Il turismo di Roma riparte dal suo passato: è in arrivo il parco “Roma World” «Mai come ora c’è un enorme bisogno di futuro»: è la riflessione di Stefano Cigarini, Amministratore Delegato di Cinecittà World «Il Covid può limitare i nostri spostamenti ma non i nostri sogni. Noi da mesi lavoriamo per realizzare un nuovo parco a tema Roma World, segno concreto della voglia di ripartire di Roma, Capitale del turismo Italiano». La storia di Roma World comincia 4 anni fa: il 2016 segna l’anno di svolta per Cinecittà World, il parco a tema del cinema e della TV di Cinecittà, che ha ridisegnato in questi anni la sua offerta, passando da 16 a 40 attrazioni, 7 aree a tema e 6 spettacoli al giorno. Il pubblico apprezza, regalando a Cinecittà World una crescita record (+350% in 3 anni) che ha consentito con 400mila presenze, di diventare il 1° parco di Roma per visitatori, e passare da 30esimo a 4° Parco divertimenti in Italia, ma soprattutto di raggiungere, nel 2019, il primo bilancio in utile della sua storia. Risultati come questi aprono la via al piano di sviluppo del Resort, ed ecco che nel 2019 viene varato, in silenzio, il progetto Roma World: un nuovo parco a tema di 5 ettari, situato a fianco di Cinecittà World, totalmente immerso nella natura, tra boschi di sughere e campagna Romana, con al centro un Arena Gladiatori ed un Accampamento di Legionari, che promette di riportare bambini, genitori e famiglie indietro nel tempo, regalando la possibilità di vivere una giornata da antico romano. A Roma World l’ospite potrà vivere, vestire, mangiare e dormire come 2000 anni fa: diventare Gladiatore per un giorno, fare shopping tra le bancarelle dell’antico mercato, passeggiare per la fattoria dando da mangiare agli animali, fare volare l’aquila o altri rapaci, tirare con l’arco, correre sulle Bighe trainate da cavalli nel set di Ben Hur, immergersi nel bosco e ritrovare il contatto con la natura… lì dove tutto ebbe inizio! In tempi di Corona Virus gli ampi spazi all’aperto garantiscono il distanziamento sociale, la qualità dell’aria un luogo più sicuro poiché privo di smog, il contesto naturale la possibilità di riscoprire sapori perduti. L’animazione del villaggio è del Gruppo Storico Romano, altre associazioni di settore ed artigiani che operano con le tecniche del tempo. «È ciò che accade mentre tutto sembra fermo che permetterà di ripartire» conclude Cigarini «e Roma World sarà il 1° nuovo progetto turistico ad aprire a Roma (e in Italia) dopo l’emergenza». Non ci resta che attendere... che la storia abbia inizio!
www.romaworld.com press@cinecittaworld.it
SOMMARIO GIUGNO | LUGLIO 2020 www.emotionsmagazine.com
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L’INCREDIBILE MONDO DI PENANG
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SOMMARIO
ITALIA
SOGGIORNO AD ISCHIA Fra terme, mare architettura e musica.
MALESIA
IL MONDO DI PENANG Il primo impatto è il contrasto architettonico tra grattacieli e templi.
MALESIA murales di Penang
Direttore Responsabile Teresa Carrubba tcarrubba@emotionsmagazine.com Ideazione logo Ilenia Cairo
GLI INCONTRI DI EMOTIONS PEPERITA
L’arte del peperoncino.
GIAPPONE
IL FASCINO DELLE GEISHE La sola parola "geisha" evoca creature languide ed esotiche.
Collaboratori Anna Alberghina Pietro Busconi Luisa Chiumenti Pamela McCourt Francescone Katherine Marotta
redazione@emotionsmagazine.com
Fotografi Anna Alberghina Pietro Busconi Teresa Carrubba Katherine Marotta
KALEIDOSCOPE
EAST & ORIENTAL HOTEL DI PENANG
BeVedetta RELAIS, TOWNHOUSE E LODGES
SPAGNA
GOLF IN COSTA BRAVA Non solo mare ma anche suggestivi putting green.
Progetto grafico e impaginazione Elisabetta Alfieri e.alfieri@emotionsmagazine.com
LIBRIEMOTIONS
Responsabile Marketing e Pubblicità Enrico Micheli e.micheli@emotionsmagazine.com Pubblicazione Rivista Online Paolo Milanesi Editore Teresa Carrubba Via Tirso 49 -00185 Roma Tel e Fax 068417855 Pubblicazione registrata presso il Tribunale di Roma il 27.10.2011 – N° 310/2011 Copyright © – Tutto il materiale [testi e immagini] utilizzato è copyright dei rispettivi autori e della Case Editrice che ne detiene i diritti.
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Acconciatura di una maiko di Gion a Kyoto foto di Anna Alberghina
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GIUGNOLUGLIO
S C R I V I A M O
A R T I C O L I
P E R
S U S C I T A R E
E M O Z I O N I
TERESA CARRUBBA
EDITORE, DIRETTORE RESPONSABILE
“Per aspera ad astra”. La nota locuzione latina la dice lunga sulla speranza che alberga in tutti noi che, dopo la tragedia che ha colpito il mondo intero, ci sarà di nuovo il bello. E noi torneremo a viaggiare. Forse con una maggiore consapevolezza del valore della libertà. Nel frattempo possiamo indulgere nei sogni e nella fantasia attraverso i racconti di viaggio che Emotions propone. Penang, tra le più belle isole della Malesia, è una meta intrigante per via di spunti storici culturali, quali per esempio il distretto coloniale e i murales artistici che le hanno fatto guadagnare un posto nel Patrimonio Mondiale dell’UNESCO. Vale un viaggio. Di altra natura l’attrattiva che esercita il Giappone, soprattutto Kyoto. E’ il fascino del mondo delle Geishe, “creature languide ed esotiche”, che vivono ancora in un mondo tutto al femminile, nelle “okiya”, le case di legno dei quartieri “hanamaci”. Per i golfisti amanti dei paesaggi mozzafiato, un’idea vacanza potrebbe essere la Costa Brava, in Catalogna, tra castelli, fortezze e curatissimi putting green, alcuni dei quali ospitano molti eventi di caratura internazionale, sia a livello di professionisti, sia di dilettanti. Ma a casa nostra non mancano trionfi della Natura. Ischia, celebre per le sue fonti termali, è intrisa delle storie di illustri personaggi che qui soggiornarono e che s’intrecciano attraverso magnifiche ville e giardini d’autore. Charlie Chaplin, Esther Williams a Federico Fellini, ad Anita Ekberg, Totò, Peppino De Filippo, John Wayne. Gli “Incontri di Emotions”, portano ad un personaggio che ha fatto di un’azienda agricola di Bibbona nella provincia di Livorno, un vero successo. Si chiama Rita Salvadori, titolare dell’azienda Peperita, che produce 50.000 varietà diverse di peperoncini. tcarrubba@emotionsmagazine.com
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IL FULCRO PALPITANTE DI PENANG È LA SUA CAPITALE, GEORGE TOWN, VIVACE DI COLORI E MOVIMENTO, CON UNA FORTE IMPRONTA DELLA CULTURA CINESE
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’INCREDIBILE MONDO
DI PENANG
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testo di TERESA CARRUBBA foto di TERESA CARRUBBA e ARCHIVIO
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IL FULCRO DI PENANG È GEORGE TOWN
