variegato delle etnie della Transilvania è composto non solo da rumeni, ma anche da forti minoranze ungheresi, zingare e tedesche, senza parlare dei ruteni, slovacchi, bulgari, cechi, armeni ed ebrei. Oggi i periodi oscuri del tempo sono un ricordo lontano, parchi naturali e bellezze architettoniche sono la punta di diamante per lo sviluppo turistico del luogo, ma è soprattutto la sua popolazione, con gli sguardi della semplicità di chi ogni giorno vede la sua terra come la più bella al mondo che rendono tutto affascinante e vivo. Siamo lontani dei percorsi turistici di chi cerca le antiche fortezze gotiche, delle chiese fortificate e
della drammatizzazione che circonda l’alone di mistero e leggenda del famoso conte Dracula. Quiete e pace, riti giornalieri nelle chiese in mezzo ai pascoli e i colori degli abiti tradizionali sono lo specchio dell’anima di uomini e donne ancora oggi fortemente legate alla tradizione agricola. Sono luoghi dove l’industrializzazione selvaggia e anacronistica è lontana, i ritmi giornalieri sono scanditi dal sole che sorge e che tramonta, insieme all’incessante rincorrersi delle stagioni. Per quei curiosi casi della vita, grazie ad un inaspettato invito da parte di Nelu Scripciuc, presidente del FotoClubPro Arad, Giuseppe Sabella, fotografo fiorentino appassionato, scrupoloso e amante della postproduzione si è ritrovato in un mondo di colori nuovi, una terra che si specchiava nei volti degli uomini, con i solchi degli aratri trasformati nelle rughe della pelle. L’esperienza provata da Sabella alla terza edizione di International Photography Camp “Art Image” di Arad è diventata parte importante di quel bagaglio di esperienze che con il tempo si insinuano nello spirito, trasformano, fanno crescere professionalmente, ma soprattutto rendono liberi. EMOTIONS
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ROMANIA maramureş
PER SECOLI È STATO TERRITORIO DI CONFINE, INQUIETO E DIFFICILE, OGGI HA LA MAGIA DELLA TRANQUILLITÀ CON LE SUE CHIESE COSTRUITE IN LEGNO DI QUERCIA, CARICHE DI INFLUSSI GOTICI Si pensa tradizionalmente ai paesi dell’est come a luoghi grigi, poveri, istituzionalmente tristi, forse per quel bagaglio di informazioni ormai lontane, ma mai dimenticate, di quando paesi come la Romania facevano parte del blocco sovietico ed era impossibile visitarli con quella libertà che da sempre è nel dna di tutti coloro che cercano la curiosità del viaggio libero, intenso, senza frontiere. Provate ad immaginare quale limite sia per un fotografo la preclusione a scattare fotografie in un mondo con dei muri trasparenti. Ma torniamo ai giorni nostri, anzi, andiamo a percorrere idealmente le strade che portano a luoghi che per i canoni contemporanei sono fuori dal tempo, posti dove il turista può arrivare solo come ospite delle tradizioni, diventarne parte, forse essere veramente cittadino del mondo e non semplice curioso alla scoperta di arte e armonia della natura. Sabella non si è fermato ad Arad, una delle sedici contee o come si chiamano in lingua locale judet e ha continuato il suo
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percorso di indiscreta invadenza e voglia di conoscere fino a Desesti, nel Maramureş, forse la località più incantata, molto montuosa, ricca di boschi e di valli che fanno da cornice al mondo della mitologia più antica della Romania. Per secoli è stato territorio di confine, inquieto e difficile, oggi ha la magia della tranquillità, con le sue chiese costruite in legno di quercia, cariche di influssi gotici, ricche di dipinti e caratterizzate dalla parete chiamata iconostasi, tipica delle chiese di rito orientale, siano esse ortodosse o cattoliche. Le chiese di questa regione sembrano costruite per ringraziare il cielo, forse per questo mostrano un alto livello di maturità artistica e stupiscono per l’abilità artigianale che le ha realizzate. Le torri allungate, fino a 70 metri, le rendono piccoli castelli ed è in questa parte architettonica che emerge tutta la tipicità di queste costruzioni realizzate senza l’uso dei chiodi, ma solo con la tecnica dell’incastro, dove i tetti sono realizzati con intricati ricami con scandole di legno.
