Tesi Gaia Rancati

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Employer branding, dalle risorse umane ai talenti:

il caso British American Tobacco COLLANA EMPLOYER BRANDING


LIBERA UNIVERSITA’ DI LINGUE E COMUNICAZIONE IULM Facoltà di Scienze della Comunicazione e dello Spettacolo Corso di Laurea in Relazioni Pubbliche MILANO

EMPLOYER BRANDING, DALLE RISORSE UMANE AI TALENTI: IL CASO BRITISH AMERICAN TOBACCO

Relatore Chiar.mo Prof. Luca PELLEGRINI

Tesi di laurea di: Gaia RANCATI Matr. N. 115499

Anno Accademico 2007/2008



EMPLOYER BRANDING, DALLE RISORSE UMANE AI TALENTI: IL CASO BRITISH AMERICAN TOBACCO INDICE INTRODUZIONE PRIMO CAPITOLO LE RISORSE UMANE COME FATTORE STRATEGICO PER L’IMPRESA E LA GUERRA DEI TALENTI 1.1 L’evoluzione dello Human Resource Management nel passaggio dall’era industriale all’era della conoscenza 1.2 Gestione del personale e strategia aziendale come elementi del vantaggio competitivo 1.3 Dal capitale tangibile al capitale intangibile 1.4 Il percorso evolutivo della funzione Risorse Umane dall'amministrazione del personale a partner strategico: preludio all'Employer Branding 1.5 Le tendenze evolutive attuali nello Human Resource Management 1.5.1 Nascita delle organizzazioni flessibili 1.5.2 Cambiamento della struttura e della natura dei ruoli professionali 1.6 Il concetto di talento 1.7 La guerra dei talenti e le cause 1.8 La carenza di talenti nello scenario attuale 1.9 Sviluppare una strategia orientata al recruiting 1.10 Gli scenari evolutivi sul mercato del lavoro e la situazione in Italia

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SECONDO CAPITOLO EMPLOYER BRANDING: GLI OBIETTIVI, IL PROCESSO, LE FASI, GLI STRUMENTI 2.1 Il concetto di Employer Branding 2.2 Modelli teorici di riferimento ed Employer Reale/Ideale 2.3 Il rapporto tra Employer, Corporate e Product Brand 2.4 Approfondimenti sull’Employer Branding 2.4.1 Employer ed Employee Branding 2.4.2 Employer Branding e ciclo di vita del lavoratore 2.5 Un approccio integrato: l’ Employer Brand Global Framework 2.6 Employer Brand Experience 2.7 Employer Brand Positioning 2.7.1 Employer Value Proposition (EVP) 2.8 Lo sviluppo della strategia di Employer Branding 2.8.1 Segmentazione del mercato e analisi della concorrenza 2.8.2 Analisi della concorrenza e del posizionamento attuale dell’Employer Brand (assessement) 2.8.3 Employer Brand Building (prospective) 2.8.4 Comunicazione dell’Employer Brand (development) 2.8.5 Monitoraggio e analisi dell’Employer Brand (monitoring) 2.8.6 Employer Brand Metric 2.9 I Benefit dell’ Employer Brand

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TERZO CAPITOLO EMPLOYER BRANDING: LE APPLICAZIONI ALL’INTERNO DELLA FUNZIONE HR E GLI STRUMENTI 3.1 Employer Branding: Recruiting & Attraction 3.2 Reclutamento e selezione del personale nelle organizzazioni: articolazione e fasi del processo 3.3 Employer Branding e recruiting nella guerra dei talenti 3.4 I destinatari privilegiati delle politiche di Employer Branding: il Campus Recruiting 3.5 I Business Game 3.6 Internet ed e-recruiting: i vantaggi 3.6.1 La Career Section e l’Employment Web Site 3.6.2 I Job Board 3.6.3 Il Recruitment Advertising on-line 3.6.4 Social Media, Blog e Social Network 3.7 Le nuove tendenze del recruiting 3.7.1 Employee Referral Program 3.7.2 Boomerang Recruiting 3.8 Employer Branding e Retention: fidelizzare i dipendenti attraverso il proprio Brand 3.9 Lo sviluppo delle risorse umane attraverso la formazione 3.10 Il Mentoring, il Coaching e la gestione del feedback 3.11 Sfidare le risorse umane 3.12 Differenziare e valorizzare i collaboratori di talento 3.13 Valorizzare attraverso il Work Life Balance 3.13.1 Strumenti di Work Life Balance

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QUARTO CAPITOLO EMPLOYER BRANDING: ANALISI DEL CASO BAT 4.1 Il Gruppo British American Tobacco 4.1.1 La Corporate 4.1.2 La storia 4.1.3 Il brand portfolio 4.2 Le strategie di marketing e gli obiettivi strategici del Gruppo 4.2.1 Il marketing innovativo di BAT 4.2.2 La strategia di BAT 4.2.3 Attività e responsabilità d’impresa 4.3 Le politiche formative portate avanti negli ultimi anni in relazione agli obiettivi strategici 4.3.1 L’evoluzione delle HR in relazione agli obiettivi strategici 4.3.2 Il percorso di Training e Development 4.3.3 Management Development e Career Management 4.4 Employer branding: Recruiting e Attraction in BAT 4.4.1 Web recruiting 4.4.2 Campus recruiting: il programma” We challenge you” 4.4.3 Il progetto Management Trainee Programme 4.4.4 Young Bright Minds 4.5 Employer branding: Retention 4.5.1 La regolamentazione aziendale dei dipendenti 4.5.2 Sviluppo e valorizzazione delle risorse: il Total Reward 4.5.3 La survey “Your voice”

CONCLUSIONI BIBLIOGRAFIA SITOGRAFIA

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INTRODUZIONE L’Employer Branding viene efficacemente definito da Amendola (2007) come una “strategia di marketing, finalizzata a creare un’immagine aziendale coerente con l’identità dell’impresa come employer (datore di lavoro)”, il suo obiettivo è quindi quello di attrarre, reclutare e trattenere il migliore capitale umano presente sul mercato del lavoro. È sempre più indispensabile, dunque, realizzare un'azione strutturata e formalizzata di Recruitment Marketing e utilizzare logiche e strumenti di Branding, per costruire all'interno dell'organizzazione un ambiente di lavoro ideale e attrattivo, nonché riconoscibile come tale nel mercato del lavoro grazie all’impiego di opportune strategie comunicative. E’evidente che la nascita di questa strategia, porta a riflettere sulle radicali trasformazioni avvenute in questi ultimi decenni nelle economie mondiali, che hanno modificato il mondo della produzione, contaminando le politiche di Branding e trasformando il ruolo di molte funzioni aziendali. Il continuo progresso tecnologico da una parte, e la globalizzazione dei mercati dall’altra, hanno inasprito la concorrenza tra le imprese , ed oggi, il vantaggio competitivo si gioca con la conoscenza ed il capitale intellettuale, leve strategiche delle risorse umane. A ciò si aggiunge il fenomeno dello “skillshortage”, ovvero la difficoltà di reperire persone dotate di specifiche competenze ed abilità, i cosiddetti “talenti”, che creino il differenziale di valore per garantire il successo. Perciò la situazione oggi sembra essersi rovesciata: non sono più i candidati a rincorrere le aziende, ma le aziende ad inseguire i candidati di valore. Così, anche in Italia, ad imitazione di quanto già da tempo accade negli Stati Uniti, si è reso necessario ripensare il modo di selezionare, motivare e gestire il personale. In questo ambito, ha iniziato ad affermarsi l’Employer Branding, una nuova strategia che consiste nel creare e sviluppare un’immagine aziendale positiva e attrattiva, sia verso il mercato del lavoro interno (i dipendenti), che verso quello esterno (i potenziali candidati), ma anche nel rafforzare il senso di comunità e di appartenenza e quindi l’identificazione dei dipendenti con l'impresa. L’Employer Branding allora comprende due facce di un'unica medaglia: il recruiting e la retention. Nel primo caso, gli strumenti di supporto a disposizione delle imprese per attrarre le risorse ad Alto Potenziale saranno tutti quelli offerti dai media tradizionali, con l’aggiunta di programmi mirati al mondo delle Università, integrati con quello che si può considerare ormai il principale canale di reclutamento: il Web. Relativamente al retaining, gli sforzi per fidelizzare i dipendenti si dovranno invece concentrare sulle politiche retributive, sulla soddisfazione connessa all'ambiente di lavoro, sulle opportunità di crescita offerte attraverso la formazione e su tutti i programmi di benefit concessi ai propri dipendenti. Al centro della filosofia dell'Employer Branding c’è la convinzione che l'azienda debba definire e implementare le proprie strategie di Marketing e Branding per i dipendenti 5


attuali e potenziali con lo stesso impegno con cui lo fa per il cliente esterno, utilizzando anche le stesse logiche e strumenti. Da queste premesse è nata l’idea di concepire un percorso che descrivesse i radicali cambiamenti avvenuti nel contesto economico-sociale e nella realtà aziendale, per poi offrire una visione chiara e completa dell’Employer Branding, sviluppandolo ed inserendolo all’interno dell’evoluzione della funzione risorse umane. Tutto questo senza dimenticare però che si tratta di una strategia di Marketing che parte dal Brand, ed è quindi essenziale costruire e mantenere una solida immagine a livello Corporate, che la sostenga. Nel primo capitolo viene analizzato il ruolo delle risorse umane come fattore strategico per il mantenimento del vantaggio competitivo nell’era dell’informazione e della conoscenza. Dopo un’essenziale excursus su quella che è stata l’evoluzione del ruolo dello Human Resource Management sono poi delineate le principali tendenze del mercato del lavoro. Parallelamente, viene approfondito il concetto di talento e sono analizzate le cause e le strategie di recruiting messe in atto per identificare, attrarre e trattenere le risorse migliori, gli high potentials, con particolare riferimento al contesto italiano. Nel secondo capitolo, si entra nel vivo della trattazione dell’Employer Branding, spiegandone il significato ed i primi modelli teorici di riferimento. Viene qui descritto il più moderno approccio integrato esistente, l’Employer Branding Global Framework, sviluppato concettualmente in tutte le sue fasi. Il terzo capitolo, si pone l’obiettivo di mostrare come l’Employer Branding si esplicita nella realtà aziendale e quali sono le strategie applicate (o applicabili) per l’attraction e la retention attraverso alcuni esempi concreti. Inoltre, vengono ampiamente trattati i più importanti canali di comunicazione esterna: il Campus Recruiting e l’e-Recruiting, sottolineandone il ruolo strategico all’interno dell’Employer Branding process, ma soprattutto dal punto di vista del Recruiting Marketing. L’ultimo capitolo è incentrato sull'analisi di un case history. Attraverso lo studio della British American Tobacco, si è esaminato in che modo tutto ciò di cui si è precedentemente parlato viene effettivamente realizzato all’interno di un Gruppo così importante ed affermato. Dopo una presentazione dell’impresa e dei suoi brand, si è indagato sulle politiche formative portate avanti negli ultimi anni in relazione agli obiettivi strategici e le strategie di Employer Branding messe in atto su entrambi i versanti (recruiting e retention), con particolare riferimento ad alcuni programmi chiave.

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PRIMO CAPITOLO LE RISORSE UMANE COME FATTORE STRATEGICO PER L’IMPRESA E LA GUERRA DEI TALENTI 1.1 L’EVOLUZIONE DELLO HUMAN RESOURCE MANAGEMENT NEL PASSAGGIO DALL’ERA INDUSTRIALE ALL’ERA DELLA CONOSCENZA In un mercato sempre più internazionale e globale e in una società che viaggia a ritmi sempre più veloci grazie alle moderne tecnologie, restare al passo, ed essere sempre aggiornati, costituisce la spinta, per le imprese, a mantenere un’elevata competitività. Oggigiorno non si è competitivi solo attraverso un bene materiale o economico, ma anche attraverso la cultura, il sapere (know-how) come bene vero e proprio. Ruolo fondamentale allora avrà il capitale intellettuale: leva strategica delle risorse umane. Accanto a questa evoluzione se ne trova quindi un’altra: quella dello Human Resource Management. Figura 1. Dall’era agricola all’era della conoscenza

Era della conoscenza

Era dell’informazione

Era industriale

Era agricola

1800

Anni ‘80

Anni ‘90

Fonte: Franco D’Egidio, 2002

L’era agricola fondava la propria ricchezza sul fattore terra e il settore produttivo primario era costituito dall’agricoltura; gli individui generalmente coltivavano per il proprio sostentamento e, solo in alcuni casi, commercializzavano i propri prodotti. Le 5


imprese erano prevalentemente a conduzione familiare, questo generava un ambiente chiuso a qualsiasi tipo di relazione con il mercato esterno. La società era arretrata e si concentrava più sugli strumenti utili ad assicurare la sopravvivenza che a cercare fonti d’innovazione. Con l’avvento dell’era industriale viene rotta la condizione di diffusa precarietà dei lavoratori. La capacità di estrarre materie prime e di lavorarle con macchinari frutto delle innovazioni tecnologiche arricchisce la società di innumerevoli occasioni e crea un ingente bagaglio di conoscenze. Le imprese, legate soprattutto all’industria, fanno leva sulle forze del capitale economico, ovvero la ricchezza finanziaria posseduta utile ad avviare o mantenere un’attività. Insieme alla terra ed al lavoro, il capitale diventa il terzo fattore per la valutazione ed il controllo della produzione. L’affermarsi del sistema industriale porta alla nascita e allo sviluppo di una funzione specificatamente dedicata alla gestione delle risorse umane, e quindi lo stratificarsi di una competenza distintiva e di un know-how specifico in quest’area. Da un compiti amministrativi-disciplinari, con un ruolo subalterno rispetto alle altre competenze aziendali, questa funzione si è sviluppata grazie al concorso di numerosi fattori che dimostrano come la sua evoluzione sia dipendente dall’ambiente, dalle trasformazioni del sistema socio-economico-politico, dalle dinamiche del sistema delle relazioni industriali, dalla cultura del management e dei lavoratori, dai cambiamenti nel mercato del lavoro più che dall’evoluzione degli assetti strategici e organizzativi dell’impresa. La teoria economica tradizionale generalmente considera il capitale come un oggetto fisico, uno strumento che viene utilizzato nel processo produttivo. Questa concezione cambia negli anni ’60 quando l’attività industriale si sviluppa considerevolmente, il mercato del lavoro diventa più dinamico, le principali aziende italiane si affacciano sui mercati esteri e avvertono la necessità di razionalizzare le strutture produttive per incrementare la produttività e si diffonde nel campo delle scienze umane l’idea di capitale intellettuale. Inizialmente con questo termine ci si pone l’obiettivo di misurare il valore delle attività educative, creative e di invenzione nell’ambito delle attività produttive umane. Oggi, lo si utilizza per comprendere e valutare le imprese che basano la propria crescita e capacità di posizionarsi e mantenere quote di mercato sui fattori intangibili di conoscenza e di sapere professionale. In questo periodo le funzioni del personale cercano di acquistare autonomia e di assumere all’interno dell’azienda compiti più precisi, giustificati dall’adozione e dall’impiego di tecniche di gestione più sofisticate, quali la job evaluation, la selezione basata sui test psicologici, l’addestramento e la formazione dei quadri. Nel complesso la direzione del personale, pur continuando ad essere in posizione subalterna rispetto alle più tradizionali funzioni aziendali, si caratterizza come una funzione integrativa con l’obiettivo di suscitare il consenso sulle finalità aziendali e nei confronti delle forme di autorità costituite nell’azienda. Durante gli anni ’70 la progressiva sindacalizzazione coglie impreparate le direzioni aziendali che delegano alla funzione del personale il ruolo di gestione del conflitto e di mediazione culturale tra società ed azienda. E’ in questa situazione che la direzione 6


risorse umane acquista visibilità e rilevanza, reclamando maggiore potere e peso politico nelle aziende; inoltre la criticità del ruolo aumenta anche la difficoltà di implementare tecniche di valutazione delle performance e di agganciare la remunerazione ai risultati aziendali. I forti cambiamenti all’interno dei mercati che hanno investito le società contemporanee trasformandone le economie (decentramento della produzione, rottura dei sistemi produttivi standardizzati) e la rapida generazione e diffusione del progresso tecnologico hanno portato all’avvento dell’era dell’informazione, che ingloba al suo interno l’era della conoscenza. Tra i primi, forse, a parlarne è stato quasi sessant’anni fa Norbert Wiener, il padre fondatore della cibernetica in cui ne prefigurava le opportunità, ma anche i limiti. Peter Drucker1 affermava, già nel 1964, che “… la risorsa economica di base non è più né il capitale, né le risorse naturali, né la forza lavoro. È e sarà la conoscenza …”. In questo contesto gli economisti hanno posto l’attenzione su un concetto più ampio di capitale, considerandolo maggiormente nella sua accezione immateriale e non solo, quindi, come dato materiale economico. Questo si è riflesso all’interno delle imprese. Il tradizionale modello aziendale basato sul comando e sul controllo deve essere sostituito da nuove forme organizzative basate sulla conoscenza, in cui i "Knowledge Worker" possono esprimere al meglio il loro contributo con un radicale superamento delle visioni tradizionali. Nella tabella 1.1 è possibile vedere come le leve sono cambiate e come sono mutate le prospettive all’interno degli ambienti di lavoro.

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Peter Ferdinand Drucker (1909-2005) è stato un famoso economista. Ha vissuto negli Stati Uniti dal 1937 dopo essere fuggito dalle persecuzioni razziali naziste. Dal 1943 divenne cittadino statunitense. Autore di fama mondiale per le sue opere sulle teorie manageriali, ha svolto attività di consulenza in tutto il mondo per imprese di ogni dimensione e per enti governativi e organizzazioni no profit. Ha insegnato Politica e Filosofia al Bennington College e poi, per oltre vent'anni, è stato docente di Management alla Graduate Business School di New York; dal 1971 è Clarke Professor of Social Science alla Claremont Graduate School, in California; ha scritto oltre 30 libri e i suoi scritti sono apparsi sulle più celebri pubblicazioni economiche, come The Economist, The Wall Street Journal e Harvard Business Review.

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Tabella 1.1 Confronto tra l’era industriale e l’era della conoscenza

PERSONE FONTE DI REDDITO PROCESSO PRODUTTIVO FLUSSO DELLA PRODUZIONE LIMITAZIONI DELLA PRODUZIONE CONOSCENZA INFORMAZIONE FLUSSO INFORMATIVO RELAZIONI CON LA CLIENTELA LOTTA PER IL POTERE POTERE DEL MANAGEMENT VALORE DI MERCATO DELLE AZIONI PRINCIPIO ECONOMICO GUIDA

PROSPETTIVA INDUSTRIALE Fonte di costi Beni tangibili Operai che processano le materie prime per creare prodotti tangibili Guidato dalle macchine Capitale finanziario e capacità Umane Una risorsa tra le altre Strumento di controllo Attraverso la struttura Gerarchica Unidirezionali attraverso il Mercato Operai contro i capitalisti In relazione al livello gerarchico ricoperto nella gerarchia Influenzato dalle risorse Tangibili Ricavi decrescenti

PROSPETTIVA DELLA CONOSCENZA Fonte di ricavi Beni intangibili e tangibili Lavoratori della conoscenza che convertono conoscenza in prodotti intangibili Guidato dalle idee, molto destrutturato Tempo e conoscenza Il focus del business Risorsa e strumento di comunicazione Attraverso network collegiali Interattive attraverso reti di relazioni personali Lavoratori della conoscenza contro i manager In base al livello di conoscenza

“Guidato” dalle risorse intangibili Ricavi sia decrescenti che crescenti

Fonte: Rielaborazione da Karl Erik Sveiby, The new organizational wealth, Berrett-Koehler Publishers Inc

All’ interno delle aziende si è verificata la transizione, dalla modernità solida alla modernità liquida, da una società a stampo fordista-taylorista ad una società in cui l’informazione e la conoscenza sono gli elementi base su cui fondare il successo degli individui e delle imprese. Quindi la sfida attuale e del prossimo futuro sarà quella di gestire in maniera efficace il passaggio, orientando le aziende ad acquisire la capacità di innovarsi per raggiungere e mantenere il successo. L’elevata disponibilità delle informazioni che generano conoscenza e le crescenti modalità d’accesso a queste, hanno portato allo studio delle tecniche per poterle gestire ed individuare, in maniera da trasformarle in una forza competitiva al pari di quella economica. L’individuo con le sue competenze e il capitale intellettuale assumono una centralità che prima non avevano ne processi formativi e produttivi e vengono considerati come una variabile strategica per ottenere un vantaggio competitivo. L’entrata all’interno di questa nuova era vede in Italia una fase di ristrutturazione e di sviluppo durante gli anni ’80. La necessità di riacquistare libertà d’azione e potere nei confronti delle organizzazioni sindacali da una parte, e la volontà aziendale di recuperare produttività e flessibilità nell’utilizzo dei fattori produttivi dall’altra,

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pongono la funzione del personale di fronte al bisogno di superare il tradizionale orientamento “reattivo” e di ripensare il proprio ruolo in termini di maggiore proattività. In questi anni si completa l’istituzionalizzazione della funzione all’interno del sistema aziendale, che dipende direttamente dal vertice e viene legittimata a svolgere le più tradizionali attività di gestione delle risorse umane (selezione, valutazione, sviluppo, formazione), costituenti il core della funzione. Si vede la nascita del fenomeno dell’esternalizzazione di attività specialistiche che tradizionalmente erano svolte all’interno delle organizzazioni riguardanti soprattutto le attività di formazione e di selezione per manager e quadri, le analisi delle posizioni e i piani retributivi, la progettazione di sistemi di valutazione delle prestazioni e del potenziale. Non è un caso che proprio nel 1981 Berry2 dà la prima definizione teorica di marketing interno attraverso la creazione dell’analogia dipendente/cliente nel considerare le risorse umane un mercato con cui l’organizzazione si deve rapportare in un’ottica di marketing. Egli dichiara esplicitamente che la soddisfazione dei clienti interni porta ad un miglioramento delle prestazioni, e, conseguentemente, al raggiungimento degli obiettivi aziendali. A partire dagli anni ’90 il fattore lavoro assume un ruolo differente nella costruzione di un vantaggio competitivo d’impresa, per questo la funzione risorse umane diventa fornitrice di un nuovo e più sofisticato valore aggiunto che deve fornire un supporto qualificato alla struttura a tutti i livelli, favorendo le innovazioni di prodotto e di processo. Questa funzione aziendale viene investita da una dinamica evolutiva che conduce ad un profilo caratterizzato da: • un’elevata pervasività, in quanto tutte le politiche aziendali hanno una componente che impatta sulle risorse umane e viceversa; • una relativa despecializzazione, poiché la cura delle risorse umane non è più percepita come una competenza esclusiva degli uomini del personale, ma investe in varia misura ogni centro di responsabilità dell’impresa; • profondi cambiamenti nella professionalità e negli atteggiamenti degli addetti a tale funzione, ma anche degli utilizzatori dei servizi forniti; Ora il ruolo del comparto manageriale non è più limitato al controllo asettico dei processi di produzione lungo la line dell’azienda, ma svolge un ruolo interattivo anche lungo la linea di staff cercando di relazionarsi al massimo con tutti gli organi dell’organizzazione. L'accento è posto sulla capacità umana di creare ed usare le conoscenze in maniera efficace ed intelligente, su basi in costante evoluzione. Nel 1992 Berry e Parasuram definiscono il marketing interno come un metodo” volto ad attrarre, motivare e trattenere i dipendenti migliori” offrendo un posto di lavoro che soddisfa i loro bisogni. Tale mutamento si diffonde anche nelle imprese di medie dimensioni che operano in business particolarmente perturbati, in cui è necessaria una 2

Berry L., Parasuram A., 2000, Servire qualità, Mc-Graw Hill Companies

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continua e sistematica innovazione e un contemporaneo orientamento al cliente. Da qui la necessità di gestire strategicamente le risorse umane, cioè di assicurare una coerenza fra le dimensioni della strategia, della struttura e delle risorse umane.

1.2 GESTIONE DEL PERSONALE E STRATEGIA AZIENDALE COME ELEMENTI DEL VANTAGGIO COMPETITIVO La gestione del personale può essere definita come il processo articolato e complesso che riguarda l’acquisizione delle Risorse Umane in azienda, la loro amministrazione, valutazione, sviluppo e retribuzione. Comprende quindi un insieme di attività che hanno come riferimento le persone con la loro intelligenza, le loro emozioni, i loro sentimenti. Gestire le Risorse Umane significa dunque guardare di volta in volta agli individui secondo un’ottica di pianificazione, reclutamento, selezione, assunzione, valutazione del potenziale, ricompensa, comunicazione e clima. Queste sono tutte aree d’interesse che possono diventare altrettante specializzazioni, per gestire le quali, le aziende devono definire delle politiche del personale che poi si traducono in specifiche procedure e metodologie, ed adottare anche strumenti utili, attuali e confacenti al raggiungimento dello scopo per cui la singola attività viene svolta. Uno dei principali problemi in quest’ambito è la gestione strategica delle risorse umane, in altre parole la connessione tra Human Resource Management e le strategie d’impresa nel tentativo di elevare la risorsa umana al ruolo di variabile chiave sia nella formulazione sia nell’attuazione dei piani di business. L’ipotesi formulata dai teorici è che l’azienda più efficace ed efficiente è quella che riesce ad assicurare dinamicamente una situazione di coerenza fra le dimensioni della strategia, della struttura, delle risorse umane. Assunto di base di tale approccio è che ad ogni tipo d’ambiente corrispondono non solo una strategia e un’organizzazione più adatte, ma anche una specifica politica e particolari strumenti di gestione delle risorse umane. La principale preoccupazione è quindi quella di costruire e proporre quadri coerenti in quali tali variabili siano allineate. L’obiettivo non è solo quello di collegare strettamente le funzioni di gestione delle risorse umane con le funzioni del business, ma anche quello di ridurre il più possibile i motivi di contrasto tra specialisti funzionali e responsabili di line.

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Figura 1.2 Relazione Ambiente-Strategia-Struttura-Risorse Umane

Forze politiche

Forze economiche

Forze sociali

Missione e strategia

IMPRESA Struttura organizzativ

Gestione delle risorse umane

Fonte: Tichy et al., 1984

Nel realizzare ciò le aziende non sono tutte uguali e l’attenzione dedicata alla gestione delle persone è ancora abbastanza diversificata. Esistono imprese per le quali la gestione del personale significa la pura e semplice applicazione di norme, sia di legge che di contratto, che riguardano il rapporto di lavoro. Infatti, esse si limitano a curare l’indispensabile, che si traduce nell’occuparsi delle retribuzioni, nel versamento dei contributi agli enti previdenziali, nella sicurezza sul lavoro. Ci sono altre aziende poi che si possono definire più avanzate e che rivolgono un’attenzione maggiore alle persone che lavorano al loro interno; per queste gestire le risorse umane significa considerare le persone in quanto tali, aventi altre esigenze e necessità oltre a quelle dell’essere amministrate e retribuite. Le iniziative che vengono prese da questa tipologia d’organizzazioni, però, possono ancora essere ricondotte al 11


paradigma delle relazioni umane, risultando dunque ancora poco coinvolgenti, poco partecipative, quasi come se le persone fossero entità da ritenere distinte e separate dall’azienda e non ci fosse un collegamento stretto tra la gestione delle stesse e il raggiungimento degli obiettivi dell’impresa. Questi due tipi d’atteggiamenti aziendali non sembrano tenere in considerazione il fatto che i fattori della competitività negli ultimi tempi stanno, o meglio, sono già cambiati. Ciò che fa davvero la differenza, in termini di competitività, dipende sempre più dal modo di lavorare delle persone. Oggi, prende sempre più corpo una terza categoria d’imprese, quelle in cui le attività di gestione del personale sono in stretto collegamento con gli obiettivi di competitività e di sviluppo delle aziende. Qui la gestione delle Risorse Umane è innovativa, migliorano le metodologie, si attivano strumenti nuovi in modo da assicurare sempre alle persone un collegamento stretto e una sintonia continua con gli obiettivi aziendali, ma soprattutto vengono valorizzate. Sono aziende eccellenti nelle gestione del personale, e quest’eccellenza è riscontrata puntualmente nella qualità dei prodotti o sevizi forniti al consumatore finale, ma la si legge soprattutto in termini di soddisfazione, di clima interno, di motivazione delle persone che vi lavorano. Dalle prime teorizzazioni sulla gestione strategica delle risorse umane, fino agli anni più recenti, molti autori hanno cercato di individuare tipologie strategiche e configurazioni organizzative a cui associare politiche e strumenti di gestione delle risorse umane “coerenti”, incrociandole con le scelte dell’impresa nell’ambito del decision making, per arrivare a qualificare vari tipi d’approccio. In passato in condizioni ambientali stabili e semplici e in una situazione in cui le conoscenze e il potere decisionale erano molto concentrati al vertice dell’organizzazione, un approccio lineare poteva bastare per raggiungere e mantenere un solido vantaggio competitivo. Secondo il paradigma Strategia-Struttura, infatti, la scelta della “cosa” da produrre è di tradizionale competenza della Strategia e quella di “come” produrre, dell’organizzazione.3 Una volta definita la strategia da parte dell’imprenditore o della coalizione di comando, veniva costruita la struttura più adatta ad implementarla, e solo in ultima analisi, come anello finale di una catena sequenziale di fattori, erano inserite le risorse umane con un ruolo “residuale”. Figura 1.3 Approccio lineare Ambiente

Strategia

Struttura

Fonte: Costa G., 2002

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Costa G., 2002, Economia e direzione delle Risorse Umane, Utet, Torino

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Gestione HR


L’organizzazione dispiega, in questo modello, tutta la sua razionalità tecnicoeconomica, imponendo i suoi fini e riducendo gli altri membri che ne fanno parte a mero strumento. È evidente un orientamento fortemente programmatorio, che si basa sull’assunto che i manager sono decisori razionali che dispongono di una serie di obiettivi a lungo termine e definiscono programmi per realizzarli, ipotizzando un ambiente prevedibile che poco o nulla influenza l’organizzazione e le sue azioni. In un contesto ambientale particolarmente dinamico l’organizzazione deve essere capace di mantenere una posizione d’equilibrio-coerenza sia al proprio interno sia con l’ambiente, giocando sull’asse differenziazione-integrazione. Il punto di partenza è sempre la lettura razionale dell’ambiente, ma le variabili del sistema organizzativo sono collegate non più da una relazione lineare, ma d’interdipendenza. Secondo quest’approccio l’azione imprenditoriale consiste nella definizione d’obiettivi e strategie “ampi”, attuabili con programmi flessibili. La gestione delle risorse umane diventa uno strumento strategico per il raggiungimento degli obiettivi aziendali. In tal senso la risorsa umana non solo acquista dignità pari alle altre variabili del sistema organizzativo, ma è considerata strategica perché decisiva per l’attuazione delle strategie. Figura 1.4 Approccio interdipendente Struttura Ambiente

Strategia Gestione HR

Fonte: Tichy et al., 1984

In una situazione socio-economica ad elevata complessità come quella in cui le aziende odierne si trovano ad operare, a vincere sono quelle che adottano un approccio evolutivo alla gestione della relazione tra strategia, risorse umane e struttura aziendale. In questo caso esse s’influenzano reciprocamente e sono a loro volta esposte alle influenze del contesto esterno a cui cercano di adattarsi. L’ambiente è più turbolento e mutevole, ma non risulta più una variabile indipendente che condiziona l’organizzazione: il rapporto tra imprese e ambiente si fa più complesso e non è più visto in termini di adattamento e reazione, ma di proattività in quanto le strategie messe in atto permettono di dominare e sfruttare, più che subire, la complessità ambientale e vedere l’organizzazione come una costruzione umana, che è il risultato delle strategie concorrenti degli attori che ne fanno parte, e che convergono su un’azione collettiva intelligente Le risorse umane sono considerate non una, ma la variabile fondamentale per l’attivazione del rapporto tra imprese e ambiente e per lo sviluppo dell’organizzazione. 13


La relazione causale del classico processo top-down, diventa tendenzialmente bottomup e si compone d’aggiustamenti successivi che dal basso si diffondono verso le sfere più alte dell’organizzazione. Figura 1.5 Approccio evolutivo Gestione HR

Ambiente

Strategia

Struttura

Fonte: Costa G., 2002

La struttura4 descritta da questo modello ha la capacità di trasformarsi, evolversi e differenziarsi sotto la spinta di una pluralità di soggetti individuali e collettivi (manager, quadri, operai, gruppi professionali, sindacati, stakeholder in generale) che interagiscono con i mutamenti ambientali. Si riconosce dunque un ruolo attivo alle persone ed è considerato essenziale non più un approccio strumentale alla gestione delle stesse, ma uno costitutivo, che le investa di un ruolo di primo piano nella creazione del vantaggio competitivo. L’individuo deve essere messo nelle condizioni di comportarsi come un soggetto portatore di un valore originario ed autonomo, con una propria collocazione nel sistema organizzativo, capace di sviluppare e rigenerare competenze e relazioni anticipando le esigenze del cliente esterno ed interno. Le persone devono essere considerate portatrici di un’autonoma progettualità, di una capacità d’innovazione, sviluppo e gestione del proprio valore e l’azienda deve essere in grado di integrare al meglio tali risorse nella struttura e nella strategia. Osservando la situazione italiana, notiamo che non solo il top management ma anche molti manager di line, della funzione specialistica di Human Resource Management, pur facendo idealmente riferimento ad un approccio interdipendente, operano anche secondo un approccio lineare, mentre sono diffidenti e considerano distante l’approccio di tipo evolutivo. Lo stesso passaggio dall’approccio lineare a quello interdipendente non è affatto scontato.

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Costa G., 2002, Economia e direzione delle Risorse Umane, Utet, Torino

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1.3 DAL CAPITALE TANGIBILE AL CAPITALE INTANGIBILE Esistono nell’impresa moderna degli asset, cioè dei cespiti che non si materializzano in impianti, fabbricati e prodotti (tangibile asset) e che tuttavia costituiscono il fondamento del potere competitivo (il sapere tecnologico, l’immagine aziendale, le conoscenze accumulate sul mercato e sui consumatori, il potere di influenzare il sistema distributivo, le competenze del management, la cultura d’impresa). Questi prendono il nome di “intangible asset” e hanno varie caratteristiche, tra cui il fatto che il loro valore è difficilmente quantificabile, sono difficili da organizzare e non possono essere trasferiti, quindi costituiscono una componente primaria del vantaggio competitivo, hanno un tempo di formazione piuttosto lungo che non solo si sottrae all’usura del tempo, ma a differenza di quanto accade per le immobilizzazioni materiali, è suscettibile di un’espansione cumulativa. Per ottenere e mantenere un solido vantaggio competitivo le aziende devono imparare a combinare e gestire sempre di più le proprie risorse immateriali e più specificatamente, imparare a gestire con successo quello che possiamo definire il proprio “capitale intellettuale”. Thomas Stewart definisce il capitale intellettuale la “nuova ricchezza”.5 L’economia dell’intangibile negli ultimi anni ha ormai di fatto eguagliato in rilevanza strategica e dimensioni l’economia del tangibile. Ciò non potrà che avvantaggiare quelle aziende che per prime hanno investito tempo e risorse nella ricerca dei metodi migliori per valorizzare i propri asset strategici sul versante delle risorse intangibili. Prusak definisce il capitale intellettuale come “ il materiale che è stato formalizzato, incapsulato ed usato come leva per produrre un patrimonio di maggior valore”, ancora Stewart lo definisce “sapere utile confezionato”.6 Riassumendo, potremmo dire che il capitale intellettuale rappresenta tutte quelle risorse intangibili, ovvero quel bagaglio conoscitivo delle risorse umane, che recano all’azienda un valore aggiunto slegato dalla fisicità delle risorse strumentali e che determina sul mercato un vantaggio competitivo per l’azienda nel tempo.

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Epifani S., 2003, Business Community. Gestire il capitale intellettuale nella Net Economy. Franco Angeli, Milano 6 Epifani S., 2003, Business Community. Gestire il capitale intellettuale nella Net Economy. Franco Angeli, Milano

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Figura 1.6 Struttura del capitale intellettuale Capitale Intellettuale

Capitale relazionale

Rapporti contrattuali

Capitale strutturale

Innovazione

Sinergie

Cultura aziendale

Valori condivisi

Organizzazione

Capitale finanziario

Capitale umano

Competenze Atteggiamenti mentali Vivacità Intellettuale

Fonte: Epifani S., 2003

Dal punto di vista della sua strutturazione esso si compone del: • capitale relazionale o sociale: rappresenta il patrimonio di relazioni instaurate con il mercato (stakeholder) e con i propri clienti attuali e potenziali; • capitale strutturale o organizzativo: rappresenta l’insieme di know-how codificato all’interno della struttura aziendale (brevetti, procedure, infrastrutture, prodotti) e la capacità d’innovazione in relazione alle strategie di management; • capitale umano: è l’insieme delle conoscenze, delle attitudini e delle capacità (skill) delle persone che lavorano all’interno dell’organizzazione, il loro valore è intangibile, ma sono in qualche modo misurabili; è importante sviluppare procedure affinché dipendenti e collaboratori siano in grado di sprigionare il massimo potenziale possibile Per poter produrre valore una risorsa deve avere le seguenti caratteristiche e soddisfare condizioni quali: generare valore; • essere rara; • essere inimitabile o non perfettamente imitabile; • non essere sostituibile. In accordo con un approccio basato sulle risorse (Resurce Based View), il vantaggio competitivo dipende dal processo con cui l’impresa, acquisisce e sviluppa al proprio interno un portafoglio di risorse, competenze e capacità organizzative specifiche,

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difficilmente trasferibili e imitabili. Le politiche di gestione delle risorse umane a riguardo hanno un ruolo costitutivo. La sostenibilità di una strategia è più problematica quando le abilità e competenze (individuali) in possesso di poche persone chiave sono critiche per conseguire e mantenere il vantaggio competitivo, perché c’è il rischio che lascino l’azienda. Quando invece il vantaggio competitivo deriva da capacità di gruppi di persone o dalle competenze dell’intera organizzazione, la sua sostenibilità è comparativamente più elevata. In questa prospettiva le imprese competono tra loro non solo nel mercato dei prodotti, ma anche in quello delle risorse umane, per attrarre le skill e le competenze migliori, necessarie ai propri processi di creazione del valore. Le risorse acquisite e sviluppate al proprio interno sono in una certa misura controllabili, ma l’analisi delle risorse disponibili comprende anche la capacità di attrarre quelle che si trovano all’esterno, che magari possono trovarsi nella disponibilità d’altre imprese, ma che possono essere mobilitate ed inserite nel proprio processo aziendale di creazione di valore e vantaggio competitivo. Nell’analisi delle risorse quindi devono essere considerate sia le capacità d’acquisizione e di sviluppo delle risorse interne, sia la capacità di attrarre risorse esterne, poiché queste sono fonti potenziali di rendite perché valorizzabili, inimitabili, rare e non trasparenti nel loro contributo al risultato, e possibili generatrici di superiori performance. Conseguire un vantaggio competitivo attraverso le persone richiede una direzione risorse umane che operi sempre di più in una prospettiva strategica e che disponga delle capacità per rispondere alle esigenze del business.

1.4 IL PERCORSO EVOLUTIVO DELLA FUNZIONE RISORSE UMANEM DALL’AMMINISTRAZIONE DEL PERSONALE AL PARTNER STRATEGICO: PRELUDIO ALL’EMPLOYER BRANDING Rispetto ad altre funzioni aziendali, quella del personale è certamente una funzione più giovane, non vanta, infatti, la consolidata esperienza della produzione, né della vendita, o ancora dell’amministrazione, che sono nate insieme all’impresa. Il percorso evolutivo che ha portato gli addetti del personale dallo svolgere compiti meramente amministrativi a quelli di partner strategico del vertice aziendale, ha richiesto una serie di passaggi intermedi alimentati da una migliore comprensione dei fattori che rendono un’azienda competitiva e che ne consentono la trasformazione. È oggi possibile individuare alcuni modelli alternativi di questa funzione, emersi in fasi evolutive differenti, ancora presenti e che possono convivere persino all’interno della stessa organizzazione, fino a dar vita ad un ruolo multiplo. Queste fasi sono:

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- Amministrazione del personale In una prima configurazione definibile la funzione si caratterizza per una concezione di tipo contabile-amministrativo, volta ad amministrare il rapporto di lavoro. Essa ha scarse relazioni con il vertice strategico e con la line operativa, ai quali evidenzia i vincoli amministrativi e dai quali si limita a ricevere input informativi, necessari per tradurre le loro scelte gestionali riguardo al personale, in atti e rilevazioni coerenti con le norme legislative e contrattuali. Si può dire che la gestione del personale in termini sostanziali viene effettuata dal vertice strategico e dalla line, senza supporti specialistici, e con strumenti non professionali e politiche formalizzate. Dal punto di vista organizzativo la funzione Risorse Umane viene dunque confusa con quella amministrativa. La segmentazione del personale non viene effettuata se non in grandi categorie definite per via legislativa e contrattuale (dirigenti, quadri, operai). In questo tipo d’assetto, la cultura, i valori di riferimento e gli orientamenti del personale possono anche essere diversi da quelli espressi dall’impresa nel suo complesso. Tale configurazione si può tuttora riscontrare più facilmente in organizzazioni di piccole dimensioni, in grandi imprese burocratizzate e nelle pubbliche amministrazioni.

- Gestione del personale Questa seconda alternativa, ha carattere gestionale e non solo amministrativo. La direzione del personale definisce le politiche specifiche e offre al vertice strategico e alla line operativa i supporti tecnici per implementare le loro scelte strategiche e gestionali in termini di risorse umane, godendo di due tipi d’autonomia: • un’autonomia specialistica, che deriva da una collocazione organizzativa autonoma e differenziata rispetto alla funzione amministrativa e alla line. Il suo compito è quello di fornire supporti tecnici alla line in ambiti che richiedono strumenti professionali specifici (tecniche di selezione, check up retributivi, analisi motivazionali) senza potere e responsabilità dirette sulla gestione del personale. Questo modello si riscontra nelle imprese in cui è centrale il ruolo del vertice strategico e della line nella definizione delle politiche, ma richiede ancora di consulenza interna; • un’autonomia politica, che conferisce ai responsabili del personale un potere diretto sulle politiche delle risorse umane. Dal punto di vista organizzativo la funzione risponde direttamente ai vertici aziendali ed ha un’autorità funzionale sulla line per tutti i problemi che riguardano i dipendenti. Questo modello si è affermato in momenti dove era forte il potere sindacale e si riscontra in situazioni aziendali nelle quali il consenso è un obiettivo prioritario per vincoli tecnologici (tecnologie ad alta intensità di capitale) e per orientamenti del management e della proprietà (imprese pubbliche, grandi imprese industriali particolarmente esposte al condizionamento del mercato del lavoro e del potere sindacale). Le politiche del personale si collocano, in ogni caso, rispetto alla strategia aziendale ancora in posizione residuale ed adattiva o interdipendente. La professionalità degli 18


addetti risulta generica per ciò che concerne la gestione aziendale, la loro cultura ancora troppo tecnocratica e la valutazione delle performance è basata su criteri d’efficienza ed efficacia. A prevalere è un’ottica di breve periodo e di soluzione di problemi specifici, con un orientamento strategico rivolto al costo e all’ottimizzazione del rapporto costibenefici delle diverse politiche del personale.

- Sviluppo del personale Il terzo modello è basato sulla ricerca di compatibilità e coerenza tra le scelte strategiche e le politiche del personale, integrandosi nei massimi livelli decisionali dell’impresa. In questo senso la funzione risorse umane partecipa al processo di programmazione aziendale non solo ricevendo input, ma anche fornendone. Da una parte c’à l’esigenza di concentrare questa funzione rendendola coerente con la cultura aziendale e affidandola a dirigenti dotati di elevata professionalità. Dall’altra parte, l’esigenza di responsabilizzare la line, di dotarla di una capacità d’iniziativa e di risposta autonoma e rapida, di utilizzare e valorizzare le competenze di chi è a contatto immediato con il cliente e con le problematiche funzionali. Le soluzioni organizzative più comunemente adottate sono: • coinvolgimento della line nelle politiche del personale e delega di alcuni aspetti della gestione operativa • dislocazione presso la line di supporti specialistici della funzione risorse umane.

- Valorizzazione delle Risorse Umane La quarta configurazione è caratterizzata dall’attivazione e gestione degli invisibile asset dell’impresa, concentrandosi sull’incremento del loro valore e sulla continua ricerca di coerenza con la strategia dell’impresa, con le condizioni ambientali e l’organizzazione interna. In questo modello le politiche del personale, si collocano, rispetto alla strategia aziendale, in una posizione proattiva e d’anticipazione finalizzata a rimuovere i vincoli e a sviluppare opportunità per l’azienda e per i dipendenti. La segmentazione del personale diviene molto sviluppata ed è alla base di un vero e proprio marketing interno. Si tratta di una segmentazione pluridimensionale, che procede in senso orizzontale (funzionale), professionale e culturale, fino ad arrivare alla creazione di politiche personalizzate su certi gruppi professionali o addirittura per alcune figure chiave. E' sviluppata inoltre una forte attenzione agli stakeholder interni ed esterni, perché possono influenzare l’immagine sociale dell’azienda. Questo modello si sta diffondendo soprattutto nelle medie imprese che operano in mercati particolarmente perturbati, in cui è necessaria una continua e sistematica innovazione e un forte orientamento al cliente. Questi modelli letti in sequenza potrebbero suggerire l’ipotesi di un’evoluzione che ha come meta finale l’ultimo modello consistente nella valorizzazione delle risorse umane. Tuttavia come in tutti i processi evolutivi non ci sono punti d’arrivo, bensì le forme attuali inglobano caratteristiche delle forme precedenti che possono continuare ad 19


esistere in alcune nicchie. L’ipotesi evolutiva è stata contestata in modo particolare da Ulrich. Egli sostiene che la funzione risorse umane deve essere multiruolo, assumendosi responsabilità anche contraddittorie. Figura 1.7 Modello di Ulrich Focus strategico di orientamento di lungo termine

Business Partner

Agente di cambiamento

Persone

Processi Esperto funzionale

Employee champion

Focus strategico di orientamento di breve periodo Fonte: Ulrich, 1997

I ruoli sono ordinabili su due assi: quello verticale riguarda il focus (strategico e operativo) e l’orientamento (di breve e di lungo periodo), quello orizzontale la gestione dei processi e delle persone. Si vengono così a formare quattro quadranti, uno per ogni ruolo. In alto troviamo i ruoli più strategici: • il business partner contribuisce ad assicurare il successo dell’impresa aumentando la capacità dell’organizzazione di definire ed implementare la strategia, interpretando e rispondendo ai bisogni del management di linea; • l’agente di cambiamento si sostanzia nell’abilità degli specialisti delle risorse umane nel migliorare la capacità dell’azienda di progettare e implementare i cambiamenti organizzativi, con particolare catalizzazione della cultura aziendale;

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l’esperto funzionale è forse il ruolo più tradizionale, che richiede la sicura realizzazione di procedure efficienti ed efficaci per la selezione, la formazione, la valutazione e la remunerazione delle persone; l’employee champion o portavoce del personale si occupa della gestione dei comportamenti e dei valori aziendali degli individui assicurandone lo sviluppo del coinvolgimento e delle competenze.

Questo modello è una sintesi e un completamento dei modelli precedenti, infatti, ingloba tutte le attività e i ruoli che le risorse umane devono svolgere per esseri efficaci ed efficienti. Naturalmente il mix dovrà essere flessibile e coerente con le necessità contingenti e con la mission aziendale. I referenti di tale funzione, ossia i dipendenti, potranno e dovranno essere definiti “clienti” e venire segmentati, per poter differenziare i servizi a loro dedicati in funzione dei loro bisogni, delle loro motivazioni, e delle loro caratteristiche.

1.5 LE TENDENZE EVOLUTIVE ATTUALI NELLO HUMAN RESOURCE MANAGEMENT 1.5.1 Nascita delle organizzazioni flessibili L’attuale fase di passaggio dall’era industriale ad una non ancora ben definita era postindustriale è caratterizzata dal declino della grande impresa integrata e verticalizzata e dall’emergere di nuove organizzazioni che fanno perno sulle forme miste di cooperazione e competizione tra le imprese: le cosiddette organizzazioni “ibride” o “a rete”. Peter Drucker7 sosteneva che “L’organizzazione è soprattutto una struttura sociale. È l’insieme degli individui che ne fanno parte. Il suo scopo deve essere perciò quello di valorizzare i punti forza degli individui e rendere irrilevanti le loro debolezze”. Per introdurre il tema dei nuovi modelli organizzativi più adatti ai cambiamenti in atto nello scenario economico e alla gestione della conoscenza in azienda, è necessario considerare come i diversi periodi economici hanno influenzato la costruzione delle forme organizzative. A tal proposito va detto che i grandi progressi compiuti fino ad oggi, in particolare nel settore dell’information technology, stanno esercitando un’influenza sempre maggiore sulle organizzazioni di ogni settore e hanno permesso alle organizzazioni più grandi di ridurre i livelli di management e decentralizzare il processo decisionale. Le informazioni possono essere condivise all’interno dell’organizzazione a tutti i livelli e la tecnologia permette di poter realizzare lavori a distanza.

7

Drucker P., 1999, Le sfide di management del XXI secolo, Franco Angeli, Milano

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Per le forme d’organizzazione aziendale si apre quindi un nuovo scenario che si snoda su un duplice fronte: quello interno per la ricerca di un nuovo modo di lavorare che abbia il punto focale nelle persone, nelle loro competenze e nei loro valori; quello esterno caratterizzato da un ripensamento delle connessioni tra le varie parti di un sistema organizzativo non più riconducibile ad un solo unico controllo gerarchicoazionario. Il risultato porterà a soddisfare i due requisiti principali che le nuove forme di organizzazione dovranno possedere: • flessibilità, intesa come capacità del “sistema azienda” di adattarsi velocemente alle modificazioni del contesto; • integrazione delle competenze e delle attività per rendere operativa la flessibilità; Da queste considerazioni, possiamo dunque dedurre che le attuali tendenze organizzative mirano alla creazione dell’azienda come: • sistema aperto, a rete; • basata su logiche di condivisione della conoscenza, formazione continua, apprendimento, aggiornamento delle competenze; • fondata sulla valorizzazione delle risorse umane e del capitale intellettuale; • mirante al perseguimento di performance eccellenti. Nel modello organizzativo delle strutture a rete vi è una combinazione logica ed efficace tra le strategie, la struttura e i processi decisionali che s’intersecano sempre più con la valorizzazione degli invisibile asset, il cui cuore sono le risorse umane. Gli elementi che le caratterizzano ne delineano le specificità d’imprenditorialità unite ad una filosofia manageriale, lo sviluppo e la condivisione delle conoscenze, la deburocratizzazione e l’investimento in risorse umane. Questi sono aspetti costitutivi e necessari affinché il sistema possa vivere e il suo funzionamento si orienti all'innovazione. All’interno di queste aziende si viene disegnando un nuovo modello di professionalità e competenza che cerca di coniugare la flessibilità e l’efficienza nell’utilizzo delle risorse umane con la richiesta ai dipendenti di assumersi nuove responsabilità, di sviluppare un atteggiamento proattivo e imprenditivo (gestione per obiettivi/management by objectives, MBO), di calarsi maggiormente nelle politiche e nella “filosofia” aziendali (di sviluppare, cioè, il cosiddetto committment), di saper guardare oltre i confini del proprio ruolo organizzativo, di divenire consapevoli fino in fondo dei precari equilibri che caratterizzano l’ambiente esterno. Quindi, accanto agli obiettivi più tradizionali dell’impresa (il profitto, la soddisfazione del cliente), si affianca la necessità di costruire un rapporto nuovo con i dipendenti per creare un sistema culturale basato su valori, comuni e condivisi, che rappresentino l’impresa nel suo modo distintivo di “essere” sul mercato. Tutti questi elementi tendono a fondersi in una nuova visione del fare impresa e del modo di lavorare al suo interno; “un’azienda senza confini” capace di risposte rapide e nuove. Ciò che deve essere introdotto in modo irreversibile è la progressiva conversione delle energie investite in progettazione e nel funzionamento dell’organizzazione in 22


attenzione al business e al valore aggiunto che si ottiene con la soddisfazione dei clienti interni ed esterni. Si deduce pertanto che le nuove forme organizzative devono sempre più far leva sulle persone, sulle loro specifiche competenze, sul loro coinvolgimento e sulla comunicazione diffusa a tutti i livelli. Diverse sono le organizzazioni che si definiscono come “learning organization”, dove ognuno è impegnato nell’identificazione e soluzione dei problemi, permettendo all’organizzazione stessa di sperimentare, migliorare e incrementare le sue competenze in maniera continua. La forte cultura organizzativa, che si crea in queste organizzazioni, rappresenta un fattore corretto per favorire l’innovazione, ma anche un potenziale pericolo, nel caso in cui tale cultura s’istituzionalizzi, perché potrebbe costituire un freno all’innovazione. L’organizzazione non è il frutto di un calcolo razionale e prestabilito, al contrario, è il risultato di un processo continuo, costituito da interazioni e negoziazioni tra gli individui che si trovano a lottare con due variabili come l’incertezza e l’ambiguità. A tale proposito possiamo definire l’organizzazione come l’insieme globale di singole parti e, allo stesso tempo, un'unità nella quale convergono elementi differenti. Weick8 la definisce come: “La cerniera esistente tra i due aspetti”. Possiamo paragonare il processo che porta all’innovazione a quello della selezione naturale con le fasi di evoluzione, selezione e ritenzione. In questo caso, evoluzione significa cambiamento che non sempre porta ad un ordine stabilito.