Il primo impatto è il contrasto architettonico tra grattacieli e templi, ed è proprio questo che fa dell’isola di Penang, nello Stretto di Malacca, un armonioso amalgama tra la cultura orientale e quella occidentale. Le sue spiagge e le sue attrazioni turistiche l’hanno resa una delle più popolari destinazioni della Malesia, grazie anche alla sua posizione strategica sulla costa Nord-Ovest della penisola, tanto che nel 1786 gli inglesi ne avevano fatto uno dei loro più importanti porti commerciali dell’Oriente. Lo stato di Penang comprende l’isola e un lembo di terraferma chiamato Seberang Perai con cui si collega attraverso un ponte spettacolare, il Penang Bridge, che con i suoi 13,5 km è uno dei più lunghi dell’Asia anche se i nostalgici preferiscono l’affascinante traversata con il traghetto che salpa da Butterworth. Il fulcro palpitante di Penang è la sua capitale, George Town, vivace di colori e movimento, con una forte impronta della cultura cinese. Visitarla in risciò tra viuzze pittoresche e grandi piazze, dà la viva sensazione di tutto questo. Il centro finanziario è sulla Lebuah Pantai, la via principale con edifici 12
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coloniali e vecchi negozi a ricordare che Penang è stato il primo insediamento britannico della Malesia. Il quartiere coloniale, nella zona vecchia della città, è vicino al famoso Fort Cornwallis, un imponente bastione costruito dalla British East India Company alla fine del XVIII secolo, dove sbarcò Sir Francis Light, il fondatore della colonia britannica di Penang. La città di George Town, dichiarata dall'UNESCO Patrimonio Mondiale dell'Umanità, deve questo riconoscimento soprattutto al Distretto coloniale che sfoggia bellissimi palazzi dall’architettura sino-portoghese ancora ammantati di tutto il loro fascino con i brillanti colori pastello, le finestrature decorate, i portali orientaleggianti e i tipici porticati. Sono case private, uffici, musei, negozi, caffè, alcuni molto ben restaurati. Intere strade disegnate da filari di vecchi edifici coloniali creano una prospettiva fortemente caratterizzante che evoca emozioni estetiche di grande impatto. Non meno forte l’attrazione culturale di George Town denominata Street Art, inaugurata nel 2012 durante il festival annuale della città da un giovane artista lituano, Ernest Zacharevic, che ha iniziato a decorare i muri del centro storico con dipinti che rappresentassero la vita quotidiana.
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Lo stato di Penang comprende l’isola e un lembo di terraferma chiamato Seberang Perai con cui si collega attraverso un ponte spettacolare, il Penang Bridge, che con i suoi 13,5 km è uno dei più lunghi dell’Asia
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IL PUNTO DI INCONTRO DI CULTURE
Vere e proprie opere d’arte destinate soprattutto a valorizzare alcuni edifici storici disabitati. Zacharevic, senza volerlo, ha dato il via ad una corrente artistica seguita da pittori provenienti da tutto il mondo che nei murales di George Town hanno espresso la loro creatività proprio seguendo la storia sociale e la vita di strada della città. La zona in cui si concentrano i murales più famosi è tra Lebuh Armenian e Lebuh Chulia. A rendere più realistiche e singolari queste opere, alcune istallazioni metalliche applicate al dipinto, come una vecchia bicicletta o un’altalena. Questo complemento ha avuto tale successo da suggerire al municipio di George Town di collocare opere di metallo in vari angoli della città. Oggi quei dipinti sui muri dei palazzi delle vie del centro, sono diventati una delle maggiori attrattive e il simbolo di George Town, tanto che i turisti fanno la fila per farsi fotografare accanto alle opere più famose. Per essere stata un importante crocevia della Via delle spezie, la Malesia ha finito col diventare un punto d'incontro di popoli e di
scambi culturali. Malesi, cinesi, indiani e molti altri gruppi etnici convivono in questo Paese da generazioni e tutto, dall'architettura alla cucina, riflette la presenza di un patrimonio variegato divenendo un crogiolo di culture ben armonizzate. Nessuna sorpresa, dunque, se passeggiando lungo la famosa Street of Harmony ci imbattiamo in ben quattro luoghi di culto differenti: la chiesa anglicana di St. George, il tempio taoista della dea della misericordia, il tempio indù Sri Maha Mariamman, e la moschea Kapitan Keling. Ciò a dimostrazione che persone di origini diverse hanno fatto di Penang la loro patria in armonia tra loro pur preservando la storia delle loro radici e la loro identità culturale e religiosa. Gli stanziamenti più consistenti a George Town li hanno costruiti gli indiani nella cosiddetta Little India, un quartiere molto vivace in cui aleggia il pungente aroma delle spezie che si mescola alle note incalzanti della musica hindi. E soprattutto i cinesi che, in grande maggioranza, si sono stabiliti nella Chinatown, un coloratissimo dedalo di stradine dove con la stessa facilità ci si trova di fronte ad un tempio, a una bottega artigianale, ad un negozietto antiquario o a piccoli mercati che, qui, sono spesso aperti anche di notte.
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forte l’attrazione culturale di George Town denominata Street Art, inaugurata nel 2012 durante il festival annuale
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E furono proprio i cinesi, alla fine dell’Ottocento a formare degli insediamenti primordiali lungo i sette pontili di legno della banchina lungomare appena costruita. Inizialmente utilizzati per il carico e lo scarico di merci e per l'ormeggio di sampan, le tipiche barche, successivamente i clan cinesi se ne appropriarono costruendovi sopra delle palafitte di legno e attribuendo ad ogni pontile i rispettivi nomi. I moli dei clan, detti Clan Jetties, oggi fanno parte del Patrimonio Culturale di Penang, sette diversi clan cinesi, discendenti dai primi abitatori, risiedono ancora sui moli: i moli Lim, Chew, Tan e Yeoh sono i più vecchi e in un secondo tempo sono stati costruiti i moli Koay, Lee e un cognome misto. In particolare il Chew Jetty è il più visitato dai turisti come testimonianza di un passato da ricordare. Qui vivono famiglie di commercianti, di pescatori e di artigiani, le
PALAFITTE DI LEGNO SUI MOLI DEI CLAN
abitazioni in legno sono tutte originali, alcune ancora attrezzate con reti per la pesca dei gamberi. Camminando sulle passerelle di legno che collegano un nucleo all’altro si passa davanti a tanti negozietti, santuari e porte socchiuse, dalle quali si affacciano sorridendo gli ospitali abitanti di questo luogo pittoresco. E proprio all’immigrazione dei cinesi a Penang si deve, tra l’altro, la tradizione della Cucina Nonya, caratterizzata dalla fusione dei tipici ingredienti della cucina cinese, soprattutto il maiale, con spezie ed erbe del sudest asiatico e alcuni elementi della cucina malese come il peperoncino, la citronella, la curcuma e il sambal belacan, pasta di gamberetti e aromi.
