Web Magazine Sinequanon - Maggio/Giugno 2019 - ANNO 1 N 3

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MAGGIO/GIUGNO 2019

SPECIALE PUGLIA Antico Ponte tra due civiltÃ

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DIRETTORE RESPONSABILE Teresa Carrubba info@sinequanon.org www.sinequanon.it www.sinequanon.org

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INTERVISTA A LOREDANA CAPONE, ASSESSORE INDUSTRIA TURISTICA E CULTURALE

PROGETTO E REALIZZAZIONE GRAFICA Elisabetta Alfieri RESPONSABILE MARKETING E COMUNICAZIONE Zelaschi Creazione d’Immagini Srl www.agenziazelaschi.it/ s.zelaschi@agenziazelaschi.it PUBBLICAZIONE RIVISTA ONLINE DMXLAB Srl EDITORE Teresa Carrubba Via Tirso 49 - 00198 Roma Tel. e fax 06 8417855 Pubblicazione registrata presso il Tribunale di Roma – Registro della Stampa Il 20.12.2002 - N° 700 / 2002 Copyright © - Tutto il materiale [testi e immagini] utilizzato è copyright dei rispettivi autori e della Casa Editrice che ne detiene i diritti.

IN COPERTINA

18 FAETO 28 CELLE SAN VITO 36 ORSARA 50 TROIA 64 BOVINO 72 CANDELA

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EDITORIALE

SPECIALE PUGLIA Chi ha visitato i luoghi più noti, affascinanti e vacanzieri del-

come per il monte Cornacchia. Il Comprensorio non va con-

la Puglia ma non conosce i Monti Dauni, si è perso un patri-

fuso con la Daunia, un territorio più vasto che comprende

monio storico-culturale fatto di testimonianze culturali, arti-

l’intera provincia di Foggia e parte della Bat (Barletta, Andria

stiche e in certi casi linguistiche di tutto rispetto che nulla

e Trani). Quest’area fu comunque colonizzata dai Dauni, un

hanno da invidiare alle città costiere tanto frequentate e ri-

popolo di probabili origini albanesi arrivato in periodo pre-

cercate. Il turismo qui ha tempi rilassati, slow come si usa

romano e che poi si fuse con quello stanziale. Da sempre i

dire, e questo lascia spazio all’intraprendenza del viaggiato-

Monti Dauni hanno costituito un punto di passaggio impor-

re che va solitario alla scoperta delle curiosità. La Comunità

tante verso il mare e luogo strategico per l’osservazione del

Montana dei Monti Dauni Meridionali è situata nel territorio

territorio circostanze ai fini difensivi, a volte sorti laddove esi-

interno sud-occidentale della Capitanata, al confine con Mo-

stevano insediamenti romani di controllo. In genere di im-

lise, Basilicata e Campania. Un comprensorio formato da vari

pianto urbanistico medievale, con il caratteristico intrico di

comuni di cui Bovino è il capoluogo amministrativo. Il Su-

viuzze sali e scendi a pavimentazione a ciottoli, i borghi dei

bappennino Dauno offre l’atmosfera incontaminata dei suoi

Monti Dauni mostrano magnifici esemplari dell’arte monu-

paesaggi, il silenzio delle sue valli e dei suoi monti. Pur a

mentale romanica pugliese, a volte con elementi bizantini, e

confine con stirpi diverse, dalla irpina alla lucana, dall’Appu-

una storica tradizione di cornici in pietra locale sormontate

la, alla sannitica e alla molisana, la popolazione del Subap-

da stemmi, ad ornamento ed emblema dei portali di case

pennino si presenta con l’autonomia delle sue tradizioni e

gentilizie.

delle sue caratteristiche autoctone. E’ l’unica area montuosa della Puglia con vette che possono arrivare ai mille metri

TERESA CARRUBBA

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TRANI

PUGLIA, ANTICO PON

BEN 784 CHILOMETRI DI COSTA DISEGNANO I CONFINI DI QUESTA ST CIVILTÀ. LA GEOGRAFIA E SOPRATTUTTO LA STORIA DIVIDONO LA PU CAPITANATA O DAUNIA, AL NORD, CIOÈ LA PROVINCIA DI FOGGIA, GRA DEL GARGANO; LA TERRA DI BARI, NOTA PER LO SPLENDORE DELLE CAT PER IL VICINO ALTOPIANO DELLE MURGE, SUL QUALE SI APPOGGIAN ALBEROBELLO; IL SALENTO, CHE COPRE LA PROVINCIA DI LECCE, CO TARANTO, TESTIMONIANZA DI UN MITICO PASSATO, QUELLO DELL SCOGLIERE, DIRUPI MOZZAFIATO E GROTTE MARINE CHE SI DISTENDO COLLI ATTRAVERSO ULIVETI MILLENARI, VIGNETI E IL TAV

TESTI DI TERES FOTO DI TERESA CAR

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SPECIALE PUGLIA

NTE TRA DUE CIVILTA’

RAORDINARIA REGIONE, FRUTTO DELLA STRATIFICAZIONE DI GRANDI GLIA IN GRANDI AREE, OGNUNA RICCA DI BELLEZZE PARTICOLARI. LA ANDE PRODUTTRICE DI VINO E FRUMENTO E OSPITE DELLE MERAVIGLIE TTEDRALI ROMANICHE, PER I CASTELLI CHE SI AFFACCIANO SUL MARE E O VILLAGGI DALLE TRADIZIONI ANTICHISSIME COME IL SUGGESTIVO OL SUO PREZIOSO BAROCCO, E QUELLA DI BRINDISI; LA PROVINCIA DI L’ERA MAGNO-GRECA. DALLA COSTA PESCOSA E MOSSA DA ASPRE NO DOLCEMENTE IN TRANQUILLE SPIAGGE SABBIOSE, SI SALE SINO AI VOLIERE, CHE DELLA PUGLIA FECE IL GRANAIO D’ITALIA.

SA CARRUBBA RRUBBA E ARCHIVIO

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INTERVISTA ALL’ASSESSORE INDUSTRIA TURISTICA E CULTURALE LOREDANA CAPONE

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SPECIALE PUGLIA LOREDANA CAPONE

ABBIAMO CHIESTO ALL’ASSESSORE CAPONE QUALI SIANO I PROGETTI E I PIANI STRATEGICI A LIVELLO REGIONALE PER LA PROMOZIONE TURISTICA E PER MIGLIORARE LA QUALITA’ DELL’ACCOGLIENZA IN PUGLIA La Puglia, terra meravigliosa del nostro paese, ha molte attrattive turistiche su cui puntare, come il mare, la cultura, la natura e la cucina. Questo favorisce la destagionalizzazione del turismo? La Puglia è una regione appassionata e ambiziosa e sta lavorando molto, in sintonia fra pubblico e privati, per essere vivibile tutto l’anno, anche grazie a spettacoli, festival e manifestazioni che vanno ad aggiungersi al mare, alla cultura, alla natura e alla cucina. Nella primavera/estate, dal mese di aprile fino a settembre, chi verrà in Puglia avrà la possibilità di godere di un cartellone veramente straordinario di eventi che riguardano la tradizione, lo sport, il cinema, l’arte e la musica, Puglia Events 2019, che va ad aggiungersi alle qualità di un paesag-

gio dolcissimo, al clima mite, alla ricchezza dei borghi e al patrimonio enogastronomico. La destagionalizzazione è uno degli obiettivi più importanti del Piano strategico del Turismo Puglia365. E va di pari passo con la internazionalizzazione, perché sono proprio i turisti stranieri che vengono in Puglia in primavera e in autunno. Il turismo internazionale cresce: +14% gli arrivi e +9% le presenze nel 2018 rispetto al 2017. Il tasso d’internazionalizzazione ha guadagnato due punti percentuali in un solo anno, giungendo al 25,6% per gli arrivi. Tutti dati che indicano che siamo sulla strada giusta. La Puglia è ormai una delle mete del turismo internazionale. La Puglia è un ottimo brand anche dal punto di vista delle eccellenze, sia culturali che enogastro-

nomiche. Con quali strategie di comunicazione si promuove? Presentiamo e promuoviamo, in Italia e all’estero, non solo la nostra offerta turistica, ma anche tutta l’offerta culturale e i nostri grandi eventi. La Regione Puglia ha presentato in anteprima all’ITB di Berlino, il più importante salone internazionale del turismo, la sua offerta di eventi di tutto rispetto da abbinare alla offerta turistica. Si tratta di una strategia innovativa che sta portando risultati eccezionali: siamo sicuramente la regione italiana che in questo momento incrementa di più gli arrivi di turisti stranieri in Italia; certo abbiamo ancora molta strada da fare per raggiungere le grandi mete che ci siamo posti con il Piano strategico, ma il nostro lavoro ci sta premiando.

IL TURISMO INTERNAZIONALE CRESCE: +14% GLI ARRIVI E +9% LE PRESENZE NEL 2018 RISPETTO AL 2017. LA PUGLIA È ORMAI UNA DELLE PRINCIPALI METE ITALIANE DEL TURISMO INTERNAZIONALE

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I BORGHI PUGLIESI BEN SI PRESTANO PER UN TURISMO CHE RICHIEDE DI VIVERE IN PIENO L’IDENTITÀ DEI TERRITORI E LA LORO CULTURA. PER QUESTO DOBBIAMO PUNTARE SULLE COMUNITÀ ACCOGLIENTI CHE SIANO IN GRADO DI CREARE UN’INTEGRAZIONE FRA IL TURISTA E I RESIDENTI.