1.5.2 Cambiamento professionali

della

struttura

e

della

natura

dei

ruoli

Al cambiamento della struttura del mercato del lavoro si accompagna la trasformazione dei ruoli professionali: scompaiono vecchi mestieri e ne nascono di nuovi, diminuiscono i “capi” e i lavoratori dipendenti full-time, mentre aumentano i “professional” e i lavoratori flessibili.9 In questa situazione il compito del management cambia. Le classiche teorie manageriali partono dall’assunto che i leader prendono le decisioni e supervisionano il lavoro dei subordinati. I capi controllano il flusso delle informazioni e il loro potere è direttamente proporzionale al ruolo gerarchico che ricoprono. Queste teorie nell’era della conoscenza non sono più valide, in quanto nelle organizzazioni a network al manager è affidata la responsabilità di valorizzare e far crescere le competenze possedute dalle risorse umane e diffonderle in senso orizzontale. L’informazione non è più scarsa e da mezzo di controllo diventa uno strumento di comunicazione e una risorsa paragonabile a quella finanziaria. Il ruolo del manager è

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Weick K , 2000, L’innovazione come sense-making, Blackwell Publishers, Boldizzoni D.,2007, Management delle Risorse Umane, Il Sole 24 Ore, Milano

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quello di supportare i colleghi nel condividere la conoscenza, mentre il mantenere per se le informazioni è fortemente disincentivato. Il know-how più critico è ancora una volta incorporato nel capitale umano, che deve fornire non solo un apporto ad alta intensità di competenze, ma deve anche avere una reputazione capace di stimolare la costruzione di relazioni di fiducia nel lungo periodo. Un termine molto utilizzato in questo senso e ormai comune nel mondo degli affari è knowledge management di cui si danno due definizioni principali. • La visione top-down si concentra sul recupero, l’archiviazione e la classificazione dell’informazione appartenente all’organizzazione, allo scopo di renderla disponibile alle persone. Questo approccio riguarda principalmente la condivisione e la raccolta di conoscenza esplicita, e tutto ciò avviene tramite l’utilizzo di sofisticati sistemi d’information technology. • La visione bottom-up si focalizza sulla creazione della conoscenza, servendosi del know-how acquisito nel tempo grazie al contatto con i clienti. L’obiettivo è di creare un ambiente adatto a promuovere l’innovazione. All’ interno di queste due visioni vi sono gli attori della conoscenza o knowledge worker, vale a dire persone capaci di lavorare in team (locale o virtuale) e quindi in grado di condividere e diffondere le informazioni e l’esperienza acquisita. Il suo lavoro produce qualcosa di intangibile, basato su un’informazione elaborata. Essendo una figura importante e decisiva viene direttamente coinvolto nei processi decisionali. Questo operatore della conoscenza deve essere una figura viva, presente e partecipe, ne ristretto alla logica del team di lavoro, ne tantomeno isolato in una stanza davanti al suo computer. Se proviamo ad immaginare un’organizzazione che prevede ampi spazi per l’interazione e il confronto, controllati e guidati da queste figure, il rischio è che si attivino meccanismi di competizione e di lotta che renderebbero queste strutture da sociali a “concorrenziali”. Dalle ricerche effettuate fino a questo momento emerge un’eterogeneità di ritratti del knowledge worker (Barley, 1996) determinata da profonde differenze di conoscenze, tecnologie in uso, modelli di divisione del lavoro adottati. Troviamo: • i professional che operano in azienda (ricercatori, specialisti del marketing, finanza, gestione delle risorse umane, logistica); • i symbolic analyst workers e i manager professionisti (brandmanager, productmanager, process owner, team leader) dotati di conoscenze specifiche unite ad abilità strategiche e gestionali; • i technician che presidiano i processi di trasformazione e cooperano con i professionisti condividendone il lavoro e le conoscenze. Tutte queste figure hanno messo in luce l’emergere di soggetti professionali difficilmente inquadrabili nelle categorie tradizionali, che devono esse gestiti dalle risorse umane con politiche e strumenti nuovi.

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Se cambia la struttura professionale, variano anche i rapporti di lavoro, in cui vi sono10: • i core employee, cioè lavoratori che operano sui processi chiave per i business dell’impresa e intrattengono con l’azienda un rapporto improntato alla stabilità, in quanto il rapporto di lavoro è a tempo indeterminato; • i contingent worker o lavoratori flessibili composti da una forza lavoro temporanea con relazioni di lavoro non vincolanti, instabili e intermittenti regolati da contratti di lavoro a tempo determinato, collaborazione coordinata e continuativa o contratti di apprendistato. Si contrappongono alla concezione dell’impiego a vita che plasma le aziende tradizionali; • i supplemental just in time employee che vengono assunti con contratti più flessibili come quello di prestazione occasionale o contratto a progetto, volti a regolamentare rapporti di lavoro di tipo temporaneo, intermittente e incerto; • gli outsourced cioè lavoratori indipendenti o associati in agenzie, ma persone che svolgono lavori socialmente utili o di pubblica utilità; • i lavoratori che, a un certo punto del ciclo di vita decidono di lavorare come micro imprenditori o consulenti. L’attuale scenario prevede la costruzione di un sistema basato su varie forme di relazione lavorativa, basate sull’integrazione del lavoratore all’interno dell’azienda da un lato e dall’ideazione di politiche segmentate capaci di rispondere ai bisogni e alle caratteristiche di una pluralità di soggetti dall’altro. La crisi della gerarchia e l’interdipendenza fra ruoli lavorativi, l’ampia autonomia del lavoratore nell’esercizio della sua attività, la nascita di funzioni qualificate dirette al perseguimento dei risultati, impongono un ripensamento globale della gestione delle risorse umane. Questa funzione è oggi sottoposta ad una forte tensione al cambiamento, caratterizzata dal tentativo di trovare una nuova identità e legittimazione che si rendi concreto nella capacità di dare risposte efficaci in termini di servizi offerti, nei confronti dei propri clienti interni ed esterni. In questo complicato processo evolutivo è possibile intravedere due linee principali d’azione: una di carattere culturale (soft), l’altra di carattere strutturale (hard). Sul versante culturale, si riconosce che la funzione risorse umane si confronta sempre più spesso con la necessità di sviluppare e orientare le proprie logiche di azione verso il “servizio al cliente interno”, ossia nella capacità di offrire servizi personalizzati e di qualità ai diversi segmenti interni e nella capacità di supportare la line nella gestione dei processi di trasformazione negli assetti strategici e governativi che hanno ormai assunto un carattere permanente nella maggior parte delle organizzazioni (Batt, 2002). Sul versante strutturale la funzione passa attraverso processi di downsizing (riduzione degli organici) e outsourcing (esternalizzazione delle attività burocraticoamministrative) e che si divide in:

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Rielaborazione da Boldizzoni D., 2007, Management delle Risorse Umane, Il Sole 24 Ore, Milano

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centri di competenza specialistica e/o di servizio aventi l’obiettivo di presidiare l’innovazione di contenuto e metodologica e dello sviluppo di servizi tradizionali e innovativi ai clienti; business partner aventi la funzione di analizzare e interpretare le specifiche esigenze delle diverse unità organizzative e di offrire loro un supporto continuo per il raggiungimento dei risultati di business, avendo cura di proporre interventi e azioni segmentate per la valorizzazione del potenziale umano(Wright, Snell, 2005).

1.6 IL CONCETTO DI TALENTO La parola “talento” sta ad indicare un concetto abusato, spesso svuotato di significato rispetto al vissuto, tanto da renderne complicata la coniugazione in concreto e la sua definizione varia a seconda dell’azienda. Se dovessimo partire dalle radici del vocabolo, ci renderemmo conto che il Talento era un’antica unità di misura del peso (superiore ai moderni tre quintali) e, quando era utilizzato come misura monetaria, s’intendeva un talento in oro. Oggi, è difficoltoso conoscerne l’esatto valore, ma si sa certamente che ai tempi dell’impero romano queste monete indicavano somme di denaro considerevoli. È Gesù nel Vangelo di Matteo (Mt 25, 14-18) che, per la prima volta, ricorre al denaro come metafora della ricchezza “investita” in ciascuno di noi, rimandando ai concetti di capacità, dote, inclinazione individuale a far bene una certa attività. Il concetto oggi si è evoluto e, all’interno delle organizzazioni è portatore di un significato molto ampio, ma la sua definizione è cruciale per avviare qualsiasi scelta all’interno delle risorse umane, nonché la base di partenza per una buona politica di Employer Branding. Secondo l’ipotesi di Luigi Celli, il termine “talento” richiama fortemente ad un concetto astratto, cioè “di chi si parla in un’impresa, quando s’insiste su una politica di talenti come strumento (e strategia) d’individuazione e di promozione dei migliori: di chi lo è in astratto…”11, purtroppo questo non è sufficiente, in quanto i responsabili delle risorse umane si relazionano a persone vere e proprie. Fare un’analisi critica del termine, può sembrare inutile, ma è proprio in base al significato che vi dà l’azienda che partono tutte le politiche di Employer Branding e l’analisi del target. Generalizzando si può dire che i criteri di valutazione si basano su:

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Questa affermazione è stata fatta da Pier Luigi Celli, direttore generale dell’Unijversità Luiss su un articolo comparso sul Corriere della Sera il 5 ottobre del 2007 dal titolo “La questione dei talenti tra mito e realtà”

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caratteristiche oggettive (età, voto e tipologia di laurea, conoscenza lingue, esperienza pregressa, competenze tecniche); • caratteristiche soggettive (capacità comunicative, entusiasmo, conoscenza del brand, leadership, motivazione, propositività, capacità d’integrazione e di lavorare in team). Tutte le attività di screening e recruiting si poggiano sull’analisi delle caratteristiche oggettive, ma le imprese danno oggi una grande rilevanza ai fattori intangibili, alle soft skill, diverse per intensità da persona a persona e che possono favorire il successo, o il fallimento, nell’inserimento in azienda. Fare un’analisi critica del termine, può sembrare inutile, ma è proprio in base al significato che vi dà l’organizzazione che partono tutte le politiche di Employer Branding e l’analisi del target. Con maggiore chiarezza si potrebbe affermare che i talenti sono le persone chiave alle quali l’azienda può affidare i progetti e le attività maggiormente rilevanti, ma anche, in una prospettiva più allargata, le caratteristiche distintive di ognuno, i suoi punti di forza che, se individuati e valorizzati, consentono a ciascuno di dare il meglio, contribuendo al funzionamento organizzativo. Il talento non é dato e non è neanche in possesso della persona, ma è un potenziale realizzativo che nasce dall’interazione, in un processo quindi dove le capacità diventano opportunità se favorite dalle condizioni esterne. Inoltre, secondo questa prospettiva, i talenti non vanno solo riconosciuti e trattenuti, ma possono essere anche valorizzati creando le occasioni per il dispiegamento e sviluppo delle loro capacità. Ovviamente, la proprietà di un brand noto e riconosciuto all’interno del mercato gioca un ruolo fondamentale per attrarre le persone più talentuose ed avere una scelta più ampia.

1.7 LA GUERRA DEI TALENTI E LE CAUSE L’espressione è stata coniata nel 1997 dalla McKinsey12 intendendo una sorta di lotta tra le aziende per accaparrarsi le persone che possono dirigere un’impresa, una divisione, una funzione; che possono guidare un team per lo sviluppo di un nuovo prodotto o che possono gestire un punto vendita. Il talento manageriale non è l’unico tipo di talento di cui le aziende hanno bisogno per raggiungere il successo, ma è certamente un fattore critico ed è l’epicentro della guerra in corso. In un’economia, infatti, in cui le conoscenze e il capitale intellettuale sono le fonti del vantaggio competitivo sostenibile, le imprese di successo sembrano essere quelle che, tra l’altro, riescono ad attrarre e trattenere le persone migliori, ovvero i cosiddetti talenti. 12

Michaels E., Handfield-Jones H., Axelrod B., 2002, La Guerra dei talenti. Come sedurre e trattenere i manager di qualità, Etas, Milano.

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Questo fenomeno è nato negli anni ‘80 dalle ceneri dell’era industriale e si è assistito ad una crescita esponenziale alla fine degli anni 90. L’economia era in pieno boom e le aziende erano disposte a tutto pur di assumere e trattenere le persone di talento di cui avevano bisogno offrendo generosi bonus d’ingresso, stipendi elevati e altri benefits, mentre gli head hunter corteggiavano i manager più ambiti. Molte aziende avevano centinaia di posti vacanti che non riuscivano a coprire. In seguito, a causa del rallentamento dell’economia e dei diffusi timori di recessione si è pensato che la guerra dei talenti fosse ormai chiusa, in realtà è tutt’altro che finita e continuerà a ridisegnare gli ambienti di lavoro per i prossimi decenni. La guerra dei talenti può essere considerata un punto di svolta sul piano strategico che dice due cose: che il talento è ormai un motore decisivo della performance aziendale; che la capacità di un’azienda di attrarre, sviluppare e trattenere i talenti sarà un importante fattore di vantaggio competitivo. In passato, per un’azienda in cerca di talenti, trovare le risorse necessarie era decisamente più facile e si godeva di una maggiore posizione di forza sul mercato del lavoro. Oggi ricercare e trattenere risorse di talento è diventato un bisogno particolarmente sentito ma difficile da soddisfare. Secondo un recente studio pubblicato dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO)13, nel 2007 il 61,7% della popolazione mondiale in età lavorativa risultava occupata. Questo significa che i rimanenti 1,5 miliardi di persone in età lavorativa sono disoccupati o sottoccupati. Tuttavia, a qualsiasi datore di lavoro risulta chiaro che il numero degli individui disponibili non costituisce la soluzione per risolvere la carenza di talenti. La soluzione dipende dalla disponibilità delle persone giuste con le necessarie competenze. Le ragioni di questa variazione dei rapporti di forza tra imprese e candidati sono da ricercare nei radicali mutamenti del mercato del lavoro avvenuti negli ultimi anni e sono essenzialmente tre: il fenomeno dello skill shortage, la mobilità professionale e geografica ed il fenomeno del workforce shortage.

- Skill shortage Fino all’avvento della rivoluzione industriale la forza lavoro non è mai stata dotata di particolari competenze professionali: i lavoratori erano utilizzati fondamentalmente come braccianti nell’agricoltura e nell’allevamento o come operai nella produzione. Il lavoro era perlopiù manuale, duro e ripetitivo. Le risorse umane erano abbondanti, disponibili e poco costose, inoltre erano spinte dalla necessità di guadagnare del denaro per sfamarsi e vivere. La situazione oggi si è radicalmente modificata: in alcune nazioni gli individui sono disoccupati o sotto-occupati perché la loro istruzione è insufficiente o carente, in altre economie ancora le competenze sono appropriate, ma l’ubicazione dei posti di lavoro non combacia con quella degli individui. Ecco apparire allora il fenomeno dello skill shortage che rappresenta la difficoltà che fronteggiano oggi le aziende nel reperire 13

www.ilo.org

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persone dotate di specifiche competenze professionali, non solo nelle aree professionali tradizionalmente più critiche(come ingegneri, medici, specialisti dell’information tecnology, accountant), ma nel mercato del lavoro in generale. Da un lato, le imprese hanno preso coscienza che, nel passaggio dall’era industriale all’era dell’informazione, l’economia si basa sempre più sulle conoscenze ed è importante reperire talenti che creino un differenziale di valore per garantire il successo. Dall’altro lato i ruoli sono meno standardizzati rispetto al passato e il lavoro dei manager sta diventando più difficile, perché la globalizzazione, la deregolamentazione e i rapidi progressi della tecnologia cambiano le regole del gioco in quasi tutti i settori. Le aziende hanno bisogno di manager in grado di rispondere a queste sfide cercando persone con adeguate capacità intellettuali e professionali; disposte ad assumersi dei rischi e di stare al passo con le nuove tecnologie; capaci di ripensare il loro business e ispirare i loro collaboratori. Le statistiche mostrano che la carenza di queste competenze non può essere sostituita o ridotta dai miglioramenti della tecnologia poiché si tratta di posizioni molto specifiche. Oggi, la crescita continua di domanda di personale molto specializzato non è più un aspetto circoscritto solo alle aziende di grandi dimensioni, ma anche le piccole (le cosiddette “reclute”) sono scese in campo, essendo in grado di offrire ai giovani talenti opportunità professionali altamente competitive.

- La mobilità professionale e geografica Così come le aziende hanno preso coscienza della necessità di avere manager di grande qualità, i manager hanno preso coscienza dell’opportunità di cambiare azienda. La mobilità sul mercato del lavoro è significativamente aumentata tanto da essere passati dai vent’anni di permanenza in azienda negli anni 60, agli 8 anni negli anni 80, fino ai 5 anni di oggi. Le varie operazioni di fusione, acquisizione e ridimensionamento dei livelli gerarchici hanno rotto il patto tradizionale tra azienda e dipendenti in cui si scambiava la fedeltà con la sicurezza del posto. I lavoratori sono diventati sempre più mobili e con un impegno a breve termine, grazie anche alla nascita delle società di ricerca del personale e lo sviluppo di Internet. Nel giro di pochi anni i vecchi tabù contro la pratica di cambiare posto sono caduti e possedere un curriculum “movimentato” è diventato un titolo di merito. Infatti, oggi molti manager cercano passivamente lavoro tenendo continuamente puntate le “antenne” sul mercato. Da uno studio della McKinsey risulta che i manager più giovani hanno una mobilità del 60% rispetto ai colleghi anziani. Accanto alla mobilità professionale assume un ruolo importante la mobilità geografica. Oltre ai continui flussi migratori di persone verso i Paesi industrializzati assistiamo a crescenti migrazioni. di persone dotate di competenze specifiche da un Paese all’altro grazie alla sempre più aperta economia globale negli Stati dove ora l’economia è in

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forte crescita come Cina, India e Russia dove è in atto una forte richiesta di persone con determinate competenze. Anche molti studenti stanno lasciando il proprio paese per studiare all’estero e spesso non ritornano, portando ad un’ulteriore carenza dei talenti indispensabili. Mentre queste migrazioni sono ben accolte da parte di alcuni paesi riceventi, meno lo sono in altri. Viceversa, anche l’immobilità demografica può causare mancanze di talenti all’interno dei Paesi. In Cina ad esempio, mentre alcuni lasciano il Paese per frequentare l’università in altre nazioni, altri laureati sono riluttanti ad abbandonare le province in cui hanno studiato e non sono disponibili a lavorare nelle città che vantano collegamenti internazionali e in cui sono presenti la maggior parte delle multinazionali e delle maggiori aziende industriali e commerciali nazionali.

- Worforce shortage Ai due precedenti fattori se n’è aggiunto un altro di natura demografica: si tratta del fenomeno del workforce shortage, vale a dire della difficoltà di reperire persone qualificate appartenenti alla cosiddetta Generazione X (persone nate tra il 1966 e il 1977), per effetto del forte calo delle nascite registrato nella metà degli anni ‘60. Attualmente, in molte economie progredite, i tassi di natalità stanno scendendo al di sotto del tasso di riproduttività e la durata massima della vita umana si sta allungando grazie ad una migliore assistenza sanitaria, generando una forza lavorativa incapace di sostenere le esigenze economiche di molti paesi e gli standard di vita cui si erano abituati. Questa rivoluzione demografica dovrebbe continuare per i prossimi 50 anni con un aumento delle persone intorno ai 60 anni d’età che dovrebbe raddoppiare in alcune regioni. Inoltre, la riduzione delle nascite non riguarda solo le nazioni più ricche ma anche la Cina, l’India e il Brasile che stanno vivendo una caduta del livello di fertilità, mentre Stati come gli USA (ma anche Turchia, Islanda e Messico) mantengono un buon tasso di natalità grazie all’immigrazione. Per alleviare questa mancanza, i paesi sviluppati continueranno ad offrire incentivi ai lavoratori più anziani per posporne il pensionamento e rimanere più a lungo nel mercato del lavoro al fine di mantenere livelli adeguati di talenti qualificati. Così com’è altrettanto probabile che, nei paesi con economie emergenti, i lavoratori qualificati che sono espatriati siano allettati a rientrare nel proprio paese da opportunità derivanti dalla crescita economica alimentata da investimenti esteri diretti. Tuttavia questo genere di opportunità si verificherà solo se le pubbliche amministrazioni saranno in grado di aiutare le proprie popolazioni ad acquisire una serie di competenze auspicate dai datori di lavoro ed anche affrontare questioni sociali più ampie (quali l’instabilità politica e le malattie) che probabilmente impediscono ai rispettivi paesi di essere percepiti come mete di talenti. L’invecchiamento dell’età globale della popolazione avrà un impatto sulla sopravvivenza e sostenibilità a lungo termine di alcune organizzazioni dovuta al decrescere del numero di persone con specifiche competenze. Questa riduzione della 30


forza lavoro, unita al declino del tasso delle nascite porterà ad un aumento della competizione tra le imprese per i talenti e le aziende con un più forte employer brand avranno un vantaggio maggiore grazie alla loro capacità d’attrazione.

1.8 LA CARENZA DI TALENTI NELLO SCENARIO ATTUALE Dai dati emersi dall’ultima indagine annuale di Manpower14 sulla mancanza di talenti che ha sondato ca. 43.000 datori di lavoro di 32 paesi e territori in tutto il mondo nel tentativo di stabilire quali fossero quest’anno le posizioni più difficili da ricoprire per mancanza di talenti disponibili, i risultati del sondaggio indicano che il 31% dei datori di lavoro di tutto il mondo stanno sperimentando difficoltà nel ricoprire posti di lavoro per mancanza di talenti nei propri mercati. I datori di lavoro che denunciano le maggiori difficoltà di reperire le persone giuste per ricoprire le posizioni richieste sono quelli della Romania (73%), Giappone (63%), Hong Kong (61%), Singapore (57%), Australia (52%) e Taiwan (51%). In particolare oltre il 50% dei datori di lavoro in cinque degli otto paesi dell’area Asia-Pacifico segnalano difficoltà a reperire talenti idonei per le posizioni disponibili. Nel 2008 la carenza di talenti sembra essere la meno problematica in India (12%), UK(12%), Irlanda (14%), Cina (15%) e Paesi Bassi (15%). Nei risultati globali attività manuali qualificate (inclusi elettricisti, carpentieri/falegnami e saldatori) sono stati i più richiesti come del resto anche in 15 dei 32 paesi e territori contemplati e sono risultati essere tra le prime 10 attività richieste in 27 dei 32 paesi e territori oggetto del sondaggio. Questi risultati confermano l’importanza di continui investimenti pubblici nell’istruzione e formazione professionale. In Italia Manpower ha pubblicato il Sondaggio sulla Carenza di Talenti elencando le 10 posizioni più difficili da ricoprire che i datori di lavoro identificano ogni anno. 8 dei 10 posti di lavoro del sondaggio di quest’anno erano tra i primi 10 anche nel sondaggio del 2007. Al contrario, due categorie di lavori sono riapparse nell’elenco di quest’anno (dopo essere state presenti nell’elenco del 2006, ma non tra le prime 10 del 2007), quelle delle segretarie, delle assistenti personali, assistenti & personale di supporto nelle funzioni d’ufficio (7° nel 2008); e personale/programmatori IT (10° nel 2008). Risultano in calo invece le posizioni delle categorie dei tecnici di produzione e dei macchinisti/operatori. E’ importante notare che vi sono categorie che rientrano tra le prime 10 a livello globale, ma che non sono riuscite a qualificarsi in Italia, come gli insegnanti, gli infermieri, il personale di supporto del Customer Service e il personale per ristoranti ed alberghi.

14

Manpower, Affrontare la crisi di talenti: 2008, www.manpower.it

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Tabella 2.1 Raffronto 2008/2007 delle posizioni più ricercate 2007 Posizioni più ricercate

2008 Posizioni più ricercate

1. Venditori 2. Attività manuali qualificate (principalmente carpentieri, saldatori/ e idraulici) 3. Tecnici (principalmente di produzione/funzionamento, engineering e manutenzione) 4. Ingegneri 5. Contabili 6. Operai non qualificati 7. Addetti alla produzione 8. Autisti 9. Dirigenti/Quadri 10. Macchinisti/Operatori

1. Attività manuali qualificate (principalmente carpentieri, saldatori/ e idraulici) 2. Venditori 3. Tecnici (principalmente di produzione/funzionamento, engineering e manutenzione) 4. Ingegneri 5. Dirigenti/Quadri 6. Operai non qualificati 7. Segretarie, PA, Assistenti & Personale di supporto nelle funzioni d’ufficio 8. Autisti 9. Personale contabilità & Finanza 10. Personale IT(principalmente programmatori/sviluppatori)

Legenda simboli (rispetto ai risultati del sondaggio 2007 ): Aumento in graduatoria Dimuzione in graduatoria Identico alla graduatoria 2007 Non presente nel 2007 Fonte: Indagine 2008 sulla Carenza di Talenti di Manpower

Affrontare la crisi dei talenti : datori di lavoro e dipendenti Nell’affrontare la presente e futura mancanza di talenti i datori di lavoro hanno bisogno di ridurre il numero di posizioni per le quali i talenti scarseggiano, aumentare il pool totale disponibile di talenti idonei accedere al potenziale non sfruttato in precedenza. Mentre gli individui devono tenersi pronti a comprendere le tendenze e gli sviluppi presenti nell’arena dell’occupazione. Le pubbliche amministrazioni e i datori di lavoro possono adottare un certo numero di approcci preventivi per migliorare la situazione e attenuare la gravità del problema.

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• Datori di lavoro La crisi di talenti sta creando cambiamenti strutturali nella forza lavorativa e i datori di lavoro che non vi prestano attenzione potrebbero ritrovarsi con un’azienda sana un anno e in seria difficoltà quello successivo. Oggi molte aziende sono così snelle che se solo poche posizioni vitali non venissero ricoperte, l’intera organizzazione rischierebbe di collassare. Questo significa che è necessario focalizzarsi non solo sul 10% delle categorie di talenti di massimo livello, ma piuttosto sull’intero spettro di talenti. Quindi che cosa possono fare i datori di lavoro oggi e nel corso dei prossimi anni per preparare le proprie aziende ad affrontare l’inevitabile crisi di talenti che ci raggiungerà tra una decina d’anni?

1) Investire nella formazione e nello sviluppo Poiché le iniziative riguardanti le politiche di istruzione richiedono tempo per fornire dei risultati, i datori di lavoro avranno bisogno di investire di più in formazione professionale e tecnica per sviluppare il proprio gruppo interno di talenti opportunamente qualificati. Sebbene questo possa essere un processo costoso, si ripagherà mantenendo le necessarie riserve di talenti. Troppi datori di lavoro considerano la formazione come un aggiustamento dei bilanci. Sebbene le maggiori organizzazioni dispongano di buoni programmi di formazione, non li rendono obbligatori perché in una giornata lavorativa non c’è abbastanza tempo per svolgerli. Nel futuro però, i datori di lavoro non potranno più permettersi di assumere questo atteggiamento in un futuro carente di talenti.

2) Facilitare la riqualificazione/aggiornamento delle competenze I datori di lavori dovranno fare tutto il possibile per trattenere talenti potenzialmente utili e adattabili, qualunque sia il loro ruolo corrente nell’organizzazione. Non potranno più permettersi il lusso di licenziare in poco tempo dipendenti con competenze obsolete, assumendone subito dopo altri dotati delle giuste competenze. Fronteggiare le carenze di talenti significherà pensare attentamente e tempestivamente a riqualificare e aggiornare le competenze dei singoli che occupano ruoli in eccedenza od obsoleti affinché possano ricoprire le posizioni da poco creatisi.

3) Incoraggiare una vita lavorativa prolungata I datori di lavoro possono incrementare il proprio gruppo di talenti disponibili trovando metodi innovativi per prolungare la vita lavorativa attiva dei singoli. In un futuro caratterizzato dalla scarsità di talenti, il pensionamento dall’età di 50 anni in avanti non sarà un’opzione disponibile per datori di lavoro o per singoli, questo significa che i datori di lavoro non potranno più guardare agli imminenti pensionamenti

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come opportunità di risparmio sui costi, dovranno invece incoraggiare i lavoratori più anziani a rimanere, specialmente per ammorbidire l’inevitabile impatto di una generazione di Baby Boomer che hanno iniziato ad andare in pensione. Secondo un recente articolo dell’Economist15, nei prossimi sette anni le 500 maggiori società americane perderanno causa pensionamento metà dei propri senior manager. La maggior parte delle società americane avrà difficoltà a rimpiazzare la conoscenza e le competenze che questi lavoratori apportano al lavoro. Invece in Giappone, dove i datori di lavoro saranno affetti da un’analoga perdita generazionale di dipendenti, alle società giapponesi viene ora richiesto di elevare il pensionamento obbligatorio a 60 anni oppure di fornire programmi di riqualificazione e ri-impiego per mantenere un maggior numero di persone nel mercato del lavoro. Alcuni datori di lavoro stanno anche offrendo ai pensionati alternative per passare a ruoli meno stressanti ed impegnativi in termini di tempo, come ad esempio condividere le proprie conoscenze istituzionali e formare nuove generazioni nelle competenze che essi stessi hanno acquisito con un notevole risparmio di costi e di tempo.

4) Riprogettare i compiti lavorativi Ridurre la quantità di lavoro non essenziale che coinvolge talenti altamente qualificati in posizioni molto richieste può accrescere la loro produttività e ridurre la domanda complessiva di persone necessarie per queste posizioni. In questo modo, le società possono ridurre la necessità di un numero così elevato di posizioni molto richieste e allo stesso tempo creare nuove mansioni meno qualificate che un numero maggiore d’individui sarebbe qualificato e disponibile a svolgere. Anche l’automatizzazione può essere utilizzata in tal senso, ad esempio, dal momento che le società hanno fatto ricorso a svariate applicazioni di software automatizzate e “fai-da-te” per gestire processi come buste paga, amministrazione delle risorse umane e simili, questo ha ridotto la necessità di disporre di professionisti IT, HR e di contabilità che in passato svolgevano queste mansioni.

5) Metodi pensati per attrarre e trattenere talenti In un futuro competitivo caratterizzato da scarsità di talenti, tutte le aziende dovranno diventare dei “datori di lavoro di qualità” più abili nell’attrarre i talenti di cui hanno bisogno e trattenerli nel lungo termine. Questo significherà comprendere le motivazioni di singoli gruppi di dipendenti e fornire opportunità specificatamente studiate per attrarre i desideri di specifici segmenti generazionali. Ad esempio, i lavoratori appartenenti alle generazioni X (nati tra il 1965 e il 1975) e Y (nati dal 1980) verosimilmente risponderanno a promettenti opportunità di promozione. È probabile che altri gruppi di lavoratori dipendenti trovino molto allettante il giusto mix di condizioni lavorative, incluso l’orario flessibile, gli accordi di maternità e paternità e le generose indennità annuali di congedo retribuito, per creare un equilibrio 15

AA.VV., 18 agosto 2007, “La cattura dei talenti”, in The Economist

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accettabile tra lavoro e vita privata. Ai lavoratori dipendenti più anziani sarà più facile adattarsi e prosperare in posizioni meno stressanti che pur sempre offriranno loro opportunità di coinvolgimento con colleghi e società. Secondo uno studio di recente pubblicazione del The McKinsey Quarterly16, i datori di lavoro avranno bisogno di intraprendere misure attive per rendere la propria azienda più attraente ad un pubblico più vasto, analizzando le proprie esigenze globali in termini di talenti e programmandone le modalità per reperirli.

6) Utilizzare in maniera flessibile i talenti disponibili Incoraggiare una formazione trasversale e promuovere la flessibilità sul lavoro può fornire all’organizzazione un gruppo potenziale di lavoratori che possono inserirsi rapidamente in un ruolo con una formazione minima. Analogamente i datori di lavoro possono trarre vantaggio dall’integrazione di talenti temporanei, a contratto, a consulenza ed esternalizzati - consentendo così alla propria organizzazione di adeguarsi rapidamente alle variabili della domanda di talenti. Per i datori di lavoro delle aziende di maggiori dimensioni, una forza lavorativa accessoria non costituisce più un extra marginale demandato a coprire l’assenza temporanea di impiegati bensì un imperativo strategico essenziale per ottimizzare la forza lavorativa. Le organizzazione odierne sono più snelle che mai, caratterizzate da maggiori aspettative e risultati derivanti da una forza lavorativa altamente produttiva e snellita. Oggigiorno, il management aziendale non tornerà indietro agli anni in cui lo staff aziendale era numeroso e gli azionisti neppure lo permetterebbero.

7) Fidelizzare gli ex-dipendenti In uno studio recente realizzato per l’American Institute of Certified Public Accountants (AICPA)17, alle aziende vengono offerti consigli su come conservare la fedeltà e l’interesse di quei dipendenti che hanno scelto di lasciare il lavoro per prendersi cura dei propri figli o dei genitori anziani, per proseguire gli studi superiori o per altre opportunità lavorative. Lo studio arriva alla conclusione che una forma di comunicazione continua sia la chiave per mantenere i rapporti con questi stimati professionisti. Questo può essere fatto mettendo a disposizione degli ex-dipendenti una rete professionale di risorse e di colleghi tramite l’accesso continuo all’email aziendale oppure fornendo opportunità di formazione per consentire loro di mantenere aggiornate le proprie credenziali o conoscenze normative.

16 17

The McKinsey Quarterly, January 2008 , “Making Talent a Strategic Priority,” www.aicpa.org

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8) Migliorare i legami con le scuole In molti Paesi gli studenti intraprendono attività d’inserimento al lavoro come parte della propria istruzione scolastica. Tuttavia, la maggioranza di queste attività è solo teorica e difficilmente costituisce una reale introduzione al lavoro o agli atteggiamenti necessari per svolgerlo. I datori di lavoro dovranno fare in modo di istituire dei legami efficaci con le scuole in modo da generare significative opportunità di inserimento, fornendo agli studenti un vero assaggio delle reali competenze necessarie e prepararli ad un’eventuale assunzione.

9) Promuovere la non-discriminazione È possibile reperire ulteriori potenziali fonti di talenti incoraggiando una forza lavorativa omnicomprensiva. Donne, soggetti anziani, individui disabili e minoranze sono tutti sotto-rappresentati in molte forze lavorative, ma costituiscono una fonte potenziale di talenti che non dovrebbe essere trascurata. Per questo, i datori di lavoro devono operare in modo da creare delle aspettative e modificare la cultura per aiutare i suddetti gruppi ad integrarsi nella forza lavorativa. Con l’intento di aiutare i soggetti disabili che avevano espresso il desiderio di rientrare al lavoro, Manpower UK ha operato con BT per identificare le esigenze in materia di talenti presenti all’interno del gigante delle telecomunicazioni e fornire candidati qualificati con la necessaria formazione. A titolo esemplificativo, vari candidati con menomazioni della vista hanno avuto un successo straordinario dopo essere stati formati e assegnati ai call center di BT. I candidati ottengono così premi in funzione lavoro svolto e della capacità di lavorare in autonomia, mentre BT beneficia di una nuova fonte di dipendenti dedicati ed estremamente motivati.

10) Attingere dalle fonti di sotto-occupazione Molte economie hanno un’abbondanza di individui disoccupati o sotto-occupati che potrebbero essere inseriti nella forza lavorativa per colmare i divari di competenze: i giovani scontenti e senza lavoro; le madri single; le persone disabili; i lavoratori parttime che preferirebbero un lavoro full-time e i lavoratori in età pensionabile che necessitano di lavorare più a lungo per sovvenzionare le proprie magre pensioni. La mancanza di talenti può fare di queste categorie delle risorse potenzialmente preziose cui le aziende possono rivolgersi per soddisfare alcune delle proprie necessità impellenti di ricerca di talenti. I datori di lavoro dovranno creare le giuste condizioni lavorative per attirare nel mercato del lavoro ognuna di queste categorie d’individui; anche le pubbliche amministrazioni possono svolgere la loro parte creando il giusto clima legislativo e normativo per consentire ai datori di lavoro di rendere tali individui totalmente attivi nell’economia.

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11) Trarre vantaggio dalle restanti opportunità di lavoratori transfrontalieri Lo spostamento delle attività in paesi a basso salario con abbondanti riserve di manodopera oppure l’outsourcing verso altre aziende continuerà ad essere una possibilità per molte aziende manufatturiere e per scopi legati a servizi di transizione e non strettamente connessi al cliente. Tuttavia, solo determinate posizioni non strategiche o non cruciali ai fini dell’attività potranno prestarsi a questa strategia. Ovviamente questa soluzione potrà essere realizzata in concreto solo nei casi in cui il trasferimento della manodopera in altri paesi sia pur sempre redditizio. Ad esempio, alcuni lavori in call center di lingua inglese sono stati recentemente trasferiti da zone remote del Regno Unito a località dell’Europa Orientale per permettere alle aziende di rimanere concorrenziali e di ridurre i costi. Poiché i lavoratori di altre regioni in via di sviluppo accrescono le proprie competenze nella lingua inglese, è probabile che i datori di lavoro trasferiscano il lavoro a questi gruppi emergenti di manodopera al fine di conservare il proprio vantaggio sulla concorrenza.

12)

Prendere in considerazione una partnership con società di collocamento

Realizzare ora una partnership strategica con uno specialista di servizi di collocamento può essere una mossa estremamente efficace. L’affrontare in maniera strategica una gestione e pianificazione “globale” dei talenti fornirà alle aziende una valutazione più precisa riguardo alla categoria di talenti di cui necessitano e condividere una tale strategia con un partner fidato che opera nei servizi di collocamento. Questo significa disporre di un partner sempre al corrente delle probabili future esigenze dell’azienda del cliente in termini di numeri, competenze e cultura, in grado di sviluppare piani per il reperimento, la formazione e la preparazione dei talenti richiesti da fornire come e quando sia necessario. Questo rapporto non vale esclusivamente per i maggiori gruppi presenti a livello globale, infatti, anche le medie e piccole aziende si trovano oggi a lottare per aggiudicarsi individui di talento per poter incrementare e mantenere il proprio margine competitivo.

• Lavoratori È chiaro a molti degli odierni lavoratori che le dinamiche del posto di lavoro sono drasticamente mutate. Il ritmo d’accelerazione del cambiamento tecnologico e imprenditoriale ha fatto sì che molte delle competenze particolarmente ricercate negli anni precedenti, siano ora diventate obsolete e non più richieste. Sebbene ciascun settore abbia una sua velocità di compressione, al di sotto di essa persiste un ritmo infinito di possibilità di migliorare le competenze e questo fa della riqualificazione dei dipendenti un aspetto tremendamente importante. Nell’odierno contesto imprenditoriale in rapida evoluzione è essenziale che gli individui prendano

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l’iniziativa per mantenere e accrescere i propri livelli di competenze al fine di restare dei candidati allettanti.

1) Mantenere e rinnovare le competenze Secondo la maggior parte delle stime, l’individuo medio cambierà lavoro almeno sette volte nella propria vita. Questo costituisce per tutti un imperativo per effettuare una revisione periodica dei propri interessi in termini di carriera, identificare potenziali percorsi di lavoro aggiuntivi ed alternativi se il ruolo attuale dovesse diventare obsoleto ed essere pronti a perseguire quelle carriere. Le maggiori società stanno persino spronando i propri dipendenti con strumenti fai-da-te di gestione della carriera per aiutarli in quest’aspetto. Quegli individui che auto-limitano la propria capacità di adattarsi al mutamento dei requisiti del posto di lavoro, probabilmente in futuro avranno opportunità sempre più scarse. L’ordine del giorno diventerà sviluppo continuo delle competenze e formazione in un processo d’apprendimento continuo che dura tutta una vita. Oggi i datori di lavoro forniscono l’accesso ai materiali per la formazione ma non mandano più i propri dipendenti per diverse settimane al centro aziendale di formazione. La formazione viene offerta di sera, durante i fine settimana o durante la pausa pranzo e i dipendenti la ignorano. 2) Seguire le iniziative dei sindacati I sindacati hanno sempre ritenuto che il modo migliore per promuovere gli interessi dei propri iscritti fosse focalizzarsi su salari, sussidi e protezione del posto di lavoro. Anche loro dovranno modificare l’epicentro dei propri sforzi per conto dei propri iscritti e cominciare a promuovere la formazione come mezzo di salvaguardia del posto di lavoro. In definitiva, i sindacati si trovano ad affrontare lo stesso problema di tutti: la necessità di formare ed aggiornare le competenze dei lavoratori. I sindacati dovranno chiedersi sempre di più come possano salvaguardare le competenze di base dei propri iscritti e garantire che essi non perdano il lavoro perché mancanti delle giuste competenze. Può essere importante dimostrare ai rappresentanti dei sindacati che lavorano in stretto contatto con la direzione HR del datore di lavoro quanto sia efficace pianificare e organizzare la formazione dei propri iscritti attraverso le proprie strutture o attraverso società esterne di servizi di collocamento. Questo andrebbe a beneficio reciproco sia dei dipendenti che dei datori di lavoro, in quanto aiuterebbe i lavoratori a mantenere il proprio posto e i datori di lavoro a trattenere una forza lavorativa esistente ed esperta per l’azienda in un’epoca di carenza di competenze per futuri posti di lavoro. In base a quanto detto finora, si può notare che una varietà di fattori sta già portando a gravi mancanze di talenti in diverse aree del mondo e nei prossimi dieci anni queste tendenze si aggraveranno.

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I datori di lavori dovrebbero stabilire sin da ora come alleviare i problemi causati da queste carenze e pianificare i metodi per fronteggiare l’ardua impresa che li attende nel momento in cui queste tendenze risulteranno ancora più marcate. Tuttavia lo Studio Globale CEO 2006 di IBM18 indica che solo il 13% delle organizzazioni intervistate ritiene di possedere una visione chiara delle competenze di cui avranno bisogno nei prossimi tre-cinque anni. Questo renderà la risoluzione del paradosso legato al problema dei talenti un compito arduo ma non impossibile ammesso che i datori di lavoro riconoscano la necessità di adottare un metodo integrato e strategico per la gestione dei talenti - dalla pianificazione e ricerca alla formazione, sviluppo e mantenimento. Metodi intuitivi e di gestione integrata dei talenti non solo possono aiutare un’azienda a superare la carenza di talenti, ma anche fornire quel genere di risultati finanziari che otterranno l’approvazione degli azionisti e delle parti interessate. Come ha scoperto la McKinsey & Company19 quando nel 2001 ha aggiornato il proprio sondaggio “War for Talent” condotto tra le aziende americane “quelle che hanno fatto il lavoro migliore per gestire i propri talenti consegnano risultati molto migliori ai propri azionisti”. La ricerca di McKinsey ha rivelato anche che le società che utilizzano le “best practice” per la gestione dei talenti “superano di 22 punti percentuali la performance dei rendimenti medi del proprio settore per gli azionisti” Anche se viene riconosciuto che la gestione dei talenti non è stato l’unico elemento conduttore di una tale performance, dimostra in ogni caso di essere un elemento molto potente del mix che conduce a tale risultato. Inevitabilmente prima che la gente prenda la questione sul serio e la integri nel proprio modo di pensare strategico, soffrirà per l’incombente carenza di talenti. In un mondo dove la domanda è enorme e l’offerta diretta, quei datori di lavori che riusciranno a trovare il modo migliore per fronteggiare e risolvere la questione della carenza di talenti saranno vincenti come quei lavoratori che riusciranno ad attrezzarsi nel migliore dei modi con le giuste competenze per affrontare il mondo del lavoro che si manifesterà in futuro.

1.9 SVILUPPARE RECRUITING

UNA

STRATEGIA

ORIENTATA

AL

Le strategie per combattere questa guerra sono molteplici e si rintracciano nelle organizzazioni delle posizioni piuttosto divergenti sul modo di guardare ai talenti che estremizzate possono trovare sintesi rispettivamente nelle parole di Abravanel20 che afferma che "bisogna fare della gestione delle persone di talento un'ossessione 18

www.ibm.com Axelrod E., Handfield-Jones L, Walsh T., 2001, War for Talent, Part Two,The McKinsey Quarterly 20 Abravanel R., Gutgeld, Y., 2005, Scelte coraggiose per sviluppare un’economia di servizi – ricerca condotta per McKinsey&Company, Roma, Editore SIPI 19

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aziendale, creare una proposta di valore vincente (cioè creare le condizioni per invogliare a scegliere la propria azienda) e, infine, approvvigionarsi di talenti e svilupparli in modo aggressivo"; e di Pfeffer che invece ammonisce e richiama alla cautela, sostenendo che decidere di “combattere questa guerra può essere estremamente rischioso per la salute aziendale” . Che cosa significa allora governare un’impresa sapendo che si sta combattendo questa famigerata guerra? Come si stanno attrezzando le aziende? Molto pragmaticamente i guru del management si sono prodotti in una serie interminabile di manuali nei quali sono indicate soluzioni di gestione e metodologie praticabili. Il loro presupposto essenziale è quello di porre al primo posto la gestione dei talenti è identificarli, ovvero definire quali siano per l’azienda le caratteristiche (skill, valori, comportamenti e competenze) che una persona deve possedere per rientrare nella categorizzazione di talento. Successivamente, per poter implementare una politica di gestione dei talenti con speranze di successo, è necessario introdurre, promuovere e impegnarsi nella diffusione di una mentalità orientata al recruiting con una “sensibilità al talento”, a tutti i livelli organizzativi poiché il rischio è fare degli investimenti sbagliati in tempo, energie, risorse e denaro. Inoltre le organizzazioni che scelgono di investire sulle persone e sui talenti debbono farlo seriamente, attraverso l’implementazione di una politica dove tutti i responsabili dell’azienda sono impegnati al perseguimento di questo obiettivo, che quindi non è solo responsabilità della direzione risorse umane. Ma questo non basta, l’azienda deve anche impegnarsi nel costruire un percorso privilegiato sul mercato del lavoro che le dia un solido vantaggio competitivo. I dirigenti che hanno una mentalità orientata al recruiting fanno della gestione di questi candidati una componente cruciale e rilevante del loro lavoro, investono tempo ed energia nel rafforzare il pool di talenti che hanno a disposizione e aiutano i colleghi a fare la stessa cosa. Hanno infine la passione, il coraggio e la determinazione di intraprendere azioni coraggiose.

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Tabella 1.3 Passaggio ad una mentalità orientata al talento Vecchia mentalità riguardante la Nuova mentalità orientata al talento gestione dei collaboratori Un’idea vaga che le persone sono il nostro La profonda convinzione che la asset più importante disponibilità di talenti migliori porta a migliore performance dell’azienda La gestione del personale è responsabilità Tutti i manager sono responsabili dello delle risorse umane sviluppo e del rafforzamento del loro pool di talenti Viene fatta una sessione di pianificazione La gestione dei talenti è un elemento della successione una volta all’anno centrale nella gestione del business Lavoro con le persone che mi trovo in Intraprendo azioni coraggiose per il pool eredità di talenti di cui ho bisogno

Fonti: Michaels E., 2002

Le caratteristiche che un’azienda deve avere per sviluppare una cultura orientata al recruiting sono varie:

1) L’attività di recruiting deve avere un effetto misurabile sui risultati di business aziendale All’interno dell’azienda deve essere sviluppata una cultura orientata al recruiting attraverso la discussione sull’attrazione e gestione del pool dei talenti a tutti i livelli aziendali, in modo da creare un clima dove ogni persona si sente investita di questo ruolo e conseguentemente responsabilizzata. Per evitare confusione è importante in questo caso che i dirigenti stabiliscano gli standard di riferimento per i talenti in modo chiaro come attraverso un’elencazione delle loro competenze o una descrizione dettagliata dei comportamenti che caratterizzano la performance eccellente, media e scadente;

2) La costruzione di un employer brand forte Questo può essere ottenuto grazie alla diffusione verso l’esterno( media, eventi, convention) delle best practice aziendali. I dipendenti parlando della propria azienda con i colleghi e con gli amici si fanno divulgatori di messaggi positivi sulla loro azienda in una sorta di “viral marketing”. Nelle organizzazioni con una mentalità orientata al talento i manager dovrebbero essere responsabilizzati sul rafforzamento e sulla qualità del pool di talenti. In alcuni casi il personale viene addirittura incentivato con sistemi di benefits e rewarding allo scopo di ottenere segnalazioni di persone qualificate da poter assumere. Si parla in questi casi di Employee Referral Program.

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3) Presenza di una forte competizione interna Tra le differenti funzioni e business unit tende ad alimentarsi una sorta di gara a chi produce migliori risultati nelle attività di recruiting e retention del top performers.

4) Maggiore consapevolezza del fenomeno dello skillshortage Viene mantenuta una ricerca continuativa e sistematica verso i profili difficilmente reperibili sul mercato o considerati critici per l’azienda. In questo caso i processi di recruiting non sono reattivi ma proattivi, cioè tendono a costruire relazioni forti e durature con i propri candidati target. Le aziende che creano nella gestione dei talenti investono significativamente sui nuovi assunti, sui miglioramenti retributivi, sugli incentivi, sulle buonuscita, sulle stock option e su tutti gli altri elementi che possono contribuire a costituire una valido pool di talenti. Queste somme, seppur significative, rappresentano un investimento che avrà un sul futuro nel giro di 4-5 anni. Una ricerca svolta dalla McKinsey nel 200021 ha dimostrato che i manager di talento sono più produttivi rispetto ai manager che danno prestazioni medie e inadeguate, con un divario di performance che va dal 50% al 130%.

5) Focalizzazione sui candidati passivi Un altro aspetto che caratterizza le aziende orientate al recruiting è l’attenzione alle persone altamente qualificate e già occupate in altre aziende che in un futuro potrebbero avere un qualche motivazione a cambiare lavoro. Si tratta di un processo di reclutamento molto delicato per cui viene utilizzato un approccio denominato TRM (Talent Relationship Management) in grado di garantire lo sviluppo d’efficaci relazioni con i candidati potenziali assicurando un trattamento molto simile a quello per i dipendenti dell’azienda (il più noto CRM). Anche per questo motivo le imprese tendono a non affidare all’esterno le attività di recruiting, ma di controllarne lo sviluppo dall’interno. Infatti, anche i loro dipendenti possono essere candidati potenziali per i concorrenti con il rischio di perdere persone valide. In realtà, alcuni dipendenti possono lasciare l’azienda perché semplicemente non trovano più stimoli all’interno della propria organizzazione e volontariamente decidono di cambiare realtà, ma la perdita dei propri employee può dipendere anche da forze esterne apparentemente imprevedibili. Si tratta d’attività mirate di recruiting svolte da aziende concorrenti con l’intento di attrarre risorse altrui mettendo in atto vere e proprie azioni di “bracconaggio” (poaching). Per difendersi da queste situazioni, esistono varie strategie, una delle quali è chiamata “blocking strategy”, un’azione di difesa del genere per essere efficace richiede un approccio sistematico e ben programmato.

21

Michaels E., Handfield-Jones H., Axelrod B., 2002, La Guerra dei talenti. Come sedurre e trattenere i manager di qualità, Etas, Milano.

42


Perciò l’azienda deve innanzitutto identificare quali aziende e quali recruiter possono essere interessati ai propri dipendenti, essere in grado di scoprire quale sia l’approccio prevalentemente usato per avvicinarsi alla propria realtà e soprattutto chi sono i principali target (profilo dei candidati) di queste azioni di recruiting“aggressive”. In generale, un’azienda che vuole adottare una cultura orientata al recruiting dovrebbe perseguire questi obiettivi principali: • •

• •

dimostrare a tutti i dipendenti che è nel loro interesse lavorare a fianco dei migliori talenti; mostrare a tutti i dipendenti che, grazie alla loro posizione professionale possono giocare un ruolo determinante nell’identificazione dei nuovi talenti di cui hanno bisogno; educare i dipendenti ad utilizzare le migliori strategie per attrarre e reclutare i migliori talenti; coinvolgere nell’attività di recruiting non solo i dipendenti ma anche i loro familiari, gli ex dipendenti, i clienti e quanti possono avere particolari legami o interessi con l’azienda; incentivare la diffusione all’esterno delle best practice aziendali allo scopo di costruire un forte employer brand che faciliti l’attracting dei migliori talenti.

E’ evidente la necessità che tutta l’organizzazione accetti quest’orientamento e ne autorizzi il suo sviluppo dal top management al singolo dipendente. Infine, è necessaria l’implementazione di sistemi di misurazione che dimostrino chiaramente i risultati conseguiti dai programmi di recruiting. Assumere collaboratori di alta qualità, diventa sempre più importante per la performance dell’azienda e la competizione sul mercato dei talenti diventerà sempre più sofisticata nell’attrarre i migliori. L’organizzazione deve quindi abbandonare le vecchie logiche e costruire avere una solida strategia di recruiting che permetta di conquistare una quota rilevante di talenti, qui se ne elencano i punti principali.

43


Tabella 1.4 Passaggio alle nuove strategie di recruiting Vecchie strategie di recruiting

Nuove strategie di recruiting

Sviluppare tutti i talenti a disposizione

Immettere persone di talento in tutti i livelli della struttura Andare continuamente a caccia di talenti

Ricercare candidati adeguati alle posizioni vacanti Ricorrere alle fonti tradizionale

Accedere ai vari pool di talenti

Rivolgersi ai cacciatori di teste

Raggiungere i candidati passivi

Definire un range retributivo e mantenersi entro quei limiti Il recruiting s’incentra sulla selezione

Infrangere le regole retributive pur di ottenere i candidati che si desiderano Il recruiting s’incentra sulla vendita e sulla selezione Sviluppare una strategia di recruiting per ogni talento

Assumere secondo necessità, senza pianificazione

Fonti: Michaels E., 2002

1) Immettere persone di talento in tutti i livelli della struttura Per generazioni e generazioni la carriera aziendale seguiva una scala gerarchica in cui il lavoratore veniva assunto ad un livello base e, con gli anni e la competenza, poteva arrivare al vertice. Oggi, questo paradigma è andato in frantumi, poiché le imprese si sono rese conto di non avere a disposizione abbastanza manager di talento per poter reagire efficacemente alle sfide e alle opportunità che si profilano all’orizzonte. Per queste ragioni, alcune aziende hanno cominciato ad intuire i vantaggi di assumere dall’esterno i talenti ai livelli più elevati della struttura. Inserire regolarmente nuove risorse umane è un ottimo sistema per calibrare e innalzare gli standard qualitativi, ma anche per apportare atteggiamenti innovativi, nuove prospettive e nuove idee. Inserire collaboratori esterni comporta inevitabilmente dei rischi come la difficoltà di integrazione culturale e la possibile riduzione del numero di opportunità di crescita a disposizione dei dipendenti interni, nonché la possibile distruzione della cultura aziendale. In realtà, coprendo con risorse esterne una quota compresa tra il 10 e il 25% delle posizioni vacanti, il numero delle opportunità di crescita a disposizione del personale interno si ridurrà leggermente, non sostanzialmente. Inoltre, una recente ricerca di Business Week22 mostra che i tassi d’insuccesso legati all’assunzione di dirigenti 22

AA.VV.,5 maggio 2008, ”Nessuna impresa italiana nell’olimpo di ricerca e sviluppo, in Italia Oggi, p.26

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provenienti dall’esterno si aggirano intorno al 30%, quindi con un 70% di successo. La criticità risulta nell’integrazione culturale, cioè nella necessità di organizzare dei processi d’assimilazione specifici per ciascun neo assunto di alto livello. Così come è importante immettere talenti ai livelli medio-alti della struttura, lo è anche immetterne a livello base per procurarsi una valida riserva di giovani talenti. Questa soluzione permette anche di instillare fin dal principio la cultura, i valori e le competenze specifiche dell’organizzazione

2) Andare continuamente a caccia di talenti In passato le aziende assumevano solo per coprire le posizioni vacanti. Un approccio simile funzionava benissimo in un mercato in cui c’era abbondanza di personale qualificato, ma oggi in una situazione caratterizzata dalla scarsità strutturale di talenti manageriali le aziende devono poterli catturare nel momento in cui si rendono disponibili. Questa strategia può funzionare se, una volta identificato il candidato, si valuta il tipo di posizione che potrebbe ricoprire e lo si corteggia fino a quando quel ruolo non si rende disponibile, nel frattempo si cerca di farlo familiarizzare con l’organizzazione. Nel caso l’impresa ravvisasse posizioni particolarmente adatte ai neo-assunti di livello medioalto, bisognerebbe anche crearle o bloccarle per renderle disponibili successivamente.