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Qui vivono famiglie di commercianti, di pescatori e di artigiani, le abitazioni in legno sono tutte originali, alcune ancora attrezzate con reti per la pesca dei gamberi. Camminando sulle passerelle di legno che collegano un nucleo all’altro si passa davanti a negozietti, santuari e porte socchiuse, dalle quali si affacciano sorridendo gli ospitali abitanti di questo luogo pittoresco
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L’INTRAMONTABILE FASCINO
DELLE GEISHE testo e foto di ANNA ALBERGHINA
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L’INTRAMONTABILE FASCINO DELLE GEISHE
GRAZIA, GUSTO ELEGANZA È RAFFINATEZZA
La sola parola "geisha" evoca creature languide ed esotiche che conducono una vita da recluse. In realtà sono delle professioniste, esperte nell'arte di intrattenere, che rappresentano la perfetta incarnazione dei canoni estetici dei Giapponesi. Vere e proprie imprenditrici, parlano al cellulare e corrono in taxi da un appuntamento all'altro. La ragione principale del loro successo va cercata nella passata posizione sociale della donna. Confinata in casa, con un'educazione approssimativa, la sposa giapponese doveva essere sempre ossequiosa, riverente e dedita alla famiglia. Un passo indietro rispetto al marito. La geisha compensava una figura femminile così poco attraente, sottomessa e priva di personalità fornendo all'uomo quell'interesse che non riusciva a trovare tra le mura domestiche. La mutata condizione della donna dei giorni nostri sta mettendo a dura prova la figura delle geishe. Le nuove generazioni non sono più molto motivate ad affrontare il duro tirocinio. Inoltre gli stessi clienti ora sono anziani poiché l'arte delle geishe richiede un gusto ed una raffinatezza che stanno a poco a poco scomparendo. Siamo a Gion, il famoso quartiere di Kyoto dove ancora oggi l'antico mondo delle geishe vive, come un tempo, in un universo parallelo.
Ebbene sì, le geishe esistono ancora e vivono insieme in un mondo tutto al femminile, nelle okiya, le case di legno dei quartieri hanamaci. A Kyoto se ne contano ancora più di 200. Oggi, però, non vengono più vendute da bambine ma frequentano scuole speciali e decidono di intraprendere questa carriera nell'età adulta. L'apprendistato è lungo ed impegnativo. Imparano a muoversi con grazia ed eleganza, a servire da bere in modo raffinato, a conversare in modo intelligente. Studiano i testi classici e diventano maestre di ogni tipo di arte: la musica, la danza, il canto, la recitazione, i giochi tradizionali, l'uso del ventaglio, la calligrafia, la cerimonia del tè, l'arte di disporre i fiori. Ma al di sopra di ogni cosa sono le depositarie della quintessenza della seduzione. Il loro segreto è essere esclusive. Se l'unico modo per sopravvivere sarà diventare un'attrazione turistica, allora non saranno più geishe. Ogni gesto, ogni dettaglio del loro abbigliamento racchiude un significato. Ciò che rende così singolare il loro aspetto è il trucco, un processo lungo e laborioso che richiede attenti passaggi. In primo luogo si stende sulla pelle pulita una crema profumata simile alla cera binsuke, quindi si applica il fondotinta bianco oshiroi. Per molto tempo hanno usato “l'argilla cinese”, una sostanza a base di piombo, molto tossica per la pelle. Lentamente il pennello scivola sul volto. Nasconde i tratti del viso, le emozioni, i sentimenti.
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GION
il famoso quartiere di Kyoto dove ancora oggi l'antico mondo delle geishe vive, come un tempo, in un universo parallelo
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L’INTRAMONTABILE FASCINO DELLE GEISHE
MA COME SI DIVENTA UNA GEISHA?
La geisha solleva lo sguardo ed ecco che lo specchio le restituisce una nuova immagine. Le labbra si stagliano vermiglie sul bianco gesso del volto, una sfumatura rosata sottolinea il profilo degli occhi, la nuca, nuda e sensuale, è incorniciata dal prezioso kimono. A poco a poco si sta trasformando in un'opera d'arte. Le potrete incontrare, perfette ed imperturbabili, mentre si affrettano da una casa da tè (ochaya) all'altra, annunciate dal ticchettio degli zoccoli in legno sull'acciottolato. Considerate a torto delle prostitute, le geishe godono del massimo rispetto in Giappone mentre, in Occidente, la letteratura e la filmografia hanno contribuito a perpetuare l'immagine di donne create esclusivamente per il piacere maschile. Devono essere nubili e, qualora decidessero di sposarsi, dovrebbero smettere di esercitare la professione ma il sesso con i clienti è una libera scelta, non una prestazione “dovuta”. Ma, come si diventa una geisha? Il primo stadio del lungo training è quello di “shikomi”. La shikomi, oltre a studiare la danza, deve dedicarsi ai lavori domestici. 30
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Il secondo stadio è quello di minarai, durante il quale le giovani apprendiste si concentrano sull'arte di indossare il kimono e di intrattenere gli ospiti a ricevimenti e banchetti. In questo stadio le fanciulle dovranno sviluppare l'arte della conversazione e la capacità di animare i giochi di società. La maiko, il terzo stadio, segue incessantemente la sua “onee-san” o sorella maggiore, una geisha esperta che le insegnerà a servire il tè, a suonare lo “shamisen” e ad affinare la conoscenza della poesia e della letteratura. Dopo 4 o 5 anni la maiko sarà, infine, pronta a diventare geisha, “geiko” nel dialetto di Kyoto. Dopo la cerimonia dell'ergae, letteralmente “cambio del colletto”, entrerà a pieno titolo nel “mondo fluttuante”! La storia tramanda l'esistenza di intrattenitrici femminili in Giappone fin dal 600. Erano le saburuko che concedevano anche favori sessuali a pagamento. Il “culto delle geishe” iniziò a svilupparsi quando la corte imperiale si spostò a Kyoto nel 794. In questo periodo, il confine tra geishe e cortigiane era ancora labile. Nel 1617 i quartieri a “luci rosse”, chiamati yukaku, diventarono legali. La prima prostituta a farsi chiamare geisha fu Fukagawa nel 1750.
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le case di legno dei quartieri “hanamaci”
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L’INTRAMONTABILE FASCINO DELLE GEISHE
LA MEMORIA DI UNA CULTURA MILLENARIA
Da allora la professione si diffuse e molte iniziarono a lavorare come intrattenitrici, abbandonando il sesso mercenario. Nell'800, quella della geisha divenne una professione di tutto rispetto ed esse iniziarono ad organizzarsi in un microcosmo fortemente matriarcale. Un mondo chiuso, dove tecnologia e tradizioni convivono in un surreale equilibrio! Oggi sono molto richieste per le cerimonie del tè e per allietare le noiose cene d'affari, i banchetti e le feste. La loro vera abilità sta nel flirtare con gli uomini, farli ridere e bere badando che tutto si svolga senza intoppi. Accedere alle feste private è quasi impossibile. Raramente sono ammessi sguardi esterni. Non basta il denaro, occorre esservi introdotti da un cliente importante. Ma anche i meno privilegiati potranno ammirare le danze delle geishe in occasione del Miyako Odori, il festival che ha luogo ogni anno in aprile, durante la fioritura dei ciliegi. La cornice dello spettacolo è il teatro Kobu Kaburenjo. Parteciparvi è un grande onore per le geishe che si sottopongono ad un durissimo lavoro, in un clima di grande competizione. Le rigorose coreografie, dove non è concesso alcun errore, richiedono movimenti lenti ed aggraziati. I costumi di scena sono sontuosi, le acconciature elaborate.
