Employer Branding Review Anno 4 - Numero 07
Social Recruiting
Engagement Mobile Recruiting
Marzo 2013
Online Reputation
Al via la seconda edizione dei Brand Storytelling Awards
L’osservatorio di Corporate Storytelling e Anthea Communications lanciano il primo contest italiano rivolto ad aziende, agenzie di comunicazione e media, case di produzione, etc, che nel 2012/2013 abbiano realizzato progetti o svolto attività di branding nelle quali sia stato predominante l’utilizzo dello storytelling come fattore guida.
Si contenderanno il premio progetti o attività di branding nelle quali sia stato predominante l’utilizzo dello storytelling come fattore guida
L’obiettivo dell’iniziativa è stimolare l’attenzione dell’industria della comunicazione e, in generale, delle aziende verso l’importanza dello storytelling quale fattore critico del successo di una strategia di branding, qualunque ne sia il suo oggetto prevalente (prodotto, corporate, employer).
Gli Awards sono stati suddivisi in tre categorie”:
1
Brand Storyteling Award per il Product Branding
2
Brand Storytelling Award per il Corporate Branding
3
Brand Storytelling Award per l’Employer Branding
Le iniziative che si candideranno al premio devono essere state realizzate nel periodo compreso tra il
1° gennaio 2012 ed il 31 Dicembre 2013. I materiali relativi ai progetti oggetto della candidatura dovranno essere inviati entro e non oltre il
31 dicembre 2013. Ogni progetto o attività svolta verrà giudicato in base a 4 criteri:
1. Innovazione
2. Struttura
Valutazione dell’idea creativa insita nella storia che si è deciso di raccontare.
Valutazione dell’architettura con cui si è realizzato il processo narrativo
3. Coerenza. Valutazione della
4. Engagement
pertinenza del contenuto narrativo con gli strumenti di comunicazione utilizzati
Valutazione del grado di coinvolgimento del target
A seguito della valutazione della Giuria saranno individuate 3
Nominations per ciascuna delle 3 categorie.
Queste verranno poi presentate nel corso del Forum previsto per Febbraio
2013 al termine del quale saranno
decretati i vincitori per ogni categoria e consegnati i Brand Storytelling Awards.
www.brandstorytellingawards.it
Employer Branding Review
Editore Anthea Consulting srl Diretto Responsabile Eugenio Amendola Coordinatore di Redazione Simona Benini Comitato di Redazione Eugenio Amendola (Anthea Consulting) Barbara Demi (Etline e Associati) Enzo Spaltro (Università delle Persone) Brett Minchington (Employer Brand International) Silvia Zanella (Adecco) Alberto Padula (Università Tor Vergata) A questo numero hanno collaborato: Eugenio Amendola, Brett Minchington, Anthony Itiat, Beatrice Gobbi, Francesca Serrao, Potentialpark, Lundquist, www.ere.net. Redazione Employer Branding Review Via Toscana, 25 40050 Monte San Pietro (BO) TEL: +39 051 6759832 EMAIL: redazione@employerbrandingreview.it La rivista è pubblicata su: www.employerbrandingreview.com Progetto grafico Vitoria Muzi vickmouse@gmail.com Registrazione Tribunale di Bologna N° 8076 del 24 Aprile 2010
Editoriale Cari lettori
Volevo intanto ringraziarvi per la fedeltà e l’assiduità con cui avete seguito questa nostro “viaggio” iniziato nel 2010. La rivista ha sin da subito avuto un enorme riscontro da parte d lettori appassionati al tema employer branding e da professionisti d’azienda che oltre a fornire contributi hanno sempre manifestato un interesse vivo per la cura degli articoli ed i suoi contenuti. In questo numero continuiamo a raccontarvi dei nuovi trend sull’employer branding ed, in generale, sul corporate recruiting sempre con uno sguardo al panorama internazionale. Questo grazie ai nostri ormai fedeli autori Anthony Itiat e Brett Minchington le cui riflessioni e considerazioni ci hanno permesso di comprendere meglio le criticità nascoste e, soprattutto, le azioni concrete da intraprendere per assumere decisioni strategiche efficaci. Parliamo ancora di social media nel recruiting e nell’employer branding ma anche di mobile recruiting quale nuovo trend emergente dei prossimi anni. Lo faremo, come sempre, supportati da autorevoli ricerche nazionali ed internazionali quali quelle proposte da Lundquist e Potentialpark. Ritorniamo a sottolineare, ancora una volta, l’importanza di Pinterest quale nuovo strumento di comunicazione per il recruiting aziendale in grado di rendere efficace un nuovo modo di comunicare più legato ad un approccio di tipo narrativo. Su questo tema, peraltro, si è appena concluso a Milano il primo Brand Storytelling Forum che ha visto protagonista proprio lo storytelling nelle attività di branding. In quella occasione è stato consegnato l’award all’azienda Luxottica per la categoria employer branding. Nel prossimo numero cercheremo di dare spazio ad alcune della “storie” raccontate nel corso del forum. L’ultima sessione è un Speciale dedicato al tema del social recruiting. Come solitamente facciamo, in occasione degli eventi organizzati sui temi del corporate recruiting in chiave innovativa, diamo ampio spazio ai suoi contenuti. In questo caso racconteremo la seconda edizione del Social & Mobile Recruiting Fourm tenutosi a Bologna lo scorso Gennaio. Voglio, in ultimo, informarvi che la rivista dal prossimo Giugno 2013 sarà live in abbonamento. Il nuovo progetto editoriale prevede di aumentare la sua periodicità (ogni 2 mesi) ed una maggiore presenza di contenuti (circa 10 articoli per ogni uscita per un totale di 60 articoli all’anno). A tale fine la rivista sarà supportata da una redazione ancor più ricca di specialisti e di autorevoli esperti nazionali ed internazionali con l’obiettivo di mantenere alto il livello dei nostri contenuti ma, soprattutto, in grado di intercettare nuovi trend e di saperli “raccontare” nella maniera più autorevole possibile. Buona lettura
Eugenio Amendola Direttore Employer Branding Review e.amedola@antheaconsulting.it
3 www.employerbrandingreview.com
Employer Branding Review
Indice Numero 7 MARZO 2013
Editoriale (a cura di Eugenio Amendola) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 03 Scenari e Nuove tendenze Mobile Recruitment: Job Seekers Are Still Miles Ahead Of Employers In Embracing Mobile Trends. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 05 (a cura di Potentialpak)
The impact of attrition on employer branding . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 09 (di Anthony Itiat)
In employer branding it’s what you measure that counts! . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12 (di Brett Minchington MBA)
Employer Branding, Storytelling e Social Media. Il potere virale delle immagini su Pinterest . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .16 (di Beatrice Gobbi)
Crisi per il mercato del lavoro, crisi per la comunicazione? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19
(a cura di Lundquist)
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Scenari e Nuove Tendenze
Mobile Recruitment: Job Seekers Are Still Miles Ahead Of Employers In Embracing Mobile Trends Potentialpark surveyed 26,874 students and graduates in the US, Europe and Asia regarding their attitude towards mobile recruitment, and tested the mobile career websites and apps of 698 top employers. The results show a clear gap between job seekers’ eagerness to use mobile devices, and the difficulties employers have to cater to it.
Key findings: • Over 80% of job seekers can imagine using their mobile device for career related purposes, yet only 13% of employers have a mobile version of their career website. • Out of 698 evaluated companies globally, Orange, PepsiCo and Credit Suisse are the employers with the best mobile communication in 2013. • Companies fall behind on a trend that many say will re-define online talent communication in the very near future. They risk losing candidates and talent attraction if they do not find a way to adjust to job seekers’ communication behavior. 26% of the respondents use mobile devices for career-related purposes; another 59% can imagine doing so. However, only 13% of the employers have a mobile version of their career website. Employers fail to reach their own plans and ambitions: In another Potentialpark survey in 2011, out of 150 employers, 75% said they were planning to have a mobile presence by September 2012. This is some of the functionality that job seekers expect and employers have difficulties delivering: • 63% of job seekers globally would like to use their phone to track the status of their application – which is a feature offered by only 4% of mobile career websites.
5 www.employerbrandingreview.com
• 56% of job seekers can imagine downloading a career app, which only 27 out of 698 employers offer (4%). • 47% of job seekers would like to apply for jobs through their mobile phone. Only 4 mobile career websites make this possible. There is hope though: 71% of the mobile career websites offer a functioning job search – which is among the top 3 expectations globally. “Most mobile career websites are good at giving quick access to jobs, so it is worthwhile checking them out when you are on the job hunt,” says Julian Ziesing, Chief Analyst at Potentialpark. “However, apart from a handful of pioneers, employers still require you to submit an online application from a regular computer, so be prepared to go that extra step.” Meanwhile, many employers allow users to send an email to themselves with the link to interesting jobs they found on the mobile site, or to subscribe to job alerts. This way, a quick job search on the go can be followed by a more thorough evaluation later at home.
