SOMMARIO APRILE | MAGGIO 2021
www.emotionsmagazine.com
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TERRA VIBRANTE DI TRADIZIONI CULTURALI
EMOTIONS
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SOMMARIO
IRLANDA
UN’INSOLITA GITA A DUBLINO
INDOCINA
ANTICHE CAPITALI REGALI
Direttore Responsabile Teresa Carrubba tcarrubba@emotionsmagazine.com Ideazione logo Ilenia Cairo
VERONA
A 700 ANNI DALLA SCOMPARSA DI DANTE
CHIOS
L'ISOLA PROFUMATA
Fotografi Anna Alberghina Giorgio Dracopulos Serena Eller Mirko Mondiali
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CONTEMPORARY CLUSTER
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BORGO PIGNANO
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IL “VINO” DI DANTE
GUJARAT
LE ETNIE NOMADI DEL KUTCH
FEBBRAIOMARZO
Collaboratori Anna Alberghina Luisa Chiumenti Pamela McCourt Francescone Mirko Mondiali
redazione@emotionsmagazine.com
KALEIDOSCOPE
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Progetto grafico e impaginazione Elisabetta Alfieri e.alfieri@emotionsmagazine.com
LIBRIEMOTIONS
Responsabile Marketing e Pubblicità Enrico Micheli e.micheli@emotionsmagazine.com Pubblicazione Rivista Online Paolo Milanese grafico@idra.it Editore Teresa Carrubba
Pubblicazione registrata presso il Tribunale di Roma il 27.10.2011 – N° 310/2011 Copyright © – Tutto il materiale [testi e immagini] utilizzato è copyright dei rispettivi autori e della Case Editrice che ne detiene i diritti.
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Emotions non si arrende. Il nostro team di gio si sa, viene sempre il sereno. E progettare, a
spirare la fede, la storia e le tradizioni cultu meata dall’induismo integrato a credenze an la patria natìa di Omero, scoprirà anche che
Pyrgi con il suo singolare stile di decorazione
tisco, o masticha, il cui tronco geme una pre vaggia della Grecia passiamo all’imponenza
Vietnam e Cambogia. Maestosi palazzi reali e
strali”. Tutt’altra storia quella raccontata da
seo sulla Storia del Nazionalismo Irlandese. N Mulini a vento, Chios
sui suoi soggiorni a Verona e sugli itinerari
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TERESA CARRUBBA
EDITORE, DIRETTORE RESPONSABILE
ornalisti continua a scrivere di turismo, un gesto apotropaico per esorcizzare la tempesta che si è abbattuta su di noi dopo la quale, breve o a lungo termine, rende il viaggio ancora più emozionante. Introdursi con passo discreto tra i sontuosi templi induisti per rerali del Gujarat, regione occidentale dell'India, fa capire come anche la vita delle etnie nomadi del Kutch, come i Rabari, sia per-
imiste e rituali magico-religiosi. Chi, attraverso la ricerca delle origini dell’antica letteratura greca individuasse nell’isola di Chios quella terra, all’estremo oriente della Grecia, a ridosso della Turchia, è uno scrigno di bellezze naturali e storiche. Dal villaggio di
e muraria, lo xystà, a disegni geometrici grigi su bianco, a Mastichochoria, la zona di Chios dove si concentrano le piantagioni di len-
eziosissima resina, fonte di prodotti i più vari: dalla cosmetica alla farmaceutica, fino alla gomma da masticare. Dalla natura seldegli antichi regni dell’Indocina: Luang Prabang, Hue, Phnom Penh, capitali di forte tradizione buddista rispettivamente di Laos,
e templi rutilanti d’oro, testimoniano un passato fastoso che ha lasciato tracce anche oggi, insieme alle tradizioni e ai “rituali ance-
a un inedito viaggio a Dublino, dedicato alla visita del New Goal, una ex prigione dalla storia drammatica oggi trasformato nel Mu-
Notevole il recupero architettonico. Emotions non poteva non far cenno ai settecento anni dalla scomparsa di Dante, soffermandosi
cittadini che mantengono le tracce dei suoi incontri e delle sue frequentazioni.
tcarrubba@emotionsmagazine.com EMOTIONS
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testo DI PAMELA McCOURT FRANCESCONE
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ANTICHE CAPITALI REGALI
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LUANG PRABANG, HUE, PHNOM PENH, CAPITALI SFAVILLANTI DI POTENTI REGNI IN LAOS, VIETNAM E CAMBOGIA, HANNO IN COMUNE MOLTO DI PIÙ DEI LORO AVVINCENTI TRASCORSI DINASTICI, SPLENDORI ARCHITETTONICI E FASCINO ESOTICO. Costruite su grandi fiumi - Hue sul Fiume dei Profumi, Luang Prabang e Phnom Penh sul grandioso Mekong - con morfologie urbane raccolte e forti tradizioni buddhiste, sono tra le destinazioni più autentiche e ammalianti del Sud-est asiatico. Sorgendo in luoghi di straordinaria maestosità, storia e spiritualità, sbalordisce la bellezza impareggiabile dell’architettura, dei palazzi reali e dei templi, e come non meravigliarsi dello stile di vita che ancora oggi, nonostante le contaminazioni del mondo esterno, viene gelosamente conservato insieme a usi e rituali ancestrali. Una devozione al passato che si manifesta nei costumi e nei mestieri, negli svaghi e nelle usanze, nelle tradizioni religiose e gastronomiche. Scanditi dai canti religiosi che si alzano dai monasteri dalle prime ore del mattino, i ritmi cittadini sono quelli di sempre, con momenti di raccoglimento davanti ai piccoli altarini delle case o lungo la strada. Per cogliere l’essenza di queste città basta tuffarsi nell’attività animata di un mercato locale mentre i venditori si affrettano nell’alle-
stimento della merce e del cibo: verdure e frutta fresca, carne e pesce, prodotti essiccati e spezie. Nel mercato di Luang Prabang ordinatamente stese sulle bancarelle e lungo i marciapiedi sono molte le prelibatezze che non necessariamente coincidono con i gusti occidentali come rane, serpenti, pipistrelli, ratti e lumache, appena cotti alla brace o pronti per essere portati a casa. Nel mercato Dong Ba a Hue, insieme ai banchi stracolmi di frutta e verdura si vendono i tradizionali cappelli a cono usati dai contadini vietnamiti, oggetti d’artigianato in ceramica e bambù e un vasto assortimento di bigiotteria e giocattoli. A Phnom Penh il Mercato Russo è un labirinto di vicoletti dove si vende di tutto, dalle pietre preziose alle motoseghe, e dove i sorrisi dei venditori valgono molto di più di un buon affare! Un ottimo motivo per alzarsi all’alba in queste città è quello di assistere alle processioni dei monaci buddhisti i quali, incamminandosi scalzi per le vie, raccolgono le offerte e gli omaggi dei cittadini.
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LUANG PRABANG - LAOS L’ANIMA PIÙ PROFONDA DI LUANG PRABANG RISIEDE NEI SUOI TEMPLI ...