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SPECIALE PUGLIA

ALBEROBELLO

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CERIGNOLA

IL NOSTRO OBIETTIVO È ANCHE GARANTIRE IL RISPETTO DELL’AUTENTICITÀ DEI LUOGHI E DELLE REGOLE URBANISTICHE

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Anche perché migliorano i collegamenti aerei, e se prima era necessario incentivare i vettori a venire in Puglia, oggi la Puglia è cercata sempre di più da compagnie aeree low cost e non: sedici nuovi voli solo nel 2018 e per il 2019 altri sei voli internazionali con Bordeaux, Cracovia, Madrid, Marsiglia, Parigi, Hannover. La Puglia tutta cresce in ragione del settore turistico e, come dimostra Bankitalia nel suo rapporto sull’economia pugliese del 2018, il settore turismo è decisivo nella crescita dell’economia della regione. La formazione degli operatori turistici viene in qualche modo incoraggiata e supportata a livello regionale? La formazione è uno dei capisaldi del Piano strategico. E riguarda sicuramente gli operatori, ma anche i Comuni che erogano servizi turistici sul territorio. Per questo abbiamo realizzato un’apertura digitale ai 258 Comuni della Puglia con servizi dedicati alla gestione amministrativa e alla promozione turistica; abbiamo fatto tanti in-

contri territoriali per ridurre il “digital divide” e progettare insieme agli operatori e ai comuni i servizi digitali. Durante il Buy Puglia abbiamo realizzato consulenze di design e prodotto per gli operatori turistici. 20.000 sono state le telefonate e 7.408 le mail di richieste e segnalazioni ricevute e gestite dall’Help Desk del DMS nel 2018. Ma anche le ricerche e i sondaggi che facciamo sono utili agli operatori turistici per effettuare le loro scelte come il monitoraggio, realizzato con Travel Appeal, della reputazione di circa 8770 strutture ricettive, con invio di circa 300 report unici per struttura o per Comune, la Ricerca sul Brand Puglia, a cura di SWG e quella sul Turismo Sommerso, con New Mercury Tourism Consulting. Sono previsti degli incentivi regionali per favorire gli investimenti nelle infrastrutture e la collaborazione tra pubblico e privato? In realtà, piuttosto che incentivare nuovi insediamenti alberghieri, promuoviamo la qualità delle strutture ri-

cettive esistenti, sostenendo l’ampliamento dei posti letto e il miglioramento dell’accoglienza, il restauro di palazzi d’epoca e masserie storiche da destinare a strutture ricettive. Con gli incentivi del nuovo ciclo di programmazione sono stati agevolati investimenti complessivi nel turismo per 529 progetti del valore di oltre 384 milioni di euro. Gli strumenti di agevolazione sono due, Pia Turismo (Programmi integrati di agevolazione) e Titolo II Turismo. Per il Pia Turismo in poco più di due anni sono stati agevolati investimenti per oltre 172,3 milioni di euro (di cui 73,2 milioni di risorse pubbliche). I progetti agevolati sono 32, le unità lavorative sviluppate a regime, tra vecchia e nuova occupazione, saranno 496. Il Titolo II Turismo in due anni ha generato investimenti per 212 milioni di euro (di cui 77,3 milioni di risorse pubbliche). Sono state agevolate 497 iniziative che svilupperanno 4.906 unità lavorative a regime, tra vecchia e nuova occupazione.


SPECIALE PUGLIA TARANTO

Sono in aumento le strutture ricettive di lusso, questo ha cambiato il target del turismo in Puglia? L’offerta di strutture ricettive è cresciuta per tutte le tipologie in Puglia superando i 9 mila nuovi posti letto in soli tre anni. Per quanto riguarda il Lusso (strutture a cinque stelle e cinque stelle superior) l’offerta è cresciuta del 9 % dal 2016 al 2018, mentre i flussi di turisti sono cresciuti del 12 % negli arrivi e del 14 % nelle presenze, sempre dal 2016 al 2018. La Puglia guarda con sempre maggiore interesse ai turisti del target Lusso, che sebbene rappresentino una nicchia, consentono un ritorno consistente visto che non rinunciano a spendere, e rappresentano uno stimolo a migliorare e personalizzare la qualità dell’offerta turistica. La Puglia si candida a diventare una delle mete da sogno in Italia, perché è in grado di offrire un ventaglio di proposte sempre più personalizzate e una esperienza di vacanza su misura, in una terra ancora autentica e al di fuori dei circuiti di massa. Il Lusso in Puglia è comunque lontano dalla tendenza di sfoggio e sfarzo e trova nella esclusività, nella unicità di masserie e centri benessere, nella autenticità, nel cibo a km zero e nella personalizzazione delle esperienze di vacanza

RUVO DI PUGLIA

le sue nuove parole d’ordine. I borghi sono una ricchezza storica e culturale della Puglia. Come si concilia la loro volontà di mantenere vive le tradizioni con l’esigenza di fare turismo? Nei borghi di Puglia vogliamo rafforzare l’economia turistica, ma sempre nel quadro di una crescita sostenibile, con un programma di fruizione delle risorse culturali, ambientali e naturalistiche. Al centro la salvaguardia della bellezza autentica dei borghi, che da Nord a Sud, dal Gargano a Capo di Leuca, rappresentano uno dei patrimoni culturali della Puglia. I borghi pugliesi ben si prestano per un turismo che richiede di vivere in pieno l’identità dei territori e la loro cultura. Per questo dobbiamo puntare sulle comunità accoglienti che siano in grado di creare un’integrazione fra il turista e i residenti. Le politiche pubbliche devono evitare quanto è avvenuto in altre regioni che hanno visto alcuni territori presi d’assalto dai turisti e poi svuotati della loro identità. Per questo ha senso l’alleanza fra Regione, con i suoi programmi d’investimento per incentivare le strutture ricettive e i bandi di turismo e cultura per le attività e i progetti che riguardano la fruizione dei beni culturali 365 giorni l’anno, e i sindaci di

questi comuni che devono investire sulla loro bellezza, sempre più consapevoli delle potenzialità turistiche ancora da sviluppare. Ma il nostro obiettivo è anche garantire il rispetto dell’autenticità dei luoghi e delle regole urbanistiche. Negli ultimi tempi la provincia di Foggia e i Monti Dauni si stanno promuovendo con grande impegno. Si può dire altrettanto per le altre province? Certo, i Monti Dauni hanno acquisito consapevolezza del loro patrimonio paesaggistico e culturale e stanno portando avanti un progetto di comunità ospitale, si stanno promuovendo nei circuiti internazionali. Anche la Regione con il Progetto “Monti Dauni” ha fatto la sua parte. Borghi e territori della Puglia fanno bene ad avere consapevolezza delle proprie opportunità turistiche. Quello che conta adesso, però, per la Puglia intera, è la capacita di essere una destinazione e di arricchire la promozione con la creazione di prodotti turistici. Tutta la Puglia va promossa e organizzata per prodotti: un entroterra fantastico da valorizzare che ci rende competitivi, le aree costiere da nord a sud, ciascun luogo con le sue specificità, paesaggi diversi, ma una sola bellezza e una sola ricchezza.

QUELLO CHE CONTA ADESSO PER LA PUGLIA INTERA, È LA CAPACITA DI ESSERE UNA DESTINAZIONE E DI ARRICCHIRE LA PROMOZIONE CON LA CREAZIONE DI PRODOTTI TURISTICI

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PRESENTIAMO E PROMUOVIAMO, IN ITALIA E ALL’ESTERO, NON SOLO LA NOSTRA OFFERTA TURISTICA, MA ANCHE TUTTA L’OFFERTA CULTURALE E I NOSTRI GRANDI EVENTI.

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SPECIALE PUGLIA

CASTEL DEL MONTE

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LA CROCE LAPIDEA


SPECIALE PUGLIA

fAETO

UN bEL bORGO mEDIEVALE, PREzIOSA ENCLAVE DELLA LINGUA fRANCO-PROVENzALE INSIEmE A CELLE SAN VITO E PRODUTTORE DI UNA ChICCA GASTRONOmICA DI NOTEVOLE PREGIO, IL “PROSCIUTTO DI fAETO”

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SPECIALE PUGLIA

www.comune.faeto.fg.it/

FAETO, IMPORTANTE ISOLA LINGUISTICA CHE HA CONSERVATO INTATTO IL FRANCO-PROVENZALE L’IMPIANTO URBANO DI TRADIZIONE MEDIEVALE È UN RETICOLO DI STRADINE E VICOLI STRETTI SALI E SCENDI CHE SI INTERSECANO TRA LE PARETI A SASSI DELLE CASE

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Furono probabilmente i vasti faggeti, grande attrattiva naturalistica del territorio, a dare il nome al bel borgo medievale del Subappenino Dauno Meridionale, Faeto. Sorge su un monte e da lì domina la valle del torrente Celone, disseminato di mulini ad acqua, circondato da vette di tutto rispetto come il monte Cornacchia, il monte San Vito e il monte Saraceno. Se il cielo è assolutamente sereno, lo sguardo può raggiungere persino il Promontorio del Gargano e il Golfo di Manfredonia. E’ un sito paesaggistico tra i più suggestivi della provincia di Foggia, ma anche un bel borgo medievale ben conservato. L’impianto urbano, che risponde assolutamente alla tradizione medievale,

è un reticolo di stradine e vicoli stretti sali e scendi che s’intersecano tra le pareti a sassi delle case, spesso con il tipico elemento della scaletta a ringhiera e piccolo ballatoio esterno. La via principale, punto d’incontro quotidiano degli abitanti di Faeto, circa 700, conduce alla periferia del borgo fino a raggiungere “lo cunnùtte”, i famosi archi alle porte del paese. Queste strade sono disegnate da antichi palazzi che si mostrano in particolar modo per la bellezza dei loro portali, caratteristica comune ad alcuni borghi della zona, come Bovino e Celle San Vito. Sempre nel centro storico, da visitare, è la Chiesa Madre del Santissimo Salvatore (1570), la Croce Lapidea in Largo Croce, la Fontana risa-

lente al 1630 e la Casa del Capitano, edificio di architettura civile con richiami agli stili catalano-provenzali del secolo XV, oggi sede del museo archeologico che testimonia la storia locale fino al Medioevo. Si trova accanto ad una delle antiche postierle del circuito murario urbano, ossia l'Arco di Vico Valentino. Ma visitando questo borgo non si può prescindere dal Bosco Difesa di Faeto, uno dei più estesi dei Monti Dauni riconosciuto, dal punto di vista naturalistico, come Sito di Importanza Comunitaria (SIC). Non solo faggi, ma querce, aceri, olmi di montagna, tigli e sorbi. All’interno del bosco è stato realizzato un Orto Botanico, con percorsi attrezzati di diversa durata e grado di difficoltà.