About the winners In 2013, Orange has the best online talent communication globally, followed by PepsiCo and Credit Suisse. Each of the three winners has both a mobile career website and a career app,
Employer Branding Review
Do you use mobile phone internet for career-related activities?
which they have in common with only 10 other companies in the ranking. In its mobile career website, Orange ticks off many of the features, functions and pieces of information that job seekers expect, including a job search, a way to share and email jobs, key information about the company and an event calendar.
Yes
26% 21% 2013
No, but I could imagine using it
With Orange’s career app, users can register to save their job search profile and receive alerts. They can start filling out the application form, even though you need to upload your CV from a desktop computer to finalize and submit the application.
2012
59% 62%
What would you like to do on your mobile phone? Look for open jobs
PepsiCo has chosen a similar approach for both their mobile site and app. They look the same, offering a job search and ways to enter career-related social media conversations. Also, candidates can register, activate job alerts and apply through the app.
69%
Track the status of my application
63%
Look for companies and career opportunities
47%
Would you use a career app?
Credit Suisse’s mobile career website puts less of an emphasis on job search and instead tries to answer plenty of questions about the company and its people. It is however possible to apply by pasting CV data from one’s LinkedIn profile.
56%
Yes 47%
What advice do job seekers give employers? A rapidly increasing number of employers use “responsive design” to make their career website mobile ready. This way, the entire content of the regular career website becomes available to mobile users, automatically detecting the user’s device and shifting the layout accordingly. Employers figure that this way, they do not need to build and maintain two websites.
2013 2012
Job seeker quotes ”Personalize it to me. Alert me when jobs similar to jobs I’ve applied for previously are posted, allow me to track application status.“ – Male Student, University of Notre Dame, USA ”Do include only the relevant information: open job offers, requirements, deadlines and a few tips and hints. Do not put too much information because people reading it from a phone might consider it too confusing.“ – Male Student, Cass Business School London, UK
This however can easily lead to a content overload. All the information and functionality of a regular career website may not be relevant to someone who is surfing on the bus or between classes, while looking at a small screen, with a book bag over their shoulder and holding a coffee in one hand.
“The most important information about job opportunities should be visible in a single page, because sometimes the web connection may not be the best and visiting more pages with information won’t be an easy task.“ – Female Student, ISCTE, Lisbon, Portugal
Employers need to adjust their sites to the expectations of mobile users. This forces them to come up with concise messages and swift job search tools.
“ No one would like to start writing the whole application on the phone, but it could be useful just to use the already saved profile.” – Male student, University of Gothenburg, School of Business, Economics and Law, Sweden
“For mobile career websites, job seekers give clear feedback: reduce to the max,” says Ziesing. “Their advice is: say as much as possible in as few words and with as little scrolling as possible, and do it rather today than tomorrow.”
Best Mobile Talent Communication 2013 – Top 30 Globally
References
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1O 2P 3C 4S 5A 6K 7A 8D 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30
range5 epsiCo redit Suisse odexo4 ccenture US4 PMG UK ccenture Germany aimler She ll Fresenius3 ThyssenKrupp Jaguar Land Rover3 Barclays U PS Allianz2 GE Raytheon Accenture France AT&T Buro Happold Grant Thornton Armée de Terre Date v Google Cummins2 Rolls-Royce2 EADS Al tria Accor SAP Germany2
11 4925 4706 57 15 405N 381N 3672 363 46 32504 2833 266 62 259 2551 255N 252 250N 246N 245245 243N 41 39 237 235 233 33
Fact Box
6 0 0 12 -4 ew ew
These results are taken from Potentialpark’s 2013 Online Talent Communication Study (OTaC). Based on criteria weighted in a representative job seeker survey, Potentialpark evaluated employers’ online, social and mobile presences as to how well they cater to candidates’ preferences and priorities. OTaC has been conducted annually since 2002.
Ne w 7 2 New 5 -4 New 31 6 ew - 14 ew ew 16 6 ew New New Ne w - 16 Ne w New
Respondents:
Survey with 26,874 students and graduates from 968 universities, business schools and technical institutions worldwide.
Employers:
Globally, Potentialpark evaluated 698 employers and 2527 employer presences on the internet, across 8 different channels. Out of these, 94 Mobile Career Websites and 25 Career Apps were evaluated for the Mobile Recruiting results.
Criteria:
The survey and the evaluations are based on 242 criteria weighted by job seekers, out of these 58 criteria for the Mobile Recruitment results.
Research Period:
September 2012 - January 2013
Contact:
Julian Ziesing, Chief Analyst, +49-151-15237271, julian@ potentialpark.com, www. potentialpark.com
Screenshots: Orange, PepsiCo, Credit Suisse; mobile career website, career app
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Employer Branding Review
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Scenari e Nuove Tendenze
The impact of attrition on employer branding Anthony Itiat Founder / Independent strategy analyst at Employer Branding Focus Ireland
Employee attrition occurs as a result of breakdown of organisational culture which is an important component of employer branding and a strategy that holds organisation together.
The said organisational culture is about messages sent. These messages demonstrate what is valued, what is important, what people do around here to fit in, to be accepted, and to be rewarded – they come from three broad areas: behaviour, symbols, and systems. Employees in any organisation are tribal animals who are hard- wired by organisation to fit in with the organisation (tribe). If they cannot do this, they either leave the organisation, or the organisation ejects them. But, in saying this, for effective and appreciable organisational culture by employees, it is usually the leadership responsibility to apply the principle of ‘Walk the Talk’ to lead by example. But, failure to become a role model as agent on position of culture that seeks to create that required change can exacerbate employee attrition. More important and a key point to draw from this statement is to reflect a little bit on the definition of employer branding as “How a business builds and packages its identity from its origins and values, what it promises to deliver to emotionally connects employees so that they in turn deliver what a busi-
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ness promises to its customers (Sartain & Schumann, 2006). Sartain et al are concerned about foundation of culture which is the management philosophy determined by empowerment and control (psychological contract). Having said that, breakdown of organisational culture and failure of leadership to become a role model of culture are the main factors for employee attrition begs the question about, what is the impact of attrition on employer branding. It is easy though but a tough question to answer. In my honest opinion, employee attrition does not speak well of any organisational image in the minds of exited employees from the organisation, current employees, key holder in the external market (active and passive candidates, clients, customers and other key holders). It further dilutes the value proposition being offered to employees that creates a feel good factor in the organisation. All the raised concerns are what employer branding is all about in a positive way. But when organisation ignores the emotional connotation of employer
branding as reputation and a great place to work, this ignorance invites employee attrition and the impact of this on employer branding strategy is a loss of value to both exiting and current employees in the organisation. I can also add that, employment as a component of employer branding which is built upon intellectual capital is undermined by organisation for failure to provide both intrinsic and extrinsic motivation that encourage overall job satisfaction for employee to grow with his organisation. This is a challenge to HR which is the seat of employer branding and people management for failing to predict employee attrition early from this negligence. I suspect very much that employee attrition that occurs in any organisation is due to employee unhappiness. This is a loss of talent to any organisation experiencing employee attrition because it does not speak well of such organisation’s recruitment strategy and process which is about attracting talent and promoting the organisation image to new candidates wishing to join the organisation. In my experience, an engaged employee is one who is relentless, enthusiastic, has self - belief, confidence and is committed at a hundred per cent level to achieve the set out target by his organisation. This kind of employee has adapted to achievement culture and he is ready to go the extra mile for his organisation. But many a time organisation fails to spot this kind of employee and reward him for his good work. This is a challenging issue to employer branding which is about rewarding and recognising high achievement employee. The only solution for organisation to stop employee attrition occurring in this context is to pay attention to its reward strategy.
Employee attrition is a serious issue, especially in today’s knowledge – driven marketplace where employees are the most important human capital assets; attrition impacts an organisation’s competitive advantage. On the other hand, employee attrition deters the benefits of a great culture which include being in a position to delight customers and staff, increase accountability, innovation, speed of response and rigour which supposed to translate to increased revenue or reduced cost, rather it exacerbates two kind of costs associated with employee attrition namely: tangible and intangible costs.
Tangible costs These are the costs of training new employees, the recruitment and selection costs, adjustment time, possible product and / or service quality problems, cost of agency workers / temporary staff.