Un momento mistico reso ancora più suggestivo dalla leggera foschia mattutina che avvolge le strade di Luang Prabang, distesa in una vallata nelle montagne centrali del Laos. Sorta come un raggruppamento di piccoli insediamenti intorno ai templi, dalla metà dell’800 l’agglomerato si arricchì dell’elegante architettura coloniale grazie ai francesi che avevano conquistato la regione. L’anima più profonda di Luang Prabang, un regno indipendente
nel 13esimo secolo, risiede nei suoi templi, e il Xieng Thong è l’esempio più spettacolare della splendida architettura locale, caratterizzata da lunghi tetti spioventi e frontoni incastonati con coloratissimi mosaici. Salendo il Mekong in barca fino alle grotte di Pak Ou, una ripida scalinata porta a un labirinto di grotte con centinaia di statue di Buddha. Storicamente il Laos era chiamato il Regno del Milione di Elefanti, e oggi lungo le sponde del grande fiume sono tanti i piccoli bar e ristoranti dove è facile cadere sotto il fascino dei modi lenti, cortesi e spensierati del popolo lao, degustando l’appetitosa cucina locale e l’eccellente Lao Beer.
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Hue - VIETNAM
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Hue - VIETNAM
HUE UNA CITTÀ DOVE LA POESIA E LA STORIA STENDONO UN VELO CHE INVOGLIA A SCAVARE NEI SUOI STRATI SECOLARI ... Hue, capitale dei re Nguyen per più di 250 anni è una delle destinazioni culturalmente più ricche del Vietnam, una città dove la poesia e la storia stendono un velo che invoglia a scavare nei suoi strati secolari. Lasciati in retaggio dai Nguyen splendidi templi, centinaia di pagode, e una cittadella regale all’interno di un fossato che, a sua volta, si trova all’interno di tre città forti-
ficate. Il modo più efficace per visitare la Città Proibita di Porpora, il complesso che fu la residenza della famiglia Nguyen, è di prendere un cyclo che si insinua nel traffico fermandosi sotto le mura arcigne della Cittadella. Assolutamente da non mancare la magnifica Tomba di Minh Mang nelle campagne non lontano dalla città. EMOTIONS
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Phnom Penh - CAMBOGIA
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Phnom Penh - CAMBOGIA
PHNOM PENH E’ UNA CAPITALE CHE SI PRESTA A ESSERE SCOPERTA LENTAMENTE, DAI RISTORANTI E BAR SUL SISOWATH QUAY, ALLE STRADINE STRACOLME DI NEGOZI E VENDITORI AMBULANTI ... Phnom Penh, la capitale cambogiana, fonde secolari influenze orientali e occidentali. Qui i francesi hanno costruito larghi boulevards e monumenti in stile come il Municipio e il Mercato Centrale, un grande edificio color ocra con una magnifica cupola. Il periodo Kmer viene ricordato nel monumento dell’Indipendenza che richiama i templi di Angkor Wat, mentre sono molteplici gli esempi di architettura “New Khmer” risalenti agli anni ‘50 e ‘60. E’ una capitale che si presta a essere scoperta lentamente, dai ristoranti e bar sul Sisowath Quay, alle stradine stracolme di negozi e venditori ambulanti, fino a salire la collina Phnom dalla quale la città ha preso il nome. Infiniti i tasselli del fascinoso patrimonio storico di questa ridente capitale. Si visita il Palazzo Reale, residenza del re King No22
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rodom Sihamoni, per ammirare il Pagoda d’Argento e il magnifico pavimento di 5.000 piastrelle d’argento, ciascuna del peso di un chilogrammo. Gettano ombre scure sulla città la prigione Tuol Sleng, dove venivano interrogati i prigionieri durante gli anni terribili del regime brutale di Pol Pot, e i campi di sterminio Choeung Ek. Ombre nefaste e penose che sono fondamentali per capire la storia recente della Cambogia; pagine che nessun cambogiano potrà mai dimenticare e che sono una lezione per il mondo, per capire come la forza d’animo e la tenacia di un popolo siano in grado di superare anche i momenti più bui, risorgere, e creare un nuovo mondo.
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GRECIA
CHIOS L’ISOLA PROFUMATA testo DI TERESA CARRUBBA
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KILMAINHAM-NEW GAOL
UNA TERRA LA CUI GRECITÀ AFFONDA NEGLI ARANCETI, NEI CORTILI A GIARDINO, NEI SAPORI MEDITERRANEI, NELLE CALETTE SOLITARIE COSÌ EMOZIONANTI DA TOGLIERE IL RESPIRO MA ANCHE NELLO SPIRITO ELLENICO DI CUI EMERGONO VIVIDE LE TRACCE... A dispetto delle diatribe sulla sua vita, sembra proprio che Omero, il primo tra i poeti epici, sia nato a Volissos di Chios, una delle splendide isole greche del nord-est dell’Egeo, a una nuotata dalla Turchia. Un’isola in cui la storia e la civiltà si mescolano agli effluvi del gelsomino, della zagara e della resina di masticha. “L’isola profumata”, come qui familiarmente la chiamano. Una terra la cui grecità affonda negli aranceti, nei cortili a giardino, nei sapori mediterranei, nelle calette solitarie così emozionanti da togliere il respiro, ma anche nello spirito ellenico di cui emergono vivide le tracce, nella stratificazione di culture antiche che qui hanno sedimentato conoscenze, tecniche, memorie, visibili nell’architettura, nell’arte e nelle tradizioni. Non solo mare, anche se per la sua bellezza di per sé meriterebbe un viaggio, Chios vive dunque il suo fascino soprattutto
nella storia. Negli straordinari villaggi medievali, spesso fortezze di avvistamento in cima alla collina, perfettamente mimetizzati con la roccia grazie al colore monocromo della pietra e all’assenza d’infissi colorati alle finestre, ridotte a fessura. Impressionanti, fermi nel tempo. Emblematico, Anavatos, al centro di Chios, di una bellezza irreale che incute quasi soggezione. Persino il nome la dice lunga: “inaccessibile”. Tant’è, per un tratto si raggiunge a piedi, lungo un sentiero aspro come tutto l’ambiente d’intorno, simile anche per gli altri villaggi medievali arroccati, che poi, si addolcisce in valli fertili di coltivazioni: ulivi, viti, agrumi e pistacchi, in pieno rispetto mediterraneo. Stessa emozione per Avgonyma, ai margini di una fitta foresta di pini, un agglomerato di casine-cubo color granito che da lontano si distinguono appena.
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QUI LE CASE SONO COLLEGATE TRA LORO DA CAMMINATOI, SCALETTE E ARCHETTI ... Chi arriva qui, non può non fermarsi a Nea Moni, il più importante monastero di Chios, monumento di storia e religiosità, costruito da famosi architetti di Costantinopoli su pianta ottagonale, tipica solo di Chios e Cipro.
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Tutto diverso, nonostante la stessa origine medievale, nei paesini come Vessa, in Mastichochoria, a sud dell’isola. Qui le case, collegate tra loro da camminatoi, scalette e suggestivi archetti costruiti con selci a punta di lancia, che chiudono le viuzze in stretti tunnel come da canoni dell’epoca, mostrano invece tutte le sfumature delle pietre e bellissime porte di legno “povero” intagliate a fregi e sormontate da cornici ad arco.