Se non riuscirete ad assistere al Miyako Odori, la comunità Pontocho organizza, a maggio, il Kamogawa Odori. E', tuttavia, sempre possibile assistere ad uno spettacolo di danze, preparazione del tè, decorazione floreale, teatro dei burattini (bunraku) presso il popolarissimo Gion Corner. Ancora oggi, nell'ultramoderno Giappone, tradizioni tramandate da generazione in generazione sopravvivono nelle strade di Kyoto. Il “mondo che fluttua" non è ancora scomparso ed è ciò che rende questo paese uno dei posti più affascinanti del mondo. Ma il Giappone è un paese costruito sul paradosso, dove modernità e tradizione camminano mano nella mano. Nelle città, dove luci ed insegne trasformano le strade in una foresta incantata, le ragazze giapponesi creano incessantemente nuove tendenze. Le chiamano le “ragazze di Harajuku”, dal nome del celeberrimo quartiere commerciale di Tokyo. Sembrano balzate fuori dalla fantasia di uno dei tanti disegnatori di “manga” che hanno fatto la storia della fumettistica orientale. La moda di Harajuku non va, però, considerata un semplice capriccio stilistico di poca rilevanza. In realtà si tratta di una vera e propria dichiarazione di guerra all'ordine sociale, basato su di un'estenuante obbedienza alle regole che imbrigliano la vita dei Giapponesi. E' legittimo dunque chiedersi: queste scintillanti sculture viventi, ispirate all'universo multicolore dei cartoons, riusciranno a cancellare la memoria di una cultura millenaria? EMOTIONS
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GOLF IN CO Non solo mare, la Catalogna offre scenari onirici di castel
testo di PIETR foto di PIETRO BUS
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S PAGNA
STA BRAVA
li e fortezze, folklore, buon cibo e suggestivi putting green
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GOLF IN COSTA BRAVA
DOVE IL MARE ACCAREZZA LA TERRA
Il binomio Spagna-Golf è da anni uno dei più apprezzati dai giocatori di mezzo mondo. A far la parte del leone nella Repubblica Ispanica attraendo i golfisti è stata soprattutto la Costa del Sol nel sud del Paese. In Italia pochi amanti del nobile gioco conoscono un’altra splendida destinazione spagnola: la Costa Brava. Duecentoventi chilometri dal confine francese verso sud in un continuo di cose da fare e scoprire. A solo un’ora o poco più di volo si raggiunge l’aeroporto di Barcellona o di Girona con voli anche low cost. Dal primo aeroporto serve lo stesso tempo per arrivare nel cuore di questa regione, la Catalunya; dal secondo, bastano pochi minuti. Per la maggioranza degli italiani la Costa Brava è sinonimo di vacanze balneari, spiagge, sole e folclore locale. Per i golfisti è anche campi di primissimo livello e un’ospitalità che fa affezionare. Diciamo subito che, rispetto al tepore della Costa del Sol, questa ha un inverno che, a volte, è sferzato dai venti freddi dei vicini Pirenei, rendendo la temperatura meno confortevole. Ma da aprile a ottobre merita nel 38
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modo più completo. C’è la storia, con tanti castelli che raccontano di epoche passate, c’è il folklore, con le sue sagre di paese, c’è la cultura, se si pensa che è qui che Salvador Dalì visse e lavorò. E c’è anche la gastronomia, giacché la provincia di Girona vanta 18 stelle Michelin tra i suoi ristoranti. In uno di questi, El Bulli, vicino alla città di Roses, lavora Ferran Adrià, lo chef definito “l’icona del XXI secolo della cucina catalana d’avanguardia”. Ma ci sono anche locali meno titolati, più semplici e informali in cui rilassarsi e gustare le tante specialità culinarie della regione, soprattutto pesce. Da queste parti il mare accarezza la terra in una miriade di insenature più o meno piccole mantenendo quel colore blu intenso che è quasi una prerogativa di questa costa. Insomma, sembra proprio che ci sia tutto quello che può rendere felice una vacanza, lunga o breve che sia. E adesso parliamo di golf. Venendo al nostro amato gioco, diciamo che la regione conta un numero non particolarmente elevato di campi, almeno se messo in relazione con altre destinazioni similari. Qui i circoli sono tredici.
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S PAGNA Per la maggioranza degli italiani la Costa Brava è sinonimo di vacanze balneari, spiagge, sole e folclore locale. Per i golfisti è anche campi di primissimo livello e un’ospitalità che fa affezionare
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GOLF IN COSTA BRAVA
TUTTE LE BUCHE HANNO FASCINO
Di questi, alcuni sono semplicemente straordinari! Prepararsi per tirare il drive sulla buca 1 di questi campi, tra pini marittimi e aromi mediterranei con fragranze che entrano nei polmoni, offre una sensazione che nessun altro luogo sa offrire. Se poi il drive è anche dritto e lungo…l’estasi è completa. Una settimana di soggiorno permette di giocare su alcuni dei campi più celebrati, non solo di Spagna ma anche del continente. Il Platia del Pals è un percorso di 18 buche che si sviluppa continuamente all’interno di una fitta pineta. Golf World lo inserisce tra i 100 migliori campi d’Europa. Colpi non precisi offrono il vantaggio di consentire un’accurata visita del fresco sottobosco alla ricerca della palla persa. Se poi si tira dritto ma si sbaglia la distanza, ci pensano i tanti bunker a correggere lo score. Quando poi, finalmente si arriva in green, comincia la sfida. Tappeti accurati e molto ondulati rendono un solo putt un gesto quasi meritevole del Guiness dei Primati. Usciti più o meno soddisfatti per lo score realizzato qui, il giorno dopo si può optare per una giocata all’Empordà Golf, 36 buche su due percorsi, Links e Forest. Da soli i loro nomi spiegano di cosa si tratta. Il primo è un percorso tipicamente britannico con poche piante a limitare la corsa delle nostre amate palline ma con rought che non perdona. Il secondo si
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snoda anche qui all’interno di una bella pineta con buche intriganti ma non impossibili, visto che l’architetto americano Robert Van Hagge, forse impietosendosi davanti ai giocatori di livello medio e medioalto, ha tenuto i fairways abbastanza larghi. Infine, un altro campo da non mancare assolutamente, anche a costo di soffrire spesso per il sovente distacco prematuro dalle palle più amate che abbiamo in sacca per colpa di alberi, laghi, fuori limite e “mala suerte” che in alcuni giorni ci perseguita. Parliamo del campo numero 1 di Spagna, del 2° in Europa e dell’87° nel mondo: il PGA Catalunya. Due i percorsi: Stadium e Tour. Il primo realizzato nel 1999, il secondo nel 2005. Il primo, soprattutto, ha ospitato e ospita molti eventi di caratura internazionale, sia a livello di professionisti, sia di dilettanti. È difficile in ognuno di questi campi raccontare quali sono le buche più belle tanto è il fascino che tutte esercitano. Se di solito il golfista tende a ricordare con piacere soprattutto le buche giocate meglio, qui si fa un’eccezione. Tutte hanno un fascino unico che le rende le più belle e sapere di calcare i fairways che hanno visto il passaggio di tanti campioni un po’ mette suggestione e un po’ stimola all’emulazione. Ecco, proprio il tentativo di emulazione è il modo perfetto per contribuire agli incassi dei pro shop e delle ditte che vendono palle da golf!
