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SOMMARIO FEBBRAIO | MARZO 2022 www.emotionsmagazine.com
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FRANCIA
La Promenade des angLais La strada Più famosa di nizza
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SOMMARIO
NIZZA
LA PROMENADE DES ANGLAIS
ARABIA SAUDITA
ARABIA SAUDITA, foto di Anna Alberghina
LUNGO LA VIA DELL’INCENSO
Direttore Responsabile Teresa Carrubba tcarrubba@emotionsmagazine.com Ideazione testata Ilenia Cairo
IL RICETTO DI CANDELO
VIAGGIO NEL MEDIOEVO
CHARLESTON
CITTÀ VIVA, ROMANTICA E ANCORATA AL PASSATO
Progetto grafico e impaginazione Elisabetta Alfieri e.alfieri@emotionsmagazine.com
Collaboratori Anna Alberghina Luisa Chiumenti Pamela McCourt Francescone Paolo Ponga Annarosa Toso redazione@emotionsmagazine.com Fotografi Anna Alberghina Paolo Ponga Annarosa Toso
KALEIDOSCOPE •
PaLazzo seneca reLais & chateaux: L’unico albergo di charme stellato michelin in umbria
Responsabile Marketing e Pubblicità Enrico Micheli e.micheli@emotionsmagazine.com Pubblicazione Rivista Online Paolo Milanese grafico@idra.it Editore Teresa Carrubba
METAL MAN
GLI INCONTRI DI EMOTIONS: GABRIELE SIMEI
LIBRIEMOTIONS
Pubblicazione registrata presso il Tribunale di Roma il 27.10.2011 – N° 310/2011 Copyright © – Tutto il materiale [testi e immagini] utilizzato è copyright dei rispettivi autori e della Casa Editrice che ne detiene i diritti.
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A R T I C O L I
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E M O Z I O N I
L’auspicio è universale: che si torni a viaggiare. nel frattempo, come ormai da due anni, accontentiamoci di immaginarci ad esplorare lontani lidi o chicche di casa nostra. Possiamo finalmente scoprire i tesori dell’Arabia Saudita che solo recentemente ha aperto le porte al turismo. “Lungo la via dell’incenso” attraverso le antiche strade carovaniere che partivano dallo Yemen trasportando non solo la profumata resina, spezie e sete, ma anche la cultura. dall’antica città di madain saleh, che evoca fortemente la Petra giordana con le sue 131 tombe rupestri, a gedda, molto tradizionale nei costumi e nell’architettura caratterizzata dalle “grate in legno traforato che consentivano alle donne di guardare in strada senza essere viste”. tutt’altra atmosfera a Charleston, la città più antica del south carolina, con 2.800 edifici storici in otto diversi stili architettonici: coloniale, georgiano, federale, revival classico, revival gotico, italiano, vittoriano e art déco. da non mancare l’abbazia di mepkin, un monastero trappista nella contea
TERESA CARRUBBA
EDITORE, DIRETTORE RESPONSABILE
tcarrubba@emotionsmagazine.com
di Berkeley, immerso in un parco enorme, con boschi di conifere e di querce secolari. architettura diversa in costa azzurra, a Nizza, dove lungo la leggendaria Promenade des anglais corrono magnifici edifici di fine ottocento con la tipica impronta della Belle Époque e della nobiltà inglese e di gran parte dell’europa che desiderava possedere qui un palazzo per trascorrere la villeggiatura. tornando in italia, merita una visita il Ricetto di Candelo, in Piemonte, per un tuffo nel medioevo. un villaggio fortificato protetto per difendersi dai nemici e, in tempo di pace, utilizzato come deposito di prodotti agricoli. Le casette storiche, dette cellule, sono rimaste lì. circa 200, con le facciate a ciottoli di fiume, così come la pavimentazione dei vicoli. Le torri difensive attribuiscono al borgo un’aria fiabesca. Last but not least, per gli “incontri di emotions”, un’interessante intervista a Gabriele Simei, artista, scultore e designer che forgia i metalli in vere e proprie opere d’arte filtrate dalla sua ispirazione che può nascere dalla musica o dalla natura.