LE PIANTAGIONI DI MASTICHA Mastichochoria. Così detta per via delle fitte piantagioni di masticha, essenza autoctona ed esclusiva di Chios, che geme resina a tal punto preziosa e unica che in passato veniva utilizzata come danaro nel commercio esterno. Una produzione che è strettamente connessa con la storia dell’isola e con la sua prosperità economica del passato. E che tuttora utilizza le tecniche tradizionali. Oggi della “masticha” se ne fa uso in farmaceutica, in cosmetica, nella produzione dell’omonimo liquore e della gomma da masticare. Le piantagioni di mastica, oltretutto, regalano un paesaggio davvero suggestivo, fitto di questi alberi piccoli ed estremamente decorativi.
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QUESTO SPICCHIO ESTREMO DELL’ISOLA ATTRAE ANCHE PER UN SINGOLARE STILE DI DECORAZIONE MURARIA, LO XYSTÀ ... Qui la Grecia emerge prepotente nelle buganvillee che partono dagli orci per coprire i muri grezzi e nei filari di pomodorini appesi ai balconi ad asciugare al sole. Uno spunto in più per visitare il sud di Chios, oltre naturalmente a quello irrinunciabile del mare. Qui, nel punto più meridionale dell’isola, ci sono spiagge di straordinaria bellezza. Come la baia mozzafiato di Vroulidia. A guardarla dall’alto della roccia, l’acqua è così cristallina che una barca ormeggiata sembra quasi sospesa nell’aria! E la splendida spiaggia di Mavra Volia, con i suoi ciottoli neri, di origine vulcanica. Questo spicchio estremo dell’isola attrae anche per via di un singolare stile di decorazione muraria, lo xystà, influenzato dalla dominazione dei Genovesi. Una tecnica a “raschiamento” di disegni geometrici tradizionali, grigi su fondo bianco. Fulcro massimo di questo stile è Pyrgi, considerato il più grande e il più importante villaggio medievale di Chios, interamente decorato a xystà. Con effetto davvero spettacolare.
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La felice impronta dei Genovesi, qui nell’isola, è un po’ dovunque. Trionfa a Kampos, una zona residenziale esclusiva abitata dalla nobiltà locale a partire dal 14° secolo. Kampos, uno stupendo esempio di architettura rustica, protetto da un muro di cinta e da filari di ieratici cipressi, presenta elementi omogenei e distintivi, come l’uso delle pietre di Tymiana, rosso-terra e ocra, cancelli ad arco, casa su uno-due piani, cortile con cisterna, mangano e pergolato, aranceto o giardino coltivato. Una sorta di dependance “aristocratica” della città di Chios, la capitale, che vive la sua vivacità attorno al bellissimo porto, dal passato così fiorente da prender voce persino in Erodoto. La sua posizione strategica, che un tempo la favoriva nella rotta tra il nord Egeo e Costantinopoli, continua ad essere un vantaggio per lo sviluppo economico di Chios. Nella città, che nel Medioevo si accentrava attorno al Kastro, il bellissimo castello costruito sull’antica fortificazione bizantina, gli elementi antichi e le strutture moderne convivono in singolare armonia. Come in piazza Vounakiu, a due passi dal porto, dove una bellissima moschea vive la sua storia antica accanto ai caffè alla moda.
www.chios.gr
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Le etnie nomadi del Kutch 38
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INDIA
testo e foto di ANNA ALBERGHINA EMOTIONS
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IL GUJARAT, IL DISTRETTO PIÙ OCCIDENTALE DELL'INDIA, AL CONFINE CON IL PAKISTAN, È UNA TERRA VIBRANTE DI TRADIZIONI CULTURALI. La sua storia è un ciclico susseguirsi di invasioni e catastrofi naturali che hanno forgiato, nei secoli, i popoli che vi abitano. Il suo capoluogo economico e culturale è Ahmedabad. Fondata nel XV secolo dal Sultano Ahmed Shah che la adornò di splendidi monumenti indo-islamici, è oggi un caos indiavolato di mezzi motorizzati. Furgoni, motorini, tuk-tuk sfrecciano in una girandola infernale, sfiorandosi senza mai urtarsi, nel fragore dei clacson. Le vacche, sedute agli incroci, osservano imperturbabili l'umana follia. Famosa per la produzione di tessuti, Ahmedabad ospita il Calico Museum of textiles, una raccolta, unica al mondo, di preziosi
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tessuti indiani. Ad Ahmedabad si può, inoltre, visitare il Sabarmati Ashram che fu il quartier generale di Gandhi a partire dal 1915. Da qui partì, il 12 marzo 1930, la famosa “marcia del sale”, in segno di protesta contro il monopolio del Governo Inglese. Superato il Tropico del Cancro, lungo la strada che conduce a Patan, si possono ammirare due meravigliosi pozzi a gradoni. Il meglio conservato è il Rani-Ki-Vav, una straordinaria opera di ingegneria, unica nel suo genere. Il “pozzo a gradoni della Regina” non ha nulla a che vedere con il nostro concetto di pozzo. Si tratta, invece, di una gigantesca piramide “in negativo” che scende nelle viscere della
terra, un susseguirsi di balconi e gallerie istoriate con statue di divinità e personaggi mitologici. Qui le carovane trovavano ristoro nelle ore calde e potevano abbeverarsi con l'acqua raccolta sul fondo. Non lontano si trova un'altra testimonianza del regno della Dinastia Solanki, il Tempio del Sole di Modhera, costruito nell'XI secolo sulle sponde del fiume Pushpavati. Fu progettato in modo che i raggi del sole illuminassero, durante gli equinozi, l'immagine del Dio Sole eretta nel Sancta Sanctorum. Un passaggio segreto sotterraneo lo collegava alla città. Lasciatisi alle spalle gli ultimi centri abitati, il paesaggio cambia aspetto e diventa una landa disabitata dove l'unica risorsa è l'estrazione del sale dal sottosuolo. Il Little Rann of Kutch è l'ultimo rifugio degli asini selvatici, ospitati in una riserva naturale di 5000 Kmq. Schivi e curiosi, si muovono in branchi nella bruma mattutina. Ma sono le distese lunari del Great Rann of Kutch, una distesa arida ed inospitale che, durante il monsone, si trasforma in una palude salata, il luogo dove l'India mette a nudo la
sua anima più autentica. Rabari, Ahir, Bhils, Meghwals, Mochi, Jats, Marwar sono solo alcuni dei gruppi etnici migrati dall'Asia Centrale a partire dal VII secolo in cerca di pascoli e terre da coltivare.