Intangible costs They are the effect of turnover on organisational culture, employee morale, social capital, or organisation memory. All these costs would take away the profitability and the competitive advantage of the firm.
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Scenari e Nuove Tendenze
Employer Branding Review
In employer branding it’s what you measure that counts!
If you could predict with a high degree of precision that investment in your employer brand strategy would deliver value wouldn’t you increase your investment?
Brett Minchington MBA Chairman/CEO at Employer Brand International. Founder at www.employerbrandingonline.com
Employer Brand International’s (EBI) 2012/2013 Global Research study found that 39% of companies plan to increase their investment in employer branding initiatives in 2013. The important consideration in this statistic is just how much of this investment will add value and how much will be wasted. For many companies it may lead to an outcome that many marketers are only too well aware of: half of their investment is wasted, they just don’t know which half! Making the case to measure return on investment of employer branding isn’t the hard part. Figuring out what to measure is! EBI’s 2011 global study found that retention rate (thirty-eight percent of companies surveyed use this metric) is the most common metric used to measure ROI of employer branding. Thirty-three percent use employee engagement, twenty-nine percent quality of hire, twenty-seven percent cost per hire and twenty-six percent use number of applicants. So which metric(s) should you use? The key to which metrics you use to measure your ROI is to align the metrics with your business objectives. There is no point measuring the number of applicants if you are recruiting astronauts to send into space. If you are hiring for a new local store opening or an upcoming busy summer period you may focus your spend on employee referrals if your previous research has shown that employee referrals result in the best performing employees.
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Your employer brand metrics should be reliable and predictive. If you can identify the drivers of employer brand value and focus your investments on these activities aren’t you more likely to receive the ongoing support of Executive to invest in employer branding? Following an employer brand strategic audit in 2012, a large Danish employer found they were spending sixty percent of their employer branding investment on University activities but only five percent of new hires were being recruited from this channel. Sure enough, investment was re-allocated to channels which were producing the best hires and this is where understanding what to measure can drive value! EBI research shows the employer brand strategy is driven by the human resources department in 36% of companies and in 30% the responsibility is shared amongst more than one function. Based on this statistic it would be reasonable to expect that measures that have commonality amongst all departments contributing to the employer brand strategy are more likely to get closer to the true ‘employer brand value creation’ goal. The link between creating employer brand value and financial (e.g. cost per hire, profit per employee, staff turnover cost) and non-financial measures (e.g. employee engagement, employee loyalty, employer brand awareness) is variable and must be evaluated on a case by
case basis and re-evaluated over time as the strategy evolves. For example, your new recruits out of University may place less emphasis on face-face contact in the recruitment process and a key driver of whether they choose to work for you may be the time to hire. If your recruitment processes are lengthy and result in a poor candidate experience whilst your competitor understands the needs of the target audience better you may find yourself regularly missing out on the best talent. Employer brand leaders should think like researchers and employ tactics to better understand their workforces. Conducting feedback and discussion group sessions and interviews with current and future employees will assist you to better understand what measure is driving the emotions behind why employees chose to join your company, why they stay and what would make them leave. For example, let’s say you’re the small chip maker Xilinx. Last fiscal quarter you brought in $510 million in revenues. Compared to chip giant Intel, who raked in $53 billion last quarter, you have a small market share and share of voice. How do you compete against Intel for talent? Firstly you need to understand your audience. You need to learn what matters to your prospects. You need to market your employer brand and be clear on what differentiates your employment experience from your competitors and use the channels that will extend your market reach.. Then you need to be clear on what you are going to measure. How many prospective employees had heard about Xilinx before your efforts began? What is your level of employer brand aware-
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Employer Branding Review
ness now? What is your market share and share of voice? Measures like these can help you compete against the larger companies who can outspend you with their bigger marketing and communications budgets. As you’re evaluating these measures, take a holistic look at your brand. Imagine a scale that starts on the left with the broad, big picture of your brand to the outside world, all the way to the right with specific, high-performing employees that best emulate your employer brand.
Start from the outside looking at broad trends: • Where do you communicate your EVP(s)? (i.e. which channels do your target audience use?) • What is your level of employer brand awareness? • How attractive is your employer brand with your target audience?
Then move toward the inside focusing on your target audience (candidates): • Is your target audience engaged or interacting with your communications? • Are they taking the desired action? (i.e. joining your online talent community)
Finally, look inward at your current employees: • Do they understand how to communicate EVP messaging effectively? • Can they communicate your EVP(s) through their actions and behaviours? • Are they acting as brand ambassadors, would they recommend your company as a great place to work?
Depending on how you perform against these measures, it is important to assess and understand which measures drive employer brand value in your company (remember there is no one size fits all set of metrics, so don’t just copy your competitors metrics). That said, jumping into measurement isn’t the first step-you have to first align your metrics with your objectives.
data over time. Employer brand value is best measured as it is enhanced over time. That’s why corporate sustainability has become such a hot topic in business as companies are fast realising the impact on business performance through low levels of engagement and high staff turnover. This is one of the reasons why the practice of employer branding has a bright future.
Alignment of measures to objectives
It doesn’t matter whether you have been managing your employer brand strategy for three years or three minutes, below is a nine point action plan you can share and discuss amongst those responsible for your employer brand strategy to improve your measurement and ROI.
For those of you who have children, you might have a wall in your house where you use a pencil to chart their growth. As any parent with a ruler knows, measurement isn’t static. Before you know it, your baby boy is taller than you are. Employer brand measurement works the same way. You won’t always trend upward, but you will change, driven by factors such as external market conditions or internal product development, innovation or employee engagement. This means it’s essential to make measurement a standard and cyclical part of your strategy depending on where you are in the evolution of your employer brand strategy. For example, if you’ve developed and launched your employer brand strategy in year one, you may be measuring employer brand awareness and/or alignment between departments responsible for the strategy. In year two, as you become more skilled at engaging with your target audience you may track conversion rates of your Facebook, Linkedin or Twitter followers who become members of your online talent community where they can receive more targeted communications based on their profile. We all know the value of data, but what’s important here is the value of
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1) Clearly define your employer branding objective(s) Attracting and retaining the best talent may be a logical objective. The definition of clear objective(s) is critical as it guides the allocation of resources. Conducting a strategic audit of your employer brand is a good place to start to define your objectives and identify where your investments are best focused before you start spending big on creative and communications. 2) Understand the key drivers of achieving your objective This should be part of your audit process as well and may require revisiting the survey data you invested heavily in and now makes a great bookend on your bookcase! If you can identify the cause and effect of how you attract and retain the best talent, you can focus your efforts on these activities. If your research tells you your hiring manager satisfaction produces the best hires or the quality of your induction program results in the most effective sales peo-
ple then you can start to implement your employer branding activities with a higher level of predictability. 3) Develop an employer brand scorecard
than send them to a full day of training on a topic unrelated to their interests! 7) Dispel assumptions
Your scorecard should identify the financial and non-final measures that drive employer brand value. It should allow you to track and report on those measures most likely to impact on achieving your objectives.
Share the data with your leaders and dispel assumptions they have about the typical employee. Break down employee likes and dislikes. Share intuitive data about commonalities you found amongst ‘A level’ talent. Create new personas that are data-based and not assumption based.
4) Allocate responsibility for the measure(s)
8) Listening closely to employee feedback and observe behaviors
The responsibility for reporting on the performance should rest with the employee(s) responsible for the employer branding activity. thirty-six percent of human resource departments are responsible for the employer brand strategy. However thirty percent of responsibility lies in more than one department so it makes little sense for a HR leader to be responsible for measuring employer brand awareness if marketing is responsible for the external communication activities to extend the market reach of the company’s employer value proposition (EVP) communications. Ensure everyone is on the same page!
Pay close attention to the channels your current employees use and map marketing strategies to their preferred channels. This will ensure you have tactics to allow for a deeper, richer perspective into how well your employer brand and EVP strategy is resonating with employees.