fAETO

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SPECIALE PUGLIA MICHELE PAVIA, SINDACO DI FAETO

FAETO E CELLE SAN VITO UNICI BORGHI RICONOSCIUTI PER LA LINGUA FRANCO- PROVENZALE INTERVISTA AL SINDACO DI FAETO DOTT. MICHELE PAVIA Faeto ha una caratteristica storico-culturale molto particolare… Faeto è una realtà particolare soprattutto per la sua identità linguistica che è molto sentita perché nel corso dei secoli le generazioni che si sono succedute, hanno conservato gelosamente la Lingua franco-provenzale. Dopo il 1370, periodo in cui abbiamo le prime documentazioni al riguardo e a cui si fa risalire l’origine dell’enclave franco-provenzale, abbiamo un vuoto documentale nei secoli successivi. I documenti erano conservati nell’Archivio distrettuale di Napoli che a fine Ottocento venne distrutto, quindi la ripresa della nostra identità è avvenuta nel secolo scorso. Faeto ha cercato in ogni modo di conservare questa eredità tanto che ancora oggi si parla il franco provenzale. Con la legge 482 del 1999 sulle norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche, grazie all’impegno delle precedenti amministrazioni comunali e della Provincia di Foggia, Faeto e Celle San Vito sono gli unici due borghi ufficiali in cui si parla la lingua franco-provenzale. In che modo il Comune ha valorizzato questa identità?

Agli inizi, dopo l’entrata in vigore della legge sono stati fatti dei progetti e stanziati finanziamenti, ma con il passare degli anni tutto ciò è stato ridimensionato. Un’istituzione che è rimasta attiva è lo sportello franco-provenzale. Per fortuna ci sono ancora dei giovani che si occupano della ricerca linguistica e della redazione di atti in franco-provenzale. Questa è un’opportunità che ci viene data e stiamo cercando di trovare altri canali di sviluppo. Nella scuola abbiamo un neo, nel senso che non c’è il riconoscimento del franco-provenzale come materia nel piano di studio, almeno nelle scuole primarie. Qui a Faeto non abbiamo le superiori, i ragazzi vanno a Lucera o Foggia. Però stiamo cercando, attraverso la Sovrintendenza all’Istruzione, di inserirla almeno come insegnamento extrascolastico per far sì che prima o poi venga promossa come materia a pieno titolo, finalità che rientra nella programmazione dell’attuale Amministrazione Comunale. Che tipo di attività svolge lo sportello franco-provenzale? Lo sportello ha anche lo scopo di coinvolgere i giovani e realizza delle attività teatrali e di didattica vera e propria. Una de-

cina di anni fa c’è stata un’attività sperimentale in collaborazione con l’Università di Foggia ed è stata fatta una trascrizione fonetica utilizzando l’IPA, l’alfabetico fonetico internazionale, grazie alla preside della facoltà di scienze umane. Comunque ci sono dei tentativi per attuare da un lato una didattica più scientifica e dall’altro continuare a far vivere la lingua attraverso queste iniziative d’impatto pratico all’interno del paese e delle famiglie. Negli ultimi anni è stato sviluppato un contatto con la francofonia, noi abbiamo dei protocolli d’intesa con due associazioni internazionali, La Renaissance Française e l’Associazione LEM-Italia (Lingue d'Europa e del Mediterraneo). Da 4 anni organizziamo nel mese di luglio l’Università francofona del sud Italia che è l’unica del genere. Per una ventina di giorni vengono a Faeto alcuni docenti dalla Francia, si confrontano con i docenti locali e alcuni studenti acquisiscono un’importante certificazione con il patrocinio dell’Université Senghor di Alessandria d’Egitto. La certificazione è spendibile dai giovani laureati e corrisponde ad un master 2; già una sessantina di studenti hanno ottenuto questo riconoscimento.

DA 4 ANNI ORGANIZZIAMO NEL MESE DI LUGLIO L’UNIVERSITÀ FRANCOFONA DEL SUD ITALIA CHE È L’UNICA DEL GENERE E VENGONO A FAETO ALCUNI DOCENTI DALLA FRANCIA

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Un tale ecosistema non poteva che generare un microclima particolare che si è rivelato ottimale per la produzione di quello che ormai è considerato la principale risorsa economica del paese, il prosciutto e i salumi di Faeto ai quali sono stati conferiti i riconoscimenti europei DOP e IGP. In paese vivono due importanti realtà produttrici di prosciutto e salumi: il salumificio De Luca che si occupa della grande distribuzione e Moreno, più di nicchia, allevatore della razza autoctona 24 | SINEQUANON

di maiali neri e produttore di prosciutto e salumi.Questa risorsa di Faeto, famosa in tutta la Puglia e oltre, ha due momenti di valorizzazione: la sagra del prosciutto, che si svolge da 70 anni ad agosto nel Bosco Difesa e la sagra del maiale nero che invece, da 38 anni, ha luogo la prima domenica di febbraio nel centro di Faeto e attira ogni anno molti visitatori. Quest’ultima si chiama “ Féte de lu cajùnne” e dà la possibilità di assaggiare due specialità tipiche: suffrì e panùnte.


SPECIALE PUGLIA

IL SALUMIFICIO DE LUCA È ORMAI UN’ISTITUZIONE STORICA, NASCE A FAETO NEL 1940 E IL “PROSCIUTTO DI FAETO”, CHE LO HA RESO CELEBRE, VIENE ANCORA REALIZZATO ALLA "VECCHIA MANIERA”, SCEGLIENDO CARNI MAGRE DI PRIMISSIMA QUALITÀ, RICAVATE DA SUINI NAZIONALI DI GROSSA TAGLIA E SEGUENDO UNA LAVORAZIONE METICOLOSA E UNA NATURALE STAGIONATURA. L’ARIA SALUBRE E ASCIUTTA DI MONTAGNA FA IL RESTO.

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PARTICOLARE DEL MULINO PIROZZOLI #WeAreinPuglia #WeHostinPuglia AUSILIA PIROZZOLI

I SIGNORI FEUDALI RISERVAVANO A SE STESSI IL DIRITTO DI IMPIANTARE MULINI COSTITUENDO UN REDDITIZIO MONOPOLIO

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LA SIGNORA DEI mULINI Ci ha accolti nella sua bella casa di Faeto, Ausilia Pirozzoli, donna di classe e di cultura, ma soprattutto di grande entusiasmo e vitalità. Con un sorriso disarmante e coinvolgente, seduta accanto al calore del suo camino, ci racconta la sua vita, le sue emozioni, i suoi molteplici interessi. Un passato presso i Centri Regionali di Servizi Educativi e Culturali, la sua passione per la fotografia gratificata da premi prestigiosi, le sue esperienze come regista teatrale con interventi anche sui testi spesso in lingua franco-provenzale, la composizione di canzoni per la Corale Nuova Provenza di Faeto di cui tuttora fa parte. Ma il suo sguardo si vela di commozione quando rievoca suo padre, Carmine Pirozzoli, e il suo mulino del 1914, elettrico a cilindri e palmenti con attrezzature di servizio, costruito personalmente e gestito con dedizione fino al 1982, dopo oltre 60 anni di attività. Ora è un visitatissimo museo nel centro della città. Ed era proprio questa la principale caratteristica che all’epoca ha reso indispensabile quel mulino; la sua collocazione nel centro abitato lo rendeva maggiormente fruibile da tutti gli abitanti di Faeto che volessero macinare cereali in farina. Oggi è un vero modello di architettura industriale, una macchina d’altri tempi, testimone di un’econo-

mia sociale di tutto rispetto. E l’eredità di questa passione l’hanno ricevuta i figli di Carmine, Nicola e Ausilia, appunto. Per sostenere fortemente la memoria del padre, nacque in loro un interesse così forte per i mulini da scriverne un libro “I mulini ad acqua dell’alta Valle del Celone”, dopo attento e scrupoloso censimento documentato da descrizioni, dovizia di particolari tecnici ed architettonici e suggestive fotografie, neanche a dirlo, scattate dalla signora Ausilia. Una ricerca effettuata con grande difficoltà, visto che a tratti il sentiero lungo il torrente Celone non è più percorribile in quanto invaso dalla vegetazione. Il sottotitolo del libro: “Quando l’acqua… dava il pane”, la dice lunga sull’importanza fondamentale che questi mulini, ora inattivi e a volte poco più che ruderi, avessero in passato ai fini del sostentamento sociale del territorio. Il racconto nostalgico e appassionato di Ausilia ci parla dell’alta Valle del torrente Celone e dei suoi 20 mulini che potrebbero essere restaurati e recuperati, non solo per ripristinare l’identità architettonica e storica del territorio ma, perché no, per riportarli in attività valorizzando, come in passato, la sostanziale utilità di queste strutture per l’aspetto socio-economico di una popolazione. Anche se, come si legge nel

libro : «…i signori feudali riservavano a se stessi il diritto di impiantare mulini costituendo un redditizio monopolio». Mulino del Piscero, Mulino delle Ginestre, Mulino di Mustacchio, Mulino del Cancelliere. Sono alcuni dei 20 mulini censiti lungo la Valle, iniziando il percorso da Faeto fino a Celle San Vito. Ausilia ci racconta che al Mulino Piscero, di cui oggi s’intravede tra i ruderi l’affascinante architettura, lavorarono per molti anni suo nonno e suo padre fino agli anni ’50. E fu proprio il Piscero a segnare il passaggio dagli antichi mulini ad acqua, dipendenti dalla portata altalenante del Celone, a quelli moderni con motore a scoppio prima e in seguito elettrico. Ausilia ci spiega che in zone con corsi d’acqua di scarsa portata come il Celone, i mulini non sono a ruota verticale ma orizzontale. In realtà l’acqua che aziona il mulino non viene direttamente dal torrente, ma da cisterne costruite appositamente in cui viene convogliata e raccolta. Una paratia azionata meccanicamente fa precipitare l’acqua sulle pale della ruota orizzontale che mette in funzione tutto il sistema. E’ stato un incontro di poche ore, quello con Ausilia Pirozzoli, ma a noi si è aperto un mondo quasi sconosciuto, un patrimonio culturale e storico che vorremmo vedere recuperato.