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OGNI MOROSAN CUSTODISCE CON GELOSIA IL PROPRIO ABITO DELLA TRADIZIONE LOCALE; TUTTI SI VESTONO CON I COLORI DEL PROPRIO POPOLO, DAGLI ANZIANI AI BAMBINI Anche le pareti delle chiese o delle case, sono generalmente costruite con tronchi di quercia fissate in orizzontale con complessi giochi di incastro. E’ un angolo di mondo unico e insostituibile, dove la tradizione, oltre ad essere ancora al primo posto della vita, con battesimi, matrimoni e tutto quello che è occasione di gioia per una comunità, ha saputo coniugare colore e natura, in un rapporto curioso, dove le case, i vestiti ricamati, gli oggetti, i mobili, i tappeti, tutto sottolinea il rapporto intimo con il mondo che circonda gli abitanti di questa regione. Le antiche usanze sono rimaste vive grazie all’isolamento che le montagne hanno creato intorno alla regione, il popolo Moroşenii, come la gente del Maramureş si fa chiamare, è molto ospitale e gioviale, sempre felice di incontrare degli stranieri; qui tutti si salutano, anche se non ti hanno mai visto, una vecchia abitudine che non fa male a nessuno. A Desesti, come a Oncesti, villaggi più che cittadine, il costume popolare è rimasto inalterato, lontano dalle influenze delle grandi città, anche se utilizzato, per
comprensibile semplicità e comodità, solo la domenica, quando tutta la comunità si riunisce per le funzioni religiose. Ogni Morosan, l’abitante della regione, custodisce con gelosia il proprio abito della tradizione locale; tutti si vestono con i colori del proprio popolo, dagli anziani ai bambini, un modo intelligente per ricordare, rinnovare l’insegnamento e continuare l’uso del costume della comunità, il tutto in modo armonioso. Siamo ad oggi in un luogo ai margini del grande turismo di massa e bisogna sperare che rimanga tale ancora per molto tempo; il rischio, come già accaduto in altre oasi come questa, è che tutto ciò che oggi appare come un rito familiare diventi solo un’immagine da esteriorizzare. La sorpresa della scoperta non è appannaggio di luoghi esotici, ma di ciò che spesso si trova dietro l’angolo, in questa zona montuosa della Romania settentrionale che già dal 1999 è entrata nella World Heritage List dell'UNESCO. https://www.nikonphotographers.it/giuseppesabella
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FAVIG N ANA : L’I S O L A S CAVATA N EL TU FO
DA ERICE, MITICO BALCONE DELLA SICILIA, QUASI SI TOCCANO. QUESTA MANCIATA DI ISOLE CHE EMERGONO DA UN MARE BLU COBALTO, SONO LE ANTICHE “AEGATES”, GIÀ DALLA PREISTORIA INTENSAMENTE POPOLATE, CHE FORMAVANO UN TUTT’UNO CON LA TRINACRIA Lo stesso miracolo della natura che divise Favignana e Levanzo dalla costa trapanese alla quale erano congiunte, ora le conserva incontaminate, selvagge, brulle. Insieme a Marettimo, la terza e più piccola isola dell’arcipelago, offrono emozioni inusitate, non soltanto per la bellezza prepotente del mare, ma per il sottile incanto delle terre. Grotte, faraglioni, istmi, strapiombi, baie, calette. Qui restano indelebili i segni dell’uomo primitivo, come gli splendidi graffiti della Grotta del Genovese a Levanzo. E quei tagli reiterati a colpi di mannaia che disegnano le pareti delle cave di tufo a Favignana, ferme nel tempo a fissare l’instancabile lavoro del primo abitatore dell’isola e dei suoi successori. Sottili scivoli di pietra scritti dai blocchi di tufo che finivano nelle barche attraccate, ricordano un commercio fiorente che spinse gli antichi favignanesi a scavare grotte a pelo d’acqua, vere cattedrali silenti e misteriose su cui il mare ha lasciato ogni sorta di conchiglie fossili conficcate nelle pareti, come una preziosa decorazione gemmata. Cala Rossa, la più
suggestiva dell’isola, è tutta un intrico di strutture tufacee, antri labirintici che s’internano per centinaia di metri con pilastri, nicchie e sale segrete. Un curioso gioco di architetture immerse ed emerse, di vuoti e di pieni. Una monocromia ossessiva e coinvolgente. In grigio-tufo anche gli ottocenteschi stabilimenti Florio, un tempo fulcro della maggiore attività dell’isola, la lavorazione del tonno, che si affacciano attorno al porto, ormai inattivi e vuoti ma con l’austerità dignitosa di un antico tempio sconsacrato. Raschiate in questa roccia vulcanica, polverosa ma dura, le case dei pescatori sono lì, ferme nel tempo, tutte uguali, mimetizzate con la terra e con la montagna sovrastante. Si specchiano in un mare incredibilmente cristallino, immutabili e silenziose, come pezzi da museo. E’ curioso: le finestre sono pochissime, ridotte all’essenziale. Forse gli egusani non sopportano questo sole che qui splende quasi africano e che cuoce la loro pelle insieme all’aria salmastra.
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PEDALANDO LUNGO LE COSTE, CHE QUI SONO QUASI SEMPRE ALTE, LO SPETTACOLO MOZZA IL FIA DIGRADANTI VERSO PICCOLE BAIE E INSENATURE INC Favignana, l’isola maggiore dell’arcipelago, è distesa come una farfalla al vento, in gran parte pianeggiante. Deve il suo nome al favonio, il cosiddetto vento fecondatore della primavera. Un’isola sonnolenta, animata giornalmente dall’arrivo del traghetto, motivo di rinnovata attesa. Per visitare Favignana, la più antropizzata delle Egadi e l’unica a disporre di una rete stradale completa, l’ideale è la bicicletta. E’ possibile noleggiarne una con molta facilità. Al costo di qualche breve asperità si può pedalare dovunque, fino a raggiungere le più antiche e spettacolari cave di tufo di Cala Cavallo e Cala Rossa che fino a pochi anni fa rifornivano i cantieri in Sicilia, a Malta e in Tunisia. E numerose altre piccole cave, ormai incrostate di fossili e spesso vivacizzate dal viola intenso del fiore di cappero, che affiorano lungo la costa o nel bel mezzo del paese, addossate alle case 42