TEATRO MUSEO DALÍ A FIGUERES
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UN SOGGIORNO A ISCHIA
FRA TERME, MARE ARCHITETTURA E MUSICA testo di LUISA CHIUMENTI
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UN SOGGIORNO A ISCHIA
‘NA VOCE NA CHITARRA E O POCO E LUNA’
L’isola d’Ischia è ben nota, su piano internazionale per essere uno dei più frequentati centri termali del sud d’Italia, divenendo ben presto anche polo turistico assai vivace, fin da quando, per iniziativa di Angelo Rizzoli, venne inaugurato l’Hotel della Regina Isabella, e venne aperta la funivia che collegava il porto con il Montagnone. E se Rizzoli fu il primo a dare vita al turismo termale a Ischia, acquistando le Terme di Lacco Ameno, ben presto anche altri imprenditori furono interessati dalla bellezza dei luoghi e fra essi ricordiamo ad esempio il milanese Gaetano Marzotto che, interessatissimo alle qualità termali delle acque di Ischia, si dedicò alla costruzione dell’Hotel Iolly. E inizia così la cosiddetta “stagione delle miss” perché il 30 agosto del ‘59 a Ischia si teneva la ventesima edizione di Miss Italia organizzata da Enzo Mirigliani. Ma fu poi negli Anni Sessanta, età d’oro del mondo dello spettacolo, che si videro a Ischia personaggi di spicco come Charlie Chaplin sbarcato nel 1957 al cinema Reginella di Lacco Ameno per la proiezione in anteprima mondiale del suo film “Un Re a New York”. Seguiranno poi nel ’62 la 20th Century Fox che girò a Ischia il colossal “Cleopatra” con Richard Burton e Liz Taylor. Per non parlare di tanti altri attori che vi soggiornarono. Da Esther
Williams a Federico Fellini, ad Anita Ekberg, Totò, Peppino De Filippo, John Wayne. E se allora la voce di Ugo Calise, cantante ischitano, sussurrava “Na voce, na chitarra e ‘o poco ‘e luna”, oggi può capitare di ascoltare dal vivo un bel complesso musicale ispirato a Pulcinella, venuto ad allietare ad esempio gli ospiti del bell’hotel “Zi’ Carmela” con le più belle canzoni napoletane di tutti i tempi. Certo le Terme e il loro godimento occupa gran parte della giornata dell’ospite, con una visita ai Giardini di Poseidon, che con le sue 22 piscine termali ed una superficie di 50 mila metri quadri è il parco più grande dell’isola. Si possono trascorrere splendide giornate in uno dei parchi termali più belli dell’isola come il Parco Termale di Castiglione, con le sue acque termali davvero spettacolari oppure si può fare una bella gita pomeridiana, ad esempio, fino alla Sorgente Termale di Nitrodi dove, in una cornice naturale, ci si può immergere nella calda acqua termale o applicare i fanghi terapici che ristorano corpo e mente. Numerosi sono i tanti altri Centri Benessere come quello delle Terme Tifeo a Forio presso l’Hotel Zì Carmela, al centro di Forio. E se è irrinunciabile una visita al castello, la cattedrale e i siti archeologici relativi all’antico insediamento greco di Pithecusae, è davvero esaltante un percorso in collina, nel verde dei Giardini della Mortella, affacciati sul mare.
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ISOLA D’ISCHIA
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UN SOGGIORNO A ISCHIA
CON I PIÙ BEI GIARDINI D’EUROPA
Furono il musicista Sir William Walton e la moglie che, acquistati i giardini della Mortella, il cui nome derivava dalla pianta che cresce che con grande abbondanza tra le rocce della collina e che, nella mitologia greco-romana rappresentava la bellezza, la verginità, l'amore o la fortuna pagana. I Walton trasformarono La Mortella in uno dei più bei giardini d’Europa, chiamando, a metà degli anni ‘50 il famoso architetto paesaggista Russel Page perché ne disegnasse il nuovo impianto. Egli riuscì in effetti ad armonizzare ed integrare con l’ambiente naturale esistente, le pregiate essenze arboree, fatte venire da ogni parte del pianeta: dalle felci dell’Australia, alle agavi messicane, alle palme, le magnolie e le camelie ma anche fiori di loto, bambù e aceri giapponesi. Tali essenze vivono accanto alle suggestive formazioni rocciose di origine vulcanica ed alcuni manufatti scultorei ed architettonici come il “tempio del Sole” con i bassorilievi di Simon Verity, il Ninfeo, il Teatro greco e la “roccia di William”, un masso
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trachitico posto su di un promontorio a circa 120 metri dal livello del mare, dove sono custodite le ceneri dell'artista. Ma se ci spostiamo da Forio verso Lacco Ameno, la nostra attenzione è attratta da una bella villa, la Villa Arbusto, situata in una posizione incantevole, scelta per il suo soggiorno proprio da Angelo Rizzoli, editore, produttore cinematografico, e attento mecenate, che lanciò turisticamente l’isola d’Ischia. Ricordata già in un documento della fine del Seicento, Villa Arbusto, passata da diverse proprietà ad Angelo vide subito una notevole impronta di sviluppo turistico perché Rizzoli cominciò subito a valorizzare l’intera area ma soprattutto la zona di Lacco Ameno, con la ricostruzione delle famose Terme, la costruzione degli alberghi Regina Isabella, Sporting e Reginella e la sistemazione della piazza di Santa Restituta. Fu così che Ischia si trasformò da paese di pescatori e contadini in una località turistica di richiamo internazionale, cercando tuttavia di mantenere le proprie caratteristiche ossia senza negare le tradizioni, pur aprendosi all’innovazione.
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Gli Incontri di Emotions
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PEPERITA
L’arte del peperoncino testo di PAMELA McCOURT FRANCESCONE foto di PEPERITA e ARCHIVIO
«Il peperoncino fa bene al cuore, alla mente, all’anima. E’ un anti-depressivo, un tonico che sveglia i sensi» dice Rita Salvadori, titolare di Peperita, l’azienda toscana che ogni anno produce 30.000 chili di peperoncini.
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L’arte del peperoncino Un’azienda agricola di successo che nasce da una passione per l’arte e per il territorio. «Ho fatto l’Accademia delle Belle Arti di Brera e un giorno, forse perché avevo preso in mano un tubetto di colore rosso, dipinsi un peperoncino. Poi, grattando la tela con un coltello scrissi sopra che il peperoncino fa bene al cuore, alla mente, all’anima. Parole che mi venivano d’impulso, senza logica», racconta Rita Salvadori, titolare dell’azienda Peperita di Bibbona nella provincia di Livorno.