SPECIALE PUGLIA

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CELLE DI

CèLLE DE S

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SAN VITO

SANT UITE

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CELLE SAN VITO

CELLE SAN VITO

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SPECIALE PUGLIA

IL PIÙ PICCOLO PAESE DELLA PUGLIA, CON POCO PIÙ DI 150 ABITANTI. INSIEME A FAETO, COSTITUISCE L’UNICA ZONA PUGLIESE A MINORANZA LINGUISTICA FRANCO-PROVENZALE Celle di San Vito, o sarebbe meglio dire Cèlle de Sant Uite, visto che questo borgo, insieme a Faeto, fa parte dell’unica enclave riconosciuta in tutta la regione della lingua franco-provenzale. Celle corre silenziosa e tranquilla per un’unica lunga via con filari di casette a sassi e leziose targhe toponomastiche in maiolica scritte in franco-provenzale. Scale esterne e loggette ornate di fiori, tipiche dell’architettura urbana medievale, movimentano con ordine le linee severe dei sassi a vista. Il lindore diffuso è quasi disarmante. E’ curioso, il nome Celle potrebbe derivare dall’antica destinazione del borgo come residenza estiva dei monaci benedettini del vicino Convento di San Nicola, che accoglieva i pellegrini diretti in Terrasanta. Verso la fine del 1200, una colonia di provenzali mercenari di Carlo d’Angiò occupò alcune celle e ciò che rima-

neva del convento ormai caduto in rovina, dando origine all’attuale borgo. Da un piccolo belvedere che accoglie un artistico pozzo, lo sguardo si apre sulla valle circondata dai monti, e poco più in là, sempre lungo via Roma si trova la chiesa di Santa Caterina Vergine e Martire, costruita nel 1884, che custodisce un raro esempio di organo-armadio del Settecento. Ma la sorpresa è alla fine del percorso cittadino, quando appare la Porta dei Provenzali e l’Arco, che costituiva l’antico accesso al borgo medievale. Oggi l’arco porta al Museo della civiltà contadina franco-provenzale “Vincenzo Rubino” all’interno del Palazzo Don Nicola Perrini. L’interessante museo, voluto proprio da Vincenzo Rubino, e reso possibile dalla donazione privata di oggetti d’uso agricolo o artigianale, rappresenta la memoria storica di una popolazione.

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MUSEO DELLA CIVILTÀ CONTADINA FRANCO-PROVENZALE, VINCENZO RUBINO

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DA UN PICCOLO BELVEDERE CHE ACCOGLIE UN ARTISTICO POZZO, LO SGUARDO SI APRE SULLA VALLE CIRCONDATA DAI MONTI, E POCO PIÙ IN LÀ, SEMPRE LUNGO VIA ROMA SI TROVA LA CHIESA DI SANTA CATERINA VERGINE E MARTIRE

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SPECIALE PUGLIA

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ORSARA UNA CITTÃ TRANqUILLA E DISCRETA ADAGIATA ALLE PENDICI DEL mONTE SAN mARCO E CIRCONDATA DA fITTI bOSChI E CAmPI COLTIVATI

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ORSARA

ORSARA

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SPECIALE PUGLIA

ABBAZIA DI SANT’ANGELO

www.comune.orsaradipuglia.fg.it/moduli/banner_target_page.php?idbanner=5 Girare per i vicoli di Orsara di sera imprime un fascino inusitato, d’altri tempi, tra numerose testimonianze del passato, antichi palazzi nobiliari e un impianto urbanistico del centro storico di stile medievale. Reminiscenza del XIII secolo, periodo in cui la legione spagnola dei Cavalieri di Calatrava, i monaci guerrieri incaricati di difendere la fede cristiana lungo la Via Francigena, si stabilì proprio ad Orsara con sede nel Palazzo baronale, dal notevole torrione in pietra con monofore centinate, che poi, nel Cinquecento, fu abitato a lungo dalla famiglia feudataria dei Guevara. Una città tranquilla e discreta, tanto da meritarsi la menzione di Città Slow, dai ritmi rilassati, e il marchio di Bandiera Arancione dal Touring Club per il valore culturale del borgo antico e per il patrimonio naturalistico che la circonda, adagiata com’è alle pendici del Monte San Marco e circondata da fitti boschi e campi coltivati. Anche se la leggenda attribuisce al mitologico eroe greco Diomede l’origine di Orsara, la città ha un’impronta tutta medievale nel reticolo di viuzze, archetti, piccole piazze, case con mattoni a vista, lampioni in ferro battuto e i resti delle mura che nel Medioevo proteggevano l’abitato di Castrum Ursariae dalle incursioni straniere. Tuttavia, il suo

passato è molto più antico, come testimoniano i reperti archeologici ritrovati, e fu coinvolta nella seconda guerra punica, anche perché probabilmente vi passava la via Traiana. Nel cuore medievale di Orsara, arroccato su un dirupo, sorge l’imponente complesso dell’Abbazia di Sant’Angelo, su una diramazione della via Francigena che da Troia portava al Santuario di San Michele Arcangelo ed è meta di pellegrinaggio sin dal Medioevo. Il complesso è costituito dalla Grotta di San Michele, oggetto di culto da parte di monaci basilani sin dall’VIII secolo, in parte naturale e in parte scavata nella roccia, a cui si accede per mezzo di una scala tortuosa, denominata Scala Santa. L’Abbazia di Sant’Angelo, nel 1229 passò alle dipendenze dei Cavalieri di Calatrava, divenendo casa madre dell’Ordine spagnolo in Italia. Dopo alterne vicende, nel 1524 fu venduta alla famiglia feudataria dei Guevara, che trasformò parte della struttura in dimora gentilizia. Orsara ogni anno organizz eventi rievocativi come "Fuca coste e cocce priatorie", la sera di Ognissanti. Secondo un’antica tradizione, gli orsaresi ornano le strade del paese con le zucche e accendono falò con rami di ginestre per consolare le anime del Purgatorio che tornano sulla terra.

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CITTÀ TRANQUILLA E DISCRETA, TANTO DA MERITARSI LA MENZIONE DI Orsara ha una particolare vocazione per la cultura, soprattutto per la musica. Nel 1991 nasce l'Associazione Orsara Musica visto il successo, l’anno precedente, dell'Orsara Jazz Festival che da allora si è svolta ogni anno. Non è insolito, camminando di sera tra le strade di Orsara, essere attratti dalle coinvolgenti note di musica Jazz che provengono dai locali in cui giovani musicisti si esibiscono.

CITTÀ SLOW, E IL MARCHIO DI BANDIERA ARANCIONE DAL TOURING CLUB PER IL VALORE CULTURALE E PER IL PATRIMONIO NATURALISTICO

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SPECIALE PUGLIA

IL SANNORO, IL NOME DERIVA DALLA CONTRADA IN CUI È IMPIANTATO IL PICCOLO VIGNETO, È OTTENUTO DA 80% TUCCANESE E 20% AGLIANICO, ALLEVATO AD ALBERELLO, 6 MESI IN BARRIQUE. IL MAGLIANO, DALL’OMONIMA CONTRADA MAGLIANO, OTTENUTO DAL VITIGNO TUCCANESE IN PUREZZA, ALLEVATO A 600 MT SU ROCCIA

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IL TUCCANESE

UN’AZIENDA VINICOLA DI NICCHIA, PER INTENDITORI. CINQUEMILA BOTTIGLIE L’ANNO NASCONO DA UN VITIGNO AUTOCTONO DI ORSARA, RIESUMATO DALL’OBLIO Tutto ebbe inizio con la lungimiranza dell’allora Assessore alla Cultura di Orsara Michele Guidacci che intravide nella ripiantumazione dell’antico vitigno Tuccanese, espressione del territorio argilloso e calcareo della zona, da tempo quasi completamente estinto, la possibilità di recuperare una delle eccellenze del territorio. L’esperimento fu messo in atto proprio nel terreno di proprietà della famiglia Guidacci e si rivelò un’ottima operazione sia a livello storico che economico. A prendere in mano la felice idea dell’Assessore fu il figlio Leonardo, noto architetto, che fece rinascere a nuova vita il vitigno autoctono divenendo l’unico produttore al mondo del vino Tuccanese. La sua passione per questa avventura nacque da subito a tal punto da voler sapere vita morte e miracoli del vitigno redivivo. Si rivolse dunque all’Istituto Sperimentale di Viticultura di Turi, per ana-

lizzarne il DNA. La sentenza non fu chiara, clone del Piedirosso, data la vicinanza con Benevento; clone di Sangiovese, oppure, ed è la più affascinante delle ipotesi, che si trattasse di un clone del vitigno Perricone di Sicilia, importato da una nobile famiglia Siciliana stabilitasi in una contrada di Orsara denominata Ripalonga, durante la dominazione Angioina nel 1300. Origine a parte, l’avventura vitivinicola andò avanti, anche grazie alla collaborazione dell’enologo Mauro Cappabianca, un grande esperto di vitigni autoctoni. Leonardo dimostrava così una profonda cultura del vino e una sensibilità speciale verso la storia del proprio territorio, la stessa che dimostrò suo padre salvando da estinzione certa il vitigno Tuccanese. Nel frattempo “ disegnava” i luoghi delle sue cantine esprimendo il suo personalissimo gusto di architetto. Compresa la canti-

na e lo showroom nel centro storico di Orsara, un interessante amalgama di design, architettura ed enologia. Questa cantina, appartenente all’azienda vinicola Il Tuccanese, è scavata nel tufo a 6 metri di profondità, viene utilizzata per l’affinamento in barriques e l’invecchiamento in bottiglia dei vini prodotti in azienda. Lo showroom è singolare, arredato con elementi Vintage che tradiscono il gusto e le passioni di Leonardo Guidacci architetto.

