Monografia dedicato a Egitto web 2

Page 1



Editoriale L’incanto dell’Egitto

Questa terra di scenari spettacolari e di imponenti siti archeologici, a buon diritto giudicati dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità, è la culla di una civiltà antichissima e mastodontica che porta con sé un’eredità gloriosa e inossidabile. Egitto. Un Paese che evoca miti favolistici e realtà di potere, arte colossale e fascino della Natura. Il tutto, intriso di misticismo e di storia. Epoche faraoniche fatte di ricchezze e costruzioni monumentali che allo sguardo del moderno viaggiatore aprono interrogativi sul mistero della perfezione dell’arte e della forza umana capace di erigere colonne, obelischi e le mitiche gigantesche piramidi senza l’ausilio della tecnologia. Che dire delle navigazioni lungo l’emblematico Nilo o intorno al Lago Nasser, scrigni di gioielli della più raffinata archeologia, o delle città, cariche di segni della storia e della spiritualità? Poi, i deserti. Distese sconfinate di dune modellate dal vento in forme bizzarre e mutevoli, dai colori ammalianti e cangianti ad ogni ora del giorno, coprono gran parte del territorio egiziano caratterizzandone il fascino e la malìa. E, spunto intrigante per i geologi, il Deserto Bianco, un paesaggio che sembra uscito da una favola per via delle incredibili formazioni calcaree che spuntano dalla sabbia con fogge stupefacenti ed uniche. Il fascino delle oasi, che nel deserto sono disseminate come perle preziose della storia, delineano interessanti percorsi per viaggi avventura che si imprimono nella memoria. Non servono grandi discorsi per il Mar Rosso, ormai visitatissima meta balneare soprattutto per le immersioni subacquee, se non per sottolineare l’ inconfondibile bellezza dei fondali marini e della barriera corallina, ritenuti tra i più ricchi e interessanti al mondo.•

EGITTO

3



Sommario 5 NAVIGAZIONI pag. 6

LA MALÌA DEL NILO

viaggio nel cuore della cultura testo di Mirella Sborgia

pag. 14

pag. 16 pag. 17

pag. 28

pag. 33

NAVIGAZIONI Lago NASSER i siti archeologici salvati dall’UNESCO testo di Romeo Bolognesi CULTURA ...E nacque la passione per l’antico Egitto testo di Roberto Lippi

pag. 20

Una passeggiata al Cairo in tempi moderni ma con lo sguardo al passato

testo di Luisa Chiumenti

Italiani d’Egitto testo di Roberto Lippi CITTA’ ALESSANDRIA L’archeologia, la storia e le Corcniche testo di Anna Maria Arnesano DESERTI E OASI Il Deserto Bianco le bizzarrie della natura testo di Giulio Badini

pag. 42

Deserto sconosciuto tra Nilo e oasi testo di Giulio Badini

pag. 46

Un viaggio nella NEW VALLEY alla scoperta dell’altro Egitto testo di Teresa Carrubba

pag. 51

Oasi del FAYUM testo di Anna Maria Arnesano

pag. 52

L’oasi di Siwa il tempo si è fermato testo di Teresa Carrubba

pag. 70

CITTA’

DESERTI E OASI pag. 37

Il grande mare di SABBIA testo foto di Romeo Bolognesi

MAR ROSSO pag. 58

Il Mar Rosso

testo foto di Raffaella Ansuini

CUCINA A tavola testo di Raffaella Ansuini

EGITTO


6

N AV IG

La malìa

A

ZI O

N

I


del Nilo viaggio nel cuore della cultura Testo di

Mirella Sborgia Il nostro viaggio nell’Egitto culturale corre sul Nilo. Il lungo fiume sacro sulle cui sponde è sorta una delle civiltà più importanti della storia e le cui inondazioni periodiche garantiscono ancora oggi la vita di milioni di esseri viventi, a dispetto delle aride regioni circostanti, e molto di quel cotone che finisce nei nostri capi di vestiario

I

niziamo il nostro tour nella misteriosa Assuan, la città più meridionale dell’Egitto e luogo di frontiera tra due mondi: civilizzato e conosciuto l’uno, lontano e impenetrabile l’altro. L’Egitto è paese arabo

e mediterraneo, ma conserva altresì la cultura e le tradizioni della Nubia, la regione i cui fieri abitanti dalla pelle nera e dal fisico atletico, resistettero per secoli ad ogni forma di dominazione. Rischiando negli anni Sessanta di

scomparire per sempre, assieme alla loro terra, sotto le acque del lago Nasser, il gigantesco lago artificiale creato dalla diga di Assuan. Per non essere sommerse dai 6.000 kmq di area allagata, più di 90.000 persone dovettero la-

EGITTO

7


La malìa del Nilo - viaggio nel cuore della cultura

Il magnifico colonnato del tempio di Philae ad Aswan

8

sciare le loro abitazioni ancestrali, finendo per essere rialloggiate nella città ed i suoi dintorni. I siti archeologici e molti templi della Nubia che rischiavano l’allagamento furono letteralmente trasportati in posti più sicuri attraverso una imponente operazione culturale promossa dall’UNESCO. Nell’antichità, l’area dove sorge Assuan era chiamata Yeb, terra degli elefanti e fu proprio la sua posizione strategica per il controllo del traffico fluviale da e per la Nubia, punto d’arrivo della via carovaniera che giungeva da Nord diretta verso l’attuale Sudan, a favorire lo sviluppo ed il successo della città. Oggi Assuan vive prevalentemente dell’indotto turistico generato dalle numerose navi da crociera che ogni giorno

salpano dal suo porto fluviale per ridiscendere il Nilo alla volta di Luxor. La prima visita è al Tempio di Philae che, situato su una piccola isola a circa 6 km a Sud di Assuan, tra le due dighe. Per raggiungerlo ci imbarchiamo su una delle lance a motore che fanno regolarmente la spola con la località di Shellal trasportando i visitatori. Il Tempio è dedicato ad Iside, dea della maternità e della fertilità, associata alla regalità nella mitologia egizia. Originariamente era edificato sull’isola di Philae, ma per evitare che venisse sommerso dal lago Nasser, venne smontato e ricostruito sulla vicina isola di Agilkia, di una ventina di metri più alta. Il complesso templare fu nell’antichità un celebre luogo di pellegrinaggio e rag-

giunse il massimo dello sviluppo in epoca greco-romana. Fu l’ultimo baluardo dell’antica religione egiziana ad essere abbandonato di fronte all’avanzare del Cristianesimo: venne chiuso per ordine dell’imperatore Giustiniano nel 535 d.C. Il luogo colpisce subito il visitatore per la sua imponenza. Attraverso due splendidi portici colonnati, si accede al primo pilone del tempio, alto 18 metri e largo 45, le cui facciate raffigurano le immagini del re Tolomeo XII che trionfa sui nemici e la trilogia delle divinità egizie rappresentata da Iside, Hathor e Huros. Superato un secondo pilone, si entra nella parte principale del tempio. Attraverso un cortile e vari vestiboli, si accede al santuario che presenta ancora il basamento che sor-


9

reggeva la barca sacra con l’immagine della dea, mentre i rilievi e le iscrizioni delle pareti interne ed esterne ci parlano delle gesta della dinastia dei Tolomei e degli imperatori romani. Vi sono anche presenti iscrizioni in caratteri geroglifici, scolpite nel 394 d.C., che rappresentano l’epilogo di quel sistema di scrittura inventato 3.500 anni prima ed il primo usato dall’umanità insieme a quello Sumero. Aldilà del tempio, sulla riva orientale, si trova l’edificio più bello e rappresentativo del complesso archeologico: il Chiostro di Traiano. Si tratta di un edificio porticato con quattordici colonne dai preziosi capitelli campaniformi, costruito nell’era imperiale romana ma rimasto incompiuto. Avrebbe dovuto servire, probabilmente, per l’approdo delle barche sacre durante le processioni fluviali alla dea della maternità e della fertilità. Proseguiamo la nostra navigazione sul fiume e nella storia. Il sole al mattino illumina d’oro le acque del Nilo su cui stiamo navigando e le sponde rigogliose che da millenni i contadini egiziani coltivano con pazienza e dedizione. Lasciata Assuan, la nave ha iniziato lentamente la salita del Grande Fiu-

me, in questa autostrada fluida in cui navigano da millenni imbarcazioni cariche di genti e di merci. La direzione è verso Luxor, situata a duecento chilometri più a nord, verso la costa. La nostra seconda tappa è Kom Ombo, in posizione strategica su una piccola collina da cui si domina il corso del Nilo e da cui nell’antichità si poteva controllare il commercio dalla Nubia, per via fluviale e terrestre. Qui sorge un piccolo tempio, la cui peculiarità è quella di essere il solo in Egitto dedicato contemporaneamente a due divinità: il dio Sobek, dalla testa di coccodrillo, e il dio Haroeri, dalla testa di falco. Per questo, nonostante la pianta unitaria, il luogo di culto era formato in realtà da due templi appaiati. Gli splendidi rilievi sulle pareti e sulle colonne erano in origine dipinti con vividi colori naturali. Ma tranne in alcune aree non esposte alla luce diretta del sole, e non sempre visitabili, attualmente la pigmentazione è quasi completamente scomparsa. Tra gli affreschi meglio conservati e più interessanti, ve n’è tuttavia uno molto singolare, che mostra il calendario degli antichi egizi. Si comprende che essi dividevano l’anno in 3

EGITTO


La malìa del Nilo - viaggio nel cuore della cultura

stagioni, tutte legate ai cicli del grande fiume sacro: alla stagione dell’inondazione seguiva quella della semina e poi quella del raccolto. Una riprova del ruolo che il Nilo ha recitato e recita nella vita dei

10

suoi abitanti, anche se oggi, con la diga di Assuan, le inondazioni che dettavano il ritmo delle stagioni sono ormai venute meno. E’ proprio il paesaggio che in gran parte sembra immutato nei secoli, a dare un valore speciale a questo viaggio. La flora rigogliosa lungo le sponde, i contadini, gli allevatori, i pescatori: c’è tutto un mondo che vive lungo il fiume e grazie alle sue acque e che ci scorre davanti come in un film d’altri tempi. Dopo altri 55 Km giungiamo alla nostra prossima meta: la città di Edfu, detta anche Idfu. Si tratta di una cittadina localizzata sulla riva occidentale del Nilo, lungo un’ampia ansa di notevole bellezza. Qui, ad attendere i turisti che sbarcano dalle navi, ci sono decine di piccole carrozze a cavallo. Ne approfittiamo anche noi per attraversare velocemente la città che, oltre ad attirare un gran numero di visitatori

Il viale delle sfingi a testa di ariete nel Tempio di Karnak a Luxor


per il suo tempio, è altresì un importante centro commerciale per la produzione di zucchero e per le sue note ed antiche fabbriche di ceramica. Ma, oggi come ieri, Edfu è famosa soprattutto per lo splendido Tempio dedicato al Dio falco Horus. Quello giunto fino ai giorni nostri venne ricostruito in epoca tolemaica, tra il 237 ed il 57 a.C. sul luogo già precedentemente consacrato a questa divinità. A sorprendere è il perfetto stato di conservazione di questo grandioso edificio che rappresenta il prototipo ideale dell’architettura sacra dell’epoca. Probabilmente il suo ottimo stato di conservazione è stato aiutato dal fatto che solo nel 1860 venne liberato dalla sabbia che lo ricopriva fino all’altezza dei capitelli. I bassorilievi del pilone raffigurano il sovrano Neo Dionisio che prende per i capelli i nemici davanti al dio Horus e a sua moglie Hathor. Davanti al portale di ingresso, due grandi falchi di granito nero, ricordano al visitatore il potere del dio Horus. All’interno del cortile, nei rilievi dietro le colonne, è rappresentata la complessa cerimonia che si svolgeva ogni anno

durante la quale la statua di Horus custodita nel santuario veniva posta sulla barca sacra, che una volta caricata su una vera imbarcazione era trasportata sul Nilo verso la città di Dentera, dove il dio si ricongiungeva finalmente con la propria consorte Hathor, la cui statua era analogamente trasportata da un’altra città più a Nord, affinché la coppia divina potesse incontrarsi a metà del percorso. Tutte le pareti del tempio sono coperte di immagini religiose che sottolineano l’intimità del re con gli dei, con le tradizionali scene di offerte e di incontri raccontati da lunghi testi geroglifici. Guerre e amori, dei e dei faraoni, a loro volta considerati divinità. Templi imponenti e città nascoste per millenni lungo il Nilo, in cui le città dei vivi si trovano sempre sulla sponda orientale mentre la terra dei morti occupa normalmente quella occidentale. La navigazione ci conduce fino ad Esna, nell’antichità una delle località più importanti dell’alto Egitto (Tasenet) e successivamente uno dei maggiori centri di fede copta. La città è collegata alla sponda del Nilo da un’importante diga che sbarra il corso del fiume costringendo tutte le imbarcazioni a lunghe soste per accedere alla chiusa e superare il dislivello. Qui lo spettacolo, oltre che dal paesaggio, è arricchito dalle tante barchette degli abitanti locali che, approfittando della sosta forzata, tentano qualche guadagno gettando letteralmente sui turisti una pioggia