il ricetto di candelo, Piemonte
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ARABIA SAUDITA
LUNGO LA VIA DELL’INCENSO testo e foto di anna aLBerghina
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LA CITTÀ DI AL-'ULA
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ARABIA SAUDITA
LUNGO LA VIA DELL’INCENSO Una rotta in cui è fluita la storia dell’umanità. Vi transitarono cultura e leggende aPerta aL turismo da Pochi mesi, L’araBia saudita si sta trasformando con un ritmo a dir Poco sconcertante LA CAPITALE RIYADH
E
ccoci nel regno dei Saud, la dinastia che custodisce i due luoghi più santi dell’Islam, “la terra delle due sacre moschee”: La Mecca e Medina dove i non musulmani non possono mettere piede. Sovrani indiscussi, i Saud governano senza l’ausilio di un Parlamento e impugnano lo scettro dell’ortodossia islamica basata sulla dottrina wahabita. Qui con la religione non si scherza e vige un’intransigenza morale che si traduce in uno stile di vita severo e finanche ascetico. L’islamicità del regno è sottolineata dall’istituzione dei mutawwin i “commissari per la propagazione delle virtù e la prevenzione del vizio”, incorporati nel servizio civile a partire dagli anni ‘80. Ricorrendo talvolta anche a repressioni di tipo fisico, essi sono incaricati di sorvegliare l’osservanza dei precetti religiosi. Ma con la nomina a primo nella linea di successione al
trono del principe Mohammad bin Salman, le cose stanno rapidamente cambiando. Aperta al turismo da pochi mesi, l’Arabia Saudita si sta trasformando con un ritmo a dir poco sconcertante. Sospesa in un precario equilibrio, è ancora tenacemente aggrappata alle regole del deserto ma anche sospinta verso il progresso da un vento impetuoso. Le tracce dell’antica via dell’incenso sono sempre più labili con una meravigliosa eccezione, però: la necropoli nabatea di Madain Saleh. La via dell’incenso non era una semplice pista ma una delle rotte in cui è fluita la storia dell’umanità. Non vi transitavano solo merci ma anche cultura e leggende. Della favolosa resina favoleggiarono letterati e storici. Ce ne parla Erodoto, i Magi la recarono in dono a Gesù. L’incenso veniva usato come medicinale, nella cosmesi, nelle imbalsamazioni ed in tutte le funzioni sacre. EMOTIONS
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PRANZO DI LAVORO
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CENTRO CULTURALE SUPERTECNOLOGICO DI ITHRA
KINGDOM CENTER, RIYADH
Dal 1938 il destino di questo Paese è radicalmente cambiato in seguito alla scoperta del petrolio L’uso liturgico nasceva dalla convinzione che il suo aroma fosse gradito agli Dei. Le carovane che partivano dallo Yemen, puntavano verso nord. Facevano tappa prima a Medina, poi a Dedan, quindi a Hegra, oggi Madain Saleh, l’altra Petra, di cui restano 131 tombe in stile ellenistico, scavate nell’arenaria. Magnificamente conservate, le solitarie facciate delle tombe rupestri si ergono nel deserto come relitti di navi arenate sulla sabbia. Da qui i mercanti proseguivano attraverso il deserto di Hisma ed il Wadi Rum, in Giordania, per arrivare in Palestina, in Siria, in Egitto, in Mesopotamia e nelle città dell’Impero romano. L’albero da cui si ricava la preziosa resina è la Boswellia sacra che cresce solo sulle rive del Mar Arabico, nell’Hadramaut e nel Dhofar, grazie al microclima favorevole, legato all’umidità originata dallo scontro tra le abbondanti piogge, portate dal
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monsone estivo, e l’aria calda del deserto. Insieme all’incenso viaggiavano con le carovane anche spezie, sete, perle, avorio e pelli di animali provenienti dall’Oriente e dall’Africa. Oggi, però, tutto è cambiato. Neri nastri d’asfalto, percorsi da automobili di grossa cilindrata, solcano il deserto. I nomadi sono pressoché scomparsi. A partire dal 1938 il destino di questo Paese è radicalmente cambiato in seguito alla scoperta del petrolio di cui è il secondo produttore al mondo dopo il Venezuela. Arrivati a Gedda, sembra di essere sulla scena di un film. Il vestito saudita è fortemente simbolico e rappresenta il legame della gente con il retaggio beduino e con l’enfasi conservatrice islamica. Tutti gli uomini indossano il thobe, la tunica immacolata e la ghutra, il copricapo a quadretti bianchi e rossi. Le donne portano l’abaya nera, il volto nascosto dal velo, niqab, al fine di salvaguardare il loro pudore. Dal 2018 possono finalmente guidare e le vedo sfrecciare impavide nel traffico cittadino al volante di automobili di lusso! Tuttavia, sono ancora molte le cose che le donne saudite non possono fare senza il consenso maschile: sposarsi con uno straniero, aprire un conto bancario, avere un processo equo e godere dello stesso diritto ereditario degli uomini, viaggiare, interagire con uomini che non appartengono alla famiglia, ricevere un trattamento medico ed avere la custodia dei figli in caso di divorzio. Da poco, alle turiste occidentali non è più richiesto l’abbigliamento tradizionale, è sufficiente coprire braccia e gambe. Gedda, trafficato porto mercantile affacciato sul Mar Rosso, ha conservato intatto il suo fascino. Nei vicoli della città vecchia, dove è in corso un importante programma di restauro, le facciate delle case sono decorate dalle mashrabiya, le grate in legno traforato che consentivano alle donne di guardare in strada senza essere viste. Non si può parlare di Arabia Saudita senza ricordare Thomas Edward Lawrence, mitico personaggio conosciuto con lo pseudonimo di Lawrence d’Arabia. Agente segreto, militare, scrittore e archeologo britannico, viene ricordato come uno dei più controversi protagonisti dell’insurrezione delle tribù arabe contro la dominazione ottomana durante la prima guerra mondiale. In questo conflitto fu irrimediabilmente danneggiata la ferrovia dell’Hejaz di cui ancora si incontrano alcune stazioni. L’ambizioso progetto aveva lo scopo di trasportare i pellegrini da Damasco sino ai luoghi santi ma raggiunse, in realtà, solo la città di Medina.
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MADAIN SALEH
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NECROPOLI NABATEA DI MADAIN SALEH
MARID CASTLE DUMAT AL JANDAL
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QASR ZABAL
TOMBA NABATEA MADAIN SALEH
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Neom, la città del futuro La costa affacciata sul Golfo di Aqaba custodisce importanti reminiscenze bibliche. Qui Mosè, fuggito dall’Egitto, visse per un decennio e proprio su queste rive si affaccerà Neom, il grandioso progetto del principe ereditario. La “città del futuro”, estesa più o meno quanto la Sicilia, ospiterà residenze di lusso, esclusivi palazzi per la famiglia reale, spiagge con sabbia che si illumina e una luna artificiale. Sarà una città completamente tecnologica ed ecologica dove auto, bus e metropolitane viaggeranno sotto terra. Per realizzarla saranno necessari investimenti per circa 500 miliardi di dollari e verrà completata entro il 2030. Pura follia o il parto di una mente illuminata? Ai posteri l’ardua sentenza.