6) Obtain baseline data on your workforce Measures are nothing without a baseline understanding of your audience. Start by gathering data on your current workforce to obtain a solid understanding of your target audience and who they are. Seek information on hobbies, commuting patterns, family situations, interests and behaviors. Go beyond demographics and search for patterns amongst subsets of employees. Your most talented young employees may all share an interest in gaming so use that to your advantage rather
9) Evaluate your progress Business conditions aren’t static, nor should your measures be! They’re ever changing and more valuable when measured over time. Make comparisons and don’t be afraid to report failures-they’ll drive change and show you’re paying attention to your investment. 10) If all else fails... If you are unable to convince your executives to invest in employer branding, consider the human element. In early 2012, AdAge found only three mentions online for the search terms “I love Dow Chemical.” How many people love your brand? That alone can demonstrate how far back in the pack you are. Genuine feelings about a brand matter-don’t forget the power that human love (or hate) can bestow on your brand success. In most cases it’s a clearly defined
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strategy and successful implementation (and a lot of hard work and collaboration) that comes to back to these few (but value creating) words, ‘I love working for <enter your company’s name here!>
About the authors Brett Minchington MBA is Chairman/CEO of Employer Brand International. Brett is an International strategist, corporate advisor and author on employer branding who has trained thousands of leaders in more than 45 cities around the world. You can follow him on twitter @brettminch or at www.brettminchington.com Susan Strayer LaMotte is the Founder of exaqueo, a workforce consultancy delivering services in brand, culture and talent. She’s a veteran of in-house talent and brand leadership roles and speaks and writes on talent innovation and brand definition. You can find her @SusanLaMotte or at www.exaqueo.com
Scenari e Nuove Tendenze
Employer Branding, Storytelling e Social Media. Il potere virale delle immagini su Pinterest Beatrice Gobbi EBR Editor
Employer Branding Review
Il “social network delle ispirazioni” nasce nel Marzo 2010 da un’azione di start-up condotta da Evan Sharp, Ben Silbermann e Paul Sciarra, sviluppatori della Cold Brew Labs Inc., in California, e in poco meno di due anni conta già 12 milioni di utenti.
E’ una piattaforma “social” che deve la sua esplosione alla semplicità dell’idea dalla quale nasce: Pinterest è una bacheca virtuale in cui gli utenti possono appendere (“To Pin”) tutti gli elementi che ritengono caratterizzino la propria vita, sotto forma di immagini prese dal web, o caricate dal computer. Pinterest nasce per mettere in contatto tutte le persone del mondo sulla base di ciò che ritengono interessante, delle loro ispirazioni ed ambizioni in formato grafico. Dopo essersi registrati viene fornito il pulsante “Pin It”, da aggiungere alla propria barra dei preferiti, che permette di “appendere” virtualmente alle bacheche, appositamente create dall’utente su Pinterest, qualunque immagine trovata in rete. Il dato innovativo risiede nella possibilità per le immagini raccolte nelle bacheche di diventare ponte tra Pinterest e la loro piattaforma di origine. Ed ecco che dietro ad ogni bacheca si apre un universo esperienziale, una raccolta di siti simili per argomento, da condividere con gli utenti che manifestano i nostri stessi interessi. Un social network dedicato alle immagini permette un uso infinito. Un appassionato di branding, per esempio, può creare su Pinterest una collezione per raccogliere e condividere infografiche su questo argomento. Ogni immagine può essere catalogata e taggata perché sia più facilmente rintracciabile sulla piattaforma da altri appassionati. In questo modo un altro utente che si interessa di branding potrà arrivare alla bacheca e condividere il proprio interesse con chi l’ha creata sotto forma di commento, “Like”, o “Re-Pin”, cioè l’inclusione di quella stessa immagine in una delle sue bacheche. Ogni “Pin”, cioè ogni contenuto pubblicato su Pinterest, infatti, può essere ri – condiviso dagli utenti. Gran parte del materiale caricato sotto forma di “Pin” su Pinterest è legato alle aspirazioni: cosa vorrei fare o essere, cosa vorrei possedere, dove vorrei essere, ecc…, informazioni fondamentali per chi si interessa di marketing, branding e risorse umane. E’ questo il motivo per cui, recentemente, a pochi mesi dal suo fragoroso inizio, Pinterest ha già suscitato l’attenzione di molte aziende, in particolare di quelle che operano in settori dove l’immagine è centrale: la moda, il cinema, l’arte, il design, la fotografia, fino ai marchi legati alla bellezza. Un utilizzo innovativo del mezzo lo rende, inoltre, un canale interessante anche per altri tipi di brand, che volessero includere nella loro strategia comunicativa un social network che parli di emozioni e con le emozioni del pubblico, perfetto per strategie mirate di branding. Infatti, un’attività nuova, diversa, creativa, non- convenzionale, ma non per questo non efficace e po-
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tente, potrebbe essere quella di chiedere al proprio team, supponendo di essere un Brand Manager, di partecipare alla decisione di quali immagini inserire nelle board della marca, quasi come se fossero “brand box”, scatole in cui includere ogni oggetto che richiami, per legame di sensazione o associazione, il brand: un elemento culinario, una lettura, un paesaggio abitato da una popolazione ispirante, un concerto live, una presentazione di Slideshare che racconti la storia del brand… Tutto si può aggiungere alle board di Pinterest. E tutto concorre a creare l’identità, la personalità, la fisicità e la reputazione di un brand. L’importante in tutto ciò è non tralasciare mai le leve di ogni attività di branding operata sui social network: experience e engagement. Ciò che conta è stabilire un contatto con l’utente che sia autentico, facilitare il dialogo avvicinandolo al brand come mai egli avrebbe creduto prima, far percepire all’utente-target che non sta solo scoprendo il brand ma sta vivendo un’esperienza, e di conseguenza creare engagement. Grazie all’analisi delle potenzialità della piattaforma “Pinterest”, che ha conosciuto una crescita senza paragoni nei primi mesi dopo l’immissione in rete, si è giunti a comprendere l’incredibile forza e potenza di questo canale, data dalla semplicità di utilizzo. Infatti, lo strumento che Pinterest usa per connettere le persone sono le immagini, e il collante sono le ispirazioni. L’ispirazione è un elemento valoriale che diventa motore prorompente di socialità e interazione tra gli utenti. Tra le tante opportunità di utilizzo che Pinterest offre, non è certo passata inosservata quella di strumento a supporto delle già presenti strategie di employer branding.
Cosa significa “fare employer branding” su Pinterest : – Sapere utilizzare le immagini per creare esperienze emozionali che connettano l’azienda al suo target-employee di riferimento. In poche parole, raccontare una storia fatta d’immagini. Secondo alcune ricerche, i fattori estetici su cui focalizzarsi riguardano principalmente i colori, mentre la lunghezza della descrizione, a discapito di cosa si potrebbe pensare generalmente e a sostegno, invece, della teoria dello storytelling, è un fattore che aumenta la visibilità dell’immagine caricata. – Mettere in atto una content strategy, attività di pianificazione e gestione dei contenuti, mirata ed efficace, quindi:
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Employer Branding Review
• Operare una divisione curata dei temi presentati nelle board , devono essere in grado, nella loro totalità, di raccontare una “corporate story”. • Non dimenticare l’anima del sito, le ispirazioni: inserire immagini ispiranti al fine di sviluppare legami più stretti con le aspirazioni delle potenziali future risorse. • Come esiste un principio valido per il branding su Pinterest, cioè non creare l’ennesima vetrina online di prodotti bensì esprimere l’identità dell’azienda come se fosse una persona umana, allo stesso modo una pagina Pinterest di employer branding non deve mostrare contenuti freddi e distanti, né diventare una sorta di pagina degli annunci online. La soluzione ideale è cercare di mostrare il back office, quello che succede dentro i muri dell’azienda, come se questa si aprisse, si mostrasse più tangibile, e come se desse un assaggio esperienziale a chi aspira a lavorare al suo interno. Come se l’azienda dicesse “Noi lavoriamo così, con noi hai queste opportunità. Sei stimolato? Ti abbiamo intrigato? Sali a bordo. O almeno, provaci. Potresti essere la persona giusta!”. In questo modo il candidato si sentirà più vicino all’ambiente di lavoro, vedrà immagini di persone vere, che “ce l’hanno fatta”. Non immagini pubblicitarie, come quelle che si vedono sulle riviste, o sulle pagine web. Questo incoraggerà i potenziali candidati ad instaurare una relazione più profonda col brand. • Inserire immagini rilevanti e che avvicinino il candidato che vogliamo colpire. Intel, oltre a meritare una menzione d’onore per essere riuscita, come azienda, a far diventare il proprio marchio un brand, pur producendo processori per computer, ha una board che si chiama “Geek Chic”
• Se è presente un impegno sociale al di fuori del contesto commerciale, è positivo mostrarlo con una board dedicata. Non solo migliorerà la reputazione del brand agli occhi del potenziale candidato, ma sarà anche estremamente d’aiuto per la causa sostenuta, alla quale verrà data un ulteriore opportunità di visibilità.