3) Attingere a un pool diversificato di talenti In passato, le aziende non dovevano fare dei grandi sforzi per soddisfare il loro bisogno di personale, rivolgendosi alle solite scuole, ai soliti concorrenti o alle solite aziende leader in settori contigui. Poiché la guerra dei talenti non accenna a placarsi, oggi è difficile che le imprese trovino ancora risorse umane sufficienti nei soliti posti, ma devono cercare altrove assumendo persone che non hanno il background culturale. Assumere nuovi collaboratori dal profilo atipico, oltre a riempire le posizioni vacanti, apporta all’azienda una prospettiva innovativa e un’eterogeneità che contribuisce a rafforzare l’organizzazione. Durante la selezione non si devono ricercare persone che si integrano al 100% nella cultura, bensì persone in grado di adattarsi e di farla evolvere produttivamente.

4) Trovare un modo per raggiungere i candidati più silenziosi Oggi molte persone di talento non si attivano per cambiare lavoro, ma sono ricettive alle offerte di qualità. Per questo le aziende devono individuare nuovi canali per raggiungere i potenziali candidati e strapparli ai concorrenti. Il canale più innovativo è ovviamente Internet che può essere utilizzato in vari modi: può attrarre i potenziali candidati quando visitano il sito aziendale, può pubblicizzare le posizioni vacanti sulle bacheche elettroniche e sui siti di ricerca del personale. Oltre ad internet anche i database costituiscono un canale innovativo con cui le aziende possono instaurare una relazione con i potenziali collaboratori, ma il mezzo più efficace per

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trovare dei candidati rimane ancora quello più tradizionale del passaparola. Tutti i componenti dell’azienda dovrebbero agire da talent scout, per questo la costruzione di un buon employer branding risulta fondamentale. Si deve essere creative nella scelta delle modalità in cui raggiungere i potenziali candidati: ci sono infinite possibilità per aprire un dialogo costruttivo tra un potenziale candidato e l’azienda. Alcuni esempi sono i business game, le sponsorizzazioni e le iniziative di campus recruiting.

5) Infrangere le regole retributive per trovare collaboratori più validi Nel mercato dei talenti di oggi, in cui i candidati più qualificati sono richiestissimi e il valore aggiunto creato è molto elevato, le aziende devono rompere le vecchie regole retributive ed essere disposte a pagare il necessario per assumere le figure professionali di cui hanno bisogno.

6) Mettere in atto un processo di vendita efficace In passato, il processo di recruiting si incentrava prevalentemente sulla selezione, dove le aziende sceglievano i potenziali collaboratori da un lungo elenco di nomi, mentre i candidati attendevano nervosamente una decisione. Nel mercato dei talenti di oggi, le imprese devono ancora operare una selezione, ma devono anche vendersi al candidato cioè convincere le persone prescelte ad accettare l’offerta o anche solo a prenderla in considerazione. Il talento deve sentirsi desiderato e apprezzato. Per raggiungere i migliori risultati è oggi necessario coinvolgere gli high performers nel processo di recruiting e fare in modo che siano loro nella strategia a fissare lo standard di qualità delle risorse umane. Come disse Sir Arthur Conan Doyle, “la mediocrità non riconosce nulla di superiore a se stessa, ma il talento riconosce all’istante il genio”.

7) Sviluppare una strategia di recruiting per ciascun tipo di talento E’ necessario che ciascuna divisione sviluppi uno specifico piano di recruiting per ciascun tipo di talento, specificando il numero degli assunti necessari, il profilo del target richiesto, il processo di intervista e selezione e il range e opzioni retributive. La strategia di recruiting deve segmentare il mercato con la stessa sistematicità e lo stesso dettaglio della strategia di marketing.

1.10 GLI SCENARI EVOLUTIVI SUL MERCATO DEL LAVORO E LA SITUAZIONE IN ITALIA Contemporaneamente a questa trasformazione si modifica anche La struttura e la natura del mercato del lavoro si sta trasformando profondamente e, nel segmento delle risorse

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altamente qualificate, ha fatto registrare negli ultimi anni livelli sempre più elevati di mobilità che, in termini aziendali, significano un turnover in rapido incremento. Secondo i dati del Saratoga Institute23, il turnover per le imprese europee è salito del 10% nel 2007 arrivando ad un tasso del 14,5%. Se si prendono i dati relativi ai neoassunti, la situazione è ancora più preoccupante, con un tasso di abbandono nel primo anno di lavoro che è quasi del 30%; fidelizzare un giovane talento è, quindi, un’impresa ardua da compiere. Le prospettive future non sono affatto incoraggianti: Chambers e altri studiosi del tema ipotizzano che tra 10 anni un executive cambierà in media, nell’arco della sua carriera, 7 lavori, contro i 2 di 10 anni fa. La mobilità sembra dunque destinata a subire un’accelerazione nel tempo e a divenire un problema con cui tutte le aziende dovranno confrontarsi. Essa non rappresenta in sé una grave minaccia per le imprese, lo diventa però in un mercato dove reperire nuove risorse è sempre più difficile, quindi la loro perdita è un problema strategico. Inoltre, il ruolo sempre più determinante assunto dal capitale umano come fonte primaria del successo aziendale mal si concilia con organizzazioni in cui sono frequenti gli avvicendamenti nei posti chiave. Sostituire un key manager, visti lo skill shortage ed il trend demografico in atto, sarà sempre più problematico per la scarsità dell’offerta rispondente alle caratteristiche desiderate e sempre più costoso per la perdita del valore creato. In molti sono infatti convinti dell’esistenza di una correlazione positiva tra il turnover delle risorse umane e quello dei clienti. Visto che acquisire nuovi clienti è più costoso che fidelizzarli, il turnover genera un impatto negativo sulla redditività. Si configura così un vero e proprio problema di retention destinato a divenire sempre più pressante nel futuro prossimo, minando alla base la possibilità delle aziende di conseguire gli obiettivi prefissati. In altre parole, la maggiore mobilità, nel contesto attuale, è divenuta una minaccia e può ridurre la capacità dell’impresa di generare profitti. Le cause del suo incremento sono a nostro avviso, sia di tipo culturale, con le nuove generazioni che non puntano solo e sempre al posto di lavoro stabile, sia di tipo tecnologico, con Internet nel ruolo di canale informativo che incrementa le chance e la voglia di ognuno di raggiungere la posizione lavorativa desiderata. I candidati escono, infatti, dall’università con la volontà di fare lavori coinvolgenti e utili dal punto di vista della crescita professionale. La stabilità rimane un valore importante quando si cerca un lavoro; il desiderio del cosiddetto posto fisso rimane alto nei giovani italiani ma la tendenza sta mutando rapidamente. Altri valori stanno assumendo una posizione determinante nella scelta delle aziende per cui lavorare, quali ad esempio la possibilità di fare esperienza, un piano carriera chiaro con delle tappe esplicitate, i valori aziendali, l’ambiente di lavoro.

23

Altre ricerche condotte negli Stati Uniti, sono leggermente più ottimiste e parlano di un turnover del 50% in 4 anni associato però ad un preoccupante tasso di rotazione clienti analogo ma in 5 anni (www.versant.com)

47


Tali conclusioni emergono anche da una ricerca effettuata da Almalaurea24 sui laureati nel 2007 e condotta nei principali atenei italiani. Gli aspetti più importanti nella ricerca del lavoro continuano ad essere l’acquisizione di professionalità, la stabilità del posto di lavoro e le prospettive di carriera e di guadagno. Tabella 1.5 Aspetti più rilevanti nella ricerca del lavoro (valori per 100 laureati)

Acquisizione di professionalità Stabilità del posto di lavoro Possibilità di carriera Possibilità di guadagno Coerenza con gli studi compiuti Indipendenza o autonomia Rispondenza a interessi culturali Tempo libero

2004

2005

2006

2007

variazione 20042007

81,9

81,8

82,6

81,9

+ 0,0

56,8

61,5

64,4

66,0

+ 9,2

57,5

58,2

61,5

62,0

+ 4,5

54,2

55,1

56,3

56,7

+ 2,5

46,9

47,6

50,1

50,8

+ 3,8

44,5

44,9

48,4

49,2

+ 4,7

44,4

44,6

49,2

48,7

+ 4,3

24,7

25,0

27,3

27,2

+ 2,6

Fonte: Indagine Almalaurea 2007

I dati 2004-2007 evidenziano un andamento delle scelte dei laureati in leggera crescita per tutti gli aspetti della ricerca del lavoro (a parte l’acquisizione di professionalità che è già attestata su livelli molto elevati); tale crescita diviene significativa per l’aspetto della stabilità del posto di lavoro, che registra nei 4 anni un aumento di quasi 10 punti percentuali. Non si manifestano differenze rilevanti tra le diverse tipologie di corso di laurea, eccetto la minore importanza attribuita dai laureati specialistici alla stabilità del posto di lavoro (9 punti percentuali in meno rispetto al totale dei laureati 2007). Rispetto al totale dei laureati, coloro che conseguono il titolo con votazioni inferiori a 90 su 110 ritengono più importanti nella ricerca del lavoro le possibilità di guadagno, di carriera, l’indipendenza o l’autonomia, mentre chi si laurea con 110 e lode aspira maggiormente ad un lavoro che sia coerente con gli studi compiuti e che risponda ai propri interessi culturali (vedi grafico). Bisogna in questo caso tenere in considerazione che i laureati col massimo dei voti sono più numerosi in alcuni gruppi disciplinari, quali il letterario, il medico (medicina e odontoiatria) e il geo-biologico.

24

www.almalaurea.it

48


Figura 1.8 Aspetti più rilevanti nella ricerca del lavoro, per voto di laurea (valori per 100 laureati)

Possibilità di carriera

58,1

Possibilità di guadagno

50,7

Indipendenza od autonomia

45

40,1

Rispondenza ad interessi culturali 0

10

20

30

40

50

63,8 110 e lode

52,9

45,1

Coerenza con gli studi

69,9

inferiore a 90/110 55,4 54,5 60

70

80

Fonte: Indagine Almalaurea 2007

Si evidenzia che la coerenza del lavoro con gli studi compiuti è una caratteristica ritenuta particolarmente importante anche da chi ha concluso gli studi in corso, da chi non ha avuto esperienze di lavoro nel corso degli studi e da chi dichiara di volere proseguire gli studi dopo la laurea. Inoltre, l’85 % dei laureati è disponibile a lavorare a tempo pieno, mentre poco più di un terzo con un contratto part-time. Per quanto riguarda le tipologie contrattuali, sono 86 su 100 i laureati disponibili a lavorare con un contratto a tempo indeterminato e solo 27 su 100 con un contratto di consulenza o collaborazione (in calo rispetto all’anno scorso e superato nelle preferenze dal contratto a tempo determinato). Le donne sono in generale più disposte a lavorare part-time (43 % contro 28 % per i colleghi maschi) e con le forme contrattuali al di fuori del tempo indeterminato, mentre i maschi sono più disponibili delle femmine a lavorare in conto proprio (47 per cento contro 37). Dalla ricerca emerge che tra le caratteristiche considerante più rilevanti nella scelta di un lavoro vi sono ai primi tre posti rispettivamente: • acquisizione di professionalità; • stabilità; • carriera. La retribuzione, quindi, non appare ai primi posti e questa sembra essere una novità rilevante rispetto alle generazioni passate. Il fatto che la retribuzione assuma un valore secondario nella gerarchia dei valori che guidano la scelta del lavoro, conferma una tendenza che negli USA era emersa da tempo: il denaro può essere un’allettante sirena per attrarre nuovi talenti, ma senza un’offerta valida in termini di lavoro, ambiente e valori, si è destinati a perdere i neoassunti dopo poco tempo. Questo avverrà soprattutto nei confronti di quelle aziende che non sapranno soddisfare il bisogno dei nuovi talenti di fare esperienza, di crescere professionalmente, di sentirsi

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parte integrante di un progetto condiviso dal punto di vista degli obiettivi e dei valori perseguiti. Secondo Michaels25, la variabile che in assoluto i candidati considerano di più nella scelta delle aziende alle quali candidarsi è la cultura aziendale; essi scelgono l’azienda, il brand (cioè l’immagine di se che l’azienda comunica all’esterno), prima ancora del lavoro e il fattore monetario viene messo in secondo piano. I nuovi talenti non basano le loro scelte solo sul denaro, ma nella valutazione entrano in gioco altri fattori, molti dei quali relativi ai valori perseguiti dall’organizzazione, alla vision aziendale. Tornando al tema della mobilità, le aspirazioni professionali dei nuovi manager lasciano presagire a ragione un incremento del turnover. Esso non appare essere arginabile con i tradizionali strumenti di gestione delle risorse umane. Occorrono politiche di branding che rendano l’azienda attrattiva anche dal punto di vista dei valori su cui si fonda e non solo in termini economici. Oltre ai cambiamenti di tipo culturale, vi sono quelli tecnologici che, in interazione coi primi, hanno contribuito non poco a determinare gli elevati turnover attuali. Un ulteriore aspetto da considerare è la mobilità internazionale: in settori con elevata specializzazione come la biotecnologia, la genetica, l’ingegneria elettronica ed informatica è una costante minaccia per le aziende italiane ed europee. In effetti ogni anno si registra una fuga di cervelli dai paesi dell’area Euro verso gli Usa, con l’Italia che ne subisce le conseguenze maggiori. Questo si configura come un problema a livello di competizione tra sistemi paese diversi; a tale livello è anche intervenuto il Governo italiano nel tentativo di riportare “a casa” qualcuno dei grandi ricercatori fuoriusciti dal sistema Italia (DM n.13 del 27/01/2001). Lo sforzo va fatto però anche a livello di impresa: non a caso le aziende Usa (principale destinazione dei ricercatori nostrani) offrono una maggiore attenzione ai bisogni della forza lavoro e investono nella employee satisfaction. Esse sono state le prime ad implementare politiche di Employer Branding e ne hanno raccolto i frutti proprio in quel segmento di candidati ad alto potenziale dove la competizione è più accesa. Infine l’integrazione del mercato del lavoro, con la nascita di un mercato europeo nel prossimo futuro, potrebbe rendere la situazione italiana ancora più difficoltosa e riflettersi in un incremento del turnover per le nostre imprese se non sapranno competere per acquisire le risorse migliori. Ritornando alla ricerca Almalaurea, tali teorie vengono confermate dai dati: il grado di disponibilità a lavorare in paesi dell’UE ed anche extra UE risulta infatti più elevato proprio per le specializzazioni richiamate in precedenza (riconducibili alle facoltà di Chimica, Medicina, Ingegneria). Ad esempio i laureati in Ingegneria hanno una disponibilità a lavorare nei paesi UE che è pari a 66, contro una media di 56 per l’ intero campione; per i paesi extra UE il dato è di 55 contro 44. I neolaureati sono quindi pronti a raccogliere le opportunità offerte dalla globalizzazione, ciò impone alle aziende di essere altrettanto pronte nel trattenere i migliori e nell’andare anche a contenderli sui mercati stranieri. 25

Michaels E., Handfield-Jones H., Axelrod B., 2002, La Guerra dei talenti. Come sedurre e trattenere i manager di qualità, Etas, Milano.

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L’integrazione del mercato del lavoro rende la concorrenza ancora piÚ elevata e richiede strategie di recruiting internazionale o, quanto meno, la costruzione di un brand forte a livello locale.

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SECONDO CAPITOLO EMPLOYER BRANDING: GLI OBIETTIVI, IL PROCESSO, LE FASI, GLI STRUMENTI 2.1 IL CONCETTO DI EMPLOYER BRANDING La risposta ai problemi derivanti dalla necessità di reperire e trattenere le persone chiave, valorizzando in tal modo il capitale intellettuale delle aziende, si identifica oggi nello sviluppo di azioni innovative mirate alla gestione delle risorse umane. In questa prospettiva di valorizzazione del capitale umano, il primo e più importante elemento catalizzatore dei candidati è il brand aziendale, che deve essere considerato e gestito in un’ottica di marketing nei confronti sia dei dipendenti acquisiti che di quelli potenziali. Come ho spiegato nel primo capitolo, la capacità di attrarre e trattenere in azienda le persone di talento è oggi una priorità che non va sottovalutata per gli uomini delle Risorse Umane, neanche nei periodi come questo in cui l’economia e le dinamiche del mercato del lavoro subiscono una battuta d’arresto, con una conseguente contrazione delle opportunità d’impiego. Le persone di valore infatti, contribuiscono sempre a fare la differenza all’interno delle organizzazioni. Dunque, se in passato per un’azienda trovare le risorse necessarie era decisamente più facile poiché godeva di una considerevole posizione di forza sul mercato del lavoro, oggi ricercare e fidelizzare figure chiave non è soltanto un bisogno particolarmente sentito, ma anche difficile da soddisfare. Diviene quindi essenziale creare una proposta di valore vincente rivolta alle risorse umane più preziose ed è necessario ripensare le politiche di gestione delle stesse a partire dalle attività di recruitment marketing e di retention dei talenti migliori: tutto ciò prende il nome appunto di Employer Branding. Questo viene definito efficacemente da Amendola26 come una “strategia di marketing finalizzata a creare un’immagine aziendale coerente con l’identità dell’impresa come employer (luogo di lavoro), in sintonia con il target di riferimento e ben distinta da quella dei competitors, attraverso la quale attrarre e fidelizzare le persone di talento”. Al centro della filosofia dell’Employer Branding c’è la convinzione che l’azienda debba definire ed implementare le proprie strategie di marketing e branding per il recruitment e la fidelizzazione della forza lavoro con lo stesso impegno con cui lo fa per il cliente. Le imprese devono essere consapevoli che come si possono perdere dei clienti per delle promesse non mantenute, alla stessa maniera si può perdere la fiducia dei propri dipendenti o potenziali lavoratori, se le aspettative e le promesse vengono deluse. 26

Articolo di Amendola E., 2004, Employer Branding. Sviluppare un’efficace strategia di marketing per attrarre i Talenti, Direzione del Personale, Miscellanea.

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E’ possibile affermare che una strategia di Employer Branding viene sviluppata in relazione a due target distinti, i potenziali candidati e i dipendenti, seguendo due direttrici principali: • presentare l’azienda come un luogo di lavoro appetibile e attraente agli occhi dei target esterni di riferimento (è la fase di Attraction); • minimizzare la conflittualità tra colleghi e massimizzare il senso d’appartenenza all’azienda, lavorando sul target interno (è la fase di Retention). Qui di seguito sono schematizzati i principali vantaggi dell’Employer Branding, riferiti all’Attraction e alla Retention. Tabella 2.1 Vantaggi dell’Employer Branding Attraction/ Recruitment (EB verso soggetti esterni) • Curriculum più coerenti con le aspettative dell’azienda • Tempi ridotti negli screening • Abbattimento costi recruiting • Rafforzamento della Corporate Image • Visibilità

Retention (EB verso soggetti interni) • Più identificazione con l’azienda • Maggior senso di appartenenza • Rafforzamento della Reputazione, il dipendente è portavoce dell’azienda • Diminuzione del turn-over • Aumento della soddisfazione dei dipendenti • Miglior clima aziendale • Migliori prestazioni

Fonte: Elaborazione personale

Come mostra anche la tabella, nell’ambito dell’attraction e del recruiting l’Employer Branding rende più efficiente (in termini di costi e tempi) la ricerca dei candidati ideali, stimolando un comportamento di autoselezione. Le aziende che comprendono le potenzialità di questa strategia cercano di rafforzare la loro immagine come employer nel mercato del lavoro, in quanto sono consapevoli che essa rappresenta una risorsa intangibile non facilmente imitabile dai concorrenti, poiché integra il messaggio relativo alle caratteristiche proprie della posizione lavorative con le componenti più emotive e profonde, tipiche di ogni cultura aziendale. Per quanto riguarda la retention, il fine ultimo della strategia dell’Employer Branding è quello di allineare i comportamenti e gli stili cognitivi delle persone con la vision e la mission dell’organizzazione, rendendo i dipendenti stessi portatori dei valori aziendali. L’attività che viene svolta, in questo caso, punta a trasformare il brand da semplice promessa a Brand Engagement, incoraggiando i lavoratori a vivere ed assecondare i valori della marca per fornire una migliore Brand Experience ai consumatori ed agli altri stakeholder, ed offrire all’azienda un livello di impegno e motivazione superiori. Il dipendente diviene quindi lo specchio della personalità e dell’efficienza dell’impresa, assumendo un ruolo chiave nella scelta da parte del cliente. 53


Poiché le organizzazioni non producono solo beni e/o servizi, ma anche posti di lavoro, è sempre più indispensabile un’azione di recruitment marketing, che parta dalle esigenze del consumatore (il job seeker in questo caso), per costruire un ambiente di lavoro ideale e attrattivo comunemente riconoscibile, tramite opportune strategie comunicative, nel mercato del lavoro. L’Employer Branding rappresenta quindi il miglioramento della percezione che i dipendenti potenziali e attuali hanno dell’azienda, la quale influenza tutti i pensieri, le sensazioni e le idee che essi associano al nome della stessa organizzazione come luogo ideale in cui lavorare. 27 Queste sensazioni possono derivare da molti fattori, tra i quali ciò che le persone hanno sperimentato direttamente all’interno dell’azienda o di cui hanno avuto notizia da coloro che lavorano o hanno lavorato in essa; dal posizionamento dell’azienda sul mercato dei potenziali candidati (ad esempio, la partecipazione a manifestazioni di settore per il recruiting come career day o incontri dedicati all’azienda in ambito universitario); dall’immagine trasmessa all’esterno attraverso campagne di comunicazione, sia istituzionali che di prodotto. L’Employer Image rappresenta quindi una risorsa intangibile non facilmente imitabile dai concorrenti, poiché integra il messaggio relativo alle caratteristiche proprie della posizione lavorativa con le componenti più emotive e profonde, tipiche di ogni cultura aziendale. L’adozione di una strategia di Employer Branding sarà tanto più efficace, quanto maggiore sarà la relazione esistente tra le azioni Corporate Branding e la gestione delle risorse umane, vista in termini di recruiting e retention dei talenti. Ciò dipenderà molto dal ruolo che il brand avrà nella definizione e nello sviluppo delle strategie di business aziendale, ma soprattutto dalla consapevolezza del ruolo strategico che le risorse umane devono avere nelle attività di branding in generale. Ai classici fattori rilevanti nella scelta del posto di lavoro come la retribuzione, la tipologia di contratto, le mansioni, la prospettiva di carriera si è aggiunto quindi il brand che ha portato la necessità di promuovere l’immagine dell’organizzazione sul mercato interno ed esterno del lavoro col fine di reclutare il capitale umano più valido in circolazione e trattenere gli alti potenziali.

27

Ricerca, Ricceri F., Guidarelli F., 12 dicembre 2002, Politiche e strumenti di Employer Branding

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2.2 MODELLI TEORICI DI RIFERIMENTO ED EMPLOYER REALE/IDEALE I primi a parlare di Employer Branding sono stati Barrow e Mosley (2005) che l’hanno definito come “un insieme di benefici finanziari, economici e psicologici forniti dal posto di lavoro e identificati con la propria impresa”. L’Employer Branding comprende tutti i tentativi per influenzare il modo in cui i dipendenti potenziali ed attuali percepiscono l’organizzazione e cerca di fornirle un vantaggio competitivo come “employer of choice” sul mercato del lavoro. A completamento degli studi compiuti da questi due economisti, sono stati costruiti alcuni modelli che hanno una generale validità e rilevanza per la ricerca sull’Employer Branding, i più importanti vengono spiegati brevemente qui di seguito. -

Modello Attraction – Selection - Attrition (ASA)

Il modello ASA, sviluppato da Schhneider (1987), permette di spiegare perché, in organizzazioni simili, è possibile trovare personalità omogenee tra loro e coerenti con il contesto organizzativo. Secondo questa teoria, le persone sono attratte ed entrano a far parte di organizzazioni con le quali condividono i medesimi atteggiamenti, opinioni e valori (Attraction). A loro volta, le imprese scelgono quei candidati che presentano caratteristiche simili (Selection). Infine, quando le risorse non si adattano all’ambiente di lavoro (Attrition), tendono ad abbandonarlo, lasciando un gruppo ancora più omogeneo di quello che inizialmente le aveva attratte. Lo studio del modello ASA è rilevante in quanto pone l’accento sui processi di Attraction e Retention operati dalle organizzazioni e filtrati dalle dimensioni soggettive dei candidati. Questa teoria, considerata in questa prospettiva, è in linea con le definizioni di Employer Branding e con i nuovi criteri di valutazione delle organizzazioni, non più basati esclusivamente su asset tangibili, ma anche intangibili. In conclusione, è possibile affermare che la conoscenza delle caratteristiche del target di riferimento e delle relative immagini aziendali percepite potrebbe essere necessaria per promuovere delle efficaci strategie di Employer Branding, che saranno rivolte non più ad un pubblico indifferenziato, bensì proprio a quelle persone con “alto potenziale”, e maggiormente in sintonia con il clima, la cultura e le caratteristiche dell’organizzazione.

- Modello dell’Employer Knowledge I contributi di Lievens28 permettono di comprendere le strategie di recruitment maggiormente influenti, in quanto individuano i fattori che determinano l’attrattività verso l’organizzazione. L’autore fa riferimento al modello dell’Employer Knowledge di Cable e Turban (2001), secondo il quale la conoscenza che i candidati hanno di un’impresa in termini di 28

2007 cfr.anche Lievens, Van Hoye e Anseel, 2005

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familiarità (employer familarity), immagine (employer image) e reputazione (employer reputation), influenza l’attrazione dei candidati verso l’organizzazione stessa, percepita come Employer. I risultati di Lievens corroborano queste ipotesi e sottolineano in particolare l’importanza della reputazione nel predire l’attrattività; dimostrano, inoltre, che la reputation e l’image hanno un impatto maggiore sull’attrattività, quanto più la familiarity è elevata. In un lavoro successivo, Lievens (2007) ha evidenziato che l’attrattività verso un potenziale candidato è influenzata da attributi strumentali e in misura maggiore da quelli simbolici: • Attributi strumentali Sono gli aspetti che descrivono il lavoro o l’employer in maniera oggettiva, concreta e tangibile. Sono ad esempio la retribuzione, la localizzazione, la struttura organizzativa; • Attributi simbolici Sono gli aspetti soggettivi, astratti e intangibili che discendono dalle valutazioni e dalle inferenze dei soggetti, i quali spesso usano tratti umani per descrivere le organizzazioni. Tra questi troviamo l’immagine innovativa e prestigiosa. In particolare, i risultati di tale studio mostrano come le credenze di impiegati, candidati attuali e potenziali siano importanti ai fini della scelta della migliore strategia di recruitment. Gli attributi strumentali contribuirebbero, infatti, ad aumentare l’attrattività solo dei candidati attuali, mentre quelli simbolici sarebbero significativamente correlati a tutti e tre i gruppi presi in considerazione.

- L’Employer Attractiveness Scale (EmpAt Scale) Un concetto strettamente collegato all’Employer Branding è quello di Employer Attractiveness, ampiamente discusso nel campo del management, della psicologia applicata, della comunicazione e del marketing, ma anche un tema chiave di molte ricerche sulle riviste specializzate. L’attrattività dell’azienda può essere definita come l’insieme dei benefici che il candidato vede nel lavorare per un’organizzazione specifica, è indispensabile che l’azienda conosca la sua forza di attrazione per riuscire ad attrarre nuovi talenti. A tale proposito Berthon, Ewing e Lian Hah (2005) hanno costruito e validato nel contesto australiano una scala di misura dell’attrattività dell’employer (Employer Attractiveness Scale) definita come l’insieme dei “benefici invisibili che un impiegato potenziale intravede nel lavorare presso una specifica organizzazione”. La scala può essere applicata a contesti e a situazioni differenti, oltre ad avere il vantaggio di poter essere somministrata a target differenziati (studenti, laureati e professionisti). Gli autori hanno individuato 5 principali dimensioni, che sono essenzialmente un’estensione delle 3 dimensioni proposte da Ambler e Barrow (1996), cioè benefit psicologici, funzionali ed economici. Esse sono rappresentate nella figura 2.1.

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Figura 2.1 Modello dell’Employer Attractiveness

Interest value

Social value

Application value EMPLOYER ATTRACTIVENESS

Economic value

Development value

Fonte: Ewing, 2006

Le dimensioni: • Interest value valuta la misura in cui un individuo è attratto da un’organizzazione capace di realizzare un ambiente di lavoro stimolante e che utilizza la creatività dei dipendenti con l’obiettivo di creare un prodotto/servizio innovativo e di alta qualità; • Social value misura il grado col quale un potenziale candidato è attratto da un’impresa che crea un ambiente divertente e positivo, che promuove le relazioni tra colleghi e superiori e lo spirito di gruppo; • Economic value valuta il modo in cui, ad attrarre la persona, partecipano elementi come la retribuzione, i pacchetti di compensazione, la sicurezza sul lavoro e le eventuali promozioni; • Development value intende determinare quanto la possibilità di ottener riconoscimenti, di autonomia lavorativa, di sviluppo personale e di carriera contribuiscono all’attrattività verso una determinata azienda;

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Application value misura quanto un individuo è attratto da un’organizzazione che offre l’opportunità di applicare le proprie idee e di trasmetterle agli altri, in un ambiente basato sulla conoscenza, ma attento anche alla dimensione umana. L’Interest Value e il Social Value coincidono con i benefit psicologici, il Development e l’Application Value con quelli funzionali, mentre l’economic value con i benefit di natura economica. Da questo approccio si desume sia l’importanza di misurare il grado d’attrattività complessivo di un’organizzazione, ma anche la multidimensionalità che caratterizza l’Employer Branding e quindi qualunque misura di esso.

- Il Reputation Quotient Tra i fattori che influenzano la capacità di un’impresa di attrarre nuovi dipendenti occupa un ruolo rilevante la reputazione. Ravasi e Gabbioneta29 definiscono la reputazione d’impresa “una rappresentazione percettiva delle sue azioni passate e delle sue prospettive future che ne descrive l’attrattività complessiva delle componenti, confrontate con quelle dei suoi principali concorrenti”. Secondo i due autori tra i sistemi impiegati per la misurazione della reputazione d’impresa, il Reputation Quotient (RQ) sembra essere quello che meglio di tutti riesce a cogliere la multidimensionalità del costrutto e a riflettere i giudizi dei diversi segmenti di stakeholder attuali e potenziali (consumatori, azionisti, impiegati). Tale indice è stato realizzato a partire da una combinazione lineare di 20 item, espressivi di diversi aspetti dell’attività dell’impresa, dalle sue performance reddituali alle caratteristiche dell’ambiente di lavoro. Gli attributi sono stati raggruppati in 6 fattori principali: • Richiamo emotivo misura quanto l’organizzazione piace, è ammirata e rispettata; • Prodotti/ servizi percezione della qualità dell’innovazione, del valore e dell’affidabilità dei prodotti/servizi; • Performance finanziaria percezione dei profitti, delle prospettive e dei rischi dell’azienda; • Vision e leadership percezione di quanto l’organizzazione dimostra di possedere una vision chiara e una forte leadership; • Contesto lavorativo valutazione di come l’impresa è gestita, della qualità del lavoro e dei suoi impiegati; • Responsabilità sociale valutazione dell’azienda come ”cittadino”, nella relazione con la comunità, i lavoratori e l’ambiente circostante. 29

2004, p.72

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Creare e mantenere una buona e forte reputazione implica il vantaggio di poter conseguire obiettivi progressivi che garantiscano visibilità, distintività, autenticità, trasparenza dell’impresa, coerentemente con quanto sostenuto nelle definizioni di Employer Branding. Alla luce dei contributi appena esposti emergono dunque chiare linee guida per lo sviluppo di una strumentazione adeguata che permetta di individuare le caratteristiche e le possibili determinanti dell’attrattività di un Employer reale ed ideale, onde avere informazioni e conoscenze sulla base delle quali potere pianificare strategie di Employer Branding sempre più efficaci. Nello specifico, per Employer Reale si intendono le imprese che attualmente operano nel mercato e che il soggetto indica come “luogo di lavoro” migliore, nelle quali sarebbe pronto a lavorare. Invece con il termine Employer Ideale ci si riferisce ad un’organizzazione ipotetica come “luogo di lavoro” che rispecchia in generale le preferenze dei candidati. Per quanto concerne l’Employer Reale e Ideale, in base ad una ricerca svolta presso alcune università italiane nel 200730, le componenti dell’organizzazione che potrebbero influire sulla scelta dei potenziali candidati sono: l’integrazione e la valorizzazione del dipendente, la reputazione e il prestigio dell’azienda, l’internazionalità, il riconoscimento del merito e delle performance, l’innovazione, la sicurezza, l’equità, la qualità, il brand e la responsabilità sociale (CSR), … Tali risultati possono essere raffrontati con il lavoro condotto da Lievens (2005) su differenti popolazioni. I fattori individuati sia per l’Employer Reale che Ideale sono, infatti, coerenti con gli attributi strumentali (retribuzione, localizzazione e diversità dei compiti) e simbolici (immagine percepita). Sono inoltre riscontrabili delle analogie con le componenti dell’Employer Attractiveness del modello di Berthon, Ewing e Lian Hah (2005). Secondo gli autori, l’appeal di un’organizzazione dipende dalle cinque dimensioni da loro esposte. Rispetto alle conclusioni di Berthon, l’integrazione, la valorizzazione del dipendente e l’internazionalità, sono riconducibili al Social Value, in quanto legati al contesto di lavoro e la rapporto con i colleghi e i superiori. Altri fattori quali la sicurezza, l’equità e il riconoscimento del merito e della performance, sono invece riconducibile all’Economic Value, nella misura in cui essi si riferiscono alla stabilità del lavoro e ai sistemi di ricompensa e retribuzione previsti. La qualità è riconducibile all’Interest Value, in quanto riferita alla qualità dei prodotti/servizi offerti dall’azienda nel determinare l’attrattività dell’organizzazione. L’innovazione si pone invece a cavallo tra 30

La ricerca è stata svolta nel’arco del 2007 e somministrata attraverso il contatto diretto con gli studenti delle principali università pubbliche di Milano (Politecnico di Milano e Università degli Studi di Milano Bicocca) e Roma (Università La Sapienza). Il questionario online e cartaceo è stato presentato ad un campione di circa 1600 persone tra studenti universitari e neolaureati, con un età media di 22,5 anni.

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l’Interest e l’Economic Value, in quanto si riferisce sia alla capacità dell’impresa di innovare che alla presenza di una struttura aziendale stabile. Benché siano riscontrabili tali corrispondenze, occorre tuttavia evidenziare il lavoro svolto dal prestigio e dalla reputazione del brand nell’organizzazione e dalle politiche di responsabilità sociale promosse dall’azienda stessa che possono risultare determinanti nell’attrarre i migliori talenti, nel soddisfare i molteplici bisogni degli impiegati e nel promuovere l’identificazione organizzativa. Nel complesso è comunque confermata la tripartizione originaria dei benefit funzionali, economici e psicologici proposta da Ambler e Barrow (1996) alla base dell’Employer Brand, sebbene essa sia passibile di un’articolazione più dettagliata.

2.3 IL RAPPORTO TRA EMPLOYER, CORPORATE E PRODUCT BRAND Se l’Employer Brand stabilisce l’identificazione di un’azienda quale datore di lavoro e racchiude i valori dell’organizzazione, i sistemi, le linee di condotta, il funzionamento, con l’obiettivo di attrarre, motivare e trattenere i dipendenti attuali e potenziali, il Corporate Brand incarna i valori aziendali, è una promessa di valore da trasmettere e può essere utilizzato per differenziare l’azienda da altri concorrenti, basandosi sui punti di forza, sulla cultura aziendale, sullo stile e sulla direzione futura. Il potere e la funzione del Corporate Brand è quella di guardare al di fuori dell’azienda, per ottenere i seguenti vantaggi: • costruire un rapporto di fiducia a lungo termine con il cliente, per aumentare la sua fedeltà e convincerlo dei vantaggi legati ai suoi prodotti/servizi; • ridurre i costi di ricerca sulla qualità percepita dei prodotti/servizi e fornire ai consumatori una ricompensa psicologica; • assicurare la ripetitività degli acquisti, facilitare la segmentazione di mercato, migliorare la comunicazione con i consumatori e giustificare il premium pricing. Il Corporate Branding ha anche la capacità di guardare all’interno per occupare “il cuore e la mente” dei dipendenti. Il Corporate Branding dipende da loro, in quanto sono i primi portavoce della promessa del brand ai clienti ed interiorizzano i valori dell’azienda. Gli obiettivi dell’Employer Brand, invece, sono: • aiutare i dipendenti ad interiorizzare i valori dell’azienda; • raggiungere una reputazione come datore di lavoro da scegliere; • attrarre nuovi dipendenti, trattenere quelli già acquisiti. Si può notare dunque come vi sia una sovrapposizione di obiettivi tra Corporate ed Employer Brand, ma è importante chiarire e mantenere una certa distanza tra i due, implementando strategie ad hoc per ognuno di essi.

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Le aziende considerano questa relazione in modi differenti. Alcune costruiscono l’Employer Brand sul Corporate Brand già esistente e dunque come parte integrante di una strategia di Corporate Branding, altre invece hanno un forte Employer Brand senza un Corporate Brand e talvolta è proprio il primo a fornire l’impeto per la costruzione del secondo. L’Employer Branding può essere molto importante per quelle aziende che incontrano delle difficoltà nello stabilire una forte immagine di brand. Ciò può verificarsi soprattutto per quelle che operano nei mercati del B2B, cioè quelle i cui prodotti e/o servizi vengono venduti ad altre aziende e per tale ragione perdono molto dell’identità del brand, prima che arrivi al consumatore finale. Inoltre, l’interesse nel trasmettere il brand agli impiegati, riflette la consapevolezza dei dirigenti che fusioni, acquisizioni, scissioni di rami d’azienda ed altri importanti cambiamenti, contribuiscono ad aumentare una visione sfocata dell’identità aziendale, con impatti negativi sulla forza lavoro. Anche solo una sparizione o trasformazione del nome dell’azienda può indurre i clienti a chiedersi da chi stanno comprando e allo stesso tempo i dipendenti a domandarsi per chi stanno lavorando e perché. Una mancanza d’identità di Employer Brand può essere un ostacolo al successo di strategie di assunzione in un ristretto mercato di talenti. Inoltre, offusca le linee di visione di cui i dipendenti hanno bisogno per poter capire la missione aziendale, per comprendere come il loro contributo individuale e collettivo può supportane lo sviluppo e perché loro devono all’azienda lealtà ed impegno. Ogni sforzo deve essere rivolto a far sì che le risorse umane di un’impresa, indipendentemente dalla funzione a cui appartengono, siano consapevoli del proprio apporto nel determinare la soddisfazione del cliente. Questa strategia utilizza aspetti dell’identità aziendale e la reputazione per raggiungere obiettivi multipli di gestione delle persone. Il vero Employer Branding va oltre il miglioramento nel reclutamento e nella ritenzione dei talenti per costituirsi come datore di lavoro da scegliere, va anche oltre la motivazione e la protezione dell’allineamento dei dipendenti con la visione ed i valori dell’azienda, per essere considerato uno stimolo di miglioramento da coloro che si occupano di processi che accrescono l’eccellenza organizzativa. Così, se il Corporate Brand è molto importante per trasmettere la promessa al cliente, avere un forte Employer Brand è un vantaggio competitivo e strategico. L’importanza di allineare i due brand è dunque evidente, così com’è importante l’allineamento con il Product Brand. Infatti, anche il prodotto/servizio venduto sul mercato può avere un significato per chi sta valutando l’impresa come luogo di lavoro. Se il prodotto è conosciuto dal target di candidati/dipendenti e dai loro gruppi di riferimento, ed associato a benefici emotivi e di autorealizzazione, esso diverrà un potente strumento di comunicazione capace di aumentare l’attrattività dell’organizzazione e del lavoro offerto. Solitamente, a generare tale meccanismo definibile come transfert delle connotazioni dell’immagine di prodotto a quella dell’impresa realizzatrice, sono prodotti valutati 61


come d’eccellente qualità, che detengono leadership e prestigio. È importante ricordare che spesso il prodotto è il primo contatto diretto tra individuo e azienda e diviene fonte importantissima di informazione su di essa. Da non sottovalutare, dunque, la cura e l’attenzione da riporre su questi aspetti e la possibilità di comunicare, ricercare e reclutare talenti da inserire e trattenere anche e direttamente presso la propria clientela. Nella figura 2.2 è possibile vedere la connessione tra i due brand. Figura 2.2 Connessione tra il Product Brand e l’Employer Brand

Componenti del Product brand

Prodotto

Componenti dell’Employer brand

Qualità Performance

Immagine Prestigio

Benefit Salario

Contesto di lavoro Work life balance

Product Brand

Valori Prezzo

Cultura Aziendale

Innovazione Design

Fonte: Corporate Leadership Council, 1999

Dalla figura si può notare che, oltre alla componente Product Brand è possibile definire gli altri fattori rilevanti per una strategia di Employer Brand: • Benefit e salario la retribuzione base e le forme di remunerazione complementari riconosciute al dipendente; • Contesto di lavoro la qualità percepita del lavoro nell’organizzazione, il livello di strutturazione e di mobilità interna od internazionale, la chiarezza dei ruoli, nonché la tipologia e la qualità delle relazioni che si sono instaurate tra i colleghi; • Work Life Balance programmi volti a supportare i lavoratori nel conciliare e bilanciare i tempi di vita ed i tempi di lavoro;

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Cultura aziendale l’insieme delle norme morali, sociali, culturali e di comportamento di un’organizzazione, basate sulle convinzioni, le abitudini e le priorità dei suoi membri.

2.4 APPROFONDIMENTI SULL’EMPLOYER BRANDING 2.4.1 Employer ed Employee Branding Employer ed Employee Branding sono due importanti attività su cui il la funzione Risorse Umane dovrebbe focalizzarsi per aumentare la competitività dell’impresa ed assicurarsi che le funzioni HR diventino un elemento strategico nelle attività di business. Una generale spiegazione dell’interesse delle organizzazioni per queste due attività è dovuta all’importanza di avere un marchio forte per essere competitivi sul mercato, inoltre, l’introduzione del brand all’interno della funzione HR rappresenta un’estensione dell’importanza del Corporate Branding all’interno dell’attività di marketing. L’Employer Branding si focalizza su come l’impresa è vista dai dipendenti attuali e potenziali con lo scopo di “vincere la guerra dei talenti”31, è un’attività che spesso viene eseguita dalle aziende per renderla una potenziale employer of choice. Nel fare questo, il Corporate Brand è utilizzato per elaborare l’Employer Brand, includendo i suoi valori, i suoi obiettivi e la sua missione. Inoltre, l’impresa deve assicurarsi che l’immagine presentata all’esterno rifletta accuratamente la sua cultura, i suoi metodi e l’ambiente di lavoro per non creare aspettative irreali ai dipendenti attuali e potenziali. Al contrario, l’Employee branding è il processo con il quale i dipendenti interiorizzano l’immagine del brand desiderata dall’azienda e sono motivati a proiettarla ai consumatori ed agli stakeholder32. Spesso questo concetto può essere visto come un’estensione culturale della corporate, con una particolare inclinazione verso il brand. L’Employee Branding, attraverso la gestione dei valori dell’organizzazione, ne sposa gli scopi, la missione, la cultura e progetta come comunicare la brand image internamente. Con quest’attività le norme, i valori e gli obiettivi dell’azienda diventano espliciti e sono presentati come un’ideale che tutto lo staff dovrebbe identificare come guida per il comportamento sul posto di lavoro. Attualmente, l’Employee Branding tenta di coordinare le azioni dei dipendenti e di fare in modo che essi interiorizzino i valori e gli obiettivi dell’impresa. Free (1999) sostiene che “la gestione dell’Employee Brand può essere vista come una strategia di controllo usata per assicurarsi che le azioni dei dipendenti siano in linea con le richieste dell’organizzazione”.

31 32

Ulrich, 1997 Miles e Margold, 2004

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Ovviamente, per rendere i dipendenti portavoce attivi del brand, è necessaria la capacità del management di influenzare la loro interazione con i consumatori. Con l’Employee Branding il dipendente diventa una parte del brand, potremmo affermare che viene “brandizzato”. Nella tabella 2.2 si può notare che le due attività hanno differenti caratteristiche. Tabella 2.2 Distinzione tra Employer ed Employee Branding

Ambito di attività Oggetto del brand Target Fondamenta

Attività HR

Obiettivi

Risultati

EMPLOYER BRANDING Esterna ed interna

EMPLOYEE BRANDING Interna

Organizzazione

Dipendente

Dipendenti attuali e potenziali Personale Management Letteratura di marketing Selezione e Recruitment Pubblicità Comunicazione interna ed esterna Benchmarking Assicurarsi che l’impresa attragga nuovi candidati di qualità e trattenga i dipendenti attuali Vincere la guerra dei talenti Dipendenti di alta qualità motivati e performanti Mantenere vantaggio competitivo

Clienti, stakeholder Management Organizzazione Letteratura del marketing Induction Training e development Performance management

Assicurarsi che i dipendenti agiscano secondo il brand e mostrare i valori dell’impresa Aumento dell’impegno dei dipendenti Identificazione con l’azienda Aumento della custode satisfaction e della fedeltà

Fonte: elaborazione personale

L’Employee e l’Employer Branding sono attività distinte, in particolare è differente l’oggetto del brand: con l’Employer Branding la base di partenza di ogni strategia è l’organizzazione, ed il target sono dipendenti attuali e/o potenziali; al contrario, nell’Employee Branding, il centro dell’attività è il dipendente ed i destinatari sono i clienti e gli stakeholder, che interagiscono con i lavoratori. I concetti di Employee ed Employer Branding possono essere confusi perché gli ambiti e le figure coinvolte sono spesso complementari. L’Employee Branding è focalizzato 64


sulla forza lavoro esistente, mentre l’Employer Branding cerca di rendere l’impresa attrattiva per i potenziali candidati e rinforza il messaggio di Employee Branding sui dipendenti attuali.

2.4.2 Employer Branding e ciclo di vita del lavoratore E’ importante cercare di capire cosa cercano le persone nel posto di lavoro, per rispondere a questa domanda viene in aiuto Stephen Covey, uno dei massimi esperti di leadership33 il quale teorizza che l’uomo risponde a 4 bisogni chiave che fanno riferimento rispettivamente al corpo, al cuore, alla mente e allo spirito. In ogni fase della vita in cui ci si trova, sia che si è alla ricerca della prima occupazione, sia che si è vicini alla pensione, secondo questo autore, le scelte personali sono dettate dalla soddisfazione o meno di questi elementi. La figura 2.2 mostra un parallelismo tra questi bisogni e le componenti dell’Employer Branding, perciò coloro che se ne occupano dovrebbero capire come sono posizionati i candidati/target ed identificarli nel modo più approfondito e completo possibile. Figura 2.2 Parallelismo tra i bisogni chiave del candidato e i componenti dell’Employer Branding

Componenti dell’Employer Brand

Benefit Salario

Product Brand

I 4 bisogni chiave del candidato

CORPO (avere le giuste gratificazioni)

Contesto di lavoro

Cultura aziendale

Work life

CUORE (sistema di valori, qualità delle relazioni)

SPIRITO (servire i MENTE bisogni umani, (sviluppare il lasciare un potenziale contributo) )

Fonte: Lizzani, 2008

Inoltre, è importante sottolineare che esistono diversi fattori di tipo socio-economico o riferiti al ciclo di vita del lavoratore che possono influire notevolmente sulla composizione dei 4 bisogni chiave, anche se sono sempre tutti presenti, pur con un diverso livello d’intensità e che devono essere tutti soddisfatti. 33

Covey S.R., 2007, L’ottava regola. Dall’efficacia all’eccellenza, Franco Angeli, Milano

65


Il modello del ciclo di vita del lavoratore qui proposto nella figura 2.3 mostra come cambia il target e le sue esigenze a seconda del periodo d’inserimento o di anzianità in azienda. E’ possibile impostare strategie di attraction o di retention a seconda che il target sia una promessa o un navigato, considerando di volta in volta quali bisogni soddisfare. Figura 2.3 Il ciclo di vita del lavoratore

Tasso di crescita professionale (il potenziale)

Alto

Gli smart

Le promesse

I navigati

I non idonei

Basso Alto

Valore aziendale effettivo

Basso

Fonte: Padula, 2007

Come si può notare, considerando le potenzialità ed il valore effettivo generato da un collaboratore e lo confrontiamo con le potenzialità e il valore creato dai colleghi della stessa Strategic Business Unit, possiamo analizzare nello specifico i seguenti profili: • Promesse Sono gli stagisti, i neoassunti, i collaboratori che si avvicinano all’impresa con contratti a tempo determinato o atipici. Queste persone sono disposte a rinunciare per un periodo di tempo limitato al pieno riconoscimento del bisogno economico (corpo), perché sentono di dover imparare, sviluppare le loro competenze e il loro potenziale (mente). Se questa condizione dura troppo a lungo, l’equilibrio diverrà precario, perché anche il corpo pretenderà di essere ascoltato. In questa fase l’azienda deve essere in grado di fornire loro tutti gli strumenti necessari perché possano dare il meglio di sé e non deludere le loro aspettative. • Smart Sono i brillanti, coloro che hanno dimostrato di poter essere risorse strategiche, dinamici e portatori d’innovazione. Sono coloro che possono fare la differenza per l’azienda e che è necessario trattenere. Essi sentono il bisogno di un ambiente di

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lavoro sfidante, propositivo e competitivo (mente) e di ottenere le giuste gratificazioni (corpo). L’impresa deve creare con loro un forte legame attraverso l’Employer Branding e altri strumenti di marketing interno per il raggiungimento della fidelizzazione e dell’employee satisfaction. • Navigati Sono i lavoratori con anni d’esperienza alle spalle, i quadri, i dirigenti, i manager, i responsabili di settore. Sono gli smart che hanno accresciuto e rese concrete le proprie potenzialità. Essi hanno bisogno che venga loro riconosciuto il valore aggiunto dato all’azienda (corpo), il forte grado di fidelizzazione (spirito) e la soddisfazione per il loro lavoro (cuore). Nei loro confronti l’impresa deve attuare un’attività di Employer Branding finalizzata alla retention, per sviluppare le loro potenzialità, fornire stimoli alla crescita, migliorare la qualità delle relazioni tra i dipendenti. • Non Idonei E’ il personale mal selezionato, che ha raggiunto l’età pensionabile, coloro che non sono più adatti alle esigenze d’impresa, chi si sente demotivato, chi ha commesso errori importanti. In questi casi l’azienda deve agire puntando sul contributo che chi ha esperienza può trasmetterla ai neoassunti (spirito), attivando il Coaching ed il Mentoring ad esempio, oppure può dare dei compensi economici per accelerare la fine del rapporto di lavoro (corpo), o anche motivare i propri lavoratori attraverso delle gratificazioni (cuore). Ecco perché è importante per l’azienda capire sia qual è il profilo del lavoro/persona ideale, che in quale categoria si trova il proprio dipendente per riuscire a soddisfare al meglio i suoi bisogni. E’ interessante notare che i quattro bisogni chiave sono presenti anche in azienda. Corpo: significa essere un’azienda solida, in salute. E’relativo agli aspetti economici dell’impresa, come il fatturato, gli utili e le quotazioni delle azioni. Mente: è l’aspetto legato alle strategie d’impresa che pongono nuovi obiettivi e sfide per il futuro. La mente per l’azienda significa conservare, proteggere, salvaguardare e gestire la propria conoscenza distintiva. Cuore: sono le relazioni sociali in cui l’azienda si muove, è il clima aziendale. Spirito: sono tutte le azioni che l’impresa intraprende per lasciare un contributo alla società, come le attività di Responsabilità Sociale.

2.5 UN APPROCCIO INTEGRATO: GLOBAL FRAMEWORK

L’EMPLOYER BRAND

L’Employer Branding è una strategia di marketing rivolta ai potenziali candidati e ai dipendenti attuali dell’azienda. Vorrei mostrare nei paragrafi successivi che essa è composta da varie fasi sinergiche e complementari tra loro, le quali hanno l’obiettivo

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comune di rafforzare la percezione del valore dell’azienda non soltanto verso l’esterno, ma verso l’interno. Tale percezione, una volta trasmessa, crea un feeling positivo nei confronti dell’impresa come un luogo ideale in cui lavorare. Figura 2.4 Employer Brand Global Framework EMPLOYER BRAND POSITIONING

EMPLOYER BRAND EXPERIENCE

EMPLOYER BRAND PROMISE

VISION/MISSION VALORI FATTORI INTANGIBILI (clima/ambiente di lavoro) FATTORI TANGIBILI (retribuzione, benefits, formazione, contratto….)