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A proposito di stranezze, che dire, poi, dei concorsi di bellezza per cammelli? Botox, silicone e filler di collagene per migliorare la forma del naso e delle labbra sono solo alcuni dei trucchi usati dagli allevatori per vincere premi milionari, nonostante i divieti. Insomma, viaggiare in questo paese è fonte di continue sorprese e richiede una buona dose di elasticità mentale. Si passa dai meravigliosi petroglifi preistorici di Jubbah, patrimonio Unesco, agli avveniristici grattacieli di Riyadh, dalle case di fango di Shagra e Ushaiger al centro culturale supertecnologico di Ithra sul Golfo Persico. Dalla preistoria al futuro in un batter d’occhi. Un’esperienza da non perdere. Benvenuti in Arabia. EMOTIONS
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South Carolina
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U N A C I T TÀ M O LT O V I VA , R O M A N T I C A E
F O R T E M E N T E A N C O R ATA A L S U O PA S S AT O
testo di Luisa chiumenti
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Natura e architettura si compenetrano in un’a
Charleston suggerirei di Percorrere a Piedi Le sue BeLLe strade costeggiate da rigogLiosi giardini e dagLi edifici con Logge e BaLconi caratteristici
A
rrivare a Charleston, nel South Carolina, dopo un intenso itinerario di viaggio fra i più arditi grattacieli di Chicago o New York, provoca davvero un’emozione singolare. Una città orgogliosa del suo passato - pur risalente soltanto al Settecento -, che conserva con una cura e un’attenzione davvero eccezionali. E se il tour in carrozza è imperdibile, tuttavia suggerirei a chiunque volesse penetrare appieno nella sua atmosfera, di percorrere a piedi le sue belle strade costeggiate da rigogliosi giardini e dai tipici edifici che su di essi si aprono in logge e balconi caratteri-
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stici, e penetrare anche in quelle stradine laterali, pavimentate con i sampietrini e punteggiate dalle lanterne a gas sui portoni. Ma prendendo poi la carrozza (palmettocarriage.com), un tour di oltre un’ora può condurre a scoprire tanti altri angoli cittadini. Tra King Street, la via dello shopping e dei ristoranti, la Broad, Meeting e Market Street, la via del mercato appunto, che, mentre di giorno ospita i ragazzini che intrecciano le foglie di mais sui marciapiedi ricavandone rose e cestini, di notte accoglie i giovani della movida. La seconda domenica di ogni mese è stabilita la chiusura al traffico e ogni spazio
atmosfera gioiosa senza dimenticare il passato IL LUNGOMARE
viene invaso dai tavolini dei bar e dai musicisti di strada. Ed ecco una delle case, immerse nel verde di un giardino rigoglioso: la Calhhoun Mansion, al numero 16 della Meeting Street, semplice nei suoi ballatoi e tipiche logge esterne, quanto affollatissima al suo interno, per l’elevato numero di oggetti collezionati da ogni parte del mondo. Sembra incredibile che la mansion possa essere abitata dai proprietari in un normale vivere quotidiano, ma ci si deve subito ricredere quando la guida accompagna i visitatori nella bellissima sala della musica, luminosa, ariosa e pronta ad accogliere con un dolcissimo sottofondo musicale. E’ da queste sensazioni che si coglie il fascino di questa città, dove natura e architettura si compenetrano in un’atmosfera gioiosa, senza dimenticare il passato. Charleston è chiamata anche “The holy city”, la città santa, per le numerosissime chiese, e perché fu una delle poche colonie a professare la tolleranza religiosa nei confronti di tutte le fedi protestanti. Ma allontaniamoci di pochi chilometri su una strada immersa nei boschi e raggiungiamo, nel comune di Moncks Corner (nome derivato da quello di una famiglia in-
glese che prese residenza nel luogo), l’Abbazia di Mepkin, il monastero dei Trappisti, immerso in un vastissimo parco, con boschi di conifere e di secolari querce, dove si incontrano laghetti, canali, brevi colline e radure. Un vero sogno che si offre al viandante per un riposo, una riflessione, una meditazione. Non a caso infatti i monaci cistercensi scelsero per la loro abbazia il nome indiano di “Mepkin”, che significa “sereno incanto”, seguendo peraltro la tendenza cistercense di scegliere toponimi che esprimessero “freschezza, pace, chiarezza”. Nella lunga lista dei proprietari di Mepkin figura anche Henry Laurens, presidente del Congresso Continentale negli anni immediatamente successivi alla dichiarazione dell’indipendenza, sepolto con tutta la famiglia tra le mura del monastero. Mepkin si trova a 400 km, a sud di Holy Spirit e a soli 40 km dal mare. I monaci sono giunti a Mepkin da Gethsemani, nel 1949, e si sono posti subito al lavoro sulla tenuta donata loro dai coniugi Boothe Luce, lei, nota scrittrice di drammi, convertita al cattolicesimo nel 1946, lui, fondatore ed editore delle due riviste Time e Life. EMOTIONS
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LA FONTANA DELL’ANANAS NEL PARCO DEL LUNGOMARE
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Charleston
Charleston è chiamata anche “The holy city”, la città santa, per le numerosissime chiese, fu una delle poche colonie a professare la tolleranza religiosa Essi hanno continuato, in un primo momento, la coltivazione del riso, tradizionale nel luogo; poi, hanno dovuto gradatamente adeguarsi all’evoluzione dell’economia. Oggi, vivono soprattutto con il ricavato dalla vendita delle uova. Grande è l’amore dei monaci per il luogo e la loro disponibilità nel comunicare ai visitatori la sua bellezza, accogliendo nei nuovi complessi costruiti di recente, visitatori che vi si possono fermare per svolgere studi e ricerche nella biblioteca e l’archivio (muniti di ogni sofisticato strumento tecnologico) e nel bel Museo intitolato a Ugo Tesoriere, che custodisce tutte le opere (tele e acquerelli di paesaggi e ritratti), accuratamente ordinate da Celia Cerasoli, alla morte dell’Artista, avvenuta a Roma, nel novembre del 2000, mentre si stava allestendo una sua grande mostra personale. La preziosa “Tesoriere Collection” (a Treasure for Mepkin) conta ben 400 dipinti e numerosi lavori su carta. Gli edifici monastici non hanno pretese architettoniche: sono strutture basse e piatte, muri in mattoni leggermente spaziati tra 28