EGITTO

11


La malìa del Nilo - viaggio nel cuore della cultura

Singolare statua all’interno del Tempio di Karnak a Luxor

12

di vestiti, tappeti e tovaglie multicolori. In serata, si raggiunge finalmente la splendida Luxor, l’antica Tebe. L’alba del giorno successivo ci apprestiamo a visitare le meraviglie dell’antica capitale dell’ Egitto al tempo del Medio Regno, quasi quattromila anni fa. Veniamo a sapere che per motivi di sicurezza, purtroppo nella valle dei Re non è permesso di effettuare foto o riprese. Qui si trovano le splendide tombe dei faraoni, della XVII e XIX dinastia (dal 1570 al 1200 a.C.). Ci sono circa 60 tombe reali, tra le quali le più importanti sono quelle dei grandi Faraoni Ramsete IV, Seti I e Tutankhamon. In quest’ultima sepoltura da poco tempo è tornato il sarcofago reale e la mummia del giovane sovrano, la cui morte è stata nei secoli avvolta dal mistero. La scoperta della tomba di Tutankhamon, forse la più famosa della storia dell’egittologia, si deve certamente al fatto che si tratta di una delle poche sepolture dell’antico Egitto pervenuta a noi quasi intatta, l’unica di un Sovrano e, conseguentemente, la più ricca. Ma certamente ha contribuito al fascino del luogo anche la leggenda nera della cosiddetta “maledizione di Tutankhamon”, la cui mummia profanata avrebbe secondo la diceria colpito con morti premature tutti coloro che avevano preso parte alla spedizione che scopri la tomba. Nella stessa area sacra, un’altra stupefacente sosta meritano senz’altro i Colossi di Memnone, due gi-

gantesche statue che raffigurano il Re Amenofi III e che all’epoca fiancheggiavano l’ingresso del tempio funerario a lui dedicato. Sulla sponda orientale dell’antica Tebe, ovvero nella “città dei vivi”, a colpire invece sono i due monumentali templi della città dei vivi dedicati al Dio Amon: primo fra tutti quello di Karnak. Vi si accede attraverso un suggestivo viale fiancheggiato da una doppia file di sfingi con testa di ariete, che un tempo portava al porto. A impressionare è anche la monumentalità delle colonne, degli spazi, degli architravi e delle statue. Tutto doveva contribuire ad esaltare la grandiosità della figura del Faraone e a porlo sullo stesso piano delle divinità cui il tempio era dedicato. I geroglifici incisi sulle pareti e sugli obelischi narrano le gesta e le imprese del Re e descrivono i suoi incontri alla pari con gli dei: una ricchezza di simbolismi raffinati, il cui significato dopo un po’ ci sfugge e si confonde, lasciando però immutata l’emozione e la sensazione di trovarsi di fronte ad un’opera grandiosa degli esseri umani di tutti i tempi. E fa immaginare le lunghe processioni rituali che si snodavano lungo i circa tre chilometri e mezzo del Viale delle Sfingi fino al tempio di Luxor per la festa annuale delle inondazioni. Ad attendere il popolo egizio allora ed i visitatori di oggi, le statue colossali che caratterizzano l’imponente complesso templare, forse l’immagine più emblematica e sug-


13

Il raffinato tempio di Philae ad Aswan

gestiva dell’Egitto dei Faraoni. Sulla sinistra dell’ingresso, svetta con i suoi 25 metri il bellissimo obelisco in granito rosa di Assuan, orfano del gemello che fu donato alla Francia nel 1831. Ma è dopo il tramonto che il Tempio di Luxor, sapientemente illuminato da un raffinato gioco di luci, si trasforma magicamente nello scenario fantastico e un po’ onirico di un film sull’antico Egitto, regalando ai suoi visitatori una serie di immagini uniche e rendendoli protagonisti di una sorta di sogno collettivo, cui non possono sottrarsi neppure coloro che hanno avuto la ventura di visitare più volte questo luogo magico. Di tutt’altro stile il Tempio funerario della regina egizia Hatshepsut, scavato nella roccia su vari livelli. La sovrana Hatshepsut, al contrario di quanto comunemente si crede, non fu l’unica donna che riuscì a governare l’Egitto. Ma fu la sola a sfidare la tradizione e a installarsi saldamente per più di vent’anni sul trono divino dei faraoni, che era stato fino ad allora riservato solo agli uomini. Forse per questo, nonostante il suo prospero regno, dopo la sua morte si cercò con ogni mezzo di cancellare il suo nome e la sua immagine: i monumenti di Hatshepsut furono abbattuti o usurpati da altri, i ritratti distrutti e il nome cancellato dalla storia e dall’elenco ufficiale dei re egizi.•

L’emblematica statua del dio Horus nel Tempio di Edfu

EGITTO


LAGO NASSER - I siti archeologici salvati dall’Unesco

14


15

File di imbarcazioni lungo il Lago Nasser

LAGO NASSER

I siti archeologici salvati dall’Unesco Testo di

Romeo Bolognesi

I

l più grande lago del mondo non si trova in una regione settentrionale, temperata e verdeggiante, come sarebbe logico aspettarsi, ma in un’arida zona dell’Africa settentrionale, nell’estremo sud dell’Egitto al confine con il Sudan, in pieno deserto del Sahara. Si tratta del lago Nasser,

un bacino artificiale creato nel 1971 sul Nilo con l’erezione della Grande Diga di Assuan, che ha allagato una superficie di 5.250 chilometri quadrati, capace di contenere in media 135 miliardi di metri cubi d’acqua, occupando in pratica tutta la valle del grande fiume tra la prima e la seconda cateratta. In realtà un’altra

diga a monte della prima cateratta era già stata edificata nel 1902, ma di dimensioni nettamente inferiori. Quella attuale, vero capolavoro di ingegneria, è larga 3.600 metri e alta 111, ha richiesto il lavoro di 35.000 operai per 11 anni e una quantità di materiale 18 volte superiore a quello impiegato per erigere la piramide di

EGITTO


LAGO NASSER - I siti archeologici salvati dall’Unesco

la guardia della chiave del Tempio di Abu Simbel

16

Cheope. Il lago Nasser divenne famoso ben prima di nascere: si sapeva infatti che le sue acque avrebbero sommerso un gran numero di siti archeologici e di monumenti antichi molto importanti, ubicati sulle sponde del Nilo. Sotto la spinta dell’Unesco si scatenò allora una campagna internazionale per salvare almeno i 14 monumenti più significativi: quelli piccoli vennero spostati in blocco, i più grandi – come lo stupendo tempio di Ramses II ad Abu Simbel

– furono tagliati in decine di migliaia di pezzi numerati e ricostruiti in posizione più elevata. Un’operazione unica nella storia dell’umanità. Oggi il lago Nasser, creato tra mille polemiche e perplessità ecologiche, si presenta come un luogo di austera bellezza, autore di scorci panoramici decisamente suggestivi, con straordinari monumenti che vi si specchiano e le dune del Sahara a lambirne le rive. Nelle sue acque, divenute luogo di sosta per un gran nume-

ro di uccelli migratori, vivono pesci di eccezionali dimensioni, mentre sulle sponde si possono incontrare gazzelle, volpi e coccodrilli. E con la possibilità di incontrare una nuova etnia sahariana, quella dei beduini pescatori del Nasser, ex contadini e pastori che hanno dovuto abbandonare le loro ataviche professioni per inventarsi una nuova attività. L’operatore milanese -I Viaggi di Maurizio Levi- propone un’inedita spedizione di 9 giorni interamente dedicata all’esplorazione delle coste del lago Nasser. Di recente infatti un intraprendente svizzero è riuscito ad ottenere il permesso per navigare con un piccolo ma elegante battello, capace per il suo ridotto pescaggio di arrivare anche negli angoli più remoti e incontaminati, visitando le località archeologiche meno battute dal turismo di massa. Come il grande tempio di Amon a Wadi el Sebua, con la sua antistante sfilata di sfingi, costruito da Ramses II, il tempio di Thot, dio della saggezza, il tempio di Serapis, dove si trova l’unica scala a spirale esistente in un edificio dell’antico Egitto, oppure il tempio di Amon-Ra ad Amada, il più antico della zona, ornato dei più bei rilievi di tutti i templi nubiani, eretto da Tutmosis III, e Kasr Ibrim, localizzato su un’isola, inizialmente un tempio faraonico, poi trasformato in chiesa copta e quindi in moschea. E naturalmente anche Abu Simbel, la località più famosa di tutte per il celebre tempio ipogeo fatto costruire tra il 1290 e il 1224 a.C. da Ramses II scavando un’intera montagna, fronteggiato da quattro statue del faraone alte 20 metri. Il tutto in un contesto ambientale assai suggestivo, con grandi dune di sabbia rosa che si smorzano nelle acque, promontori di roccia color ocra, spiagge e baie selvagge dove la natura si presenta incontaminata. Un viaggio singolare e coinvolgente per la bellezza e l’unicità del paesaggio, dato da un enorme lago in mezzo al deserto.•


17

Il Tempio del Re Ramses II ad Abu Simbel, capolavoro dell’arte faraonica

EGITTO


RA LT U CU

...E NACQUE LA PASSIONE PER L’ANTICO EGITTO Testo di

P

Roberto Lippi

er quasi duemila anni la sabbia del deserto e le acque limacciose del Nilo avvolsero nell’oblio le vestigia dell’antica civiltà egizia. Fu la campagna di Napoleone in Egitto, del 1798, al cui seguito si trovava un folto gruppo di studiosi e scienziati, a dare il via a un’epoca di entusiasmanti scoperte del patrimonio archeologico egizio. Una vera e propria “febbre egizia”, che ebbe uno dei momenti più suggestivi nel ritrovamento della Stele di Rosetta, che permise di decifrare la criptica scrittura geroglifica. Da allora, si vide una vera e propria sfida tra le grandi potenze dell’epoca per scoprire - e portare in Europa – i reperti dell’antico Egitto. I consoli di Francia e Inghilterra arrivarono alle revolverate, pur di assicurare alle collezioni del Louvre e del British Museum i preziosi sarcofagi, gli obelischi e i bassorilievi dell’antico Egitto, complice la mancanza di interesse delle corrotte autorità locali dell’epoca verso questa gigantesca spoliazione dell’ingente patrimonio culturale. A questa corsa alla ricerca delle vestigia dell’antico Egitto partecipò anche l’Italia, ancora non riunificata, con le prime spedizioni dell’autodidatta Giovanni Battista Balzoni cui si devono le grandi scoperte in Egitto dell’era pionieristica del primo ‘800. Ma il fondatore dell’egittologia moderna in Italia fu il pisano Ippolito Rossellini, che organizzò

18

tra il 1828 e il 1829 la famosa spedizione franco-toscana nell’Alto Egitto e Nubia, insieme al padre dell’egittologia moderna (e decifratore della Stele di Rosetta), il francese Jean Francois Champollion. I numerosi reperti provenienti da quella spedizione costituirono il nucleo del museo egizio di Firenze, primo in Italia. In questa competizione anche culturale anche tra i diversi regni d‘Italia, quello Sabaudo non poteva di certo rimanere indietro. Dopo Firenze, quindi, anche Torino si appresterà ad allestire il proprio Museo Egizio e a fomentare una valida scuola di studiosi e esploratori dell’antico Egitto, ove è nel frattempo cessato il periodo della grande razzia di reperti e tombe, con l’istituzione del Servizio delle Antichità Egizie voluto dall’archeologo francese Auguste Mariette. Tra le grandi figure sabaude, spicca quella di Ernesto Schiapparelli, che nel 1904 scoprì quella che è considerata la tomba più bella mai riportata alla luce in Egitto, ultima dimora della regina Nefertari, sposa del grande faraone Ramses II, nella cosiddetta Valle delle Regine. Schiapparelli diresse a lungo il museo egizio di Firenze e poi quello di Torino, dove ancora oggi si possono ammirare alcuni dei corredi funerari e degli oggetti di gran pregio rinvenuti durante le campagne di scavo che resero memorabile l’era della febbre egizia in Europa.•


Italiani d’Egitto Testo di

Roberto Lippi

L

a presenza italiana in Egitto viene da lontano ed è stata particolarmente significativa nei momenti più importanti dello sviluppo storico del paese, contribuendo alla formazione e alla conservazione dell’identità culturale. Nel corso dell’800 si stabilirono ad Alessandria e al Cairo cospicue comunità italiane, ben inserite nella vita economica e sociale del Paese. In un primo tempo, il maggior contributo all’emigrazione italiana in Egitto venne dato dagli israeliti di Toscana e dello Stato Pontificio, in cerca di maggior tolleranza e migliori condizioni di vita. Poi, dal 1821, arrivarono gli esuli politici, che trovarono in Egitto un tranquillo asilo e costituirono un’élite di professionisti, tecnici, militari e artisti, che ebbe una notevole importanza nel processo di modernizzazione voluta dal viceré Mohammed Ali. Alla morte di Mohammed Ali, nel 1849, la comunità italiana contava non meno di 10.000 persone. La lingua italiana era usata dal governo, dal mondo degli affari, e nelle relazioni fra i Consoli stranieri. Attorno al 1860 si aggiunse una seconda ondata di emigranti con altre caratteristiche: ingegneri, tecnici ed operai attirati dai lavori in corso per la realizzazione del Canale di Suez, che in gran parte si stabilirono definitivamente nel Paese. Nel 1882, con il bombardamento di Alessandria, iniziò l’occupazione inglese dell’Egitto, che durò per quasi settant’anni. La comunità italiana contava allora 18.000 persone, il 70% delle quali ad Alessandria. Con il protettorato inglese iniziò l’arretramento delle posizioni italiane, sia nella lingua che negli impieghi nella pubblica ammini-

strazione. Ma i grandi lavori pubblici (la prima diga di Assuan, la diga del Delta, i grandi ponti in ferro sul Nilo) attirarono ancora numerosi italiani. Negli anni Trenta, gli italiani in Egitto erano saliti a 52.000, ma in gran parte la comunità era ormai costituita da operai, che in molti casi seppero trasformarsi in imprenditori e capi d’azienda. Il declino della presenza italiana coincide con lo scoppio della seconda Guerra Mondiale, quando gli italiani residenti in Egitto vennero internati nei campi di concentramento inglesi. Poi, nel 1952 il colpo di stato dei “liberi ufficiali” guidati da Nasser fece voltare pagina definitivamente all’Egitto, con il rovesciamento della monarchia, il processo di nazionalizzazione dell’economia e il divieto alle società pubbliche e private di dar lavoro agli europei. Iniziò così il rimpatrio definitivo della comunità italiana d’Egitto, considerato come seconda patria. Nei 150 anni che vanno dal 1802 al 1952 molti italiani si sono resi celebri per la loro attività svolta in Egitto. E molti sono gli italiani celebri che lì sono nati, tra tutti il padre del futurismo, Tommaso Marinetti, il poeta Giuseppe Ungaretti, il regista Goffredo Alessandrini o la cantante Yolanda Gigliotti (Dalida). L’Italia, inoltre, fu la destinazione scelta per l’esilio dell’ultimo re d’Egitto, Faruk. La testimonianza della lunga permanenza e dell’integrazione di comunità italiane in Egitto resta a tutt’oggi nelle centinaia di termini italiani presenti nella parlata colloquiale egiziana (specialmente nelle grandi città costiere).•