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e sul cui fondo miracolosamente crescono orti rigogliosi. Anche il tufo degli edifici è al naturale, così com’è venuto dalle cave. Pedalando lungo le coste, che qui sono quasi sempre alte, lo spettacolo mozza il fiato. A ogni passo cambia tutto. Ora strapiombi ripidi, ora tratti di terreno scosceso, digradanti verso piccole baie e insenature incantevoli. Un vero eden per visitatori solitari. Ma per scoprire appieno i segreti dell’isola fin nei meandri rocciosi più nascosti, la miglior cosa è osservarla dal mare. Va benissimo anche un gommone, ma se si vuole noleggiare una barca, basta cercare i pescatori nel porticciolo di S. Leonardo. Lì è possibile anche far rifornimento di carburante o ricaricare le bombole per i sub in cerca di emozioni (in queste isole ne avranno a iosa). Dal porto si raggiunge punta S.Nicola dove una grotta completamente spalancata sulla battigia conserva gli ultimi preziosi graffiti
ATO. A OGNI PASSO CAMBIA TUTTO. ORA STRAPIOMBI RIPIDI, ORA TRATTI DI TERRENO SCOSCESO, CANTEVOLI. UN VERO EDEN PER VISITATORI SOLITARI preistorici, e la famosa Cala Rossa, sulla costa orientale di Favignana, che si apre in una baia incantevole ed è percorsa, lungo tutto l’arco, da un sentiero che porta agli antri delle gallerie scavate nella roccia. E’ possibile ormeggiare alle Pietre Cadute, nei pressi di Bue Marino, ben protetto dai venti, e poi spostarsi verso il faro di Punta Marsala, che prende il nome dalla città siciliana verso cui protende inoltrandosi nel mare. Costeggiando Cala Canaleddi, familiarmente detta Cala Azzurra per il colore incredibile del mare, si arriva a Punta Fanfalo, un impressionante litorale di rocce tufacee erose e taglienti. Sembrerebbe il paesaggio di un pianeta disabitato se non fosse per l’enorme villaggio turistico, pochi passi più in là, dalla suggestiva architettura arabesca, a suo tempo voluto da Vittorio Gassman. A Punta Lunga si conclude il periplo dell’ala orientale della “farfalla”. Proseguendo verso l’ala ovest si raggiunge Cala Grande
sulla cui estremità si stende la spiaggia dell’Approdo di Ulisse, proprio dove la Montagna Grossa (l’unica altura dell’isola) si spegne digradando verso il mare tra balze di roccioni dolomitici. Dall’altra parte della costa, a Nord-Ovest dell’isola, la montagna scende allungandosi ad istmo verso il Faraglione, guglia biancastra di oltre 35 metri che sembra indicare lungo il mare le altre due isole egusee, Levanzo e Marettimo. Doppiato il Faraglione c’è un tratto di costa letteralmente frastagliato da splendide grotte. La più grande e interessante è la Grotta delle Uccerie (o delle Stalattiti), una sorta di chiesa disegnata da stalattiti, con tanto di organo e di santi. La Grotta del Pozzo, che conserva reperti di civiltà fenicio-puniche tra cui numerose incisioni sulla roccia. Le Grotte degli Archi e della Stele, famose per i resti di tombe con iscrizioni latine. E, grotta grotta si ritorna al porto. EMOTIONS
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FAVI G N A N A : L’ I S O L A S CAVATA N E L TU FO LEVANZO
Il cuore palpitante di Favignana paese è Piazza Matrice, ritrovo sociale delle autorità locali e degli ospiti che, oltre alle bellezze naturali cercano un contatto umano. Molti anni fa la migliore occasione era quella di imbattersi, proprio all’imbocco del centro storico, nel giardinetto-mostra permanente di “Zu Sarino,” Rosarino Santamaria, ex scalpellino e marinaio, poi scultore naif, galvanizzante affabulatore, raro esempio di una umanità perduta, che ricavava poesia da un blocco di tufo. Capitava anche che, intrattenendo un visitatore con le sue incredibili storie, scolpisse lì per lì una pietra e poi gliela regalasse in segno di amicizia e ospitalità. Dallo stesso mare di Favignana, ora blu cobalto e pervinca, ora giada e smeraldo, emergono Levanzo e Marettimo, quasi due iceberg di roccia e di macchia mediterranea, che è possibile esplorare solo scalandole da parte a parte o circumnavigandole con la barca. Niente strade né spiagge, solo sentieri e scogliere, fenditure, istmi, insenature e tante grotte, raggiungibili soltanto via mare. Antri suggestivi, ricchi di concrezioni e tracce del passato come le grotte del Cammello, della Pipa e del Presepe a Marettimo e quella famosissima, del Genovese, a Levanzo, dove si ammirano (contattando il custode che abita in paese) bellissimi e preziosi graffiti dell’età pa-
leolitica. A Levanzo, l’unico centro abitato è un gruppo di casette di pescatori, aggrappate alla scogliera che scende al porticciolo. Le lusinghe del turismo non hanno ancora intaccato l’integrità marinara della popolazione. L’isolotto racchiude a Nord il bacino dove si pratica la mattanza di Favignana; una zona ottimale già scelta mille anni fa dagli arabi che vi installarono le prime tonnare del tipo ancora in uso. Marettimo, la più esterna è più piccola delle Egadi, emerge a una quarantina di chilometri da Trapani. Anche qui le poche case sono attorno al porticciolo, appollaiate alle pendici del Monte Falcone. Numerosi gozzi tirati a secco tra nasse e cordami, quasi fin dentro le case, oltre alla flotta di pescherecci, che si spingono fino alle lontane coste della Tunisia e dell’Algeria, stanno a ricordare che anche quest’isola vive soprattutto di pesca. Il turismo qui è scarso, forse per la lontananza rispetto alle altre due isole. A Marettimo soggiornano soprattutto gli amanti della solitudine e del silenzio. Favignana, Levanzo e Marettimo sono anche per questo l’esempio positivo (e purtroppo ormai raro) di un equilibrato rapporto tra uomo e habitat, tra costruito e natura, tra riservatezza locale e senso dell’ospitalità.