EMPLOYER BRAND POSITIONING

EMPLOYER IMAGE

ASSESSMENT Employer Brand Positioning Analysis (current) MONITORING Employer Brand Auditing

Persona Performance management work environment Prodotto Learning & development product work-life balance compensation &

Candidate attracting

PROSPECTIVE Employer Brand Building

DEVELOPMENT Employer Brand Positioning Action Planning

Internal comunication corporate brand vision, value e culture

EMPLOYER BRAND BENEFITS

FATTORI TANGIBILI

TARGET

Organizzazione FATTORI INTANGIBILI

E V P

EMPLOYER BRAND EXPERIENCE

EMPLOYER IDENTITY

Employee satisfaction Employee engagement Customer satisfaction

EMPLOYER BRAND ACTION

Customer loyalty Profittability

Fonte: Amendola, 2008

Per spiegare chiaramente il processo di Employer Branding, mi sono rifatta ad un modello integrato ideato da Amendola34 chiamato Employer Branding Global Framework (o EBGF) e ricreato nella figura 2.4. Esso è formato da 4 schemi concettuali che riprenderò all’inizio di ogni paragrafo del capitolo 2 per descrivere ogni fase.

34

Amendola E., 2008, Corporate Recruiting, Bologna

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Il processo inizia con l’Employer Brand Action e termina con l’Employer Brand Benefits, i 4 passaggi di cui è composto sono perfettamente coordinati ed allineati tra loro. Nel dettaglio: • Employer Branding Experience mostra l’influenza dei fattori tangibili e intangibili su come i dipendenti vivono il brand aziendale; • Employer Branding Positioning è il momento in cui viene individuato l’employer value proposition (o EVP), grazie al quale l’azienda costruisce la propria employer brand promise e delinea il proprio posizionamento; • Employer Branding Action individua la sequenza delle specifiche attività che possono essere svolte per realizzare la strategia di employer branding (Analysis, Building, Communication, Audit; oppure “Assestement”, Prospective, Developement, Monitoring); • Employer Branding Benefits mostra il risultato finale di una strategia di employer branding. L’obiettivo dell’Employer Branding Process non è solo fare in modo che i potenziali employee si ricordino dell’azienda, ma riuscire a creare nella loro mente associazioni positive e connotazioni ben definite tali da renderla unica e distinta dai competitors. Partire dal presupposto che sono le persone a scegliere l’azienda in cui lavorare è il punto di vista più corretto dal quale derivare tutte le azioni e gli interventi necessari. Per questo motivo, il processo di gestione delle risorse umane non può più prescindere dalle strategie di brand. Il concetto di Employer Brand è, di fatto, una promessa. La capacità di tenergli fede da parte dell’azienda è fonte di valore per l’intera organizzazione. I candidati stabiliranno, infatti, se lavorare o meno al suo interno, proprio sulla base della percezione della capacità che ha di mantenere tale impegno, e se essa possa rappresentare una valida ambizione. La coerenza è dunque il fattore differenziante; non esiste valorizzazione del brand in assenza di messaggi chiari. E’ importante sottolineare inoltre che le attività di Employer Branding non si esauriscono con il recruiting e l’ingresso delle risorse umane nella realtà lavorativa aziendale. Esse si devono protrarre anche per periodi successivi, e devono essere applicate in modo rigoroso nei confronti del personale interno ormai acquisito. Chi è dunque responsabile per tale nuova strategia di gestione delle risorse umane? Non un'unica funzione aziendale, non un unico ruolo o posizione, ma è necessario espandere ed includere una varietà di ruoli e responsabilità. Occorre dunque un approccio integrato all’Employer Branding, in cui le varie componenti aziendali collaborino per raggiungere l’obiettivo. Le responsabilità devono essere divise tra diverse funzioni. Il senior management deve ricoprire un ruolo di primissimo piano soprattutto per quanto riguarda gli aspetti strategici del brand, ma 69


essenziale è in ogni fase dell’employer branding, da quella strategica, al budgeting all’implementazione e comunicazione, al contributo integrato degli uomini della funzione risorse umane, del marketing e della comunicazione.

2.6 EMPLOYER BRAND EXPERIENCE Per capire bene cosa s’intende per Employer Brand Experience è necessario introdurre il concetto di Employer Identity, cioè l’identità di un’organizzazione in qualità di datore e luogo di lavoro. Nello specifico, si tratta di considerare quei fattori che più tendono a caratterizzare l’ambiente di lavoro nel quale l’attuale o potenziale dipendente sarà inserito e si differenzia dalla Corporate Identity, intesa più come realtà istituzionale che si assume un impegno nei confronti degli stakeholder per conquistarne la fiducia. La definizione di dell’Employer Identity non può e non deve semplicemente consistere e risolversi nella semplice creazione di uno slogan, ma richiede l’applicazione di un modello specifico di pianificazione. A questo scopo Amendola35 sostiene che è possibile utilizzare per il mercato del lavoro, un modello già sviluppato da Aaker per il mercato dei consumatori, ovviamente con opportuni adattamenti. Questo, può essere poi integrato con uno schema specifico per l’Employer Branding formulato da Barrow e Mosley. Lo schema di Aaker, presentato nella figura 2.5, si compone di 4 prospettive utilizzate per la definizione della brand identity, ma può essere applicato con opportuni adattamenti al mercato del lavoro e riproduce l’Employer Identity, ovvero 4 prospettive differenti di vedere l’azienda: Prodotto, Organizzazione, Simbolo e Persona. Nel definire l’identità aziendale come employer si può utilizzare l’una o l’altra prospettiva a seconda del target di riferimento e delle azioni comunicative effettuate.

35

Amendola E., 2008, Corporate Recruiting, Bologna

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Figura 2.5 Il modello di Aaker dalla Brand Identity all’Employer Identity ORGANIZZAZIONE - Leadership - Attenzione al cliente - Rispetto ambientale PRODOTTO - Prodotto in sé - Retribuzione - Mansione - Orari - Benefits

EMPLOYER BRAND IDENTITY

SIMBOLO - Marchio - Eredità - Metafore

PERSONA - Clima interno - Stile aziendale Fonte: Aaker, 2002

Nel nostro caso il Prodotto è rappresentato dall’offerta di lavoro in termini di contratto, retribuzione, benefits, mansione, orario. Tuttavia, anche il prodotto/servizio vero e proprio, venduto sul mercato può avere un significato per chi sta valutando l’impresa come luogo di lavoro. La prospettiva dell’Organizzazione è la più importante nell’attività di Employer Branding. Corporate ed Employer Branding possono essere sinergicamente collegati e sfruttati in un’ottica di comunicazione integrata. Essere un’azienda leader, attenta al cliente, rispettosa dell’ambiente e della società sono tutti attributi istituzionali importanti per i potenziali clienti che attraverso di essi valutano l’azienda e i suoi prodotti, ma anche per potenziali dipendenti per apprezzarla quale employer of choice. Se l’impresa viene vista poi nella prospettiva della Persona (personalità di marca) si può trovare una corrispondenza nel rapporto che si instaura tra datore di lavoro e candidato sfruttando eventualmente alcune caratteristiche peculiari dell’organizzazione, come per esempio il clima interno, lo stile direzionale e il work life balance. Tutti elementi che possono influire sull’attrattività interna. Per ciò che concerne l’ultima prospettiva, il Simbolo, può essere molto efficace sfruttare il marchio già utilizzato nel corporate branding per attrarre candidati. Interessante è anche l’uso di storie aneddoti che coinvolgono i soggetti di successo che già operano in azienda. In fase di attraction di nuove risorse, infatti, l’uso di storytelling può fornire validi modelli con i quali facilmente identificarsi aumentando l’appeal dell’azienda. Questo modello di pianificazione dell’employer identity è una valida base di partenza, rispetto alla quale vengono stilate delle graduatorie di appeal o desiderabilità verso il migliore datore di lavoro percepito, ma è necessario che venga accompagnato da altre azioni.

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Infatti, per capire il suo posizionamento, un’azienda non deve solo conoscere la posizione dei competitors sul medesimo ranking, ma deve cercare di capire qual è la valutazione e il relativo atteggiamento del target circa i fattori tangibili e intangibili che direttamente (attraverso l’impresa) o indirettamente (attraverso i mass media) sono stati comunicati fino a quel momento in modo più o meno sistematico e non necessariamente in un’ottica di Employer Brand. Il secondo modello di pianificazione dell’Employer Identity è proposto da Barrow e Mosley ed è proposto nella figura 2.6, questo schema trova punti d’integrazione con il modello di Aaker. Il modello identifica alcuni importanti fattori che incidono sull’Employer Brand Mix. Questi fattori, oltre ad essere importanti per la definizione di un’employer identity, possono costituire degli ottimi drivers per l’engagement interno ed influenzare l’employer brand. Figura 2.6 Employer Brand Mix

Reputazione esterna

Recruitment e induction Gestione del team

Comunicazione interna Leadership dei senior

Performance Appraisal

Employer brand mix

Valori e responsabilità sociale Sistemi di misurazione Servizi di interna supporto

Learning e development

Ricompense Ambiente e benefit di lavoro

Fonte: Barrow e Mosley, 2005

Si può notare che le aree che si riferiscono all’Employer Brand Mix sono 12, in realtà questa non è una lista esaustiva, poiché ogni azienda deve determinare quali elementi aiutano la sua Employer Brand Experience con l’obiettivo di attrarre e trattenere le persone, nonché differenziarsi dai competitors. I 6 elementi che si trovano nella parte sinistra riguardano le politiche attuate dall’impresa e sono elencate qui di seguito.

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- Reputazione esterna Esiste una stretta correlazione tra l’immagine di un’impresa come employer e la reputazione dei suoi beni e servizi, infatti, generalmente si presume che un’organizzazione in grado di sviluppare una buona Brand Experience sia anche in grado di essere un datore di lavoro di buona qualità. I dipendenti sono comprensibilmente orgogliosi di lavorare per un’impresa riconosciuta positivamente all’esterno, perché attribuisce loro uno status riconoscibile, che tenderanno a difendere.

- Comunicazione interna Tutte le comunicazioni interne dovrebbero essere viste attraverso un’ottica di Employer Brand, pertanto, il ruolo del brand management è creare e sostenere un flusso d’informazioni più coerente e centralizzato sul dipendente.

- Senior leadership L’Employer Brand deve assicurare che i vertici aziendali siano sempre coscienti dell’impatto delle loro parole ed azioni sulle percezioni dei dipendenti. Il gruppo dirigente ha un ruolo critico nel rinforzare la credibilità dell’impresa e trasmettere lo spirito dell’Employer Brand. Una leadership efficace è anche uno dei driver più potenti per l’impegno dei dipendenti.

- Valori e responsabilità sociale Un impegno importante per l’azienda è il recupero o la valorizzazione della propria cultura e del sistema valoriale interno. Alcuni studi recenti hanno dimostrato che le persone risulterebbero maggiormente attratte da quelle organizzazioni in possesso di valori molto simili ai propri e, una volta assunte, tenderebbero a rimanere più a lungo in azienda. In questo contesto, anche le attività di responsabilità sociale dovrebbero essere viste come elemento importante dell’Employer Brand Mix. Due degli aspetti più importanti della responsabilità d’impresa sono la diversità e il work-life balance. Per diversità s’intende il rispetto per le differenze tra gli individui sotto tutti gli aspetti, mentre il work-life balance rappresenta un’estensione della filosofia che incoraggia le persone a trovare un bilanciamento tra la vita privata e il lavoro, permettendo di ridurre lo stress e raggiungere performance più elevate.

- Sistemi di misurazione interna L’utilizzo di un sistema di valutazione, riconosciuto e misurabile è uno stimolo significativo per il miglioramento personale. E’ però necessario che l’azienda utilizzi una corretta misurazione e mantenga le promesse sui risultati.

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- Servizi di supporto La qualità dei servizi di supporto interni forniti ai dipendenti rappresenta una delle aree più difficili nell’Employer Brand, tuttavia delle scarse performance in quest’area possono totalmente minare gli sforzi dell’organizzazione per promuovere l’impegno del brand. Gli altri 6 elementi, qui menzionati, si riferiscono all’attuazione pratica dell’Employer Brand.

- Recruitment e induction Il processo di recruitment è regolato per identificare il tipo di persone che hanno una naturale affinità con i valori del brand. L’Employer Brand si focalizza su questo processo, mentre l’induction rappresenta un’ottima occasione per il Brand Management per illustrare l’organizzazione, cosa si aspetta dalle persone e le aspettative del dipendente nei confronti dell’impresa.

- Gestione del team In molti studi recenti è stato dimostrato che il comportamento dei dirigenti locali è un fattore critico per aumentare l’impegno dei dipendenti. Nel libro “La guerra dei talenti”36 gli autori hanno dimostrato come le buone relazioni con i propri manager siano uno degli elementi più importanti per le decisioni di carriera del personale. Infatti, molto spesso i dipendenti lasciano l’azienda o mantengono basse prestazioni a causa di una cattiva gestione del management.

- Performance Appraisal In un’ottica di Employer Brand è importante cercare di capire in quale misura i valori centrali dell’organizzazione sono incastrati nel processo di valutazione delle prestazioni, infatti, questo dipende dalla qualità dei metodi utilizzati e di come sono applicati a livello locale. E’ necessario che le persone capiscano cosa ci si aspetta da loro e come saranno giudicate. - Learning e Development Queste componenti dell’Employer Brand influenzano sia l’attrattività dell’organizzazione per i potenziali candidati, che l’abilità di mantenere alti livelli di impegno per i dipendenti attuali. Il training permette di creare una base solida per sviluppare le capacità dei dipendenti, mentre il development permette di differenziare l’Employer Brand ed arrivare a livelli più alti d’impegno, nonché maggiore soddisfazione personale.

36

Michaels E., Handfield-Jones H., Axelrod B., 2002, La Guerra dei talenti. Come sedurre e trattenere i manager di qualità, Etas, Milano.tas

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- Ricompense e benefit Mentre la ricompensa è il maggiore simbolo di riconoscimento del valore del dipendente, i benefit sono uno dei fattori critici per la loro motivazione. Dare degli incentivi ed offrire dei premi per il raggiungimento degli obiettivi è uno dei modi più semplici e diretti per dimostrare il valore delle persone.

- Ambiente di lavoro La qualità dell’ambiente di lavoro sembra essere un fattore significativo per determinare l’attraction e la retention. Lo si può intendere in due differenti accezioni. Nel primo caso, le persone vogliono sentirsi stimolate dal lavoro che svolgono e crescere all’interno dell’azienda. Questo a condizione che ci sia il pieno rispetto delle capacità e potenzialità personali. Nel secondo caso s’intende l’ambiente di lavoro in senso stretto in quanto i dipendenti lavorano meglio in strutture moderne, più ampie ed attrezzate. Ai fattori appena elencati da Barrow e Mosley, Amendola37 ne aggiunge altri due: corporate brand (associato alla prospettiva organizzazione) e product (associato alla prospettiva prodotto). Inoltre sostituisce la dicitura Employer Brand mix con Employer Brand Experience, per arrivare allo schema rappresentato dalla figura 2.7. Figura 2.7 Employer Brand Experience

Internal comunication Corporate brand Vision, value e culture Reputation management PERSONA Performance management Work environment Talent management Leadership style

Fattori intangibili

PRODOTTO Learning & development Product Work-life balance Compensation & benefits

Fattori tangibili

EMPLOYER BRAND EXPERIENCE

ORGANIZZAZIONE

Fonte: Amendola, 2008

Come si può notare, viene sottolineata l’importanza dei fattori tangibili ed intangibili, per la loro capacità di influenzare il modo in cui l’Employer Brand è vissuto all’interno dell’azienda. 37

Amendola E., 2008, Corporate Recruiting, Bologna

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La qualità delle Brand Experience, dipende dalla capacità dell’impresa di gestire questi fattori che sono fondamentali per definire la cosiddetta Employer Value Proposition (EVP) e lo sviluppo dell’Employer Brand Promise (EBP). I fattori tangibili sono le leve tradizionalmente utilizzate dall’azienda per le politiche di recruitment e di retention, ma non sono in grado di vincere la competizione per la conquista dei talenti ed assicurare un vantaggio competitivo duraturo. Per questo, assumono un ruolo complementare e di rafforzamento dell’Employer Branding, potendo l’azienda variarne la natura e l’intensità d’utilizzo a seconda delle necessità. Non hanno un ruolo strategico e sono più utili nel breve periodo per azioni di natura tattica. Al contrario, nell’economia della conoscenza gli investimenti nei fattori intangibili tendono sempre più ad aumentare, poiché hanno un ruolo centrale nella definizione dell’employer identity e nella costruzione e percezione dell’Employer Brand. Questi asset aiutano l’organizzazione a creare un posizionamento nel mercato di riferimento che le permette di essere percepita come una realtà distinta dalle altre ed ottenere un vantaggio competitivo stabile.

2.7 EMPLOYER BRAND POSITIONING Il termine positioning viene spiegato da Kotler, il quale lo definisce come “insieme di iniziative volte a definire le caratteristiche del prodotto dell’impresa ed ad impostare il marketing mix più adatto per attribuire una certa posizione al prodotto nella mente del consumatore”. Fino a poco tempo fa, la maggior parte dei modelli di posizionamento del brand erano dominati dalla prospettiva sul consumatore, nonostante il fatto che i dipendenti vivano il brand in un modo differente e siano motivati da altri benefit. Per questo Barrow e Mosley hanno coniato il concetto di Employer Brand Positioning e cioè “l’insieme di iniziative volte a definire le caratteristiche dell’azienda come employer ed a sviluppare la strategia di marketing più adatta per attribuire una certa posizione all’azienda/employer nella mente degli attuali e potenziali candidati e che risulti altresì differenziata rispetto ai competitors”. Nella figura 2.8 viene rappresentato il modello da loro costruito a questo proposito, si osserva che l’obiettivo dell’Employer Brand Positioning non è solo fare in modo che i potenziali employee si ricordino dell’azienda, ma anche associarla ad aspetti qualitativi od a connotazioni ben definite che la rendano unica e distinta dai concorrenti.

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Figura 2.8 Un modello integrato di brand Benefits Fattori differenziali Ragioni per crederci

Punti di contatto Valori e personalità

Benefits Fattori differenziali Ragioni per crederci

Il brand che le persone acquistano Customer brand proposition

Formare una Brand Experience positive per catturare e trattenere i clienti e gestire il brand.

CORE PROPOSITION

Assicurare la Brand integrity

Employer brand proposition Il brand per cui le persone lavorano

Formare una Brand Experience positive per catturare e trattenere i clienti e gestire il brand.

Fonte: Barrow e Mosley, 2005

Dalla figura si può notare che il Customer Brand e l’Employer Brand competono in due differenti mercati tra loro collegati: quello dei prodotti e servizi e quello dei talenti e degli impieghi. L’Employer Brand gioca un ruolo critico nell’attrarre le persone più idonee ed a mantenere elevate le loro prestazioni, attraverso una serie di benefici economici, funzionali ed emotivi (ad esempio opportunità di carriera o crescita professionale). Allo stesso modo, il Customer Brand ha come obiettivo la creazione di un’immagine positiva e accattivante, capace di attrarre i clienti, ed indirettamente anche i candidati più in linea con l’impresa. Una volta assunti, la reputazione esterna aiuta l’organizzazione a mantenere la loro fedeltà e il loro impegno per trasmettere la brand promise ai consumatori. La Core Proposition è rappresentata dagli elementi distintivi del brand, è la vision e la mission dell’impresa; si crea dall’unione tra la Customer e l’Employer Brand Proposition attraverso una combinazione tra le percezioni esterne dei consumatori e quelle interne dei dipendenti. Entrambe devono essere allineate ed è necessario definire eventuali gap percettivi per assicurare la Brand Integrity.

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Nella figura 2.8 è rappresentato il modello di Brand Positioning teorizzato da Amendola38 per sviluppare e gestire l’Employer Brand Experience. Figura 2.8 Schema Employer Brand Positioning

EMPLOYER IDENTITY

EMPLOYER BRAND PROMISE

VISION/MISSION VALORI

E V P

FATTORI INTANGIBILI (clima/ambiente di lavoro) FATTORI TANGIBILI (retribuzione, benefits, formazione, contratto….)

EMPLOYER BRAND POSITIONING TARGET EMPLOYER IMAGE

Fonte: Amendola, 2008

Per capire bene com’è strutturato l’Employer Brand Positioning è necessario considerare alcuni elementi: • il punto di partenza è l’Employer Identity, ovvero l’identità di un’organizzazione in qualità di datore e di luogo di lavoro, di cui ho già parlato trattando l’Employer Brand Experience; • in misura variabile i fattori tangibili e intangibili contribuiscono a creare l’Employer Value Proposition (EVP), che è il fulcro centrale della strategia di Employer Branding, e rappresenta “tutto ciò che le persone vivono e ricevono nell’ambito del rapporto di lavoro con un’azienda e cioè la soddisfazione per il lavoro, l’ambiente, la leadership, i colleghi, la retribuzione” (Mckinsey). In sintesi è ciò che l’azienda fa per soddisfare i bisogni, le aspettative e i sogni dei propri collaboratori e potenziali candidati (target); • l’espressione in chiave comunicazionale dell’EVP è l’Employer Brand Promise e può essere sviluppato sotto forma di slogan o di claim; • l’obiettivo di questo processo è quello di fare in modo che gli employee, cioè il Target di riferimento, si ricordi l’azienda/employer attraverso la comunicazione dei vari asset, ma anche che nella sua mente, la associ ad aspetti qualitativi e a connotazioni ben definite (Employer Brand Image) per renderla unica e distinta dai concorrenti. Parlando di target, è necessario specificare che, non solo è fondamentale conoscere i potenziali candidati che si vogliono attrarre, ma sapere se le aspettative degli high

38

Amendola E., 2008, Corporate Recruiting, Bologna

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performers esterni, sono le stesse dei talenti che già lavorano in azienda e su cui dovrebbe focalizzarsi l’attività di retention. Infatti, se l’azienda nel processo di attraction e recruiting ha potuto contare sui fattori tangibili e intangibili comunicati, ora dovrà fare in modo che il dipendente riesca a sviluppare le sue potenzialità trovando e percependo una corrispondenza tra la promessa (EB Promise) ricevuta nella fase di attrazione e gli asset effettivi del datore di lavoro. Viceversa gli effetti potrebbero essere due: • il neo-assunto non riuscirà ad essere performante, rispetto alle aspettative dell’azienda; • la sua motivazione subirà un netto calo e abbandonerà prematuramente il lavoro, per cercare un nuovo impiego. Molte aziende che fanno Employer Branding sono più focalizzate sull’attrazione dei migliori e non dedicano sufficiente attenzione alle fasi di inserimento e di gestione delle risorse, d’altro canto la stessa definizione di risorse umane li definisce come tre processi strutturali diversi (area di selezione, formazione e sviluppo). La cartina di tornasole rispetto all’efficacia dell’inserimento del talento in azienda viene poi studiata nella fase di valutazione del processo. Fino ad oggi i dati sul posizionamento delle maggiori aziende vengono offerti da varie società di consulenza che somministrano a target più o meno omogenei questionari o interviste per definire dei ranking di desiderabilità in un’ottica di futura scelta lavorativa.

2.7.1 Employer Value Proposition (EVP) Come ho già spiegato prima l’Employer Value Proposition è la somma complessiva delle esperienze che le persone vivono quotidianamente all’interno di un’azienda: la soddisfazione intrinseca per il lavoro, l’ambiente, la leadership, i colleghi, la retribuzione ed altro ancora. Una EVP particolarmente efficace attira le persone di talento, le stimola, inducendole a dare il meglio di sé e a legarsi emotivamente al proprio lavoro. La proposta di valore per i dipendenti è simile alla proposta di valore per i clienti, per questo deve essere applicata la stessa logica di marketing e rigore metodologico. E’ possibile che l’impresa si trovi a modificare la strategia di business, la struttura organizzativa, la cultura, la qualità dei dirigenti e il sistema di valutazione delle prestazioni. E’ possibile inoltre adattare per l’EVP alcune tecniche diagnostiche utilizzate per sviluppare un prodotto o una strategia di mercato: • valutazione dell’efficacia attuale dell’EVP; • indagine sui bisogni del mercato di riferimento; • individuazione del posizionamento competitivo dell’EVP; • identificazione dei punti di forza e delle aree di vulnerabilità dell’EVP.

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Esattamente come i prodotti, anche l’EVP ha bisogno di un messaggio distintivo collegato al marchio, che deve mettere in luce gli aspetti più irresistibili dell’EVP. Saper comunicare il brand di selezione giusto aiuta ad attirare i candidati ideali. L’EVP è una miscela integrata e composita di tutti gli elementi che caratterizzano un’azienda. Ciascuna impresa ha una propria EVP e cerca di svilupparne una vincente in tutte le dimensioni, tagliandola su misura ed allineandola alle preferenze ed aspettative del target che vuole attrarre, inoltre deve anche risultare più appetibile delle altre alternative di mercato. Deve offrire un lavoro entusiasmante, un ambiente stimolante, una retribuzione allettante e buone opportunità di sviluppo, a questi si aggiunge l’innovazione e il lancio di nuovi prodotti. L’EVP non è un’entità statica, le aziende devono affinarla costantemente per emergere sui concorrenti e contrastare così le minacce provenienti dal mercato. A volte, questi accorgimenti sono graduali, ma in altri casi devono avvenire in tempi brevissimi.

2.8 LO SVILUPPO BRANDING

DELLA

STRATEGIA

DI

EMPLOYER

Nella letteratura del marketing tradizionale il processo di marketing management è costituito prevalentemente da alcuni stadi fondamentali: Ricerca, Segmentazione, Targeting, Posizionamento, Marketing Mix (le quattro P, cioè prodotto, prezzo promozione, punto vendita), Implementazione e Controllo (acquisizione delle informazioni di ritorno, valutazione dei risultati). Applicare un approccio marketing oriented alla gestione delle risorse umane significa perciò utilizzare uno schema molto simile e l’Employer Brand Process rappresenta una valida soluzione in tal senso. Esso consiste in una strategia di marketing finalizzata a creare un’immagine aziendale coerente con l’identità d’impresa come employer. Tale immagine deve risultare in sintonia con il target di dipendenti attuali e potenziali a cui l’azienda fa riferimento, e allo stesso tempo ben distinta da quella dei propri competitors, attraverso la quale attrarre e fidelizzare le persone di talento. Al fine di sviluppare efficacemente una strategia di Employer Brand e tentando di riadattare il modello tradizionale descritto poco sopra, il processo da seguire può essere diviso in 5 fasi39. La prima non rientra del tutto all’interno del processo e riguarda la segmentazione del mercato e l’individuazione del target, mentre le altre 4 sono ben rappresentate nella figura 2.9, definita da Amendola Employer Brand Action.

39

Amendola E., 2008, Corporate Recruiting, Bologna

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Figura 2.9 Schema dell’Employer Brand Action ASSESSMENT Employer Brand Positioning Analysis MONITORING Employer Brand Auditing

PROSPECTIVE Employer Brand Building

DEVELOPMENT Employer Brand Positioning Action Planning Fonte: Amendola E., 2008

Le attività qui menzionate sono riconducibili alle 4 fasi del processo, tre (Assessement, Prospective e Monitoring) sono azioni di natura strategica, la quarta (Development) individua azioni di natura più operativa e legate principalmente alle attività di comunicazione dell’employer brand.

2.8.1 Segmentazione del mercato ed individuazione del target La segmentazione del mercato è spesso il primo step dello sviluppo e gestione del brand, nel contesto dell’Employer Brand il profilo generale del target inizia con una definizione dei valori e degli atteggiamenti che l’organizzazione sta ricercando tra tutti i dipendenti. Un altro modo di segmentare il mercato è in base ai livelli d’esperienza e ai tipi di abilità e competenze. Questo bisogno non è esaustivo, ma aiuta a capire verso quali canali deve indirizzarsi l’impresa. Le fonti del talento. Se è chiaro il target generale, risulta più semplice condurre ricerche sui bisogni specifici e sulle aspirazioni di ciascun segmento e capire il livello di consapevolezza e percezione dell’organizzazione. Diventa anche più facile monitorare la capacità di attrarre i candidati più idonei. Per definire un’efficace strategia di Employer Branding è fondamentale individuare il target di riferimento a cui è rivolta. Si definisce target interno l’insieme delle persone di talento già presenti in azienda ossia gli high performer che contribuiscono al successo aziendale, creando valore per il cliente e per l’organizzazione nel suo complesso. A loro sono dedicate le strategie di retention e fidelizzazione.

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Per contro, il target esterno diventa il modello su cui sviluppare la strategia di recruiting; le cui caratteristiche sono identificate sulla base dei tratti del target interno. La macro segmentazione tradizionale si basa sull’età anagrafica dei job seeker, ma, ne esiste un’altra molto più utile in un’ottica di Employer Branding, che suddivide il mercato in base al livello di propensione nella ricerca del lavoro. In questo modo è possibile attrarre ed assumere non soltanto candidati attivi (coloro che stanno cercando lavoro), ma anche candidati passivi tra i quali spesso si nascondono talenti o particolari skill richiesti dalle aziende. Il grafico 2.10 chiarisce meglio il funzionamento di questa segmentazione. Esso è costruito in base a due parametri: il livello di passività dei candidati e la propensione a cambiare lavoro dei medesimi. Si nota che più alto è il livello di passività del candidato potenziale, maggiore sarà l’impegno richiesto dall’azienda nell’attrarre ed assumere queste persone. Figura 2.10 Segmentazione della forza lavoro

Candidati passivi

+

CANDIDATI PASSIVI Persone già occupate e pienamente soddisfatte del proprio lavoro. (N.B. le motivazioni possono cambiare in futuro) CANDIDATI SEMI PASSIVI Persone già occupate e soddisfatte del proprio lavoro. Sono comunque sempre alla ricerca di alternative migliori. CANDIDATI SEMI ATTIVI Candidati Persone già occupate ma che non semi attivi sono totalmente soddisfatte del proprio lavoro.

Candidati semi passivi

Livello di passività

Candidati attivi -

Propensione a cercare

CANDIDATI ATTIVI Persone in cerca di primo impiego (neolaureati) e/o di un’occupazione più gratificante.

+

Fonte: Amendola, 2008

Scendendo lungo la curva, troviamo i candidati passivi, cioè coloro che sono pienamente soddisfatti del lavoro che svolgono e non hanno intenzione di cercare altre opportunità. Riuscire ad attrarli è molto difficile, ma vanno considerati in quanto permettono di conoscere altri candidati. I secondi sono i candidati semi-passivi, persone occupate e soddisfatte del loro lavoro, ma propense a cambiare se si manifesta un’opportunità alternativa significativamente migliore di quella attuale. In questo caso

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lo sviluppo d’efficaci piani di attraction e recruiting sono supportati da una campagna aggressiva di networking o da azioni promosse dagli head hunting. Continuando, si trovano sul grafico i candidati semi attivi che, pur trattandosi di persone già occupate, non sono, totalmente soddisfatti del proprio lavoro. Per riuscire a raggiungerli si utilizzano job board ed Employee Referral Program che spiegherò meglio più avanti. All’ultimo posto vi sono i candidati attivi che costituiscono, ancora oggi, il principale target delle aziende. E’ il segmento dei neolaureati, ma anche dei professionisti in cerca di nuove esperienze, sul quale le aziende continuano a concentrare la loro attenzione.

2.8.2 Analisi della concorrenza e del posizionamento attuale dell’Employer Brand (assessment) Questa fase di assessment è la più delicata ed interessante del processo, poiché attraverso ricerche rivolte al target, viene analizzato l’attuale posizionamento e reputazione/immagine dell’azienda sul mercato del lavoro. In particolare, viene anche costruito e sviluppato l’Employer Brand. Lo sviluppo di questa azione strategica richiederà una prima fase di approfondimento di ciò che contraddistingue l’azienda come corporate, con particolare riferimento alla visione e missione aziendale, nonché agli obiettivi futuri di business ed al modo con cui l’azienda ha intenzione di raggiungerli. Inoltre si cercherà di analizzare e comprendere bene la sua cultura ed il suo prevalente sistema di valori interni (brand value). Questo aspetto è d’enorme rilevanza per lo sviluppo di una valida Employer Identity. A queste analisi devono poi aggiungersi ulteriori indagini quali - quantitative interne ed esterne in grado di fornire informazioni più specifiche e funzionali allo sviluppo di una strategia di Employer Branding. Come, ad esempio, il bisogno di conoscere come gli attuali dipendenti considerano la propria azienda, in modo particolare coloro che occupano posizioni in grado di promuovere o criticare la cultura aziendale. Allo stesso modo è importante capire che considerazione hanno i giovani talenti dell’impresa in questione. Per citare solo alcune delle ricerche che ormai puntualmente ogni anno vengono svolte per esaminare il mercato del lavoro esterno, si può richiamare l’attenzione sulla ricerca Best 10040, elaborata dalla società di consulenza nel campo delle risorse umane People Value. Questa indagine, viene condotta su migliaia di persone in età lavorativa, residenti in tutte le ragioni italiane, e che navigando all’interno delle sezioni dedicate al lavoro dei portali Virgilio, Libero, Tiscali, Excite, Studenti.it, liberamente scelgono di esprimersi sulle loro preferenze in merito alla migliore azienda nella quale lavorare e sui loro comportamenti e i canali maggiormente utilizzati per raccogliere informazioni sulle offerte di lavoro e sul profilo employer delle aziende. Secondo tale survey, che ogni anno fotografa il marchio aziendale nei confronti del mercato del lavoro, nel 2008 in 40

www.peoplevalue.it

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testa alla classifica come Best Employer of Choice, ossia come datore di lavoro preferito in cui si desidererebbe lavorare, è risultata Ferrari, che attraverso il programma “Formula uomo” vuole valorizzare le capacità delle persone e stimolarne la creatività, dando importanza al contributo dei singoli41. Al secondo posto tra i posti di lavoro più ambiti si trovano invece Barilla ed Eni. Un’altra indagine da citare è poi quella che viene promossa dal Great Place to Work Institute ® che stila ogni anno la lista dei migliori ambienti di lavoro42. Ai dipendenti delle società partecipanti viene consegnato un questionario, i cui risultati sono rielaborati attraverso un Trust Index, per creare una classifica delle aziende migliori. Quest’anno, nella lista delle 35 migliori imprese italiane, la Best Employer of choice, è la Fater, mentre al secondo posto si trova Microsoft Italia, al terzo Coca Cola Hbc Italia e quarto Cisco Systems Italy. Si nota chiaramente che le prime posizioni sono occupate da grandi multinazionali. A queste analisi devono poi aggiungersi ulteriori indagini quali - quantitative funzionali alle esigenze di sviluppo di una strategia di Employer Branding che permettono di: • valutare la coerenza tra l’immagine aziendale percepita dal neoassunto in fase di recruiting e quella percepita dopo la sua assunzione; • comprendere se la promessa fatta in fase di recruiting è stata realmente mantenuta; • capire quali sono i bisogni/desideri che il neoassunto vorrebbe vedere realizzati all’interno del proprio ambiente di lavoro al fine di ridurre l’eventuale rischio di turn-over. Ma non solo, consentono anche di valutare: • la disponibilità dei dipendenti a supportare gli obiettivi ed a condividere i valori aziendali; • il livello di fiducia che viene mostrato nei confronti dei prodotti/servizi forniti dall’azienda; • il livello di orgoglio ed il senso di appartenenza; • il livello di soddisfazione per il proprio lavoro e la fiducia nelle prospettive di crescita professionale; • lo spirito d’iniziativa espresso; • la disponibilità a promuovere l’azienda all’esterno; • l’intenzione e/o desiderio di rimanere in azienda nel tempo. Le informazioni ottenute dalle analisi interne verranno poi confrontate con quelle ottenute dalle indagini esterne poco prima descritte. In sintesi per le aziende si tratta di valutare quali siano, secondo gli intervistati, i principali fattori tangibili ed intangibili (e quindi l’EVP) che tendono meglio a caratterizzare l’azienda/employer. Questa fase d’analisi permetterà, infine anche di identificare quali sono le principali aziende concorrenti. Valutare chi siano le aziende che attraggono lo stesso segmento è essenziale. E come accade oggi sempre più spesso 41 42

AA.VV., 16 dicembre 2006, “Il posto ideale è alla Ferrari”, in Il Sole 24 Ore, Tamos. E., 12 dicembre 2008, “Meglio lavorare qui”, in Il Corriere della Sera

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le aziende scoprono che può trattarsi di organizzazioni che possono appartenere a settori anche molto differenti e apparentemente lontani dal proprio. L’insieme di queste informazioni, raccolte attraverso le indagini interne ed esterne, forniranno, dunque, un quadro sintetico ed esaustivo sull’attuale “Employer Brand Positioning” ed aiuteranno a comprendere meglio se l’azienda possegga o meno una buona “brand personality”. Le informazioni ottenute dalle analisi interne verranno poi confrontate con quelle rivolte al target esterno e cioè ai potenziali candidati verso ai quali l’azienda rivolge particolare attenzione.

2.8.3 Employer Brand Building (prospective) Dopo aver ottenuto tutte le informazioni necessarie grazie alle indagini svolte nelle fasi precedenti, l’azienda procederà con la definizione della propria identità aziendale nel mercato del lavoro. L’obiettivo è quello di dare personalità all’azienda rendendola differente da altre realtà (Employer Brand Positioning) e differenziare la sua offerta da quella dei competitors. Questa è la fase più creativa dell’intero processo di sviluppo dell’Employer Brand, nella quale l’azienda definisce la propria Employer Brand Promise, ovvero trasforma in chiave comunicazionale la propria Employer Value Proposition. Nella figura 2.11 viene mostrato il meccanismo del processo, che porta ad un messaggio costruito per creare appeal presso il target di riferimento ed attivarlo in termini emotivi. Figura 2.11 Employer Brand Building Brand values Cultura Brand Personality

BRAND ESSENCE

Assicura integrità del Brand

Benefits Differentation

EMPLOYER BRAND PROMISE

Attraction e retention drivers

Fonte: Amendola, 2005

Nella costruzione del messaggio è necessario considerare la Brand Essence, ovvero i vincoli derivanti dai valori, dalla cultura e dalla personalità del brand, per formulare un messaggio coerente e congruente con i contenuti, i colori, gli slogan utilizzati per il mercato dei consumatori. In questa fase è necessario rifarsi allo step precedente per capire quali motivi spingono un candidato/dipendente di valore a lavorare per un’azienda ed individuare i driver più corretti su cui impostare il messaggio e basare la campagna. Su quali fattori puntare? 85


Tangibili o intangibili? Cosa è assolutamente necessario inserire, rispetto ai bisogni chiave delle persone? Dopodiché si cercherà di valutare le precedenti scelte di comunicazione a livello corporate e poi quelle già effettuate nell’ambito del recruiting con particolare riferimento agli annunci pubblicati sui quotidiani e al tipo d’informazioni che l’azienda trasferisce attraverso la career section del proprio corporate web site. Attraverso un’attenta analisi dei contenuti, viene definita l’Employer Brand Promise, ovvero una linea grafica e visuale coerente con l’identità dell’azienda e uno slogan (“claim”) attraente da utilizzare come strumenti di comunicazione esterna. A tale scopo possono essere realizzati: brochure di presentazione del profilo dell’azienda, ma anche strumenti più tradizionali quali flyer, business card, gadget vari, poster, postcard, newsletter, newspaper advertising, presentazioni in power point. Vi sono poi strumenti interattivi di grande rilevanza come l’Employment Web Site e gli stand all’interno di Job Fair. La scelta della linea di comunicazione da sviluppare richiede un confronto con l’area marketing o con chi ha già curato la comunicazione interna o esterna per il gruppo. E’ un passaggio importante perché permette di inserire l’attività di Employer Branding con i piani di comunicazione a livello Corporate. Purtroppo questa necessità di integrazione porta spesso l’azienda a considerare questa strategia come un’attività collaterale a quella corporate, con il rischio di bloccare o rallentare l’efficacia della strategia. Ciò dipende molto dal potere contrattuale delle funzioni HR e marketing e comunicazione e quindi dal peso che esse hanno sui processi decisionali interni. Non va dimenticato inoltre, da parte delle funzioni risorse umane, di cercare di ottenere, un alto “commitment” interno che sia trasversale ed interfunzionale rispetto alle guide individuate che saranno comunicate all’esterno.

2.8.4 Comunicazione dell’Employer Brand (development) Una volta analizzate le esigenze del target e scelti i driver su cui far poggiare la campagna di Employer Branding, si passa alla scelta dei canali media più idonei a trasmettere l’immagine dell’azienda ai dipendenti attuali e/o potenziali, dando loro la stessa importanza. Infatti, “retention” e “recruitment” sono facce della stessa medaglia, perché un’azienda deve essere sicura che il clima aziendale esistente sia perfettamente coerente con il messaggio che si sta rivolgendo ai potenziali candidati. L’obiettivo principale di questa fase del processo è quello di ottenere l’equilibrio tra identità ed immagine, dove per identità s’intende ciò che l’impresa vuole essere, ossia un concetto ideale la cui realizzazione è lo scopo della strategia aziendale. L’identità definita rappresenta dunque obiettivo che l’azienda si è prefissata di raggiungere e la comunicazione è lo strumento per farlo. Un’impresa con forti contraddizioni tra l’immagine trasmessa di sé e quella reale potrà attrarre le menti migliori, ma non avrà mai la capacità di trattenerle. A livello di comunicazione interna, sarà necessario focalizzarsi sugli aspetti organizzativi e culturali, facendo in modo che i dipendenti possano sentire l’impresa 86


come una realtà propria (senso d’appartenenza) nella quale si sentono soddisfatti di lavorare. I sub-obiettivi dell’attività di comunicazione posta in essere durante tale fase del processo potranno essere: • creare o incrementare la notorietà; • rafforzare i tratti distintivi da mantenere; • creare nuove caratteristiche e attributi coerentemente con le variazioni dell’identità; • differenziare l’impresa; • creare e sviluppare relazioni col target che siano incentrate sia su aspetti razionali che emotivi. Tra gli strumenti utilizzabili, per la comunicazione interna dedicata alla retention si possono citare: il welcome book nella fase d’inserimento dei candidati, vision meeting, house organ, newsletter, poster, brochure, ma anche manuali e/o presentazioni visive della marca e manuali operativi interni, in cui per ogni area aziendale viene resa esplicita l’identità dell’azienda. Da sottolineare in particolare è il ruolo svolto dall’intranet aziendale che consente di descrivere e comunicare ai dipendenti gli obiettivi di business da raggiungere, rende più agevole la comunicazione degli incentivi ad essi connessi e le osservazioni dei dipendenti; consente di rendere note facilmente le posizioni professionali vacanti all’interno dell’organizzazione, agevola la formazione ed in generale le forme d’interazione bi e pluridirezionali. Negli ultimi anni un numero discreto d’aziende sta sperimentando modalità innovative legate alla multimedialità, come ad esempio l’utilizzo di web tv interne per la formazione del personale. Questi strumenti devono, ovviamente, essere accompagnati da una serie di driver gestionali in grado di rafforzare l’immagine fra i dipendenti. Sviluppare, ad esempio, delle politiche di riconoscimento del valore dei singoli lavoratori può essere un ottimo metodo per rafforzare il brand, oppure svolgere azioni finalizzate a migliorare le relazioni tra i vari collaboratori facendo uso di strumenti di relationship marketing. Altri metodi efficaci per attirare l’attenzione intorno all’ambiente di lavoro interno possono essere programmi di erogazione di benefit come, ad esempio, permettere ai cani di entrare in ufficio, offrire sconti per entrare nei fitness club. L’azienda deve anche gestire gli strumenti della comunicazione esterna, valutando sia il livello d’intensità con cui comunicare il proprio Employer Brand, sia il bisogno di copertura geografica. In generale, per esigenze di semplificazione essi si possono classificare in tre gruppi in relazione al livello d’interazione che essi consentono di raggiungere col target. • Il primo gruppo è costituito da tutti quei mezzi che offrono un elevato livello di interazione col pubblico-obiettivo, permettendo di promuovere e consolidare l’immagine presso di esso. Si possono citare le campagne di comunicazione online, l’acquisto di banner, l’invio di newsletter sui siti dedicati al recruiting, il web site istituzionale, i siti delle università, i forum, i blog dedicati. Vi sono poi strumenti come i business game, i 87


colloqui con i candidati durante la partecipazione ai job meeting e ai career fair, le presentazioni nelle università, fino ad arrivare al passaparola tra i dipendenti. • Il secondo gruppo individua invece quei mezzi che consentono un contatto meno diretto, ma altrettanto efficace: la presenza ai convegni, la partecipazione a studi e ricerche, l’intervento di manager aziendali nella didattica universitaria (class guest speaking) o ancora il prender parte ad altri eventi non necessariamente legati al lavoro, ma comunque di richiamo per il target. Tra questi troviamo anche le campagne di comunicazione sugli organi stampa, come l’acquisto di spazi pubblicitari sui giornali e sulle riviste dedicate al recruiting o di settore. • Il terzo gruppo infine si compone di strumenti di comunicazione di massa. Questi si rivolgono ad un vasto pubblico con lo scopo di incrementare la notorietà dell’Employer Brand e dell’offerta professionale dell’azienda. Si tratta principalmente di articoli pubblicitari, di interviste ai personaggi chiave dell’azienda, ma anche pubbliche relazioni, sponsorizzazioni e distribuzioni di gadget. Se a puntare soprattutto sull’utilizzo di quest’ultimo gruppo di strumenti sono soprattutto i programmi di comunicazione di prodotto ed istituzionale, la tendenza s’inverte con le attività di Employer Branding che tendono invece a concentrarsi maggiormente sul primo e sul secondo gruppo43. Non è possibile non considerare gli strumenti che oggi sono messi a disposizione dal web e dall’utilizzo dei social media come veicolo per promuovere l’immagine dell’employer presso il target di riferimento, di questo parlerò nel capitolo successivo. Un modello concettuale utile in questa fase è Employer Brand Contact Approach (o EBCA), rappresentato nella figura 2.12, che mostra la connessione tra il target (segmentato in candidati attivi e passivi) e gli strumenti di comunicazione e di recruiting utilizzati dall’azienda.

43

Articolo, Amendola E., 2003, Employer Branding: sviluppare un’efficace strategia di marketing per attrarre i talenti, HR INNOVATION.

88


Figura 2.12 Employer Brand Contact Approach Metodi passivi

EMPLOYER BRAND CONTACT APPROACH

• • • • • • • • • •

Job posting sul sito web Recruitment fair Giornali Ricerche su job boards Campus recruiting Talent Relationship management Head hunting/HR consultancy Employee referral program Campus recruiting (intership program/class guest speaking) Social networking/blogs

TARGET (attivo e passivo)

Metodi attivi Fonte: Amendola, 2008

Al centro della figura sono rappresentati i vari ”recruiting method”, cioè quegli strumenti di comunicazione e di recruitment che meglio consentono di raggiungere il target. Quanto più la propensione a cercare lavoro dei candidati sarà ridotta, tanto più dovranno essere attivi gli strumenti per comunicare l’Employer Brand, e quindi, i mezzi per attrarre i candidati stessi. Ad esempio, la partecipazione a job fair è sicuramente una buona occasione per rafforzare e comunicare l’immagine aziendale, ma la sua efficacia è maggiore se ci si rivolge a candidati attivi come i neolaureati. Così come azioni di head hunting possono essere efficaci per attrarre candidati passivi, come young professional o senior manager, cioè persone che hanno già esperienza nel mondo del lavoro. Allo stesso modo, lo sviluppo di programmi di internship o classguest speaking possono costituire valide opportunità per coinvolgere candidati passivi come gli studenti.

2.8.5 Monitoraggio e analisi dell’Employer Brand (monitoring) La fase finale dell’Employer Brand Action corrisponde a quella del monitoraggio e del controllo dell’efficacia di quanto sviluppato nelle fasi precedenti. Da quest'analisi l’azienda potrà procedere con il consolidamento delle azioni di Employer Branding sviluppate oppure potrà modificarle, con l’obiettivo di mantenere l’equilibrio identitàimmagine percepita. In linea generale, le aziende nel fare le loro valutazioni si sono basate su dati concreti ed oggettivi quali:

89


• •

la quantità di candidature ricevute durante il periodo d’esposizione al messaggio; il rapporto tra la quantità di curriculum e colloqui di selezione effettivamente svolti e relative percentuali d’inserimento dei candidati; • l’analisi dell’eventuale turnover degli inseriti. Tuttavia è indispensabile integrare queste prime e semplici informazioni con indicatori di efficacia più analitici che richiedono l’adozione di strumenti di analisi decisamente più complessi. A tal fine ci si avvarrà di alcune indagini che verranno sviluppate periodicamente e che costituiranno il principale strumento di monitoraggio dell’employer brand (es. Top Graduates Benchmarking Analysis, Professional Benchmarking Analysis, Graduates Engineering Benchmarking Analysis, etc.). Queste indagini permettono di raggiungere i seguenti obiettivi: • studiare le valutazioni e le aspettative di alcuni segmenti critici del mercato del lavoro per migliorare le proprie strategie di Employer Branding; • monitorare l’evoluzione delle percezioni dei segmenti target sulle attuali offerte di lavoro e sul brand aziendale; • conoscere il livello di notorietà del Corporate Brand ed il posizionamento dell’Employer Brand sui segmenti di mercato individuati; • conoscere chi sono i competitors diretti rispetto ai segmenti ed il grado di competitività interno (benchmarking); • valutare l’efficacia delle azioni di Employer Branding grazie all’utilizzo di strumenti di valutazione (metric) in grado di fornire informazioni sull’evoluzione del posizionamento dell’Employer Brand sui segmenti di mercato identificati. Quindi, ciò significa conoscere la propria posizione come best employer of choice (cioè come azienda preferita come luogo di lavoro) e conoscere anche la propria posizione come strong company (cioè azienda capace di integrare in modo coerente le diverse forme di comunicazione a livello corporate ed employer. Oggi, alcune aziende ritengono opportuno impostare un’attività di feedback circa l’efficacia della campagna anche durante il suo stesso svolgimento in modo da poter apporre dei correttivi. Poter monitorare in corso d’opera la campagna di Employer Branding è strettamente legato alla tipologia di pianificazione media che si è individuata nella fase precedente. E’ auspicabile, in questo senso, la possibilità di scegliere una pluralità di canali ed un timing che non sia troppo limitato per poter intervenire sia sul messaggio che sul canale. Tra gli errori che possono essere commessi sviluppando e attuando una strategia di Employer Branding quelli più comuni sono44: • Errata definizione del target gli errori si sono verificati nella valutazione degli high performers e ciò ha portato ad attrarre e trattenere persone che non rappresentano l’eccellenza per l’impresa, con conseguenze sugli obiettivi di business; 44

Hatch m., Schultz M., gennaio-febbraio 2001, “Are the strategic stars aligned for your corporate brand?”, in Harvard Business Review, pp.129-134

90


Gap di comprensione carenza di rilevazioni e/o errata interpretazione dei dati di analisi preliminari. L’identità è stata definita in maniera da non risultare in sintonia col target e/o non differenziata dalla concorrenza; • Vision-culture gap il programma di comunicazione non risulta efficace nel far comprendere la nuova identità e/o nel catturare il consenso di chi la deve realizzare. L’impresa comunica ciò che non è (situazione di ipervalutazione), col rischio di essere attrattiva nel breve termine, ma deludente sul lungo periodo; • Gap di comunicazione il programma di comunicazione non risulta efficace in termini di conseguimento degli obiettivi di notorietà e connotazioni desiderate. Si è in presenza di una situazione di ipovalutazione, dovuta ad errori nella comunicazione. Come è auspicabile intervenire nella fase di attraction per colmare eventuali gap tra la percezione esterna e la promessa che il messaggio comunica, è altrettanto auspicabile che la funzione risorse umane intervenga anche nella fase di retention, per colmare eventuali distanze tra la situazione “reale” e la percezione che i dipendenti hanno delle politiche di gestione del personale.

2.8.6 Employer Brand Metric Se è vero che l’Employer Branding gioca un ruolo importante nell’attrarre e mantenere le persone di talento, allo stesso tempo, può generare un effetto positivo in grado di supportare efficacemente le politiche di Corporate Branding rivolte al cliente. Questo è vero per quelle aziende che si rivolgono ad un mercato del consumo dove spesso il cliente corrisponde al potenziale e/o attuale dipendente. Organizzazioni come Vodafone, Tim e Fiat sono validi esempi di queste realtà. Esistono, comunque, situazioni nelle quali il legame tra le due forme di comunicazione è molto meno forte. E’ il caso delle aziende come Abb, Bosch, Accenture, il cui mercato del consumo è costituito prevalentemente dal B2B ed è quindi ben distinto dal mercato target del lavoro. Esistono vari sistemi per comprendere meglio questi aspetti, tra questi mi vorrei soffermare sul BCI index (Brand Communication Interactive Index), un indice che permette di capire in che modo le due forme di comunicazione (Corporate ed Employer Branding) interagiscono tra di loro, ma soprattutto quali sono gli effetti in termini di posizionamento del brand sul mercato target e rispetto alle aziende concorrenti. Questo indicatore grafico è in grado anche di esprimere sinteticamente il grado d’interazione tra la notorietà (Brand Awareness) e l’Employer Brand. Il BCI index è quindi il risultato di tre principali analisi: Corporate Brand Analysis, Employer Brand Analysis e Brand Awareness Analysis. Con la prima si ottengono informazioni sul grado d’apprezzamento dell’immagine istituzionale dell’azienda. Attraverso la seconda si hanno informazioni sul grado 91


d'apprezzamento dell’impresa come employer of choice, cioè come datore di lavoro ideale per cui lavorare. Infine, la terza analisi permette di ottenere informazioni sul grado di notorietà del brand, vale a dire su quanto è realmente conosciuto. A questi si aggiunge l’identificazione del target che può essere coincidente oppure differente. Esso considera due aspetti: • BCI index 1: rank position come best employer of choice dal rapporto tra il Brand Awareness e l’Employer Brand; • BCI index 2: rank position come best corporate brand dal rapporto tra il Corporate Brand e l’Employer Brand. Il primo grafico rappresentato nella figura 2.13 mostra la relazione tra il Brand Awareness e l’Employer Brand, cioè il BCI index 1. I valori sull’asse delle ordinate del grafico si riferiscono al numero dei laureati che conoscono il brand delle aziende (notorietà del brand). Sull’asse delle ascisse ci si riferisce invece al numero dei laureati che hanno interesse ad andare a lavorare nelle aziende di riferimento45. Figura 2.13 BCI index 1 (Brand Awareness VS Employer Brand) 30%

A

B

Brand Awareness

25% Danone ● UniCredito ●

20% 15% 10%

● Blockbuster

D

Azienda X ●

Manpower ●

5% 0%

Adecco ●

Ras ●

● Adecco ● Blockbuster ● Danone ● Manpower ● Ras ● UniCredito

0%

5%

10%

15%

20%

C

25%

Employer Brand Fonte: Rielaborazione dati di Anthea Consulting Group

Le aziende nel quadrante A (caso Ras e Blockbuster) sono molto conosciute dal campione dei neolaureati, ma questi non ne apprezzano sufficientemente l’immagine come employer. In questo caso le imprese dovrebbero costruire o ridefinire la loro strategia di Employer Branding. E’ evidente che un’ipotetica organizzazione X nel quadrante C, pur essendo meno conosciuta dal campione totale dei neolaureati rispetto 45

Questo grafico ed il successivo scaturiscono da un’indagine condotta nel 2008 da Anthea Consulting ed Atmen su 1200 laureati

92


alle altre aziende, tende ad essere apprezzata come employer da coloro che la conoscono. Vantaggio che potrebbe estendere ad un maggior numero di laureati se s’impegnasse a sviluppare un buon piano di comunicazione, per sviluppare una maggiore notorietà. Il BCI index 2, rappresentato nella figura 2.14, mostra invece la relazione tra il Corporate Brand e l’Employer Brand, dove sull’asse delle ordinate si trova la percentuale di laureati che ha espresso il proprio apprezzamento nei confronti dell’immagine istituzionale, mentre i valori evidenziati sull’asse delle ascisse si riferiscono al numero dei laureati che hanno manifestato interesse a lavorare nelle aziende di riferimento. Figura 2.14 BCI index 2 (Corporate Brand VS Employer Brand) 30%

A

B A. B. C. D.