LASCIATISI ALLE SPALLE GLI ULTIMI CENTRI ABITATI, IL PAESAGGIO CAMBIA ASPETTO ... Vivono in villaggi sparsi secondo uno stile di vita quasi medievale, come se, per loro, la storia si fosse fermata, come se le grandi zone industriali che deturpano il paesaggio non esistessero affatto. Le capanne di fango dalle forme rotonde (bhunga) sono costruite intorno ad una corte centrale. Le pareti interne sono interamente decorate con migliaia di specchietti che formano intricati disegni ed i muri esterni sono coperti da dipinti colorati. Culture a rischio, come tutte le minoranze. Culture i cui ritmi lenti stridono con un mondo che corre veloce in un'altra direzione.
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STATUE IN PIETRA DEL RANI KI VAV DONNE DEL KUTCH CON CARATTERISTICI ANELLI NASALI
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IL TEMPIO DEL SOLE DI MODHERA
LA MOSCHEA DI JUNAGARH
IL TEMPIO DI SWAMINARAYAN, GONDAL
IL TEMPIO DEL SOLE DI MODHERA
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UN PASTORE NOMADE RABARI
DONNA RABARI
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Tra tutti, i più affascinanti sono i Rabari, uno degli ultimi popoli nomadi del mondo. Allevatori di bestiame, soprattutto di cammelli, da più di mille anni solcano l'India nord-occidentale percorrendo antiche rotte.
LE DONNE SI DEDICANO AL RICAMO, MERAVIGLIOSA ESPRESSIONE DELLA LORO CREATIVITÀ Si pensa che questo gruppo, dalla peculiare fisionomia persiana, sia migrato dall'altopiano iraniano per spargersi, poi, nel Gujarat e nel Rajasthan. Il loro nome significa “outsiders”, coloro che vivono fuori dalle mura. Pur mescolandosi alle altre culture, hanno sempre mantenuto lo stile di vita tradizionale. Gli uomini migrano con le mandrie all'inizio della stagione secca alla ricerca di pascoli (Dang), per tornare al villaggio poco prima del monsone dove sono rimasti in attesa donne, vecchi e bambini. Nel tempo lasciato libero dalla cura della famiglia e degli animali, le donne si dedicano al ricamo, meravigliosa espressione della loro creatività, del loro senso estetico e della loro identità culturale, un vero linguaggio che codifica la tribù di appartenenza e lo stato sociale. Utilizzano colori vibranti che contrastano con la monocromaticità del deserto. Le bimbe imparano presto e, già in giovane età, iniziano a
confezionare il loro corredo. Disegni, punti e colori vengono tramandati di generazione in generazione. I loro splendidi gioielli in argento, oro e avorio, la pittura del corpo ed i tatuaggi che ricoprono collo, mani e piedi, soddisfano, senza dubbio, ancestrali ed artistici impulsi di decorazione ma racchiudono anche un significato magico-religioso. Le donne portano sul capo un lungo velo nero a disegni rossi (lobadi). Il petto è racchiuso in un bustino che lascia nuda la schiena ed è ricoperto da minuscoli specchi (mirror work) inseriti nel ricamo come difesa contro il malocchio. Gli uomini, invece, indossano ampi pantaloni bianchi, un giubbino plissettato sul dorso ed un enorme turbante. Sfoggiano grandiosi mustacchi e grossi fori nelle orecchie per ospitare gli orecchini dei giorni di festa. I Rabari hanno integrato le credenze animiste con la religione Induista. Secondo i miti, la loro origine è legata al Dio Shiva. La loro fonte di sussistenza è il bestiame che fornisce lana, latte e carne. I matrimoni vengono combinati all'interno della tribù fin dalla più tenera infanzia. Solitamente sono celebrati durante la festa di Gokulashtami, il compleanno del Dio Krishna. Li incontro lungo la strada per Bhuj. Bimbi, animali e stoviglie in precario equilibrio sul dorso dei cammelli. Ho l'impulso di seguirli, di unirmi a loro, di lasciarmi cullare dal ritmo dondolante della carovana. Ma è solo un momento. Si allontanano inesorabili, una fugace apparizione dai contorni già ondulati dalla canicola.
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DONNE DEL KUTCH MOSTRANO I LORO RICAMI
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LE BHUNGAS, CASE DIPINTE DEL KUTCH
UN SADHU, UN ASCETA
IL GUJARAT HA RAPPRESENTATO DA SEMPRE LA ROCCAFORTE STORICA DEL GIAINISMO ... Un viaggio in Gujarat non sarebbe completo senza l'esperienza di una notte trascorsa in un Heritage Hotel. L'Orchard Palace di Gondal, di proprietà di un'antica famiglia di Maharaja, è il luogo perfetto. Ampie camere da letto, salotti pieni di trofei di caccia, vecchie foto in bianco e nero, ricordi di viaggio, tutto evoca i fasti del passato. Lo splendido parco, dove si conserva la collezione di auto d'epoca insieme al vagone del treno privato della famiglia, ha fatto da cornice a numerosi film di Hollywood. Ottimo diversivo durante il viaggio è la visita della Riserva naturale di Sasan Gir, istituita agli inizi del '900 da un nababbo locale. Vi trovano rifugio gli ultimi esemplari di leone asiatico. Più piccolo del suo cugino africano, da cui si differenzia anche per il colore più scuro della criniera, il leone di Sasan Gir è un abile cacciatore. Qui ne vivono circa 400 insieme ad antilopi, cervi, stambecchi, cinghiali, leopardi e molte specie di uccelli. Un piccolo pezzo d'Africa nel cuore dell'India dove si può vivere appieno l'emozione del safari! Non bisogna dimenticare, però, che il Gujarat ha rappresentato da sempre la roccaforte storica del Giainismo, il movimento religioso dell'estremismo ascetico, dei santoni nudi e della nonviolenza esasperata. I suoi adepti indossano una mascherina sulla bocca per non uccidere i microbi e puliscono la strada con una scopetta per non calpestare gli insetti. Più che una religione è una filosofia basata sugli in-
segnamenti di Mahavira, un asceta vissuto nel VI secolo a.C. ll Giainismo, che non riconosce l'esistenza di un Dio Creatore, insegna che ogni essere vivente è un'anima eterna ed indipendente, responsabile dei propri atti. Conta all'incirca 8-10 milioni di fedeli. Molti Giainisti, in India, occupano posizioni importanti nel mondo degli affari e delle scienze. Lo stesso Gandhi ne fu influenzato ed integrò molti dei principi giainisti nella sua filosofia basata sull'assoluta non violenza. Uno dei principali templi e luoghi di pellegrinaggio si trova a Palitana, sulla collina di Shatrunjaya, nel distretto di Bhavnagar. Per raggiungerlo bisogna salire 3.800 gradini. Le monache, avvolte in veli bianchi, salgono a piedi nudi, quasi correndo, anche più volte al giorno. La loro vita è un lungo percorso di espiazione. Si strappano i capelli per imparare a sopportare il dolore, si sottopongono a continue privazioni e sono in grado di controllare pulsioni e desideri terreni. Tutto ciò ha lo scopo di accelerare il raggiungimento del Nirvana e della salvezza eterna. L'ascesa al tempio richiede più di due ore. Parto alle prime luci dell'alba per evitare la canicola, mescolandomi alla folla dei pellegrini. Il tempio è un vasto complesso di circa mille templi minori, guglie, pinnacoli, statue di marmo bianchissimo. Gli interni sono riccamente decorati. I soffitti a disegni geometrici sembrano pizzi. Ogni pietra racconta una storia millenaria. I fedeli, sostituiti gli abiti da cerimonia con semplici tuniche, si radunano per una preghiera od un canto corale. Ovunque sono sparse offerte di cibo che attirano sciami di vespe. Si respira una contagiosa aria di gioia ed aspettativa ma il mio cuore è rimasto accanto agli ultimi nomadi del deserto.