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EGADI SICILIA MARETTIMO
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Gli Incontri di Emotions
ANTONELLA FERRO
Le grandi passioni testo di pamela mccoURT fRaNcescoNe foto aRcHivio coURTyaRd By maRRioTT Rome ceNTRal paRk
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Antonella Ferro. Le grandi passioni
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LA VITA CI INSEGNA CHE SI DEVE SEMPRE ESSERE APERTI ALLE NUOVE INASPETTATE SFIDE E AVERE LA CAPACITÀ DI ESSERE RESILIENTI MA ANCHE CREATIVI, IMPARANDO A GUARDARE IL MONDO CON OCCHI SEMPRE RINNOVATI
Stella dell’hôtellerie capitolina Antonella Ferro, proprietaria e general manager di Courtyard by Marriott Rome Central Park, è una GM atipica che si esprime attuando uno stile armonizzatore di leadership senza omologare a modelli di tipo maschile. «Nel mio percorso professionale e umano cerco di essere autenticamente me stessa, senza paura di nascondere le mie fragilità…tutti ne abbiamo». Classicista e concertista (pianoforte e composizione al Conservatorio di Santa Cecilia), affianca il padre nel business di famiglia spaziando dal retail petrolifero all’edile privato e pubblico, poi un Master in Hotel Management all’Università Luiss Guido Carli e l’approdo nel settore alberghiero, dove opera da più di 20 anni e del quale confessa di essere “follemente innamorata”. Nel 1998 la grande svolta per Agostino e Antonella Ferro che deci-
ANTONELLA FERRO, PROPRIETARIA E GENERAL MANAGER DI COURTYARD BY MARRIOTT ROME CENTRAL PARK
dono di chiudere il residence costruito negli anni ‘80 e aprire un albergo 4 stelle. Con 162 camere e due ristoranti, sorge in un’oasi di verde nel quartiere Trionfale, in una posizione strategica adiacente al Foro Italico, Stadio Olimpico, Policlinico Gemelli e Ministero degli Affari Esteri, con vista panoramica sul Cupolone. Camere e suite ariose in stile contemporaneo lusso con terrazze, balconi e vista sulla città e sulla Basilica di San Pietro. Ampi gli spazi con la luce naturale dedicati agli eventi, un centro Fitness su 1.000 mq e due ristoranti, il Bistrot Moscati e il Pineto con tavoli anche sulla grande terrazza. In cucina lo chef Simone Tenaglia che trova ispirazione nei profumi e sapori mediterranei, con accenni all’appetitosa cucina romana e a quella americana con proposte dei tipici Marriott Bistrot.
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Antonella Ferro. Le grandi passioni berghi) per la distribuzione di coperte e kit di cortesia a persone bisognose, e la raccolta fondi Un futuro per Melissa per una bambina SMA. Durante le cure nel vicino Policlinico Gemelli la piccola e la sua famiglia sono stati ospitati gratuitamente presso il Courtyard Marriott. Applicati rigorosamente, sottolinea Antonella Ferro, tutti i protocolli messi a punto da Federalberghi e Marriott International per fronteggiare la pandemia, adottando prassi e dispositivi per l’igienizzazione di tutti gli spazi comuni e delle camere, anche per gli eventi autorizzati. «Gli eventi sono ancora in forma ridotta. Forse l’aspetto più impegnativo negli ultimi mesi è stato quello di mantenere la calma nei momenti difficili, continuando ad avere una visione costruttiva al di là delle problematiche contingenti».
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L’ECCELLENZA DEL SERVIZIO IN UN HOTEL SI BASA SULLE QUALITÀ UMANE E PROFESSIONALI DELLO STAFF ...
«Essere project leader di una conversione da residence a hotel mi ha dato una formazione a 360° negli anni svolti insieme alla compagnia svizzera Mövenpick. Poi nel 2008 siamo entrati nella compagnia americana Marriott, abbracciando il brand Courtyard dinamico, ma anche tailor made e fortemente familiare - studiato da Bill Marriott per i viaggiatori d’affari». Molti i riconoscimenti piovuti sulla struttura dalla compagnia Marriott al general manager e a figure chiave del personale per l’attenzione verso gli ospiti che vengono accolti con grande calore umano e competenza. «L’eccellenza del servizio in un hotel si basa sulle qualità umane e professionali dello staff, e sempre di più sulla tecnologia che ci permette di sapere in anticipo le esigenze dell’ospite in modo da estendere un’accoglienza personalizzata, empatica e sicura, soprattutto in momenti come questa ripartenza post-pandemica». «Noi donne manager abbiamo quei soft skills di cui oggi tanto si parla. Siamo più portate al dialogo e a metterci in discussione. Il mio team è la mia vera forza. Amo coinvolgere e motivare il mio staff, e scoprire i talenti, soprattutto nei giovani, è la cosa che più mi motiva ed entusiasma». Di poche settimane fa l’annuncio del riconoscimento “EHMA Best Practices 2020” dell’European Hotel Managers Association ad Antonella per il supporto esteso alla comunità durante l’emergenza Covid-19. Tre i progetti gestiti: la messa a disposizione di camere per l’isolamento di persone positive, l’appello alla solidarietà Marriott Winter Cold Emergency (insieme alla Croce Rossa e a Federal56
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«Oggi la sfida per il nostro settore è quello di rialzarsi finanziariamente, investendo nelle strutture e nella formazione, e rinnovando l’offerta per adeguarci alle nuove esigenze in un mondo dove il cliente è sempre più informato e selettivo. Altrettanto importanti sono la digitalizzazione, il risparmio energetico e i protocolli di salvaguardia ambientale come il plastic free. Dobbiamo essere dinamici e costantemente protesi verso nuovi trends…” Come fa Antonella Ferro a combattere l’inevitabile stress del suo ruolo? «Il mio antistress è ascoltare il silenzio camminando nella natura, e mi piace leggere libri che mi possano ispirare alla crescita personale e a stimolare nuove idee». Un sogno nel cassetto? «Si…più di uno. Vorrei riprendere a suonare il pianoforte per divertirmi - lo devo anche a mio marito e alle mie figlie che pazientemente aspettano sollecitandomi. E sogno di viaggiare e vivere con più tempo per me e per le persone care».