Corporate Brand

25% 20%

Blockbuster ●

UniCredito ● Danone ●

15% ● Accenture Alleanza Assicurazioni ● ● Adecco Decathlon D 5% ● KPMG Metis ● ● 0% 0% 5% 10% 15%

10%

C

20%

Best Corporate Strong Company Best Employer Weak Company

● Accenture ● Adecco ●Alleanza Assicurazioni ● Blockbuster ● Danone ● Decathlon ● Metis ● UniCredito

25%

Employer Brand Fonte: Rielaborazione dati di Anthea Consulting Group

Nel quadrante A (caso Blockbuster) si trovano le “best corporate”, cioè organizzazioni con un basso livello di appeal come employer ed un alto livello di gradimento per la loro immagine istituzionale. In questi casi, la politica di Corporate Branding è molto incisiva, al contrario, la strategia di Employer Branding risulta poco efficace. Il quadrante B rappresenta (caso Unicredito e Danone) la posizione migliore e raggruppa le “strong company”, ovvero le aziende con un alto livello di gradimento dell’immagine ed un alto livello di appeal come employer. Le strategie di Corporate ed Employer Branding attuate sono molto efficaci, più integrate ed in grado di produrre un effetto di rafforzamento reciproco. All’interno del quadrante C ci sono le “best employer” (caso Adecco), imprese con un alto livello di appeal come employer ed un 93


basso livello di gradimento dell’immagine corporate. Si tratta di organizzazioni che hanno adottato un’efficace strategia di Employer Branding ed una politica di Corporate Branding poco invasiva. Il quadrante D mostra le “weak company” (tra cui KPMG, Metis, Vedior e Decathlon), cioè le aziende con un basso livello di appeal come employer e di gradimento della propria immagine istituzionale. E’ il risultato di strategie inesistenti, poco efficaci o di imprese meno note. La posizione più delicata e svantaggiata in cui si trovano può costituire un chiaro segnale d’allarme ed uno stimolo per portare il proprio brand verso posizioni più positive e competitive rispetto ai concorrenti diretti del settore.

2.9 I BENEFIT DELL’EMPLOYER BRAND Lo schema dell’Employer Brand Benefits, rappresentato nella figura 2.15. mostra che il risultato finale di una strategia di Employer Branding è la profittabilità. Però questa non è che la conclusione di diversi passaggi che apportano all’azienda alcuni importanti benefici, tra cui non vi è solo il miglioramento della capacità di attrarre candidati di talento, ma anche la riduzione dei costi sui processi di recruiting e retention; l’aumento del livello di engagement dei dipendenti; l’incremento della produttività della forza lavoro e la riduzione del turnover. Figura 2.15 Employer Branding Benefits Candidate attracting

Employee satisfaction

Employee engagement

Customer satisfaction

Customer loyalty

Profittability

Fonte: Amendola, 2008

Questi risultati vanno poi ad incidere sugli obiettivi di business sulla crescita del valore aziendale, in quanto aumenta la soddisfazione e la fedeltà del consumatore. Secondo alcune ricerche fatte da alcune organizzazioni come la Hewitt Association (USA), il Conference Board (UK)46 e The Economist (UK)47, i tre maggiori benefici dell’Employer Branding riguardano in linea generale la diminuzione dei tempi e dei costi di recruitment, l’aumento dell’attaccamento/impegno dei dipendenti e la retention dei talenti.

46 47

Survey, , 2000/2001, Emerging trends in Internal Branding, Lincolnshire, IL The Economist, 2003, Employer Branding Survey

94


Questi benefici non rappresentano necessariamente dei vantaggi in termini di business, ma possono contribuire significativamente sull’organizzazione in generale. Nel dettaglio essi sono:

- Riduzione dei costi Se il ruolo primario del brand è generalmente quello di aggiungere valore, un forte Employer Brand è un elemento importante nella riduzione dei costi. Un fattore rilevante di spesa per un’azienda è quello del rimpiazzo dei dipendenti. Un’efficace strategia di Employer Branding permette una riduzione del turnover e porta l’impresa ad avere un vantaggio competitivo nei confronti dei concorrenti, dovuto alla riduzione dei costi di ricerca, selezione ed assunzione del personale, nonché la possibilità di godere di alti livelli di employer retention. Mentre il recruitment e la retention rappresentano le aree più visibili dove i costi possono essere contenuti, ci sono molte ricerche che suggeriscono come alti livelli d’attaccamento all’azienda possono ridurre le assenze per malattia (con i conseguenti costi indiretti in termini di perdita di produzione ed efficienza) e far diminuire gli sprechi di materiale, i furti, e gli errori di inventario.

- Aumento dell’attaccamento all’azienda ed impegno sul lavoro La riduzione del turnover aumenta l’employee retention, ma porta anche al miglioramento dei rapporti dipendente/azienda e, tra colleghi. Verso l’esterno, tutto questo si traduce in una maggiore customer satisfaction, che risulta importante in un mercato particolarmente competitivo come quello di oggi, dove la differenziazione tra i prodotti è sempre meno rilevante. In questo contesto è la qualità del servizio ad assumere un ruolo fondamentale, ovvero il modo in cui i dipendenti si comportano verso i consumatori. La relazione tra il livello attaccamento all’azienda e la customer satisfaction è stata dimostrata da un grande numero di studi e non si trova soltanto nelle organizzazioni che operano nel settore dei servizi, ma anche in quelle operanti nel mercato industriale. Esiste anche una stretta correlazione tra un forte Employer Brand, alti livelli di employee engagement e performance finanziarie. Da uno studio dell’International Survey Research (ISR)48 svolto in Europa su 41 compagnie nel settore dell’industria tra il 2003 ed il 2005 risulta che quelle con alti livelli d’impegno da parte dei dipendenti hanno aumentato i loro margini operativi del 3,74%, mentre quelle con bassi livelli di engagement dei lavoratori hanno subito una diminuzione del 2,01%. Contemporaneamente è stato rilevato che nel primo caso c’è stato un aumento dei profitti netti del 2,06%, mentre nel secondo si è avuto un declino dell’1,38%.

48

Employee Commitment in Europe: Characteristics, Causes and Consequences, ISR, 2006

95


- Trovare e trattenere i talenti Il beneficio principale di avere una chiara Employer Brand Proposition è il ruolo che può giocare nell’aiutare ad attrarre e mantenere candidati di buona qualità. Se l’organizzazione ha piani di crescita ambiziosi, ma un basso profilo, è spesso faticoso trovare le persone giuste per raggiungere i propri obiettivi. Perciò l’attività di Employer Branding può aiutare a chiarire quali sono i traguardi che l’azienda vuole raggiungere nel lungo periodo, il tipo di persone che sta cercando per sviluppare il business e le caratteristiche che la rendono distintiva e di successo. Oggi, queste peculiarità non risiedono più in regole formali di valore, ma sono sempre più spesso legate a dei significati culturali che, se opportunamente esplicitati, possono creare un forte senso d’appartenenza ed identificazione tra individuo ed impresa e far sentire il dipendente “speciale”. La capacità dell’Employer Branding di catturare e comunicare lo spirito e l’essenza dell’organizzazione diventa molto importante quando una compagnia decide di espandersi internazionalmente o nel caso di fusioni ed acquisizioni. Questi interventi vedono la necessità di trasportare i valori propri dell’azienda nel nuovo mercato e portano a dei forti cambiamenti nell’organico, in quanto c’è la necessità di integrare tra loro dipendenti con caratteristiche e culture diverse. In quest’ambito, il beneficio di una strategia di Employer Branding è di definire i valori del brand e comunicare efficacemente la sua distintività adeguandoli al nuovo contesto per garantire la crescita e la prosperità futura. Oggi, accanto a questi benefici, ne possiamo trovare altri, ugualmente importanti.

- Benefici sul brand Ogni impresa, durante il suo ciclo vitale, sente la necessità di reinventarsi e questa transizione è spesso accompagnata da una nuova identità come Corporate. In una fase così critica, la maggioranza dei dipendenti rischia di confondere questi cambiamenti come un semplice rinnovamento grafico, perciò lo sviluppo dell’Employer Branding assicura che il cambiamento sia comunicato chiaramente e venga percepito dai lavoratori come un rinnovamento delle intenzioni e dei valori, una rivitalizzazione del brand ed una trasformazione dell’identità dell’impresa. In molti casi il cambiamento è accompagnato da una nuova promessa o un nuovo servizio ai consumatori (brand repositioning). Il ruolo dell’Employer Brand è allora quello di assicurarsi che i dipendenti la interiorizzino e la trasmettano il più accuratamente possibile ai consumatori. Infatti, se il Brand non viene capito dai lavoratori, essi non saranno capaci di comunicarlo efficacemente e l’investimento in marketing sarà stato controproducente. Allo stesso modo, il ruolo dell’Employer Brand diventa cruciale nel caso di una riduzione dei profitti dovuti ad alcuni cambiamenti delle condizioni del mercato o a dei comportamenti scorretti dell’organizzazione che hanno intaccato la reputazione dell’azienda. In questo caso, viene utilizzato per ricreare un senso d’appartenenza all’azienda e riportarla alla crescita. 96


- Benefici per le risorse umane Le risorse umane hanno bisogno di adottare una prospettiva sempre più strategica e l’approccio dell’Employer Brand può essere utile in questa transizione, in quanto si concentra su due nodi centrali per la gestione strategica delle HR. Il primo di questi è il crescente ruolo della funzione Risorse Umane, sia come partner strategico al business ed aiuto nell’implementazione dell’agenda, ma anche come rappresentante e punto di riferimento per i dipendenti. In questo caso, l’Employer Brand facilita il riconoscimento all’interno dell’azienda di questi ruoli. La seconda sfida è la necessità di considerare le HR come agenti di cambiamento e guardiani della stabilità dell’azienda, cioè cercare di bilanciare i cambiamenti necessari al business, con i modelli di comportamento aziendali. Un ulteriore grande beneficio nell’adozione dell’Employer Brand è la possibilità di una totale integrazione e/o coordinamento delle funzioni HR con il business, creando una stretta relazione tra il brand interno (quello visto e vissuto dai dipendenti) ed esterno (sia dei consumatori, che dei potenziali candidati) e risolvere gli eventuali conflitti.

- Benefici per il marketing La prospettiva di Employer Brand può ampliare la sfera d’influenza del marketing sulla comunicazione del Brand, rendendo quest’aspetto del marchio più profondamente radicato nella struttura, nel processo e nel comportamento dell’organizzazione. Inoltre, può aiutare a fornire un ponte efficace tra il marketing e le risorse umane e, in generale tra il marketing e la leadership agenda per i cambiamenti dell’organizzazione. La gestione dell’Employer Brand può anche aiutare a sviluppare un maggiore impatto e credibilità dei programmi di marketing interno, che cercano di promuovere la comprensione del brand ed il ruolo fondamentale giocato dai dipendenti nell’esprimere una consistente Brand Experience.

- Benefici per la comunicazione interna I dipendenti risultano raramente soddisfatti della qualità della comunicazione interna nell’azienda. Essi generalmente si sentono sovraccarichi d’informazioni irrilevanti ed inconsistenti derivanti da molte fonti, invece generalmente apprezzano piani di comunicazione coerenti. Il beneficio principale di utilizzare l’Employer Brand è il modo in cui incoraggia i manager a concepire la comunicazione con i dipendenti allo stesso modo di quella con i clienti; esso rinforza il ruolo strategico della comunicazione interna nel capire come le persone percepiscono l’organizzazione e chi la dirige, infatti, raramente hanno fiducia di un management che continua ad inviare messaggi inconsistenti. Concludendo, il beneficio finale che si può ottenere è una maggiore chiarezza, un minor sovraccarico d’informazioni e un conseguente miglioramento dell’impegno, delle performance ed un maggiore rispetto professionale per i propri capi.

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CAPITOLO TERZO EMPLOYER BRANDING: LE APPLICAZIONI ALL’INTERNO DELLA FUNZIONE HR E GLI STRUMENTI 3.1 EMPLOYER BRANDING: RECRUITING & ATTRACTION Il sistema di ricerca e selezione del personale può essere definito come quel “processo manageriale che si occupa dei legami esistenti tra gli obiettivi strategici d’impresa e le scelte in tema di definizione quali - quantitativa delle risorse umane, fornendo al tempo stesso una strategia d’acquisizione del personale che sia efficace polisticamente”49. La crescente complessità dei mercati ha contribuito a far sviluppare nelle organizzazioni una maggiore consapevolezza dell’importanza delle Risorse Umane e della necessità di integrarle alle altre funzioni operative: la competitività di un’azienda dipende fortemente dalla capacità di individuare le risorse adatte a favorire lo sviluppo completo delle potenzialità organizzative, l’incertezza attuale dei mercati, l’interdipendenza dei soggetti economici, la vaghezza delle transazioni richiedono sempre più alle organizzazioni di dotarsi di risorse in grado di fornire risposte adeguate alle richieste esterne, coerentemente con le necessità aziendali. Relativamente al recruiting, non ci si limita più solo a gestire in modo reattivo le fonti per soddisfare i fabbisogni di personale espressi dalle varie unità organizzative. La “guerra per i talenti”, infatti, ha fatto emergere chiaramente la correlazione esistente tra lo sviluppo dell’azienda e la qualità delle risorse inserite e ha spinto la competizione per accaparrarsi gli High Performers più a monte di tale processo, pressando le imprese ad anticipare il fabbisogno, pilotando in modo attivo le fonti di reclutamento, fino ad influenzarle secondo le proprie finalità ed esigenze di business. Queste azioni rientrano in un insieme più ampio e strutturato di attività che è appunto l’Employer Branding che mira a costruire all’interno dell’organizzazione un ambiente lavorativo attrattivo, stimolante e a comunicarlo efficacemente all’esterno, per attrarre le risorse più valide sul mercato e all’interno, per trattenere e motivare le risorse umane ad alto potenziale di sviluppo. L’attività di selezione non si limita più alla sola fase della scelta del candidato più adatto a ricoprire un determinato ruolo. In effetti, in un contesto governato dal cambiamento discontinuo, l’individuazione e l’inserimento di nuove risorse è fondamentale per mantenere vitale l’organizzazione: tenendo conto delle potenzialità evolutive della persona e non solo della sua adattabilità al ruolo, nonché, valorizzando e integrando le conoscenze, capacità e competenze individuali.

49

Alessandrini G., 2004, Pedagogia delle risorse umane e delle organizzazioni, Guerini e Associati, Milano, (capitolo XV di Roberto Caire).

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3.2 RECLUTAMENTO E SELEZIONE DEL PERSONALE NELLE ORGANIZZAZIONI: ARTICOLAZIONE E FASI DEL PROCESSO I termini di “reclutamento” e “selezione” sono spesso abusati e confusi. In realtà, con il primo si considerano tutte le azioni e gli strumenti per entrare in contatto con i candidati, mentre con il secondo s’intendono le modalità e gli strumenti che consentono una scelta efficace, cioè coerente con le necessità aziendali. In ambito organizzativo essi si collocano in una posizione che potremmo definire di confine, infatti, operano come un filtro che regola i rapporti e gli scambi tra i fabbisogni qualitativi e quantitativi dell’impresa e il contesto esterno, costituito dal mercato del lavoro e delle professioni, dalla scuola, dall’università, dagli istituti di formazione professionale, dalle scuole di management. Il processo di reclutamento, selezione e inserimento è di norma articolato in una serie di fasi che devono essere definite ed utilizzate secondo le caratteristiche e le necessità dell’azienda, esse sono strettamente interconnesse le une alle altre sono rappresentate nella figura 3.1. Figura 3.1 Il processo di selezione, dalla ricerca all’orientamento. Definizione del fabbisogno quali e quantitativo delle risorse RICERCA Fonti interne/esterne e strumenti

Preselezione, selezione, creazione di una rosa di candidati SELEZIONE Tecniche di selezione: test, questionari, interviste individuali e di gruppo

Accoglimento ORIENTAMENTO Inserimento Fonte: elaborazione personale

Vediamo brevemente ognuna di queste fasi.

1) La ricerca Nell’ambito delle funzioni di gestione del personale, la ricerca si colloca temporalmente al primo posto. Nonostante essa venga spesso attivata in base a necessità contingenti

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(posizioni vacanti), questa, attività può essere strutturata attraverso un processo formalizzato in due momenti fondamentali: Definizione del fabbisogno quali e quantitativo di risorse Pianificare i fabbisogni di personale è un processo la cui complessità è cresciuta al crescere delle interdipendenze tra le diverse funzioni all’interno delle organizzazioni. Il tradizionale compito del selezionatore, relativo alla definizione del profilo professionale, alla ricerca e attivazione delle fonti, alla scelta e gestione degli strumenti di valutazione, si arricchisce di nuove competenze, relative alla capacità di lettura delle strategie competitive complessive dell’azienda e delle dinamiche ambientali esterne ed interne che influenzano quelle strategie. In questa fase vengono a scontrarsi da un lato, le esigenze ed aspettative della line che chiede risorse adeguate in tempi brevissimi per raggiungere il target, dall’altro, l’obiettivo più generale del management di acquisire risorse che sappiano integrarsi nel sistema valoriale proprio dell’organizzazione, esprimendo così nel tempo tutto il loro potenziale di sviluppo. Definire i fabbisogni quantitativi significa stabilire quante persone in possesso dello specifico profilo professionale siano effettivamente necessarie all’azienda. Dal punto di vista qualitativo invece vengono determinate le competenze e le capacità necessarie (profilo) per ricoprire una determinata posizione, ovvero il ruolo che la persona occupa nella struttura organizzativa. La definizione di tali bisogni è il risultato di un’analisi della posizione da ricoprire, la descrizione dei compiti inerenti alla posizione e il ruolo che la persona dovrebbe occupare nella struttura organizzativa. Il passaggio successivo è la messa a fuoco del candidato ideale (job profile), in funzione di determinate e precise esigenze organizzative (job description) che designano un modello ideale a cui tendere e guidano tutta la fase di ricerca e successiva valutazione dei candidati. La descrizione del ruolo da ricoprire consiste nella definizione di elementi come: titolo della posizione organizzativa, posizione nell’organigramma, obiettivi da raggiungere, compiti da eseguire, attività da espletare, risorse da gestire, livello retributivo. La descrizione della candidatura ideale si definisce in base a caratteristiche anagrafiche (l’età, la residenza ecc.), culturali (diploma, laurea, specializzazione post laurea), professionali (conoscenze tecniche, esperienze lavorative, competenze linguistiche e informatiche), comportamentali ed attitudinali (orientamento ai risultati, attitudine al lavoro in team, capacità di leadership, predisposizione ai rapporti interpersonali, abilità negoziali, flessibilità). La ricerca dei candidati In questa fase si devono definire le fonti, vale a dire dove si può trovare il profilo da ricercare, e gli strumenti, cioè come attirare i possibili candidati. Per quanto riguarda le fonti, l’obiettivo è rendere disponibili per la selezione, nel minor tempo possibile, il maggior numero di risorse potenzialmente valide e rispondenti alle 100


esigenze organizzative. A questo scopo, un numero crescente d’aziende, attraverso politiche di Employer Branding, mira ad avere un’incidenza maggiore e un’influenza più diretta sulle potenziali fonti di reclutamento delle candidature. Queste, possono essere raggruppate in due macro categorie: fonti interne ed esterne che non si escludono a vicenda, ma, essendo complementari, si integrano. La ricerca di personale interno rappresenta una modalità di ricerca molto efficace e sempre più utilizzata dalle aziende. L’idea di fondo è che spesso nell’organizzazione si trovano già persone in grado di ricoprire tale posizione o immediatamente o dopo un periodo di formazione e di addestramento. Le principali fonti interne sono: • piani di mobilità orizzontale e verticale (la cosiddetta job rotation); • i trasferimenti, i rimpiazzi e le promozioni; • il riesame delle candidature archiviate; • i bandi di concorso interni; • le segnalazioni dei dipendenti. La ricerca di personale partendo dal mercato del lavoro rappresenta la modalità più diffusa di ricerca. Differentemente dalle fonti interne, le fonti esterne sono numerose e tra loro differenziate, per questo risulta fondamentale dedicare molto tempo al momento della scelta, valutando i vantaggi e gli svantaggi associati a ciascuna fonte. Le principali sono: • le domande dirette; • le società di consulenza (agenzie di lavoro interinale, società di selezione e di executive search) e i centri per l’impiego; • le ricerche compiute dagli Head Hunter; • le scuole, gli istituti, le università, le business school (stage, career day, sponsorizzazioni e borse di studio); • le inserzioni sulla stampa (quotidiani, periodici, riviste specializzate); • gli annunci tramite Tv e Radio; • Internet (sito aziendale, siti di job-recruiting, job boards, forum e blog); • le conoscenze personali (passaparola).

2) La selezione Una volta concluso il processo di ricerca, si pone il problema per l’azienda di come identificare le risorse più idonee all’attività proposta, quali strumenti e tecniche adottare per crescere o rinnovare la propria struttura. La selezione è un momento “tecnico”, in quanto viene adottato un metodo scientifico composto da una serie di tecniche e strumenti, attraverso i quali è possibile misurare e identificare la qualità e le caratteristiche di un individuo, con un duplice obiettivo: valutare la corrispondenza della risorsa ad un determinato profilo di ruolo o di competenze per cui è stata attivata la ricerca, identificare le leve motivazionali più importanti per permettere una gestione successiva più mirata ed efficace della persona. 101


In questo senso la selezione va oltre l’aspetto valutativo in senso stretto, arricchendosi di significati riguardanti l’orientamento professionale (prima valutazione del potenziale, sviluppo e disegno del percorso di sviluppo di carriera) e il counseling. Dal punto di vista operativo, il momento della selezione si compone di tre fasi: • preselezione (screening dei curricula pervenuti, convocazione, somministrazione di un questionario informativo, colloquio preliminare ecc.); • selezione vera e propria; • indicazione della rosa delle candidature prescelte (in genere accompagnati da un report contenente metodologie adottate, risultati e profili psicoattitudinali). Per ciò che concerne gli strumenti utilizzati si possono distinguere test e questionari, interviste individuali e di gruppo. L’intervista di selezione è lo strumento principale per valutare in maniera efficace e globale una candidatura. Solo nell’intervista, infatti, attraverso le particolari dinamiche psicologiche che si vengono ad instaurare tra intervistatore ed intervistato, si possono sondare aspetti altrimenti difficilmente valutabili come la solidità e la congruenza delle esperienze professionali accumulate, la personalità, le motivazioni, le aspirazioni di carriera. Le interviste di gruppo invece sono uno strumento che risulta molto efficace per sondare aspetti psicologici strettamente connessi alla sfera relazionale e al comportamento dei soggetti in una situazione di gruppo. Uno strumento integrato che viene sempre più utilizzato nel processo di selezione è ‘ Assessment Center, dove un gruppo di sei/otto candidati viene messo alla prova per alcuni giorni e se ne valuta il potenziale. Lo scopo principale di questa attività è rendere espliciti comportamenti che riflettono abilità ed attitudini delle persone riferibili ad un dato lavoro. Per conoscere meglio le risorse è anche possibile utilizzare uno Stage, questa prassi è in via di diffusione in tutto il settore dell’industria e viene considerato come un canale di recruitment vero e proprio o come un periodo di prova prima dell’assunzione.

3) Orientamento: accoglimento ed inserimento Il processo, iniziato con la ricerca e continuato con la selezione, si concretizza con l’assunzione, ovvero la stipulazione di un contratto tra le parti che sancisce l’ingresso in azienda della nuova risorsa. L’inserimento è un passaggio estremamente delicato che, di solito, viene gestito tenendo presenti, contemporaneamente, lo sviluppo delle competenze specifiche del ruolo da ricoprire e l’integrazione della risorsa nel sistema di codici di comportamento e valori condivisi propri dell’organizzazione. Ovviamente l’inserirsi del neoassunto nell’organizzazione è un momento ricco d’implicazioni formali, ma anche psicologiche. Il contratto psicologico, infatti, affianca quello formale e si sviluppa su tre dimensioni fondamentali.

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• •

formativa: al crescere dell’impegno e delle responsabilità del lavoratore crescono anche le opportunità d’apprendimento che l’organizzazione mette in vario modo a disposizione; motivazionale: si realizza una condivisione degli obiettivi reciproci di carriera e di sviluppo professionale; d’identificazione: sovrapposizione più o meno completa tra mission aziendale e attese ed esigenze individuali.

3.3 EMPLOYER BRANDING E RECRUITING NELLA GUERRA DEI TALENTI Per generazioni le aziende hanno sempre detenuto una posizione di forza nei confronti del mercato del lavoro. Infatti, bastava rendere nota la necessità di reclutare nuove risorse per ottenere in breve tempo una grande quantità di candidati. Oggi invece, la bilancia del potere si è spostata a favore dei talenti. La loro ricerca affannosa è scoppiata negli anni novanta ed ha stimolato nuovi approcci creativi nell’ambito del recruiting. Infatti, per vincere la “guerra dei talenti” le aziende devono ricostruire la propria strategia di selezione ed assunzione. Certamente, col rallentare periodico dell’economia il recruiting diviene meno problematico, le assunzioni diminuiscono, ma in questi periodi le aziende devono continuare a rafforzare e coltivare il loro serbatoio di talenti. Per raggiungere tale scopo per le aziende, suggeriscono i ricercatori della McKinsey50, è necessario innanzitutto immettere persone di talento a tutti i livelli della scala gerarchica, andare costantemente a caccia degli High Potential, costituire dei pool diversificati, infrangere le regole retributive ed altro ancora. Per lungo tempo il percorso di carriera partiva dal basso, con l’assunzione del candidato al livello base, e se poi questi mostrava d’essere competente, magari, arrivava al vertice, ricevendo benefici solo dopo molti anni di servizio. In tale sistema era molto rara l’assunzione di figure manageriali esterne che si collocavano in una posizione superiore a quella di un veterano con venti anni di esperienza aziendale alle spalle. Negli ultimi decenni questo paradigma ha cominciato ad incrinarsi, e ci si è resi conto che è necessario assumere una gran quantità di manager di talento, per vincere la sfida dettata dall’ipercompetitività dei mercati, dai cambiamenti tecnologici e per sfruttarne al meglio le opportunità. Purtroppo, è giustificato il timore che queste assunzioni possano distruggere la cultura aziendale e che i nuovi manager siano visti dagli altri dipendenti come degli intrusi, ma tra i vantaggi vi è innanzitutto l’apporto di atteggiamenti innovativi, nuove idee e prospettive, inoltre, i cambiamenti non sono poi sempre negativi, se ben gestiti. 50

Michaels E., Handfield-Jones H., Axelrod B., 2002, La Guerra dei talenti. Come sedurre e trattenere i manager di qualità, Etas, Milano.

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E’ stato calcolato che il tasso d’insuccesso legato alle assunzioni provenienti dall’esterno si aggira intorno al 30%51, e, vi sono molteplici strategie per ridurlo. Tra le quali: • aumentare l’integrazione culturale dei neoassunti fin dai primi momenti del processo di recruiting e selezione, affinché questi possiedano uno stile di leadership e valori compatibili con la cultura aziendale di cui entrano a far parte; • organizzare e predisporre dei processi d'assimilazione ad hoc per ogni neoassunto, affinché ciascuno sia ben orientato ed assistito nella comprensione degli aspetti formali ed informali dell’azienda. In un mercato del lavoro non più caratterizzato dall’abbondanza di personale qualificato, è necessario adottare una strategia orientata al recruiting, cercando di sviluppare una relazione con i propri candidati, mantenendola nel tempo. Questa metodologia viene chiamata Talent Relationship Management (TRM). Il suo obiettivo è quello di sviluppare un pool di candidati di talento da alimentare costantemente e dal quale attingere per le posizioni aperte, ma anche, e soprattutto, per quelle che potrebbero aprirsi in futuro. Si tratta quindi di un approccio al recruiting non più reattivo e o legato ad un bisogno emergente, ma continuo e sistematico. Per raggiungere candidati di valore, in cerca di lavoro e non, lo strumento più utilizzato è Internet e l’azienda può avvalersene in diversi modi. Come si vedrà approfonditamente più avanti, i candidati possono essere attratti dall’azienda quando si trovano a visitarne il sito, anche se non sono in cerca di lavoro. Le aziende, dal canto loro, possono pubblicizzare le posizioni vacanti inserendo degli annunci pubblicitari sui motori di ricerca o su siti di società che si occupano specificatamente di ricerca del personale. Attraverso le candidature spontanee o le risposte ad annunci, le aziende ricevono oggi migliaia di curricula via e-mail, che vengono rapidamente sistematizzati in un database. Grazie a questo strumento innovativo, è possibile selezionare i soggetti idonei a ricoprire le posizioni aperte, facendo confluire gli altri in un Talent Pool, il quale viene poi segmentato secondo particolari criteri definiti dall’azienda. Esistono svariate occasioni in cui le aziende possono creare un proprio database, tra cui conferenze, convegni, meeting, sponsorizzazioni presso le Università, associazioni studentesche, comunità, conoscenze personali o dei propri dipendenti. Una volta formato e tenuto aggiornato, esso potrà essere utile all’azienda per contattare in vario modo le risorse da attrarre. Molte aziende tendono inoltre a costruire un proprio network di candidati grazie a strumenti quali chatroom, forum, mailing list. Nonostante la grandissima importanza di internet per il recruiting, il tradizionale passaparola, con la sua caratteristica del contatto personale, rimane ancora però il mezzo più efficace per reperire nuovi candidati. Sono dunque gli stessi dipendenti dell’azienda a fare da talent scout, come nel caso dell’Employee Referral Program, di cui parlerò più avanti. 51

Michaels E., Handfield-Jones H., Axelrod B., 2002, La Guerra dei talenti. Come sedurre e trattenere i manager di qualità, Etas, Milano.

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Una leva al confine tra l’attraction e la retention, è la retribuzione. Le aziende non possono e non devono lasciarsi scappare una risorsa umana di talento, una volta riuscite ad attirarla, solo perché non sono disposte ad offrirle un pacchetto retributivo adeguato e convincente. Pagare un salario superiore alla media di mercato, accompagnarlo con benefit utili ed attrattivi, con dei cospicui bonus d’ingresso, sono tutti fattori da non trascurare per convincere una risorsa di talento a lavorare presso la propria azienda. Certo può sembrare una mossa costosa, ma si deve considerare il ritorno in termini di valore che quella particolare risorsa umana produrrà. È fondamentale poi che le aziende non si limitino a ricercare nei soliti luoghi i candidati di cui hanno bisogno, ma che espandano il loro bacino di recruiting assumendo persone che non hanno un background tradizionale e che non provengono necessariamente dallo stesso settore nel quale devono essere impiegati. Mi sembra interessante segnalare a questo proposito una particolare iniziativa messa in atto da Sky che mette in palio uno stage attraverso il programma “Voglia di lavorare”52. Si tratta di un reality show in cui che prevede una gara tra due persone, che nel corso della serata si contendono un posto di lavoro. I due candidati dovranno dimostrare sul campo la loro abilità e la voglia di conquistare un’opportunità. Concludendo, le aziende devono essere capaci di vendersi al candidato e per far questo è necessario mandare in prima linea, a caccia dei talenti, le proprie risorse umane dotate delle migliori capacità persuasive oltre che professionali. È necessario creare una strategia di recruiting formalizzata, che ricalchi la strategia che viene solitamente utilizzata per il marketing, capace di segmentare il mercato ed individuare una proposta di valore convincente ed attrattiva ed una strategia di comunicazione e di vendita di successo.

3.4 I DESTINATARI PRIVILEGIATI DELLE POLITICHE DI EMPLOYER BRANDING: IL CAMPUS RECRUITING Tra le attività di comunicazione dell’Employer Brand ve ne sono alcune di notevole importanza sulle quali le aziende stanno concentrando sempre più ingenti investimenti. Si tratta dei cosiddetti Campus Recruiting Program, cioè strategie di recruitment per attirare ed assumere i laureandi e/o neolaureati. In questo ambito la competitività sta crescendo talmente, che le aziende estendono la loro attenzione non soltanto agli studenti, ma al mondo accademico in generale, arrivando sempre più a coinvolgere anche docenti, presidi e rettori. Da un ricerca compiuta da “Il Sole 24 Ore” nel settembre 2008 e qui rappresentata nella tabella 3.1, si può notare che tra i canali di comunicazione utilizzati in un’ottica di 52

Passerini W., 13 dicembre 2006, “E ora sbarca in tv la lotta per il posto” in Il Sole 24 Ore, Questa trasmissione ha origine dal fortunato format americano “The Apprentice”, in cui il miliardario Donald Trump metteva a dura prova i concorrenti a cui veniva offerto un vero lavoro nell’ambito delle sue attività.

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reclutamento, crescente attenzione viene dedicata alle università e alla scuola in generale (25, 2%). A seguire, hanno un ruolo rilevante le conoscenze personali (18%) e il web (14,5% e 7,8%), con tutta una serie di strumenti che vedremo nei paragrafi successivi. Figura 3.2: Canali utilizzati per il recruiting di neolaureati

Inserzioni su stampa 7,2%

Società di somministrazione lavoro interinale 11,3%

Contatti personali 18,0%

Società di consulenza/selezione 11,0%

Web siti di recruiting 14,5%

Web siti internet/siti aziendali 7,8%

Università o scuola 25,2%

Altro 0,4%

Fiere e manifestazioni 0,4%

Fonte: Il Sole 24 Ore, 2008

Al fine di mostrare l’importanza e l’efficacia del Campus Recruiting voglio citare una ricerca svolta nel 2007 presso l’Università “La Sapienza” di Roma da Contatto Lavoro53 che ha confrontato le opinioni dei due principali soggetti coinvolti nel processo di Employer Branding, gli studenti e la funzione Risorse Umane, rispetto all’efficacia dei vari strumenti di comunicazione rivolti al mondo universitario. I risultati sono rappresentati nella figura 3.3.

53

La ricerca ha previsto la somministrazione di un questionario (in versione on line e cartacea), per un totale di 1605 studenti universitari e neo laureati all’interno del Politecnico di Milano, dell’Università degli Studi di Milano Bicocca e dell’Università La Sapienza di Roma.

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Figura 3.3 Confronto tra studenti e funzione HR sull’efficacia dei canali di recruiting 60% 50% 40% 30% 20%

Studenti Funzioni HR

10%

Su

Bo r

se d

is pp tud Pr ort io em o t e C i al s i or la si t di esi da Se ttici m in ar C i ol S J la ob ta bo g ra Te me e zi sti eti on m n e c on g on i a n i d ze oc en ti

0%

Fonte: Contatto Lavoro, 2007

Dall’indagine emerge chiaramente che i campioni coinvolti concordano nell’attribuire allo Stage un livello d’efficacia molto alto e la migliore resa in termine d’azione concreta che l’azienda può agire per mettersi in contatto con gli studenti. A causa del fenomeno dello skillshortage le aziende italiane cercano strade alternative per rafforzare l'appeal che trasforma un semplice marchio nell'"azienda dei sogni" e che spinge i giovani neolaureati a candidarsi in un'impresa piuttosto che in un'altra. Per questa ragione, sempre più spesso le varie organizzazioni chiedono alle università di anticipare i tempi degli stage formativi ai primi anni degli studi universitari. «Quando un giovane entra in azienda dopo la laurea, impiega almeno sei mesi per ambientarsi e capire se quella realtà è adatta a lui – spiega Giovanna Taiana, responsabile selezione del personale di Abb Italia –. Anziché dargli questa possibilità al termine degli studi ha più senso consentirgli di entrare in contatto con le dinamiche aziendali prima, già nei primi anni di studio, con stage orientativi ad hoc»54. Lo stagista potrà poi rappresentare, oltre che una futura risorsa da assumere in azienda, anche un proficuo canale di diffusione dell’Employer Brand, nei confronti di coloro con cui viene a contatto, in particolare, nelle successive campagne di Campus Recruiting e in generale nelle ulteriori varie relazioni con il mondo dell’università. Parecchie

54

Davi L., 10 ottobre 2007, ”Ricerca dei talenti: il tirocinio comincia già dall'Università”, in Il Sole 24 Ore

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indagini hanno mostrato come ormai gli studenti considerino lo stage come la via migliore per formare e accrescere le loro competenze e la loro professionalità. Il ruolo delle Università è centrale in quest’ambito e nell’area Risorse Umane delle aziende esistono persone che si dedicano al contatto con gli uffici di Placement delle varie facoltà, ma anche con gli stessi docenti, presidi e rettori. In tal modo per le aziende si aprono anche opportunità di poter organizzare Presentazioni aziendali, interventi durante i corsi didattici dei loro esponenti, col duplice risultato di fornire una testimonianza istruttiva agli studenti, ma anche di far conoscere la propria organizzazione e possibilmente di aumentare la probabilità di posizionarsi nella mente dei giovani come Employer of Choice. Un'urgenza, quella dell'incontro tra università e imprese, che è stata intercettata dal Politecnico di Milano e dalla società di consulenza Emblema: insieme, le due realtà hanno lanciato Bip (acronimo della Borsa internazionale del Placement), con obiettivo semplice quanto innovativo: far incrociare le offerte di placement delle Università e la domanda di recruiting delle aziende per creare un network di portata mondiale. La prima edizione si è tenuta a Cernobbio nel settembre 2008 e ha visto sedere allo stesso tavolo i responsabili del placement di 59 atenei di tutto il mondo con i manager delle risorse umane di 89 aziende55. Ritornando ad analizzare i dati della figura 3.3, se si confrontano i dati rispetto ai Job Meeting e le Testimonianze, che sono oggi le azioni che l’azienda intraprende con maggior frequenza, i due campioni sembrano avere opinioni abbastanza diverse. Mentre le aziende sembrano attribuire a queste due modalità una discreta efficacia, i futuri candidati esprimono un’opinione sostanzialmente diversa. Se si analizza come si svolgono oggi le testimonianze o le Corporate Presentation, si nota che spesso all’interno di uno stesso modulo didattico partecipano contemporaneamente più imprese e questo non sempre rappresenta un vantaggio per l’azienda che vi prende parte. Le presentazioni aziendali che vengono esposte agli studenti, sono spesso molto simili l’una all’altra, sia per modalità espositive, che per organizzazione dei contenuti e, com’è immaginabile, è abbastanza difficile riuscire a far percepire i propri tratti distintivi aziendali rispetto agli altri competitor. Al tempo stesso è utile notare però, che le presentazioni aziendali richiedono uno sforzo organizzativo alla funzione HR abbastanza contenuto. Tra i vantaggi si può annoverare: • assenza di rilevanti problemi burocratici da parte degli Atenei; • avere una diretta relazione con i docenti; • coinvolgere solo gli studenti dei corsi ritenuti interessanti ai fini del reclutamento; • non dovere sostenere costi particolarmente rilevanti.

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Ricceri F., 12 ottobre 2007, “Talent Recruiting e Università”, all’interno del blog Employer Branding e Recruiting.

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Storia a parte hanno i Job Meeting e i Career Fair, un vero e proprio universo fatto d’immagini, relatori e testimonial con l’obiettivo di attirare gli studenti nello stand aziendale per un primo rapido colloquio conoscitivo e il rilascio del materiale informativo. Essi possono essere molto utili, ma potrebbero anche causare la presenza confusa di un gran numero di candidati e di aziende in diretta concorrenza tra loro, producendo un risultato comunicazionale controproducente. Sono invece sempre più frequenti dei momenti d’incontro con le aziende che prendono la forma di cocktail o pranzi di lavoro con l’azienda. Oppure interventi mirati da parte di manager all’interno della didattica che, oltre a fornire un’applicazione pratica di quanto teoricamente studiato, costituiscono per l’azienda una valida occasione per comunicare e promuovere il proprio employer brand. Questa ultima strategia, nei paesi anglosassoni è chiamata Class Guest Speaking e viene adottata, in Italia, soprattutto da aziende che operano nel settore della consulenza quali McKinsey, Sas e The Boston Consulting Group. Sempre i dati della figura 3.3 hanno mostrato un sostanziale gradimento, da parte degli studenti, verso modalità come le borse di studio, i premi di laurea e il supporto alla tesi. Questo elemento può essere spiegato attraverso il parametro dell’esperienza. E’ infatti ipotizzabile che per un giovane studente sia maggiormente desiderabile trovare un’azienda che lo possa mettere alla prova, che possa sostenerlo nello sviluppo delle sue competenze quando è ancora in una fase universitaria e che possa restituirgli una prima immagine rispetto al futuro mondo del lavoro. Un’ulteriore considerazione a supporto di queste osservazioni viene dall’attuale difficoltà, da parte dei giovani ( in particolare laureati) a trovare un lavoro adeguato al termine degli studi rispetto a qualche anno passato. L’opportunità che scaturisce da un contatto diretto con l’azienda per un candidato (che sia uno stage o una tesi di laurea) è evidente rispetto a formule tipo le presentazioni aziendali, ma le aziende non sembrano sempre orientate a queste formule, perché, com’è intuibile, prevedono un investimento a breve termine di strumenti e risorse umane (per esempio l’affiancamento di un dipendente/tutor allo stagista) abbastanza elevato e si ha difficoltà a considerare il potenziale investimento per il futuro. Da ciò che ho spiegato, si vede che le modalità di Campus Recruiting sono svariate, ma in realtà la loro efficacia non dipende solo dai rapporti tra azienda ed Università, ma anche dal tipo di strategia adottata. Oggi, a causa della criticità del mercato del lavoro e della conseguente difficoltà di trovare candidati di qualità, anche in Italia si sta, sempre di più, manifestando la tendenza delle aziende a passare da un approccio campus oriented ad un approccio student oriented. Per anni, infatti, le imprese medio-grandi o multinazionali si sono sempre rivolte solo ad alcune università che, per il loro prestigio acquisito, erano in grado di garantire le risorse migliori. Oggi una strategia così selettiva non consentirebbe di disporre delle risorse necessarie alle mutate esigenze di recruitment.

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In questa direzione sono andate, negli ultimi anni, alcune importanti aziende come, ad esempio, Unilever, il cui brand pur non godendo di una forte notorietà si è con il tempo affermato in alcuni Campus grazie ad una strategia di Employer Branding che prevedeva lo sviluppo di attività di comunicazione differenziate a seconda del prestigio e/o della dimensione dei singoli Atenei. Ad esempio, su Università dove la presenza di altre aziende era maggiore, la multinazionale ha preferito interventi più mirati a target selezionati mediante workshop e seminari. Altre aziende come l’Eni ad esempio, hanno creato all’interno della propria organizzazione una struttura chiamata Corporate University. Nello specifico si tratta di una società creata dall’azienda e dedicata alle attività di reperimento, selezione, formazione e knowledge management, essa persegue l'obiettivo di allineare la qualità delle risorse umane alle strategie d'impresa. Essa si dedica a creare e mantenere un dialogo costante con il mondo accademico attraverso la scuola “Enrico Mattei‘ e il Master Medea. Le strutture della Corporate University, attraverso delle convenzioni con i migliori atenei, permettono alle varie società di rivolgersi direttamente ai giovani neolaureati, offrendo loro la possibilità di effettuare degli stage e dei master, per poi valutare la possibilità d’ingresso in azienda. Il vantaggio più grande che ne deriva è la garanzia di coerenza del sistema delle risorse umane con gli obiettivi d’impresa e con le strategie di sviluppo. Sono stati, poi, individuati nuovi validi strumenti che hanno permesso di allineare le esigenze aziendali con la nuova realtà del mercato del lavoro. Un occhio di riguardo, nell’ottica del Campus Recruiting, lo meritano le Virtual Job Fair, cioè quegli eventi fieristici on line promossi dal employment web site, da società di selezione e recruiting o dalle Università con cui l’azienda interagisce. L’azienda può partecipare allestendo il proprio Virtual Stand, ossia le riproduzioni virtuali degli stand solitamente utilizzati durante la partecipazione ai job fair. Queste riproduzioni virtuali sono uno strumento di comunicazione dell’Employer Brand e cercano di far vivere al potenziale candidato una prima esperienza della realtà aziendale. A migliorare ancora l’approccio ai cambiamenti del mercato e cono l’obiettivo strategico di attrarre e reperire talenti, non si devono dimenticare le nuove soluzioni multimediali del Web 2.0 e i Business Game, che vedremo meglio nei prossimi paragrafi.

3.5 I BUSINESS GAME Un business game è un gioco che prevede l'esistenza di uno o più giocatori che concorrono per il raggiungimento di un obiettivo comune. Consiste in una simulazione che sottende un modello economico definito, allo scopo di fornire un'approssimazione il più possibile accurata di una realtà di mercato.

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I business game sono nati negli anni '50 negli Stati Uniti per poi diffondersi in Europa e, sono caratterizzati da finalità formative e valutative. Infatti, sono uno strumento di simulazione della realtà che viene scelto per tre principali motivi: affina le capacità decisionali in situazioni d’emergenza, aumenta la competitività e permette di mettere in pratica attraverso il gioco ciò che si è appreso nella teoria. Solitamente ogni singolo giocatore è in realtà costituito da un team di partecipanti. In tale contesto i business game risultano particolarmente adatti a sviluppare quella coscienza di gruppo che acquista sempre maggiore importanza in ambito lavorativo, ma che è spesso trascurata dagli strumenti formativi tradizionali. Nonostante in Italia i business game non siano ancora molto diffusi, all'estero sono spesso al centro d’importanti interessi economici e sono soprattutto le aziende interessate a fornire una formazione efficace e puntuale ai propri dipendenti, ad aver dimostrato il maggior interesse per questo innovativo strumento didattico che, rispetto alla classica lezione frontale, consente ai partecipanti di applicare e sperimentare in un’ottica sistemica e dinamica quanto appreso. Seguendo il principio del “learning by doing”, i partecipanti imparano attraverso l’esperienza diretta ed, indipendentemente dal risultato raggiunto, possono lavorare concretamente su aspetti aziendali quali: • strategia: analisi di settore, analisi interna, definizione della strategia di business e delle strategie funzionali; • marketing: segmentazione di mercato, posizionamento, previsione della domanda, leve di marketing; • contabilità e Finanza: contabilità esterna ed interna, analisi economico-finanziaria, valutazione degli investimenti, gestione delle risorse finanziarie; • organizzazione: struttura organizzativa, scomposizione del lavoro e coordinamento, gestione delle risorse umane; • produzione: pianificazione della capacità produttiva, programmazione della produzione, controllo qualità, politiche di manutenzione, gestione delle scorte; • logistica: politiche di distribuzione, dimensionamento magazzini. I business game variano considerevolmente in relazione al contesto in cui sono sviluppati e adottati, si può trattare ad esempio di sfide create all’interno delle università per i laureandi/neolaureati o nell’azienda tra i vari dipendenti. Inoltre, possono differire per la tecnologia utilizzata, il numero di giocatori, la specificità del modello (funzionale o interfunzionale) e l’orizzonte temporale. Oltre che per la formazione delle risorse umane, questi giochi sono uno strumento molto utile all’interno di una strategia di Employer Branding, anche sul versante del recruitment. Infatti, grazie ai business game l’azienda ha la possibilità di promuovere in maniera forte ed attiva la propria immagine quale employer presso gli studenti universitari, e detenere un ottimo strumento per individuare, analizzare e far emergere fin da subito nei potenziali job seeker, le skill necessarie per essere o diventare in futuro dei manager vincenti. Tra le capacità che più vengono considerate si possono citare: 111


• teambuilding; • teamworking; • leadership; • visione globale dell'azienda; • analisi di diversi scenari; • identificazione delle soluzioni; • sviluppo di strategie aziendali. Non va dimenticato però che business game ha una forte valenza pedagogicaformativa per gli stessi partecipanti e costituiscono uno strumento innovativo, dinamico e stimolante per fare emergere e dare risalto alle capacità di potenziali degli studenti, che si ritagliano in questo modo uno spazio di visibilità che possono inserire all’interno del curriculum. Rispetto agli altri canali di recruiting, la finalità del reclutamento attraverso il business game è considerata più marginale. Questo vuol dire che la partecipazione da parte dello studente può portare ad uno stage, ma non c’è nulla di automatico. Può accadere che venga selezionato per un’internship un partecipante che non ha vinto il gioco poiché coinvolto in un team all’interno del quale non abbia potuto rendere al meglio, ma che comunque si è distinto per doti e talento. Può anche succedere che chi ha vinto al contrario non si ritenga debba essere reclutato per divenire stagista. Molte aziende sperimentano con interesse e successo le soluzioni offerte dal Business Game che, da metodologia e mezzo per la formazione e l’e-learning, è diventato un valido ed innovativo strumento per il recruiting di risorse umane di talento e dal potenziale elevato, all’interno di una più ampia e pianificata strategia di Employer Branding. Di seguito riporto brevemente il caso della L’Oréal che ha fatto storia in questo contesto, ma anche quello della BNL Paribas, attualmente in corso.

L’Oréal La serie Business Game 2009 è una soluzione proattiva che si prefigge un duplice obiettivo: consentire a L’Oréal di incontrare i migliori giovani talenti provenienti da tutto il mondo, e proporre a questi ultimi un’occasione irripetibile per vivere un’esperienza altamente stimolante e multiculturale con il supporto di un’azienda leader della cosmetica. Come tutti gli anni, i giocatori dei singoli Business Game sono chiamati a ideare soluzioni innovative in grado di creare valore per l’industria cosmetica: dallo sviluppo di nuovi prodotti alle sfide del marketing internazionale.

L’Oréal EStrat56: per immedesimarsi nel ruolo di CEO L’Oréal EStrat è il più noto gioco di strategia e business virtuale rivolto agli studenti di Università e di MBA in tutto il mondo e consente loro di mettersi alla prova

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www.e-strat.loreal.com

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sviluppando una strategia a lungo termine per un'azienda cosmetica virtuale sotto la loro direzione. Essi devono poi tradurla in una simulazione di business realistica che contempla tutti gli aspetti dell’azienda dalla politica di prezzo, ai volumi e capacità produttiva, alla ricerca e sviluppo, all’advertising e posizionamento del marchio ed infine sviluppare un proprio business plan. I due team più strategici, professionali e convincenti (uno per la categoria undergraduate e uno per quella MBA) vinceranno un viaggio. La partecipazione avviene in team costituiti da tre persone, i quali devono gestire un portafoglio di brand della bellezza e competere per la leadership mondiale contro altre 4 compagnie virtuali. Il periodo di svolgimento delle gare viene suddiviso in 6 round. Ogni round corrisponde ad un periodo reale di circa 6 mesi. Grazie ad una simulazione basata su internet e creata e ritagliata sui partecipanti, con E-Strat è possibile gareggiare a livello mondiale e in tempo reale. L’edizione del 2009, per la prima volta, comprende un modulo di debriefing che fornisce un riscontro in tempo reale sulle strategie adottate dagli studenti, una sorta di “allenatore” virtuale.

L’Oréal Brandstorm: per trasformare le proprie idee in prodotti57 Dal suo lancio nel 1993, L’Oréal Brandstorm si rivolge agli studenti di marketing particolarmente innovativi e creativi dei vari paesi e dà loro l’opportunità di ricoprire il ruolo di un direttore marketing allo scopo di rilanciare un brand L’Oréal esistente. I concorrenti ricevono un brief sul mercato, la marca ed il canale distributivo, apprendono tecniche di marketing dai brand manager e lavorano a stretto contatto con un’agenzia di pubblicitaria di livello globale, per sviluppare un packaging innovativo per il loro nuovo prodotto. In Italia, L’Oréal Brandstorm è realizzato in partnership con quattro importanti Università: Università Bocconi di Milano, Facoltà di Economia dell’Università Cattolica di Milano, dell’Università degli Studi di Torino, dell’Università degli Studi di Parma. Dalla sua creazione ad oggi, sono più di 23.000 gli studenti nel mondo hanno partecipato a questa competizione. I premi in palio sono: viaggi nelle capitali mondiali dell’arte e l’opportunità di vivere un’esperienza reale di marketing in L’Oréal. Per la prima volta, per l'edizione del 2009, L’Oréal Brandstorm coinvolge gli studenti che mirano a lavorare nel settore marketing nella creazione della prima fragranza di un marchio rinomato: Maybelline New York.