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Un’insolita gita a Dublino La visita a New Gaol, ex prigione, oggi Museo sulla Storia del Nazionalismo Irlandese testo e foto di MIRKO MONDIALI
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Un’insolita gita a Dublino L’IMPONENTE EDIFICIO, OGGI MUSEO SULLA STORIA DEL NAZIONALISMO IRLANDESE, È UNA TAPPA OBBLIGATORIA PER CAPIRE LA PIÙ RECENTE STORIA DEL POPOLO IRLANDESE CONTRO IL DOMINIO DELL’IMPERO BRITANNICO Arrivato all’aeroporto nella capitale Irlandese, ad aspettarmi c’era un sole splendido e caldo…visto dal finestrino dell’aereo! purtroppo appena aperto il portellone e sceso dalla scaletta, un vento gelido mi ricorda che le temperature in questo periodo dell’anno sono un bel po’ più rigide del tepore appena lasciato in terra spagnola. La mia ultima visita a Dublino risale a giugno 1990 e per le strade della città le mie orecchie erano cullate dalle note di “Nothing compares to You” della indimenticabile Sinead O’Connor e dai brani più in stile rock di “Sunday Bloody Sunday” degli U2. Ed è proprio collegandomi a questa ultima canzone, ed al suo significato, che mi accingo oggi, a 30 anni di distanza, ad intraprendere una visita più mirata nella città di Dublino andando a visitare, sotto consiglio di una amica residente, la terribile prigione di Kilmainham, detta anche New Gaol. Le carceri di Kilmainham si trovano ai bordi della città, ad Ovest, in direzione di Phoenix Park, il magnifico parco con i cervi liberi al suo interno. Si può raggiungere la prigione arrivando con il treno fino alla stazione di Heuston oppure scendendo alla fermata Suir Road della Linea Rossa con il bus. In entrambi i casi, una breve passeggiata vi separerà dalla vostra meta. La via più corta sarà da Suir Road, mentre la più interes-
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sante dal punto di vista del panorama, sarà quella che dalla stazione vi porterà a destinazione costeggiando il fiume Liffey, il principale corso d’acqua della città. L’imponente edificio, oggi museo sulla storia del Nazionalismo Irlandese, è una tappa obbligatoria per capire la più recente storia del popolo irlandese contro il dominio dell’Impero britannico. Chiamata New Gaol per distinguerla dalla vecchia prigione che dista appena 50 metri, fu costruita in 3 anni e completata nel 1795 e fino al 1924 fu considerata una delle carceri più terribili d’Europa. Arrivati davanti all’ingresso siamo subito colpiti dalla struttura in mattoni grigi, si presenta massiccia, davvero massiccia e non è facile capire il significato di questo termine finché non ci si trova davanti ad un edificio come questo che ne incarna alla perfezione le caratteristiche. Siamo accompagnati da una guida che parla un perfetto inglese, ben scandito e molto comprensibile. Il gruppo di cui faccio parte è composto da 12 persone di varie nazionalità: ci sono francesi, alcuni danesi, 3 argentini, un americano e me. La porta d’ingresso principale è piccola e stretta, uno spioncino grigio scruta il nostro passaggio dandoci il primo brivido della giornata. L’interno si presenta come un altissimo cortile chiuso, a ferro di cavallo, con le 100 celle di reclusione disposte su quattro piani che si affacciano tutti nell’androne, l’intera struttura è fatta di ferro e mattoni grigi.
KILMAINHAM-NEW GAOL
KILMAINHAM-NEW GAOL
Tutto è grigio qui dentro ed il verde meraviglioso che invade l’Irlanda è rimasto fuori, qui non è riuscito a penetrare. Ogni piano è collegato da passaggi e scale in ferro dipinto di grigio. Ogni cella è piccola e buia, in nessuna di queste è possibile veder la luce del sole e, dettaglio che mi ha fatto sentire di nuovo i brividi lungo la schiena, in molte di queste pareti sono presenti ancora le scritte dei prigionieri: alcune inneggianti alla politica, altre “semplicemente” dedicate con amore a qualcuno che stava fuori da quelle mura. Non erano state pensate delle celle d’isolamento ed in ogni stanza, grande circa 2 metri per 1 e mezzo, potevano starci fino a 5 persone. Niente elettricità e chiaramente, niente riscaldamento. Ad ogni stanza veniva consegnata una candela che doveva servire per una settimana come luce e, nelle notti più gelide, per scaldarsi.
OGNI CELLA È PICCOLA E BUIA E SONO PRESENTI ANCORA LE SCRITTE DEI PRIGIONIERI ... Fuori da questo alveare di celle, ci sono due particolari cortili dove i prigionieri avevano poco da uscire per svagarsi e prendere una boccata d’aria ma anzi, dove i prigionieri andavano a finire di soffrire: chi impiccato, come nel cortile degli Invincibili (dal nome dell’organizzazione segreta rivoluzionaria “ospite” alla New Gaol)
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oppure fucilati nel cortile delle Croci Nere (come nel caso dei capi dell’Insurrezione di Pasqua). La prigione è nota soprattutto come luogo di detenzione (e soprattutto di tortura) dei prigionieri politici condannati per reati contro la Corona ma per 120 anni è stata dimora di criminali, e presunti tali, di ogni tipo di crimine, dal furto di una mela all’omicidio più efferato, tutti insieme senza distinzione. Il trattamento peggiore però, fu riservato a coloro che guidarono le insurrezioni del 1798, 1803, 1848, 1867, e che, come avvenne per i 15 leader della Ribellione di Pasqua del 1916, furono alla fine giustiziati tra le sue proprie mura. Le atrocità di New Gaol proseguirono fino al 1924, seguì quindi un abbandono fino al 1960 e successivamente una ristrutturazione che trasformò questo carcere terribile nel museo ancora oggi aperto al pubblico. Si dice che gli ospiti più giovani siano stati una bimba di 7 anni (colpevole di aver rubato una mela ad un commerciante) ed un bimbo di 5 (colpevole di aver tirato un sasso ed aver rotto un vetro). Il Museo di Kilmainhaim si trova in Inchicore Road, è aperto tutti i giorni dalle 9:30 alle 18:00. Raccomando la visita di questo luogo con un minimo di preparazione e con il maggior rispetto possibile al luogo in cui ci si trova e nel quale molte persone, a ragion veduta o oppure no, hanno lasciato la vita.
PHOENIX PARK
NEW GAOL: DA PRIGIONE A SET CINEMATOGRAFICO Tra le curiosità si annotano il videoclip girato al suo interno dagli U2 nel 1982 per il brano “A celebration” ed alcune scene del film “Nel nome del padre” con l’attore Daniel Day Lewis candidato all’Oscar per la propria interpretazione.