FA BENE A CUORE, MENTE E ANIMA
«Oltre al mio amore per l’arte, da sempre avevo il desiderio di coltivare la terra. Mio babbo aveva un podere, e nel 2001 gli chiesi cinque ettari, lanciandomi in un’avventura che non aveva ancora una forma ben definita. In verità pensavo di fare qualcosa di artistico, o delle ricerche un po’ estreme sull’agricoltura … poi forse memore di quel quadro del peperoncino, mi sono trovata a zappare, innaffiare e raccogliere le mie prime 600 piantine di peperoncino». Ora di piante Rita Salvadori ne ha oltre 50.000, di varietà diverse che derivano per il 90% da semi dalla sua coltivazione, e che producono 30.000 chili di peperoncini ogni anno. «Ho scoperto che lavorare con il peperoncino appagava anche il mio lato artistico, forse per i colori dei frutti che vanno dal rosso, al verde, al giallo, al viola, all’arancione. Piantare i semi, accudirli, sperimentarli, trasformarli e utilizzarli in cucina e stata una meravigliosa scoperta, e ho messo da parte l’arte per seguire la strada del peperoncino». Coltivazioni rigorosamente biologiche-biodinamiche nel rispetto dei cicli della natura che Rita, affiancata dalla figlia Sara Villani, il genero e 15 collaboratori, trasforma in una gamma di prodotti al peperoncino che comprende polvere e fiocchi, olii, triti, paté, condimenti, insaporitori, polpe, chutney e persino mostarde e confetture. Poi le infusioni con peperoncini più o meno piccanti dal Carolina Reaper il più piccante al mondo, al dolce Banana Pepper - ai quali vengono aggiunti frutti e spezie come il limone, l’arancia, la curcuma, il basilico e il pepe, senza dimenticare le creme alla nocciola e al cacao con l’Habanero e il Caroline Reaper. «Sono stata il primo produttore al mondo a commercializzare 17 varietà di polveri di peperoncino in purezza, cioè, in ogni vasetto c’è una sola varietà di peperoncino». Nei tre negozi Peperita - uno vicino alla Sinagoga di Roma - una nutrita gamma di prodotti, che sono acquistabili anche online, e
che si trovano in negozi prestigiosi in Italia e nel mondo quali Eataly e Galeries Lafayette. «Non tutti i peperoncini sono aggressivi e non tutti portano via i sapori», spiega Rita sfatando una leggenda urbana molto popolare. «Il Carolina Reaper è in assoluto il più piccante. Oggi si parla di altri piccantissimi, ma sono cose forzate, usando la capsaicina pura di sintesi. Sono molto amari e molto pericolosi. Che senso ha aggiungere qualcosa che uccide il cibo, i sapori? E’ la volgarizzazione del piccante. Le gradazioni più delicate possono essere utilizzate come curativo senza dare fastidio al palato. Il peperoncino è un ottimo anti-depressivo, un tonico che sveglia i sensi. Quando lo mangi si mette in allarme prima la bocca, e poi il nervo trigemino che dà un impulso all’ipotalamo, scatenando l’adrenalina». A quali problemi si va incontro nella coltivazione del peperoncino? «L’unico problema, grosso e purtroppo insormontabile, sono i cambiamenti climatici. Poi essendo le mie coltivazioni biologiche non uso il chimico - allora può capitare di avere un attacco di insetti o di funghi. E qui è la natura stessa che ti viene in aiuto, sviluppando dei funghi che attaccano quel fungo nocivo. La raccolta del peperoncino inizia ad agosto e, se non fa freddo, finisce a novembre o ai primi di dicembre». Quali le nuove sperimentazioni? «Sto studiando una linea di cioccolato e ho creato una linea di mostarde e marmellate per le quali uso lo sciroppo di frumento al posto dello zucchero. La mostarda solitamente accompagna le carni e i formaggi, ma io l’adoro anche sul pane la mattina. Sto lavorando anche sulla fermentazione e sono sempre alla ricerca di tecniche antiche per capire meglio come le usanze storiche possono integrarsi con la produzione moderna». Da quale età si può dare il peperoncino ai bambini? «Un peperoncino super piccante non si può mai dare a un bambino, e molti medici dicono che non lo si può dare affatto perché è infiammante. Ma in India e anche in Messico danno i leccalecca al peperoncino a bambini anche piccoli, come disinfettante». Hai creato un tuo peperoncino? «No, mi sembrerebbe una violenza contro la natura. La natura stessa fa delle impollinazioni grazie al vento e agli insetti. Camminando fra i filari, mi capita di trovare una pianta diversa; quello mi piace, lo trovo divertente. Fotografo la pianta, raccolgo i frutti, li peso e li assaggio e se mi piace l’intruso, allora estraggo i semi e li semino. Qui è la natura che decide, è la natura che da sfogo alla sua creatività».
https://peperita.it
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L’arte del peperoncino RITA SALVADORI, TITOLARE DI PEPERITA
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L'East & Oriental
Teresa C
Nuovi colori, trame e opere d'arte per portare sentori dell'Est tr Chi dette lustro a chi è difficile da stabilire. Quando celebrità come Hermann Hesse, Rudyard Kipling, Somerset Maugham, Charlie Chaplin e persino il Sultano del Brunei Hassanal Bolkiah soggiornarono all'East & Oriental di Penang, l’Hotel era già ai massimi livelli di eleganza e prestigio. E lo sapevano bene anche i mondani viaggiatori del “Grand Tour” dell’Asia, negli Anni Trenta, i cui hotel preferiti includevano il meglio dell'Asia all'epoca: il Taj a Bombay, il Galle Face a Colombo, l'Oriental a Bangkok e, naturalmente, l'East & Oriental di Penang. Ma la storia dell’Hotel si spinge più lontano. Furono i fratelli Sarkies, nel 1884, a fondare The Eastern Hotel. Nel giro di un anno, l'Hotel prosperò a tal punto che i Sarkies costruirono un’altra struttura attigua, l'Oriental Hotel, portando a una fusione di entrambi nell'Est & Oriental Hotel, nel 1889. Il successo del marchio portò i fratelli a fondare altrove alberghi di pari livello, il Raffles Hotel a Singapore nel 1887 e lo Strand Hotel nell’allora Rangoon, in Birmania, nel
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l Hotel di Penang
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Carrubba
orientali si combinano con grazia ropicale nello spazio abitativo 1901. Sotto il nuovo proprietario, The E&O Group, l'Hotel, dopo vari rimaneggiamenti, è stato riaperto al pubblico nel 2001. L’Heritage Wing, il sito originale e il cuore storico dell'Hotel, caratterizzato dai suoi minareti moreschi e da un'imponente lobby a cupola, si è mostrato al pubblico dopo un impeccabile make-up svelando suite completamente rinnovate con servizi moderni pur mantenendo l’originale alone di storia e tradizione. Nuovi colori, trame e opere d'arte orientali si combinano con grazia per portare sentori dell'Est tropicale nello spazio abitativo. E’ nei servizi su misura all'interno delle suite che il senso della sontuosità diventa ancora più evidente: eccezionali comfort creativi che soddisfano ogni necessità degli ospiti. Garantendo maggiore privacy ed esclusività, la piscina a sfioro sul mare dell'ala Heritage è riservata ai soli ospiti della Heritage Wing e della Corner Suite, così come The Cornwallis, la sala dedicata per la colazione e per i cocktail serali.