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loro per l’aerazione, nascosti tra i giganteschi alberi curvi sotto il peso delle folte chiome e dei lunghi ciuffi di muschio pendulo. Per avere una vista panoramica dell’intero complesso, è necessario porsi sulla sponda opposta del fiume. Ed ora diamo uno sguardo alla particolare “cultura del cibo biologico”, che si è fatta strada velocemente nel territorio di Charleston. Accanto a catene di fast food come Wendy’s, troviamo infatti ristoranti dove lo chef seleziona una per una le migliori fattorie locali: i pomodori verdi (che poi diventeranno fritti) li produce Bill, i pickle (ovvero i cetrioli sottaceto, in versione fritta anche loro) si possono comprare da Jack. Biscuits and Gravy, sorta di panini ricoperti di una salsa con grasso di maiale, grits (una specie di porridge arricchito di burro), vongole, granchi, ostriche (crude o cotte al forno), gamberi (fritti e no), pimento - cheese, ovvero un mix di formaggio cheddar, maionese e peperoncini, sono alcune delle specialità. Ma tutte queste calorie si possono smaltire facilmente frequentando assiduamente i numerosi campi da golf, o praticando il trekking o il rafting. La ricettività è ad altissimi livelli; basti menzionare il Charleston Place (www.charlestonplace.com), un albergo di proprietà dell’Orient-Express, con uno dei più esclusivi ristoranti di tutta la Carolina. Tra questi notissimo è il Magnolia’s (www.magnolias-blossom-cypress.com), con i famosi “pomodori verdi fritti” e tutto il meglio della cucina del Sud; ma ancora, se si vuole avere una vista sulla bellissima baia, ecco il Fleet Landing (www.fleetlanding.net), e qui è auspicabile godersi un bel giro nella baia in barca a vela, possibilmente al tramonto, con i delfini che nuotano sulla scia (www.schoonerpride.com). Chi abbia la fortuna di godere dell’ospitalità diretta in una delle case private di Charleston, si renderà subito conto di venire accolto come un amico di vecchia data, perché gli abitanti di Charleston mostrano il piacere di farti sentire a tuo agio completamente.
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IL MOLO DI EDWIN TAYLOR
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LO STORICO QUARTIERE FRANCESE
Spoleto Festival USA
Se ci si trova in città durante il Festival che è associato con il nostro Festival di Spoleto, sarà senz’altro piacevole, dopo un concerto, ascoltato nell’auditorio della Festival Foundation, passeggiare tutti insieme, chiacchierando gradevolmente fino alla villa che ha organizzato il ricevimento del “dopospettacolo”. Ed è qui che l’ospite si accorgerà di essere “importante”, e gradito, perché ognuno dei presenti scambierà con lui una parola, un commento, una frase di benvenuto.
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ARTHUR RAVENEL JR. BRIDGE
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sosPe richiam
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gLi incontri di emotions
METAL MAN testo di PameLa mccourt francescone
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GLI INCONTRI DI EMOTIONS
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METALLILEGNOUTENSILI, 2011
«Mi piace raccontare quello che c’è intorno a noi. Lavoro Sottotevere, in un angolo recondito di Roma con vista sulla splendida facciata dorata della Basilica di San Paolo, e mi dedico con passione alla sperimentazione e ai misteri dell’alchimia dei metalli, traendo ispirazione dalla bellezza della natura»
P
er Gabriele Simei, classe 1967, artista, scultore e designer che ha conseguito gli studi in pianoforte prima di seguire le orme del padre artigiano nel loro studio sulle sponde del fiume Tevere, svelare gli enigmi latenti nei metalli poveri è una sfida appassionante e inesauribile. «Grazie anche ai grandi personaggi dell’arte e dell’architettura che ho avuto la fortuna di conoscere, il mio percorso artistico è una continua sperimentazione sulla materia e sul disegno, da cui scaturiscono esperienze personali e nuovi linguaggi da esplorare». Sin dai tempi antichi l’uomo ha subito il fascino dei metalli, e l'alchimia - l’antica scienza della trasformazione delle cose - aveva come fine la metamorfosi di metalli vili come il ferro, il rame e il
piombo, in metalli nobili come argento e oro. Una scienza nata sotto i Tolomei, la dinastia macedone che ha fondato Alessandria d’Egitto nel 300 a.C. Simei, usando le stesse sostanze - acido, aceto, sale e persino urina e le tecniche di lavorazione che venivano adoperati dagli artigiani di duemila anni fa, plasma metalli come il ferro, l’ottone e l’acciaio per realizzare sculture, strutture plastiche, installazioni, oggetti di design, gioielleria e mobili contemporanei con ferro e inserti di altre materie naturali. «Mi piace molto giocare con la scala, con la trasformazione delle dimensioni e con il movimento, perché i metalli si piegano non solo sotto il colpo del martello del fabbro, ma anche all’immaginazione dell’uomo». EMOTIONS
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SOTTOTEVERE FOLIAGE, 2021