La famosa Torre de Il Cairo

EGITTO

19


CI TT A’

UNA PASSEGGIATA A IL CAIRO in tempi moderni, ma con lo sguardo al passato

Testo di

Luisa Chiumenti

A 20

una conoscenza approfondita, la città de Il Cairo, specie al suo centro moderno, svela un particolare fermento, che fa intuire che si tratta di una città viva dove ognuno, a suo modo, sa di dare un contributo al dipanarsi del tempo. E le sue vie hanno comunque un loro fascino antico. Affollata sia di giorno che di notte e

sempre congestionata dal traffico, il fulcro dell’attività quotidiana dei cairoti è la grande piazza centrale, Midan el-Tahrir, cui fanno capo, con autobus gremiti, metropolitana sovraccarica e molti taxi -non sempre modernissimi-, che portano al lavoro i circa venti mila funzionari del il Mogamma, il monolitico edificio dell’amministrazione statale, progettato dall’architetto egiziano,

Kamal Ismail. La struttura colossale dell’edificio, di ascendenza stilistica apparentemente sovietica, ha tuttavia un suo aspetto più leggero, dovuto alla concavità del lungo prospetto aperto sulla piazza. La piazza in effetti accoglie tutti i più importanti riferimenti per un viaggiatore attento che voglia entrare nello spirito della città poiché vi sono concentrati, oltre al Museo Egizio, alla


sinistra di questo, il lussuoso albergo Nile Hilton, che sull’altro fronte guarda appunto il Nilo e, nella parte opposta della piazza, l’Ali Baba Cafeteria, per una sosta piacevole. Dalla piazza poi, proseguendo in direzione sud, nell’area in cui un tempo c’era una fabbrica di sigarette, fa bella mostra di sé l’edificio dell’Università Americana del Cairo, scuola superiore frequentata dai personaggi più influenti che vi iscrivono i figli per dare loro un’educa-

zione di prestigio alla maniera occidentale. Stupisce l’ampiezza del panorama, disteso sotto un cielo sempre azzurro, che si apre all’ultimo piano della Cairo Tower (burj al-qāhira), che gira lentamente con il suo ristorante (una rotazione di circa settanta minuti). Alta ben 187 m., é stata la più alta struttura in Egitto e nel nord Africa per 50 anni ed é rimasta la più alta in Africa fino a quando, nel 1971, non fu sorpassata dalla Hillbrow Tower in South Africa.

EGITTO

21


UNA PASSEGGIATA A IL CAIRO in tempi moderni, ma con lo sguardo al passato

Una suggestiva immagine delle piramidi al tramonto

22

Costruita fra il 1956 e il 1961, fu progettata dall’architetto egiziano Naoum Chebib e con la sua particolare struttura esterna continua ad evocare, sotto la luce intensa del sole che sembra mutarne il colore a seconda delle fasi del giorno, le foglie di quella splendida pianta di loto che fu così cara ai Faraoni dive-

nendo poi vera e propria icona dell’ antico Egitto. E questo é il fascino della terra del Cairo: una continua memoria del passato, che si legge nelle strade, nelle piazze, nei monumenti, nello sguardo stesso, a volte dei passanti, che sembrano accomunare orgoglio e nostalgia assieme, accettando il futuro, ma con la

mente ad un passato grandioso che nulla può cancellare. E dalla Cairo moderna e contemporanea si penserebbe di penetrare attraverso i secoli con la “macchina del tempo”, se, giunti a Giza si vedessero solo circolare i cammelli di qua e di là delle piramidi e dell’enigmatico profilo del-


23

la Sfinge, se non si fosse circondati da una vera e propria fiumana di visitatori e di pullman turistici ben poco lontani! Ma se per un attimo si riesce a dare le spalle a tutto ciò, si é come sollecitati a rimanere immobili e a lasciare che una diversa moltitudine di uomini appaia all’orizzonte: sono gli infa-

ticabili costruttori di quelle opere monumentali. Ecco la Piramide di Cheope la cosiddetta ”Grande piramide”, unica delle sette meraviglie del mondo antico giunta sino a noi e la più grande piramide egizia, nonché la più famosa del mondo. È anche la più grande delle tre piramidi della necropoli di

Giza, costruita, si presume, intorno al 2570 a.C., e rimasta l’edificio più alto del mondo per circa 3800 anni. Eretta da Cheope, nome Horo Medjedu ossia “Colui che colpisce”, della IV dinastia dell’Egitto antico come monumento funebre, è stata realizzata dall’architetto reale Hemiunu. All’interno,

EGITTO


UNA PASSEGGIATA A IL CAIRO in tempi moderni, ma con lo sguardo al passato

come per molte altre sepolture reali dell’antico Egitto, saccheggiate dai violatori di tombe già nell’antichità, non è stata trovata alcuna sepoltura e ciò ha fatto nascere un buon numero di teorie, fino ad oggi prive di reale fondamento, sul fatto

che le piramidi in realtà non siano monumenti funebri. L’attribuzione della grande piramide a Cheope è deducibile dalla concordanza dei rilievi archeologici con i dati storici disponibili, costituiti dai libri dello storico greco Erodoto.•

La famosissima Moschea di Muhammad Ali Pasha nella Cittadella de Il Cairo

24

I caldi colori delle spezie del souq a Il Cairo


La statua di Akhenaten nel Museo Egizio de Il Cairo

Il Museo Egizio e la Cittadella Testo di

Raffaella Ansuini

Fondato nel 1858 dall’archeologo francese Auguste Mariette, successivamente ampliato da Gaston Maspéro e trasferito nel1902 nella nuova sede, midan el Tahrir, nel centro del Cairo, il Museo raccoglie circa 140.000 reperti della cultura faraonica, dal periodo dell’Antico Regno, a quello del Medio e Nuovo Regno ed infine all’età Greco-Romana. Le sale espositive al pianterreno consentono di avere un’idea più che completa dell’arte egizia, dal pre-dinastico sino ai primi secoli della nostra era. Il piano superiore invece raccoglie manufatti, oggetti, gioielli, mummie e corredi funerari tra i quali troneggia par-

te del tesoro di Tutankhamon, il faraone della XVIII Dinastia, nella cui tomba rinvenuta intatta nella necropoli della Valle dei Re dall’archeologo inglese Howard Carter nel 1922, furono portati alla luce 3500 reperti di cui un buon numero è esposto oggi nel Museo. La Cittadella fu costruita dal Saladino su di una terrazza di roccia, in un’area fitta di costruzioni intersecate da stradine strette e tortuose, dominata dalla Moschea di Muhammad Ali, costruita nel 1828 in alabastro bianco.Il panorama chw si gode da qui è unico, ad occidente il Nilo e la verdissima isola di Roda, ancor più là le estremità delle piramidi e a sud

il vecchio Cairo, racchiuso entro le mura della fortezza romana di Babilonia. Alle spalle si estende la Città dei Morti, la necropoli musulmana caratterizzata da cupole e minareti, che fu nel XIV secolo il luogo prediletto per la meditazione dai mistici musulmani “sufi” che qui fecero deporre le tombe dei loro sceicchi. In seguito la città ospitò quelle dei reali mamelucchi, fino a divenire un vero cimitero.. Nel tempo, a causa dell’aumento demografico, le tombe, costruite secondo la concezione faraonica, quindi come delle case, diventarono abitazioni alle quali vennero affiancate costruzioni in fango e mattoni.•

EGITTO

25


UNA PASSEGGIATA A IL CAIRO in tempi moderni, ma con lo sguardo al passato

il Museo di Arte Islamica Testo di

Virginia Tedesco Il divieto coranico di raffigurare persone umane fa dell’arte islamica un unicum rispetto alle espressioni artistiche di altri popoli, penalizzando ad esempio pittura e scultura a favore di altri generi di manifestazioni quali l’architettura e le arti decorative in genere, arrivando a creare espressioni del tutto peculiari, estranee alle altre culture finitime, come la calligrafia e l’arabesco, e finendo per elevare al rango artistico anche normali produzioni artigianali in legno, pietra, metallo, tessuto, ceramica, vetro e quant’altro. Nonostante l’ampio spazio geografico e temporale in cui si estrinseca, che si estende dalla Spagna moresca all’India moghul e oltre e poi dal VII sec. fino ai giorni nostri, e le infinite influenze e contaminazioni da parte di innumerevoli culture coeve e confinanti, l’arte islamica presenta un’incredibile unitarietà e non nasconde la sua missione religiosa nell’esaltazione estetica della bellezza riflessa da Dio. Uno dei luoghi migliori ove cogliere l’evoluzione dell’arte musulmana nel tempo è costituito dal Cairo, da sempre una delle maggiori e più importanti capitali del mondo arabo, in posizione centrale e sede di una delle più antiche e qualificate università coraniche. Proprio a Il Cairo ha appena riaperto i battenti, dopo

26

Lampada esemplificativa dell’Arte Islamica

sette anni di restauri, il Museo di Arte Islamica, una delle tre maggiori istituzioni museali della città (assieme al Museo Egizio e a quello Copto, ma assai meno famoso e frequentato di questi due) e tra i più importanti in assoluto nel suo genere. Creato nel 1902 e ospitato in un edificio ottocentesco in stile neoislamico residenza del kedivè, le sue 23 stanze espongono 2.500 oggetti selezionati su un fondo di 100 mila, tra cui porte intarsiate, pulpiti, fontane, lampadari, e poi raccolte di vetri, ceramiche, arazzi e tappeti, libri miniati, armi, costumi, argenterie, specchi, mosaici, ecc. I pezzi forti: una chiave dorata della Kaaba della Mecca, un dinaro islamico del 697, manoscritti coranici e alcune mashrabiyya, decorazioni di finestre e balconi per filtrare la luce e consentire alle donne di vedere in strada senza essere viste. Il museo riflette solo in minima parte la celebre ricchezza storica e monumentale di questa capitale islamica, dalla Cittadella fortificata alle innumerevoli moschee di ogni epoca e dimensione, dai palazzi ottomani ai bazar e ai caffè storici, dalle madrase ai mausolei di califfi e sultani, fino all’incredibile Città dei Morti, tuttora abitata a dispetto del nome anche dai vivi.•



ALESSANDRIA l’archeologia, la storia e la Corniche

ALESSANDRIA L’archeologia, la storia e la Corniche

La possente Fortezza di Alessandria

Testo di

Anna Maria Arnesano

28

S

ulle carte geografiche egiziane Alessandria non la si trova più, perché adesso si chiama Iskandariya, nome arabo di Alessandro Magno, che la fondò. Un tempo era la seconda

metropoli egiziana e il maggior porto del Mediterraneo, ma ha visto scomparire nei secoli le sue più belle ed importanti opere architettoniche come il gigantesco e mitico faro all’ingresso del porto, ritenuto una delle sette mera-

viglie del mondo antico, purtroppo distrutto dai terremoti, e la leggendaria biblioteca, scrigno della cultura classica bruciata prima dai Romani e poi da estremisti cristiani. Inoltre vide scomparire anche la reggia –crollò in mare


29

L’anfiteatro romano nel centro di Alessandria

EGITTO


ALESSANDRIA l’archeologia, la storia e la Corniche

La cupola che caratterizza la Biblioteca di Alessandria

30

circa 1.200 anni fa - dove visse Cleopatra, considerata all’epoca la donna più bella e più famosa addirittura rispetto a Berenice, ex regina di Alessandria e moglie di Tolomeo per il quale aveva sacrificato la sua bionda chioma. Da allora sono passati moltissimi secoli e la città ha fatto di tutto per ritornare alla luce. E’ ritornata, infatti, ad essere la seconda metropoli egiziana e il maggior porto del Mediterraneo, benché la stampa internazionale citi quasi sempre e solo Il Cairo e mai Alessandria. Eppure, in questa raffinata città che ha dato i natali a Giuseppe Ungaretti, si incrociano storie d’altri tempi tangibili ancora oggi attraverso i monumenti antichi, molti dei quali nascosti sottoterra o in fondo al mare, ma pure significative modernità. Sulla Corniche -il lungomare- si affacciano palazzi neoclassici, neomoreschi, neorinascimentali assieme a caffetterie storiche che continuano ad ostentare le vecchie e

leggendarie insegne. Negli ultimi decenni questa città cosmopolita, forte di tre milioni e mezzo di abitanti, che diventano sei calcolando i sobborghi, stretta fra il mare e un lago interno, e dunque costretta ad estendersi solo in lunghezza, è tornata ad essere elegante e vivace, moderna e colta.