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IL PONTE DELLA MUS testo e foto di diNo laTella
UN aRco lUNgo 190 meTRi coN 2.000 ToNNellaTe di acciaio sospeso sUl TeveRe, meTTe iN collegameNTo TRa loRo alcUNi lUogHi dedicaTi alla cUlTURa: l’aUdiToRiUm paRco della mUsica, il maxxi e il TeaTRo olimpico e aNcHe coN il complesso spoRTivo del foRo iTalico, qUesTo è il poNTe della mUsica a Roma. 58
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Roma
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IL PROGETTO È STATO VINTO DALLO STUDIO LONDINESE BURO HAPPOLD LO STESSO CHE HA RIDISEGNATO TIMES SQUARE A NEW YORK. Il suo nome è legato alla presenza del vicino Auditorium Parco della Musica, opera di Renzo Piano, ed è dedicato al compositore romano Armando Trovajoli, autore del famosissimo brano “Roma non fa la stupida stasera…”. La realizzazione del Ponte della Musica è costato circa 8 milioni di euro, pensato per il traffico pedonale e ciclabile, è uno dei pochi sguardi moderni realizzati a Roma negli ultimi anni. Unisce nella costruzione materiali diversi come l'acciaio, il calcestruzzo ad alta resistenza, il cemento armato e il legno, ma si distingue per i due grandi archi ribassati in acciaio, inclinati verso l'esterno, che hanno la funzione di sorreggere l'impalcato metallico sospeso sul Tevere. Si stacca cromaticamente con il suo chiarore da un lato dal verde di Monte Mario, e dall’altro dai palazzi del quartiere Flaminio. È il più giovane ponte di Roma, anche se viene erroneamente paragonato al Ponte Nuovo che si trova tra i quartieri Ostiense e Garbatella, ma quest’ultimo è un cavalcavia ferroviario e non un
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ponte sul fiume. Nel tratto del Tevere su cui oggi sorge il ponte, era già prevista una costruzione nel Piano Regolatore di Roma del 1929, ma bisogna aspettare il 2000 perché venga bandito il concorso per l’appalto del ponte, poi inaugurato il 31 maggio del 2011. In breve tempo è diventato, non solo una zona di transito, ma un luogo di incontro, qui la gente passeggia, legge, si bacia, fa sport, balla, guarda scorrere il fiume, ed è uno spazio amato particolarmente dagli appassionati di skateboard. Così gli skater romani hanno già messo in piedi uno skatepark spontaneo all’ombra del ponte, autorganizzandosi e rendendo lo spazio sotto il ponte “skate-abile”, realizzando artigianalmente dei percorsi dove possono esibire la loro abilità e oramai rappresenta un vero e proprio paradiso per gli amanti della tavola con le rotelle. Ricorda un po' il set principale del film “Paranoic Park” di Gus Van Sant, ma con un tono decisamente meno malsano.
ponte Della musica lato monte mario
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IL PONTE DELLA MUSICA AMA LE ROTELLE
ponte Della musica vista Dal Basso Gli adolescenti hanno fatto del Ponte della Musica un luogo di ritrovo, in pratica sostituisce “il muretto”, sotto le arcate del ponte passano il tempo libero chiacchierando in gruppo. Grazie a tutta questa vivacità, da poco è stato deciso di realizzare uno Skate Park “ufficiale”, visto che il progetto del Teatro della Musica dove vivere sotto il ponte e che è costato ai romani all’epoca dell’ex sindaco Gianni Alemanno 1 milione e mezzo di euro, è stato ormai abbandonato. Le pareti dell’area sottostante il ponte sono state completamente dipinte da artisti di Street-art con grandi graffiti dai colori acidi, come si conviene a un ambiente frequentato principalmente da ragazzi, cambiando così il volto di questo spazio, e dandogli un’ulteriore sferzata di vita. Se sotto gli archi è il regno degli skater, sul ponte vero e proprio s’incontrano lettori che appoggiati sulle strutture in acciaio s’immergo nella lettura baciati dal sole in tutte le stagioni, s’incontrano coppie di innamorati di tutte le età, che si scambiano promesse di eterno amore guardando il Tevere scorrere sotto il ponte. Ma è anche uno spazio dove i genitori portano i figli a imparare i primi rudimenti dell’andare in bicicletta, o sui pattini, insomma un luogo dove la mente e il corpo si possono rigenerare con un ampio spettro di possibilità. Un luogo che vive tutto l’anno, non conosce stagioni, infatti puoi incontrare gruppi che, in pieno inverno e a tutte le ore anche quando il sole non c’è più, s’impegnano in attività di crossFit ad alta intensità, incuranti del freddo e della pioggia, in pratica una palestra a cielo
aperto. Durante il periodo delle restrizioni covid, il ponte è diventato uno dei luoghi di ritrovo possibili, ma già prima era un luogo di incontro per le più svariate attività sportive, da energetici e tonici giovani alla più meditativa pratica del tai-chi, a personal training con il proprio allievo/a, a danze di gruppo o coppie di ballerini di tango, perfino acrobatiche ragazze sui tessuti aerei quasi da imitare le spettacolari esibizioni del Cirque du Soleil, insomma uno spettacolo continuo e per tutti i gusti. Però questo spazio vive anche una situazione di degrado: bottiglie, cartacce, sporcizia e giacigli di fortuna sparsi, non sono rari, ma associazioni di cittadini e skater, periodicamente, raccolgono i rifiuti e cercano di tenere più pulito possibile questo spazio. Il tramonto qui regala un’atmosfera speciale e unica, ma pure una passeggiata serale è un’ottima idea per rilassarsi in un luogo particolare dopo una giornata vissuta nella faticosa città di Roma. Oggi il ponte della Musica è certamente il più fotografato di Roma, set di servizi giornalistici, di selfie e di shooting dai più variati temi: da aspiranti fotomodelle a matrimoni multietnici. Spesso il ponte si è trasformato in un set cinematografico, il film “Lo chiamavano Jeeg Robot” si conclude proprio lungo le sue ringhiere con una esplosione degna dei migliori film di 007. Un ponte è un elemento sospeso sull’acqua che unisce, mette in relazione luoghi che altrimenti non sarebbero in contatto. Così il Ponte della Musica è diventato un angolo dove le persone si ritrovano per condividere momenti di puro piacere.