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INSTALLAZIONE CONCHE, REGGIO EMILIA Nel 2004, la prima mostra in una fabbrica dismessa, con grandi lime di quattro metri in ferro e in legno. Nel 2007 le famose colonnine su Ponte Milvio dove gli innamorati appendevano cuori e lucchetti. «Per le colonnine ho realizzato la patinatura a ruggine, e i cuoricini saldati che sostenevano le catene. Per me erano molto di più di semplici pezzi di ferro. Erano custodi di sentimenti, casseforti di emozioni, guardiani di storie e di romanticherie». Un connubio tra musica e cosmo la serie di opere intitolate I Flussi a forma di pentagramma: linee ondulanti metalliche che nel processo di trasformazione subiscono un gioco d’incastro e di pressione con l’inserimento di sfere di misure, colori e materiali diversi. «E’ anche una visione cosmica che avviene per pressione, e il movimento avviene per natura: con il posizionamento delle sfere il metallo si piega secondo la dimensione. Evocano il movimento, lo scorrere della vita, la velocità delle forme. Gli equilibri leggeri delle sfere, sospese tra le stringhe di metallo, richiamano mondi infinitamente piccoli e infinitamente grandi». Come il grande portico due metri per tre in acciaio e ferro con sfere di pietra, metallo e vetro realizzato per la mostra del 2010 a Villa Torlonia. Nella stessa mostra le opere di dimensioni più ridotte, collocate nella Casina delle Civette, avevano sfere con un oculus che richiamava l’oc42
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FLUSSI, VILLA TORLONIA
www.gabrielesimei.it
chio sferico e lo sguardo fisso del volatile notturno. Dimensioni smisurate anche per la serie Foliage per la quale l’artista sfrutta la vegetazione che cresce in abbondanza sull’argine del Tevere e, col passare dei mesi si trasmuta in toni cangianti di rosso, ocra e marrone prima di cadere in terra. Un’ispirazione per Simei che seleziona con cura le foglie prima di posizionarle sotto pressione su lastre di metallo. «Trattati con sostanze corrosive e lasciate all’aperto, in concerto con la natura assumano una variazione infinita di sfumature, continuando a mutare colore mentre i corrosivi incidono il metallo». Le sfere Simei li trova nei mercati e non solo. «Essendo un elemento universale la sfera si trova facilmente. Io mi fornisco soprattutto in un’azienda di Praga - a Venezia i prezzi sono proibitivi - che vende solo sfere, di tutti i materiali, di tutte le dimensioni. A volte uso pezzi antichi, anche se cerco di non andare troppo sul decorativo. Per esempio per la mostra I Flussi a Villa Torlonia ho usato sfere di legno e metallo, vetrate dell’800, vecchie bocce che si usavano per giocare nel parco; amo portare un pezzo di tempo nelle mie opere. Il mio metallo preferito è il ferro, quello con il quale sono nato, e il cuore è stato una forma che mi ha molto coinvolto e che ho realizzato in pezzi alti due metri, ma anche a dimensioni ridotte, come i ciondoli di ferro grezzo da appendere al collo che si chiamano Core».
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LA PROMENADE D LA STRADA PIÙ FAMOSA DI NIZZA testo di annarosa toso foto di annarosa toso e archivio
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T T E , D I C O PA C A B A N A O D I M I A M I B E A C H
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La Promenade des Anglais la strada più famosa di Nizza
in un Lontano Passato non era certamente un Luogo sicuro, anzi qui aPProdavano Pirati e nemici o chiunque avesse avuto vogLia di conquista
N
el mondo la Promenade des Anglais è conosciuta come il lungomare più famoso non solo di Nizza, ma di tutta la Costa Azzurra. Ampio, gradevole, con l’immancabile spazio dedicato ai ciclisti, è sempre gremito di persone di tutte le età, dagli sportivi che corrono, agli anziani che passeggiano, ai bambini che s’intrufolano, qualche mendicante, innamorati che si baciano e grandi sognatori. E’ il simbolo stesso di Nizza e la sua fama è paragonabile a quella della Croisette, di Copacabana o di Miami Beach. In un lontano passato la Promenade, o meglio quel pezzo di lunghissima spiaggia, non era certa-
mente un luogo sicuro, anzi qui approdavano pirati e nemici o chiunque avesse avuto voglia di conquista. Ma dalla fine del secolo XVIII, Nizza divenne la meta preferita dei britannici benestanti che lasciavano, soprattutto per ragioni di clima, il proprio paese e venivano a godere del sole e di un tempo ideale per svernare. Ma non sapevano dove passeggiare perché il lungomare non era ancora facilmente accessibile. Erano necessari lavori per consentire l’accesso senza eccessive deviazioni o percorsi impervi. Lavori, che iniziarono nel 1822 con il consenso del comune e con i soldi della comunità britannica. EMOTIONS
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Sugli atti pubblici la via fu indicata come La Strada del Litorale, ma per i nizzardi dell’epoca era il Camin de Inglès fino a che nel 1844 nei futuri atti, diventò ufficialmente “La Promenade des Anglais”. Ed è in questo periodo che iniziò la costruzione di grandi e belle ville che daranno lustro a Nizza. Non solo verranno erette delle dimore nobiliari dagli inglesi, ma anche molte teste coronate di mezza Europa decideranno di avere a Nizza un posto prestigioso in cui passare del tempo. Inoltre tra la metà dell’Ottocento e i primi del Novecento venne inaugurata una linea ferroviaria che collegava Nizza alle principali capitali europee, moltiplicando così il numero dei turisti. In quegli anni iniziò anche la costruzione dei primi alberghi di villeggiatura, oggi nella maggior parte dei casi spariti o riattati. Ma alcuni hotel, come il Negresco, costruito nel 1913 e firmato da un famoso architetto dell’epoca Edouard-Jean Niermans, sono ancora sulla Promenade a fare bella mostra di sé. Nel 1891, fu costruito il casino Jalée-Promenade dove oltre a giocare si poteva danzare, ascoltare musica, bere e cenare. Fu un altro simbolo di Nizza, fino alla sua distruzione nel 1944 da parte delle forze di occupazione. Anche un ippodromo diede ulteriore lustro a Nizza che a questo punto, aveva tutto per offrire divertimento alla nobiltà e ai turisti di quei tempi. Ma la Promenade, come mezza Europa, visse il suo momento di declino dopo la prima guerra mondiale. Riuscì a recuperare la sua immagine in-