LA PRODUZIONE INCLUDE DUE ETICHETTE, CHE VENGONO POSTE ANCORA A MANO SULLE BOTTIGLIE: IL SANNORO ED IL MAGLIANO, ENTRAMBI ROSSI

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LO AbbIAmO INTERVISTATO PER VOI ...

PEPPE zULLO CELEBRE CUOCO PUGLIESE, PLURIPREMIATO, DIVULGATORE NEL MONDO DELLA CUCINA DEL TERRITORIO, SOSTENITORE DELLA NATURA A TAVOLA CON CREATIVITÀ IL SUO RISTORANTE DI ORSARA È UN TEMPIO DEI PIACERI DEL PALATO, I SEMPLICI PRODOTTI DELLA TERRA NELLE SUE ABILI MANI SI FANNO DELIZIE RAFFINATE 42 | SINEQUANON

Appassionato di erbe selvatiche e prodotti locali, difensore della qualità, della stagionalità e della tradizione, Peppe Zullo ama definirsi “Cuoco contadino” esprimendo così il suo attaccamento ai frutti della terra e a quello che la natura può ispirare tra i semplici alambicchi della sua cucina, senza penalizzare il gusto e la fantasia. Considerato per questo da Carlo Petrini, fondatore di Slow Food, un “cuoco che ha saputo restituire alla sua terra l’orgoglio che merita”. Il suo punto di forza è l’attenzione alle materie prime, alla loro tracciabilità e genuinità. Ma anche la sua magnifica ostinazione nel vo-

ler proteggere ed esaltare le eccellenze della Puglia e in particolare della sua città, Orsara. E’ qui che Peppe è tornato, dopo l’esperienza americana negli Anni Settanta durante la quale si è dovuto confrontare con l’incombere disastroso del “fast food”. Tornare alle sue radici ha significato ritrovare se stesso e l’inclinazione naturale, ereditata in gran parte da sua madre, verso la cucina di famiglia fatta di ingredienti della natura e di semplicità. Il suo ristorante di Orsara è un tempio dei piaceri del palato, vere chicche della gastronomia escono dalla sua cucina come la parmigiana di

borragine e caciocavallo o la ricotta dei Monti Dauni con cime di rapa e miele allo zafferano, in cui i semplici prodotti della terra nelle sue abili mani si fanno delizie raffinate e irrinunciabili. Peppe Zullo ha una sua enclave alimentare, l’Azienda agricola, con allevamento di animali e caseificio, il vigneto, il frutteto e persino il “Bosco dei sapori perduti” dove nascono erbe spontanee di tutto rispetto, gli forniscono tutto il necessario per essere autonomo. La Scuola internazionale di Cucina, poi, nobilita tutto questo facendo di Peppe Zullo un ambasciatore della cultura gastronomica pugliese


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RISTORANTE PEPPE ZULLO VIA PIANO PARADISO ORSARA DI PUGLIA TEL. 0881/964763 www.peppezullo.it info@peppezullo.it In controcorrenza con le tendenze culinarie partite dalla Francia negli Anni Settanta e Ottanta come la Nouvelle Cuisine e la Cucina Molecolare le quali, per fortuna, hanno attecchito molto poco in Italia, lei si definisce “Cuoco contadino”. Una reazione o una filosofia innata? Una filosofia ereditata da mia madre che mi ha trasmesso la cultura e la passione per questo mestiere. Persino nei suoi anni di sperimentazione negli Stati Uniti lei ha esportato la sua cucina semplice difendendo la nostra tradizione. Con quali effetti? Fare cucina italiana negli anni ‘70 negli Stati Uniti non è stato facile. Fare la cucina semplice e tradizionale è stata una scelta obbligata per il mio bagaglio personale. Quanto ha inciso la sua origine pugliese, e nella fattispecie dei Monti Dauni, nella sua concezione di piatti strettamente legati al territorio? Tantissimo, per la ricchezza e la vastità dei prodotti che questa terra offre. In un periodo in cui la forte spinta dell’immigrazione e la conseguente globalizzazione dovuta a interi scomparti alimentari dedicati a prodotti etnici, come fa ad imporsi in modo così determinato con una cucina assolutamente regionale? La riscoperta delle cucine regionali italiane è ormai un fatto acquisito. Quella pugliese da me interpretata in un territorio ricchissimo per le sue materie prime diventa una scelta naturale.

La stretta osservanza della stagionalità degli alimenti e l’uso in cucina di prodotti offerti dalla terra, primi tra tutti le erbe e i frutti spontanei, sono il suo punto di forza. Come si coniuga questa scelta con la creatività dei suoi piatti? La capacità di proporre qualsiasi prodotto della terra oltre le erbe e i frutti spontanei fa parte di questo mio bagaglio culturale. Quanta importanza ha raccontare all’ospite che degusta i suoi piatti la composizione e la storia di quella ricetta? In altre parole, quanto ha inciso la comunicazione sul suo successo? La comunicazione è fondamentale in questo mio lavoro. Non sempre basta cucinare un piatto! Diventa importante anche raccontarlo. I riconoscimenti che le hanno conferito hanno significato che la sua filosofia di cucina semplice, legata al territorio e alle tradizioni anche se personalizzate, fosse nel giusto? Se sono stati dati dei riconoscimenti, credo che il mio lavoro sia stato apprezzato. La sua tenuta di Orsara di Puglia, dai cui frutti nasce la sua cucina, è stata riconosciuta dall’UNESCO tra le 20 strutture italiane “Fabbrica del Paesaggio”. Ha contribuito anche la multifunzionalità del suo complesso? Ristorante, Scuola di Cucina, Nuova Sala Paradiso, Cantina. Anche la tenuta realizzata ad Orsara e tutto quello che ne consegue, fa parte di un progetto “Sogno”, come avevo in mente da bambino.

PARMIGIANA DI BORRAGINE INGREDIENTI PER 4 PERSONE: 500 GR. DI PASSATA DI POMODORO 250 GR. DI FOGLIE DI BORRAGINE 200 GR. DI CACIOCAVALLO 100 GR. DI FARINA 0 300 CC OLIO EXTRAVERGINE D’OLIVA Q.B. 1 SPICCHIO D’AGLIO SALE Q.B. FIORI DI BORRAGINE Q.B PREPARAZIONE: In una padella fate dorare dell’olio extravergine d’oliva e uno spicchio d’aglio, aggiungete la passata di pomodoro e lasciate cuocere a fiamma moderata per una quindicina di minuti. Lavate accuratamente le foglie di borragine. Tagliate a fettine sottili il caciocavallo. PROCEDIMENTO: Mettete in una padella il restante olio extravergine d’oliva per friggere e a parte preparate un impasto con la farina e l’acqua frizzante. Passate una alla volta le foglie di borragine in questo impasto. Quando saranno leggermente dorate colatele e lasciatele asciugare su carta da cucina. In una teglia con della carta da forno, componete la parmigiana, disponendo un primo strato di foglie di borragine con la passata di pomodoro e il caciocavallo. Proseguite gli strati alternando almeno per quattro volte, termite con la passata e le fette di caciocavallo. Infornate a 180 °C per circa 15 minuti. Servite caldo decorando con i fiori di borragine. SINEQUANON | 43


IL SUO PUNTO DI FORZA È L’ATTE MA ANCHE LA SUA MAGNIFICA OSTINAZION LE ECCELLENZE DELLA PUGLIA IN PART

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ENZIONE ALLE MATERIE PRIME. NE NEL VOLER PROTEGGERE ED ESALTARE ICOLARE DELLA SUA CITTÀ, ORSARA

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ANGELO DI bICCARI UN fORNAIO D’ALTRI TEmPI E’ DATATO 1526 IL FORNO A PAGLIA DI ORSARA, DI PROPRIETÀ DELLA FAMIGLIA

DI BICCARI, IN CUI CINQUE GENERAZIONI DI FORNAI HANNO COTTO PAGNOTTE

PER LA CITTÀ E CHE ANCORA OGGI FUNZIONA, SOSTENUTO DALL’ASSOCIAZIONE

PANE E SALUTE DI CUI ANGELO È PRESIDENTE IL CUI PRIMARIO OBIETTIVO È QUELLO DI PRESERVARE LE TRADIZIONI CONTADINE.