QUATTRO ITINERARI ALLA SCOPERTA DI ALESSANDRIA Il giro più classico della città ha come filo conduttore l’archeologia. Si parte dal Museo GrecoRomano; si raggiunge poi il vicino Teatro Romano, passando dalla cosiddetta Colonna di Pompeo, che in realtà venne edificata per l’imperatore Diocleziano, alle Catacombe di Kom El – Shukafa. Quindi, tornando verso il mare, si punta sul forte di Qait Bey che ha recuperato parte delle pietre dell’antico faro. Poco lontana si trova la Necropoli di Anfushi. Il secondo percorso porta alla mitica

Corniche, sulla quale si affaccia la Moschea Abu El-Abbas. Più avanti si notano il Monumento al milite ignoto e la piazza Saad Zaghlul. Corrispondente alla Corniche corre un’altra strada importante, l’Horreya, nei cui pressi è situata la chiesa di Santa Caterina, con la tomba di Vittorio Emanuele III, il quale morì ad Alessandria quando era in esilio. Fuori dal centro il Museo del Tesoro Reale. L’altra tappa è alla periferia est della città dove si trovano: il parco di ElMontazah e il sobborgo di Abukir. Nei dintorni ci sono fortini e rovine di epoca ellenistica. Il quarto percorso, dulcis in fundo, è la visita alla Biblioteca, ricostruita grazie all’UNESCO e ricollegata idealmente a quella distrutta sedici secoli fa, deposito di ogni sapere. Grazie alla Biblioteca, Alessandria divenne residenza prediletta di molte personalità della cultura: da Eratostene a Euclide e Callimaco, da Marco Antonio all’imperatore Teodosio.•


Biblioteca di Alessandria

31

Il genio costruttivo di tutto il mondo,
nell’impegno, stimolato dall’UNESCO, per la
realizzazione della nuova “BIBLIOTECA ALEXANDRINA” Testo di

Luisa Chiumenti L’Egitto, uno dei Paesi più avanzati del mondo arabo, mantiene pur sempre intatte, nelle sue grandi città come Il Cairo ed Alessandria, le sue millenarie radici storiche. Così Alessandria, che ha oggi una popolazione ben cinque volte superiore a quella che aveva nell’antichità, si offre con la sua nuova Biblioteca, come depositaria e al tempo stesso promotrice di cultura internazionale. E’ così che il sogno di una nuova biblioteca che ripristinasse il mito di quel grande crogiuolo di sapienza, che era stata la biblioteca fondata da Alessandro Magno ben 2500 anni fa e rovinata in un incendio nel 48 a.C., si è avverato nella realizzazione della nuova “Biblioteca Alexandrina” che rappresenta molto bene questa prodigiosa sintesi di Storia e di realtà moderna. Ma dove situare il nuovo edificio? In effetti, a cominciare dagli anni ’50 del ‘900, un archeologo subacqueo inglese, Ho-

nor Frost, con un team di archeologi qualificati in “archeologia psichica”, in grado di coinvolgere anche un’utile percezione extrasensoriale, e sotto la guida del prof. Schartz, riuscì ad evidenziare alcune vestigia della Alessandria tolemaica, nelle acque del Porto orientale. Quei resti fecero allora pensare particolarmente alla vera situazione del Faro di Alessandria, ma dettero anche utili indicazioni sul sito dell’antica Biblioteca ( cfr. Derek Adie Flower, I lidi della conoscenza. La storia della Biblioteca di Alessandria – Bardi ed.). Fu sul finire degli anni ’80 del secolo scorso che la società norvegese di Architetti Snohetta, vinse il primo premio in un concorso internazionale al quale avevano partecipato ben 524 gruppi di progettazione in tutto il mondo e che, sullo stimolo dell’UNESCO, aveva proposto di sottoporre all’attenzione mondiale un progetto di ricostruzione

La modernissima sala di lettura della Biblioteca di Alessandria

EGITTO


ALESSANDRIA l’archeologia, la storia e la Corniche La sfinge che domina dalla collina di Alessandria

32

dell’antica Biblioteca. Quando il concorso fu bandito nel 1989, la società di architetti Snøhetta, che comprendeva cinque giovanissimi professionisti ( di cui uno americano, uno austriaco e uno norvegese ), il progetto venne preparato in 11 mesi a Los Angeles; ma dato poi l’impegno internazionale imposto dall’UNESCO, nel 1991 nacque la “ Snøhetta Hamza Associates”, con la partecipazione al progetto di 13 società con sede in Egitto, Inghilterra, Italia, Austria, Francia e Norvegia. Ed è interessante sottolineare come sia stato il Presidente stesso Hosni Mubarak, ma soprattutto la moglie, a coordinare il Comitato internazionale eletto nel 1989 a questo scopo e come sia stata anche emanata una legge che ha posto la nuova Biblioteca Alexandrina sotto la diretta responsabilità del Presidente e dell’Amministrazione Statale. E’ così che, lungo la “Corniche”, la strada che contorna il Porto Orientale, affascina la vista del grande “disco solare”, proiettato verso il mare, costituente la singolare copertura ideata dal gruppo Snøhetta ( Consulenti e Partners: Hamza Associates, Cairo, Dr. Mamdouh Hamza, Principal ) che, per la committenza dell’UNESCO e della Repubblica Araba d’Egitto, vinse il primo premio nella competizione per la realizzazione della Biblioteca ( su terreno donato dall’Egitto, e con finanziamenti erogati da tutti i paesi del mondo). Evidente si manifesta una grande simbologia legata alla stessa storia della grande civiltà egizia: così ad esempio, oltre al “disco solare”, che si protende verso il Mediterraneo con quella particolare inclinazione così decisiva per la luminosità degli spazi interni ( così come è grande il valore della luce del Sole ), anche il Planetario, in forma di globo,

vuole ricordare come i primi scienziati di Alessandria fossero stati sia astronomi che astrologi. E dal grande ponte, così come dalla spianata antistante la Biblioteca, è come se “la prospettiva delle conoscenze” si aprisse davvero a comprendere tutto l’Universo attraverso quel globo che può appunto “librarsi” verso il cielo! Si tratta comunque di una “geometria” abbastanza complessa, anche se molto semplice e fruibile visivamente nel suo aspetto esteriore, poiché non è in effetti di un vero cilindro, ma una sezione di toro, non direttamente appoggiata al suolo, ma per metà interrata, ad una profondità di 12 metri ( si pensi alle modalità di interramento della Torre di Pisa ). Ed è così che l’inclinazione pari a 16,08 gradi permette alla luce naturale di entrare liberamente nella immensa sala di lettura, mentre le finestre dal taglio così particolare, si aprono su diverse prospettive di cielo e di mare. Si pensi alla eccellenza funzionale di una biblioteca la cui sala di lettura, con i suoi circa 20.000 metri quadrati di estensione ( è la più grande del mondo ! ), possa accogliere 2000 persone, che lavorano contemporaneamente. Essa consta infatti di sette terrazze con tavoli di lettura verso i bordi e scaffali, celle, magazzino e sale riunioni verso l’interno. Ed è sempre assicurato ai lettori il massimo effetto della luce indiretta che viene dai 56 moduli del “tetto a prova di sole”. L’alto livello di prestazioni degli architetti, degli ingegneri e degli artigiani del nostro tempo, si ricollega così, in modo eccellente, a quella prodigiosa arte del costruire che aveva portato l’Egitto all’ altissimo livello di costruzioni come le Piramidi o il grande Faro di Alessandria.•


D ES E TI ER I AS O Le incredibili formazioni calcaree del Deserto Bianco

Testo di

Giulio Badini

I

l Deserto Occidentale egiziano, anche chiamato Deserto Libico, la grande distesa di dune, depressioni e rocce che si estende dalle rive ovest del Nilo fino ai confini con la Libia e oltre, nonché dal Mediterraneo fino al Sudan, occupando ben i due terzi del Paese, cela al suo

interno uno dei maggiori gioielli paesaggistici e geologici non solo dell’Egitto, ma di tutto il Sahara, anche se non adeguatamente conosciuto e valorizzato come meriterebbe. Si tratta del Deserto Bianco,

Sahra al Beida in arabo e Uadi Gazar o Valle delle Carote per i beduini locali. Un’area di 600 kmq che occupa la grande depressione attorno all’oasi di Farafra fino a lambire quelle di Baharya e Siwa,

EGITTO


IL DESERTO BIANCO le bizzarrie della natura

34

caratterizzata da una selva incredibile di pinnacoli, torrioni e funghi di candido calcare microfossilifero incredibilmente erosi nel tempo dal vento in mille incredibili forme bizzarre. Sono rocce sedimentarie formate dai gusci calcarei di organismi marini depositati sul fondo di antichi mari che occupavano le attuali depressioni presenti nel tratto centrale del Deserto Occidentale, dove sorgono le oasi egiziane per la presenza di acque profonde affioranti. Una volta emerse dal mare queste rocce sono state abrase in maniera selettiva in base alla loro consisten-

za dai forti venti carichi di sabbia che spazzano da sempre il deserto e formano le dune. Il risultato è l’attuale Deserto Bianco, un luogo dove la geologia dà spettacolo, con monoliti tanto candidi come nessuno immagina di trovare nel Sahara ad emergere dalla sabbia rossa a formare uno scenario unico e surreale. E poi, nella luce flebile dell’alba e del tramonto gli speroni di roccia che si tingono di rosa e di arancio, oppure sotto la luna e le stelle a trasformarsi in un paesaggio artico di ghiaccio. E questo luogo magico, che già di per sé giustificherebbe un


35

viaggio, risulta anche connesso a mitici personaggi del passato: dall’esercito dei 50 mila soldati persiani di Cambise scomparsi nel nulla 2.500 anni fa, travolti da una implacabile tempesta di sabbia mentre si avviavano alla conquista dell’oasi di Siwa, ad Alessandro Magno che dopo la conquista dell’Egitto nel 331 a.C. andò a Siwa per farsi incoronare faraone dal più famoso oracolo dell’epoca, alla regina Cleopatra che attendeva nella verde oasi il suo bell’Antonio per un rendez-vous d’amore, fino agli esploratori Rohlf e Almàsy -quello de Il paziente inglese- alla perenne

ricerca della leggendaria oasi di Zerzura. CAMEL SAFARI Se l’esplorazione del Deserto Bianco risulta un’esperienza indimenticabile compiuta in fuoristrada, a maggior ragione diventa straordinaria se effettuata a piedi, al seguito di una piccola carovana di dromedari in un camel safari, potendo scoprire in silenzio, al passo lento ma costante dei quadrupedi, i mille aspetti misconosciuti del deserto e gli angoli più suggestivi e nascosti di questo universo da favola,

EGITTO


IL DESERTO BIANCO le bizzarrie della natura immergendosi completamente in un ambiente magico. Un itinerario di 8 giorni nel Deserto Occidentale, di cui la metà dedicati ad una meharèè a cammello nel Sahra al Baida. Si cammina tranquillamente in piano tra i pinnacoli per 5-6 ore al giorno, potendo scegliere se andare in groppa al dromedario (dimenticate le suggestive immagini di Lawrence d’Arabia a cammello o le polverose cariche dei beduini perché le selle di questi quadrupedi sono piuttosto scomode se non si è del mestiere e ogni volta che si sale o si scende si rischia di cadere) oppure guidarlo a piedi facendosi trasportare il bagaglio. E ogni sera si monta il campo sotto la magnifica volta stellata in un posto diverso, sempre fantastico alla fiamma dei falò. Visite -e bagno- alle sorgenti termali e al museo etnografico dell’oasi di Farafra, la più anomala delle oasi egiziane per l’origine senusso-libica dei suoi abitanti le cui donne escono a volto scoperto, nonché al museo delle mummie d’oro e ad alcune tombe dipinte nella necropoli di Baharya, la maggiore d’epoca tolemaico-romana d’Egitto.•

36


37

Il grande mare di

SABBIA Testo di

Romeo Bolognesi

L

a stragrande maggioranza di quanti visitano l’Egitto limitano il proprio itinerario alla capitale e alla valle del Nilo, dove per altro si concentrano i maggiori tesori della civiltà egizia. Ma in Egitto, grande tre volte l’Italia, il 90 per cento del territorio inizia invece proprio oltre le sponde coltivate del grande fiume. Peccato si tratti di un terreno arido e inospitale, estremo lembo orientale del Sahara, ripartito nel montuoso deserto

orientale ad est, fino alle sponde del Mar Rosso, e in un’enorme distesa di dune ad occidente fino oltre confini con la Libia, punteggiata da qualche isolata oasi, non a caso chiamata il Grande Mare di Sabbia. Quest’ultimo costituisce uno dei deserti più estesi e meno frequentato di tutto il Sahara. Battuto dal violento vento khamasin e dalle sue micidiali tempeste di sabbia, evitato anche dalle carovane per la cronica penuria d’acqua. Fino al 1920-30, all’avvento dei

EGITTO


IL GRANDE MARE DI SABBIA

mezzi meccanici, diversi tratti risultavano inesplorati e ancora oggi sono ben pochi ad avventurarsi in questo mondo minerale. Solo durante l’ultima guerra mondiale italiani e tedeschi da una parte, inglesi ed egiziani dall’altra, lo attraversarono più volte per infiltrarsi dietro le linee nemiche. Soltanto di recente il turismo ha scoperto il fascino e le attrattive di questa regione, lunga 600 chilometri e larga poco meno, enormi distese di dune policrome alte fino a 150 metri, non solcata da alcuna strada o pista, una fitta rete di corridoi interdunali, vaste depressioni che scendono sotto il livello del mare, strumenti litici, incisioni e pitture preistoriche risalenti all’epoca in cui il Sahara era verde e popolato da uomini ed animali, templi, fortezze e tombe dipinte di epoca egizia, tolemaica, romana e copta, resti fossili, enormi laghi salati, le incredibili formazioni calcaree di un bianco accecante curiosamente erose nel Deserto Bianco, il Sahra alBeida, e poi l’inimmaginabile prosperi-

38

tà di una serie di oasi con esuberanti palmeti, case di fango, innumerevoli sorgenti minerali calde e fredde e consistenti laghi. Il Deserto Occidentale, o Gran Mare di Sabbia, che da solo occupa i due terzi del territorio egiziano, si estende dall’oasi di Siwa a nord fino ai massicci del Jebel el Uweinat (alto quasi 2.000 metri e formato da scisti cristallini e graniti) e del Gilf el Kebir (composto da arenarie e alto mille metri) a sud, quasi ai confini con Sudan e Libia, mentre ad ovest prosegue con continuità nel deserto libico con uguali caratteristiche ambientali e morfologiche, fino all’oasi libica di Cufra. Si tratta di una delle aree più aride del pianeta. Infatti se il Sahara in generale riceve in media 100 millimetri di pioggia all’anno, assai scarsa ma sufficiente da parecchie parti a garantire una vita vegetale, animale e umana, qui la media rag-


giunge appena i 5 millimetri, giustificando pienamente l’assenza di insediamenti umani anche nomadi e temporanei, nonché di piste di attraversamento per l’assenza di punti di rifornimento idrico durante il percorso. Unici punti di vita sono le grandi oasi, situate sui margini orientali, di Baharia, Siwa, Farafra, Dakhla e Kharga, già abitate fin dagli albori della storia dell’uomo a partire dal Paleolitico superiore, come ci attesta il rinvenimento di numerosi strumenti litici risalenti a 10 mila anni fa. Oasi fondamentali per consentire ancora oggi la presenza umana in questo tratto marginale di deserto. Già lo storico e geografo greco Erodoto le definì “isole benedette” per la loro importante funzione di punti nevralgici lungo le rotte commerciali tra l’Africa interna e il Mediterraneo. Per il resto la totale aridità non consente la vita

nemmeno ai nomadi con la loro misera economia di sussistenza, non ci sono più piste né wadi anche temporanei e anche l’antica rete idrografica – ben presente e marcata in tutto il Sahara – qui risulta ormai cancellata dall’erosione. Un mondo quindi solo minerale, dove si può camminare per settimane e mesi non soltanto senza incontrare anima viva, ma neppure le tracce di pneumatici di visite precedenti, eppure ricco di spettacolari formazioni geologiche come i pinnacoli e i monoliti di roccia del Gilf el Kebir, curiosamente erosi in mille forme bizzarre a stuzzicare la fantasia, il Deserto Bianco, l’unico al mondo dove la sabbia sembra una coltre di neve e surreali sculture di candido calcare emergono dal suolo, depressioni che scendono fin sotto il livello del mare, come el Qattara situata a – 133 metri e, all’esterno, laghi salati e sorgenti di acque termali e minerali. Ma il quadro ecologico, climatico e ambientale non