I Britannici hanno sempre considerato Nizza se non la loro seconda patria, un luogo che è cresciuto grazie alla loro costante presenza torno agli Anni Venti, grazie alla inalterata passione degli anglosassoni per il mare e per i primi sport nautici. I Britannici hanno sempre considerato Nizza se non la loro seconda patria, un luogo che è cresciuto grazie alla loro costante presenza. Quando la Promenade, nel 1931, fu ingrandita e abbellita con centinaia di palme, fu il figlio della Regina Victoria, il duca di Connaught con sua moglie la duchessa di Vendome, ad inaugurare la nuova passeggiata, per ricordare l’importante ruolo svolto dai britannici nella nascita della Promenade. Nizza è considerata la Capitale della Costa Azzurra. Inoltre la città è stata recentemente inserita dall’Unesco nella lista delle più belle e note Città di villeggiatura d’inverno. Questa nomination va a confermare la sua bella storia, che nei secoli si è rafforzata e che le ha fatto superare il trauma del tragico attentato avvenuto proprio sulla Promenade il 14 luglio del 2016, quando una folla festante per la festa nazionale francese, fu presa di mira da un terrorista alla guida di un tir. EMOTIONS
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LA PROMENADE DES ANGLAIS
Musée National Marc Chagall Abbiamo raccontato della Promenade, ma Nizza vanta ben altro come il suo Teatro dell’Opera, bellissimi edifici, panorami straordinari, un clima piacevole tutto l’anno, una cucina gustosa e mediterranea, musei di pregio, di cui dedicati rispettivamente a Matisse e a Chagall. Quest’ultimo fu inaugurato nel 1973 alla presenza di Marc Chagall che in quel giorno festeggiava il suo 86esimo compleanno. Il museo è l’unico al mondo che è stato allestito con la consulenza e l’attenta presenza dello stesso Marc Chagall che ha stabilito come e dove sistemare le sue opere. Il primo, in tutta la Francia, dedicato a un artista ancora vivente.
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IL SUO STRAORDINARIO STATO DI CONSERVAZIONE NE HA FATTO UN MONUMENTO UNICO E D
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I GRANDE VALORE PER LA RICOSTRUZIONE DELLE VICENDE STORICHE DEL MEDIOEVO RURALE
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testo di PaoLo Ponga foto di PaoLo Ponga e archivio
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PIEMONTE
Il Ricetto di Candelo uno specchio di storia e tradizioni
cos’è un ricetto? iL termine viene daL Latino “recePtum”, ossia ricovero, rifugio e indica un Luogo difeso e cinto da fortificazioni
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ifficile che una struttura costruita da gente comune, da semplici contadini e muratori, possa resistere all’assalto dei secoli e diventare famosa, trasformandosi in un’attrazione particolare. È per questo che il Ricetto di Candelo è così unico nel suo genere: il suo straordinario stato di conservazione ne ha fatto un monumento unico e di grande valore per la ricostruzione delle vicende storiche del medioevo rurale, uno specchio di storia e tradizioni. Cos’è un ricetto? Il termine viene dal latino receptum, ossia ricovero, rifugio e indica un luogo difeso e cinto da fortificazioni, che veniva utilizzato come deposito di prodotti agricoli in tempo di pace e come temporaneo luogo di difesa della popolazione in tempo di guerra o di pericolo. EMOTIONS
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Il Ricetto di Candelo Entrare oggi nel Ricetto di Candelo significa fare un salto temporale di settecento anni, visto che l’unica parte modificata è quella dove si trova il municipio Ne furono costruiti parecchi in Piemonte durante il Medioevo, ma nessuno si è conservato intatto come quello di Candelo, che oggi costituisce un esempio vero e proprio di paese-museo. Il nome del paese compare per la prima volta in un documento del 988, nel quale l’imperatore Ottone II confermava a Manfredo il possesso del paese di “Canderium”, salvo poi l’anno successivo donarlo alla potente diocesi di Vercelli. Tra la fine del Duecento e l’inizio del Trecento, gli abitanti di Candelo decidono però autonomamente di mettersi al riparo dalle scorrerie e dai briganti, costruendo il ricetto su di un terreno di proprietà di signori del posto, al quale pagano un censo annuo, e che poi riscattano. Un documento del 1360 conta 157 casette al suo interno, chiamate “cellule”. Nel 1374 gli abitanti fanno spontanea dedizione ai duchi di Savoia, e il paese vive un periodo di relativa tranquillità, fino alle lotte fra Francesi e Spagnoli che tra il ‘500 ed il ‘600 causano diversi danni. Nel 1819 viene poi iniziata la costruzione del municipio neoclassico sulle mura antiche e, infine, negli ultimi
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Le mura sono fatte di ciottoli di fiume posti a spina di pesce il cosiddetto opus spicatum anni viene intrapresa una grande opera di ristrutturazione, consolidamento e rifacimento delle mura stesse, delle cellule e dello spazio esterno. Entrare oggi nel Ricetto di Candelo significa fare un salto temporale di settecento anni, visto che l’unica parte modificata è quella dove si trova il municipio. Ha una forma pentagonale irregolare, con una superficie di 13.000 mq e un perimetro cinto da mura lungo 470 metri. All’interno ci sono 200 cellule, ancora oggi quasi tutte di proprietà privata. Le mura sono fatte di ciottoli di fiume posti a spina di pesce (il cosiddetto opus spicatum), con un coronamento merlato; gli angoli erano protetti da quattro torri rotonde in origine aperte verso l’interno per facilitare le operazioni di difesa. L’unico punto di accesso è quello della possente Torre-porta al lato sud, costruita con un passo carraio più grande per il passaggio dei carri e uno più piccolo, pedonale. Dalla parte opposta si trova invece sul lato nord la Torre di cortina, costruita con massi squadrati e con delle aperture alla base delle mura da cui defluivano le piogge e le acque reflue.