UN’IMMAGINE CHE EVOCA UN PASSATO CONTADINO CARICO DI NOSTALGIA PER UN’ECONOMIA SOCIALE SEMPLICE E SAGGIA

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Nell’aria aleggia il caldo profumo del pane appena sfornato. Lo diffonde la massaia che lentamente attraversa le stradine della città con in testa un’asse a sorreggere le pagnotte di pane fumante da portare a casa. Un’immagine che evoca un passato contadino carico di nostalgia per un’economia sociale semplice e saggia. La donna di casa ammassava con cura la farina e il lievito, ne creava delle forme su cui incideva l’iniziale del cognome di famiglia, le portava al forno cittadino e poi aspettava di essere chiamata per ritirare le pagnotte sfornate. Un servizio di grande utilità se si considera che nelle case non esisteva il forno e

che il pane è sempre stato la più elementare forma di sostentamento. Un servizio che fu maggiormente apprezzato allorquando la richiesta di pane aumentò, nel XIII secolo, a causa della legione di Cavalieri di Calatrava, ordine monastico-militare spagnolo incaricato di difendere la fede cristiana lungo la via Francigena, che si era stabilita nella zona di Orsara. E così, avanti nei secoli. Il forno di proprietà della Famiglia “Di Biccari”, dal 1526 ha rappresentato un’istituzione cittadina e ancora oggi è il punto di riferimento di chi sappia apprezzare l’esperienza e la dedizione del fornaio Angelo il quale per più di cinquant’anni ha prov-

veduto alla cottura del pane lavorato a casa dalle massaie e che tuttora sforna senza sosta quello che lui stesso ha denominato Pane Divino. Un pane preparato con la ricetta antica, con un lievito rigenerato addirittura da cento anni, tramandato dalla famiglia Di Biccari. Il forno a paglia, ormai l’unico rimasto funzionante ad Orsara, conferisce alla pagnotta una crosta croccante e spessa che gli consente di durare fresco persino 15 giorni. Ma dal fornaio Angelo, oltre al pane, si possono degustare altre ghiotte ricette, il pancotto ripieno di verdure, pizze e focacce e diverse specialità regionali che qui, hanno tutt’altro sapore.


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LO ABBIAMO INCONTRATO NEL SUO CINQUECENTESCO FORNO DI ORSARA, AN-

GELO DI BICCARI, UN PERSONAGGIO INCREDIBILMENTE INTERESSANTE, E GLI AB-

BIAMO CHIESTO QUALCHE CURIOSITÀ. Lei appartiene alla quinta generazione di fornai Di Biccari, cosa significa veramente? Vivere il destino della famiglia. Avevo 6 anni quando ho aiutato ad accendere il forno per la prima volta, accanto a mio padre. Più che proprietario mi sento il custode di questo forno che mi trasmette ancora tante emozioni dopo tutti questi anni. Per secoli ha cucinato tanto pane e prelibatezze contadine, per i matrimoni, per Pasqua, per Natale e persino per la festa del patrono San Michele. Siccome non c’era forno in casa le massaie portavano a cuocere qui pane e quant’altro. Con la mia Associazione stiamo cercando di continuare la tradizione di fare il pane a casa. Sto convincendo le persone e ci sto riuscendo; fornisco io la farina, il lievito e la ricetta base, quella contadina. Farina di grano tenero 70% e farina di grano duro 30%, doppia lievitazione. Si prepara il lievito (il crescente), si procede all’impasto, si lascia il tempo per la lievitazione, si taglia il quantitativo per una pagnotta, la si mette nel cestino, si fa ri-

parare cioè finire di lievitare e poi si porta ad infornare. Come funziona un forno a paglia? Un tempo la legna serviva solo per cucinare e riscaldare. La paglia che veniva data al fornaio era di seconda scelta, la prima scelta si dava agli animali. Questo forno ha 4 stufe inferiori che convogliano la fiamma verso il un foro centrale del piano di cottura superiore riscaldando contemporaneamente sia il piano che la campana. Quando abbiamo alimentato il forno e arriva a una certa temperatura, si fa una prova mettendovi dentro una pizza, se cuoce subito il calore è troppo alto, se ci mette più tempo è troppo basso, in questo caso si mette più paglia e si porta a temperatura di 260270 gradi. Solo allora si inforna il pane. Questo forno ha un diametro di 2 metri e mezzo e consente di cuocere contemporaneamente 40 pagnotte di 4 chili ciascuna. Queste pagnotte subiscono una cottura a vapore perché dal pane evapora l’acqua, quanto basta per farle cuocere bene dentro e formare una crosta integra. Il pane

così cotto dura anche 15 giorni perché la crosta di ben mezzo centimetro lo mantiene morbido all’interno. E’ biscotto quando esce dal forno e diventa pane nei giorni successivi. Fate ancora cottura in forno per privati? Più che panettiere sono fornaio che gestisce il forno portandolo a temperatura. Le persone vengono da casa, con 5-6 pagnotte crude e poi vengono a prenderle cotte. Ogni persona appone sulla pagnotta da cuocere il marchio di famiglia, chi mette un filaccio di paglia, chi fa una croce, chi ha un timbro di ferro. Il forno Pane e Salute ha anche una curiosa consuetudine, il baratto… In certi giorni noi facciamo il baratto, io do il pane alle persone e loro portano quello che ritengono equivalente in valore: salsicce, salumi, formaggio, vino olio o altro. L’importante è che ciò che ci portano sia buono quanto il pane che io offro. Per sapere se un prodotto è buono e genuino bisogna conoscere chi te lo da.

UN PANE PREPARATO CON LA RICETTA ANTICA, CON UN LIEVITO RIGENERATO ADDIRITTURA DA CENTO ANNI, TRAMANDATO DALLA FAMIGLIA DI BICCARI

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IL FORNO A PAGLIA, ORMAI L’UNICO RIMASTO FUNZIONANTE AD ORSARA, CONFERISCE ALLA PAGNOTTA UNA CROSTA CROCCANTE E SPESSA CHE GLI CONSENTE DI DURARE FRESCO PERSINO 15 GIORNI

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TROIA IL NOmE, IN mEmORIA DELLA CITTà DELL’ASIA mINORE ChE PIù A LUNGO OPPOSE RESISTENzA AI GRECI

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TROIA

TROIA

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SPECIALE PUGLIA CATTEDRALE

COMPIE MILLE ANNI L’AFFASCINANTE CITTÀ DEI MONTI DAUNI, BANDIERA ARANCIONE DEL TOURING CLUB ITALIANO PER LA BELLEZZA DEL SUO CENTRO STORICO Fu il catapano bizantino Basilio Bojohannes, nel 1019, a fondare Troia, sui resti dell’antica città romana Aecae, da quattro secoli distrutta e abbandonata. Il nome, in memoria della città dell’Asia Minore che più a lungo oppose resistenza ai Greci. Sorta sulla via Appia-Traiana, Troia era in posizione strategica perché si trovava su un’altura e poteva dominare il territorio circostante. Il catapano fa cingere di mura le poche casupole esistenti per ostacolare la minaccia dei Longobardi che volevano contrastare l’avanzata dei Bizantini e imposta un impianto tipicamente medievale con l’asse centrale costituito da quel tratto di Appia-Traiana che percorreva per intero il centro abitato e delle viuzze parallele tra di loro che intersecano l’asse, racchiuse

nella forma ellittica dalla cinta muraria. Il tutto conformandosi alla morfologia della collina, a spina di pesce. Alla fine Troia viene comunque espugnata dai Longobardi e nasce una diocesi con sede a Roma. Troia doveva allora presidiare un forte potere e lo fece anche attraverso la costruzione di monumenti imponenti per renderlo un centro strategico per la Chiesa di Occidente. Laddove sorgeva una piccola chiesa di stile bizantino lì nacque la Cattedrale, commissionata dal vescovo Guglielmo II, a partire dal 1089 e completata nel 1119, cento anni dopo la fondazione di Troia. Ancora oggi, il primo impatto con Troia è l’effetto sorpresa della Cattedrale che appare all’improvviso, girato l’angolo di un vicolo, con la magnificenza della sua facciata ro-

manica in pietra bianca di Castelluccio e pietra verde di mare. Lo sguardo è subito attratto dal bellissimo rosone d’influenza araba e bizantina tra i più originali del mondo, un gioiello in filigrana, un merletto di gran pregio. Le colonnine a raggiera 11 anziché 12, e questo lo rende unico formano spicchi traforati che richiamano le transenne di origine bizantina molto utilizzate nel romanico pugliese. Venne raffigurato persino in una edizione di banconote da 5.000 lire. Nel 1105 vi fu la traslazione di ben 5 reliquie di santi patroni della città, un numero anomalo visto che in genere esiste un solo protettore. Oggi immortalati in busti d’argento di manifattura napoletana, portati ogni 18 luglio in processione per le vie del centro.

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TROIA DOVEVA PRESIDIARE UN FORTE POTERE E LO FECE ANCHE ATTRAVERSO LA COSTRUZIONE DI MONUMENTI IMPONENTI, CENTRO STRATEGICO PER LA CHIESA DI OCCIDENTE

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UNA CITTÀ, TROIA, CHE VIVE LA STORIA ANCHE PER MEZZO DELLE TRADIZIONI POPOLARI CHE SI RINNOVANO OGNI ANNO Magnifico il portale in bronzo del 1119 realizzato da Oderisi da Benevento, sembra con la collaborazione di un artista, tale Bernardus. Dal 1986 la diocesi viene spostata a Lucera e quella di Troia diventa Concattedrale. Tra la chiesa e il vanvitelliano Palazzo Episcopio, da non mancare il Museo del Tesoro della Cattedrale nel settecentesco Palazzo dell’ex Seminario Vescovile che custodisce una collezione di arte sacra della scuola napoletana del Settecento e argenti donati dai marchesi D’Avalos del Vasto, una delle famiglie più potenti del Regno di Napoli. Ma la vera chicca del Museo sono gli inestimabili Exultet, rarissimi rotoli di pergamena, uno lungo addirittura 6 metri e mezzo, che contengono il testo per annunciare la Pasqua con canti e illustrazioni miniate. Veniva srotolato nell’ambone della chiesa durante la veglia pasquale in cui il

diacono annunciava il Mistero della Redenzione. Qui si possono ammirare 3 Exultet su 31 esistenti al mondo. Troia ha mantenuto il suo impianto urbanistico che denuncia la storia antica per via delle maestose costruzioni le quali portano intatti i segni delle grandi civiltà che qui si sono avvicendate, sedimentando strati di rilevante valore storico ed architettonico. Al XVI secolo risalgono le prime costruzioni come Palazzo dei Lombardo o dei Gesuiti (sec. XV), Palazzo D’Avalos (sec. XVI), oggi sede del Municipio e del Museo Civico. L’importanza storico-religiosa della cittadina ha importanti tracce nelle statue dei Santi Patroni (sec. XVII), nei dipinti di Luca Giordano e del Solimina, nelle chiese di Chiese di San Francesco (sec. XVIII), di San Giovanni di Dio (sec. XV) e nella Chiesa e Convento di San Domenico (sec. XIV). Una città,