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Il caso General Electric Company La General Electric Company è una multinazionale statunitense, attiva nel campo della tecnologia e dei servizi dal 1892. Nella breve descrizione che Pinterest permette di affiancare all’immagine scelta per rappresentare la pagina si legge: “#Pinning things that inspire us to build, power, move and cure the world. Welcome to the official GE Pinterest page!” Sono ventiquattro le board che General Electric offre ai suoi seguitori su Pinterest. Di seguito proponiamo un’analisi di quelle salienti in quanto elementi di una più ampia strategia di employer branding : • “Ready to Pinspire?”; questa board è composta da cinque immagini che, poste adiacenti, formano una freccia, e ciò che si legge nelle cinque descrizioni forma il seguente discorso: “Caricate Pin per voi stessi o in onore di qualcuno che combatte il cancro di vostra conoscenza. Create board per condividere esperienze sul cancro. Metteremo in evidenza una delle vostre immagini ogni settimana. Non vediamo l’ora di vedere le vostre storie. Controllate le nostre istruzioni per maggiori informazioni.” Questa bacheca, di grande rilevanza sociale, mostra chiaramente l’impegno di GE nell’ambito della ricerca e della costruzione di macchinari per la cura del cancro. E’ manifesta la potenza della connessione emozionale che questo gesto di social responsibility
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crea con un potenziale candidato che si sofferma a leggere questa board. • “Hey Girl”; questa bacheca va a toccare il lato umano del candidato dal punto di vista della comicità e dell’ilarità. GE si scopre, in questa board, un brand che sa ridere, e che ride con le persone. Le immagini riportate in questa raccolta mostrano frasi dolci, romantiche, usate dagli uomini per fare colpo sulle ragazze (da qui il titolo “Hey Girl”), traslate, però, sul tema delle macchine e dell’elettricità. Si noti l’utilizzo dello sfondo colorato, per catturare lo sguardo. • “Badass Machines”: la traduzione del
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titolo suona circa così “Macchine Tostissime”, e questa board è una raccolta delle più incredibili ed enormi macchine costruite da General Electrics e degli elementi a cui i costruttori di queste meraviglie tecnologiche si ispirano. Alcune delle didascalie di queste immagini giocano su un tono “da bar”, come se fossero parte di una conversazione tra amici in cui uno dei due partecipanti aggiorna l’altro sugli incredibili progressi e la potenza delle macchine che la sua fabbrica costruisce, con un entusiasmo che solo il tono informale può rendere con precisione. Questo è un modo di avvicinarsi agli appassionati- la passione per il proprio lavoro è caratteristica imprescindibile per ogni buon dipendente- come se si parlasse lo stesso linguaggio, e quel linguaggio richiedesse di essere informale, crudo e potente come l’argomento di cui si parla! Vediamo un esempio: “Uno dei nostri ingegneri ha scattato una foto del nostro negozio di riparazione turbine in-loco a Greenville, SC.”, questa frase rappresenta un’amichevole call to action. Il giovane appassionato di questo tipo di macchinari, che aspira a lavorare in General Electrics, sentirà in queste parole un invito rivolto proprio a
lui. Percepirà chiaramente che l’azienda sta operando una proposta di valore, e non solo di lavoro, invitandolo a provare ad unirsi ai suoi team di lavoro, qualora ritenesse di avere lo stesso entusiasmo dell’ingegnere che, fiero del suo lavoro in GE, ne ha ritratto la maestosità e ha deciso di condividerla con gli altri appassionati. • “That’s Genius!” è una board in cui sono raccolte immagini colorate che riportano frasi e citazioni brillanti dei più grandi geni del campo. Anche questo è un modo di parlare vicino al target giovanile, che lo avvicina al brand grazie alla condivisione dello stesso codice espressivo: brevi frasi, motivanti e pronunciate dai presunti eroi di coloro che dovrebbero rappresentare l’obiettivo, in termini di personale, dell’azienda. • “#GEInspiredME”; in questa tavola sono riunite le migliori foto di un concorso indetto da GE al fine di trovare “the next GE Intagrapher” cioè il prossimo talento fotografico innovativo. Il concorso prevedeva di scattare fotografie col cellulare, e condividerle apponendo l’etichetta “#GEInspiredME”. Le fotografie dovevano ispirarsi alle quattro aree di innovazione di General Electrics: movimento, costruzione, cure mediche, energia. L’employer brand deve essere congruente ed allineato con ciò che la compagnia assicura ad impigati, clienti e stakeholders. Inserire una board come questa significa far leva sul valore della cultura aziendale e dell’innovazione e servirlo su un piatto moderno, in modo che sia più appetibile e riconoscibile per quegli high performing talents, giovani, che nella proposta di lavoro si aspettano, ad oggi, una proposta valoriale che sia anche fautrice di crescita personale e professionale del singolo.
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• “The Archives”; raccolta molto interessante dal punto di vista del processo di narrazione del brand. Si tratta di una collezione di immagini che raccontano la storia della nascita dell’azienda, dalle prime pubblicità alle prime brillanti idee, per far capire come le creazioni futuristiche nate sotto l’ala di GE abbiano cambiato il mondo e la qualità della vita di molte persone. Un modo avvincente ed eccitante di dire al potenziale candidato che guarda queste immagini “ Vieni a bordo, partecipa anche tu ai nostri successi e aiutaci a migliorare il mondo in cui viviamo!”. La diversificazione di argomenti trattati nelle tavole di General Electric è fenomenale, dalle grandi macchine agli “archivi” che mostrano immagini prese dal racconto della storia e dell’eredità di GE, passando per la board del concorso “#GEInspiredME” , interamente dedicata alle foto dei fan. Questa azienda è un ottimo esempio di come dovrebbero essere organizzati, gestiti e mostrati i contenuti all’interno di una pagina “brandizzata” , sia a livello di semplice strategia di branding aziendale sia, soprattutto, in un’ottica di employer branding.
Scenari e Nuove Tendenze
Crisi per il mercato del lavoro, crisi per la comunicazione?
La ricerca Lundquist sull’employer branding online dimostra che investire in questo ambito in tempo di recessione serve a creare fiducia nei mercati e a migliorare la propria reputazione come datori di lavoro presso potenziali candidati e dipendenti; le società italiane sembrano però ignorarlo. Lo scenario online è fermo a due anni fa e i social media rimangono territori inesplorati.
La seconda edizione della ricerca Employer Branding Online Awards Italy 100 curata da Lundquist, società di consulenza in comunicazione corporate e strategia digitale, fa emergere una situazione senza progressi rispetto alla stessa mappatura fatta due anni fa: la maggior parte delle società italiane non sfrutta le potenzialità dei canali digitali per comunicare il proprio valore come datore di lavoro agli occhi dei dipendenti attuali e potenziali. Soltanto alcune di esse si rivelano competitive in tutti gli aspetti valutati dall’analisi, riuscendo a inserirsi a testa alta nello scenario europeo nonostante la generale assenza di una chiara strategia che sfrutti i social media. “La maggior parte delle società italiane è legata a un concetto tradizionale di recruitment che viene dal mondo offline. Fare employer branding non significa solo pubblicare eventuali posizioni aperte, ma creare un valore duraturo per tutta l’azienda, comunicando cosa significa lavorare per quella società e utilizzando tutti gli strumenti messi a disposizione dai media digitali”, dichiara Joakim Lundquist, fondatore dell’omonima società. La ricerca ha preso in considerazione le 100 maggiori società per dipendenti e fatturato in Italia, analizzandone la qualità dell’employer branding online tramite un protocollo di valutazione creato anche sulla base delle esigenze emerse da un questionario somministrato a oltre 450 professionisti e potenziali candidati di 57 diversi Paesi. E’ stata presa in esame una vasta gamma di informazioni, contenuti e funzionalità dedicati a chi cerca lavoro, presenti sia nelle sezioni “carriere”, sia sui social media. Il protocollo d’analisi comprende anche un sistema di “penalty point” per penalizzare le società che, pur presentando le informazioni richieste, lo fanno in modo poco usabile e intuitivo. Gruppo Hera vince ottenendo 79,25 punti su 100 e Telecom Italia si colloca al secondo posto con 72 punti. Terza, ma con un importante distacco, Eni, che raggiunge 57,25 punti. Soltanto le prime 8 società in classifica ottengono più di 50 punti sui 100 disponibili, punteggio che contraddistingue un sito di buon livello. La media italiana è di 28 punti, contro i 31 della prima edizione della ricerca, risalente al 2010.