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SPAGNA CO
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OSTA BRAVA
testo di lUisa cHiUmeNTi
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CASAS PENJADES, GIRONA
ALL’ ARRIVO A GIRONA CI COLPISCE IL PONTE EIFFEL, PONTE IN FERRO DEL 1877, COSTRUITO PRIMA DELLA FAMOSA TORRE PARIGINA, SITUATO VICINO ALLE FAMOSE “CASAS PENJADES”, CASETTE PENDENTI SULL'ACQUA CHE SI AFFACCIANO SUL FIUME ONYAR Un rincorrersi di baie, cale e calette sul mare e all’interno fra colline più o meno elevate: ecco aprirsi dinanzi a noi una serie di dolci paesaggi naturali, porticcioli e piccoli borghi in provincia di Girona, in una atmosfera un po’ particolare, avvolta dal fascino di tradizioni e cultura. Ed è significativo ricordare quanti e quali artisti percorsero o soggiornarono in questo territorio: Chagall e le sue vivide impressioni di Tossa de Mar o Dalì che soggiornò nel famoso Triangolo di Dalì, a cominciare dall’interessante complesso del suo Teatro-Museo in Plaça Gala-Salvador Dalí, 5 a Figueres. Ma partiamo proprio da Girona, al cui arrivo ci colpisce il ponte Eiffel, il ponte in ferro, costruito nel 1877, prima ancora che l’architetto costruisse la famosa torre parigina. Esso è situato vicino alle famose Casas Penjades, casette pendenti sull'acqua che si affacciano sul fiume Onyar, in modo che i loro profili, come in uno specchio magico, si riflettano e ondeggino dolcemente nell’ac-
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qua. Appare più che giusto, guardandole, l’accostamento all’immagine di alcune case sull’Arno che ha portato a conferire a Girona l’appellativo di “Piccola Firenze”. E nel suo pur piccolo centro storico, il Barri Vell, circondato dalle mura, ecco succedersi i numerosi, storici monumenti: da El Call, in cui si trova il quartiere ebraico, articolato nella tipica successione delle stradine medioevali e dove oggi la sinagoga è offerta come luogo d’incontro per gli studiosi che frequentano l’importante centro di studi dell'università di Girona. Romanico-gotica, ecco stagliarsi la cattedrale con le sue due torri, una delle quali dedicata a Carlo Magno. E come sempre in Spagna, è la Rambla, che si svolge da Pont de Pedra e prosegue parallelamente al fiume Onyar, il luogo in cui i giovani si ritrovano per un aperitivo o ci si ferma per una bibita o una cena. Ma accenniamo allora alla cucina tipica della zona di Girona, in particolare segnaliamo almeno un piatto che coniuga mare
PONTE EIFFEL, GIRONA
e montagna attraverso le due identità di questa regione, il pollo con l’aragosta (anche in versione pollo con gamberi). Quella del pollame in particolare è una tradizione culinaria con radici antiche e uno dei piatti forti dell’entroterra è la gallina dell’Empordà arrosto, come pure l’anatra servita al miele, con le pere, con le rape o con le castagne. Infine un piatto altamente rappresentativo della zona, con evidenti riferimenti alla cucina medievale: le mele farcite di carne macinata e di salsiccia dolce, nello stupore gustativo dato dal dolce che incontra il salato. Ma perché non fare anche un delizioso spuntino con qualche fettina di formaggio, ad esempio il Mas Farrò, formaggio di latte crudo di pecora di un caseificio della Vall de Bianya, con pane casereccio. Ma per tornare agli artisti che hanno saputo cogliere tutte le “prelibatezze” che queste terre sanno offrire al visitatore, dalla natura all’arte al cibo, ecco stagliarsi dinanzi a noi l’interessante complesso del Teatro-Museo Dalí a Figueres. Dedicato interamente al grande pittore, con le sue opere, ma anche con quelle facenti parte della sua collezione personale, il museo ha aperto i battenti nel 1974, espandendosi di continuo nel corso degli anni ‘80. Il cuore della struttura è l'edificio, che aveva ospitato il teatro cittadino negli anni in cui
Dalì era ancora un bambino e che poi accolse gli allestimenti delle sue prime esposizioni pubbliche giovanili. Il vecchio teatro fu in seguito distrutto dai bombardamenti durante la guerra civile spagnola ed è rimasto in rovina per decenni, fino a quando Dalì e il sindaco di Figueres decisero di ricostruirlo come museo da dedicare al più celebre cittadino della città, nel 1960. Il museo occupa tuttavia anche alcuni spazi ed edifici adiacenti al vecchio teatro. Oltre ai dipinti di Dalì, vi sono conservate anche sculture, collage, marchingegni meccanici ed anche una piccola selezione di opere di altri artisti, quali El Greco o Marcel Duchamp. Inoltre, una galleria è dedicata ai lavori dell’artista catalano, amico e compagno di Dalì, Antoni Pitxot, che divenne direttore del museo dopo la morte di Dalì, e di cui vogliamo segnalare almeno la assai poetica e davvero originale interpretazione del classico tema delle “Tre Grazie”! Dalí è sepolto in una cripta nel basamento del museo.