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SANTA MARIA DELLA SCALA APRILEMAGGIO
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NELLA DIVINA COMMEDIA SI POSSONO TROVARE MOLTI RIFERIMENTI ALLA CITTÀ E AI SUOI PERSONAGGI STORICI
La città di Verona accolse il sommo Poeta per ben due volte e durante quei due soggiorni si stabilì uno stretto rapporto fra il Poeta e Cangrande della Scala. Dante soggiornò infatti presso i palazzi scaligeri, tra 1303 e il 1304 e poi ancora il 1313 e il 1318. Ne sono testimonianza anche le Arche Scaligere, l'impressionante cimitero monumentale dei signori della Scala. Oltre al sarcofago di Bartolomeo che per primo diede ospitalità a Dante, vi si trova anche la grande tomba di Cangrande, morto in circostanze misteriose nel 1329. Dante lavorò al servizio di Cangrande, redigendo lettere e testi, e compiendo missioni diplomatiche. A settecento anni dalla scomparsa di Dante, Verona, primo approdo del Sommo Poeta dopo l’esilio da Firenze, celebra l’importante anniversario con il progetto Dante a Verona 1321-2021. L'esule Dante soggiornò a Verona, città liberale e ghibellina, agli inizi del '300 sotto Bartolomeo della Scala e di nuovo tra
il 1312 e il 1318 durante la signoria di Cangrande. La permanenza di Dante a Verona, sua prima destinazione dopo l'esilio da Firenze, fu molto interessante. Egli vi rimase almeno sette anni, scrivendovi parte della Divina Commedia e vivendo appieno ogni sua valenza di poeta, letterato e intellettuale e nella Commedia, sono molti i riferimenti alla città e ai suoi personaggi storici. E quindi la sua presenza a Verona si trasforma in vera e propria “ narrazione della città stessa” comunicando così oggi un’intera “città dantesca” in tutti i suoi luoghi. E mentre lavorava alacremente alla “Commedia”, Dante, nei sei anni di permanenza a Verona, lavorò anche al servizio di Cangrande, redigendo lettere e testi, e compiendo diverse missioni diplomatiche, ma stringendo anche con lui un’ottima amicizia. Nel signore scaligero il poeta vedeva forse il suo ideale di forza militare, nobiltà d'animo e abilità politica. È di nuovo Cacciaguida a parlarne: « Con lui vedrai colui che ’mpresso fue, / nascendo, sì da questa stella forte, / che notabili fier l’opere sue / Non se ne son le genti ancora accorte / per la novella età, ché pur nove anni / son queste rote intorno di lui torte... / A lui t’aspetta e a’ suoi benefici; / per lui fia trasmutata molta gente, / cambiando condizion ricchi e mendici » (Paradiso - XVII, v. 76-90).
BASILICA DI SAN ZENO
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LA VERONA DI
Dante ARCHE SCALIGERE
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CATTEDRALE DI SANTA MARIA MATRICOLARE
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CASTELVECCHIO
PALAZZO BEVILACQUA
I LUOGHI DANTESCHI EMERGONO DALLA BIOGRAFIA E DALL’OPERA DEL POETA ... La prima volta che era stato a Verona ospite di Bartolomeo della Scala, Dante aveva incontrato Cangrande che all'epoca aveva solo 9 anni. La gente ancora non si era accorta delle potenzialità di questo bambino nato sotto il segno di Marte, che avrebbe compiuto grandi imprese e della cui benevolenza Dante avrebbe goduto. E’ da sottolineare come la città di Verona abbia avuto in Cangrande della Scala il protagonista indiscusso della sua storia medievale, ma di grande efficacia culturale è stato il rapporto di amicizia con Dante. E ancora oggi quel legame è simboleggiato nel cuore cittadino a cominciare dalla dimora di Cangrande nei Palazzi Scaligeri e dalla grande statua, ora oggetto di restauro, realizzata nel 1865 per celebrare il sesto centenario della nascita del grande poeta. I luoghi danteschi emergono dalla biografia e dall’opera del poeta e documentano la presenza di Dante a Verona, le sue fonti di ispirazione e i riferimenti alla città all'interno della Divina Commedia. Ed ecco così ad esempio una possibile passeggiata sulle orme del Sommo Poeta, iniziando dalla lettura di una targa posta all’interno del chiostro del Duomo ubicato in Piazza Duomo e facente parte di un complesso architettonico costituito, oltre che dalla Cattedrale di Santa Maria Assunta, anche dal Battistero di San Giovanni in Fonte, dalla Chiesa di Sant’Elena, dalla Biblioteca Capitolare, dal Museo Canonicale e dal Vescovado. Dante scelse proprio Sant'Elena, la chiesa dei canonici annessa alla Capitolare. E sulla facciata della chiesa di Sant'Elena un'iscrizione in latino ricorda la presenza di Dante che nel 1320 era nuovamente a Verona e, “in una fredda e nevosa serata, il 7 gennaio”, leggeva ai canonici e agli uomini di cultura veronesi la sua Quaestio de aqua et terra: vero e proprio trattato di fisica. Osservando il meraviglioso porticato con archi a tutto sesto poggianti su 2 colonnine con capitelli dorici eretto nella prima metà del XII secolo sui ruderi di due chiese paleocristiane del IV e V secolo e che ospita il Museo Canonicale, leggiamo la targa. Un’altra targa con citazione dalla Divina Commedia si può leggere all'interno dei palazzi Scaligeri dove Dante trovò ospitalità: « Lo primo tuo refugio e 'l primo ostello sarà la cortesia del gran Lombardo / che 'n su la scala porta il santo uccello; / ch'in te avrà sí benigno riguardo / che del fare e del chieder, tra voi due, / fia primo quel che, tra li altri, è più tardo» (Paradiso - XVII, v. 70). Sono le parole di Cacciaguida, antenato di Dante, che gli profetizza l'esilio e l'ospitalità che troverà a Verona. Il poeta lo incontra in Paradiso, nel Cielo di Marte o degli Spiriti combattenti per la fede. Il gran Lombardo è Bartolomeo. La scala è lo stemma degli scaligeri che ancora oggi si vede sui monumenti della città, affiancato alle ali d'aquila simbolo del vicariato imperiale degli Scaligeri. La descrizione dello stemma scaligero nella Divina Commedia coincide perfettamente proprio con l'aspetto del sarcofago di Bartolomeo all'interno delle Arche Scaligere. Nei pochi anni in cui Bartolomeo della Scala era signore di Verona e Dante soggiornava in città vennero ambientate le varie versioni di Giulietta e Romeo ed ecco visibile, sulla facciata della cosiddetta Casa di Romeo, la citazione dell'enigmatico passo della Divina Commedia in cui Dante parla di Montecchi e Cappelletti. Ma ecco Porta Borsari, sul tracciato su cui
si correva l'antichissimo Palio di Verona dalla cui vista Dante fu affascinato attraverso l'immagine della moltitudine di uomini che, per aggiudicarsi un prezioso drappo di lana verde, correvano a perdifiato sullo sterrato dell'antica via Postumia riproposto dal Poeta nella descrizione del supplizio del girone in cui incontra Brunetto Latini. E su un muro vicino a Porta Borsari, l'ingresso della città romana sul tracciato del palio, un'iscrizione ricorda i celebri versi. « Poi si rivolse, e parve di coloro / che corrono a Verona il drappo verde / per la campagna...» (Inferno - XV, v. 121-122). Ma Dante conosceva bene anche l'abazia di San Zeno, tanto che nel Purgatorio incontra un suo vecchio abate e forse la Porta dell’Inferno può essere ispirata, nelle figure emergenti dal bronzo scuro dei bassorilievi, al portale in bronzo di San Zeno: « Io fui abate in San Zeno a Verona / sotto lo ’mperio del buon Barbarossa, / di cui dolente ancor Milan ragiona » (Purgatorio - XVIII, v. 118-120). L'eredità di Dante a Verona va oltre i luoghi e i personaggi da lui frequentati. Nel 1315 la famiglia infatti lo raggiunse a Verona quando anche i figli Pietro e Jacopo, raggiunta la maggiore età, dovettero lasciare Firenze. Il figlio Pietro studiò legge a Bologna finanziato da Cangrande della Scala e si stabilì con la famiglia a Verona, presso palazzo Bevilacqua, tuttora esistente proprio di fronte alla chiesa di Santa Anastasia.