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Il Ricetto di Candelo
È stato scelto infine più volte come vero e proprio set cinematografico all’aria aperta Una volta varcato l’ingresso, ci si trova in una piccola piazzetta pavimentata con pietre tondeggianti che provengono dal vicino torrente Cervo, e a destra la torre fortificata che svetta sul complesso, costruita come residenza dal feudatario Sebastiano Ferrero agli inizi del Cinquecento e chiamata la Torre del Principe. A questo punto è possibile iniziare l’esplorazione del piccolo rifugio medievale, percorrendo le sue piccole strade, anzi le “rue”, come vengono chiamate con un francesismo. Queste sono cinque in direzione est-ovest e due in direzione nord-sud, di cui la centrale più ampia per permettere il passaggio dei carri. Il pavimento è costituito da ciottoloni inclinati verso la mezzaria e verso nord, per favorire il deflusso delle acque. Oltre a queste vi era, e in parte sopravvive al tempo, una cosiddetta “via di lizza”, un percorso che andava lungo le mura per permettere l’afflusso dei difensori ove necessario. Le casette, pardon le “cellule”, sono singole, non comunicanti, ognuna diversa dalle altre e separata da una stretta intercapedine chiamata riana o rittana. Furono costruite con murature spesse circa 60 cm e costituite da ciottoli a spina di pesce, grosse pietre e qualche mattone. Prive di fondamenta, hanno due vani sovrapposti: quello a piano terra (caneva) è una cantina con pavimento in terra battuta, fresca e ideale per conservare il vino. Il vano superiore o
solarium, è un ambiente particolarmente secco e asciutto, ideale per conservare grano e cereali, al quale si accede appoggiando una scala in legno alla balconata. Non vi sono infatti aperture fra i due piani, per evitare lo scambio termico. Anche le porte di ingresso al piano terra sono spesso di origine antica. Il percorso al di fuori delle mura, illuminato la sera, è anch’esso affascinante, con la vista delle sue torri che dovevano apparire possenti ai briganti di passaggio e che porta alla roggia Marchesa, un canale che dal 1561 porta l’acqua alle campagne circostanti. Sullo sfondo le Prealpi biellesi oppure la Riserva naturale della Baraggia in direzione sud. Ancora oggi una parte del ricetto è destinata all’uso contadino, ma la popolazione di Candelo è riuscita a trasformarlo in un’attrazione culturale e turistica assai rinomata. Rientra infatti nel club dei 100 Borghi più belli d’Italia, è Bandiera Arancione del Touring, Meraviglia Italiana e fa parte del progetto Borghi Sostenibili del Piemonte. Percorrendo le sue rue ci si imbatte in numerose botteghe di artigianato che propongono oggetti fatti all’interno delle mura, ristoranti e attrazioni ludiche e culturali. Vi è un Ecomuseo, la cellula della civiltà della vitivinicoltura, il Piccolo Museo delle cose di cucina e pasticceria, il Centro Documentazione Ricetti. E’ aperto alle scolaresche per laboratori didattici e alle visite guidate in più lingue, ed è una meta ambita per i matrimoni e le fotografie nell’ambiente medievale. Durante l’anno sono numerosi gli eventi che lo animano, come Candeloinfiore, Vinincontro e il Borgo di Babbo Natale, per la gioia dei più piccoli. È stato scelto infine più volte come vero e proprio set cinematografico all’aria aperta: qui sono state girate scene de La Freccia Nera del 1968 con Loretta Goggi e del suo remake del 2005, di Virginia la monaca di Monza di Rai2, dei Promessi Sposi in chiave comica con il trio Marchesini-Solenghi-Lopez, e anche di Dracula 3D di Dario Argento. Risulta quindi alla fine una visita imperdibile, a uno dei pochi monumenti al mondo costruito anticamente dalla povera gente per il proprio lavoro e per la salvaguardia delle proprie famiglie, arrivato ai giorni nostri com’era settecento anni fa.
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Palazzo Seneca Relais & Cha Pamela McCourt Francescone
Il legame imprescindibile che Palazzo Seneca vanta con il s territorio e con la comunità conferiscono pregio alla struttura rilievo alle esperienze vissute dagli ospiti. Affacciato sulla piaz principale dell’affascinante cittadina famosa per il tartufo nero salumi e per aver dato i natali a San Benedetto, Palazzo Seneca il primo albergo di Norcia e tra i primi in Umbria. Albergatori e ristoratori dal 1850 la famiglia Bianconi, e og Vincenzo e Federico che sono la quinta generazione, han ristrutturato la proprietà ai più alti livelli di design e tradizion
ateaux. L’unico albergo di charme stellato Michelin in Umbria
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Nelle 24 camere, suite e junior suite l’eleganza e la raffinatezza si incontrano in ogni dettaglio, e molti degli arredi provengono da artigiani locali mentre i pavimenti sono in parquet di quercia antica. Nel Ristorante Vespasia, che vanta una stella Michelin, gli chef Fabio Cappiello e Fumiko Sakai propongono una cucina raffinata con menù a base di materie prime a chilometro zero. Nella Spa, il bagno turco, la sauna e la vasca idromassaggio in pietra permettono agli ospiti di rilassarsi sotto antichi soffitti con volte a botte, e molti dei trattamenti fanno uso di ingredienti e piante coltivati e raccolti nei
giardini e nel parco. Per gli ospiti la possibilità di scoprire il territorio e catturarne la storia e la cultura tra paesaggi, villaggi, chiese e abbazie, assaporando i migliori prodotti del territorio quali i tartufi, il prosciutto crudo di Norcia e grandi vini. I più sportivi possono optare per l'uso di biciclette elettriche a pedalata assistita, mentre per gli appassionati della natura un'escursione di rafting tra le gole della Valnerina o una caccia al tartufo sono esperienze da non mancare.