GLI ARTISTI CHE HANNO SAPUTO COGLIERE TUTTE LE “PRELIBATEZZE” CHE QUESTE TERRE SANNO OFFRIRE AL VISITATORE, DALLA NATURA ALL’ARTE AL CIBO EMOTIONS
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TEATRO MUSEO SALVADOR DALI, FIGUERES
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PORTLLIGAT
PORTLLIGAT
FIGUERES
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TOSSA DE MAR, ANTICO BORGO MEDIOEVALE, ADAGIATO SU UN PROMONTORIO E FREQUENTATO TUTTORA DAL MONDO DEGLI ARTISTI Entrando nel complesso, si è subito avvolti dal surrealismo di Dalì; già nell’atrio numerose appaiono stampe e sculture che danno corpo alla sua capacità di far intendere al visitatore il messaggio lanciato dalla evoluzione della sua visione surrealista del mondo circostante, travalicando tutti i numerosi vincoli che la società contemporanea tendeva ad imporgli. E dopo aver visitato il TeatroMuseo Dalí di Figueres, con la sua vasta e preziosa collezione surrealista, insieme con la collezione di gioielli “Dalí Joies,” la seconda tappa può essere la Casa-Museo Salvador Dalí di Portlligat, a Cadaqués, dove si può dare uno sguardo alla residenza-laboratorio di Dalí, con i mobili e oggetti personali del pittore. Come non restare affascinati dal piccolissimo porticciolo, pieno di minuscole barche bianche e azzurre, protetto da un lato da alcune rocce grigie, per entrare poi in quel complesso realizzato in sorta di labirinto, che Dalì e la moglie Gala crearono da un gruppo di case di pescatori. E tutto è a disposizione dei visitatori: dal giardino, alle camere, alla biblioteca, al laboratorio dell’artista. E infine si chiude il triangolo con la Casa-Museo Castello Gala Dalí di Púbol, che l’artista regalò a Gala per una promessa che le aveva fatto, sì da renderla ”regina di un castello”. E pensando a un altro grande artista, rimasto affascinato da questi luoghi, che considerava un vero paradiso, e cioè Chagall, arriviamo a Tossa de Mar, antico borgo medioevale,
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adagiato su un promontorio e frequentato tuttora dal mondo degli artisti. Splendide le spiagge e le calette che circondano Tossa de Mar, come Cala Futadera, Cala Bona con la spiaggia di Llorell e la spiaggia Grande di Mar Menuda. All'interno del territorio comunale svetta il Puig de Cadiretes (519 m) nell'omonimo massiccio, oggi elegante centro climatico. Antico insediamento romano col nome di Turissa, il borgo medioevale detto Vila Vella è quasi completamente circondato da mura turrite (sono 7 le torri con cammino di ronda percorribile) del XII secolo. Ma in alto si scorgono ancora le rovine della Villa Romana dels Ametllers (s. I a.C. - s. VI d.C.), con mosaici pavimentali di valore che riportano anche il nome del proprietario "Salvo Vitale Delix" e della località: “Turissa”. Tra i numerosi e affascinanti luoghi da visitare, una moderna località turistica dotata delle infrastrutture sportive più complete della Costa Brava, Sant Feliu de Guíxols, che è, dal 1994, gemellato con la nostra cittadina di Verbania. E segnaliamo un importante festival: il Festival Porta Ferrada, un evento catalano, ma anche un vero e proprio Festival mediterraneo ed europeo. Nato nel 1958 a Sant Feliu de Guixols, è il più antico festival estivo in Catalogna ed è veramente unico in Costa Brava per la grande varietà di discipline artistiche, presentate da artisti noti e da nuovi talenti presenti sulla scena locale, come su quella internazionale.