Siamo immersi dunque nelle celebrazioni di un anniversario di grande rilievo della letteratura italiana in cui Verona è al centro della ricorrenza nazionale con un programma di alto valore e grande impatto, così com’è presentato dal sindaco di Verona, Federico Sboarina e dall’assessore alla Cultura, Francesca Briani. E’ stato infatti avviato un ampio e articolato progetto Dante a Verona, segno tangibile di un importante lavoro sinergico tra tutte le istituzioni culturali del territorio, aderenti al Comitato scientifico, frutto di un protocollo di intesa che il Comune ha promosso tra diversi enti locali, nazionali e internazionali.
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Contemporary Cluster. Arte, d Pamela McCourt Francescone - Foto: Serena Eller
La Galleria Contemporary Cluster occupa tre piani di Palazzo Cavallerini Lazzaroni in via dei Barbieri, a fianco del Teatro Argentina nel cuore di Roma. Costruito nel 1676 per il Cardinale Giovan Giacomo Cavallerini, successivamente il palazzo diventò di proprietà della famiglia bergamasca Lazzaroni, la prima scuola dei sordomuti, la sede di Banca d’Italia e, in tempi più recenti, il negozio di design Spazio Sette. Fondato dal noto gallerista romano Giacomo Guidi, Contemporary Cluster è uno spazio per mostre e non solo: un contenitore
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po qu est un lav tav dim ca br
design, lettura e caffè in un palazzo barocco romano
oliedrico con il piano terra dedicato alla vendita di arredamenti, uadri, sculture e oggettistica vintage. Al piano intermedio si stende un arioso luogo d’incontro con comodi divani e poltrone, n ritrovo dove concedersi del tempo per rivedere un amico o per vorare, e che per Guidi è simile alla “sala lounge di un hotel”. Sui voli e sugli scaffali riviste e libri di editori indipendenti, in una mensione intima di stimoli visivi e olfattivi grazie all’angolo affetteria dove degustare l’ottimo caffè specialty Faro 100% rasiliano. Il piano più alto, il piano nobile e più sfarzoso, è
riccamente affrescato - tra le opere più belle una "Venere sul carro" di Giacinto Gimignani - uno spazio luminoso dedicato a mostre, installazioni ed eventi. La galleria è aperta dal lunedì al sabato dalle 10 alle 20 mentre, in linea con le restrizioni attuali sugli orari, l’angolo caffè chiude alle 18.00 VIA DEI BARBIERI 7 - 00186 ROMA TEL 06 68 308 388 www.contemporarycluster.com
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BORGO PIGNANO Luisa Chiumenti
…ecco le “Colline di Toscana, coi loro celebri poderi, le ville, i paesi che sono quasi città, nella più commovente campagna che esista”: così si esprimeva Achille Braudel (1902-1985) e ne può dare testimonianza, non lontano da città d’arte come Volterra e San Gimignano, il “Borgo Pignano”: “incantevole paradiso di pace e tranquillità”. All’interno di una tenuta circondata da 750 acri di natura incontaminata, il Borgo medievale molto ben restaurato offre al visitatore uno smagliante spettacolo naturale mozzafiato, percorso dai bei cavalli dell’allevamento, ma offre anche una ricettività raffinata, fatta di alloggi eleganti e confortevoli, circondati
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d e 2 fi u a l’ p t m
gustando l’amuse bouche (un radicchio rosso all'aceto) e frutti di bosco con purè di fave secche e olive leccine, cominciando dalla scelta di antipasti, primi e secondi di carne e di pesce elaborati dall’ottimo chef Vincenzo Martella (nella foto in basso a sinistra insieme a Giorgio Dracopulos), con ampia selezione di formaggi biologici toscani. E poi, mousse di latte di capra e vaniglia con fragole e cioccolato, tiramisù con salsa di caffè di cicoria e profumo di latte di mandorla, cheesecake ai lamponi con barbabietola candita e ancora: sorbetto ed una “quasicrostata” con frutta, verdura e gelato all'olio extravergine di oliva. www.borgopignano.com
Foto: Giorgio Dracopulos
Foto: Giorgio Dracopulos
Foto: Giorgio Dracopulos
da boschi, interrotti a tratti da uliveti, vigneti, coltivazioni di ortaggi e frutta per la “cucina a chilometro zero” del ristorante. Ma fu nel 2000, che Sir Michael Moritz, noto finanziere, investitore e filantropo britannico, rilevò il “Borgo Pignano”, trasformandolo, con un attento restauro, nell’attuale magnifica tenuta ed elegante Relais aperto dal 2007. La proprietà è composta da tre aree distinte: ’elegante Villa settecentesca con i suoi giardini all'inglese con piantumazioni tradizionali, conservati intatti dal Rinascimento a tutt’oggi, il Borgo, dinamico e vivace, e le case e le fattorie, rustiche, ma piene di comfort. Assai gradevole mangiare anche all’aperto
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IL ‘VINO’ DI DANTE Luisa Chiumenti
LA FORESTERIA SEREGO ALIGHIERI, FAMOSA TENUTA VITIVINICOLA IN VALPOLICELLA PER L’OSPITALITÀ DEI VIAGGIATORI
Siamo a pochi chilometri da Verona e dal Lago di Garda, la Foresteria Serego Alighieri è la meta per gli amanti della cultura enogastronomica e per i viaggiatori che prediligono il fascino rurale. Un atto notarile firmato da Pietro Alighieri, figlio del Sommo Poeta documenta l’acquisto da lui compiuto il 23 aprile del 1353, del vigneto Casal dei Ronchi nel paese di Gargagnago conosciuto come “il borgo di Amarone”. E’ davvero emozionante avvicinarsi a quella che è la più antica cantina della Valpolicella, tuttora attiva, con una produzione vinicola (l’Amarone e i vini del territorio), affidata a questa nobile famiglia che da 21 generazioni tramanda la passione per il vino e il suo territorio. 72