BNL Paribas Un’iniziativa che segue l’esperienza di successo di L’Oréal, ma è da considerarsi originale e innovativa per il settore bancario è quella di BNL Paribas. Ogni anno il Gruppo ricerca più di 20.000 risorse in tutto il mondo con un'ampia diversificazione di profili: gestore commerciale, gestore imprese, asset manager, specialista IT, etc. 57

www.studenti.it

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Per accrescere la “brand awareness” nel mondo degli studenti, BNP Paribas, con Ace Manager, punta a capitalizzare la sua grande esperienza nel tennis (grazie a 35 anni di sponsorizzazioni mondiali: tra cui Roland Garros, Davis Cup by BNP Paribas, Internazionali BNL d'Italia) così come la forte capacità nel recruitment e nel proporre percorsi di crescita e prospettive di carriera.

Ace Manager58 Si tratta del primo “banking adventure game” basato sulla simulazione di situazioni d’esperienza lavorativa reale. Questa iniziativa coinvolge le scuole di business e gli studenti universitari di 26 paesi ed è parte della strategia di Corporate, volta ad aumentare la conoscenza di BNP Paribas tra i giovani e ad elevare la notorietà del marchio, diventando così una delle principali aziende al mondo per cui si desidera lavorare. Ace Manager è stato progettato con il supporto di esperti di BNP Paribas per dare agli studenti una conoscenza delle tre attività di core business del Gruppo: Retail Banking, Corporate and Investment Banking, Asset Management & Services. I tre casi aziendali, basati su reali esperienze del business bancario e del mondo del tennis, devono testare l'attitudine dei partecipanti a lavorare nelle diverse attività bancarie. Viene inoltre richiesto ai partecipanti di dimostrare le proprie capacità nei 4 principali valori di BNP Paribas: reattività, creatività, ambizione e impegno. L'intero business game si svolge online, interamente in lingua inglese ed ha una durata di 6 settimane.

3.6 INTERNET ED E-RECRUITING: I VANTAGGI Internet, nato negli anni settanta per motivi strategici - militari, è oggi uno strumento da considerare importantissimo e sempre più cruciale per le imprese, in grado di mutarne, anche profondamente, il modo di comunicare. Esso consente alle imprese di incrementare notevolmente la capacità di creare un dialogo con i destinatari, così da poter dare vita a relazioni di lungo periodo e trasmettere in maniera corretta l’Employee Value Proposition. È un mezzo di comunicazione che possiede caratteristiche uniche rispetto ai media tradizionali, in quanto, grazie all’interattività, conferisce al suo utente-fruitore un ruolo attivo. Inoltre, la Rete fornisce agli stakeholder la possibilità di replicare alla comunicazione dell’impresa in maniera pressoché immediata e di diventare essi stessi intenzionalmente promotori di messaggi. Perciò, le aziende non possono più chiudersi nell’ottica e nell’utilizzo di una comunicazione tradizionale in cui esercitano un totale controllo del messaggio, al contrario devono aprirsi e mettersi in gioco, instaurando con l’ambiente che le circonda 58

www. acemanager.bnpparibas.com

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una comunicazione continua, aperta, fluida e multi direzionale, favorevole all’istaurarsi di relazioni. Tutto ciò può avvenire con estrema facilità anche grazie alla mancanza di vincoli imposti dallo spazio fisico e dal costo della comunicazione. Il Web, infatti, offre la possibilità ad utenti e soggetti dislocati fisicamente anche in luoghi situati a migliaia e migliaia di chilometri di distanza, di scambiarsi in tempo reale e a costi bassissimi, una quantità enorme di dati e contenuti. Grazie ad internet le imprese possono riuscire ad entrare in contatto con grandi quantità di navigatori e conoscerne le caratteristiche (stili di vita, umori, gusti e preferenze). Esse possono in tal modo creare e mantenere aggiornato un database in cui inserire i loro profili personali e successivamente attivare e sviluppare un dialogo. A questo scopo, gli strumenti utilizzati vanno dal sito web all’e-mail poi ancora le chat, i forum i newsgroup o gruppi di discussione. Infine il Web dà l’opportunità alle aziende di rispondere ad un’esigenza di personalizzazione che sempre più spesso clienti e utenti dell’impresa e della rete reclamano nella fruizione di prodotti e servizi, e di contenuti in genere. Infatti, “Mass customization” significa letteralmente personalizzazione di massa. Si può affermare dunque che Internet, in quanto mezzo di comunicazione, presenta una serie di preziose caratteristiche quali: multimedialità, velocità, economicità, ubiquità, continuità e personalizzazione. Anche la comunicazione sul mercato del lavoro ha risentito delle caratteristiche del mezzo, tanto da essere diventato per moltissime imprese il punto di riferimento di tutte le iniziative rivolte a dipendenti e candidati ed ha trasformato, conseguentemente tutte le pratiche di selezione e gestione delle risorse umane. Il fenomeno non è più limitato ad una stretta cerchia d’imprese avanzate e coinvolge anche l’Italia. Le nostre piccole e medie imprese sono sempre più attive, infatti, in tal senso, e ricercano soprattutto specialisti e figure professionali non reperibili facilmente con i tradizionali canali di reclutamento. Secondo l’ultima indagine Best10059, rappresentata nella tabella 3.1 e condotta da PeopleValue, è sempre più il numero di coloro che utilizzano Internet per cercare lavoro.

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PeopleValue è una società di consulenza specializzata nel settore dell’employer branding e nella realizzazione di ricerche di marketing perle risorse umane. La Best 100 è stata mediante la somministrazione di un questionario online che analizza le preferenze dei partecipanti in merito all’azienda ideale nella quale lavorare, ai fattori motivanti la scelta dell’azienda e ai canali utilizzati nella ricerca di lavoro. L’edizione 2008, ha visto la partecipazione di 5.040 persone selezionate tra studenti e professional italiani in possesso di diploma o di laurea su tutto il territorio nazionale

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Tabella 3.1 Canali di ricerca lavoro Quali sono i canali attraverso i quali cerca lavoro? Siti di job-posting 83,19% Aree lavoro siti web aziendali 51,38% Contatti personali 48,69% Annunci RPQ su carta stampata 43,80% Metamotori di ricerca annunci di lavoro 32,40% Sistemi di e-social networking 25,79% Consultazione di career book 7,50% Partecipazione a job meeting 6,85% Fonte: People Value, 2008

Come si può notare, la stragrande maggioranza degli intervistati utilizzano i siti di job posting per cercare lavoro (83,19%), mentre sono oltre 50% coloro che cercano le informazioni direttamente nelle aree lavoro dei siti aziendali. I dati che emergono dall’indagine Best 100 sull’utilizzo del web come strumento di ricerca di lavoro segnalano l'esistenza di una realtà di considerevoli dimensioni, che ha ripercussioni su chi cerca un lavoro e su chi organizza gli strumenti per rendere possibile tale ricerca. Il vantaggio per chi cerca lavoro è indiscutibile e riguarda l'amplissimo numero d’opportunità consultabili, in chiave non solo nazionale ma anche internazionale. Inoltre, è molto più semplice e agevole inserire on-line il proprio CV, piuttosto che far ricorso al tradizionale canale postale. Ma si tratta di un vantaggio che si riflette anche sulle aziende, traducendosi in un minor costo per l'effettuazione della ricerca e in una maggiore tempestività dei tempi di risposta, con un conseguente aumento della facilità di contatto tra impresa e candidato. L’utilizzo di Internet consente anche di disporre di profili di elevata qualità in maniera più ampia e particolareggiata e di raccogliere e tenere sotto controllo enormi database di profili professionali in maniera più organizzata e puntuale rispetto ai canali tradizionali. La classificazione e la selezione dei profili è automatizzata. Avviene secondo sistemi di catalogazione che possono far corrispondere in brevissimo tempo aree geografiche, fasce di retribuzione, titoli di studio, settori d’attività delle imprese e competenze richieste. L’iter selettivo, in questo modo, si accorcia, con un considerevole risparmio economico per le imprese. Purtroppo, l’estrema facilità di contatto può portare anche a ricevere curricula di persone assolutamente inidonee, ma se l’azienda si dota di database e software di screening, (i cui parametri vengono impostati dagli addetti alla selezione), il problema del sovraccarico d’informazioni da sistematizzare e analizzare viene a cadere. Tra gli altri fattori ancora da citare che concorrono ad incrementare considerevolmente il numero delle candidature abbiamo: 116


la maggiore quantità d’informazioni che l’impresa può fornire su sé stessa (logo, storia, attività e localizzazione) migliorando la propria attrattività rispetto ad un annuncio di ricerca tradizionale; • la possibilità di comunicare i valori aziendali e la responsabilità sociale, attirando i soggetti più coerenti con la propria cultura; • la moltiplicazione dei punti di contatto, specialmente se si utilizzano i job board; • l’eliminazione dei costi delle comunicazioni successive all’invio del primo curriculum vitae. La Rete offre poi la possibilità di ampliare il passaparola, consentendo agli stessi candidati di inviare tramite e-mail ad altri soggetti potenzialmente interessati le offerte di lavoro a cui possono essere interessati. Molto spesso la qualità dei candidati dipende dalla qualità del sito Internet dell’azienda, che sia una sezione dedicata alle career o totalmente creato per il recruiting, deve rappresentare un forte veicolo di attrazione per gli alti potenziali presenti sul mercato.

3.6.1 La Career Section e l’Employment Web Site Indipendentemente dalle dimensioni o dalla tipologia di business di un’azienda, la Career Section del sito aziendale rappresenta all’interno delle strategie di Employer Branding uno strumento chiave per attrarre risorse umane di talento. Per essere d’ausilio a tale scopo, non deve limitarsi a rappresentare una semplice vetrina di opportunità lavorative, ma deve contenere anche le informazioni sulla società, sul business intrapreso, la descrizione delle proprie risorse, i sistemi per la gestione delle candidature on-line. La costruzione e lo sviluppo di una sezione career funzionale ed efficiente all’interno del sito web istituzionale deve seguire alcune best practice ormai consolidate. Innanzitutto, deve presentare innanzitutto uno schema di navigazione semplice e facile da percorrere: chi sta cercando lavoro deve essere immediatamente in grado di individuare ciò di cui ha bisogno. Per questo è basilare predisporre un link diretto alla career zone che sia ben in evidenza già nella homepage del sito aziendale. Attualmente, in quasi qualsiasi homepage di un sito aziendale è possibile riscontrare come la career tab sia ormai una delle principali opzioni, posizionato già nella prima pagina insieme ad altri tab strategici. Per fare anche solo un esempio, si può fare riferimento all’homepage del sito dell’Eni60. Ricordando che nella classifica delle già più volte citata ricerca Best 100, nel 2009 Eni è risultata al terzo posto come datore di lavoro da scegliere, si può notare che nella sua homepage si trova il link “lavora con noi”. Cliccando sul suddetto collegamento ipertestuale il job seeker viene introdotto con estrema facilità ed immediatezza nella career section dove è possibile inserire il proprio CV in formato elettronico nel database aziendale. 60

www.eni.it

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All’interno della sezione poi, devono essere presenti informazioni generali sull’azienda, come la struttura, le localizzazioni, i valori, la cultura, le attività di CSR. In alcuni casi è presente un’intervista alle persone che hanno ricoperto e/o che ancora ricoprono posizioni importanti, o anche un company video, attraverso il quale il CEO61 trasferisce un messaggio di presentazione, con un impatto di grande efficacia sui potenziali candidati. L’importante, nella scelta dei contenuti, è evitare l’errore di riproporre semplicemente una versione on-line della brochure di presentazione aziendale. Infatti, il Web consente una maggiore ricchezza di contenuti, nonché di creare un’esperienza coinvolgente. Inoltre, tutte le attività di comunicazione offline devono essere integrate con quelle online. Per quanto concerne poi l’aggiornamento del sito, è fondamentale che esso contenga sempre informazioni su tutte le attività di recruiting attuate nell’azienda abbia un database delle posizioni vacanti aggiornato continuamente. Nelle pagine dedicate al lavoro deve essere chiaro ed evidente il rispetto dell’azienda delle norme sulla privacy e la sicurezza dei dati personali quale condizione essenziale per gestire il processo di selezione dei candidati. Importante come ulteriore regola da seguire è differenziare la propria career zone sulla base dei propri target di riferimento ed informare i candidati circa il funzionamento dell’intero processo di recruiting, con la descrizione dei vari passi di cui si compone. E’ possibile articolare questa sezione in sotto-aree dedicate a vari gruppi, ad esempio differenziando quest’ultime a seconda che il job seeker abbia o no una laurea, ricerchi un semplice stage o ancora un lavoro a tempo parziale piuttosto che full-time, sia interessato ad una determinata funzione aziendale piuttosto che un'altra e così via. A ciò deve seguire poi una breve descrizione della tipologia di lavoro cui è possibile candidarsi, in tal modo il processo di selezione risulta più snello e le candidature inviate online, direttamente indirizzate alla giusta area di competenza. L’area “graduate recruitment” (reclutamento Neo-laureati) è il vero core di un’azienda moderna. Qui la comunicazione deve essere vincente e soprattutto caratterizzante e differenziante rispetto ai competitor del mercato. È apprezzabile aprire quest’area con una sezione di presentazione dei neo-laureati da poco assunti, in modo da fornire una reale prima impressione dell’ambiente lavorativo. Ritornando all’esempio di Eni, non appena si entra nella sua Career Section, si accede a tutta una serie d’informazioni riguardanti la sua politica di recruiting. E’ possibile consultare le offerte di lavoro o gli stage ed inviare un cv, ma anche prendere visione dei requisiti minimi per la candidatura: titoli di studio, voto di laurea, master postuniversitario, etc. Sono inoltre visibili le fasi dell’intero processo di selezione. All’interno della sezione sono segnalate le aree aziendali coinvolte e vengono fornite le informazioni sulle sedi di competenza.

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CEO è l'acronimo dell'espressione inglese Chief Executive Officer, usata per indicare la persona che ha la responsabilità più alta all'interno di una società. È il corrispondente dell'amministratore delegato

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Di grande rilevanza all’interno della pagina web, è il link denominato “Eni Corporate University”, uno degli strumenti principali di cui Eni si è dotata per individuare e formare i manager e i tecnici del futuro, di cui ho parlato nel paragrafo del Campus Recruiting. Tramite il sito è possibile candidarsi al Master Medea. Dopo le persone e il lavoro è poi utile presentare i benefit che l’azienda riconosce ai dipendenti. Tra le voci classiche si trovano spesso lo stipendio, i premi ed i financial benefit. Oggi però i percorsi formativi e le possibilità di carriera rivestono un’enorme importanza nella percezione dei talenti, per questo è fondamentale mettere in risalto non solamente gli aspetti materiali, ma anche immateriali dell’Employee Value Proposition. In un’ottica di Employer Branding sono sempre più numerosi gli Employment Web Site, vale a dire dei siti esclusivamente dedicati ai percorsi di carriera effettuabili in una data azienda. Siti simili sono solitamente sviluppati da grandi imprese che operano a livello internazionale e che per il loro elevato turnover si appoggiano a società di recruiting online per gestire la piattaforma tecnologica. Questo genere di siti si rivolgono prettamente ai potenziali candidati e presentano una spiegazione dettagliata sulle varie aree attività e localizzazioni geografiche dell’azienda, sui percorsi di carriera e le skill necessarie per ricoprire le posizioni ricercate, in particolare è essenziale l’inserimento di una descrizione dettagliata della propria identità come employer, dando particolare enfasi a ciò che differenzia l’azienda dalle altre. E’ possibile lasciare un curriculum e spesso è previsto un format specifico da compilare, direttamente collegato al database aziendale. Esemplificativo in questo senso è il sito dedicato alla ricerca e selezione del personale di Barilla62. Consultando la Sezione Opportunità di Lavoro, i neolaureati e i laureandi trovano una descrizione generale dei settori aziendali in cui si svolgono gli stage, mentre coloro che hanno già maturato un'esperienza lavorativa di almeno due anni la lista aggiornata delle posizioni aperte nelle diverse aree e nei diversi paesi. L'invio della candidatura via internet è fortemente consigliato e rende del tutto superfluo l'invio del curriculum via posta. Questa modalità consente ai candidati di avere accesso ai propri dati e di aggiornarli ogni volta che è necessario e rende più efficiente e tempestiva la gestione delle informazioni e la valutazione della rispondenza delle candidature alle specifiche esigenze aziendali. Le informazioni confluiscono, infatti, in una banca dati centralizzata, in cui vengono inseriti anche i curricula vitae reperiti tramite la stretta collaborazione con le principali Università e Master.

3.6.2 I Job Board Il contatto on-line con i candidati, oltre che attraverso la career section del sito aziendale, come si è visto nel paragrafo precedente, può avvenire anche grazie ai portali specializzati in attività di recruiting o a società di selezione che possiedono una vetrina

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http://www.barillacareers.com/

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on-line ed espongono periodicamente marchi delle imprese, offerte di lavoro o proposte per corsi di formazione. L’utilizzo di questo strumento, è consigliabile per quelle aziende che non dispongono di un marchio conosciuto che possa attrarre i potenziali candidati o che non hanno dei programmi di comunicazione specifica per il mercato del lavoro. Per le grandi imprese invece, il ricorso ai job board rappresenta uno strumento aggiuntivo, che s’inquadra in un più ampio ventaglio di iniziative, le quali trovano nel website aziendale il loro principale punto di riferimento. A tal proposito si può menzionare Accenture che, oltre ad avere una propria dettagliata e ben strutturata Career Section nel proprio website, si attiva anche per presenziare nei più famosi job board presenti in Internet, quali Talent Manager63, Infojobs64, Cercolavoro65 solo per citarne alcuni. Nei primi dieci portali italiani di questo tipo esistono già 20.000 annunci. Si tratta quindi, da un lato di una vera banca dati accessibile gratuitamente per coloro che sono alla cerca di un impiego e, dall’altro lato, di una fonte preziosa per le aziende per andare a caccia di professionisti. In particolare, secondo la ricerca Best 10066 i siti di e-recruiting preferiti da studenti, neolaureati e professional nella ricerca di lavoro sono suddivisi nel modo seguente: Figura 3.4 I dati di recruiting preferiti dagli studenti e dai neolaureati

Infojobs 26,94%

Monster 57,69%

Trovalavoro Corriere.it 15,56% Talent manager 14,77%

Cercalavoro 2,48%

Jobcrawler 3,33%

Jobrapido.it 13,74% Miojob Repubblica.it 4,12%

Cambiolavoro 5,69%

Stepstone 10,53%

Fonte: People Value, 2008

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www.talentmanager.it www.infojobs.it 65 www.cercolavoro.com 66 Best100, le aziende preferite dagli italiani - VII edizione, 2008 64

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Queste percentuali sono segnali che vanno interpretati come l'affacciarsi all’orizzonte di una nuova tipologia di navigatori, che una recente ricerca Forrester67 descrive come giovani, studenti (28 per cento) e di scolarità elevata (47 per cento), assidui utilizzatori di Internet con una grande elasticità mentale, più aperti alle novità e maggiormente adusi all’utilizzo delle tecnologie. Spesso essi apprezzano questi servizi, molto di più degli annunci cartacei. Non è la domanda dunque a mancare. È piuttosto sul versante dell’offerta, che è necessario allungare il passo per sfruttare tutte le opportunità che si stanno aprendo. Le imprese devono investire di più sul Web nel settore delle risorse umane per non perdere la sfida di accaparrarsi i migliori talenti. Come si può notare dalle percentuali il portale di riferimento per l’Italia, oggi è Monster.com, un network internazionale che ogni mese arriva ad accogliere circa 10 milioni d’utenti nel mondo. Ma sono da citare anche Infojobs e Trovalavoro del Corriere.it. Jobrapido con il 13,7% degli utilizzatori è invece leader dei metamotori di ricerca di lavoro e LinkedIn, che viene spiegato più avanti, tra quelli di social networking sia pure ancora con una bassa percentuale d’utilizzo, appena lo 0,54% indice di un segmento ancora di nicchia. Nell’ambito di un programma di Employer Branding i job board rappresentano quindi degli ottimi veicoli per creare contatti. Il vantaggio del loro utilizzo è dato dall’elevato numero di CV presenti nel loro database, che costituiscono un vasto bacino per il recruiting. I job board consentono di visionare i CV già inseriti, di pubblicare le offerte, inviandole via e-mail agli iscritti, e di ricevere le candidature.

3.6.3 Il Recruitment Advertising on-line L’advertising on line è l’insieme delle pratiche volte alla promozione di siti e aziende su internet, attuate sfruttando mezzi interattivi, principalmente banner, disponibili nel Web. Solitamente per questo tipo di attività le imprese si affidano ad agenzie ed aziende specializzate che possiedono le tecnologie necessarie per realizzare e monitorare i risultati di una campagna pubblicitaria on-line. Nello specifico, il recruitment advertising on-line è quella parte di pubblicità in rete che le aziende realizzano col fine di reclutare risorse umane di talento, e può essere considerato uno strumento essenziale all’interno di una più ampia strategia di Employer Branding. Capire le differenti modalità operative tra pubblicità tradizionale e pubblicità sul web è una premessa necessaria per mettere a punto le dovute strategie d’integrazione tra i due canali. Innanzitutto la comunicazione pubblicitaria on-line ha il grande vantaggio di avere una maggiore efficienza ad un costo molto più basso rispetto a quella tradizionale. rispetto a 67

Ricceri F., 20 novembre 2007, eRecruiting e social networking nella ricerca di lavoro

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quella tradizionale, anche se in ogni caso si può affermare con sicurezza che essa non riesce mai a sostituire completamente la seconda. Chi desidera dunque sviluppare la propria attività sul web deve porsi come obiettivo ideale quello di riuscire ad integrare le diverse tipologie di comunicazione, per raggiungere la più ampia fetta di mercato possibile. Grazie alle varie forme di pubblicità on-line esistenti, i candidati in cerca di lavoro vengono spesso immediatamente e direttamente introdotti sul sito dell’azienda inserzionista, ma è bene preoccuparsi del fatto che anche l’indirizzo del sito web compaia in tutte le comunicazioni on e off-line effettuate dall’impresa, di modo che possa diventare un punto di riferimento per i job seeker. La comunicazione on-line si muove su direttrici differenti rispetto a quella offline: invece di presentare un messaggio su diversi supporti ed aspettare che sia l’utente a recepirlo, essa porta il messaggio direttamente verso di lui proprio nel momento in cui questo desidera averlo, con indubbi vantaggi dal punto di vista commerciale. La comunicazione in rete si punta perciò a divenire sempre più diventare contestuale. Nell’ambito del recruitment on-line è inoltre fondamentale che un’azienda abbia ben chiaro il pubblico di riferimento, che sarà segmentabile innanzitutto sulla base dal settore di business in cui essa opera, anche se oggi, ed è bene nuovamente sottolinearlo, per vincere la guerra dei talenti, è consigliabile ampliare l’orizzonte di ricerca di alti potenziali rivolgendosi anche a settori apparentemente lontani da quello di appartenenza. In secondo luogo l’azienda dovrà definire il proprio target sulla base del titolo di studio o del livello di esperienza, per poi capire quali sono i siti e i portali specifici per il proprio business, le parole chiave digitate nei motori di ricerca dal pubblico di riferimento, le modalità per proporre servizi e prodotti ed indurre a cliccare su link specifici. Anche se spesso lo si sottovaluta, Internet ha un suo linguaggio specifico. Rispetto alla pubblicità tradizionale i testi debbono essere costruiti con un diverso registro, stile, tono ecc. Inoltre, se si considera la varietà di soluzioni tecniche a disposizione (grafica, fotografia, dinamicità, multimedialità, animazioni tridimensionali), è necessario scegliere la forma di comunicazione più adeguata. Rispetto a qualsiasi altro tipo di pubblicità, quella in rete ha il vantaggio di poterne verificare la redemption, anche attraverso le semplici statistiche del sito. Da tutta questa serie d’informazioni e di altre ancora, si trarranno i dati utili per progettare una campagna di comunicazione pubblicitaria on-line mirato ed efficace. Tra le principali soluzioni che il web mette a disposizione per l’advertising on-line in generale e per il recruitment nello specifico, si vuole focalizzare l’attenzione in particolare su tre di essi:

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- Banner Per banner68 s’intende una striscia pubblicitaria posta su un sito Web. Solitamente riporta il nome, il logo o l'immagine dell'azienda inserzionista o di un suo prodotto. Cliccando sul banner, si accede alla pagina Web relativa all'inserzione. Attualmente è una delle forme pubblicitarie più diffuse su internet. Per un’azienda che nella pianificazione delle proprie attività di Employer Branding abbia deciso di utilizzare anche l’advertising on-line come strumento di comunicazione, sarà necessario dunque commissionare la costruzione di banner che veicolino sia dal punto di vista dei contenuti che della grafica un’immagine chiara, coerente ed attraente della propria identità quale datore di lavoro da scegliere. Sarà importante individuare correttamente i siti web più navigati dal pubblico di riferimento. Ad esempio, le aziende che si rivolgono a giovani laureandi o neolaureati, preferiscono inserire i loro banner all’interno dei sopra citati job board, o su siti dedicati prettamente agli studenti quali www.studenti.it, www.laureandi.it e www.campusone.it, solo per citarne alcuni. I banner possono ancora essere inseriti all’interno di riviste on-line rivolte agli studenti o in quelle specializzate sul mondo del lavoro e su chi è in cerca di un impiego. Per fare un esempio si cita la rivista “Campus”, mensile dedicato agli studenti. Sulla homepage di questa rivista, www.campusweb.it, si trovano sezioni dedicate al mondo delle università, al lavoro, alle aziende, con link riferiti a master, corsi di formazione, alle offerte di impiego e stage, a tutti gli aggiornamenti sulle fiere, su job meeting che si terranno in Italia e all’estero, con i relativi programmi, modalità di partecipazione e aziende coinvolte. È più che evidente che una tale rivista on-line, non può che essere uno spazio conveniente e adatto per posizionare un banner pubblicitario relativo alla propria azienda, con elevate possibilità di ottenere un forte impatto sull’employer brand. Tra le riviste in rete che si occupano di lavoro si può menzionare invece il bollettino del lavoro (www.bollettinodellavoro.it), sulla homepage del quale è riservato ampio spazio ai banner di molte aziende, ed infine la versione on-line del Corriere del lavoro (www.corriere.it/lavoro), supplemento del venerdì del Corriere della Sera e che si pone come bussola per aiutare uomini e donne, giovani e professionisti, ad orientarsi nel mercato delle professioni, offrendo indicazioni pratiche e concrete.

- Keywords Advertising Per Keyword Advertising, s’intende la possibilità di acquistare all'interno di motori di ricerca alcuni spazi particolari di visibilità (link o riquadri sponsorizzati). Questa metodologia, che ormai grazie alla sua elevata efficacia è divenuta la forma più diffusa di pubblicità su internet, permette di raggiungere in tempi brevi un alto livello di visibilità. S’intuisce subito come ciò sia importantissimo per il proprio employer brand. Ogni campagna di promozione nei motori di ricerca che possa definirsi efficace e pervasiva deve prevedere ormai al proprio interno una quota di budget destinata proprio 68

http://it.wikipedia.org/wiki/Banner

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alla keyword advertising, che unito alle attività di ottimizzazione e posizionamento delle pagine web, garantisce un risultato complessivo ottimale. Un altro elemento assai importante per il successo o meno della campagna è poi la landing page, ovvero la pagina d’atterraggio della pubblicità. Dal momento che il crescente interesse per la pubblicità a pagamento sui motori di ricerca ha causato un notevole aumento della concorrenza e del costo per click medio in diversi settori merceologici, la necessità di acquisire sempre maggiori competenze di gestione ed un know how specifico e in costante evoluzione, fa sì che le imprese si rivolgano per tale pubblicità a strutture specializzate che garantiscano un buon risultato. Nel caso specifico del recruitment, i candidati in cerca di lavoro spesso digitano semplicemente sui motori di ricerca anche una sola parola come “lavoro” oppure “stage”, o una combinazione di vocaboli, e ciò che ne scaturisce è subito una serie di risultati. E’ fondamentale quindi per le aziende in cerca di talenti e interessate a sponsorizzare il proprio employer brand, ritagliarsi uno spazio di visibilità particolare tra le risposte scaturite nei motori di ricerca più famosi ed affermati presso il proprio target di riferimento, comprando riquadri appositamente messi in evidenza, in modo da poter essere presi maggiormente in considerazione dai job seeker on-line. Se si prova a digitare su Google soltanto la parola “lavoro”, immediatamente sulla pagina dei risultati compare come primo report un link sponsorizzato, posto in risalto rispetto agli altri poiché collocato all’interno di uno spazio avente come sfondo non il bianco dell’intera pagina, ma una striscia di colore grigio e la scritta apposita “collegamento sponsorizzato”.

- Link verso siti che trattano argomenti interessanti o affini Anche la sezione del sito dedicata ai link esterni rappresenta un modo per comunicare, nel senso che dall’altra parte esisterà un collegamento che a sua volta guida verso l’impresa. Tale partnership tra siti affini o in qualche modo coerentemente interrelati, non può che essere molto utile per l’Employer Branding, allo scopo di migliorare l’immagine e la percezione del proprio brand, non solo da un punto di vista corporate ma anche quale employer. I valori, l’identità e l’immagine aziendale esercitano in tal modo un’inevitabile influenza anche sulla desiderabilità e percezione del brand dell’impresa quale employer da scegliere, da parte degli utenti dei siti partner. Quest’ultimi, infatti, oltre che semplici navigatori, possono talora anche rappresentare delle potenziali risorse umane che l’azienda è interessata ad attrarre. A tal proposito, si riprende come riferimento il web site di Eni69: al suo interno è possibile entrare nella sub-sezione detta “Eni e la cultura”, dove vengono mostrati i programmi di partnership e sponsorizzazione realizzati dalla società nel campo dell’arte, della musica e dello spettacolo a livello locale ed internazionale.

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www.eni.it

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L’obiettivo di queste attività scopo è pubblicizzare il proprio brand, per migliorarne la conoscenza presso i suoi pubblici di riferimento, ma anche per rafforzarne l’immagine e l’identità. È così che ad esempio Eni è socio fondatore di alcuni dei più celebri teatri d’Italia (Teatro alla Scala di Milano, Teatro La Felice a Venezia e Teatro Regio a Torino), nonché sponsor di alcune importanti mostre a livello nazionale ed internazionale. Eni è inoltre “Special Partner” in molte importanti manifestazioni come il Los Angeles Film, Fashion and Art Est, il cinema in particolare viene spesso utilizzato come strumento di conoscenza di Eni e del suo ruolo strategico per lo sviluppo dell'Italia con collaborazioni prestigiose di rappresentanti del mondo culturale italiano. E se da un lato è possibile trovare sul sito Eni i link che collegano e rimandano i navigatori direttamente ai siti web che riguardano gli eventi appena citati, dall’altro lato anche su questi, alla voce “partner” o “related link” è possibile essere collegati subito con il sito dell’impresa.

3.6.4 Social Media, Blog e Social Network Tra gli strumenti del Talent Relationship Management, citato in precedenza, ve ne sono alcuni che si stanno dimostrando estremamente efficaci soprattutto per attirare l’attenzione dei “candidati passivi” e che, inoltre, non richiedono molte risorse finanziarie da investire. Si tratta dei blog e dei social network, strumenti di comunicazione nati allo scopo di condividere con il maggior numero di persone possibili esperienze, scambio d’informazioni, discussioni su argomenti specifici, o semplicemente stringere nuove amicizie.

- I Blog Nel linguaggio di Internet, un blog è un diario in rete che permette a chiunque sia in possesso di una connessione internet di creare facilmente uno spazio dove virtualmente può stare insieme ad altre persone ed esprimere liberamente e quasi in tempo reale, le proprie opinioni e riflessioni, ma anche pubblicare comunicati, informazioni, storie di ogni sorta ed aggiungere dei link a siti di proprio interesse. È possibile oggi aprire un blog e gestirlo anche gratuitamente. Tra i servizi più utilizzati in Italia abbiamo Blogger.com, Splinder, Clarence, Blogsome, Tiscali, Libero ed MSN. Si può ritenere che il blog sia uno strumento valido ed interessante, oltre che innovativo, ai fini delle strategie di Employer Branding e nello specifico come canale di recruiting marketing. Infatti, a partire dal Corporate Blog70, potrebbe non soltanto venirsi a creare una nuova opportunità di dialogo tra le aziende e i loro clienti, ma anche tra esse ed i propri dipendenti attuali e/o potenziali. In quest’ultimo caso, infatti, il Corporate Blog potrebbe trasformarsi in quello che si può definire un “Employer Blog”, strumento di

70

il blog di un’azienda, all’interno del sito istituzionale

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comunicazione on-line fortemente in grado di accrescere la percezione positiva che i potenziali candidati hanno delle aziende quali datori di lavoro. Le imprese dovrebbero considerare la possibilità di rendere più trasparenti, attraverso il blog, le proprie attività e i settori di mercato in cui operano; migliorare la sensazione di prossimità del top management aziendale verso i propri candidati; lasciare spazio a commenti ed opinioni e all’interazione tra azienda e candidato, ma anche tra candidato e candidato. Che gli uomini delle "risorse umane" dedichino del tempo all’attività di scrivere un blog che parli del proprio lavoro, dei criteri usati per selezionare le persone e sull'organizzazione interna, è cosa ancor poco diffusa. Un primo tentativo in tal senso però lo si può trovare alla Microsoft USA, che ha incentivato l’apertura di numerosi blog da parte dei dipendenti e creato un link diretto con il proprio career web site. Questo meccanismo, ha consentito di attrarre e reclutare nuovi potenziali candidati, ma anche di utilizzare i dipendenti come dei testimonial per diffondere più rapidamente la cultura aziendale.

- I Social Network Oltre ai blog, i recruiter più proattivi hanno cominciato ad accorgersi anche dell’efficacia dei cosiddetti Social Network. Queste sono vere e proprie realtà virtuali di contatto tra più persone con il desiderio di allargare il proprio ambito di relazioni ed affermare il proprio senso d’appartenenza ad una comunità in evoluzione. Il Social Networking rappresenta oggi l’ecosistema entro il quale imprese e organizzazioni realizzano i propri obiettivi di business o d’altra natura posizionandosi in modo strategic e comunicano i propri prodotti e servizi all’esterno dei propri confini organizzativi. Questo fenomeno fa emergere una nuova forma di relazione non solo tra le imprese e i consumatori, ma anche tra queste e i potenziali collaboratori. Di fatto, sono sempre più numerose le aziende e le organizzazioni (pubbliche e private) che si affidano ai numerosi strumenti di comunicazione d’impresa per rafforzare i legami con tutti quei soggetti (clienti, partner, stakheolder, potenziali candidati) che costituiscono il proprio network di riferimento. Il successo nell’uso dei network sociali è, infatti, strettamente connesso alla capacità di saper comunicare nell’era del Web 2.0. Una comunicazione simmetrica e non più verticale, dove la propensione all’ascolto costituisce una risorsa per aprirsi ai propri pubblici da cui apprendere informazioni, suggerimenti e contenuti utili per migliorare l’offerta dei propri servizi. In un’ottica di Employer Branding, alcuni social network sono diventati uno strumento di indubbia utilità per il recruiting, in particolare per coinvolgere i “candidati passivi”. Tra questi il più efficace e diffuso è LinkedIn, che raggruppa circa 17 milioni di persone collegate tra di loro, tra cui i dirigenti di tutte le prime 500 aziende secondo la rivista Fortune.

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Il principale vantaggio di questo social network è nella sua funzionalità in quanto è capace di creare un ambiente nel quale molti lavoratori con esperienza possono facilmente accedere e cercare lavoro senza proporre esplicitamente la loro candidatura. Ogni profilo poi può essere accompagnato da personali “raccomandazioni” rilasciate dalle persone del proprio network. LinkedIn agisce mettendo in atto meccanismi di viral marketing71 che consentono ai profili di diffondersi attraverso la rete dei contatti, è inoltre possibile fare inviti diretti alle persone con cui si vuole stabilire una connessione. Da ricordare è il lancio recente di una nuova Home che permette, tra le altre cose, di tenere immediatamente sotto controllo le offerte di lavoro più interessanti sulla base del proprio profilo. Un altro celebre strumento di social networking è Facebook, che grazie ad un’idea innovativa e alla semplicità d’utilizzo è riuscito a collegare circa 150 milioni di profili. Forse la funzione più interessante è il News Feed che permette di visualizzare una serie di informazioni riguardanti gli amici collegati al proprio network: cosa stanno facendo, a quali gruppi appartengono, quali applicazioni hanno scaricato e quali messaggi hanno inviato. Facebook è uno strumento di passaparola di grande efficacia, ma non è in grado di fornire molti dettagli su ciascun profilo e sulle esperienze accumulate. Inoltre non è possibile usare raccomandazioni come nel caso di LinkedIn. Recentemente però ha ampliato la sua offerta pubblicitaria, offrendo tre tipi di strumenti: pagine business per collegarsi con la propria audience; spot del tipo “social viral ads” ed un’interfaccia atta a monitorare le attività. Una strategia a metà fra il viral marketing e il trusted referrals che potrebbe funzionare meglio del passaparola. Certo, bisogna ancora capire se un sistema così congeniato non finisca per ledere la privacy degli utenti, che senza rendersene conto diventerebbero una sorta di testimonial reali (non attori ma persone vere, con gusti e preferenze vere) per i diversi marchi, senza seppure un esplicito consenso. Per cui, con molta probabilità Facebook finirà per richiedere in fase di registrazione il consenso al social advertising. Altri esempi di social network da citare sono MySpace e You Tube, che però hanno forti limiti per il recruiting, in quanto non offrono informazioni dettagliate sui profili e hanno un target non sempre in linea con quelli ricercati dalle aziende. Accanto a questi sistemi di social network, esistono altri strumenti di supporto a che sta cercando lavoro. Un esempio valido è Jobinsider, una toolbar che permette di tenere sotto controllo i propri contatti durante la navigazione sui siti più importanti di e71

Il marketing virale è un tipo di marketing che sfrutta la capacità comunicativa di pochi soggetti interessati ,per trasmettere il messaggio ad un numero esponenziale di utenti finali. Il principio del viral marketing si basa sull'originalità di un'idea: qualcosa che, a causa della sua natura o del suo contenuto, riesce a espandersi come un virus in una data popolazione. È un'evoluzione del passaparola, ma si distingue per il fatto di avere un'intenzione volontaria da parte dei promotori della campagna. In genere, il termine è riferito agli utenti della rete che, più o meno volontariamente, suggeriscono o raccomandano l'utilizzo di un determinato servizio (per esempio, per la scelta di un indirizzo e-mail).

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recruiting. Perciò, quando si sta leggendo l’annuncio di un’azienda è possibile verificare se nel proprio network di contatti ci sono persone che lavorano in quell’azienda e che possono aiutarci ad ottenere un primo contatto o, addirittura, un primo colloquio.

3.7 LE NUOVE TENDENZE DEL RECRUITING 3.7.1 Employee Referral Program Nonostante sia fortemente riconosciuta la criticità e l’importanza del fattore umano per lo sviluppo del business aziendale, le risorse finanziarie a disposizione della funzione HR sono sempre state molto poche, o, comunque mal gestite. La ragione sta, da un lato, nella difficoltà di quantificare in termini di ROI l’effettivo beneficio degli investimenti fatti nelle attività delle risorse umane, soprattutto in quelle riguardanti il recruiting e la retention dei talenti e, dall’altro, nel continuare ad utilizzare metodi di selezione ormai passati e, comunque, non più idonei a rispondere alle mutate esigenze di un mercato del lavoro sempre più chiuso e competitivo. Diventa quindi emergente il bisogno di sviluppare efficaci piani di recruiting in grado di garantire l’inserimento di persone qualificate a costi significativamente più ridotti, tra questi troviamo l’Employee Referral Program (ERP), vale a dire un piano di reclutamento che consente di attrarre ed inserire persone qualificate, coinvolgendo nella ricerca i dipendenti della propria azienda. A ciascuno di loro vengono offerti dei bonus (in denaro o altro), ma l’elemento chiave sta nel convincerli che è nel loro interesse costruire un gruppo d’eccellenza. Da una recente ricerca condotta dal MIT Sloan School of Management risulta che i principali vantaggi dello sviluppo di un Employee Referral Program sono: - Assumere le persone migliori Questo programma ha la capacità di reclutare candidati che garantiscono livelli elevati di produttività sul lavoro e che hanno cioè performance maggiori di coloro che sono stati assunti attraverso altri strumenti di reclutamento. - Incrementare la retention I dipendenti assunti con l’ERP tenderebbero a stare più a lungo in azienda, il che consente di godere di un più basso turnover delle persone qualificate. Altro vantaggio è quello di ottenere una più bassa percentuale di candidature non qualificate. Questo grazie al fatto che l’ERP tende a migliorare il processo di recruiting rendendolo più mirato su candidati target. - Incrementare il livello di esperienza Con lo sviluppo di un ERP i dipendenti, oltre ad essere più responsabilizzati nel trovare candidati qualificati sono in grado anche di individuare persone che si presume siano più vicine a loro in termini di capacità/skill e cultura.

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- Ridurre i costi ed i tempi di assunzione Il beneficio più interessante è la possibilità di ottenere un ottimo risultato in termini di reclutamento di candidati qualificati con una spesa molto più bassa e con tempi molto più ridotti rispetto a quella che richiederebbe l’utilizzo di canali alternativi di recruiting. - Incrementare il morale e la produttività Infine si può dire che il vantaggio ultimo che si può ottenere dallo sviluppo di un ERP è quello di costruire nel tempo un ambiente di lavoro i cui i dipendenti sono più produttivi perché fortemente motivati e soddisfatti di farne parte. Alcuni esperti del settore sostengono addirittura che esso rappresenti lo strumento, in assoluto, più efficace che esista al momento. Uno degli aspetti più rilevanti dell’ERP è la possibilità di utilizzare dei sistemi di valutazione (metric) per misurare la sua efficacia. Nella tabella 3.172, è possibile vedere il paragone con altri strumenti di recruiting. Le percentuali rappresentate sono state calcolate in base al ROI. Figura 3.5 Confronto tra i vari metodi di recruiting

90 80 70 60 50

82% 71% 60% 58% 51%

40 30

42% 36% 33% 30%

20 10 0

15%

Employee Referral Sito Web Istituionale Campus Recruiting Job Boards di nicchia Job Boards generali Ricerche dell'impresa Network Database dell'impresa Career Fairs Giornali

Fonte: Direct Employers/Booz Allen Hamilton

Sin qui si è detto dei benefici che lo sviluppo di un Employee Referral Program può produrre, ma la sua efficacia dipende molto dalle modalità d’implementazione. Di seguito vengono elencate alcune delle ragioni per le quali una ERP può fallire: • la mancanza di un responsabile interno che ne coordini lo sviluppo e valuti i punti di forza e di debolezza delle strategie all’interno dell’azienda;

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Indagine del gennaio 2007 su 73 grandi imprese con una media di 139.000dipendenti

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un sistema di ricompensa paritario, che non considera quindi la diversità dei ruoli e delle competenze ricercati; • l’assenza di benefit o l’erogazione dei medesimi con molto ritardo; • la presenza di regole amministrative troppo pesanti che vanno a rallentare il processo di sviluppo; • la mancanza di sistemi di valutazione in grado di controllare l’efficacia dell’ERP e di garantirne il miglioramento continuo; • la presenza di un sistema di ricompensa ed incentivazione paritario per ogni dipendente. Nonostante sia molto semplice comprendere il funzionamento di un ERP, la sua efficacia, però, dipende molto da come viene gestito e con quale grado di coinvolgimento interno viene sviluppato.

3.7.2 Boomerang Recruiting Il Boomerang Recruiting individua il processo in base al quale l’azienda s’impegna a riassumere i talenti che si sono particolarmente distinti per la loro eccellente performance e che, per diverse ragioni, si sono allontanate dalla stessa. Si utilizza questo termine anche nel caso in cui gli ex dipendenti ritornano volontariamente nell’organizzazione dopo un periodo d’assenza. Il Boomerang Recruiting è considerata un’attività in grado di produrre un alto ROI, come la maggior parte delle nuove strategie di Corporate Recruiting. Ma i motivi e/o vantaggi per cui un’azienda debba implementare una strategia di Boomerang Recruiting sono: • il costo di assunzione (cost per hire) molto basso; • un investimento, in termini di tempo e di impegno, decisamente piccolo nella fase di conoscenza e valutazione dei candidati; • la possibilità di reinserire in azienda persone che hanno acquisito un bagaglio di esperienza notevole e nuove abilità (skill), nuovi approcci e tante utili informazioni sui punti di forza e debolezza delle aziende concorrenti; • la maggiore velocità d’integrazione in azienda avendone già conosciuto la cultura, i valori, i processi interni e, inoltre, offrono maggiori garanzie di produttività avendo già vissuto quella realtà aziendale; • la maggiore fedeltà all’azienda, in quanto essendo persone che hanno deciso di ritornare dove avevano lavorato in passato, difficilmente decideranno di andarsene di nuovo; • il contributo alla costruzione di un clima di “competitive intelligence” dal quale possono scaturire nuove idee e nuovi modi di risolvere i problemi; • la possibilità che i “boomerangs” possano portare con loro altri “boomerangs”, innescando una reazione a catena di cui l’azienda sicuramente potrà beneficiare.

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la crescita tra i dipendenti un forte senso di “community”sapendo che pur lasciando l’azienda essi possono continuare a mantenere relazioni con la stessa nella prospettiva di riassunzione. Il Boomerang Recruiting è una strategia la cui efficacia dipende molto dal target individuato. Essa, infatti, non deve essere sviluppata per attirare l’attenzione di tutti gli ex-dipendenti dell’azienda ma solo su alcuni di loro, ad esempio: • top performer che hanno volontariamente lasciato l’azienda o che ricoprivano posti chiave e/o in possesso di particolari skill o esperienze; • top finalist e cioè quei candidati di talento che, al termine dell’iter di selezione, hanno scelto di andare a lavorare in un’altra azienda; • long-term consultant e cioè quei consulenti che per molto tempo hanno collaborato con l’azienda dimostrando grandi capacità. Sviluppare una strategia di Boomerang Recruiting non è sempre facile. Possono, infatti, presentarsi alcuni problemi che ne impediscono il buon funzionamento. Molti manager considerano i “boomerangs” come dei traditori e non hanno nessuna intenzione di permettere a queste persone di ritornare in azienda. Tutto ciò è ovviamente in contrasto con l’attuale mercato dal lavoro in cui il numero dei dipendenti che rimane nell’organizzazione è sempre più limitato rispetto al passato. E’ inoltre illogico fare delle assunzioni a lungo termine su dei progetti specifici. Purtroppo però, tra i dipendenti dell’azienda si può manifestare un forte sentimento di gelosia nei confronti degli ex dipendenti che l’azienda ha deciso di riassumere. Questo sentimento è ancor più forte se la riassunzione è accompagnata da più alte retribuzioni o da posizioni e/o ruoli di responsabilità maggiori rispetto a quelli garantiti ai lavoratori già presenti in azienda. Pur non essendoci un modello formale di sviluppo di questa strategia esistono comunque alcune fasi che se seguite possono aiutare a renderla efficace. Per prima cosa è necessario costruire un team di lavoro e/o individuare una persona che abbia la responsabilità di coordinare lo sviluppo del programma. È importante poi creare un piano in grado di mostrare i vantaggi di questa strategia: un’indicazione accurata del budget che individui i costi necessari all’implementazione del programma, un accurato rewarding plan che premi adeguatamente la performance dei boomerang e sistemi di valutazione che consentano di comprendere i ritorni in termini economici. La redazione di tale documento è essenziale anche per convincere il top management della validità del progetto. È importante anche confrontare il Boomerang Recruiting (benchmarking) con altre strategie, al fine di identificare fattori di successo e criticità negative dello stesso. Occorre poi tenere sotto controllo i key performers che stanno per lasciare l’azienda, i quali costituiranno sicuramente uno dei principali target del boomerang recruiting program. Inoltre è necessario avere dei sistemi di valutazione (metric) che consentano di comprendere bene l’efficacia di questo nuovo approccio.

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Uno dei fattori che contribuisce a rendere il boomerang recruiting una strategia efficace è senza dubbio la scelta del momento in cui si decide di intervenire. È molto utile che il suo sviluppo avvenga durante il processo di distaccamento tra il dipendente e l’azienda, facendogli sapere che sarà il benvenuto qualora volesse ritornare. Dopo sei mesi dall’uscita sarà utile anche conoscere con indagini ad hoc le ragioni di quella separazione e quali circostanze devono verificarsi perché ci sia un ritorno. Sebbene il boomerang recruiting non sia una pratica molto diffusa, alcune società, in particolare quelle che operano nel settore della consulenza aziendale, hanno sviluppato programmi del genere conseguendo ottimi risultati. Aziende quali McKinsey, Ernest&Young, Bain&Co e Deloitte hanno, da diversi anni, curato con particolare attenzione le relazioni con i propri ex dipendenti. Ad esempio il caso più emblematico è forse quello della società di consulenza manageriale Booz Allen Hamilton che ha addirittura creato un team di persone chiamato “come back kids” impegnato a convincere gli ex dipendenti di talento a ritornare in azienda.

3.8 EMPLOYER BRANDING E RETENTION: FIDELIZZARE I DIPENDENTI ATTRAVERSO IL PROPRIO BRAND Per vincere la guerra dei talenti non basta agire solo sul versante del recruiting, ma anche sull’altra faccia della medaglia, ossia quella della retention. Oggi, una delle grandi sfide delle organizzazioni è quella di trattenere le persone che possono garantire lo sviluppo e l’innovazione e contribuire a produrre il differenziale competitivo sul mercato globale. La certezza della strategicità di queste risorse implica per la funzione HR la necessità di individuare gli strumenti per motivare. Non esiste, in realtà, un’unica tipologia di risorse di Alto Potenziale; dai dati e dalle informazioni raccolte da alcune interviste realizzate presso aziende italiane e multinazionali possiamo affermare che gli Alti Potenziali possono essere raggruppati in tre categorie: • giovani neolaureati, alla prima esperienza professionale, che durante la fase di selezione si sono distinti per le proprie potenzialità di sviluppo; • giovani risorse inserite in azienda già da 2-3 anni: l’osservazione della performance e l’analisi dei dati relativi alla permanenza in azienda ha permesso di individuare una serie di potenzialità di crescita; • manager che mantengono nel tempo grandi potenzialità di sviluppo e di crescita. Spesso sono coloro che partendo dalla loro esperienza professionale e dalle competenze acquisite, vengono inviati dalle imprese nei siti di nuova apertura o nelle regioni in cui il business aziendale è stato appena introdotto. Trascurando le differenze relative all’età e all’esperienza professionale, le risorse umane ad alto potenziale sono comunque tutte accomunate da alcuni caratteri rientranti nella sfera del “Saper Essere”: la creatività e l’innovazione, la capacità di adattamento e la

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flessibilità, la leadership, l’intraprendenza e la forte intenzionalità delle proprie scelte. Vogliono crescere e apprendere velocemente. Le attività che svolgono devono essere sfidanti, perché solo quando posti di fronte ai propri limiti, gli Alti Potenziali sentono di poter sviluppare e arricchire la propria personalità. Inoltre, sono risorse che sanno adattarsi rapidamente e sono in grado di ritrovare un proprio equilibrio personale di fronte alle situazioni. Non sono intimoriti dall’attuale contesto estremamente mutabile e flessibile; al contrario, sono in grado di adattarsi agevolmente e rapidamente ai cambiamenti. Nell’attività professionale preferiscono fare esperienza in differenti settori e funzioni: sono particolarmente attenti ad acquisire competenze e capacità a 360° che permettano loro di conoscere la realtà aziendale in tutta la sua interezza. I talenti non hanno neppure frontiere geografiche. Anche il rapporto con l’organizzazione cambia. Non si parla più di senso d'appartenenza nei confronti di un’organizzazione, ma d’orgoglio: la risorsa ad Alto Potenziale non solo vuole essere coinvolta nel processo di creazione di valore di un’organizzazione, ma vuole anche parteciparvi direttamente e attivamente attraverso progetti strategici, visibili che ne mettano in risalto le competenze. In tema di carriera, è entrato ormai in crisi il “contratto psicologico” tra organizzazione e individuo: di fronte all’impossibilità dell’organizzazione di assicurare stabilità professionale, queste risorse, consapevoli del proprio valore e talento, chiedono il supporto necessario per essere aiutate nella crescita e nello sviluppo personale. Ricercano un rapporto di lavoro personalizzato che sappia conciliare le esigenze della vita privata con le strategie e il business dell’organizzazione. Le persone sono maggiormente coinvolte e proattive nella definizione del proprio percorso di carriera, che non viene più rimesso alla responsabilità esclusiva dell’organizzazione. Se le risorse ad alto potenziale sono l’essenza del vantaggio competitivo, la sfida per le aziende risiede sempre più nella capacità di progettare e strutturare strategie che sappiano rispondere alle loro esigenze. Saranno necessarie politiche in grado di integrare diversi strumenti per soddisfare le aspettative e sostenere la motivazione degli Alti Potenziali. Solo questa attenzione può favorire la loro retention. La sfida per i datori di lavoro non è solo quella di rendere consapevoli i potenziali dipendenti che le loro aziende sono un buon posto in cui lavorare, ma anche assicurarsi che essi comprendano gli obiettivi aziendali e forniscano il loro massimo impegno per raggiungerli. Riuscire ad aumentare il livello di soddisfazione dei propri dipendenti e trattenere i “migliori” è stata indicata ad esempio da Procter&Gamble e Philips come uno dei principali obiettivi dell’attività di Employer Branding73, anche se in generale il recruiting rimane comunque la sfera su cui si riversano ancora i maggiori sforzi in tal ambito. 73

Ricceri F., Guidarelli F., 2002, Politiche e strumenti di Employer Branding nelle aziende innovative, Siemens, Skillpass

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Tabella 3.2 Obiettivi dichiarati delle attività di Employer Branding da parte delle aziende campione della ricerca Facilitare i dipendenti ad interiorizzare il brand aziendale Trattenere i talenti in azienda Essere identificati come Employer of Choise Recruiting

40% 55% 70% 90%

Fonte: Ricerca, (12 dicembre 2002) “Politiche e strumenti di Employer Branding nelle aziende innovative”, Ricceri F., Guidarelli F., Siemens, Skillpass.