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KALEIDOSCOPE
47 CIRCUS ROOF GARDEN. Haute cuisine, vini premiati, mixology Una splendida terrazza nel cuore storico di Roma, all’ultimo piano dell’Hotel FortySeven, dove lo chef Antonio Gentile propone menù da suggestioni e colori partenopei accompagnati da vini premiati, e una sofisticata linea mixology ideata dalla giovane barlady Beatrice Oliviero. Tra ulivi e rampicanti profumati dai tavoli di 47 Circus, ombreggiati da ampi ombrelloni e riparati dai frangivento, l’occhio spazia verso monumenti iconici come il Foro Boario, il Tempio di Ercole Vincitore, Santa Maria in Cosmedin, il Teatro Marcello, la Sinagoga, il Campidoglio e persino le quadrighe dell’Altare della Patria. Un luogo da sogno a cielo aperto per aperitivi glamour e romantiche cene (il pranzo è servito di venerdì, sabato e domenica) dove lo stile classico dello chef rimane fedele alla qualità delle materie prime e alla loro stagionalità. All’ora dell’aperitivo una selezione di finger food accompagna le creazioni di Beatrice Oliviero che tra i cocktail della casa suggerisce quelli a base
www.maisonsanfilippo.it
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di gin, di cu e fruttato frutto dell Tra i più in Gentile d vegetarian uso di spe Tra gli an affumicat avocado, c richiamo genovese più rappre Tra i seco cotto sott
y e viste uniche su Roma antica
ui attualmente 47 Circus conta più di 50 etichette. Dissetante o il Passion Sour a base di London Dry, sciroppo di lampone, la passione e albume. nteressanti del panorama capitolino il percorso culinario di disseminato di specialità di pesce, carne e alternative ne, enfatizzate da sapori freschi e agrumati e con un sapiente zie e aromi, salse e creme. ntipasti il “Gambero rosso marinato, pralina di melanzana a, burrata e arance” e il “Battuto di pappa al pomodoro con cipolla rossa di Tropea e una cialda di olive nere di Gaeta”, un alla regione d’origine dello chef come gli iconici “Tortelli di di manzo, finocchi e provolone del monaco”, uno dei piatti che esenta la cucina di Antonio. ndi, best seller come la “Spigola al sale”, il “Rombo sfilettato, ovuoto con salsa Vignarola”, e il “Filetto di manzo, lattuga alla
https://www.47circusroofgarden.com
senape e crema di topinambur” e “Tartare di manzo al ragù napoletano, mentre come piatto green troviamo “l’Uovo 63°, crema di piselli, menta e tartufo nero”. Passando al dolce, ottimi i Tiramisù, Babà, Éclair, e un vero trionfo estivo la “Variazione di limone e zenzero con l’agrume giallo” declinato in lemon curd, meringa e sorbetto. Nell’Hotel FortySeven sono 61 le camere contemporanee, con un tema differente su ogni piano in omaggio al mondo del cinema, della moda e del design, della fotografia e degli iconici Anni ’60. Dieci le tipologie di stanze: dalle standard alle deluxe e dalle suite alle camere del quinto piano tutte con terrazza privata. Oltre al Roof Garden 47 Circus, l’Hotel vanta una sala biliardo, un’area relax con bagno turco, una palestra, una zona cinema/sala polivalente, un bar, una sala da tè e un bistrot.
Pamela McCourt Francescone
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Gianni Amerio Dario Corradino
a cura di Lavinia Oddi Baglioni, Stefania Severi, Rosa Ammaturo
ALTRAVIA La guida ufficiale all’Altra Via da Torino a Savona
Quaderni del Montevecchio UNA STRADA PARTICOLARE
200 chilometri tra vigneti, colline e monti partendo dal capoluogo del Piemonte per arrivare fino in Liguria: due escursionisti provetti, Gianni Amerio e Dario Corradino, guidano il lettore lungo un nuovo ed inedito cammino per una vacanza slow. AltraVia è un itinerario originale da Torino a Savona, nel verde, ricco di suggestioni e incredibili paesaggi che si aprono fino alla corona delle Alpi. Da percorrere a piedi o in bicicletta, attraverso Monferrato, Roero, Langhe e monti liguri. 200 chilometri, nove tappe, per vivere alcuni fra i territori più belli di due regioni: castelli, campi di battaglia, paesini arroccati sui colli, antichi fondi marini ricchi di fossili, fitti boschi e dolci colline, terreni capaci di donare eccellenze gastronomiche tutte da gustare e vini fra i più noti e apprezzati al mondo. Basta scegliere la chiave di lettura che si preferisce, e immergersi in un’avventura inebriante per conquistare la meta e il tesoro finale: la costa e l’incanto del mare. Sicuramente un’altra via nel panorama dei cammini e degli itinerari italiani, ma altra cosa rispetto alla maggior parte di essi. Altravia: in viaggio per un altro mondo.
Il Club Montevecchio, storica Associazione Culturale romana dovendo interrompere l’attività “in presenza”, per consentire ancora ai soci di seguitare comunque ad avere una partecipazione attiva e continuare a "fare cultura in allegria", ha ideato un Premio Letterario basato sull’invio di un breve elaborato sul tema: “Una strada particolare”. Con un lavoro analitico e appassionato le curatrici hanno quindi letto e selezionato i racconti, tutti orientati su ricordi ed esperienze personali vissute appunto lungo una “strada particolare”. Questo testo propone quindi al lettore i saggi vincitori e i più meritevoli, ai quali fra l’altro la pittrice Maria Pia Michieletto ha aggiunto, con molta intelligenza e passione, un’immagine in grado di illustrare quanto espresso nel racconto. Ed è così che possiamo segnalare come ella abbia saputo accostare ad esempio: “Un pezzo di cielo contemporaneo visto dal MART”, al racconto "Via Santa Maria" di Luisa Chiumenti o “La silenziosa strada assolata”, alla "Via dei Tre Orologi " di Anna de Stefano o il "Canal Grande" a “La strada d'acqua” di Michela Gambillara.
EDITORE MORELLINI
di Luisa Chiumenti
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