EGITTO

39


IL GRANDE MARE DI SABBIA

40


è sempre stato come lo vediamo noi oggi. I reperti preistorici e le pitture rupestri nelle grotte e nei ripari sottoroccia dei massicci montuosi ci narrano di un Sahara verde, così come altrove, disseminato di savane alberate, di fiumi e di laghi popolati da una fauna selvatica che ora vive in Africa a latitudini assai più meridionali, con figure umane ritratte in scene di battaglia, di caccia, di danza e di vita sociale, nonché di donne addobbate con strani ornamenti. Dodici mila anni fa infatti la falda freatica locale, alimentata da frequenti e regolari piogge, scorreva in parecchi punti quasi a lambire la superficie, come ci attesta la presenza di antichi pozzi poco profondi, ora totalmente inattivi e ricoperti da una crosta di sale. Per le sue attuali condizioni di aridità l’esplorazione del Gran Mare di Sabbia è iniziata, e con non poche difficoltà, soltanto alla fine del 1800, quando quasi tutto il resto del Sahara era ben noto; alla fine della prima guerra mondiale, quando l’investigazione ri-

prese più attivamente anche grazie all’introduzione dei veicoli meccanici, sulle carte geografiche rimanevano ancora enorme chiazze bianche di territori inesplorati, mentre tra i sahariani aleggiava la leggenda della mitica e irraggiungibile oasi di Zerzura, ultima Thule nascosta chissà dove. Un deserto duro, assoluto, totale, per grandi viaggiatori, ma anche un luogo capace di regalare indicibili emozioni, dove è ancora possibile effettuare scoperte anche rilevanti. Come è accaduto nel 2002 ai turisti-esploratori torinesi Massimo e Jacopo Foggini, i quali hanno scoperto nel Gilf Kebir una nuova grotta straordinariamente ricca di incisioni e di pitture rupestri preistoriche decisamente originali, definita dagli studiosi una vera Cappella Sistina nel deserto, che ritraggono mani e piedi umani, animali selvatici, figure umane in vari atteggiamenti, compreso un gruppo di nuotatori sulle rive di un paleolago che esisteva in passato davanti alla cavità.•

EGITTO

41


Deserto sconosciuto tra NILO e OASI La soffusa atmosfera della Djara Cave con le sue scenografiche stalattiti

Deserto sconosciuto

tra NILO e OASI Testo di

Giulio Badini

42

I

l turismo sahariano in Egitto si concentra essenzialmente sulle oasi, ricche di fascino per il loro isolamento, per la presenza di monumenti storici e per gli spettacolari ambienti naturali e ben collegate tra di loro, oppure parte dalle oasi per spingersi ancora più ad occidente per esplorare il deserto più assoluto del Gran Mare di Sabbia o dei rilievi montuosi del

Gilf Kebir e del Jebel Awainat. Ma esiste anche un’altra regione di vaste dimensioni, di aspetto spettacolare e diinteresse straordinario, non ancora scoperta dal turismo, che si sviluppa invece tra le sponde occidentali del Nilo e le oasi centrali di Farafra e Bahariya. L’itinerario parte dalla piramidi del Cairo e segue la strada delle oasi verso ovest; dopo 60 km la si abbandona per scen-


dere nella grande depressione del Fayoum, la più vicina alla capitale, dove un braccio del Nilo alimenta il grande lago Birket Qarun, che visto da lontano sembra un mare in mezzo al deserto. Gli strati di roccia dai colori psichedelici e dalle forme curiose hanno restituito importanti fossili marini e terresti risalenti a 30-40 milioni di anni fa e montagne di conchiglie si trovano un po’ ovunque, mentre un’apposita riserva protegge una foresta pietrificata con alberi alti fino a 20 m e si incontra una strada romana lastricata con frammenti di tronchi fossili. Il Jebel Qatrani viene considerato il maggior giacimento di fossili al mondo. Per il suo clima mite l’oasi del Fayoum fu utilizzata come territorio di caccia reale già nell’Antico Regno, poi i faraoni della XII dinastia vi trasferirono la loro capitale, Krokodilopolis. Innumerevoli i resti di epoca egizia: da non perdere il tempio-fortezza di Qasr es-Sagha, dell’Antico Regno, dedicato al dio coccodrillo Sobek,

EGITTO

43


Deserto sconosciuto tra NILO e OASI

El Kharga

e la città fortificata tolemaica di Dimeh, racchiusa entro mura di mattoni alte 9 m. Due piccoli laghi offrono alcune cascate, ben rare in Egitto, e rifugio per un gran numero di uccelli acquatici, mentre poco oltre Wadi Heitan, protetto dall’Unesco come patrimonio dell’umanità, presenta in pieno deserto il più ricco e importante giacimento al mondo di balene e cetacei fossili, vecchio di 40 milioni di anni, epoca in cui le balene passarono da mammiferi terrestri a marini. Si prosegue quindi verso

44

sud in un deserto assolutamente intonso costeggiando per due giorni Ghurd Abu Muharrik, una catena di dune longitudinale lunga oltre 500 km -forse la più lunga della terra-, fino ad attraversarla per raggiungere la Djara Cave, una delle rarissime grotte carsiche del Sahara adorna di enormi concrezioni alabastrine e di incisioni preistoriche. L’oasi di Farafra regala un bagno ristoratore in una delle sue innumerevoli sorgenti termali, una galleria d’arte di un curioso artista locale e, soprattutto,

I magnifici affreschi della Tomba di Bahariya

l’inattesa spettacolarità del vasto Deserto Bianco, una selva infinita di pinnacoli di candido calcare erosi dal vento in mille forme bizzarre. Attraverso il Deserto Nero, serie di coni scuri di forma vulcanica, si raggiunge infine l’oasi di Bahariya, dove nel 1996 è stata scoperta la maggior necropoli di età tolemaico-romana, accreditata di circa diecimila mummie: da non perdere la visita al museo delle mummie d’oro e di due tombe affrescate con un pregevole ciclo di pitture funerarie.•



Un viaggio nella NEW VALLEY alla scoperta dell’altro Egitto

Un viaggio nella NEW VALLEY

Testo di

Teresa Carrubba

L

’“Altro Egitto”. Un invito a visitare un Egitto insolito, poco conosciuto dal grande turismo. Un Egitto per viaggiatori. L’“Altro Egitto” è anche la New Valley, che risale a 5000 anni a.C., una vasta area del sud-ovest del Paese, all’estremità del deserto Libico, la cui capitale Kharga è situata nell’omonima Oasi. E proprio il percorso che collega Il Cairo

46

con l’Oasi di Kharga, nel 2009 è stata fregiata del 2° posto tra le 10 strade più spettacolari al mondo, in una classifica effettuata dal sito web del prestigioso network americano Abc. Questo percorso, infatti, costeggia il singolare “Deserto Bianco” costituito da pittoresche formazioni calcaree modellate dal vento. Una ragione in più per esplorare questa zona dell’Egitto.

Del Governatorato della New Valley, fanno parte anche le Oasi di Dakhla e Farafra, piuttosto distanti l’una dall’altra. Tra deserti, palmeti e sorgenti termali, la New Valley rappresenta un interessante amalgama di grande fascino fatto di natura e paesaggio, ma anche di storia e folklore. C’è un progetto di sviluppo di quest’area, iniziato nel lontano 1959, data del primo investimento per l’a-


47

gricoltura e lo sfruttamento delle potenzialità industriali e minerarie, come le miniere di fosfati di Abu Tartur, che danno lavoro a molti abitanti di Kharga. Le promesse di sviluppo della zona sono tuttora in via di attuazione grazie anche alla ricerca di investitori stranieri che portino i capitali necessari alla costruzione di nuove strutture produttive e turistiche. Probabilmente lo sviluppo è in parte subordinato alla possibilità di acquisire una mentalità turistica europea che sappia elevare gli standard qualitativi delle strutture ricettive della zona e di collegare via aereo la New Valley alle principali città del Paese con voli più

frequenti. L’Oasi di Kharga, citata dallo storico greco Erodoto, in passato godeva di una posizione strategica tra importanti rotte commerciali e l’antica pista carovaniera che la collegava all’Oasi di Daklha. La città di Kharga, appena sfiorata dalla modernità, è praticamente un suq alimentare all’aperto con chioschi che offrono datteri e caschi di banane nane, spiedini o polpettine piccanti; gente socievole anche se ancora relativamente poco avvezza al turismo. Kharga ha accolto migliaia di persone accorse nella zona per trovare lavoro e conserva poche testimonian-

EGITTO


ze del passato che sono da ricercare nel nuovo museo archeologico e nei dintorni. Quella di Kharga, infatti, la più grande Oasi della New Valley, è anche la più ricca di siti archeologici come il Tempio di Hibis, l’unico grande tempio di epoca persiana in Egitto, quello meglio conservato del Deserto Occidentale. Fu ampliato e arricchito da Nectanebo II, dai Tolomei e dai Romani. Costruito da Dario I, della XXVII dinastia, era dedicato al dio di Tebe, Amon. Ma il gioiello di Kharga è sicuramente la spettacolare El-

48

Bagawat, la necropoli cristiana copta più antica dell’Egitto composta da 263 tombe di mattoni crudi, dell’epoca di Nestorio (V secolo). Le tombe sono costituite da una camera a cupola e si allineano ordinate seguendo un assetto urbano vero e proprio. I due mausolei principali, presentano interessanti affreschi raffiguranti l’Esodo e altre scene di argomento biblico, ma molte delle pitture parietali delle tombe sono state danneggiate dagli islamici iconoclasti insediatisi nella zona in epoche successive. Da Kharga ci dirigiamo verso nord-ovest, alla volta di


49

Dakhla. Il percorso ci appare come un paesaggio lunare: un deserto che alterna tratti sassosi a morbide dune di sabbia ocra e ancora a colline che il vento si è divertito a disegnare nelle fogge più curiose. In questa zona, che sembra ferma nel tempo, il paesaggio è mutevole se è vero che ogni anno la sabbia si sposta di 12 metri,

sommergendo tronchi di strada o stravolgendo il profilo delle dune. Tutto diverso nell’Oasi di Dakhla, a 190 km a ovest di Kharga. Più di 600 sorgenti e laghetti naturali, vasti palmeti in cui sorgono villaggi pittoreschi costruiti con mattoni di fango. L’oasi è abitata da circa 70.000 persone e

L’antico minareto di El-Qasr, la città ottomana nell’Oasi di Dakhla

EGITTO


Un viaggio nella NEW VALLEY alla scoperta dell’altro Egitto

produce riso, manghi, arance, olive, datteri e albicocche. La città vecchia, abitata sin dalla preistoria, è un labirinto di stradine dalle pareti ricoperte da argilla e i portoni delle case hanno architravi di legno dal disegno elaborato. Vicino, la suggestiva El Qasr, con la sua cittadella fortificata risalente al Medioevo, ormai una vera città fantasma. Il suo fascino trasuda dai vicoli stretti, dagli alti edifici in rovina, dalle porte massicce e dai suoi minareti diroccati, ma ancora in piedi. Grazie all’interessamento di una Università olandese, presto alcuni di questi edifici saranno restaurati. Per visitare con comodità le tre Oasi della New Valley : Kharga, Dakhla e Farafra (quest’ultima, in pieno Deserto Bianco), l’ideale sarebbe cambiare alloggio ad ogni spostamento perché le distanze tra l’una e l’altra

50

sono impegnative. I campi tendati di Desert in Style, come il Shamsiya costruito sulle dune di sabbia di Dakhla e il campo El Beyda, al confine del Deserto Bianco. Poi c’è il Tabuna Camp a Dush, dove noi abbiamo fatto base per il nostro viaggio in New Valley. “ Con i campi tendati ho voluto avvicinare il deserto ad un pubblico più vasto” ha dichiarato Giuseppe Boscoscuro, presidente di Desert in Style “offrendo un comfort ed un servizio di qualità, prima non disponibile nel Western Desert”. Tutto vero. Il campo tendato Tabuna di Dush è uno dei primi Camp di lusso nel deserto egiziano. Venti tende di 35 mq. confortevoli ed eleganti, arredate come una camera d’albergo, con mobili costruiti a mano nel tipico stile delle oasi egiziane e una veranda dalla quale si può godere del

silenzio del deserto e ammirare tramonti spettacolari. Piatti curatissimi e deliziosi, non solo dal punto di vista gastronomico (cucina tradizionale egiziana elegantemente rivisitata), ma anche riguardo alle bellissime stoviglie in terracotta commissionate ad abili artigiani locali. Anche i prodotti alimentari utilizzati provengono tutti dai vicini allevamenti e coltivazioni. Impeccabile il servizio del personale, disponibile e ospitale. Il campo è circondato dal deserto ed è sovrastato dalle alte dune di sabbia su cui si ergono le rovine del sito archeologico di Kysis ,un tempo crocevia delle piste per il Sudan e per la Valle del Nilo, che conserva il rudere del Tempio di Dush dedicato a Osiride-Serapide e ad Iside, ricordati da iscrizioni delle epoche di Traiano, Domiziano ed Adriano.•