Le aziende innanzitutto devono fare dello sviluppo delle loro risorse umane una leva essenziale dell’organizzazione, per poter garantire loro un accrescimento delle proprie capacità, e rendere questa attività una pratica quotidiana. Le persone di grande talento, infatti, se non vengono messe in condizione di crescere e adeguatamente stimolate a farlo, tendono ad abbandonare l’azienda. Per tale motivo tutti i responsabili, ad ogni livello, devono dedicarsi allo sviluppo delle loro risorse umane. Per sviluppo non bisogna intendere però solamente la formazione, poiché questa ne rappresenta un importantissimo strumento, ma è solo una parte delle attività di retention. Lo sviluppo, infatti, può essere realizzato anche attraverso i cosiddetti “stretch job”, incarichi che richiedono altissime capacità, il Coaching e il Mentoring ed una corretta gestione del feedback. Questi appena citati sono tutti strumenti da tener in forte considerazione, poiché sono in grado di influenzare la soddisfazione dei dipendenti, ancor più dei classici benefit quali premi aziendali, piani retributivi e di stock option. Uno studio condotto da Deloitte nel settembre scorso ha messo in evidenza che il calo dei profitti e del valore delle azioni in periodi di crisi finanziaria, come quello attuale, incide anche sui piani di remunerazione e motivazione dei dipendenti. Di fronte a questo scenario, le aziende si trovano costrette a ricercare metodi e strategie alternative per trattenere i propri professionisti e per continuare ad offrire prodotti e servizi di qualità per competere sul mercato74. La ricerca ha inoltre fatto emergere diverse strategie d’incentivazione usate dalle aziende per migliorare la posizione finanziaria e professionale dei dipendenti, mostrate nella figura 4.1, come ad esempio: • la pianificazione di bonus da assegnare a professionisti o a business unit dalle performance particolarmente brillanti (22%); • lo sviluppo di piani d’incentivazione a lungo termine(18%); 74

Deloitte Consulting, 3 novembre2008, “Retention strategies during difficult economic conditions”, www.deloitte.com. La ricerca è stata realizzata sulla base di interviste condotte ad un panel di 151 aziende statunitensi appartenenti a svariati settori industriali.

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• •

l’adozione o il cambiamento dei piani di liquidazione in risposta alle attuali condizioni economiche (14%); l’applicazione o l’espansione di programmi di lavoro flessibile (59%) come il telelavoro (46%), il part-time verticale (34%) e orizzontale (26%) e i sussidi per i pendolari (10%).

Figura 3.6 Strategie di retention Quali programmi sono stati attuati per aiutare la retention dei dipendenti? 60% 50% 40% 30%

59%

Orario di lavoro flessibile Telelavoro

46%

Part-time verticale 34% 29%

26%

Part-time orizzontale Sussidi per i pendolari

20% 10% 10%

7% 3%

Retribuzione per ferie o malattia Altro

0% Nessuno di questi

Fonte: Deloitte, 2008

Le aziende devono quindi comprendere che i dipendenti sono diventati particolarmente sensibili alle possibilità di crescita professionale e alla formazione. Le ampie opportunità per gli High Potential di cambiare occupazione nel mercato del lavoro odierno costringono le organizzazioni a dover offrire sempre stimolanti occasioni oltre che una buona retribuzione. In questo contesto assume una grande rilevanza la dimensione soft dell’azienda, ossia quella legata ai cosiddetti fattori intangibili. Avere una forza lavoro motivata e impegnata e, soprattutto gestirla in modo efficace rappresenta un vantaggio competitivo che poche imprese hanno capito realmente. A dimostrarlo è uno studio condotto da Hewitt Associates nel 200375, il cui obiettivo era quello di aiutare le aziende a migliorare i risultati di business e la motivazione dei dipendenti attraverso l’allineamento fra i processi di gestione del business e delle persone. In particolare, l’indagine identificava le cosiddette “ Best Employers”, come

75

Indagine “Best Employers, Best Results”. L’indagine ha coinvolto 96 aziende e 15.000 dipendenti, tra cui 160 CEO e oltre 70 rappresentanze sindacali

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quelle aziende che più delle altre considerano le persone un asset strategico e hanno una spiccata cultura orientata al recruiting ed al talento. Uno dei dati più interessanti che scaturisce da questo studio è proprio legato al clima aziendale chiamato Engagement, il cui significato può essere espresso come “il livello in cui i dipendenti lavorano al disopra e oltre di ciò che è normalmente richiesto per il loro ruolo. E’ il grado di sforzo discrezionale che essi danno quando sono impegnati, soddisfatti e motivati nel loro ruolo”76, con il risultato di generare risultati migliori in termini di performance e produttività. Infatti, secondo la ricerca precedentemente menzionata, le aziende migliori hanno un turnover più basso rispetto alle altre aziende (circa il 10%, rispetto al 15%) e attraggono più facilmente candidati dal mercato del lavoro. Per aumentare l’engagement è necessario capire qual è il livello corrente e quali sono i fattori che lo influenzano, per poi sviluppare appropriate iniziative che lo aumentano. Esistono tre livelli di engagement: cognitivo (i dipendenti concordano con gli obiettivi e i valori aziendali e decidono di supportarli); affettivo ( il sentimento di appartenenza ed attaccamento, l’orgoglio di lavorare per l’impresa); comportamentale ( i lavoratori sono fedeli all’azienda e svolgono il loro lavoro con maggiore impegno). IL risultato finale deriva da una combinazione tra questi tre elementi. L’individuazione dei fattori di engagement costituisce per l’azienda una condizione essenziale per la definizione dell’Employer Value Proposition, perché gli permette di capire ciò che realmente qualifica l’ambiente interno. Il risultato viene poi sintetizzato nell’Employer Brand Promise, ovvero la sua trasposizione in chiave comunicazionale. Nella figura 3.5 viene evidenziato il legame tra i concetti. Figura 3.7 Promise

Relazione tra Employer Engagement, EVP ed Employer Brand

EMPLOYER VALUE PROPOSITION

EMPLOYER BRAND PROMISE

EMPLOYEE ENGAGEMENT Fonte: Amendola, 2005

Un esempio in questo senso è Microsoft, il cui successo è dovuto alla consapevolezza dell’importanza delle persone, espressa attraverso un’EVP formata da quattro pilastri;

76

Minchington B., 2006, Your employer brand, CIA, Australia

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l’azienda ispira le persone, i dipendenti sentono di far parte di un’azienda che ha cambiato il mondo; • l’azienda è leader nelle tecnologie e dà ai lavoratori la possibilità di utilizzarle quotidianamente; • vi è una costante ricerca di talenti, che stimola il confronto e l’apprendimento; • l’azienda dà la possibilità di costruirsi una carriera premiante, le persone percepiscono che possono sviluppare il loro potenziale. La retention si gioca poi nel campo della valorizzazione delle risorse umane. Per poter promuovere e trattenere le persone più valide le aziende devono necessariamente identificarle in maniera sistematica e precisa, per poi aiutarle a migliorare e crescere. In frangenti particolari devono però essere pronte anche a rimuoverle dagli incarichi, se queste non realizzano performance se non eccellenti almeno valutabili come buone. Il primo passo per la valorizzazione dunque, sarà distinguere e individuare i propri collaboratori, per poter poi a sua volta differenziare la retribuzione, i percorsi di carriera, le strategie di premiazione e/o di miglioramento delle performance. Le aziende eccellenti dovrebbero predisporre a tal fine un sistema di valutazione e differenziazione dei talenti, pianificando e controllando rigorosamente azioni mirate di sviluppo e valorizzazione, nel massimo rispetto dei bisogni e delle aspettative degli Alti Potenziali. Nonostante la criticità della gestione dei talenti sia evidente, nelle Direzioni del Personale, spesso esistono timori sull’introduzione di politiche di gestione differenziata di queste risorse, sia in virtù della paura di generare un senso d’abbandono e sperequazione in chi non è riconosciuto un Alto Potenziale, sia per non doversi confrontare con il problema di gestire le aspettative elevate degli High Performers. Decidere di lavorare su questa popolazione significa rivoluzionare il tradizionale sistema di gestione, operare cioè una scelta strategica e scommettere su chi può contribuire in modo significativo al successo e alla competitività dell’azienda. Una prospettiva che per essere efficace non può rimanere confinata alla Direzione del Personale, ma deve essere estesa e condivisa con tutto il management di linea. È necessaria l’adozione di un approccio olistico ed integrato, ovvero un sistema composto da diversi strumenti, la cui combinazione sia coerente, da un lato, con i bisogni specifici di ogni talento, e, dall’altro, con la cultura e la strategia dell’organizzazione. A fronte dei bisogni degli Alti Potenziali, bisogni di crescita, di soddisfazioni personali, di sviluppo professionale, di coinvolgimento strategico, di coerenza con i propri impegni personali, la retribuzione non può più essere l’elemento esclusivo su cui confrontarsi. I bisogni sopra indicati sono “bisogni secondari”77 che trovano soddisfazione attraverso il ricorso a strumenti quali la formazione, politiche che sostengano l’equilibrio tra vita 77

Secondo Murray il Bisogno è un “costrutto ipotetico che rappresenta una forza nella corrispondente regione del cervello e che organizza e guida il comportamento della mente e del corpo al fine di mantenere l’organismo in una condizione di equilibrio”. Distinguendo tra Bisogni Primari e Secondari a seconda che abbiano origine fisiologica o meno, i Primari corrispondono ad esigenze fisiche dell’individuo, i secondari o psicogeni invece dipendono dall’ambiente sociale, sono quelli legati alla salute, alla crescita, alla socialità, all'autorealizzazione ed entrerebbero in gioco quando nel soggetto i bisogni primari sono stati soddisfatti.

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professionale e vita privata, il job posting e la necessità di definire in prima persona il proprio percorso di carriera.

3.9 LO SVILUPPO DELLE RISORSE UMANE ATTRAVERSO LA FORMAZIONE Normalmente le attività formative entrano in gioco sin dai primi momenti in cui il neoassunto entra a far parte dell’azienda ed appaiono come una serie di strumenti che forniscono al lavoratore le competenze tecnico - specialistiche per poter svolgere al meglio il proprio compito. La formazione dunque rappresenta un punto d’incontro tra le potenzialità e i bisogni dell’individuo e quelli dell’organizzazione, ma anche tra il sapere individuale e il saper fare organizzativo. Nel corso degli anni Novanta, alcuni fattori cardine di transizione del sistema sociale, quali: accelerazione e spinta al cambiamento, discontinuità crescente, progressiva pervasività dei processi d’innovazione tecnologica, globalizzazione dei mercati e della concorrenza, hanno fatto sì che la formazione non sia diventata soltanto un fattore prioritario, ma che addirittura la sua utilizzazione sia considerata un fattore di strategicità per le imprese e per i sistemi sociali. La necessità di ampliare le conoscenze e le capacità individuali è diventato un elemento indispensabile per il miglioramento della struttura dell’organizzazione: è noto come il vantaggio competitivo aziendale venga giocato nell’ambito delle risorse umane. La funzione HR, nel processo d’adattamento delle qualità generali e astratte del lavoro alle specifiche esigenze dell’impresa, deve gestire una politica di sviluppo e manutenzione della professionalità dei lavoratori: i processi tecnici e organizzativi adottati dall’impresa devono essere trasformati in conoscenze, comportamenti, abilità, atteggiamenti, valori. L’addestramento tende a trasferire, sia attraverso strumenti didattici che attraverso l’esperienza operativa, abilità già definite e controllabili, mentre la formazione tende a sviluppare capacità di dominare situazioni nuove e di creare nuove abilità. L’addestramento attiene più alla trasformazione specifica, la formazione più a quella generale. Tradizionalmente si ritiene di dover coinvolgere il management nei processi di formazione, e gli operatori in processi d’addestramento. Addestramento e formazione costituiscono un processo complesso con valenze economiche e organizzative. In termini economici si tratta di un processo d’investimento in quanto implica il sostentamento di costi per la valorizzazione delle risorse e la produttività, comportando anche una certa dose di rischio. In termini organizzativi essi producono un cambiamento dello status delle diverse professionalità. Come si nota, formazione e addestramento sono quindi attività fisiologiche e necessarie a sostenere lo sviluppo dei singoli e dell’impresa e devono seguire tutta la vita aziendale delle risorse umane, dal loro ingresso ai passaggi di carriera e dei cambiamenti organizzativi, o addirittura anche in taluni casi quando le persone lasciano l’azienda. 138


Un corretto processo di formazione, com’è raffigurato nella figura 4.2, dovrebbe essere svolto in 4 fasi. Figura 3.8 Ciclo della formazione

Analisi dei bisogni

Valutazione

Progettazione

Realizzazione

Fonte: Boldizzoni, 2007

- Analisi dei bisogni formativi: è un momento d’interrogazione in cui vengono indagati i bisogni di formazione a livello di singoli individui, ma anche a livello organizzativo, professionale e di riequilibrio demografico. L’analisi si conclude con una proposta formativa. - Progettazione dell’intervento: sulla base dei fabbisogni individuati, l’impresa e il formatore pianificano obiettivi didattici, percorso d’apprendimento, ricercano i docenti, predispongono gli strumenti; - Realizzazione dell’intervento: il programma di formazione viene somministrato secondo le modalità d’apprendimento prescelto tra cui si può citare: il learning by absorbing (imparare acquisendo nozioni teoriche), il learning by doing (imparare facendo) e il learning interacting with others (apprendimento collaborativo). Tra i metodi didattici invece si possono menzionare la lezione, le esercitazioni, le simulazioni (role playing, in basket, business game) dinamiche e progetti di gruppo. Ultimo e non ultimo per importanza non va dimenticato l’e-learning. Si tratta di una “forma di insegnamento a distanza mediata dalle tecnologie digitali della comunicazione che prevede la realizzazione di ambienti virtuali di natura multimediale, di apprendimento e interazione” (Nacamulli 2003). Le nuove tecnologie multimediali e interattive rendono possibili una riduzione dei costi, un maggiore disimpegno dai vincoli d’aula e di tempo e il raggiungimento di grandi quantità d’utenti. I percorsi formativi diventano sempre più personalizzati rispetto ai bisogni specifici di ogni soggetto partecipante. Se in passato era possibile tenere nettamente separati il momento dell’apprendimento da quello del lavoro, ciò attualmente non è più possibile, ma è necessario continuare ad 139


imparare durante tutto il ciclo di vita lavorativa. Il tempo del lavoro deve diventare sempre più anche il tempo di imparare e apprendere nuove conoscenze e capacità, per mantenersi aggiornati costantemente, contribuendo così al proprio e continuo sviluppo professionale e alla competitività dell’organizzazione. Un’analisi generale sulle principali realtà formative americane ed inglesi ha evidenziato la tendenza emergente ad associare la classica formazione aziendale con la formazione a distanza per creare una maggiore integrazione con il lavoro quotidiano; - Valutazione dei risultati: la molteplicità degli approcci adottati (quali e quantitativi) trova un comune denominatore nel considerare la valutazione un’attività di ricerca che permette l’individuazione e la raccolta dei cambiamenti intervenuti nelle partecipanti. Uno degli strumenti che a livello internazionale è ormai divenuto un punto di riferimento per la valutazione delle attività formative è il modello di kirkpatrick78. Questo modello si compone di 4 livelli sui quali può essere costruito un piano di valutazione: • la reazione: il gradimento dei destinatari nei confronti del programma e, in generale, sull’esperienza vissuta; • l’apprendimento: rilevazione dei vantaggi e benefici ottenuti dalla partecipazione al programma, ossia l’acquisizione di conoscenze (sapere), capacità (saper fare), atteggiamenti (saper essere); • i comportamenti: rilevazione dell’esercizio effettivo di quanto si è appreso durante la formazione; • i risultati: verifica dei risultati di performance raggiunti attraverso l’assunzione di determinati comportamenti. Un’organizzazione che voglia definirsi una learning organization, deve fare dell’apprendimento una competenza distintiva ed una fonte privilegiata di vantaggio competitivo. Questo obiettivo è realizzabile se viene creato un collegamento organico e non casuale tra apprendimento individuale ed organizzativo, tra miglioramento e innovazione. Rispetto a quanto avviene nel resto del mondo, dove le grandi corporation hanno effettivamente compreso l’importanza e il valore delle capacità intellettuali dei dipendenti, in Italia l’investimento in formazione è tuttora abbastanza esiguo. La crisi economica, la crescita esponenziale dei costi da sostenere, non sempre permettono alle aziende di realizzare dei piani formativi adeguati. Ciò è particolarmente vero con riferimento alle piccole imprese, dove i ritmi di lavoro molto sostenuti e l’insufficiente quantità di risorse e di personale costituiscono ancora un ostacolo all’aggiornamento. Tutti fattori questi che le condannano a rimanere con le stesse competenze e a non poter andare oltre un certo grado di sviluppo. Eppure nel resto del mondo l’attenzione, si sposta sempre più sulla qualità delle Risorse Umane e si punta sulla ricerca dei talenti.

78

Costa G., Gianecchini M., 2005, Risorse Umane, persone relazioni e valore, McGraw-Hill, Milano

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The Economist in un suo recente articolo79, ha invitato le aziende a spendere di più in formazione, ricordando che in zone del mondo nelle quali non si pensa che questo avvenga, la Infosys, gigante indiano delle tecnologie, ha stanziato oltre 100 milioni di dollari per il budget della formazione. Non solo, il leggendario capo d’impresa della General Electric, Jack Welch, dedica metà del suo tempo al “people development” e che si reca nella Corporate University aziendale ogni due settimane. Dati questi che dovrebbero spingere le aziende italiane a non dormire sugli allori, ma ad adeguarsi alle tendenze mondiali, che tradotto in poche parole significa investire di più in formazione.

3.10 IL MENTORING, IL COACHING E LA GESTIONE DEL FEEDBACK La maggioranza delle aziende cura assai poco lo sviluppo professionale e attribuisce alla formazione un ruolo chiave. In realtà, le indagini compiute dalla McKinsey80, hanno dimostrato che la crescita professionale è dovuta soprattutto alle esperienze fatte dai lavoratori sul campo. Per questo le imprese devono assicurare alle persone un Coaching e un feedback costanti, e devono fare del Mentoring una realtà che permei l’intera organizzazione. La tabella 3.3 mostra come è cambiato l’approccio allo sviluppo in questi ultimi decenni. Tabella 3.3 Confronto tra il vecchio e il nuovo approccio allo sviluppo Il vecchio approccio allo sviluppo Lo sviluppo è un fatto occasionale Sviluppo significa formazione

Il talento appartiene all’unità organizzativa; le persone non passano da unità all’altra Solo gli under performer hanno delle esigenze di sviluppo Solo pochi fortunati trovano dei mentori

Il nuovo approccio allo sviluppo Lo sviluppo è incorporato nel tessuto stesso dell’organizzazione Sviluppo significa principalmente incarichi professionalizzati, Coaching, feedback e Mentoring Il talento appartiene all’azienda; le persone si spostano facilmente da una parte all’altra dell’organizzazione Tutti hanno delle esigenze di sviluppo e tutti ricevono Coaching I Mentori vengono assegnati a tutti i collaboratori ad alto potenziale

Fonte: McKinsey, 2001 79

AA. VV., 8/11/2006, “Investire in formazione.” In http://www.biweb.it Michaels E., Handfield-Jones H., Axelrod B., 2002, La Guerra dei talenti. Come sedurre e trattenere i manager di qualità, Etas, Milano. 80

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Come si può notare dalla tabella, i collaboratori devono ricevere dei feedback sui loro punti di forza e di debolezza. Le persone devono sentirsi dire come stanno andando, in che cosa eccellono e in quali aree dovrebbero migliorare la loro performance. Non dare loro queste informazioni vitali significa privarle della possibilità di curare il proprio sviluppo e di gestire la propria carriera. Il feedback dovrebbe essere un momento in cui il proprio superiore dà un giudizio sincero e fornisce delle indicazioni sulle possibilità di crescita e miglioramento. In realtà, spesso viene vissuto in modo imbarazzante dai manager e demoralizzante dal dipendente, per questo sarebbe meglio comunicarne l’importanza per lo sviluppo individuale e improntarlo sul dialogo costruttivo, sull’obiettività. Sarebbe opportuno inoltre rendere il feedback un’attività più frequente che coinvolga un maggior numero di persone più o meno vicine alla risorsa valutata. Dopo aver comunicato il feedback, è necessario fornire al dipendente tutte le possibili indicazioni e l’assistenza adeguata per poter migliorare i propri punti deboli e crescere, attraverso le attività di Mentoring e Coaching. Il Mentoring è un’attività che mira alla valorizzazione delle potenzialità dell’individuo, attraverso un processo d’affiancamento da parte di un collega più anziano ed esperto che ne supporta il processo d’inserimento e d’apprendimento. Il mentore affianca il neo inserito fin dal suo ingresso nell’organizzazione, aiutandolo ad identificare l’insieme di conoscenze, capacità e qualità che caratterizzano il ruolo che sarà chiamato ad assumere; a riconoscere i propri punti di forza e le aree di miglioramento; a scegliere le opportunità formative messe a disposizione dall’organizzazione più coerenti con i propri bisogni. Una seconda funzione è riferibile alla diffusione della cultura dell’organizzazione che permette al mentee di interiorizzare prassi comportamentali. Infine una terza funzione può essere riscontrata in quella che Baum (1990) definisce come “facilitazione del percorso iniziatorio”, cui ogni individuo deve sottoporsi al momento del suo ingresso, al fine di potersi integrare. Come mettevano in risalto però già nel 1998 i tre ricercatori della ricerca sui talenti della McKinsey, il Mentoring è una pratica che andrebbe istituzionalizzata da parte di ogni azienda, purtroppo è quasi sempre un evento casuale, riservato a pochi fortunati, che non viene capito, né valorizzato. Alcune linee guida per strutturarlo potrebbero essere: • incorporare saldamente il Mentoring nella loro cultura aziendale; • scegliere con cura i mentori da assegnare e le modalità con cui instaurare la relazione con il mentee ; • istituire dei programmi di Mentoring per ogni unità, dando a ciascuna ampi margini di autonomia. Vale la pena sottolineare che un programma di Mentoring produce effetti positivi, non solo per il neo inserito, ma anche per il mentore e per l’organizzazione più in generale.

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Accanto al Mentoring, un’altra modalità utilizzata per trasferire competenze professionali all’interno dell’organizzazione, è il Coaching che può essere definito come una “forma di consulenza atta ad attivare nella persona un processo di auto-sviluppo personale, cambiamento, innovazione e aggiornamento, mediante l’aumento della fiducia nelle proprie capacità e della motivazione al risultato”. A differenza del primo, in questo caso l’attenzione è focalizzata sull’apprendimento di competenze utilizzabili nel proprio ruolo lavorativo. Se il Mentoring si pone l’obiettivo di trasferire conoscenze ed abilità, ma soprattutto di aiutare il giovane a gestire sé stesso nell’organizzazione, il Coaching si configura esclusivamente come un’attività centrata sulla trasmissione di competenze e istruzioni pratiche per ottenere migliori prestazioni. Affiancando il coach, che è sempre in posizione di superiorità gerarchica, il neo inserito, denominato coachee è supportato nello sviluppo delle proprie capacità e nella scoperta dei propri talenti. Il Coaching fornisce una sorta di guida e i supporti per migliorare, è un vero e proprio servizio di formazione personale mirato ad affrontare e/o approfondire tematiche di vario tipo, fornendo, se necessario, un adeguato supporto motivazionale. Idealmente dovrebbe includere il racconto di esperienze professionali, anche quelle del superiore. I racconti autobiografici del superiore insegnano, confortano e mostrano il suo lato umano. L’interazione tra il Coach e il Coachee è un rapporto di collaborazione che serve per sbloccare la risorsa umana da possibili blocchi di creatività e autostima per aiutarla a sviluppare attitudini e competenze utili al raggiungimento degli obiettivi prefissati. Un intervento di Coaching, per fare qualche esempio, può essere utilizzato al fine di rilanciare la risorsa dal punto di vista professionale e della carriera in un momento strategico per l’azienda, oppure in fase d’inserimento di un neoassunto, o anche solo per soddisfare il desiderio di un dipendente di migliorare le proprie performance. Vale la pena sottolineare l’importanza via via crescente che queste modalità di supporto all’inserimento stanno assumendo nelle organizzazioni. Il vantaggio consiste nell’agevolare i processi d’iniziazione dei giovani neoassunti, facilitandone l’integrazione, ma è anche la base per un rapporto costruttivo e vantaggioso per entrambi gli attori, individuo ed organizzazione. Esemplificativo in questo senso è il caso Coca-Cola HBC Italia, il ramo dell’omonima multinazionale che opera nel nostro paese. Agli inizi del 2000 questa società si trovava in una situazione di business piuttosto critica, che aveva minato il morale e l’engagement del personale, rendendo debole l’attrattività dell’azienda sul mercato del lavoro. Il morale dei dipendenti era basso ed erano demotivati. I migliori davano le dimissioni e si registrava un elevato turnover di personale. Risultava impellente la necessità di un cambiamento per trasformare l’impresa in un Great Place to Work. La strategia di Employer Branding adottata in tal senso ha visto la costituzione di un “leadership team” che tra le tante priorità si è focalizzato sullo sviluppo delle persone. Per sviluppare nei dipendenti le competenze richieste ha deciso d’incrementare drasticamente del 300% l’investimento in formazione, raggiungendo

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risultati immediati, sia in termini di crescita accelerata delle persone, sia in termini reali di business. È stato creato un processo di sviluppo del personale, chiamato PDF (People Development Forum), con l’obiettivo di identificare percorsi di sviluppo individuali, in linea con la propria strategia, ma anche con le competenze e le ambizioni dei dipendenti. Il classico Performance Management è stato sostituito da un sistema mirato di Coaching e di feedback da parte del capo, in aggiunta al sistema premiante. Ciascuno annualmente deve discutere delle proprie prestazioni e viene valutato rispetto al risultato di business raggiunto e al talento dimostrato. Questa strategia, unita ad un’efficace comunicazione interna, ha portato ad una riduzione del turnover dal 16% al 4%. Coca–Cola HBC è salita nella classifica del Great Place to Work, passando dal quinto posto nel 2006 al secondo posto nel 2008. Il grado di engagement è salito al 67% nel 2007 e tutto questo ha portato a dei risultati in termini di business: + 14% in volume, + 30% entrate e + 240% di profitto. Le persone sono più coinvolte e soddisfatte, la reputazione è cresciuta, la stampa e i media sono più attenti all’azienda ed è stato registrato un formidabile aumento delle candidature.81

3.11 SFIDARE LE RISORSE UMANE Le persone per crescere hanno bisogno di nuove sfide ed esperienze. È necessario in alcuni casi, quindi, offrire loro l’opportunità di occuparsi d’incarichi particolarmente sfidanti che non hanno mai affrontato prima o che apparentemente appaiono al di sopra delle loro capacità. In tal modo l’azienda ha la possibilità di mettere alla prova i propri collaboratori di talento, mantenendo al contempo elevata la loro curva d’apprendimento. Le persone non necessitano solo di compiti più complessi, ma anche diversificati. Utili allo sviluppo possono dimostrarsi, per fare solo qualche esempio, il passaggio da compiti di linea a compiti di staff e viceversa, o il passaggio ad una funzione differente rispetto a quella precedente, oppure l’assegnazione di business in crisi o di un incarico all’estero, la completa gestione di compiti complessi, l’affidamento di progetti speciali con obiettivi specifici della durata di alcuni mesi, che prevedano che la risorsa ricopra temporaneamente ruoli o posizioni a cui non è abituato e si confronti con compiti e realtà nuove, arricchendo in tal modo le proprie competenze e professionalità. Pur conservando le stesse mansioni i dipendenti possono comunque confrontarsi con delle sfide professionali. Questo può avvenire se si lasciano liberi i collaboratori di ripensare ai propri ruoli, riorientando le responsabilità e svolgendo i compiti in modo originale con una maggiore di flessibilità e responsabilità. È importante dunque appiattire la struttura organizzativa e decentralizzare il lavoro, poiché aiuta l’azienda a migliorare la comunicazione interfunzionale e a sviluppare un 81

www.coca-cola.it

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clima imprenditoriale in cui i dipendenti si sentono responsabilizzati e possono migliorare le loro competenze. È apprezzabile che le mansioni vengano assegnate ottimizzando lo sviluppo delle persone. Il processo d’assegnazione delle mansioni dovrebbe coinvolgere tutti i talenti dell’organizzazione e non solamente quei collaboratori che più strettamente cooperano con il manager che si occupa dell’attribuzione. Sono da considerare inoltre non soltanto coloro che lavorano già all’interno della funzione nella quale la posizione si rende vacante, perché altrimenti, in tal modo, si verrebbe a perdere l’opportunità di sviluppare soggetti più idonei e/o con un più elevato potenziale, presenti ad altri livelli ed in altre aree dell’azienda. Il talento deve fluire liberamente in tutta l’organizzazione. Naturalmente, affinché, tra risorse umane e mansione si riesca a raggiungere una corrispondenza ottimale, è fondamentale che l’azienda sia dotata di un sistema di valutazione delle persone sistematico e rigoroso, attraverso il quale i manager possano avere sempre un quadro aggiornato delle performance e del potenziale di tutti i dipendenti. È inoltre indispensabile che esista un sistema efficace ed efficiente di pubblicizzazione delle posizioni libere e che tra i manager di linea non prevalga una politica di accaparramento delle risorse umane che vieti loro di sperimentare nuove opportunità.

3.12 DIFFERENZIARE E VALORIZZARE I COLLABORATORI DI TALENTO Molte aziende si sentono a disagio nel classificare i loro collaboratori e preferiscono considerare tutti i dipendenti alla pari, trattandoli alla stessa maniera. In realtà, alcuni rendono più degli altri. La differenziazione comporta la valutazione della performance e del potenziale dei collaboratori, a cui devono far seguito i necessari riconoscimenti in termini di carriera, di retribuzione e d’opportunità di sviluppo. Se l’azienda possiede un sistema di valutazione delle proprie risorse efficace e rigoroso, essa valuterà attentamente ogni collaboratore e punterà ad un’adeguata segmentazione delle performance e del potenziale. Differenziare significa allora essere in grado di riconoscere tra i tanti dipendenti: • gli High Performer, cioè i collaboratori che definiscono lo standard su cui si misura la performance eccezionale; • i collaboratori di livello intermedio, degli ottimi lavoratori, che soddisfano regolarmente le aspettative, ma che hanno spazi di crescita limitati; • i lavoratori di serie C, ossia coloro i quali hanno una performance a stento accettabile. Una volta riconosciuto il loro contributo è necessario attuare politiche e strategie di valorizzazione atte a migliorare la loro performance e la soddisfazione professionale.

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Per puntare alla formazione di un vero pool di talenti e per essere realmente in grado di mantenerli, l’azienda dovrà basarsi sulla meritocrazia e valorizzare il contributo che effettivamente essi danno all’organizzazione. Se è vero che differenziare può comportare disagio e malcontento, soprattutto tra coloro che non si collocano in categorie di lavoratori ad alta performance, è pur vero che rischiare di perdere una risorsa umana di talento perché questa non si sente adeguatamente ricompensata e valorizzata, rischia di tradursi in un costo enorme per l’azienda. Infatti, i top performer, all’interno di un’organizzazione, garantiscono una produttività doppia rispetto alla media del proprio ruolo. Valorizzare significa far sentire i collaboratori apprezzati, riconosciuti e considerati per il loro contributo. Le persone vogliono e devono sentirsi stimate, quando non lo sono, si demoralizzano, diventano più inclini a lasciare l’azienda e la qualità del loro lavoro ne risente invariabilmente. In questo contesto, le strategie che possono essere utilizzate dall’azienda sono: • investire sui Top Performer per essere sicuri di trattenerli e farli crescere; • valorizzare e sviluppare i collaboratori di fascia intermedia, in modo che possa dare il meglio di sé stessi; • agire con decisione sui Low Performer, aiutandoli a migliorare la loro prestazione o rimuovendoli dalle posizioni critiche. Perché l’organizzazione riesca a mantenere elevato lo standard dei collaboratori più eccellenti e li trattenga in azienda, essa deve comprendere quali sono i loro bisogni, desideri, aspettative, problemi e li renda soddisfatti del lavoro svolto. È importante offrire anche una retribuzione considerevole ed incentivi significativi, ma anche nuove sfide e stimoli, riconoscimenti e apprezzamenti, crescita professionale e opportunità di carriera. Oltre alla strutturazione di percorsi efficaci (tra cui feedback, Coaching e Mentoring), è fondamentale un coinvolgimento forte del CEO82 che non può limitarsi ad un generico supporto top-down. Il CEO, al contrario, deve essere protagonista attivo nelle attività relative allo sviluppo dei leader83 . Nello sforzo di investire sui talenti, non si devono trascurare i lavoratori che danno una media performance, poiché senza di loro l’impresa rimarrebbe paralizzata. Nei loro confronti è necessario intraprendere iniziative di sviluppo e valorizzazione, con l’obiettivo di accrescerne le capacità, caricarli di energia e trattenerli con un investimento adeguato. Alcuni di loro, infatti, potrebbero passare al livello superiore e contribuire maggiormente alla creazione di valore per l’azienda. Per quanto riguarda i Low Performer invece, l’obiettivo dell’organizzazione è di aiutarli a crescere e migliorare, affinché possano diventare collaboratori di medio o alto livello, o ancora, destinarli ad un altro incarico in cui possano avere successo. In alcuni casi è necessario allontanarli dall’azienda. Essi, infatti, possono rappresentare un costo, soprattutto quando si collocano in una posizione di leadership, poiché non solo non 82

CEO è l'acronimo dell'espressione inglese Chief Executive Officer, usata per indicare la persona che ha la responsabilità più alta all'interno di una società. È il corrispondente dell'amministratore delegato 83 AA. VV., 3/6/2004, Le strategie per far crescere i talenti, in www.biweb.it

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forniscono prestazioni di alta qualità, ma non sono neanche in grado di sviluppare e stimolare i loro subordinati. Per questi motivi le aziende hanno il dovere di agire in maniera decisa su questa tipologia di risorse.

3.13 VALORIZZARE ATTRAVERSO IL WORK LIFE BALANCE E’ veramente difficile sviluppare una strategia di Employer Brand se l’azienda non considera come punto fermo il tema del Work Life Balance. Citando la Dott.ssa Flavia Simeone, docente e ricercatrice ISTUD sui temi del Comportamento Organizzativo e dello Human Resource Management, “il Work Life Balance si propone di evidenziare, studiare e proporre alle aziende soluzioni e strumenti per metterle in grado di favorire il benessere degli individui che lavorano al loro interno, riducendo il malessere derivante dall’impossibilità percepita di conciliare il tempo speso nella propria attività lavorativa con quello investito per sé, per la famiglia, per i propri interessi e per le proprie esigenze di socialità”. Questa politica organizzativa nasce negli Stati Uniti già alla fine degli anni ’70 in aziende come Oracle, Sun e Apple, motivo per cui oggi in questo contesto rappresenta una realtà ben più radicata nella cultura aziendale. In Italia invece è arrivata con notevole ritardo, generando una visione disarticolata e discontinua, che ha prodotto un fiorire d’iniziative concepite più per rispondere ad esigenze d’immagine che non per riprogettare i propri sistemi organizzativi e retributivi in un’ottica di Total Reward System84. Si potrebbe affermare che il Work-Life Balance rappresenta “l’equilibrio tra le energie dedicate al lavoro e le energie dedicate alla vita privata”85. Tale equilibrio viene ormai riconosciuto come obiettivo strategico per le aziende, sia in termini di sviluppo e performance delle proprie risorse, sia in termini di fidelizzazione del dipendente. Gli Alti Potenziali sono risorse in grado di contribuire enormemente al successo aziendale, ma per poter valorizzare al massimo questi capitali è necessario garantire loro la possibilità di mantenere il giusto equilibrio personale. Molti di loro, infatti, lamentano di non avere il tempo necessario per pensare a se stessi e alla famiglia, per riflettere sulla propria vita. Sorgono pertanto soluzioni quali i servizi di lavanderia aziendale, i servizi di consulenza (attraverso i quali il lavoratore può avere supporto in questioni giuridiche, nelle scelte di orientamento scolastico dei figli, nelle proprie personali problematiche familiari ecc.), gli asili aziendali e interaziendali (spesso localizzati 84

Con il termine Total Reward System si intende un nuovo modo di concepire il sistema retributivo aziendale che aggiunge componenti intangibili a quelle tradizionali (fisso, variabile e benefits), allo scopo di attirare e motivare le persone al di là della retribuzione di base. L’organizzazione, al fine di motivare le proprie risorse, concepisce un sistema integrato di Total Reward, che, oltre alla classica retribuzione e ai benefit, comprende programmi di Work Life Balance, volti ad aiutare i dipendenti nella difficile ricomposizione dei propri tempi lavorativi e familiari. , ma anche utilizzati come strumenti di attraction e retention per l’Employer Branding 85 www.wice-group.com

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presso l’azienda, che consentono al dipendente di accompagnare il figlio mentre va al lavoro e soprattutto di avere risposte ad hoc in termini d’orario). In alcuni casi le Direzioni del Personale hanno previsto forme di gestione del tempo personalizzate e concesso orari estremamente flessibili per poter conciliare l’attività e gli impegni professionali con quelli personali e famigliari. Le più recenti soluzioni trovate sono state la creazione di part time ad hoc, il telelavoro, orari d’ufficio estremamente flessibili e basati sulla responsabilità dell’individuo, l’anno sabbatico (ovvero la possibilità per i Talenti di dedicarsi per un anno intero alla formazione individuale, mantenendo il posto di lavoro). Costruire soluzioni di questo tipo significa, uscire dal luogo comune di considerare il Work Life Balance come insieme di benefit a disposizione del dipendente, per entrare nell’ottica di costruire delle strategie per sviluppare le risorse umane. Questa politica investe la dimensione stessa del lavoro, comporta una capacità di suddividere le attività utilizzando i criteri dell’importanza e dell’urgenza, dove per importante s’indica ciò che è rilevante per raggiungere gli obiettivi propri e quelli dell’azienda, mentre per urgente ciò che non può essere procrastinato ad un momento successivo. Considerare per ogni attività qual è il livello d’importanza e urgenza rispetto agli obiettivi strategici, agli obiettivi del proprio ruolo e al budget a disposizione, aiuta a decidere cosa è necessario fare e quindi ad eliminare i fattori d’ansia. Lavorare sulle priorità aiuta anche a delegare più facilmente i compiti ad altri lavoratori dell’impresa, il che non significa lasciare che altri facciano il compito che spetta a sé stessi, ma solo individuare altre risorse competenti e preparate in grado di sostituire un dipendente quando non ce la fa. Costruire soluzioni di Work Life Balance significa, uscire dal luogo comune di considerarlo come insieme di benefit a disposizione del dipendente per entrare nell’ottica dello sviluppo del potenziale delle proprie risorse. Costruire questa strategia significa calarsi nel contesto aziendale per capire quale soluzione può essere la più adatta ed efficace (dall’area del time saving, a quella dei family service, a quello dello sviluppo del personale). La volontà delle aziende di aiutare le proprie risorse umane a raggiungere la tranquillità derivante dalla sensazione di riuscire a gestire con successo le diverse sfere di vita, rende necessario concepire la relazione con il dipendente in modo diverso, diventandone partner rispetto ai progetti di vita. Una scelta che nella maggior parte dei casi si traduce in un vantaggio competitivo, visto che un collaboratore felice lavora meglio e difficilmente sarà attratto da proposte d’aziende concorrenti. Una buona arma, dunque, per evitare di perdere competenze ed esperienze difficili da rimpiazzare. Infatti, la difficoltà di molte persone, che non riescono a sentirsi artefici delle proprie scelte, porta spesso a conseguenze negative in ambito lavorativo: meno attenzione, un più basso livello di responsabilità e una produzione qualitativamente e quantitativamente deficitaria. È proprio questo il punto di forza della politica del Work Life Balance: agevolando la gestione della vita privata delle risorse umane si ottiene come risultato una maggior impegno e performance sul lavoro. 148


Il tema del Work Life Balance coinvolge sia uomini che donne: la conciliazione della vita lavorativa con la vita personale non è più un tema strettamente femminile, in primo luogo poiché non è legato al solo rapporto famiglia lavoro ma comprende anche il tema personale; in secondo luogo, perché oggi il cambiamento dei ruoli all’interno della famiglia ha fatto sì che le responsabilità relative non siano più delegate al solo partner femminile. A questo proposito si può citare l’indagine condotta su 100 tra le più importanti aziende del panorama nazionale dal gruppo Wice e pubblicata su Il Sole 24 Ore86. Dallo studio risulta che solo 54 aziende hanno implementato le azioni di Work Life Balance nell’arco del 2008 e si è trattato principalmente di asili, mense aziendali, compilazione di mod. 730, parcheggi e carte di credito aziendali. Ciò che è interessante notare è che in queste imprese i valori medi del livello d’impatto percepito sono molto alti. Nella tabella 3. 4 ne è riportata una sintesi. Tabella 3.9 Impatto del Work Life Balance

80,00% 70,00% 60,00%

70,00% 67,93% 64,83%

71,38%

56,55%

50,00%

Soddisfazione del cliente interno Produttività Attraction

40,00%

Retention (dimizione del turnover interno) Clima aziendale

30,00% 20,00% 10,00% 0,00%

Valore medio Fonte: Wice Group e Il Sole 24 Ore, 2008

In queste organizzazioni i dipendenti si sentono più importanti perché maggiormente coinvolti. Il loro livello di soddisfazione è pari al 67, 93% e questo influisce anche sulla riduzione del turnover. Tutti questi cambiamenti impattano poi sulla produttività (64, 83%) e sul clima aziendale (71,38%). Le aziende di questo tipo risultano anche le principali Employer of Choice, con un livello di attrattività pari al 70%. 86

Tale indagine è stata pubblicata il 17 ottobre 2008 sul quotidiano Il Sole 24 Ore (nell’inserto Job 24). www.wice-group.com

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Solo in tempi recenti il Work Life Bilance è entrato nel panorama organizzativo italiano, il motivo è innanzitutto l’atteggiamento sospettoso delle organizzazioni italiane nei confronti delle innovazioni in genere, inoltre la classe dirigente non accetta facilmente la spesa che comporta. A questa reticenza poi bisogna aggiungere il fatto che in Italia la retribuzione è concepita come una sorta di monoblocco: ha dunque una forma molto più rigida rispetto a quanto avviene, ad esempio nel panorama anglosassone, dove i servizi di conciliazione sono una componente integrante e fondamentale della normale retribuzione. Un altro aspetto da non trascurare è che in Italia il Total Reward System è un tema d’élite, rivolto dunque solo a livelli elevati della gerarchia aziendale. Tuttavia, nonostante queste difficoltà, la situazione è in continuo movimento, ne è dimostrazione il fatto che vi siano aziende che centrano il proprio business nella vendita e consulenza di prodotti e servizi di Work Life Bilance e che vi siano aziende di grandi dimensioni che si dotino di una direzione Caring del personale o che si rivolgono ad altre organizzazioni per “acquistare” servizi da destinare ai propri dipendenti, come TIM87. E’ auspicabile una futura integrazione tra le politiche proprie del Work life bilance nell’ambito di un sistema di Total Reward. Integrazione che rappresenta il miglior punto d’incontro tra le esigenze delle aziende (migliorare allo stesso tempo i risultati economici e la propria immagine), e le esigenze del lavoratore (miglioramento della qualità della vita) ed è dunque generatrice di vantaggi per entrambe le parti in causa.

3.13.1 Strumenti di Work Life Balance A questo punto è possibile procedere nel tentativo di descrivere le principali soluzioni trovate per cercare di trovare un migliore equilibrio tra vita e lavoro, considerando quelle che offrono dei vantaggi sia per le persone che per le organizzazioni in cui esse sono impegnate. Queste soluzioni possono generalmente esser distinte in formali ed informali. Le prime prevedono che il soggetto che esprime il bisogno sia, di fatto, il protagonista nella ricerca di soluzioni, si tratta di aiuti che l’organizzazione concede all’individuo per gestire situazioni particolari, urgenze o periodi specifici. Le soluzioni informali invece 87

Grassi D., La valenza strategica del benessere organizzativo: pratiche di work-life balance in TIM ed Eudaimon” TIM ha puntato alla realizzazione di specifici servizi definiti di time utility, ovvero pensati in modo di far risparmiare del tempo ai dipendenti, consentendo loro di eseguire direttamente in azienda attività di routine ma che in genere tendono a sottrarre tempo prezioso ai momenti extralavorativi che costoro potrebbero invece dedicare allo svago ed al relax, tra questi:il servizio per la spesa (che prevede il collegamento con un portale di e-commerce predisposto alla vendita di prodotti alimentari e non, e la consegna in azienda della merce acquistata presso un punto di smistamento - pick up point - presidiato); il servizio di lavanderia (che prevede la presa in consegna in azienda dei capi, la riconsegna degli stessi, lavati, presso un punto di smistamento presidiato); il servizio per il disbrigo di pratiche amministrative (espletate da un addetto che poi riconsegnerà al dipendente la documentazione relativa alla pratica evasa); il servizio di ticketing (che prevede il collegamento con piattaforme di eticketing sui maggiori circuiti nazionali per l’acquisto online di biglietti e vouchers)

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prevedono il ricorso ai benefit introdotti da specifiche politiche, caratteristiche per ogni organizzazione, che permettono di gestire la quotidianità. Modificano il modo, il tempo e il luogo nel quale il lavoro è svolto, consentendo però di lasciare inalterato il risultato e di raggiungere l’obiettivo dato, portando a termine il compito. Le due tipologie possono essere usate anche insieme, sia contemporaneamente sia in tempi diversi. È importante sottolineare però come il supporto del management, un buon clima organizzativo e il sostegno dei responsabili abbiano un effetto decisamente facilitante. Un’ulteriore classificazione degli strumenti di work life balance può essere fatta in base a tre dimensioni. - Dimensione temporale A causa dei cambiamenti organizzativi che si sono verificati negli ultimi anni, si è creata la necessità di una trasformazione e di un ridimensionamento degli orari di lavoro, per aiutare l’individuo nella difficile gestione del tempo, che deve essere impiegato sia nel lavoro sia in famiglia. Un esempio di articolazione temporale è presente nella gestione delle risorse umane del gruppo bancario UNICREDIT88. Infatti, il personale che lavora part-time rappresenta il 10,27% contro una media di settore del 7,56%, a conferma dell’attenzione che il gruppo riserva ai dipendenti, specialmente donne, che necessitano di maggiori spazi temporali da utilizzare a fronte di particolari esigenze personali e/o familiari. - Dimensione spaziale Le nuove tecnologie e soprattutto Internet hanno reso possibile lavorare lontano dalla sede aziendale, tra i vari strumenti, il telelavoro è il più tradizionale. Un esempio di articolazione spaziale è il progetto “Armonia” in SOLVAY89, multinazionale chimica e farmaceutica. Si tratta di azioni positive per le pari opportunità uomo-donna, che offre alle donne e in generale ai genitori che lavorano nelle sedi italiane del gruppo la possibilità di riprendere il lavoro in maniera graduale dopo la nascita di un bambino, con un periodo di telelavoro. Questo ha contribuito a limitare il periodo di assenza e quindi di obsolescenza delle competenze. - Dimensione dei servizi Accanto ai più tradizionali strumenti di lavoro flessibile, negli ultimi anni si è verificato un forte aumento dei servizi offerti dalle aziende ai propri dipendenti, non solo legati al benessere fisico, ma anche a quello psichico. Nella logica della "centralità della persona" è stata sviluppata l’offerta di servizi dedicata ai dipendenti del Gruppo MEDIASET90. Il Mediacenter rappresenta uno spazio esclusivo nato nel 2004 a Cologno Monzese con alcuni servizi quali: l’asilo nido, la banca, lo sportello delle Poste, la libreria, l’agenzia viaggi, la para-farmacia, il minimarket, l’area shopping. Nel 2005 sono stati inaugurati: il ristorante, il bar, la

88

www.unicredit.it www.solvay.it 90 www.gruppomediaset.it 89

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paninoteca, il centro fitness, i servizi artigianali e il centro medico in collaborazione con l’Ospedale San Raffaele, dove, a rotazione, si possono effettuare visite specialistiche. Concludendo, gli strumenti per sostenere la crescita e favorire la Retention delle risorse ad Alto Potenziale sono molteplici. Solo una loro coerente combinazione con la disponibilità e la cultura organizzativa, da una parte, e con i bisogni e le aspettative degli individui, dall’altra, può consentire di “sopravvivere” alla Guerra dei Talenti. Quello che sembra emergere come fattore critico è la necessità di promuovere un cambiamento di cultura che avvicini le strategie aziendali in tema di gestione delle risorse umane ad un nuovo mindset maggiormente orientato ai talenti. In questo processo d’innovazione, la Direzione del Personale è chiamata a svolgere un ruolo strategico: solo un suo forte commitment può, infatti, sostenere la diffusione all’interno di tutto il management aziendale del significato e del valore strategico di questo investimento.

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QUARTO CAPITOLO EMPLOYER BRANDING: ANALISI DEL CASO BAT 4.1 IL GRUPPO BRITISH AMERICAN TOBACCO 4.1.1 La Corporate La British American Tobacco o BAT è il secondo gruppo più importante a livello mondiale nel settore del tabacco, con più di 55.000 dipendenti e prodotti venduti in oltre 180 mercati. Ha sede a Londra ed è quotata al London Stock Exchange. La struttura organizzativa è multiculturale e ha ampia autonomia: ogni azienda è, infatti, autonomamente responsabile per la propria struttura produttiva. Le singole decisioni di business vengono prese in modo da essere il più vicino possibile agli interessi locali nel rispetto di principi, standard e politiche ben definiti. Con un portafoglio di oltre 300 marche, il Gruppo occupa una posizione solida in tutti i paesi nei quali opera e in oltre 50 mercati è leader del settore, il suo volume di vendite è pari a 689 miliardi di sigarette. Le aziende consociate producono all’incirca 684 miliardi di sigarette in 47 stabilimenti siti in 40 paesi e dispongono di altre 4 fabbriche per la produzione di sigari, tabacco trinciato per sigaretta e per pipa. Come si può notare dalla figura 4.1, il mercato dove British American Tobacco compete è diviso in 5 region: Europa (incluse Russia ed Ucraina), America Latina (Messico, Sud America e Caraibi), Asia- Pacific (Australia, Cina e Malesia), Africa e Turchia, America Pacific (Canada e Giappone). Il mercato USA e quello Indiano sono invece serviti da due consociate: Reynolds e ITC (India Tobacco Corporation). La region Europa è la più importante per il Gruppo, con il 36% dei volumi venduti ed un volume di affari pari a 248 miliardi di sigarette. L’Italia è il primo mercato europeo per profitto, con un volume di vendite pari al 12%.91 A seguire si pone la region Asia – Pacific con il 20 % dei volumi venduti.

91

Ricerche condotte dalla British American Tobacco

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Figura 4.1 Presenza della BAT sul mercato globale American-Pacific 7%

Europe 36%

Latin America 22%

Africa and Middle Est 15%

Asia-Pacific 20%

Fonte: Rielaborazione da British American Tobacco

L’industria mondiale del settore produce oltre 5.400 milioni di sigarette l’anno. Il mercato principale è quello cinese, con quasi 350 milioni di fumatori che consumano circa 1.800 milioni di sigarette l’anno, ossia il 35% del consumo totale. In Cina le aziende del settore sono di proprietà dello Stato. Escludendo la Cina, le società internazionali quotate in borsa in concorrenza tra loro rappresentano più del 52% del mercato mondiale. Le cinque principali compagnie del tabacco sono: Philip Morris International, British American Tobacco, Japan Tobacco, Imperial Tobacco e Altadis. Nella figura 4.2 si possono vedere le rispettive quote di mercato. Figura 4.2 Posizionamento BAT e competitors nell’industria del tabacco Altadis 5% Altri 26%

British American Tobacco 19% Altadis British American Tobacco Japan Tobacco

Philip Morris International 24%

Japan Tobacco International 17% Imperial Tobacco Group 9%

Fonte: Rielaborazione personale Report 2009 dell’Imperial Tobacco Group

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Imperial Tobacco Group Philip Morris International Altri


Attualmente il mercato del tabacco tende alla stabilità. Nei mercati maturi, come quello europeo l’aspettativa è che continui un lento declino, dovuto alla riduzione del numero di fumatori. Tuttavia, il numero di fumatori adulti nel mondo tende ad aumentare, specialmente nelle regioni dove il mercato è emergente, come in Asia e in Africa, così le previsioni annue di consumo globale rimarranno pressoché invariate nel medio periodo. La regolamentazione del settore del tabacco è in continua evoluzione ed è orientata verso misure restrittive ulteriori quali: l’introduzione di nuove avvertenze sanitarie sui pacchetti, più rigide restrizioni nella comunicazione e maggiori limitazioni del fumo negli spazi pubblici. Inoltre, il rapido incremento della tassazione sui prodotti del tabacco, in mercati in cui i prezzi sono già elevati, stanno spingendo i consumatori verso marche più economiche, una tendenza che probabilmente continuerà ad aumentare.