Troia che vive la storia anche per mezzo delle tradizioni popolari che si rinnovano ogni anno. Suggestivi, ad esempio, i Falò di San Giuseppe TROIA HA il 19 marzo che rievocano gli antichi MANTENUTO IL fuochi, riti pagani che avevano il siSUO IMPIANTO gnificato di celebrare l'arrivo della URBANISTICO primavera e l'invocazione di una CHE DENUNCIA buona annata per la raccolta nei campi. La Santa Gesta o Festa dei LA SUA STORIA Patroni, in occasione della ricorrenANTICA PER VIA za della festa patronale nel mese di DELLE MAESTOluglio, si celebra la rievocazione in SE COSTRUZIONI costume delle reliquie dei Santi PaCHE PORTANO troni e a Pasqua, dal Giovedì Santo alla Domenica, Troia vive un susseINTATTI I SEGNI guirsi di manifestazioni paraliturgiDELLE GRANDI che la cui origine risale al lontano CIVILTÀ CHE QUI 1702 per volere del vescovo CavaSI SONO lieri. La processione penitenziale detta delle “Catene”, la “Processione AVVICENDATE dei Misteri”, cioè di 5 gruppi statuari lignei che riproducono alcune www.prolocotroia.it/ Stazioni della Via Crucis. www.viaggiareinpuglia.it/ SINEQUANON | 55


IL RIChIAmO DELLE TERRE DI TROIA

CANTINE ELDA I VINI PRODOTTI DALLE CANTINE ELDA SI SONO PRESTO POSIZIONATI SUL MERCATO VALORIZZANDO SOPRATTUTTO IL PRODOTTO DELLE UVE LOCALI: PRIMO ED ETTORE Ingegnere, esperto di energie rinnovabili, agli inizi del Duemila Marcello Salvatori si è lasciato affascinare dai fertili vigneti ad est di Foggia, là dove nasce il nobilissimo Nero di Troia. E fu subito amore. La svolta della sua vita professionale cominciò così, con l’acquisto di terreni lungo il percorso tra Foggia e Troia, la costruzione impianti di vinificazione all’avanguardia e un team di giovani entusiasti. La nuova avventura ha dato subito i suoi frutti e i vini prodotti dalle cantine Elda si sono presto posizionati sul mercato valorizzando so56 | SINEQUANON

prattutto il prodotto delle uve locali: Primo ed Ettore. Un successo non gratuito, ma guadagnato grazie ad una produzione di altissima qualità, dalla selezione clonale di antiche viti autoctone da coltivare in terreni biologici, con il conseguente massimo rispetto per l’ambiente. Ed ecco riemergere trasversalmente la vecchia professione di Marcello Salvatori, il quale ha fortemente voluto per le sue Cantine l’uso di energia rinnovabile ricavata da impianti fotovoltaici, l’adozione di trattamenti termici in sostituzione di sostanze contenenti aller-

geni o stabilizzanti chimici, la scelta di soluzioni per ridurre l’impatto ambientale come i tappi riciclabili. “Per l’affinamento in bottiglia noi usiamo dei tappi tecnici prodotti in Olanda derivati dai polimeri della canna da zucchero” ci conferma infatti il Responsabile Commerciale delle Cantine Giuseppe Morra “ Vengono assemblati con porosità diversa a seconda del tipo di vino che viene imbottigliato, bassa per il vino bianco che non necessita di molta ossigenazione e alta per i vini rossi che devono respirare di più.


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GIUSEPPE MORRA RESPONSABILE COMMERCIALE www.eldacantine.it/ Con questo tipo di tappi, se dovessimo tenere ferme 5000 bottiglie e riaprirle tutte dopo un anno, assaggeremmo da tutte lo stesso identico vino perché lo scambio di ossigeno tra il vino e l’esterno è uguale per ogni bottiglia. Con i tappi tecnici non avremo mai un vino che sa di tappo perché non assorbe, non si macchia, e soprattutto ha un’elasticità particolare, diversa da quella del sughero, in quanto aderisce alla bottiglia più velocemente e consente di mettere subito le bottiglie in orizzontale, con enorme risparmio di spazio qui in cantina” Nate dalla malìa del Nero di Troia, le Cantine Elda si distinguono soprattutto per questa produzione. Il

Nero di Troia viene prodotto in provincia di Foggia, Barletta, Castel del Monte, e di solito non è in purezza. Ma quello prodotto proprio a Troia, l’omonima città, come nelle Cantine Elda, è un’altra cosa. Oltretutto i loro vini sono tutti in purezza, salvo un'unica etichetta, A.More, con il blend Merlot –Syrah. Parlando del Nero di Troja, Elda ne produce 4. Un Rosato da Nero di Troia fermo, Due Nero di Troia uno affinato in acciaio e uno affinato in botte e uno spumante metodo classico da Nero di Troia rosato. E le Cantine Elda sono la prima azienda a fare spumante da Nero di Troia rosato. Una base di Nero di Troia rosato viene lavorata con la rifermenta-

zione in bottiglia come lo champagne, metodo francesce champenoise. Imbottigliamento, affinamento e sboccatura in cantina. “Nella programmazione della produzione delle etichette noi siamo sempre partiti dal territorio” ci racconta ancora Giuseppe Morra “ quindi Bombino bianco, poi affiancando la Falanghina - siamo a meno di 50 km dalla provincia di Avellino dove si produce- poi un vitigno internazionale come il Sauvignon blanc che è difficile trovare in Puglia ma noi lo abbiamo trovato e ci siamo assicurati il vitigno. Abbiamo fatto lo stesso con il rosso, il Nero di Troia, il Primitivo e il Negramaro” SINEQUANON | 57


CANTINE ELDA

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UN’INVENZIONE DELLA PASTICCERIA CASOLI DI TROIA

LA PASSIONATA

L’IDEA È SCATURITA DAL DESIDERIO DI CREARE UNA NOVITÀ SFRUTTANDO LA TRADIZIONE

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Nasce negli alambicchi segreti di una pasticceria dei Monti Dauni, ed è subito successo! E se la pasticceria vive la sua attività a fianco di uno dei più preziosi monumenti dell’architettura romanica in Puglia, la Cattedrale di Troia, il suo merito è ancora più grande. E’ la Passionata, una provocazione irrinunciabile per palati raffinati. Tre tipi di ricotta, vaccina, di pecora e di bufala, amalgamate con un procedimento che non va svelato, sostenute da una base di bisquit e ricoperte da un velo di marzapane. L’idea sembra elementare, ma il risultato è eccelso. Troppi segreti dell’arte pasticcera custodisce questo dolce per essere considerato semplice, eppure lo è. Almeno nella composizione, così attenta agli ingredienti, di qualità e rigorosamente del territorio -ricotta e mandorle localie soprattutto al rispetto di una sana alimentazione grazie all’impiego di pochissimo zucchero, farine ottenute con lavorazione su pietra fredda, e nessun conservante. Per questo la Passionata è ottima da consumare fresca, ma si può anche congelare e gustare in tutta la sua fragranza una volta scongelata,

pasticceriacl.it/passionata/ quando la pasta di mandorle si ammorbidisce. E’ a Lucia Casoli, titolare dell’omonima pasticceria, che dobbiamo una tale delizia nata dalla sua passione, da cui il nome Passionata, per i dolci. L’idea è scaturita dal desiderio di creare una novità sfruttando la tradizione. A Troia si usa mangiare dolci a base di ricotta soprattutto a Pasqua, ma Lucia ha voluto estendere questo piacere ad ogni giorno dell’anno anche per ribadire continuamente l’identità del territorio. La chicca è il fiore stilizzato sopra ogni dolcetto, un discreto atto devozionale per il rosone della Cattedrale di Troia, perché certamente, stare ogni giorno accanto ad essa, la fa sentire in qualche modo in dovere di adeguarsi a tanta imponenza. Anni di formazione di Lucia presso prestigiosi maestri pasticceri le avranno insegnato la tecnica, ma il talento e l’entusiasmo sono un’altra cosa. E i numerosi premi e riconoscimenti che ha ottenuto sono un omaggio proprio al suo personalissimo stile e uno stimolo alla creatività. La Passionta ha otto varianti distinte dai diversi colori pastello, dalla classica a quella aromaIL PAN DI PUGLIA

tizzata al Moscato di Trani e al Nero di Troia. Visto il successo della Passionata, Lucia Casoli si è cimentata in un’altra creazione e un altro successo, il Pan di Puglia. Già il nome evoca i profumi e i sapori di una terra dalle antiche tradizioni. Il Vino, l’olio, il grano, i fichi e le famose mandorle Pugliesi. Questo intrigante dolce infatti contiene mandorle raffinate, semola rimacinata di grano duro, olio extravergine di oliva, fichi secchi, mandorla tostata e caramellata, mosto cotto al vino Nero di Troia e cioccolato fondente. All’interno dell’elegante confezione, una bottiglietta di mosto cotto da versare sulla fetta appena tagliata. Chi ama questi dolci? Soprattutto un mercato di nicchia, che sa apprezzarne e trasferirne la prelibatezza.