51

I reperti del Wadi Heitan

OASI DEL FAYUM Testo di

Anna Maria Arnesano

U

n notevole contrappasso al caos della più popolosa città del mondo, il Cairo, è sicuramente costituito dalla visita imprescindibile della Sfinge e delle tre grandi piramidi di Giza, delle ancora più antiche piramidi a gradoni di Saqqara, all’inizio dell’enorme deserto occidentale, nonché dell’oasi del Fayum, la più vasta e vicina alla capitale, nella più assoluta tranquillità del deserto totale. In questa verdeggiante depressione a 45 m sotto il livello del mare, ricca di alberi da frutta e di campi coltivati, un braccio del Nilo alimenta il grande lago Birket Qarun, salmastro e ricco di pesce, che visto da lontano sembra un mare in mezzo al deserto. Gli strati di roccia dal colori psichedelici e dalle forme curiose hanno restituito

importanti fossili marini e terresti risalenti a 30-40 milioni di anni fa e montagne di conchiglie si trovano sparse un po’ ovunque. Per il suo clima mite l’oasi del Fayoum fu utilizzata come territorio di caccia reale e di villeggiatura già nell’Antico Regno, poi i faraoni della XII dinastia vi trasferirono la loro capitale, Krokodilopolis, come attestano innumerevoli resti di epoca egizia. Due piccoli laghi offrono alcune cascate, ben rare in Egitto, e rifugio per un gran numero di uccelli acquatici, mentre poco oltre Wadi Heitan, protetto dall’UNESCO come patrimonio dell’umanità, presenta in pieno deserto il più ricco e importante giacimento al mondo di balene e cetacei fossili, vecchio di 40 milioni di anni, epoca in cui le balene passarono da mammiferi terrestri a marini.•


L’OASI DI SIWA il tempo si è fermato

L’OASI di SIWA il tempo si e’ fermato

Testo di

Teresa Carrubba

52

I

l lungo viaggio in macchina non ci aveva fatto presagire nulla di quell’incredibile realtà che avremmo trovato a Siwa, se non negli ultimi

chilometri quando l’esile lingua d’asfalto all’improvviso s’insinua come una lama d’acciaio a spaccare in due il deserto. Andatura lenta, lentissima, anche se non c’è

ombra di veicoli di nessun genere. Per non disturbare il silenzio, forse, per non interrompere la linea piattissima di quella sabbia indurita dal sole fino a formare


L’antica medina di Siwa

una sottile crosta lucente, infuocata da un tramonto senza pari. E lo sguardo si abitua a quelle forme senza sbalzi, fino a quando in lontananza si scorge un rilievo frastagliato, quasi un gioco della sabbia, stesso tono di ocra chiuso. Da più vicino si fanno chiare del-

le silhouette inconfondibili, musi di cammelli contro il sole che si arrossa, ombre cinesi, graffiti ancestrali. Poi, tutto ritorna piatto, familiare, rassicurante. E l’emozione serpeggia sottopelle, tenuta a bada da quella tranquillità. Tutto esplode alla fine di quel paesag-

gio, quando il deserto si apre all’annunciata oasi: Siwa. Il crepuscolo ha già ammorbidito tutti i profili delle casette di fango e anche i toni della vita quotidiana, quando arriviamo a Siwa, oasi ai margini del deserto del Sahara, nata sulla via del commercio dei

EGITTO

53


L’OASI DI SIWA il tempo si è fermato

La pittoresca Medina di Siwa Foto di Pamela McCourt Francescone

54

datteri che porta a Menfi. Un villaggio che sembra non avere dimensioni reali. Il primo impatto è con un incredibile viavai di carretti malfermi trainati da muli che a fine giornata riportano a casa uomini barbuti vestiti di una lunga tunica bianca. E il cigolìo di quei carretti è l’unico suono in un silenzio davvero irreale. Sembra la scenografia di un film d’altri tempi. Perché sì, a Siwa il tempo si è fermato. E forse era il posto giusto per fermarsi visto che qui la storia è immanente, incastonata in uno scrigno immobile. I templi, la fortezza e la necropoli dividono lo spazio con le modeste casette di mattoni crudi di fango, non è insolito scorgere bambini che giocano tra i ruderi del Tempio di Amon quasi fossero una pertinenza della loro casa. E, paradossalmente, tutto rientra in un’armonia naturalissima per Siwa, rimasta isolata dal resto del mondo fino a 17 anni fa quando fu costruita la strada asfaltata che la unisce alla costa settentrionale dell’Egitto. Prima di allora nessun contatto, nessuna influenza dall’esterno, salvo per qualcuno dall’intelligenza caparbia che pur di frequentare l’università di Alessandria si avventurava in un tragitto

di 17 ore, e altrettante per tornare. Con carretti o altri mezzi di fortuna. Oggi sono molti i giovani siwani ad ottenere la laurea trasferendosi ad Alessandria o a Il Cairo, poi tornano in paese e si impiegano nel turismo o in lavori statali. Anche le donne, naturalmente. Per pura soddisfazione personale, perché poi sposandosi lasciano il lavoro o la minima speranza di esso. Le ragazze, infatti, le quali si sposano giovanissime dato che a 25 anni vengono considerate zitelle e quindi non più desiderate dai locali, dopo il matrimonio entrano in clausura. Nessuno le vede più in giro, se non per motivi importanti; accompagnare i bambini a scuola o fare la spesa non sono tra questi. E nei casi “importanti” devono coprirsi completamente il viso con un fitto velo nero e indossare un telo avvolgente, uguale per tutte: una trama azzurra con un ricamo lineare, sul dietro, che sembra raffiguri le ultime lettere dell’antico alfabeto siwi, la lingua berbera che parlano solo qui. Ma quando le donne sposate escono non possono in nessun caso farlo da sole, devono essere accompagnate da un uomo della famiglia, marito, padre, fratello, persino da


un bambino, purché sia maschio naturalmente. Ancor più difficile l’esistenza di quelle che restano nubili, devono servire i loro familiari senza grandi speranze per il futuro. In questo, l’integralismo islamico centra fino a un certo punto. Qui c’è una cultura che è al di fuori della religione e che si evince da tante cose. Semmai è la religione che viene adattata alla cultura. Ci sono islamici molto più islamici che vanno in giro a faccia scoperta. Questa è una società molto speciale, è stata isolata per secoli, il loro sistema era basato sulla città-stato, la vecchia Shali tutta chiusa da un muro. Appena arrivavano i beduini, se si fermavano fuori erano amici e volevano solo fare commercio, se non si fermavano intendevano attaccare. Allora tutti si chiudevano dentro le mura, lasciando alle milizie giovani il compito di difendere Shali. Esattamente come nel nostro Medioevo, fino a quando Mohamed Ali nella prima metà dell’Ottocento fece sparare il can-

none intimando alla popolazione di uscire dalle mura e trasferirsi all’esterno. Da quel momento la città si estende, ma a quanto si vede oggi, un muro c’è ancora, invisibile ma così resistente da proteggere tutti i retaggi di una popolazione fiera della propria storia e delle proprie tradizioni. Siwa in realtà nasce intorno al Mille. Ci sono diatribe tra gli archeologi e gli storici per stabilire quando esattamente sia finito il periodo in cui i faraoni sono andati via da Siwa cioè quando sia finito il periodo egiziano-grecoromano e quando sono arrivati i siwani. Come se i siwani fossero venuti da fuori. Recentemente un archeologo italiano ha scoperto in questa zona un tempio di periodo tolemaico quindi della fine del periodo greco-romano che è diviso in due parti, una egizia e una siwana. Ciò sembrerebbe dimostrare che i siwani sono gli abitanti originari di Siwa, di razza berbera, prima degli egizi e prima dei romani. Anche la lingua è di

origine berbera, il siwi, che nessun altro capisce. Tra i segni del passato, proprio sopra la piazza principale di Siwa c’è il Tempio di Amon dal cui oracolo Alessandro Magno apprese tutti i dettagli del suo incredibile destino. Forme naif, molto vicine a quelle create facendo colare sabbia bagnata sotto il solleone, apparentemente effimere come la favola e il mito, ma resistenti da allora ai nostri giorni. Lo stesso giallo sabbia che si illanguidisce al sole calante per poi impreziosirsi la notte, grazie ad una sapiente illuminazione che rende quelle forme paradossalmente avveniristiche, simili a dischi volanti. Sempre a sovrastare il paese, Il Gebel Al-Mawta, il Monte dei Morti, scrigno mistico di tombe risalenti al periodo compreso tra l’era tolemaica e quella romana per gli ultimi regnanti che fecero di Siwa un appoggio strategico. Fuori, piccole aperture simili alle colombaie delle necropoli etrusche, all’interno alcune tombe si

Il Tempio dell’Oracolo vicino Aghurmi nell’Oasi di Siwa

EGITTO

55


L’OASI DI SIWA il tempo si è fermato

56


57

aprono con la dignità dell’arte con affreschi raffiguranti divinità egizie. Dalla sommità di questo monte, che nel grigio della roccia racchiude l’immobilità dell’eterno, si apre agli occhi una dinamica fertilità fatta di immensi palmeti e olivi e corsi d’acqua i cui colori intensi, dal verde al blu, virano nel morbido ocra delle dune del Sahara. Laggiù, all’orizzonte. Ma se Gebel Al-Mawta è il simbolo della Morte, la Fortezza di Shali è la fonte della vita, quella di Siwa, almeno, visto che, come abbiamo detto, si tratta del primo nucleo di abitazioni attorno a cui poi si è sviluppato tutto il resto. Un po’ fuori Siwa, l’oasi si fa rigogliosa, fitti palmeti si aprono alla frescura di vasche e sorgenti, tra cui la fonte in cui si bagnava Cleopatra e che ancora oggi è frequentata, forse più per devozione nei confronti della mitica regina che per pura voglia di fare un bagno. Sembra proprio che i siwani vogliano rimanere in un mondo a parte, nonostante l’inizio di un’a-

pertura al turismo. Anche se è vero che si tratta più che altro di un turismo di passaggio, per chi dalla costa mediterranea dell’Egitto, in visita alla storica El Alamein e alle spiagge di Marsa Matrouh, voglia inoltrarsi nel deserto o fare il giro delle oasi. Dunque un turismo che potrebbe anche non lasciare traccia, non inquinare la loro integrità con la storia. Il fatto è che questa chiusura impedisce ai siwani di crescere e rende difficile la realizzazione di alcune attività tese al miglioramento della loro economia e della qualità della loro vita. E dire che uno degli otto progetti di Ricerca e Cooperazione realizzati in seno al Cospe attualmente in corso in Egitto, finanziati dal Ministero degli Esteri italiano, anni fa ha scelto proprio Siwa. Un Progetto ambientale rivolto al miglioramento e alla diversificazione dell’agricoltura, anche se le due grandi risorse, qui, sono le palme da dattero e gli olivi. La difficoltà maggiore del Progetto, pare sia stata convincere i siwani

della bontà di certe tecniche, visto che loro sono da sempre ancorati ai retaggi del passato, che qui incombe su tutto. Anche l’apertura al turismo è molto lenta. Qui a Siwa i turisti hanno cominciato a venire da pochissimi anni, 17 anni fa non c’era niente. Solo allora l’isolamento assoluto di Siwa è stato bruscamente interrotto dalla costruzione di quell’unica strada asfaltata che oggi la collega alla costa mediterranea dell’Egitto. Oggi ci sono vari alberghi, alcuni decisamente sorprendenti come l’Adrere Amellal che ha già avuto ospiti eccellenti come il Principe Carlo e Camilla, Paola di Liegi e Madonna. Un po’ fuori mano, in un posto quantomai suggestivo sulla riva di un lago, protetto da concrezioni sabbiose disegnate dal vento, l’Adrere Amellal è un albergo inusitato, tutto costruito osservando criteri ecologici, con argilla e polveri saline. Un tempio della natura nella natura, eccentrico nella sua estrema semplicità. Da vedere.•

EGITTO


58

M AR E


59

Testo di Raffaella Ansuini e

Viviana Tessa

Sharm El Sheikh

Si trova all’estremità meridionale della penisola del Sinai, fra le montagne desertiche e le incredibili acque del Mar Rosso. Inizialmente si trattava di un villaggio di pescatori che oggi è praticamente sparito e il suo porticciolo nel 1998 è stato spostato nella baia a Nord per poter ospitare il sempre crescente numero di barche che vengono utilizzate per i sub. Con il merito però di aver bonificato il vecchio porticciolo rendendo la baia pulitissima, ricca di pesce e dotata di spiagge molto attrezzate. Circondata da un vasto e arido deserto, Sharm El Sheikh si affaccia su uno dei mari tropicali più ricchi del mondo per varietà e concentrazione di vita marina, al punto di istituire nel 1998 il Parco Nazionale di Ras Mohammed, visitabile sia dal mare che da terra, parco che ha reso possibile mantenere inalterati gli straordinari

EGITTO


Il Mar Rosso

Suggestiva panoramica dall’alto di Sharm El Sheikh

reef corallini e la quantità di pesce. Una molteplicità coloratissima di specie di animali e di forme vegetali infatti abitano il reef, ricoperto di alcionari e gorgonie, spugne e anemoni tra i quali spicca il simbolo del Mar Rosso, il Napoleone, ed abitato da grossi pesci pelagici, dallo squalo balena e da branchi di delfini.

Naama Bay

60

Famosa è la spiaggia di Naama Bay, dove basterà immergersi in pochi metri d’acqua per imbattersi in quello che da molti viene definito come uno tra i più ricchi ambienti subacquei del nostro pianeta: giardini di corallo, gorgonie, oltre 100 specie di pesci tropicali, tartarughe, mante fino a 300 metri di profondità. La sera, lungo tutta la passeggiata della piccola Naama Bay che collega gli alberghi più importanti che si affacciano sul mare, vi è una grande animazione sia nei bar che nei piccoli ristoranti caratteristici e davanti ai negozi del grande e mo-

derno souk, nel quale si trovano oggetti di tutti i generi.

Ras Mohamed

Si tratta di un vero e proprio gioiello incastonato nella punta meridionale del Sinai, spartiacque naturale fra il Golfo di Aqaba ed il Golfo di Suez. Dal 1989 è diventato parco nazionale e come tale gode di una speciale protezione e di regole, quali non raccogliere o danneggiare nulla, seguire i percorsi guidati per accedere al mare, naturalmente non pescare né cacciare, non ancorare e non camminare sulla barriera corallina poiché va ricordato che quest’ultima cresce al ritmo lentissimo di un centimetro l’anno. Celebre oltre che per la barriera, per l’acqua trasparente e per una fitta foresta di mangrovie, è il fiore all’occhiello di questo mare. La quantità di pesce che vi abita è pressoché impressionante; sono frequenti anche possibili incontri con mante, tonni e squali.