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IL ‘VINO’ DI DANTE Adagiata sui pendii situati fra la valle di Fumane e Sant’Ambrogio, proprio nel “cuore storico” della Valpolicella, la villa padronale, con le caratteristiche tipiche di una “villa veneta”, si trova al centro di ben 100 ettari di vigneti, uliveti e un grande parco, circondata dagli edifici rustici con gli antichi fruttai per l’appassimento delle uve dell’Amarone, la cantina di affinamento ed una limonaia. Pur modificata ed ampliata nel corso dei secoli, la villa ha mantenuto le caratteristiche architettoniche originarie particolarmente negli interni, dove si possono ammirare camini, stucchi, affreschi e mosaici, opere di artisti veronesi del secolo XIX. Negli anni Settanta la Serego Alighieri è entrata a far parte del Gruppo Masi, sotto la guida del presidente Sandro Boscaini, noto oggi come “Mister Amarone”. L’origine del doppio cognome “Serego” “Alighieri” risale al 1549, quando la famiglia Alighieri si ritrovò con sole eredi femmine e l’ultima di queste, Ginevra, si unì in matrimonio con Marcantonio della potente famiglia imperiale dei Serego. Da allora, entusiasti sostenitori della riforma agraria, della bonifica dei terreni e dell’aumento della produttività dei loro possedimenti, individuarono, con molta competenza, il giusto habitat per ogni prodotto e, negli anni Venti del Novecento, dopo la fillossera, Pieralvise Serego Alighieri istituì la Scuola di agricoltura a Gargagnago per il reimpianto di vitigni autoctoni locali. La Foresteria offre ospitalità ai viaggiatori, con otto appartamenti arredati con cura in stile signorile di campagna, completi di cucina e condizionamento, con vista sul parco e sui vigneti della tenuta. Se il luogo è perfetto per soggiornare in assoluta tranquillità e sicurezza, immersi nel verde, nella Rivendita sono a disposizione l’intera gamma di vini Serego Alighieri e Masi in degustazione e con i giusti abbinamenti ai piatti tipici locali. Ma l’ospite, oltre alla degustazione di vini, ad una prima colazione che comprende le confetture della tenuta, che viene servita nel giardino affacciato sul parco della Villa, può frequentare una Scuola di Cucina basata su piatti del territorio nel giusto abbinamento con il vino. Nascono così vini come l’Amarone Vaio Armaron - icona delle storiche tenute - vino importante, di straordinaria forza e complessità, un classico dell’enologia italiana. Proviene dall’omonimo vigneto da cui sembra derivi proprio il nome Amarone; anche qui l’elegante personalità è enfatizzata dall’uso della Molinara Clone Serego Alighieri e dall’affinamento in fusti di ciliegio. Le uve autoctone vengono sottoposte alla tecnica dell'Appassimento su “arele” o graticci di bambù per concentrare gli aromi, e i vini vengono affinati in botti di ciliegio come la famiglia fa da generazioni. E “Wine Spectator”, ha selezionato questo vino tra i dieci migliori vini del mondo nel 2015. La struttura vanta anche un’attrezzata Scuola di Cucina, luminose sale per convegni, nonché spazi per raffinati ricevimenti. Oggi, il Gruppo Tecnico Masi si impegna a difendere l'antico, nobile patrimonio enologico della famiglia. I vigneti di Serego Alighieri, ricchi di hummus e terra rossa depositati su calcari e argille eoceniche, producono vini di personalità, complessità ed eleganza uniche utilizzando uve autoctone della Valpolice, tra cui la Molinara Clone Serego Alighieri - e includono tre singoli vigneti: Casal dei Ronchi, Vaio Armaron e MontePiazzo. 74
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www.seregoalighieri.com www.masi.it
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Francesco Rutelli
TUTTE LE STRADE PARTONO DA ROMA EDITORI LATERZA 2020
Colpisce innanzitutto, fin dalle prime pagine
di questo testo, non solo l’amore, ma una sensi-
bile “vicinanza” tra Francesco Rutelli e la città di Roma, certamente per esserne stato Sindaco, ma
anche per esserne cittadino. E’ la Roma con tutte le sfaccettature con cui si articola la sua ani-
ma profonda: quella più remota del passato
ruolo a capitale di un impero, a quella di capita-
le d’Italia, a quella di moderna metropoli, che tuttavia sa stemperarsi nelle sue ampie strade
come nei vicoli più remoti, ma tanto vissuti. Ed
è proprio in tal modo che Francesco Rutelli sa esaminare la “sua città” nell’autenticità di tante,
importanti e affascinanti stratificazioni che l’Urbe ha saputo assorbire, elaborare e valorizzare
nel tempo. E infatti la partenza “da chilometro zero, sotto la statua di Marco Aurelio”, diventa
punto d’arrivo che dopo tanti secoli, “porta” i viag-
giatori a raggiungere Roma. Ma la città, se si of-
fre agli sguardi stupiti e ammirati di ogni suo visitatore, deve essere però, come esprime l’A. in
ogni passo del suo libro, capita fino in fondo ed
esaminata in quelle sue tante stratificazioni,
che vivono ovunque, nel centro come nelle periferie, laddove, come leggiamo nel titolo di uno
dei capitoli: “Spazio e Storia si intrecciano”.
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FEBBRAIOMARZO
Mariacristina Di Giuseppe
MAREMMANA NAVARRA EDITORE
La vita della protagonista staccata dal mondo esterno e chiusa a qualsiasi rapporto subisce un cambiamento radicale a contatto con una Natura molto speciale: umanità e Natura che si incrociano in una sorta di ristrutturazione reciproca verso una vera e propria “pace dell’anima”. Dapprima la descrizione del viaggio sulla via Aurelia, da Roma al castello di Santa Severa che porta l’A. al ricordo di una giovinezza spensierata su quella spiaggia, e poi, più avanti, sulla stessa via, l’apertura verso luoghi come la Diaccia Botrona. E’ qui che si capta la vitalità assunta dalla “Casa Rossa” costruita da Leonardo Ximenes, nel ‘700, per iniziare a portare avanti la bonifica dell'intera zona “Maremmana” appunto. Ed è così che noi stessi, come la Natura, ci possiamo trovare, come l’A., a quel particolare “giro di boa senza sapere in quale mare e su quale imbarcazione”. Colpisce Il viaggio pur breve che trasporta la protagonista a contatto con quella terra, dove le avverrà una personale esperienza nella ristrutturazione del vecchio casale, che ha in sé, nel linguaggio stesso adottato, il fremito ansioso di qualcosa di eccezionale che può “ cambiare la vita”. E l’A. sa dare vita autonoma al paesaggio facendone sentire il fremito nel divenire da terra paludosa, la più affascinante Riserva Naturale della Maremma. di Luisa Chiumenti