www.palazzoseneca.com
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Romano Del Valli
LA ROMA DI SETTIMIO SEVERO ARBOR SAPIENTIAE EDITORE
Paolo Ricci
LO SGUARDO DEL CINEMA SU ROMA EDILET - EDILAZIO LETTERARIA
Roma è stata ed è tuttora un grandioso palcoscenico in cui i più grandi registi hanno saputo ambientare storie di ogni tipo, fantasiose, esemplari, ma anche semplici e colme di umanità. E l’autore ci fa proprio comprendere il valore di quelle quinte scenografiche, che più che fare da sfondo agli eventi, rappresentano esse stesse un evento. “Roma”, egli dice, “è come uno “spazio di rappresentazione e teatralità che (ri)mette in scena la realtà quotidiana in una fotografia che supera spesso la meta-lettura di ogni scenografia reinventata”. E infatti il ruolo del cinema, nella rappresentazione dello spazio urbano, è con la città di Roma molto diverso da quello di altre città ed è così che l’autore analizza appunto le specifiche differenze. Il cinema e i luoghi sono strutturalmente connessi l’uno agli altri, ma è da segnalare come ogni luogo manifesti le sue intrinseche caratteristiche, diverse da quelle di ogni altro.Paolo Ricci ci aiuta ad entrare nello “specifico del rapporto fra la città e il racconto cinematografico” : sullo schermo infatti appare la “ridefinizione della sua stessa identità in continua trasformazione” . E se Federico Fellini giudicava Roma “una città inafferrabile”, in questo testo viene messo bene in evidenza come questa città, pur inafferrabile, non possa essere ben rappresentata come “città folkloristica” o semplicemente “turistica”, ma solo come “ spazio di rappresentazione e teatralità. ”E se la foto-grafia, come ci dice il “premio Oscar” Vittorio Storaro è “scrivere con la luce”, il cinema su Roma con le sue luci sa “riscriverne” la sua più vera identità. Particolarmente interessante è l’analisi che l’autore fa del ruolo di Roma nel cinema contemporaneo, attraverso il racconto di alcune pellicole, legate strettamente allo spazio e alla sua rappresentazione. Ma prima di giungere alla contemporaneità, l’Autore conduce abilmente il lettore a ripercorre i vari passaggi della presenza di Roma nel cinema, a cominciare dai film in bianco e nero, che negli anni ’50 ci hanno fatto vedere i suoi primi sviluppi urbanistici che facevano da fondale alle vicende presentate dal neorealismo: da “Roma città aperta” a “Ladri di biciclette”. E successivamente, con lo sviluppo della tecnica cinematografica e poi l’avvento del colore ecco presentato lo sviluppo urbano e sociale sempre più incalzante di una Roma che diventa ancora di più “protagonista”, fino all’esuberanza de “La grande bellezza”. di Luisa Chiumenti
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A conclusione di una trilogia di romanzi storici è stato ora pubblicato l’accurato studio di Romano Del Valli, dal titolo “La Roma di Settimio Severo”. I Castra Albana e la Campagna d’Africa, con una appendice e la consulenza storica di Roberto Alessandrini. Ne scaturisce non soltanto un panorama completo sull’epopea di Settimio Severo, imperatore tra il secondo ed il terzo secolo, in un periodo considerato ancora “aureo” dell’impero romano, ma anche la storia della Legio II Parthica, “guardia del corpo legionaria” dell’imperatore Settimio Severo e degli altri imperatori del III secolo. Essa fu accampata, diversamente dalle altre legioni, in Italia, presso Roma, nel luogo dove sorge ora la città di Albano Laziale, che deve la sua esistenza proprio all’accampamento di questa legione, di cui rimangono visibili e importanti testimonianze. E’ interessante segnalare come nel volgere del romanzo storico siano riportati i reali nomi geografici latini, riportandoli anche a quelli odierni, con descrizione delle abitudini portate avanti dalla vita militare del tempo e in particolare dei legionari accanto alla stessa vita civile delle popolazioni e alla descrizione delle figure di spicco di personaggi realmente esistiti. Le appendici storiche, curate da Roberto Alessandrini, aiutano a comprendere meglio lo scenario in cui le vicende di fantasia si inseriscono. Di grande interesse, in questo terzo volume che riguarda la campagna d’Africa è proprio il “ritorno” da tale campagna e lo stupore dei legionari che “scoprono” una Roma monumentale che non conoscevano. Fresca e di agile lettura è quindi la conversazione che ne scaturisce tra i legionari : “guarda, laggiù c’è una piramide!” esclama uno dei legionari a colui che gli è accanto; “E’ il sepolcro di Gaio Cestio, un magistrato del tempo di Augusto” Una simpatica quanto precisa illustrazione di una vera e propria “visita guidata”, come diremmo oggi, di alcuni reduci dalla campagna condotta da Settimio Severo in Africa, con la riscoperta della città: dallo scorrere del Tevere verso lo sbocco al mare o dal percorso della via Severiana con le sue ville fino al mare, ai percorsi differenziati di tutte le vie consolari che si snodavano a raggiera a partire dalle porte della antica cinta muraria.Una ricca bibliografia completa il volume, insieme con l’appendice sull’imperatore Settimio Severo a cui si accompagnano le descrizioni delle popolazioni affrontate dai Romani nelle varie campagne, in particolare i Britanni e Caledoni in questo terzo volume per non parlare anche dell’intera storia di Roma in Britannia, in cui si fa riferimento all’ultima straordinaria scoperta archeologica del Vallo di Severo, citato dalle fonti, mai ritenuto veritiero, ma infine ritrovato. di Luisa Chiumenti
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