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KALEIDOSCOPE La Victory Annexe è un'ala estesa che ha aperto nel 2013, segnando una pietra miliare significativa nella storia di E&O. Prende il nome dalla Victory Annexe originale, voluta da Arshak Sarkies nel 1923, allora costituita da 40 camere. La nuova versione dispone di 118 Studio Suite e 14 Corner Suite. Un hotel intriso di tale eleganza e lusso, giustamente denominato la grande dame degli hotel storici, non poteva non vantare un centro benessere di adeguato prestigio, la PAÑPURI ORGANIC SPA. Duecentocinquanta metriquadri che trasudano atmosfera e sensualità dalla grande profusione di marmi e telerie pregiate già nei piccoli salotti dove viene espresso tutto lo spirito orientale dell’accoglienza e un’impeccabile professionalità.
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L'East & Oriental Hotel di Penang www.eohotels.com/hotel/ www.malaysia.travel/it-it/it mypenang.gov.my/ facebook Turismo Malesia
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La direttrice della Spa seguita da una sua assistente, mette subito l’ospite a suo agio con un breve colloquio per capire gusti, esigenze e addirittura lo stato d’animo e proporre i trattamenti più adatti, scegliendo anche l’intensità e gli aromi. Poi, in una delle cinque sale da massaggio, dall’atmosfera lussuosa quanto discreta, qualificatissimi operatori si prendono cura dell’ospite in tutto e per tutto. Dal riposante lavaggio dei piedi in tiepida acqua aromatica prima del trattamento, all’infuso di erbe da bere rilassati prima del congedo. Il prestigio della gamma di trattamenti per la cura della pelle e aromaterapia PAÑPURI arricchisce un’esperienza già di per sé davvero indimenticabile. Tecniche di massaggio naturali thailandesi e orientali, tra cui il massaggio tradizionale thailandese, il massaggio ayurvedico indiano, il massaggio balinese indonesiano e Massaggio Shiatsu giapponese. Queste e altre tecniche orientali, combinate con la miscela unica di oli puri, biologici e infusi, offrono un momento esperenziale memorabile.
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Relais, Townhouse e Lod nella Maremma
Testo e Foto di Ka
Un antico e semplice podere appartenente Maremma riportato alla vita, un inno alla ri ad ampie vedute che racconta storie di un t e fiducia per il futuro. Posto sulla sommità d all’interno del Parco Archeominerario delle dall’UNESCO e circondato da preziosi olive decennio fa come un triste ammasso di poc atmosferici. Poi la svolta: a partire dal 2007 della famiglia, Anna Barberini, che decise d affermata vita cittadina nel nord d’Italia pe completamente a un sogno, rischiando la ce tutto ricominciò da zero a Scarlino, splendid in provincia di Grosseto. Il progetto di Anna accoglienza dovevano essere le due parole ristrutturazione e restauro, danno alla luce fascino e stile più unici che rari. Otto lumino antichi membri della sua storica famiglia sc sempre. Per la precisione, ogni camera è sta particolare dedicato a un personaggio della distribuite sui tre piani del Relais dalle pare sono nate La Signorina di Buona Famiglia, Il M La Diva Volubile, L’Esploratore Inarrestabile, L’A Civettuola.
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detta
KALEIDOSCOPE
dges tra coccole e ricordi a incontaminata
atherine Marotta
ad una famiglia storica nel cuore della nascita interiore ed esteriore, un luogo tenero passato, l’entusiasmo del presente di un florido pendio collinare che rientra e Colline Metallifere, riconosciuto eti, Vedetta si presentava fino a circa un chi ruderi lasciati al solo potere degli agenti 7 per mano di una delle ultime discendenti i stravolgere completamente la sua r tornare nella sua terra d’origine e dedicarsi ertezza per l’incertezza. È proprio così che do borgo medievale arroccato su una collina a era ben chiaro nella sua mente: famiglia e chiave. Gli accuratissimi lavori di nel 2009 al Relais Vedetta, un gioiello dal ose suites matrimoniali dedicate in onore agli arlinese, proprietaria del terreno fin da ata battezzata da Anna con un nome a sua famiglia a lei caro. Ed ecco che, eti color rosso acceso che domina la collina, Maremmano Integerrimo, Il Libertino Vezzoso, ’Artista Poliedrico, La Domitissa e La Bimba
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Ognuna delle stanze racchiude al suo interno una storia, un mélange di ricordi, emozioni e oggetti che hanno rappresentato lo stile di vita di zii e bisnonni di cui Anna conserva dolci e melanconiche memorie di bambina. Anna ha meticolosamente curato ogni singolo dettaglio degli aspetti architettonici ed estetici dell’arredamento del Relais, accostando arredi di Famiglia sapientemente restaurati o reinterpretati, a mobili dal design moderno, creando un’armonia perfetta tra passato e presente. Tutte le confortevoli ed ampie camere sono dotate di un letto king size, una zona living e uno spazioso bagno in pietra naturale con vasca o doccia in mosaico. La profonda sensazione di accoglienza che Anna ha saputo realizzare a BeVedetta è sicuramente il punto di massima forza. I viaggiatori che soggiornano in questo paradiso immerso nella natura, lontano dalla frenesia cittadina, si sentono ospitati come in una grande casa di amici, una vera e propria “home away from home”. Numerosi e personalizzati sono i servizi che si potranno richiedere in camera a seconda dei propri gusti ed esigenze. Il Relais mette inoltre a disposizione un magnifico portico vetrato con vista sul golfo di Follonica dove ogni mattina si potrà gustare un’ottima colazione a base di prodotti biologici locali con ampia scelta anche per celiaci e vegani. Se già quanto detto ha stuzzicato in voi la voglia di partire, aspettate di scoprire il resto del tesoro offerto da BeVedetta, primo fra questi la scenografica piscina affac-
ciata sul mare con vista sull’isola d’Elba. Non una semplice e geometrica piscina, quanto un originale laghetto progettato con innovativi metodi di costruzione a basso impatto ambientale quali un impasto di polvere di quarzo e resina. Una zona relax dedicata all’aeroterapia, ombrelloni e sdraio, il tutto armonicamente attorniato da ulivi e natura rigogliosa. Il progetto con il tempo si è evoluto ed espanso dando vita, nel 2015, a Vedetta Lodges: il primo agriglamping maremmano a 5 stelle a pochi passi dal Relais. Anche questa volta il tema della famiglia viene ripresentato ma con una particolarità: i sette lodges del glamping vengono posizionati a formare la costellazione del Toro, il segno zodiacale di sua mamma. Le tende, come le camere del Relais, si presentano perfettamente arredate e dotate di ogni tipo di comfort, spaziose e con portico sospeso vista mare o sul borgo di Scarlino. Un modo per ricongiungersi a pieno con Madre Natura, dormendo cullati dal fruscio del vento. Ultimo, ma non per importanza, Vedetta Townhouse: l’ottocentesco palazzo avito alla Famiglia Barberini, situato nel cuore di Scarlino trasformato in B&B di charme. Tre grandi suite appartenenti a tre epoche storiche diverse, 1800 di Campagna, 1900 Coloniale e 2000 di Tendenza. Il progetto della piccola e lussuosa catena BeVedetta è in continua fase di evoluzione e grazie al prezioso staff di Anna, ogni anno vengono apportate migliorie e innovazioni per soddisfare la crescente clientela.