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LO SCENARIO EUROPEO I risultati italiani vanno analizzati anche in relazione alla ricerca Lundquist Employer Branding Online Awards Europe 100, che prende in considerazione le 100 società più importanti in Europa (incluse nell’indice FTSE Eurotop 100): in questo caso Allianz si è classificata prima con 73,25 punti su 100, seguita da Telecom Italia con 72 e da Centrica con 67,75. La media europea, di 46 punti, è superiore di ben 18 rispetto a quella italiana e denota una generale attenzione verso l’employer branding online da parte di tutte le aziende: sono ben 40, infatti, le società a ottenere più di 50 punti nella classifica.
AZIENDA
1
Gruppo Hera
79,25
2
Telecom Italia
72,00
3
ENI
57,25
4
Luxottica
54,00
5
Pirelli
51,50
6
Terna
51,25
Hewlett Packard Italia Intesa Sanpaolo
50,75
9
Benetton Group
50,00
10
Indesit Company
48,75
AZIENDA
Eni
57,25
36
Intesa Sanpaolo
50,75,
57
Assicurazioni Generali
43,25
68
UniCredit
41
69
Enel
40,25
77
Tenaris
37
Stiamo assistendo a una significativa crisi per le sezioni “carriere” dei siti delle aziende: se da una parte latitano proprio le posizioni aperte da promuovere, segno tangibile di un mercato del lavoro che stenta a riprendersi, dall’altra i pochi contenuti di employer branding pubblicati sono spesso percepiti come troppo “promozionali”, poco credibili e concreti. “Chi cerca lavoro oggi non si accontenta più di trovare le informazioni di base sull’azienda e sulle posizioni offerte, ma chiede innanzitutto informazioni credibili, concrete e utili e
Top 10 Europe - Employer Branding Online Awards 2012 (punteggio massimo = 100 punti) P O SIZIONE
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I siti delle aziende non sono più il luogo privilegiato da visitare per cercare lavoro online, superati per gradimento dai portali di recruitment come Monster.com e dalla galassia dei social network, professionali (LinkedIn su tutti) e generalisti. E’ questa la principale evidenza rilevata dal Lundquist Employer Branding Survey 2012, questionario online che ha raccolto oltre 450 risposte da parte di professionisti e potenziali candidati di 57 diversi paesi, contribuendo alla definizione del nuovo protocollo di valutazione.
51,00
8
NAZIPUNTEGONE GIO
1
Allianz
DE
73,25
2
Telecom Italia
IT
72,00
3
Centrica
GB
67,75
4
Société Générale de France
FR
67,50
5
Novo Nordisk
DK
65,00
6=
BMW Group
DE
64,50
6=
Roche
CH
64,50
8
BP
GB
63,50
9
Crédit Agricole
FR
63,25
62,00
COSA CHIEDONO I CANDIDATI: IL SONDAGGIO LUNDQUIST SULL’EMPLOYER BRANDING 2012
PUNTEGGIO
POSIZIONE
CH
Le altre società italiane inserite nella classifica europea
Top 10 Italy - Employer Branding Online Awards 2012 (punteggio massimo = 100 punti)
7
Holcim
10
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la possibilità di interagire anche nei modi e nei luoghi propri della comunicazione online della cosiddetta era “SoLoMo” (Social, Local, Mobile), afferma Cristiano Poian, responsabile della ricerca e digital strategist di Lundquist. Un altro risultato emerso dal questionario è la generale frustrazione che gli utenti provano di fronte all’esperienza di utilizzo dei siti aziendali: le sezioni dedicate alla candidatura online, infatti, sembrano progettate per semplificare la vita soltanto ai responsabili delle assunzioni e non a chi cerca lavoro. A questo si aggiungono la scarsa presenza delle aziende sui social media e il diffuso sospetto degli utenti che le aziende non siano del tutto trasparenti e aperte nel descrivere le opportunità lavorative.
l’importanza della loro presenza su un social network professionale come LinkedIn (solo il 38% delle aziende dispone almeno di un profilo di base, spesso generato dalla piattaforma in modo automatico), e addirittura soltanto il 3% delle aziende analizzate utilizza altri canali social per finalità di employer branding, dimostrando una scarsa creatività a livello di pianificazione strategica. In Europa, invece, un’azienda su quattro utilizza diversi social network, tra cui Facebook e Twitter, per dialogare con i potenziali candidati.
Il protocollo di valutazione messo a punto per la seconda edizione dello studio ha dunque tenuto conto di questi dati, andando a indagare nel dettaglio, oltre che il tema della trasparenza rispetto alle posizioni aperte, l’esperienza d’uso dei siti e la presenza delle aziende sui social media per tematiche riguardanti il recruitment.
SOCIAL MEDIA E MOBILE: LE SOCIETA’ ITALIANE ANCORA ASSENTI
Allo stesso tempo, le aziende italiane devono costruire una strategia mobile per la propria presenza corporate: soltanto il 7% delle società osservate offre al navigatore contenuti fruibili in mobilità; troppo poco, dato che il questionario Lundquist ha rilevato che il 34% degli utenti naviga con dispositivi diversi dal PC (20% smartphone e 14% tablet). Anche qui siamo ancora lontani dal caso di Allianz, che vince la classifica
La ricerca Lundquist sull’employer branding dimostra che le principali società italiane non rispondono al bisogno degli utenti di interagire fra loro e con le aziende stesse sui social media, esigenza tipica di un contesto competitivo in costante evoluzione. Le società italiane, ad esempio, faticano a comprendere
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europea anche grazie a un sito progettato completamente secondo il paradigma del responsive design, pensato cioè per essere visualizzato a ogni risoluzione (PC, tablet, smartphone). Delle italiane sotto esame, soltanto Telecom Italia ha iniziato un percorso di transizione che sta portando al redesign dell’intero sito corporate secondo la modalità “responsive”.
Nonostante le società italiane debbano percorrere ancora molta strada per comunicare con successo il proprio employer branding, vi sono alcuni dati positivi. I punti negativi… • Meno del 30% delle aziende valutate presenta informazioni su di sé per farsi conoscere in modo chiaro e diretto, scritte con un taglio specifico per i potenziali candidati nella sezione “carriere”.
“Le società devono iniziare a considerare chi cerca lavoro come un target specifico, per il quale è necessario strutturare le informazioni e i contenuti in modo specifico, costruendo un dialogo anche sui cosiddetti earned media, i social network”, dichiara Cristiano Poian, responsabile employer branding in Lundquist. “L’Italia deve colmare una serie di gap; progettare in ottica di responsive design potrebbe aiutare le società a recuperare il terreno perso, semplificando la distribuzione di nuovi contenuti anche sul mobile”, continua Poian.
• Quasi l’80% non fornisce alcuna informazione su compensi, benefit e bonus per i dipendenti. • Nonostante il questionario Lundquist abbia evidenziato quanta attenzione i jobseeker prestino nei confronti delle tematiche di responsabilità sociale, soltanto il 12% delle società dedica spazio a tali argomenti all’interno della sezione carriere.
BACK... TO BASICS!
• Solo una società su tre illustra nel dettaglio e con esempi concreti le caratteristiche ricercate per ogni profilo professionale.
Le note stonate, tuttavia, non provengono soltanto dalla difficoltà di tener testa alle tendenze più attuali. Lo studio ha messo in luce anche che le società italiane sono “ferme” in modo preoccupante di fronte ad alcune esigenze fondamentali di chi cerca lavoro online, espresse già in occasione del primo questionario Lundquist sull’employer branding risalente al periodo 2009-2010. Per ogni società che ha migliorato il proprio punteggio rispetto alla precedente edizione, ce ne sono tre che l’hanno invece peggiorato, anche a causa di un modello di valutazione più esigente.
• Fatta esclusione per le testimonianze dei dipendenti, solo il 4% delle aziende valutate utilizza video per la comunicazione online. • Nell’anno delle infografiche, soltanto il 17% delle società utilizza forme “visive” per presentare i dati in modo più leggibile e appetibile; la forma testuale prevale ancora in modo schiacciante.
Se gli attuali siti sono mediamente discreti a livello di presentazione dei contenuti e di navigabilità delle sezioni “carriere”, i risultati si fanno invece insufficienti se si limita l’analisi alle informazioni che le società forniscono su di sé e sulle proprie attività e ai contenuti utili prima di procedere alla candidatura online.
• Più dell’80% delle aziende valutate non ha alcun tipo di presenza mobile. • Solo il 3% delle società in classifica usa social media di carattere non “professionale” (es. Facebook) per l’employer branding.