Isola di Tiran

Tiran è un’isola di origine vulcanica collocata nel golfo di Aqaba che a sud si restringe nello stretto di Tiran. Quest’ultimo, considerato area protetta, è a sole 12 miglia a nord di Sharm El Sheickh. E’ delimitato ad ovest dalla costa del Sinai e ad est, per l’appunto, dalla suddetta isola. Lo stretto ha la peculiarità di essere costituito da una catena montuosa sommersa le cui cime formano i 4 reef. Jackson, sulla punta settentrionale, ove si trova una parte dello scafo della nave cipriota Lara. Il versante meridionale è il più adatto alle immersioni. Infatti non è difficile incontrare razze, squali, sia leopardo che martello, cernie e, perché no, tartarughe. Woodhouse, non sempre adatta alle immersioni poiché non ha punti di ormeggio, potrebbe riservare la sorpresa di vedere tonni, barracuda, gruppi di carangidi e anche qui tartarughe. Thomas, la più piccola delle quattro, la si può scoprire in un’unica immersione. La


61

parete di cui è formata, scende fino a raggiungere i -35 metri. Anche questa immersione può offrire piacevoli incontri con carangidi, tonni, pesci Napoleone e tartarughe. Gordon, che scende fino a 45 metri, sorprende con lo spettacolo dei rami di corallo nero che si trovano attorno ai 30 metri di profondità. Sul lato settentrionale è posizionato il relitto della “Loullia” che giace lì dal 1981, a causa di un urto con la barriera corallina. E’ tipica di questa parte di reef, un’enorme murena che si nasconde nelle piccole grotte che vi si trovano.

La Penisola del Sinai

Il Sinai viene considerato il cuore del mondo di tre grandi religioni monoteistiche: il cristianesimo, l’ebraismo e l’islam, poiché secondo la tradizione i monti del Sinai divennero lo scenario in cui si rivelò il Dio di Abramo, il sito in cui Mosé ricevette i 10 comandamenti, la strada sofferta verso la Terra Promessa.

La Penisola del Sinai il cui nome deriverebbe la quello di un’antica divinità lunare chiamata “Sin”, ha una forma triangolare e si allunga nello splendido Mar Rosso tra il Golfo di Suez e il Golfo di Aqaba. Sin dall’antichità questa zona venne sfruttata per le proprie risorse minerarie; vi si trovavano infatti oro, rame e turchese, quest’ultimo le valse l’appellativo di “terra del Turchese”. Il Sinai è considerato il terzo deserto d’Egitto dopo quello libico ad ovest del Nilo e quello arabico ad est. Vi abitano i beduini, le popolazioni nomadi del deserto, il cui nome proviene dalla parola araba “bedn” cioè “abitante del deserto”: le immense e desolate distese di sabbia e le montagne del deserto sono il loro habitat preferito.

Il Monastero di Santa Caterina

Nella parte centromeridionale della penisola, si trovano il Monte Santa Caterina (Gebel Caterina) ed il Mon-

te Horeb, chiamato successivamente di Mosè (Gebel Musa) a ridosso del quale, come un miraggio, si erge a 1570 metri il Monastero di Santa Caterina. Fondato dall’imperatore Giustiniano nel 527-547 d.C. si dice si trovi nel punto esatto da cui discese Mosè con le tavole dei Dieci Comandamenti. Nel 330 d.C. Elena, la madre dell’imperatore Costantino, che con il suo celebre editto del 313 d.C. aveva posto fine alle persecuzioni garantendo la libertà di culto, fece costruire una piccola chiesa nel luogo dove si trovava il Roveto ardente. Nel 527 d.C. Giustiniano ordinò la costruzione di un vero e proprio monastero con una grande basilica, chiamata la “Basilica della Trasfigurazione”, protetta da un’imponente cinta muraria contro le incursioni dei beduini, che includeva anche la chiesa primitiva di Santa Elena. Tra l’VIII e il IX secolo d.C. i monaci ritrovarono il corpo di Santa Caterina che, secondo la tradizione, era stato trasportato sulla cima del

EGITTO


Il Mar Rosso

Monte Caterina. Il corpo della Santa venne collocato in un sarcofago all’interno della basilica dove si trova ad oggi e così venne chiamato il “Monastero di Santa Caterina”.

Il Canyon Colorato

A nord-est del Monte di Mosé si trova una stretta gola formata da strati di arenaria e di calcare che si mischiano come fossero dei pastelli, formando sfumature rosa, marroni, gialle e verdi.

Il canale di Suez

Un’opera di ingegneria imponente, tra le più importanti mai realizzate dall’ingegno umano. Stiamo parlando del Canale di Suez che dal lontano 1869 ha favorito lo sviluppo del commercio tra l’Europa e l’Oriente, evitando così alle navi di circumnavigare l’Africa. Non esisteva infatti un passaggio fra il Mar Mediterraneo e il Mar Rosso, poiché i due mari erano separati dall’istmo di Suez la cui ampiezza era di 161 chilometri. Oggi il canale rappresenta una via di comunicazione fondamentale con un transito annuo pari ad oltre 250 milioni di tonnellate di merci. La sua lunghezza è di 195 chilometri con una profondità media di 19 metri.

Hurghada Magnifico ritratto di donna araba in Hurghada zeber/Shutterstock.com Un bell’esemplare di Pink Anemonefish

62

Hurghada, già nota nel tempo dei Tolomei con il nome di Myos Hormos, si affaccia sulla costa a seicento chilometri a sud de Il Cairo. La cittadina moderna che nasce dall’antica Gardana, inizia il proprio successo turistico attorno agli anni ’70-’80 per volontà del presidente Sadat che dette il via a moderni complessi turistici. Oltre al Palazzo del Governatore, ospita il Museo Marino ove è possibile ammirare varie specie di pesci multicolore e squali. La città si divide fondamentalmente in tre zone: quella costiera, dove vi è la grande concentrazione di strutture ricettive, Dakar, il quartiere di negozi e locali e Sekalla, la città vecchia.


Assieme a Sharm El Sheikh, Hurgada può considerarsi uno dei punti nevralgici da cui partire alla scoperta delle meraviglie dei fondali del Mar Rosso la cui storia geologica ci riporta indietro nel tempo, ad oltre 40 milioni di anni fa e il cui nome sembra derivi dalla colorazione rossastra che acquista in alcuni periodi dell’anno e in particolari condizioni climatiche, quando produce un’alga dal nome Trichodesmium Erythraeum. Le spiagge di Hurgada hanno la caratteristica di essere lunghe, ampie e sabbiose e di estendersi per chilometri lungo la costa. Qui il mare è l’ideale per gli amanti dello snorkeling poiché le formazioni coralline si sviluppano in fantastici pianori situati a pochi metri di profondità, il che permette di osservare con estrema facilità sia la flora che la fauna ittica. La barriera corallina

è un habitat ideale per coralli, gorgonie, conchiglie e pesci di ogni specie. In questo tratto di costa vi è quasi sempre una brezza marina, il clima è caldo tutto l’anno con temperature medie che variano dai 22°C di gennaio ai 34°C nei mesi d’agosto.

El Gouna

E’ un piccolo ma sofisticato villaggio, meta del turismo più elitario. Una località moderna dotata di attrezzature e servizi di altissimo livello per le escursioni, il divertimento e lo sport: kitesurf, vela, windsurf, golf, tennis, equitazione. Le insenature del mare creano in questa zona un caratteristico paesaggio, una sorta di laguna, e le sue spiagge sono punto di partenza per esplorare il meraviglioso mare. Immersa in acque limpide, El Gouna è circondata

da miriadi di isolotti, uniti a forma di stella, e ciò le è valso l’appellativo di “Stella del Mar Rosso”. El Gouna fonde in modo armonioso il caratteristico stile nubiano con un insieme architettonico moderno di grande fascino. Sulle strade in stile arabo con pavimenti in pietra, si affacciano eleganti negozi, piccoli appartamenti, bar e ristoranti. L’atmosfera rilassata di El Gouna rende la vita molto piacevole sia ai turisti sia ai residenti, ma offre anche spunti per una vacanza attiva e stimolante. El Gouna si affaccia su uno dei mari più ricchi del mondo con una tra più belle barrire coralline del Mar Rosso, un vero paradiso per i subacquei ma anche per chi pratica lo snorkeling perché le calme acque delle baie circostanti sono l’ideale per i principianti.
Grazie alla sua posizione all’interno di una zona marina pro-

Le pittoresche casette bianche di Sharm El Sheikh

EGITTO

63


Il Mar Rosso

tetta, El Gouna offre eccezionali siti sub poco frequentati dove imbattersi in rare creature marine, come i delfini tursiopi. Nei dintorni di El Gouna, ci sono siti per immersione famosi in tutto il mondo come i relitti navali sommersi di Abu Nuhas, quelli del Thistlegorm e del Rosalie Muller, che offrono un’incredibile esperienza di immersione tecnica, e molti altri siti ricchissimi di coralli e di vita sottomarina.

di rimanere incontaminato. Tanto da offrire l’esperienza incredibile di incontri con una fauna marina rara, come ad esempio il dugongo. I magnifici fondali di Makadi Bay possono essere esplorati anche da chi non sia un esperto nuotatore, grazie a barche speciali con la base in vetro. Non lontano da Makadi Bay, Sharm el Naga è un paradiso naturale, con una baia sabbiosa e una colorata barriera corallina.

64

Makadi Bay Nuova anche un’altra località turistica nei pressi di Hurghada che prende il nome dalla baia dove sorge, Makadi Bay. Una baia dalla bellezza naturale incredibile con spiagge di sabbia e l’accesso facilitato al mare, adatto anche per famiglie con bambini, dove negli ultimi anni sono sorti i migliori alberghi di questo tratto di costa. Ma Makadi Bay è meta ricercata anche dagli esperti in immersioni, per fortuna ancora pochi il che ha permesso al reef, che qui è molto vicino al litorale,

Le isole di Giftun Una delle escursioni più interessanti da Hurghada è quella al Parco Marino delle isole di Giftun, ambiente naturale protetto con un fondale spettacolare. Si tratta di due piccole isole, Giftun El Saghier e Giftun El khebier, dichiarate parco marino nel 1955, circondate da numerosi banchi di corallo abitati da pesci di ogni genere. Ma le vaste spiagge sabbiose consentono anche una tranquilla vacanza balneare. La spiaggia di Mahmya, per esempio, sulla costa meridionale di Giftun.
M 
 ahmya è

una delle uniche due spiagge gestite sull’isola e come tutti gli altri parchi marini del Mar Rosso egiziano, è deserta e disabitata e gli insediamenti umani sono strettamente proibiti. A rispetto della natura, anche le poche strutture ricettive sono costruite con tronchi d’albero, paglia e sassi. In più,
l
 e grosse imbarcazioni sono costrette a ormeggiare al largo della baia, e i turisti raggiungono la spiaggia con un servizio di piccole barche. Safaga Safaga, una barriera corallina intatta e incantevoli insenature. Per molti anni porto mercantile, oggi è una località del Mar Rosso ancora poco frequentata dal turismo ma è molto ricercata dagli appassionati di kitesurf e windsurf e, naturalmente, di immersioni. La maggior parte dei siti di immersione è ancora incontaminata e può essere raggiunta in barca in pochissimo tempo. Ad esempio, Makadi Bay, Soma Bay e Sahl Hasheesh, le leggendarie bar-


riere coralline a catena di Tobia Arbaa, le imponenti scogliere a picco del Panorama reef, le formazioni coralline a torre di Abu Qifan, gli splendidi siti di Sha’ab Saiman, Gamul Kebir, Abu Kafan. Senza contare l’immersione notturna a Sha’ab Sheer o la discesa per esplorare il relitto del Salem Express affondato nel 1991. Al centro della baia di Safaga, facilmente raggiungibile in barca, si trova anche l’Isola Tobia, nei pressi di Soma Bay,: offre incredibili panorami e spiagge di sabbia fine. La vita a Safaga è improntata soprattutto nel contatto con la natura; la vita mondana non è prevista, salvo feste sulla spiaggia organizzate dai surfisti del posto. Gli unici locali di ritrovo sono un paio di bar o i tipici ahwa dove si chiacchiera e si fuma la shisha. Gli alberghi della zona offrono spettacoli e danze tradizionali. Safaga è stata molto agevolata dall’apertura di un’importante via di comunicazione stradale che la collega a Qena e alle zone archeologiche della valle del Nilo attraversando il Deserto orientale. Escursioni Sempre da Hurghada, si possono effettuare brevi escursioni alle barriere di Abu Hashish o al Gota Abu Ramada, o scendere qualche chilometro più a sud, lungo la costa, fino al pontile del Ras Abu Soma, adatto sia a chi fa snorkeling che ai divers che qui possono spingersi in profondità lungo la parete verticale del reef. Di genere più culturale che sportivo la visita alle cave di porfido di epoca romana Mons Porphyrites, nel cuore del Deserto Orientale, oppure alle rocce grantiche delle cave di Mons Claudianus, sito archeologico che risale al periodo in cui l’Egitto era una provincia dell’Impero Romano (dal 30 a.C. al 641 d.c.) dove è possibile visitare le miniere di granito più grandi e meglio conservate del Deserto Orientale. Inoltre, ci si può dirigere a nord verso

65

i monasteri storici di San Paolo e Sant’Antonio, forse i più antichi di tutta la cristianità. Imperdibile, poi, la visita a Luxor e ai mitici siti archeologici della Valle dei Re e la Valle delle Regine.