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LA PASSIONATA

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La città dei portali. Storia e mestier

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ri nostalgici

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PARTE DEI PORTALI SONO STATI COSTRUITI DAL XV AL XVII SECOLO MA È AL PERIODO BORBONICO, TRA IL XVIII SECOLO E LA PRIMA METÀ DEL 1800, CHE VIENE ATTRIBUITA LA GRAN PARTE DEI PORTALI

C’è chi la chiama città dei portali, per via degli 800 portoni incorniciati da una bella pietra grigia locale che culmina in uno stemma. Segno che qui viveva, e in parte ancora vive, un certo numero di famiglie nobili, specie nel centro storico. Ad imitazione di questa caratteristica simbologia, altri, non aristocratici, hanno voluto distinguere la propria casa con una decorazione simile ad un emblema di famiglia. Fatto sta che l’intero centro antico di Bovino è punteggiato da questi bei portali che seguono l’andamento sali e scendi delle strette stradine acciottolate, quasi dei vicoli, con scorci pittoreschi, scalette, poggioli, archi, offrendone l’impronta ben definita della Puglia-Magna Grecia. Il largo utilizzo

della pietra, quindi, più che soddisfare lo stile architettonico, diventa uno strumento d’identificazione, rappresentando l'immagine del casato nobiliare o della famiglia. Parte dei portali di Bovino sono stati costruiti dal XV al XVII secolo, durante le dominazioni Angioina prima ed Aragonese poi. A quest'ultimo periodo appartengono gli esemplari più belli e più decorati, per l'influenza barocca. Ma è al periodo Borbonico, tra il XVIII secolo e la prima metà del 1800, che viene attribuita la gran parte dei portali di Bovino. Là dove sorgeva l’antica rocca romana ora resta il Castello Ducale, con torre Normanna e cassero SvevoAngioino, con i giardini pensili. Nei locali gentilizi, si può visitare la cappella

settecentesca in cui è conservato un frammento della Spina della Corona di Cristo all’interno di una croce reliquiaria d’argento di mirabile fattura. E il museo diocesano nel quale è custodita la preziosa tela di Mattia Preti “Il Martirio di San Sebastiano” e, argenteria, busti lignei e paramenti sacri a partire dal secolo XV. Al Castello alloggiarono ospiti illustri, persino il figlio dell’imperatore Federico II di Svevia, Manfredi. Altro fulcro dell’attenzione cittadina è la Basilica Concattedrale con la bellissima facciata, ieratica pur nella sua linearità romanico pugliese con evidenti elementi gotico-bizantini. Bella la Fontana Borbonica risalente al XVIII secolo con elementi tardobarocchi e neoclassici.

museo Civico nel Palazzo Pisani Forti richiami dal passato anche nel Museo Civico di Bovino, nelle sale di Palazzo Pisani, nel cuore del centro storico, grazie agli interessanti reperti locali datati dal Neolitico al Medioevo, fino a una magnifica raccolta di maioliche smaltate rinascimentali. Il primo impatto con il Museo è offerto da singolari stele antropomorfe della sezione preistorica e protostorica.


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LÀ DOVE SORGEVA L’ANTICA ROCCA ROMANA ORA RESTA IL CASTELLO DUCALE, CON TORRE NORMANNA E CASSERO SVEVO-ANGIOINO, CON I GIARDINI PENSILI. NEI LOCALI GENTILIZI, SI PUÒ VISITARE LA CAPPELLA SETTECENTESCA IN CUI È CONSERVATO UN FRAMMENTO DELLA SPINA DELLA CORONA DI CRISTO ALL’INTERNO DI UNA CROCE RELIQUIARIA D’ARGENTO DI MIRABILE FATTURA

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Ma Bovino è anche altro, è folklore e artigianato mantenendo intatte le tradizioni e i vecchi mestieri. Ecco che passeggiando per il borgo ci si può imbattere in un laboratorio di prodotti da forno dove abili signore intrecciano a vista i famosi ed esili taralli, oppure in un negozio di formaggi nel cui retrobottega si mette in atto tutto il procedimento di produzione tra-

sformando il latte fresco in quelle chicche per il palato come il caciocavallo in tutte le sue stagionature.

#WeAreinPuglia #WeHostinPuglia

Accademia Proraso Camminando per il Corso Emanuele di Bovino, al numero civico 28 ci si può trovare davanti allo Scapicchio Barber Shop. Non un barbiere qualunque, Luigi Scapicchio, è nientemeno che il fondatore dell’Accademia Proraso che, dopo la frequentazione di corsi di formazione specifici, dà la possibilità di iscriversi all’Albo Maestri Barbieri. Luigi Scapicchio, una celebrità locale e non, porta avanti la tradizione di famiglia, è alla quinta generazione di barbieri!, trattando il cliente nostalgico alla vecchia maniera con rasoio a lama che richiede la consueta periodica affilatura e panni caldi intrisi di prodotti prebarba piacevolmente aromatici. 70 | SINEQUANON

In posizione strategica tra i Monti Dauni e la Valle del Cervaro, sentinella di tutto il Tavoliere, Bovino è stato per secoli un importante luogo di controllo di vasti territori e punto di snodo di civiltà antichissime. Sede della Comunità Montana dei Monti Dauni Meridionali, ha anche un territorio che offre vasti boschi fra cui quello di Salecchia, habitat naturale di falchi e cinghiali, quello della Fenna e quello di Valleverde, attraversando fitte distese di querce, lecci e olivi. Non a caso Bovino, tra i “Borghi più belli d’Italia”, promosso dall’Associazione Nazionale Comuni Italiani, è stato considerato il borgo più bello della Puglia e ha meritato anche la Bandiera Arancione, marchio riconosciuto dal Touring Club Italiano per la qualità turistico ambientale. www.viaggiareinpuglia.it prolocobovino.it


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bORGO mEDIEVALE DEI mONTI DAUNI, TRA SER

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RRE ALL’AVANGUARDIA E VILLAGGI NEOLITICI

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« IL NOSTRO TERRITORIO, NEI PRESSI DEL FIUME OFANTO, È IL PIÙ RICCO DAL PUNTO DI VISTA AGRICOLO ». NICOLA GATTA, SINDACO DI CANDELA MUSEO DEL GIOCATTOLO

PUNTIAMO MOLTO SUL TURISMO E CERCHIAMO SEMPRE DI COINVOLGERE GLI ALTRI COMUNI PER GESTIRE TANTI VISITATORI

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Il primo impatto con Candela è la salita del Corso, un duplice filare di antichi palazzi gentilizi dagli affascinanti cortili, come quello seicentesco appartenuto al Colonello Decio Ripandelli, attualmente centro culturale del paese, che ospita il Museo del giocattolo e la Casa di Babbo Natale, suggestivamente allestita nel mese di dicembre con i simboli classici della festività. Quello stesso corso che dolcemente conduce al cuore di Candela, Piazza Plebiscito, antistante la cinquecentesca Chiesa Madre, dedicata alla Madonna della Purificazione, con il suo imponente campanile in pietra, il coro ligneo fi-

nemente lavorato e il cinquecentesco fonte battesimale. “Il nostro territorio, a valle nei pressi del fiume Ofanto è la zona più ricca dal punto di vista agricolo” sostiene Nicola Gatta, sindaco di Candela e Presidente della Provincia di Foggia “con colture intensive di grano e frutteti di pomacee che ci forniscono un’ottima mela locale tanto che a dicembre organizziamo la Festa della mela in concomitanza con la Casa del Natale. Puntiamo molto sul turismo” aggiunge il sindaco “e cerchiamo di coinvolgere gli altri comuni, come per esempio Ascoli Satriano e Rocchetta per gestire tanti visitatori.


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IL BORGO DI CANDELA SORGE SU DUE COLLINE, SAN ROCCO E SAN TOMMASO, NEL SUBAPPENNINO DAUNO MERIDIONALE. QUI AFFLUIVANO LE GREGGI DELLA TRANSUMANZA DOPO AVER PERCORSO IL TRATTURO GRANDE PESCASSEROLI-CANDELA.

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TUTTA LA SUA STORIA È ANCORA PRESENTE NEL SUGGESTIVO BORGO MEDIEVALE

#WeAreinPuglia #WeHostinPuglia

Candela è tranquilla e rispetto agli altri borghi ha una posizione geografica strategica, con il casello autostradale e le strutture adiacenti. La mia amministrazione sta cercando di sviluppare quell’area con strutture sociosanitarie e centri residenziali anche se il nostro obiettivo è far crescere Candela non solo dal punto di vista infrastrutturale ma anche culturale. Per esempio, sfruttando eventi

straordinari come quello della località Piscioli dove recentemente è stato rinvenuto un villaggio del Neolitico del 6000 a.C. con sepolture e antiche fosse granarie”.Il borgo di Candela sorge su due colline, San Rocco e San Tommaso, nel subappennino Dauno meridionale. Qui affluivano le greggi della transumanza dopo aver percorso il Tratturo grande Pescasseroli-Candela. La sua storia è ancora

presente nel suggestivo borgo medievale, la Cittadella sulle colline fondata dai Longobardi del Ducato di Benevento. Emerge l’importanza del Castello normanno-svevo, più volte distrutto e rimaneggiato nel corso di secoli, situato in una posizione strategica, e il Palazzo Doria. www.regione.puglia.it

egov.hseweb.it/candela

Il comparto produttivo locale più all’avanguardia proviene dalla vicina Eurosa, la serra più grande d’Europa, del Gruppo Ciccolella: 250 ettari, 85 serre, 220 operai, 30 impiegati per 7 milioni di piante prodotte ogni anno, in primo luogo dipladenie, ma anche 100 varietà di cactus, tra spinose e succulente. In gran parte esportate all’estero, soprattutto in Olanda dove vengono vendute nelle diverse piattaforme di FloraHolland che vanta la più antica asta di fiori. Ma prima di tutto Eurosa è un modello di agricoltura sostenibile tra i più importanti in quanto, evitando l’uso di combustibili fossili per il riscaldamento delle serre, si avvale dell’acqua calda di risulta della vicina centrale termoelettrica Edison attraverso un sistema di tubazioni in cui avviene uno scambio termico di reciproca utilità. E, sempre grazie a sofisticati sistemi di irrigazione. 78 | SINEQUANON


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