Anche i contenuti concernenti la responsabilità sociale d’impresa collegata al mondo del lavoro sono inadeguati, soprattutto se confrontati con le esigenze espresse dal mercato dei potenziali candidati (tanto in Italia quanto, sorprendentemente, nel resto d’Europa): il questionario Lundquist sull’employer branding 2012, infatti, ha evidenziato che le aziende che affrontano in modo concreto e diretto le tematiche di responsabilità sociale e di etica anche nella sezione carriere, con un taglio adeguato al target specifico, hanno maggiori possibilità di attirare nuovi talenti e di trattenere i propri dipendenti.
E quelli positivi… • Quasi il 50% delle società presenta la propria mission e i propri valori anche all’interno della sezione carriere del sito corporate. • Il tema della formazione in azienda è affrontato da molte società (37%). • Quasi un quarto delle società analizzate illustra i possibili percorsi di carriera all’interno dell’azienda. • Il 47% delle aziende ha siti con una buona usabilità e una navigazione chiara e comprensibile.
PUNTI DI FORZA E DI DEBOLEZZA
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LE SOCIETA’ SUL PODIO
zioni che devono essere presenti sul sito web di un’azienda, vi sono tuttavia altre società che possono essere indicate come buoni esempi per quanto riguarda alcuni singoli aspetti della propria comunicazione di brand verso chi cerca lavoro.
In netta controtendenza rispetto alla situazione generale italiana, le due società che si piazzano ai primi posti nella ricerca dimostrano di aver investito con grande maturità nel proprio employer branding online anche in tempo di crisi del mercato lavorativo, migliorando nettamente i punteggi ottenuti nello studio del 2010.
Va ad esempio citata Indesit, che pur piazzandosi al decimo posto della classifica generale con 48,75 punti sui 100 disponibili, si distingue per l’originalità della comunicazione audiovisiva, per la navigazione e per l’usabilità.
Telecom Italia passa da 58 punti su 100 del 2010 (6° posto) a 72, che le valgono il 2° posto in classifica. Gruppo Hera fa addirittura meglio, migliorandosi di 18,75 punti e balzando dai 60,5 della prima edizione (4° posto) ai 79,25 dell’attuale (1°). In questo modo si aggiudica anche il titolo di “Best Improver”, seguita in questo titolo da Supermarkets Italiani – Esselunga, che migliora di 14,75 punti la valutazione della prima edizione, passando da 27 a 41,75 punti su 100.
Da notare anche il buon risultato di Benetton, migliore società per quanto riguarda la proposta delle posizioni aperte in azienda e le funzionalità correlate (contatti, alert, tool di ricerca). Buona anche la performance della società nella sezione che valuta ogni aspetto dell’esperienza dell’utente prima, durante e dopo la candidatura, che le vale un posizionamento subito dietro alle prime della classe, Hera e Telecom Italia.
Telecom Italia e Gruppo Hera dispongono di tutte le informazioni richieste dal protocollo di analisi e raggiungono così buoni risultati in quasi tutti i criteri di valutazione. Gruppo Hera si fa notare, in particolare, per aver soddisfatto pienamente tutti i requisiti relativi alle modalità con cui la società deve fornire informazioni sulla propria organizzazione, sulle aree di business, sui benefit e sui possibili percorsi di carriera, oltre ad esplicitare quali sono i valori di etica e responsabilità sociale in azienda.
ENTRARE IN EUROPA Come già anticipato, Lundquist ha da poco pubblicato anche la ricerca Employer Branding Online Awards Europe 100, che mostra come le aziende europee investano con più decisione in employer branding online. In Europa, infatti, si sta guardando avanti e si stanno implementando nuove strategie digitali per attrarre e trattenere i dipendenti, rispondendo alle richieste dei potenziali candidati più di quanto non si faccia in Italia. Le aziende italiane dovrebbero quindi seguire l’esempio europeo e superare il concetto tradizionale di recruitment, cui sono ancora troppo spesso legate, aprendosi ai social media e al mobile, alle tematiche etiche e, soprattutto, al dialogo con chi cerca lavoro. I jobseeker, come visto, apprezzano trasparenza, concretezza e interazione; chiedono, inoltre, siti web facilmente navigabili e leggibili, come quelli delle maggiori società europee.
Il terzo posto viene conquistato da Eni, che perde 4,75 punti rispetto al 2010, scendendo dunque da 62 a 57,25. Nella prima edizione dei Lundquist Employer Branding Online Awards il principale gruppo petrolifero italiano aveva ottenuto il secondo posto, a pari merito con UniCredit.
NON SOLTANTO OMBRE
Per leggere l’executive summary della ricerca Employer Branding Online Awards Italy 100 vi invitiamo a visitare il sito di Lundquist, dove troverete anche le altre ricerche di cui la società si occupa: Social Media, Webranking e CSR.
Nonostante i risultati poco brillanti ottenuti nella classifica generale, che valuta la qualità dell’employer branding nel suo complesso, rispetto a una vasta serie di contenuti e informa-
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Speciale Social & Mobile Recruiting Forum
Introdotta dal Chairman del Convegno, Eugenio Amendola, inaugura la serie di interventi del Social & Mobile Recruiting Forum, l’intervento della giovane Eugenia Burchi Social Media Analyst e Account Manager per Blogmeter. L’organizzazione è attualmente leader italiana per il monitoraggio sui social media e social network. Il metodo di ricerca utilizzato prevede l’utilizzo di metriche analitiche, ovvero indicatori veri e propri che vengono statisticamente misurati producendo output da interpretare.
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Social Recruiting e Metrics Facebook Social Analytics e Twitter Social Analytics a cura di Francesca Serrao
Burchi, presenta i risultati dell’ ultima ricerca sul tema del Social Recruiting. Il focus si incentra sull’utilizzo social di Facebook e di Twitter. Il tema messo a fuoco riguarda, quindi, il ruolo dei social media/network in Italia. Burchi inizia l’esposizione facendo presente un dato di fatto: si registra, infatti, nel nostro Paese una crescita del social web applicato al recruitment ed all’employer branding.
Con la sua squillante erre francese, che dà colore alla presentazione, Burchi parte da alcuni dati sui social media in Italia. 22 milioni, infatti, sono gli iscritti a Facebook, che conta 14 milioni di utenti giornalieri e 10 milioni da mobile (Nielsen, 2012). Facebook rappresenta, dunque una rete di aggancio al mondo esterno. Twitter presenta circa 4 milioni di utenti in Italia, Linkedin 3 milioni. Nel caso degli ultimi due social network si tratta di membri più avanzati e tecnologici. I social non sono una minaccia, ma una opportunità, non solo per assumere, ma anche per coltivare relazioni con ex dipendenti e futuri dipendenti. L’azienda oggi non deve fermarsi,infatti, al recruitment, ma deve andare oltre con l’engagement: cioè con il coinvolgimento di chi cliccato “mi piace” sulla pagina. Interviene in merito il Chairman Amendola che sottolinea l’importanza del fare attenzione al numero di fan. L’obiettivo è infatti, che l’utente ritorni sul profilo Facebook dell’azienda e ne segua i post, mantenendosi in contatto con la realtà aziendale. In questo modo l’azienda può mantenere i contatti con i profili più interessanti. Linkedin è presentato come il social più importante in ambito recruitment: conta 229 milioni di iscritti nel mondo al 9 gennaio 2013, contando le iscrizioni da parte di Paesi emergenti come la Turchia e l’India. In base alle stime di Accenture, i prossimi 50.000 nuovi assunti proverranno da Linkedin o da Twitter.
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Esiste però una discripanza tra i comportamenti dei recruiter: il 93% dei candidati viene individuato mediante Linkedin, ma solo il 38% di chi cerca lavoro usa Linkedin come strumento di ricerca. Si tratta di un dato ricorrente che emerge da tutte le successive presentazioni e non può che indurre a riflettere. La prima asserzione che si può addurre è che non tutti i profili sono su Linkedin. Un esempio è quello dell’operaio, che è un lavoratore specializzato ed utilizza come canale di ricerca Facebook. L’auspicio maggiore sarebbe di trovare un mix tra i due canali.
tornano sulla pagina dopo avere messo il mi piace. Per esempio Gi Group, Adecco, Infojobs e Monster sono tra le pagine con più fan pur non essendo quelle con i fan piu attivi. Inoltre esiste una funzione che consente di misurare anche quando le persone mettono il mi piace. Blogmeter riesce sostanzialmente a misurare quanto io riesco a coinvolgere i fan, tramite diverse metriche, come ad esempio mettere il mi piace, misurare le attività, come ad esempio la pubblicazione sulla bacheca. Il “mi piace” funge da indice su quanto i fan condividono gli aggiornamenti.