Marsa Alam

A sud di Hurgada, si scopre un mondo formato da coste di un mare cristallino ricco di pesci colorati e coralli. Stiamo parlando di Marsa Alam, un centro formato da gruppi di case e da qualche bar lungo la strada, frequentato da gente locale, di El Quseir, una cittadina poco più grande, abitata da pescatori e minatori. Proseguendo ancora verso sud, a circa 350 km da Hurgada, troviamo la Riserva Naturale di Wadi Gimal, anch’essa ancora paradiso naturale incontaminato con spiagge bianche ricoperte da conchiglie, adatto soprattutto a chi svolga attività subacquee o a coloro che cerchino assoluta pace e tranquillità. Ogni giorno si possono effettuare itinerari diversi che permettono di visitare punti di immersione quali Elphinstone reef, uno dei siti più famosi nel sud del Paese, dove con ogni probabilità si possono incontrare branchi di pelagici come carangidi, barracuda, squali grigi e gli affascinanti squali martello che con le loro movenze sinuose, concretizzeranno il sogno di ogni sub. Ed ancora luoghi quali Ras Samadai, denominato anche “la baia dei delfini”: immergendosi si può avere la possibilità di trascorrere un’indimenticabile esperienza nuotando in compagnia di questi fantastici mammiferi, ormai abituati alla presenza dell’uomo. El Quseir Vicino a Marsa Alam, con i suoi litorali incontaminati, El Quseir, crocevia di scambi commerciali tra oriente e occidente fin dal periodo tolemaico e romano e fino all’apertura del Canale di Suez nel 1869, è da considerarsi tra le poche locali-

EGITTO


tà lungo le coste del Mar Rosso ad avere forti radici storiche. In città, tra i moderni bazaar, rimangono i tracciati delle antiche carovane verso il Nilo dove si trovano numerosi siti d’interesse storico dell’epoca faraonica e romana. 
Gli edifici in tutto il centro storico della città ricorda-

66

no l’importanza strategica navale di Quseir, in particolare la fortezza del sultano Selim, che risale al XVI secolo. Fuori città, il wadi che collega El Quseir con Qift sul Nilo contiene altri reperti storici. Intersecato da una serie di altri wadi, tra i quali il più famoso è Wadi Hammamat,

dove circa 200 tavole di geroglifici caratterizzano la collina e dove si trova una serie di iscrizioni risalenti a 4.000 anni fa.

Negli ultimi anni il turismo sta scoprendo El Quseir, grazie anche all’aeroporto internazionale di Marsa Alam e di questo passo potrebbe presto raggiun-


Diving nel Mar Rosso L’esperienza del diving nel Mar Rosso è unica e ineguagliabile. Fino a pochi anni fa quest’area dell’Egitto era praticata solo dai subacquei esperti, oggi invece grazie anche ai numerosi centri-scuola che offrono la possibilità di imparare a immergersi o di perfezionarsi, il Mar Rosso rappresenta meta di una vacanza accessibile a tutti. Qui si trova uno dei fondali più interessanti e straordinari del mondo, con barriere coralline popolate da fauna sottomarina incredibilmente affascinante, con specie rare o uniche. Tutto questo è ancora possibile grazie anche al profondo rispetto che il turismo sportivo, i diving centre nel Mar Rosso e tutte le strutture attive nel territorio, hanno dimostrato per la natura di questa regione dell’Egitto che mantiene ancora intatto l’appeal che ha sempre esercitato sui turisti e soprattutto sugli appassionati di sport subacquei che si recano nelle località del Mar Rosso, più di 2 milioni ogni anno. Sparsi in tutta la regione, affidabili diving centre garantiscono la possibilità di

essere seguiti da istruttori esperti e di effettuare immersioni in tutta sicurezza. Presso i diving center infatti si può conseguire ogni tipo di brevetto subacqueo internazionale PADI, dal livello base, Open Water Diver a quello di Assistant Instructor, il discorver scuba per i neofiti e per i più esperti un’ampia scelta di brevetti di specialità. Il Dive Club italiano a Sharm è situato all’estremità sud orientale della Penisola del Sinai, nel punto in cui il Golfo di Suez s’incontra con il Golfo di Aqaba. Sharm El Sheikh è una delle località preferite dai subacquei che si recano nel Mar Rosso perché offre alcune delle più straordinarie immersioni al mondo come quella alla barriera di Shark e Yolanda Reef nel Parco Nazionale di Ras Mohamed, il Parco Marino di Ras Mohammed, la costa di Ras Umm Sid, il misterioso relitto del Thistlegom e lo stretto di Tiran con i suoi squali. Il Mar Rosso in Egitto è stato dichiarato una delle sette meraviglie naturali del mondo. Camel Dive Club è presente a Sharm El Sheikh con numerosi centri sub. In qualsiasi albergo si soggiorni a Sharm, c’è sempre un Camel Dive Club. Questo offre la più vasta gamma di scelta per immersioni e tappe di snorkeling. Tutti i centri sub si contraddistinguono per la stessa qualitá di servizi e professionalitá all’interno di un’atmosfera estremamente piacevole. I sei centri sub di El Gouna, molto accreditati, offrono tutte le possibili varietà di corsi messi a

punto dalle federazioni subacquee internazionali più acclamate, come PADI e TDI, adatti sia ai subacquei turistici sia agli appassionati di subacquea tecnica. Tutti i centri sub di El Gouna sono collegati tra loro in modo tale da garantire i migliori standard di sicurezza, qualità e impegno verso l’ambiente. La rinnovata struttura del diving TGI di El Quseir è bene integrata con il villaggio Helioland che la ospita pur essendo indipendente ed offre a tutti gli ospiti un servizio di elevato livello e grande professionalità. Direttamente sulla spiaggia bianca del villaggio, il centro diving El Quseir si avvale dell’esperienza di esperti istruttori multilingue e di attrezzature nuovissime e all’avanguardia. Il TGI Diving Marsa Alam come tutti i diving TGI è un diving center PADI Gold Palm e si trova all’interno del Sea Club Gorgonia Beach Resort, una struttura alberghiera nuovissima di alto livello ricettivo, in una baia privata con accesso alla barriera corallina. Dal TGI Marsa Alam si possono raggiungere comodamente le più belle immersioni della zona come la famosa Elphistone reef.

EGITTO

67


68


gere la notorietà delle altre mete oggi più frequentate di quest’area dell’Egitto. Per il momento El Quseir è ancora una delle località più tranquille e spartane della costa, ma anche base per l’accesso ad alcuni dei siti sub più belli del Mar Rosso meridionale e famoso porto di partenza per le crociere sub che si recano alle barriere coralline al largo. I migliori siti sub di El Quseir includono la spettacolare Marsa Abu Dabab detta Baia dei Dugongo, il muro di coralli di Beit Goha e il complesso di pareti, caverne, canyon e tunnel di El Kaf. Dal 1995, le autorità locali e organismi internazionali come USAID si sono adoperati per preservare i fondali di questa zona e le spiagge che sono ancora un luogo sicuro per i nidi delle tartarughe. Moli appositamente costruiti creano un facile accesso alla barriera per i subacquei. Le zone più isolate possono essere raggiunte tramite escursioni in jeep organizzate dai centri sub.

EGITTO

69


Hamata-Berenice E’ l’ultima località turistica del sud del Mar Rosso egiziano, ponte di passaggio dall’Egitto all’Africa. I frequentatori assidui delle immersioni in Mar Rosso prediligono Hamata-Berenice. Lontana e isolata rispetto alle altre destinazioni turistiche di quest’area, situata all’interno del Parco Nazionale di Wadi el Gemal, Hamata-Berenice è l’ideale per coloro che intendono la vacanza a stretto contatto con la natura e che non cerchino grandi

70

alberghi perché qui è permesso costruire solo eco-lodges. Le famosissime immersioni del South Marine Park, un tempo raggiungibili solo in crociera sub, sono adesso a portata di mano.
L’area marina di Hamata-Berenice è protetta, come molte altre zone in Egitto, fin dal 1995 dalle autorità locali NGO’s ed enti internazionali come USAID, e i suoi centri sub hanno adottato delle procedure di basso impatto ambientale.
Hamata è ormai considerata il più importante porto di

Affioramento della barriera corallina nel Mar Rosso

partenza per crociere subacquee verso reef lontani ed il sud del Mar Rosso in Egitto. Mete famose di escursioni sub da qui sono Daedalus, Rocky Island, Zabargad Qulan, Sha’ab Makhsour, una barriera dalle pareti a strapiombo, frequentata da grossi pelagici e il maggior numero di specie di squali presenti in Mar Rosso, Sha’ab Ossama, Sattayache, un reef a forma di spicchio di luna che ospita un branco di delfini, e due lontani reef, il Fury Shoal e St John Reef.•


GOLF

L’Egitto ospita ben 20 green di standard internazionale costruiti in località eccellenti e significative per il turismo come Cairo, Alessandria, Luxor e Sharm El Sheikh. Tra i campi da golf che contano, ce ne sono 3 considerati storici, realizzati più di cento anni fa fa dagli inglesi in location strategiche come quello alla base della Piramide di Cheope. In previsione di uno sviluppo del settore, anche come nuovo segmento del turismo in Egitto, altri campi sono in fase di costruzione e progettazione su tutto il territorio. Il Mar Rosso, oltre che per i sub, è un’ottima destinazione anche per i golfisti esperti e per chi desidera imparare a giocare a golf. Tutte le Golf school sono infatti perfettamente attrezzate sia per tutte le categoriei e organizzano golf clinics con lezioni sia individuali che di gruppo. L’accademia di golf di El Gouna e i suoi istruttori con qualificazione internazionale PGA, offre addestramento di tutti i livelli. U 
 n campo spettacolare situato tra la laguna, le montagne e il deserto. Golf & Fitness Club
ha un campo da golf USPGA di 18 buche, Par 72, 6.269 m, progettato dalla famosa compagnia Americana di Fred Couples e Bene Gates, offre attrezzature e addestramento adatti sia ai principianti sia agli esperti. Il campo, riconosciuto dalla federazione golfistica tedesca, offre diversi tees, con tre differenti tee per ogni buca. Il golf club offre inoltre un aqua driving range con 30 tee, putting & chipping green, macchinine elettriche, caddies, carrelli e affitto attrezzatura. E’ richiesto un minimo di handicap 45. Sempre a El Gouna, lo Steigenberger Golf resort è un 5 stelle disegnato dal famoso architetto Michael Graves ed è un amalgama tra l’architettura moderna e la tradizione locale. L’hotel è circondato dal blu della laguna e dal campo 18 buche da campionato. A Soma Bay, famoso il Cascades Golf & Country Club, un campo disegnato da Gary Player.

Il campo di Taba Heights

Taba regina del golf nel Mar Rosso Il campo da golf del Taba Heights è una struttura a 18 buche Par 72 immersa in uno dei luoghi più particolari dell’Egitto, che gode di un clima caldo temperato tutto l’anno, del fascino delle barriere coralline del Mar Rosso e delle montagne del Sinai. Il Taba Heights, progettato da John Sanford, membro dell’American Society of Golf Course, misura 7100 yards ed è adatto sia per golfisti esperti sia per chi vuole diventarlo. Una sede davvero di alto

livello sportivo e paesaggistico se l’Ente del Turismo Egiziano in Italia nel novembre del 2010 ha scelto proprio Taba per la finale della Golfitaliano Cup. E ciò a dimostrare che il livello dei campi da golf in Egitto, specie quelli inseriti in location suggestive ed uniche quale quella di Taba, ha raggiunto standard qualitativi eccellenti di livello internazionale. Questo evento ha valorizzato il segmento del turismo del golf in Egitto, che negli ultimi anni assiste ad un trend sempre più positivo.

EGITTO

71


A CI N CU

A Tavola Manamana/Shutterstock.com

Testo di

Raffaella Ansuini

L 72

a cucina egiziana fa molto uso sia di verdure sia di legumi che crescono lungo le fertili valli del Nilo. Pur avendo comunanze con la cucina mediterranea, utilizza ingredienti e spezie che la rendono assai particolare, come il cumino, il coriandolo e il sesamo, che costituisce la base di un condimento tipico salato, “la tahina”, e di vari dolci. Con i legumi in Egitto si preparano le famose polpette fritte di fave, “falafel”, con fave secche ammorbidite, aglio, coriandolo, aneto, cumino e sesamo. Fra le carni più utilizzate, al primo posto troviamo l’agnello, usato sia per l’appetitoso spezzatino con lenticchie o con fave, il “kebab halla dami”, che per le famose “khofta”, agnello macinato e servito infilato in spiedini cucinati alla brace. Sempre di agnello, stavolta tagliato a pezzi e speziato, viene preparato il “kebab”, cotto ad uno spiedo ruotante verticale. Ogni pranzo egiziano inizia normalmente con alcuni antipasti, “mezze”, costituiti da una sorta di piadina detta “shami” arrotolata su un ripieno speziato di vario tipo, anche insalata, e salse, come ad esempio la dakka, a base di aglio. Altri stuzzichini sono i ravioli fritti ripieni di carne o formaggio, i “sambousek” e gli involtini

di pasta fillo, sempre con carne o formaggio, i “fila”. Gli antipasti in genere si gustano sorseggiando l’”arak” un forte liquore d’anice. Le verdure più utilizzate nella cucina egiziana sono le melanzane preparate in vari modi. “Baba ghanouj”, purè di melanzane con la salsa “tapina”, “wal tom,” melanzane fritte marinate in aceto e aglio. Quanto ai dolci, il “baklava”, una sorta di millefoglie di finissima pasta fillo, con ripieno a base di pistacchi e sciroppo di zucchero e, sempre con pasta fillo, anche l’altro dolce tipico “om Ali” farcito con crema di latte e panna. Durante i pasti gli egiziani bevono karkadè, caldo o freddo. Il caffè “ahwua, alla turca, è diverso a seconda della quantità di zucchero che vi si aggiunge. Molto diffuso il tè, scuro e amaro, da sorbire in ogni ora del giorno.•


73

Un piatto di antipasti con l’hummus

La preparazione dei falafel

EGITTO


Direttore Responsabile Teresa Carrubba tcarrubba@emotionsmagazine.com www.emotionsmagazine.com Progetto Grafico, impaginazione e creazione logo Emotions Ilenia Cairo icairo@emotionsmagazine.com Collaboratori Raffaella Ansuini, Anna Maria Arnesano, Giulio Badini, Romeo Bolognesi, Luisa Chiumenti, Roberto Lippi, Mirella Sborgia, Virginia Tedesco, Viviana Tessa Foto Archivio, Giulio Badini, Manamana, Zeber Responsabile Marketing e Comunicazione Mirella Sborgia msborgia@emotionsmagazine.com Tipografia Sograf Srl - Litorama Group Via Alvari 36 - 00155 Roma - tel. +39 062282333 www.litorama.it Editore Teresa Carrubba Via Tirso 49 -00198 Roma Tel. E fax 06 8417855 Pubblicazione mensile registrata presso il Tribunale di Roma il 27.10.2011 - N° 310/2011 Copyright © - Tutto il materiale [testi e immagini] utilizzato è copyright dei rispettivi autori e della Case Editrice che ne detiene i diritti.

facebook EmotionsMagazine

Twitter Emotionsmag




Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.