www.bevedetta.com
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Giancarla Babino
Matera
MORELLINI EDITORE
Matera è città che ne contiene mille altre. È certo i “Sassi”, per cui è Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco, ma è anche la città barocca e settecentesca del “Piano”, dai palazzi nobiliari, i giardini, le fontane, i monasteri e le chiese di pietra gialla. E’ la città dei nuovi quartieri degli anni Sessanta: gomitoli di strade, vicoli e anche di spazi di una grazia rarefatta, messa in scena fra terrazze panoramiche, celle monastiche, archi e volta. È la città che viene dal passato più remoto ed è anche la città del futuro, dell’Open Future della Capitale Europea della Cultura 2019. Matera è in Basilicata, la terra dei basilikos governanti bizantini, e in Lucania, “la terra della luce”, l’unica regione italiana con due nomi: singolare e facile da raggiungere, eppure ancora appartata. Il territorio che circonda Matera offre ancora molto per esplorazioni successive: il Parco della Murgia Materana, uno scrigno di chiese rupestri e di natura remota tra rupi, cascate, canyon e grotte, insediamenti preistorici e affreschi; Montescaglioso con i suoi monasteri: il capolavoro artistico che è l’Abbazia di San Michele, il monastero di Sant’Agostino, la rinascimentale Santo Stefano… La Valle del Bradano offre poi la splendida Oasi Wwf di San Giuliano, uno scenario naturale grandioso, fra macchia mediterranea e uccelli rarissimi da avvistare. Visitare Matera – la pietra preziosa più appariscente – può anche rappresentare solo l’inizio di esplorazioni successive in questa terra meravigliosa.
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Federico Longo
A RUOTA LIBERA
Domenico Masi diario diDeun ciclista urbano
ROMA 2030
IlEDIZIONI destinoULTRA della capitale nel prossimo futuro
La bicicletta è un mezzo rispettoso ma che
EINAUDI EDITORE esige rispetto, e nelle città assediate dalle recensione cura didel Luisa Chiumenti auto e dala caos traffico talvolta è una
sfida che presenta qualche rischio. De Bisogna Questo testo redatto da Domenico Masi, fare i conti con gli automobilisti o professore emerito di Sociologiaaggressivi del lavoro dell’Università “La Sapienza” di creanza Roma, poco sensibili ai principi della buona affiancato da unilgruppo eminentidelle studiosi, che intralciano placidodiscorrere due imprenditori e professionisti, fa un’interessante ruote. E' questo il tema del libro dello disamina diFederico ciò che Roma ha rappresentato nel scrittore Longo "A ruota libera" tempo, così come si è sviluppata attraverso la appena pubblicato dalla casa editrice Ultra, grande storia, cercando di tracciare che tratta proprio - come recita il sottotitolo un’immagine del suo futuro. E’ la Roma con le "Diario di un ciclista urbano"- dei pericoli sue tre anime: quella di metropoli, quella di sempre agguato nelle strade capitale in della Repubblica e quellacittadine. di cittàEppure il gusto due eruote sta mondo, con punti didelle debolezza punti disiforza. diffondendo rapidamente in Italia. C'è L’opera si sviluppa in tre partianche che si articolano in una crescita esponenziale le sceglie diversi, stimolanti argomentidie chi risvolti socioeconomici potrebbero aprire strade per andareche al lavoro o in gita, pernuove trascorrere di vacanze sviluppo concreto di una città che oggi più le en plein air. Nonostante molto che mai ha voglia di rivivere. Si va così dalla spesso la ciclabilità nelle nostre città sia descrizione “Roma eterna ed effimera”, alla stata a lungodiignorata o persino ostacolata, è “Ricerca Delphi” su una “Roma prevedibile”, fino indubbio il nuovo coinvolgimento di soggetti al delinearsi di un possibile “Scenario 2030”. imprenditoriali, associativi e istituzionali E lasciando quindi al lettore l’approfondimento impegnati in direzione della nuova forma di di ogni parte, è interessante quanto scrisse mobilità e di economy. narrazione l’architetto Legreen Corbusier sullaLanascita delle di Federico ciclistaperurbano da città:” L’uomo Longo, avanza dritto la propria sempre, è leggera, piacevole velata di strada perché ha una méta; sa edove va, ha ironia, coglie appieno la difficoltà deciso dima raggiungere un determinato luogodie vi s’incammina per la evia più diretta”… e anche vivere una passione talvolta una necessità quanto disse Theodor Mommsen: “A Roma non in un mondo che va troppo in fretta. si sta senza avere propositi cosmopoliti” dove cosmopoliti vuol dire molto piú che globali.
Autori vari
Romagna d’autore MORELLINI EDITORE
Sulla differenza tra Emilia e Romagna e sui confini di questa terra ci sono trattati e pièce teatrali, come il famoso brano di Ivano Marescotti. L’anima della Romagna è qualcosa di forte e distinto, che è insieme la morbidezza lasciva della riviera in estate e l’asprezza dell’Appennino. Per secoli sotto il domino dello Stato pontificio, forse proprio per questo è una terra di mangiapreti, con tutta la laicità della vita e dei piaceri terreni. È una terra che ha saputo esprimere grandi rivolte agrarie e Benito Mussolini, mirabili esempi di cooperazione e il capitalismo avventuriero di Raul Gardini. Le sue atmosfere languide e surreali sono state raccontate in tutto il mondo dalla straordinaria filmografia di Federico Fellini, ma la Romagna è anche la regione della spietata avventura politica di Cesare Sforza detto il Valentino che ispirò “Il Principe” di Machiavelli. Per raccontare le tante anime di questo territorio ricco di carattere si cimentano illustri firme della letteratura italiana e straniera, coordinate, come per tutta la collana Città d’autore, da Gabriella Kuruvilla, presente anche lei con un racconto accanto a: Andrea Tarabbia (Mondadori, Ponte delle Grazie, Bollati Boringhieri), Barbara Garlaschelli (Marcos y Marcos, Frassinelli, EL), Giampiero Rigosi (Einaudi, Theoria), Caterina Cavina (Baldini&Castoldi), Massimo Laganà e gli scrittori spagnoli David Castillo e Rafael Argullol e la portoghese Lídia Jorge.
HIDE
away
An adventure and retreat with a difference. St. Martins, central Europe’s first lodge, has an air-conditioned photo hide where you can discover the wildlife of the Seewinkel and capture it on camera without being seen.
www.stmartins.at Tel.: +43 2172 20500 7132 Frauenkirchen Im Seewinkel 1 AUSTRIA
The Lodge of