In seconda analisi la ricerca riportata da Burchi cita alcuni dati sui social media relativi agli Usa per il 2012. L’89% ha già assunto qualcuno mediante Linkedin, il 25% lo ha fatto mediante Facebook, il 15% mediante Twitter. Le percentuali si riferiscono ai canali citati solo per il primo contatto.
Nella classifica dei fan più attivi, Sodexo si pone al primo posto: significa che non ha molti fan ma che sono molto attivi, Microsoft si colloca al secondo posto, mentre secondo questo elenco Gi Group, Adecco e Monster, tra le pagine con più fan, non compaiono, non essendo quelle con i fan più attivi
Passando alla vera e propria ricerca di Blogmeter sulle best practice in ambito HR su Facebook e Twitter, l’indagine si rivolge a circa 60 profili sia italiani che internazionali, che su Facebook e Twitter sono esplicitamente dedicati al recruitment. Il periodo d’analisi considerato è quello degli ultimi 4 mesi su Facebook e dell’ultimo mese su Twitter. Per quel che riguarda l’analisi di Facebook, Blogmeter ha considerato a livello di metriche i fan che mettono il “mi piace”. Al primo posto in questa classifica è la sezione careers di Microsoft, che conta 90.000 fan. In realtà si tratta di un dato parzialmente elevato se paragonato al numero complessivo di fan del Microsoft careers, che ammonta a 2 milioni. Si auspica l’innescarsi di un circolo virtuoso tra una pagina di fan e l’altra in modo da generare un reciproco rimando. Un’altra metrica che Blogmeter ha considerato è quante volte le persone ri-
Oggetto dello studio di Blogmeter è anche il momento in cui le persone diventano fan della pagina aziendale: non ci sono momenti peggiori o migliori: in alcuni casi il week end risulta essere il momento migliore. Ciò significa che queste pagine non possono essere abbandonate il sabato e la domenica perché la gente cerca lavoro nel week-end. Bisogna creare spunti interessanti che attirino il job seeker a frequentare la pagina. In merito a quanto rispondere ai propri fan, bisogna considerare che su Facebook gli utenti si immaginano di avere una risposta molto veloce, per cui se si ha una pagina Facebook occorre rispondere molto velocemente. Il tasso di risposta delle pagine analizzate è comunque piuttosto elevato, commenta Burchi, per cui è molto importante rispondere. Per poter gestire efficacemente una pagina Facebook bisogna avere chiarito a
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monte le policy aziendali interne. Bisogna darsi delle regole su cosa rispondere in situazioni critiche, perché la visibilità delle risposte sui social è molto alta. Per fare questo si suggerisce almeno nelle prime fasi di farsi aiutare da esperti. Burchi passa a questo punto ad esaminare cosa si posti su queste pagine: solitamente si utilizzano link alle offerte di lavoro sul sito aziendale o career, ad esempio oppure foto e status update, ovvero semplici affermazioni, per esempio consigli sul colloquio, l’introduzione di un argomento controverso, come ad esempio la riforma del lavoro e chiedere ai fan cosa ne pensano. I video sono poco utilizzati eppure agli utenti piacciono molto, per cui Burchi esorta ad un loro maggiore utilizzo Anche i question sono poco utilizzati e gli utenti vi rispondono abbastanza. Si tratta di casi in cui il brand pone delle domande. Un esempio è: “organizziamo un open day per conoscere nuovi profili: quali giorni preferite tra X, Y e Z? I question time possono anche fare emergere che i career service non coincidono con i best place to work. In questi casi la spiegazione è che la strategia comunicativa di avanzamento è stata quella a macchia di leopardo, per cui si è puntato di più su determinati aspetti piuttosto che su altri. In merito all’utilizzo di tutti gli strumenti comunicativi citati, Blogmeter propone una rappresentazione grafica molto chiara dalla struttura radiale, in cui ad ogni raggio corrisponde una modalità comunicativa. In questo modo vengono messe in evidenza le modalità comunicative maggiormente di successo e quelle, invece, meno sfruttate, ma col potenziale più elevato. Vedi ad esempio i filmati e ed i question time, peraltro già citati. Tra le best practice viene citata l’internazionalità delle pagine Facebook e Microsoft a livello globale. Entrambi presen-
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tano molti fan e molte attività. Il 73% dei contenuti sono foto. Un aggiornamento su tre è una foto che cerca di rimanere su Facebook e non essere trasposta in altri contesti. L’obiettivo è, infatti, quello di suscitare un sentimento di identità tra una foto bella e coinvolgente ed un luogo bello ed altrettanto accattivante. La psicologia della percezione insegna che il potere suggestivo e coinvolgente di una immagine può raggiungere livelli molto elevati.
utilizzare tutti i canali (Facebook, Twitter e Linkedin), bisogna anche avere l’accortezza di mantenere una linea di comunicazione coerente tra tutti i canali. La discussione si sposta a questo punto sull’utilizzo di hashtag, ovvero etichette tematiche che si pongono su un continuum tra molto generiche e molto specifiche. Mendola in proposito interviene sottolineando come twitter ponga in collegamento hashtag specifici e generici, che piano piano risalgono sulla pagina principale.
Sono, inoltre presenti consigli e suggerimenti su come presentarsi al meglio ai colloqui. A livello italiano, Adecco è la prima pagina per numero di fan. Inoltre è stato registrato che l’orario in cui si ricevono più fan è dalle 17 alle 18. Adecco usa tantissimo i link ed i video su come presentarsi al meglio ai colloqui: i cosiddetti video “le faremo sapere”. Il trend della frequenza con cui gli user consultano le pagine Facebook suggerisce come le stesse non vadano abbandonate soprattutto nel week-end. Si tratta dei giorni in cui avviene la maggiore ricerca di lavoro. Su Twitter il profilo Adidas risulta essere il più seguito, con 14.000 followers, anche se, così come nel caso Microsoft sopra citato, tale numero non è comunque significativo rispetto al numero generale della pagina dei followers Adidas, la quale conta 400000 followers. Adidas risulta in cima alle classifiche come azienda che twitta di più. Si registrano, infatti, 11 twit al giorno. Un numero che può apparire eccessivo, anche in considerazione del fatto che l’engagement è molto basso, ciò significa che c’è un rapporto tra il numero di twit ed il numero di risposte inferiore all’unità. Adidadas presenta un maggior numero di twit, ma è più un canale che una rete. Ciò che viene condiviso median-
Al termine della presentazione dei dati, rimane la riflessione su quali idee possano essere portate in azienda, riflette Burchi. te Twitter sono informazioni che tendono a lanciare discussioni e soprattutto molto rewarding. Ciò significa che piacciono molto ai fan in quando si tratta di immagini che sono in grado di suscitare in loro emozioni. Burchi si sofferma a questo punto a chiarire quale sia l’uso che viene attribuito a Twitter. Molte aziende lo usano come area news, in cui si pubblicano nuovi annunci di lavoro. Forse si potrebbe fare qualcosa di più per renderlo maggiormente interattivo, ad esempio fornendo suggerimenti o ponendo domande e conseguenti risposte. In sostanza ci si potrebbe interessare maggiormente alla vita dei followers per attivare una rete sempre più ampia. Premesso che lo studio di Blogmeter non si è incentrato su Linkedin, in quanto strumento già molto conosciuto, Burchi fornisce alcuni dati come il fatto che IBM e HP presentano a testa 900.000 followers, battendo il primato rispetto a Facebook e e Twitter . Eppure ciò non significa che si tratti del miglior canale da utilizzare. Dipende, infatti, molto da quale obiettivo si vuole raggiungere in tema di reclutamento. Se da un lato è vero che è importante
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Anche se non si ha una pagina Facebook, Twitter o Linkedin, in azienda esiste una rete di contatti in maniera naturale mediante la gente che parla e si esprime reciprocamente. Per questo è probabilmente preferibile “esserci” in maniera ufficiale tramite una pagina aziendale. Ciò che risulta centrale nel processo di comunicazione è, appunto mantenere un contatto e quindi una relazione. Burchi esorta a non tralasciare la cura delle pagine Facebook e Twitter, senza lasciare il monopolio comunicativo al seppur adeguato Linkedin. Inoltre Burchi, sottolinea l’importanza di non focalizzarsi solo sul fine ultimo delle offerte di lavoro, ma di fornire contenuti interessanti, che possano catturare l’attenzione. Ulteriore regola da seguire è di rivolgersi singolarmente agli utenti, costituendo un canale friendly di comunicazione. Ciò significa creare un dialogo con l’interlocutore: dare risposte e fare domande. Chiude l’intervento riprendendo un elemento molto importante ovvero la creazione di policy aziendali come fondamenta per la costruzione di un dialogo non lesivo per il brand.