4.1.2. La storia Il 29 settembre 1902 la britannica Imperial Tobacco Company e la statunitense American Tobacco Company diedero vita ad una joint venture, la British American Tobacco Company Ltd, con l'intento di porre fine ad un'aspra guerra commerciale. In base all'accordo, ciascuna delle due aziende s'impegnava a non vendere sui mercati interni dell'altra e ad acquistarne i marchi commerciali e i relativi diritti nel proprio territorio. Tutte le attività possedute dalle due imprese vennero trasferite alla neonata società che si trovò a gestire sedi operative in Paesi diversi tra loro, quali il Canada, il Giappone, l'Australia, il Sudafrica e la Cina. Il primo presidente della società fu James Buchanan Duke, un uomo austero e dotato di un immenso talento commerciale. La sua strategia era lineare: concepire prodotti di qualità superiore e venderli al prezzo più basso possibile, assumere le migliori persone per realizzarne il talento, svolgere le attività con l'ausilio dei macchinari più avanzati, potenziare l'organizzazione, promuovere il prodotto presso i punti vendita e il pubblico. Nel 1911 l’American Tobacco Company aveva ceduto completamente la sua quota della joint venture e la maggior parte delle azioni messe in vendita dalla società americana erano state acquistate da investitori britannici. La società era libera di condurre in modo indipendente le sue attività nel mondo, con l'eccezione del Regno Unito, dove vigevano ancora accordi territoriali con l’Imperial. La British American Tobacco si espandeva rapidamente e si prefiggeva un unico obiettivo: essere leader del mercato ovunque esistesse un mercato. Con l’avvento della Prima Guerra Mondiale, l'aumento della richiesta di tabacco per le forze armate aveva condotto al limite le capacità produttive della società, il volume totale delle vendite superava i 25 miliardi di sigarette e gli utili crescevano con altrettanta rapidità. Inoltre, l'assunzione di donne in sostituzione degli uomini, impegnati

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nelle operazioni belliche, divenne un aspetto permanente che trasformerà per sempre l'ambiente di lavoro della Compagnia. Nel 1927 British American Tobacco entrava nel mercato americano, in seguito all'acquisizione della Brown & Williamson. Il Gruppo, con 120 società controllate e più di 75.000 dipendenti in tutto il mondo, non era solo una delle principali aziende del Regno Unito, ma la sua presenza commerciale era radicata in tutti i continenti e i suoi utili superavano i 6 milioni di sterline l’anno. Gli anni '30 vedono un rallentamento dell'espansione territoriale a causa della progressiva decolonizzazione e del clima difficile per gli scambi commerciali dovuto al crollo di Wall Street del 1929. Nonostante la recessione dell'economia, si assiste però al consolidamento della società e le reti di distribuzione diventano società controllate a tutti gli effetti. Al termine della Seconda Guerra Mondiale, nel 1945, inizia un momento particolarmente agitato della storia di British American Tobacco. Il Gruppo deve muoversi in un contesto commerciale difficile sul piano mondiale. Fattori quali l'inflazione, il costo elevato delle foglie e la necessità di sostituire attività andate perdute con la guerra, contribuiscono a comprimere i profitti. Per questo, negli anni ’60, la società inizia a diversificare i suoi investimenti, entrando nei settori della finanza, della carta e della pasta di cellulosa, dei cosmetici e dei prodotti alimentari. Nel 1972, British American Tobacco, grazie alla revoca dell'accordo del 1902 con la Imperial Tobacco, acquisisce la titolarità esclusiva delle sue marche originali, tra le quali la State Express, nel Regno Unito e nell'Europa occidentale e intraprende una radicale riorganizzazione. Inoltre, sempre alla ricerca di settori interessanti in cui investire, British American Tobacco punta sulla distribuzione al dettaglio. Nel giro di due anni, la Holding si afferma come terza azienda del Regno Unito e come maggiore industria manifatturiera del tabacco del mondo, realizzando vendite annue per 500 miliardi di sigarette. Negli anni '90, la liberalizzazione di molte economie e la fine di molti monopoli di Stato aprono nuove opportunità nell'Europa centrale e orientale e nell'Estremo Oriente. Nel Regno Unito però, il Gruppo deve confrontarsi con un'aggressiva offerta pubblica d’acquisto: British American Tobacco si vede costretta modificare la sua strategia, concentrando il suo business esclusivamente sul tabacco. Una decisione che porta all’acquisizione dell'American Tobacco Company, grazie alla quale diventa proprietaria delle marche Lucky Strike e Pall Mall. Nel 1999 la società annuncia una fusione globale con Rothmans International, quarta compagnia del tabacco. Grazie a questa unione entrano nel portafoglio di British American Tobacco diverse marche di prestigio, tra le quali le Dunhill. In linea con l’obiettivo di creare un maggior coinvolgimento all’interno delle realtà dei Paesi in cui opera, nel 2003, il Gruppo acquista l'Ente Tabacchi Italiani (ETI), provocando forti processi di razionalizzazione e d’investimento all’interno della struttura. 156


Dal 2005 British American Tobacco sperimenta lo snus in Svezia e Sud Africa, un prodotto privo di combustione che, secondo alcune ricerche epidemiologiche, sarebbe associato a minori rischi per la salute.

British American Tobacco Italia S.p.A. British American Tobacco Italia S.p.A. è nata ufficialmente il 1 giugno 2004 dopo l’acquisizione e la fusione con l'Ente Tabacchi Italiani (ETI), l'ex-Monopolio di Stato per i tabacchi. Tale privatizzazione, del valore di 2,3 miliardi di Euro, è stata il più grande investimento mai fatto in Italia da una società internazionale. Coerentemente con l’ambizioso obiettivo di conquistare la leadership mondiale del settore del tabacco, con questa operazione commerciale la società ha attuato un’ulteriore focalizzazione del proprio core business, cedendo le attività di distribuzione e la Divisione Sigari ed iniziando ad effettuare un profondo riassetto organizzativo ed industriale. Delle 22 fabbriche di proprietà dell’ETI, ne rimangono aperte solo 7 e si viene a creare una rete commerciale che prima non esisteva. Il Gruppo ha cercato di ridurre il più possibile l’impatto sociale, preoccupandosi dell’assorbimento del personale in esubero in altre aziende pubbliche e private. Grazie a questa fusione la BAT ha raggiunto in Italia una quota di mercato del 25% circa, inoltre, con un portafoglio di oltre 30 marche incluse marche internazionali, tra cui Lucky Strike, Pall Mall e Dunhill, e marche nazionali, tra cui MS, British American Tobacco Italia si colloca al secondo posto tra gli operatori del settore in Italia. Ciò significa che quasi un fumatore su tre fa uso dei suoi prodotti. La diretta presenza di British American Tobacco in Italia conferma la strategia del Gruppo britannico, orientata al maggior coinvolgimento nella realtà dei Paesi in cui opera, dando prova di una grande abilità d’integrazione. L’obiettivo è lo sviluppo dei marchi presenti nei mercati locali, cercando di tutelarne la gestione. In quest’ottica, British American Tobacco Italia S.p.A. va ad occupare un ruolo di riferimento e di grande valore strategico per il sistema economico nazionale, nonché una delle più importanti presenze europee del Gruppo.

4.1.3 Il brand portfolio Il business dell’azienda non è quello di incoraggiare le persone a fumare né di farle fumare di più, ma di riuscire ad incontrare le preferenze degli adulti che hanno deciso di consumare tabacco e differenziare i propri brand da quelli dei competitors. BAT non considera l’approccio “one size fits all”, ma i suoi quasi 300 brand sono ben differenziati e coprono differenti segmenti di consumatori: internazionali, premium, light, low price e quello dei fumatori adulti al di sotto dei 30 anni. Per questo il portafoglio di British American Tabacco è molto variegato.

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In linea generale, si potrebbe dire che è suddiviso in Global Drive Brand e Brand Nazionali. I Global Drive Brand, ovvero le marche commercializzate a livello internazionale, sono Dunhill, Kent, Lucky Strike, Pall Mall. Si tratta di marchi venduti in tutto il mondo, considerati distintivi e fisiologici per l’azienda e all’avanguardia per l’innovazione, la qualità e la distribuzione. L’obiettivo che il Gruppo si pone per questi marchi è quello di aumentare la loro crescita annua nel medio e lungo periodo. Negli ultimi anni essi hanno avuto una crescita superiore dell’80%, nel pieno rispetto della stringente normativa che disciplina il marketing del tabacco Nella figura 4.3 è rappresentato il posizionamento dei Global Drive Brand all’interno del mercato (Super Premium, Premium, Medium e Low), rispetto al principale competitor. Figura 4.3 Strategia per i Global Drive Brand

BRITISH AMERICAN TOBACCO

PHILIP MORRIS

Super Premium Dunhill

Premium

Medium

Low

Kent

Lucky Strike

Pall Mall

Marlboro

Philip Morris

Chesterfield

LM

Fonte: Università La Sapienza, 2008

Accanto a questi, sta aumentando l’importanza di Vogue nel segmento Super Premium e di Viceroy, un brand Low Price a livello internazionale. Altri brand internazionali sono Rothmans, Kool, Benson & Hedges, State Express 555, Peter Tuyvesant e John Player Gold Leaf. Nei Paesi in cui ha una presenza forte, BAT adotta una strategia local oriented , cercando di acquisire i brand nazionali, che attualmente gli garantiscono l’80% del fatturato. In Italia, è proprietaria di MS, il brand nazionale più venduto, ma anche di Nazionali, Sax, Lido, Linda, Eura e altri.

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Ecco in breve i principali brand della British American Tobacco:

- Dunhill Il brand Dunhill nasce nel 1907 a Londra grazie ad Alfred Dunhill, il quale creava miscele di tabacchi superiori, uniche e personalizzate per ciascuno dei suoi clienti, dando vita ad una lunga tradizione fatta di cura e ricerca dell'eccellenza, utilizzando esclusivamente i migliori tabacchi al mondo. Dunhill in Italia si posiziona nei segmenti Premium e Super Premium ed è stato il primo brand sul mercato ad introdurre, nelle sue varianti King Size, l'innovativo Quality Seal™, un'esclusiva pellicola richiudibile ideata per preservare la freschezza della sua pregiata miscela: 100% tabacco senza aromi aggiunti (senza aromi aggiunti non vuol dire che queste sigarette siano meno dannose). Oltre alle King Size, in Italia troviamo anche la variante International, la sigaretta simbolo della tradizione Dunhill. Nel 2007 sono stati venduti nel mondo 35 miliardi di sigarette Dunhill, con un incremento del 6% rispetto al 2006. I mercati principali includono Australia, Malesia, Corea del Sud, Sud Africa e Taiwan.

- Kent Le sigarette Kent, dal nome di Herbert Kent, il presidente della Lorillard Company, sono state introdotte sul mercato nel 1952, come delle sigarette con filtro che pregiudicano meno la salute di fumatore rispetto ad altre. A partire dal 2002, una linea nuova delle sigarette Kent, New Kents, propone un filtro ancora più sicuro composto da micronite e libero di asbesto, lasciando inalterato il sapore conosciuto. Kent è uno dei brandi più popolari nel mondo, le sue vendite oltrepassano i 20 miliardi sigarette all’anno. Si tratta di una sigaretta per fumatori competenti che preferiscono la qualità con un gusto eccezionalmente forte.

- Lucky Strike Lucky Strike è una delle marche più famose al mondo ed è diventata un’icona americana di tutta la cultura Pop. Nel secolo scorso è nata una vera e propria leggenda: mescolando il Burley ad altri tipi di foglie di tabacco, venne creata una particolare miscela per sigarette: la Lucky Strike. Successivamente l’azienda venne acquistata dall’American Tobacco Company che portò il marchio al successo nazionale. Questo brand, che in Italia compete nel segmento Medium, è venduto in oltre 80 paesi. A livello globale, nel 2007 i volumi sono aumentati dell’1%, raggiungendo la quota di 23 miliardi di sigarette vendute. Tra i mercati principali troviamo l’Italia, la Germania, la Spagna, il Giappone, la Francia e l’Indonesia.

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- Pall Mall Il brand Pall Mall nasce nel 1899 ed è commercializzato in più di 60 paesi. Da sempre, questa marca è stata caratterizzata da innovazioni rilevanti: una su tutte, l’introduzione, nel 1939, della prima sigaretta King Size (85 mm) che rappresenta oggi lo standard più diffuso e commercializzato da tutti i produttori del settore. Pall Mall è il brand internazionale di maggior rilievo nel segmento di mercato “Valuefor-money” che si caratterizza per l’offerta del prodotto con il miglior rapporto prezzoqualità e la più completa e diversificata gamma di prodotti. Nel 2007, i volumi di Pall Mall sono aumentati in modo cospicuo, arrivando ad un totale di 51 miliardi di sigarette a livello mondiale e registrando un incremento del 10% rispetto all’anno precedente. I mercati principali includono Germania, Italia, Russia e Uzbekistan.

- MS MS è l’acronimo di Messis Summa, un’espressione latina che indica il “miglior raccolto” ed è la vera sigaretta italiana, realizzata nel nostro Paese con una miscela contenente anche tabacchi provenienti dal Veneto, dall’Umbria e dalla Campania. Attualmente è il marchio più venduto all’interno del portafoglio di British American Tobacco Italia e il secondo marchio più importante nel mercato italiano.

- Vogue Vogue è il marchio di sigarette che si posiziona come un luxury brand dalla forte immagine globale, che British American Tobacco ha dedicato alle donne. È un marchio internazionale venduto in più di 50 paesi ed è stata lanciata in Italia nel novembre 2005. I mercati principali includono Russia, Corea del Sud, Francia e Giappone. Vogue si propone quale ambasciatore del “French luxury style” nel mondo. Il suo linguaggio è quello delle giovani donne di oggi, indipendenti e creative, affascinanti e passionali, sofisticate e sicure di sé. E’ importante notare che, nonostante più del 95% del suo mercato riguardi il consumo di sigarette per una precisa scelta strategica, la BAT si occupa anche di sigari (tra cui Dunhill Signed Range fatto a mano), di tabacco sfuso e di tabacco per pipa. Alcune compagnie del Gruppo vendono anche gli snus, inventati dagli Svedesi. Si tratta di prodotti senza tabacco che si piazzano sotto la lingua e sono molto meno dannosi del tabacco (a detta di esperti). Sono venduti sotto i brand di Lucky Strike, Peter Stuyvesant e du Maurier Il mercato del tabacco in Italia è ormai maturo, quindi l’obiettivo è quello di massimizzare la quota di mercato, rivolgendosi a coloro che già hanno scelto di consumare tabacco, puntando sulla qualità, sulla varietà del portafoglio e sull’innovazione di prodotto. L’approccio è chiamato win-win-win e consiste nell’offrire il massimo valore ai consumatori puntando sulla qualità del brand, fare in

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modo che i partner commerciali possano beneficiare di margini soddisfacenti e, contemporaneamente, creare un valore sostenibile nel lungo periodo per gli azionisti.

4.2 LE STRATEGIE DI MARKETING E GLI OBIETTIVI STRATEGICI DEL GRUPPO 4.2.1 Il marketing innovativo di BAT Le strategie di marketing di BAT si basano su un’accurata comprensione del consumatore e sul potenziamento delle cosiddette “4P”, a cui viene aggiunta la “P” relativa al Packaging. Per quanto riguarda la Promozione, sin dall’introduzione degli Standard Internazionali di Marketing, che vedremo meglio in seguito, il Gruppo ha deciso di non avvalersi più dei mass media per promuovere i suoi prodotti. Questa decisione è motivata, tra l’altro, dal timore che la promozione capillare attraverso i mass media possa raggiungere i minori.

- Il consumatore Il Gruppo lavora costantemente per mantenere una profonda conoscenza dei diversi profili dei consumatori. Dopo aver capito quali sono le preferenze e le abitudini d’acquisto dei fumatori, vi è un investimento nello sviluppo di un marketing mix mirato ai loro comportamenti, alla loro capacità di spesa e alle loro abitudini. L’obiettivo è rispondere alle loro esigenze per ciò che concerne il packaging, il gusto e il formato dei prodotti, puntando sulla qualità e sulla disponibilità sul mercato.

- Le 4 P Come già anticipato, il marketing di BAT si basa sulle cosiddette “4 P”: Product, Price, Place, Promotion, a cui si aggiunge il Packaging che riveste un ruolo fondamentale. • Prodotto BAT lavora sullo sviluppo di prodotti che puntano sulla qualità delle miscele, su un tabacco tagliato più finemente, su nuovi filtri e formati. A questo proposito, risulta molto importante l’apporto della divisione Ricerca & Sviluppo che punta all’innovazione, pur mantenendo invariata la qualità delle foglie, dei componenti, dei materiali e degli ingredienti. Esemplificativi in questo senso sono gli studi e gli investimenti per commercializzare prodotti potenzialmente meno dannosi come lo snus, composto da tabacco umido finemente macinato, disponibile in minuscoli sacchetti che vengono inseriti sotto il labbro superiore. Lo snus è stato riconosciuto da diversi ricercatori indipendenti come potenzialmente meno dannoso del fumo di sigarette. 161


• Prezzo La concorrenza in materia di prezzi può essere feroce in questo business e la tassazione da parte dello Stato può condurre ad un aumento di prezzo delle sigarette e indurre i consumatori a preferire un prodotto di prezzo inferiore. Per questo, il brand portfolio è diversificato e segmentato per ogni categoria di prezzo: Super Premium, Premium, Medium e Low. Il prezzo è un elemento da valutare attentamente e su cui la BAT compete vigorosamente. L’offerta pone però sempre l’accento sulla qualità, su cui il Gruppo ha costruito la reputazione e su cui investe continuamente per tutti i segmenti di mercato. • Packaging Per molti anni, il mercato è stato caratterizzato dalla presenza di due sole tipologie di pacchetto: duro o morbido. Attualmente si assiste ad un sempre maggiore interesse dei consumatori per il packaging, i cui miglioramenti possono, pertanto, costituire un vantaggio nei confronti della concorrenza. Per questa ragione si è lavorato per innovarlo creando pacchetti compatti, pacchetti che si aprono di lato, pacchetti che si aprono come portafogli, pacchetti resistenti all’acqua, pacchetti richiudibili ermeticamente per mantenere la freschezza del prodotto e pacchetti con punte arrotondate. In Italia, British American Tobacco ha affidato a Giugiaro Design il compito di ridisegnare i pacchetti della famiglia MS in un’edizione limitata che è un omaggio all’Italia e alla passione per le automobili. • Promozione Le leggi che regolamentano la promozione del tabacco, nonché le restrizioni che il Gruppo si è autoimposto con gli Standard Internazionali di Marketing hanno comportato una sempre minore importanza della promozione rispetto alle altre “P” fino a determinare la scomparsa a livello della promozione attraverso i mass media. A livello globale nel settore del tabacco, la promozione è molto limitata e attentamente disciplinata, tuttavia la considerevole crescita dei brand di BAT negli ultimi anni dimostra con chiarezza che concentrarsi fortemente sulle altre leve è la strada per il successo. • Posizione Un altro elemento di grande importanza è costituito dal luogo in cui i consumatori acquistano i loro brand. La BAT lavora duramente affinché i prodotti siano sempre disponibili dove i consumatori vogliono comprarli, quando li vogliono e senza interruzioni causate da esaurimento di scorte. Nel settore dei generi di largo consumo e rapido smercio raggiungere quest’obiettivo vuol dire investire in una distribuzione veloce ed efficiente, nonché in team di agenti di commercio (i REP) che sappiano costruire relazioni durevoli, basate sulla correttezza e

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sulla professionalità, con i tabaccai. Per questo, l’obiettivo che si pone il Gruppo è quello di essere il miglior fornitore del settore.

4.2.2 La strategia di BAT All’inizio degli anni ’90, il Gruppo British American Tobacco ha deciso di concentrare la propria attività esclusivamente sui prodotti del tabacco, una decisione che ha dato un nuovo impulso, contribuendo ad una profonda trasformazione dell’Azienda. Nel 1995, è stato fissato l’ambizioso obiettivo di conquistare la leadership mondiale del settore del tabacco. Coerentemente con tale strategia British American Tobacco Italia ha attuato, a partire dall’acquisizione dell’ETI, un’ulteriore focalizzazione del proprio core business, cedendo le attività di distribuzione e la Divisione Sigari ed iniziando a compiere un profondo riassetto organizzativo e industriale. La strategia di BAT è ben rappresentata dalla figura 4.5, in cui si può vedere la Vision del Gruppo e i metodi utilizzati per attuarla. Figura 4.5 La strategia di BAT

VISION

Raggiungere la leadership mondiale dell’ industria del tabacco

STRATEGIA

Growth

Productivity

WINNING ORGANISATION

Fonte: Rielaborazione da British American Tobacco

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Responsability


- Vision • Raggiungere la leadership a livello mondiale dell’industria del tabacco British American Tobacco intende affermarsi come leader mondiale del settore del tabacco, puntando sulla crescita dei propri marchi per generare un business profittevole e sostenibile a lungo termine. La Sede in Italia gioca un ruolo trainante all’interno della region Europa per il conseguimento di tali obiettivi. Il termine “leadership” è inteso sia in modo quantitativo che qualitativo. Quantitativamente, l’azienda cerca di ottenere la leadership sui volumi tra i competitor, e, a lungo termine la leadership sui profitti. Invece, a livello qualitativo, cerca di fidelizzare gli stakeholder strategici diventando un partner d’eccellenza e attua dei programmi che mirano ad evidenziare l’attività di responsabilità sociale. Per perseguire tale obiettivo, l’Azienda adotta una strategia articolata in tre punti: Crescita (Growth), Produttività (Productivity), Responsabilità (Responsability). Come si può vedere dalla figura 4.2 alla base di tutto c’è la Winning Organisation, i cui fondamenti sono il Great Place to Work (Leadership and Culture) e l’Outstanding People (Talent e Learning). - Crescita (Growth) Con il termine Growth s’intende la volontà di BAT di aumentare il volume delle vendite e dei profitti sul mercato mondiale del tabacco, sia attraverso la crescita del fatturato, sia con le fusioni e acquisizioni, strategicamente importanti e finanziariamente attrattive. • Crescita organica Far crescere il fatturato significa concentrarsi sui segmenti strategici del mercato che offrono le migliori prospettive per la crescita a lungo termine, ma anche focalizzarsi sulla crescita dei global drive brand e sfruttare le opportunità di profitto dei segmenti low price. Risulta fondamentale sostenere e sviluppare posizioni forti nei mercati più grandi e profittevoli e continuare a sviluppare l’innovazione, differenziare i prodotti e offrire ai consumatori il valore aggiunto del brand. Per raggiungere l’eccellenza, il Gruppo offre ai tabaccai un supporto informativo e commerciale per la gestione dei prodotti del tabacco, attraverso una rete di operatori altamente qualificati (i REP), che monitorano costantemente l’attività con l’obiettivo finale di essere riconosciuti come “preferred supplier” da parte dei rivenditori. • Fusioni e acquisizioni In parallelo alla crescita organica dei marchi di prestigio internazionale, la strategia di crescita del Gruppo British American Tobacco passa anche attraverso operazioni d’acquisizione per ottimizzare la presenza geografica del Gruppo e rafforzare il portafoglio di prodotti in ciascun paese. L’acquisizione di ETI S.p.A. nel 2004 ne rappresenta un esempio di successo.

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- Produttività (Productivity) Per Productivity il Gruppo intende un impiego efficace delle risorse per aumentare i profitti e generare fondi da reinvestire nel business. BAT sta ottenendo un notevole risparmio economico attraverso il passaggio da multinazionale operante in più di 180 mercati, ad un’organizzazione integrata che trae vantaggio dalla sua dimensione. British American Tobacco Italia ha contribuito in maniera rilevante alla profittabilità del Gruppo e all’efficace utilizzo delle proprie risorse. La filosofia che ha caratterizzato l’implementazione è riflessa nella sua capacità di raggiungere soluzioni condivise, tenendo conto delle esigenze di tutti gli stakeholder e nel rispetto delle esigenze locali. • Ottimizzazione dei costi di gestione Sono stati creati dei programmi per utilizzare in modo efficiente le risorse di mercato e ridurre i costi aerei e indiretti (ciò che non riguarda la qualità delle foglie, i materiali d’imballaggio e i costi fissi). Non solo, la riduzione della complessità e la maggiore integrazione lungo la catena dell’offerta aiutano a ridurre le spese e aumentare la velocità d’entrata sul mercato. • Ottimizzazione delle spese di marketing Coerentemente con le linee guida del Gruppo, British American Tobacco Italia è fortemente impegnata in programmi di miglioramento della produttività che si fondano sulla capacità di condividere e mettere a frutto le best demonstrated practice nella gestione della Supply Chain e del Marketing. • Rendimento del capitale Uno degli obiettivi primari del Gruppo è di rendere il più profittevoli possibile gli investimenti compiuti, sia nel processo produttivo che nelle reti di distribuzione.

- Responsabilità (Responsability) La Responsability sta nella capacità di bilanciare gli obiettivi commerciali con le aspettative di un grande numero di stakeholder e, allo stesso tempo, di assicurare e sostenere il business. • Principi di business Poiché i prodotti venduti comportano dei rischi per la salute, la responsabilità è parte integrante della strategia aziendale e, attraverso il dialogo aperto e continuo con le parti sociali, opera per raggiungere gli obiettivi commerciali , pur considerando la continua evoluzione della moderna industria del tabacco. L'operato della BAT, in tutti i suoi aspetti, è guidato da tre Principi aziendali, che vedremo meglio in seguito, i quali stanno alla base della Responsabilità Sociale d'Impresa (Corporate Social Responsability): beneficio reciproco, gestione responsabile del prodotto, buona condotta aziendale. • Standard di condotta aziendale British American Tobacco ha sottoscritto nel 2001, insieme agli altri produttori, gli Standard Internazionali di Marketing, come codice etico per le attività commerciali. Un

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esempio di applicazione di questi principi è stato la recente rinuncia alle attività di sponsorizzazione della Formula Uno. • Regolamentazione equilibrata Nell'intento di garantire che il fumo sia limitato ai soli adulti consapevoli, BAT, insieme agli altri produttori del settore, svolge campagne d'informazione e di sensibilizzazione presso i tabaccai, per controllare il rispetto del divieto di vendita ai minori, nonché promuovere iniziative di vario genere rivolte ai giovani per renderli consapevoli dei gravi rischi correlati al fumo. Al fine di supportare i rivenditori nel limitare l’acquisto di prodotto ai minori di 16 anni, BAT sostiene la diffusione di distributori di sigarette dotati di un sistema di lettura elettronica del documento d’identità. • Riduzione del danno BAT crede che i consumatori abbiano il diritto di ricevere informazioni sui prodotti del tabacco e che queste debbano riguardare anche i rischi per la salute collegati al fumo ed i metodi per ridurre al minimo questi rischi. Per questo, oltre a trasmettere ogni anno al Ministero della Salute e al Ministero dell’Economia e delle Finanze l’elenco degli ingredienti utilizzati nella fabbricazione dei prodotti del tabacco, li pubblica anche sul sito aziendale.

- Winning organisation British American Tobacco crede nelle propria strategia di Growth, Productivity e Responsability, ma per raggiungere la Vision aziendale è necessario riuscire a reperire le persone giuste e creare un ambiente di lavoro adeguato: il fondamento di un’organizzazione vincente. Uno dei principi guida è la Forza dalla Diversità, non a caso nella sede di Roma lavorano manager provenienti da più di 10 Paesi europei e non, inoltre ogni anno molti manager italiani affrontano percorsi di crescita in uno dei 180 paesi in cui British American Tobacco opera. A fondamento della Winning Organisation vi sono: • L’Outstanding People (Talent e Learning) Il Gruppo deve riuscire ad attrarre, trattenere e sviluppare persone che hanno capacità e abilità, nonché il desiderio di mostrare performance superiori, per poter ottenere un vantaggio competitivo duraturo. L’obiettivo è quello di far crescere dei leader ad ogni livello aziendale, che abbiano una visione chiara del business e possano allineare e dare spinte positive alle persone che hanno attorno. Tra i programmi più significativi di sviluppo l’Azienda promuove il Management Trainee Programme, pensato e costruito per fornire ai giovani manager gli strumenti necessari per affrontare le sfide imposte dal business e assicurare al Gruppo una riserva di talenti d’alto potenziale per il futuro. Il Management Trainee Programme è il più importante investimento fatto nella formazione ed è teso ad identificare percorsi di carriera mirati attraverso un processo biennale di job rotation piuttosto articolato, impegnativo e stimolante. 166


• Il Great Place to Work (Leadership e Culture) Per essere vincenti è necessaria un’organizzazione che punti sull’apprendimento continuo, che impari dai propri errori e replichi velocemente le formule di successo, con una cultura aperta che incoraggi il cambiamento e l’innovazione. I dipendenti devono vivere in un ambiente di lavoro piacevole e stimolante, che consenta loro di raggiungere prestazioni elevate. A questo proposito, un altro elemento della Winning Organization è il sistema di Reward, in grado di riconoscere l’eccellenza nei risultati ed in linea con gli standard di riconoscimento delle aziende del settore.

4.2.3 Attività e responsabilità d’impresa Il Gruppo British American Tobacco intende essere un modello di condotta aziendale responsabile in tutte le sue attività: dalla gestione del prodotto alla comunicazione verso i consumatori, dalla collaborazione con le istituzioni per la regolamentazione del settore al rispetto dei diritti della persona nei luoghi di lavoro, dalla riduzione dell'impatto ambientale delle sue attività fino al contributo per sostenere la crescita sociale. Responsabilità Sociale vuol dire prima di tutto gestire responsabilmente i prodotti che comportano rischi per la salute. A tale scopo, BAT ha avviato una serie d’iniziative come la ricerca su prodotti potenzialmente a minor rischio, le campagne per un’equilibrata regolamentazione del fumo nei luoghi pubblici, le campagne di prevenzione del fumo giovanile e l’impegno nella lotta al contrabbando e alla contraffazione. Ma “Responsability” significa anche assicurare e sostenere il business e contemporaneamente coinvolgere gli stakeholder nelle principali questioni riguardanti i prodotti commercializzati da BAT. L'operato della BAT, in tutti i suoi aspetti, è guidato da tre Principi Aziendali che stanno alla base della Responsabilità Sociale d'Impresa (Corporate Social Responsability): • beneficio reciproco; • gestione responsabile del prodotto; • buona condotta aziendale Ciascun principio è supportato da valori fondamentali che esplicano, in maniera dettagliata, l’interpretazione del principio stesso. Questi costituiscono le fondamenta della gestione aziendale, concepita in termini di responsabilità. I principi aziendali e i valori fondamentali, nonché la loro modalità di applicazione, sono coerenti con la cultura di British American Tobacco. Vediamoli ora nello specifico: - Beneficio reciproco E’ la base su cui costruire un rapporto di fiducia a lungo termine con gli stakeholder, per farlo è necessario comprenderne le aspettative. Questi sono gli obiettivi: • creazione di un valore a lungo termine per azioni;

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• • • •

impegno costruttivo verso gli azionisti; creazione di ambienti di lavoro motivanti; contributo allo sviluppo delle comunità in cui BAT opera; opportunità per gli stakeholder di trarre vantaggio dai rapporti con l’azienda.

- Gestione responsabile del prodotto È il fondamento in base al quale BAT risponde alle aspettative dei consumatori attraverso la realizzazione e la commercializzazione responsabile di un prodotto legale, comunemente considerato causa di diverse malattie. L’aspirazione ideale è quella di sviluppare prodotti che possano essere riconosciuti, sia dalle autorità scientifiche che da quelle preposte alla regolamentazione, come sostanzialmente meno rischiosi per la salute. Per fare questo BAT promuove alcuni comportamenti: • diffusione di avvertenze sanitarie chiare e precise riguardanti i rischi legati al consumo dei prodotti del tabacco; • attuazione di tentativi per ridurre gli effetti del consumo dei prodotti del tabacco sulla salute, rispettando, al tempo stesso, il diritto degli adulti consapevoli di scegliere i prodotti che preferiscono; • fornitura d’informazioni pertinenti e rilevanti sui prodotti commercializzati; • convinzione che i minori non debbano consumare i prodotti del tabacco; • commercializzazione responsabile e mirata dei prodotti e mirata agli adulti che hanno scelto consapevolmente di fumare; • tassazione giusta e appropriata dei prodotti del tabacco ed eliminazione del traffico illecito; • regolamentazione che bilanci gli interessi di tutti, compresi i consumatori e l’industria del tabacco; • trattazione equa del tema del fumo negli spazi pubblici, in modo tale da equilibrare gli interessi dei fumatori con quelli dei non fumatori.

- Buona condotta aziendale È la base sulla quale devono essere gestite tutte le attività della Compagnia. I successi nel business dipendono dal rispetto di elevati standard di comportamento e integrità in tutto ciò che viene fatto. I principi su cui si fonda la buona condotta aziendale sono: • convinzione che le aziende del settore debbano attenersi ad alti standard di comportamento e integrità; • promozione di alti livelli di responsabilità sociale nelle aziende operanti nel settore; • rispetto dei diritti umani universalmente riconosciuti; • convinzione che l’industria del settore debba avere voce nell’elaborazione di politiche governative che influiscono su di essa; • convinzione di dover raggiungere risultati all’altezza degli standard mondiali nel rispetto dell’ambiente. 168


La Governance di CSR La Responsabilità Sociale non è un concetto astratto, per diffondere e consolidare all’interno del Gruppo un approccio socialmente responsabile è stata costituita una funzione di Governance della CSR (Corporate Social Responsibility) che è fondata sull’adozione e l’applicazione dei Principi Aziendali. In British American Tobacco Italia, come in molte società del Gruppo, esiste una struttura per diffondere e gestire efficacemente la responsabilità sociale a tutti i livelli dell’organizzazione, assicurando così, che le problematiche di questo genere siano tenute sempre in considerazione. La struttura del Gruppo è composta da un Comitato di CSR, costituito dai responsabili delle funzioni aziendali che indicano le strategie da seguire, dai Comitati Esecutivi di CSR che implementano le iniziative e da un CSR manager che propone, sviluppa, monitorizza i progetti riportando le valutazioni dei risultati al Comitato di CSR. Il Comitato di CSR di British American Tobacco Italia interagisce con le omologhe strutture del Gruppo sia a livello europeo che globale per assicurare uniformità nelle azioni intraprese e sfruttare al meglio le possibili sinergie. Le attività di CSR strettamente legate al Core Business sono: • youth smoking prevention (prevenzione del fumo giovanile); • consumer information (informazioni al consumatore); • international marketing standards (standard internazionali di marketing); • accordo con il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali.

Gli Standard Internazionali di Marketing Indipendentemente dal Paese in cui operano, tutte le aziende del Gruppo British American Tobacco adottano gli stessi Standard Internazionali di Marketing. Gli Standard sono una guida per la promozione dei prodotti del tabacco e per i messaggi diretti ai consumatori attraverso tutti i canali di comunicazione (materiale stampato, cartelloni pubblicitari, mezzi elettronici, eventi promozionali e sponsorizzazioni) e testimoniano l’impegno del Gruppo nel condurre le attività di marketing in modo corretto, rivolgendosi esclusivamente a consumatori adulti e consapevoli dei rischi. Alcuni esempi su come indirizzare la comunicazione relativa ai prodotti del tabacco sono qui di seguito elencati: • non rivolgersi ai giovani né cercare di attrarli; • non avere come protagonisti personaggi famosi né creare una connessione tra il fumo e il successo in ambito sportivo, professionale, sociale o sessuale; • non stampare i marchi in pubblicazioni, se non dopo aver verificato che almeno il 75% dei lettori sia costituito da adulti; • presentare avvertenze relative ai rischi per la salute, stampandole sui pacchetti dei prodotti;

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non effettuare pubblicità attraverso l'uso di cartelloni di grosse dimensioni e affissioni di alcun tipo entro un raggio di 100 metri dalle scuole; • non effettuare pubblicità su internet, in televisione, al cinema o alla radio, salvo il caso in cui sia possibile verificare che vi sia un pubblico adulto; • evitare esposizioni dirette o indirette di prodotti al di fuori dei luoghi stabiliti dalla normativa vigente; • evitare la sponsorizzazione di eventi, salvo il caso in cui i partecipanti siano adulti; • evitare contatti diretti con i consumatori, salvo il caso in cui sia possibile verificare che si tratti di consumatori adulti; • evitare offerte di prodotti gratuiti. Le aziende del Gruppo sono tenute a osservare rigorosamente gli Standard, ad incoraggiare attivamente i rivenditori e gli altri partner commerciali a conformarsi, e ad adoperarsi per evitare che i marchi BAT vengano utilizzati secondo modalità non conformi. Recentemente, proprio in conformità con gli Standard, la BAT ha terminato l'attività di sponsorizzazione nella Formula Uno.

- Una rigorosa valutazione della conformità agli Standard L’obiettivo di British American Tobacco è di aggiornare costantemente gli Standard, seguendo l'evoluzione del mercato e delle normative internazionali. La conformità da parte delle aziende del Gruppo viene verificata costantemente da team di revisione interni. In alcuni paesi le leggi vigenti o i regolamenti del settore sono meno severi degli Standard, dunque, i concorrenti non seguono necessariamente procedure altrettanto rigorose.

- Le prospettive future Per non correre il rischio di essere meno competitiva, British American Tobacco si pone l’obiettivo di fare in modo che i governi promuovano un adeguamento della legislazione. Gli ambiti d’attività in cui BAT cerca di ottenere un impegno da parte dei governi e dei concorrenti per "introdurre un rigore maggiore" comprendono quanto segue: • divieto di pubblicità esterna di qualsiasi tipo, anche fuori dalle tabaccherie o dagli altri luoghi deputati alla vendita; • divieto di pubblicità nei luoghi preposti alla vendita che sia visibile dall'esterno; • divieto di vendita tramite distributori automatici, salvo il caso in cui sia possibile verificare che gli acquirenti siano adulti. La Responsabilità Sociale e l’impegno nei confronti della collettività hanno portato la BAT a dare vita a Operandi Fondazione British American Tobacco Italia Onlus, la prima fondazione italiana di utilità sociale nata dal mondo del tabacco in Europa. Essa si occupa di quattro settori specifici: solidarietà sociale, promozione culturale, salvaguardia dell’ambiente ed istruzione e formazione.

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4.3 LE POLITICHE FORMATIVE PORTATE AVANTI NEGLI ULTIMI ANNI IN RELAZIONE AGLI OBIETTIVI STRATEGICI 4.3.1 L’evoluzione delle HR in relazione agli obiettivi strategici del Gruppo Il comparto Risorse Umane all’interno di BAT ha la responsabilità di attrarre, sviluppare, trattenere e stimolare le persone all’interno dell’azienda, e, considerando le dimensioni e il numero dei dipendenti, il suo è un ruolo chiave. La parte centrale del lavoro è creare le basi per far crescere un cultura aperta, sicura e vincente tra i dipendenti, allineandosi con l’obiettivo di soddisfare il cliente. Ma non solo, anche assicurare che le persone abbiano l’opportunità di incanalare le loro energie in modo costruttivo e abbiano una visione chiara del business, per raggiungere performance superiori. Dai leader ci si aspetta un grande impegno verso il team e l’attenzione allo sviluppo delle persone. Due sono le basi su cui s’incentra tutto il lavoro: • incoraggiare la crescita all’interno del percorso lavorativo, attraverso l’ottimizzazione delle performance e l’apprendimento continuo; • conciliare i bisogni dell’organizzazione con le aspirazioni individuali, supportando la realizzazione personale. Il successo viene poi riconosciuto dall’azienda e premiato con gli strumenti più idonei. In Italia, i processi di razionalizzazione e d’investimento avvenuti tra il 2003 e il 2004 con l’acquisto dell’ETI da parte di British American Tabacco hanno reso necessaria la convivenza di culture d’impresa estremamente differenti ed eterogenee, che dovevano essere integrate tra loro il più velocemente possibile. L’ETI si è trasformata da azienda pubblica, gestita dallo Stato ad una multinazionale, con regolamentazioni e processi che hanno interessato la struttura della forza vendita, del trade e del management. Nell’ambito di questo scenario, la funzione HR ha assunto il ruolo di facilitatore del cambiamento, focalizzando la sua attenzione sulla gestione delle diversità e sulla riduzione delle complessità, intesa come capacità di acquisire valori, idee e best practice in modo trasversale e laterale. Per questo motivo la funzione HR è debitamente chiamata Business Partner, a sottolineare la volontà di renderla parte del business. Dalla figura 4.6 si può notare che, all’interno di ETI, la maggioranza delle risorse umane erano utilizzate per espletare le funzioni amministrative, mentre alla parte cosiddetta “soft” non rimaneva che il 20%. L’acquisto da parte della British American Tabacco ha comportato l’esigenza di velocizzare i tempi per le pratiche amministrative, con l’obiettivo di dedicare più tempo allo sviluppo delle potenzialità dell’azienda e portando la parte “soft” al 60%.

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Figura 4.6 Passaggio da ETI e BAT ETI

Visione HR nel passato

BAT Soft 60 %

Soft 20 %

Gestione 20 %

Gestione 20 %

Amministrazione 20 %

Amministrazione 60 %

Visione HR attuale

Fonte: British American Tabacco Italia

Come ho sottolineato prima, i dipendenti rappresentano una risorsa centrale per lo sviluppo aziendale, perciò la strategia si focalizza sul riconoscimento dell’importanza dei talenti individuali quale valore fondamentale, ma anche sulla necessità di creare una squadra di lavoro in cui le varie risorse lavorano in modo coordinato e coerente, in un contesto di trasparenza e fiducia reciproca. A questo proposito è interessante riportare alcune delle funzioni ricoperte dal comparto Risorse Umane all’interno del Gruppo, di cui la figura 4.7 rappresenta una schematizzazione. Figura 4.7 Struttura del comparto Risorse Umane RISORSE UMANE

• Gestione delle performance • Inserimento del personale in azienda • Learning Organisation • Designing e delivering organisation • Change Management • Gestione delle carriere e dello sviluppo

• Reward • Talent • Employee Relations • Gestione delle carriere e dello sviluppo

GENERALIST

SPECIALIST

Fonte: Rielaborazione da British American Tobacco

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- Gestione delle performance del dipendente Questa area di lavoro concerne l’amministrazione, la misurazione e l’allineamento delle persone agli obiettivi di business, ma anche la gestione e lo sviluppo del potenziale del dipendente. Comprende anche gli interventi sul personale e la cessazione del rapporto di lavoro.

- Reward Si occupa dei fondamentali componenti della retribuzione come salari, incentivi e benefit, ma anche payroll (buste paga), contabilità generale e ferie.

- Organisational Learning Cerca di creare un ambiente di lavoro che stimoli l’apprendimento e permetta ai dipendenti di potersi interfacciare con continuità agli obiettivi di business, integrandoli con lo sviluppo dell’Organizzazione e personale.

- Designing e Delivering Organisation Supporta la gestione dell’organizzazione e dei cambiamenti organizzativi attraverso l’attività di recruiting e selezione in collaborazione con O&D, la gestione delle revisioni del Reward System e la promozione dello sviluppo continuo dell’organizzazione, della cooperazione a livello inter-funzionale del team work.

- Talent Per BAT è fondamentale attrarre, sviluppare e trattenere persone di talento e con capacità ed energia necessarie per raggiungere un vantaggio competitivo attraverso prestazioni superiori. Questa attività è supportata da due programmi che saranno esposti più dettagliatamente in seguito. • Il Management Trainee Programme è uno dei programmi chiave di BAT . Esso è pensato e costruito per fornire ai giovani manager gli strumenti necessari per affrontare le sfide imposte dal business e per assicurare all’Azienda una riserva di talenti che le permettano di ottenere un vantaggio competitivo. • Il Performance & Development dove il Perform si focalizza sulle prestazioni confontando gli output prodotti dai dipendenti con gli obiettivi aziendali, mentre il Develop si preoccupa dello sviluppo delle persone valutando le competenze e le professionalità che i dipendenti apportano con il proprio ruolo tramite gli input definiti dalle Leadership Capabilities.

- Change Management Comprende il coaching, le relazioni interne e il front office e i progetti speciali. Rappresenta un punto di riferimento per i Line manager e per tutti i dipendenti relativamente alla risoluzione di problemi e agli approfondimenti su tematiche e processi HR. 173


- Gestione delle carriere e dello sviluppo Il lavoro di questa funzione inizia nel momento in cui entra una nuova risorsa nel Gruppo, infatti, comprende il coaching e il mentoring, nonché il percorso di Training e Development. Successivamente, si collega allo sviluppo del Personale attraverso il Career Development System e gli assessing delle competenze e del potenziale. All’interno di questa funzione troviamo: • corsi di formazione sono passaggi obbligati per i dipendenti dell’azienda e vengono definiti in base ai gap e risolti, alcuni esempi possono essere i corsi d’inglese, i corsi di comunicazione, i corsi di vendita, i corsi di formazione e aggiornamento per la field force, i corsi di computer, i corsi di safety ed i corsi di guida sicura; • carriera Verticale è possibile passare da un grade all’altro raggiungendo una determinata capability; • carriera Orizzontale caratteristica della BAT è la Job Rotation, cioè un piano di carriera orizzontale che si pone l’obiettivo di sviluppare e far crescere il personale, dandogli nuovi stimoli e la possibilità di ricoprire mansioni differenti.

- Employee Relations e Legislazione del lavoro Le principali attività sono legate all’interpretazione ed applicazione delle leggi, del Regolamento Aziendale e del CCNL; il mantenimento dei rapporti con le organizzazioni sindacali (nazionali, locali ed RSU); l’attuazione d’iniziative in favore del Work Life Balance e le verifiche sul rispetto delle pari opportunità.

- Gestione del Customer Service Come si nota dalla figura 4.7, in una struttura di questo tipo assumono importanza due funzioni distinte, ma ben correlate, quelle di Generalist (o Business Partner) e di Specialist. Queste figure sono caratteristiche della British American Tabacco. I Generalist sono esperti che conoscono una pluralità di processi e hanno un’analisi globale dell’azienda. Attraverso la funzione di business partner affiancano le attività di business aziendale e ne condividono gli obiettivi. Sono dei consulenti del marketing con un ruolo di front office che cercano di sviluppare la forza vendita, valutarne le prestazioni e fidelizzare il dipendente, nonché strutturare la parte economica. Rappresentano dei punti di riferimento per gli Specialist. Gli Specialist sono esperti specializzati in una data competenza; conoscono approfonditamente le procedure della loro funzione e collaborano in modo coordinato con i Generalist quando è necessario. Entrambi condividono l’obiettivo di attrarre, sviluppare e mantenere persone di talento all’interno dell’azienda, utilizzando i vari strumenti che hanno a disposizione.

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Risulta chiaro allora che, pur godendo ciascuno della propria autonomia, ogni persona è un anello della catena che porta al successo. Il singolo ha delle specifiche competenze, ma assume un ruolo rilevante il gruppo guidato da coerenza, rispetto e interdipendenza.

4.3.2 Il percorso di Training e Development Come vedremo in seguito, esistono vari metodi per riuscire ad attrarre e reclutare i talenti e, in linea generale, tutti presuppongono un percorso similmente strutturato di Training e Development. Ovviamente, il livello di strutturazione del processo e la durata variano a seconda del ruolo e della funzione da ricoprire, ma risulta fondamentale per raggiungere i migliori risultati e i livelli di competenza richiesti, per questo rientra a far parte della strategia di business. L’approccio utilizzato da British American Tobacco rivela che il training non si focalizza primariamente su delle motivazioni economiche, ma punta a supportare il nuovo dipendente con delle strutture che promuovono una visione globale dell’azienda, la chiarezza dei ruoli e degli obiettivi, nonché la collaborazione ed il rispetto tra i dipendenti. All’interno di questo percorso è prevista la possibilità di interfacciarsi con persone che lavorano all’interno del Gruppo da più tempo e che ricoprono ruoli chiave durante l’inserimento, ed è lasciato spazio all’individuo ed al suo sviluppo personale, potremmo dire che l’approccio utilizzato è basato su una Resource Based View. Dalla tabella 4.1 si può notare che tutto il programma si struttura attorno ai seguenti componenti: Induction, Functional e Managerial Development, Business Awareness, Performance Appraisal. Tabella 4.1 Processo di Training e Development Induction

Functional Development

Managerial Development

Business Awareness

Performance Appraisal

L’Induction dà l’opportunità al nuovo assunto di conoscere la compagnia, gli obiettivi, i prodotti ed i mercati.

Sviluppo dell’eccellenza nella funzione in cui il candidato è stato assunto.

Sviluppo delle competenze manageriali necessarie nel ruolo ricoperto.

Comprensione del business in generale ed apprezzamento del ruolo giocato da ogni funzione.

Regolare e costruttivo feedback, sia formale (ogni 6 mesi), che informale (ogni 6 settimane) per riuscire a raggiungere gli obiettivi definiti dal programma.

Fonte: Rielaborazione da British American Tabacco UK

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L’approccio utilizzato dal Gruppo per il training e lo sviluppo della carriera riflette la consapevolezza che dare un’immagine positiva e coerente dell’azienda al neodipendente è cruciale per costruire il successo. Questo assunto si ritrova in tutta la strategia di Employer Branding di BAT.

- Induction Si tratta di una sessione giornaliera a cui partecipano i nuovi dipendenti, per avere l’opportunità di conoscere meglio il Gruppo, i suoi obiettivi, i prodotti ed i mercati in cui è presente. L’Induction è il primo passo per far sentire il personale parte dell’azienda, in quanto viene introdotto all’interno della cultura e dei valori dell’azienda, capisce il ruolo delle varie funzioni e l’immagine che riveste nel Paese. Questo però non è il solo strumento con cui BAT inizia ad avviare un rapporto con i dipendenti, infatti, al momento dell’inserimento in azienda, viene fornito un welcome kit, cioè una cartella contenente la regolamentazione, il manuale dei brand e della responsabilità. Anche questo è un importante mezzo di comunicazione interna.

- Functional Development BAT punta al raggiungimento dell’eccellenza da parte del candidato, per questo è necessario spiegare il più chiaramente possibile quali sono le aspettative. Inoltre, il nuovo assunto è supportato da un Coach e da un Mentor che fisseranno il lavoro e gli obiettivi per soddisfare i bisogni dell’azienda ed i bisogni di sviluppo della persona.

- Managerial Development Nel programma d’inserimento è previsto lo sviluppo delle capacità manageriali di ciascun dipendente, per svolgere al meglio il proprio ruolo. Per questo sono previsti dei training on the job, per mettere in pratica le proprie abilità. All’interno dei processi di functional e managerial develop è stato progettato da BAT uno strumento di valutazione del percorso intrapreso dalla nuova risorsa chiamato Develop. Esso si focalizza primariamente sullo sviluppo della persona, valutando le competenze e la professionalità che ogni dipendente apporta all’azienda nel proprio ruolo nel breve periodo. E’ coordinato con un altro importante strumento d’analisi chiamato Perform, che vedremo tra poco. L’enfasi dello sviluppo è su: • ottenere una prestazione piena nel ruolo attuale; • considerare successivamente uno spostamento ad un’altra responsabilità. Principalmente gli obiettivi vengono definiti dalle Leadership Capability: • leadership passage (come si gestiscono le responsabilità, parto da me stessa); • leadership sulle persone (aree di sviluppo, aree di forza, aree di debolezza);

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leadership strategica (gestione delle aree di forza e di debolezza). Il Develop si occupa dello sviluppo del dipendente su molti fronti, dalla sua formazione per migliorare le performance lavorative, alla sua carriera. Sostanzialmente si compone di 3 elementi. 1) Managerial Support • Sostenere la pianificazione dello sviluppo individuale: valutare con attenzione le competenze individuali e fornire feedback; identificare le opportunità di sviluppo; comprendere le motivazioni e aspirazioni dei collaboratori. • Promuovere lo sviluppo individuale: spingere le persone a stabilire piani di sviluppo realistici e sfidanti; favorire e promuovere le azioni di sviluppo pianificate, fornendo supporto. 2) Obiettivi della valutazione delle prestazioni • Riflettere sull’esperienza maturata nel corso dell’anno ed imparare da essa; • Valutare il livello d’efficacia della prestazione con riferimento alle mansioni richieste dal ruolo; • Individuare in quali aspetti esso potrebbe essere migliorato. • Identificare un indicatore di prestazione che rappresenti il livello medio di prestazione dimostrato durante tutto l’anno. • Prepararsi per l’anno successivo, definendo gli obiettivi da raggiungere e le capacità da migliorare. 3) Indicatori di Performance Exceeds (Prestazione Superiore)

La persona ha superato le aspettative sulla sua prestazione

Succeds (Prestazione di successo)

Le aspettative sono state pienamente soddisfatte

Nearly There (Prestazione quasi piena)

Nella maggior parte delle aree la prestazione ha soddisfatto le aspettative, ma in una o più aree chiave, tali aspettative non sono state raggiunte

Inadeguate (Prestazione inadeguata)

Le aspettative di prestazione sono state disattese in modo consistente

Gli indicatori di performance vengono divisi in 4 parti per fare in modo che chi si occupa delle valutazioni non prenda una decisone mediana. In base agli obiettivi raggiunti vi sarà un riconoscimento economico con stock option e altri benefit personali. Questo è uno dei processi più delicati dell’azienda.

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- Business Awareness L’azienda lavora per fare in modo di sviluppare nei neo-assunti la consapevolezza del business e la comprensione globale dei ruoli di ciascuna funzione, per portare in futuro a delle idee innovative. È allora fondamentale mostrare l’azienda come una globalità che opera unitamente per il raggiungimento degli stessi obiettivi. In questa direzione, la British American Tabacco promuove l’informazione e la comunicazione interna attraverso il sito intranet, le newsletter e la rivista bimestrale “BATita”, all’interno si possono trovare notizie aggiornate, report d’iniziative speciali, interviste con il personale e marketing plan, ma è possibile anche comunicare con gli altri dipendenti ed inviare loro materiale. Ci sono poi altri strumenti che permettono di ricordare e comunicare i valori e la vision dell’azienda ai dipendenti, rafforzando lo spirito d’appartenenza e di Gruppo. Esemplificative a questo proposito sono le aree comuni come la sala riunioni, i corridoi o le smoking lounge in cui si trovano packaging dei prodotti commercializzati, ma anche poster e scritte in cui si ribadiscono i principi aziendali.

- Performance Appraisal Il lavoro svolto è monitorato regolarmente per dare al dipendente un feedback costruttivo attraverso uno strumento chiamato Performance Appraisal. Formalmente questo documento viene rivisto ogni 6 mesi, ma informalmente se ne fa una revisione ogni 6 settimane circa. Questo assicura una maggiore consapevolezza del lavoro svolto e permette di tarare il processo di sviluppo alla persona. Nello specifico gli strumenti utilizzati dalla British American Tobacco sono di 2 tipi: il Perform e il Performance Appraisal. 1) Perform È uno strumento utilizzato annualmente da coloro che sono assunti dall’azienda con un grade dal 34 in su (cioè dal 1°livello superior con il Line Manager e il Regional Manager) e si focalizza primariamente sulle prestazioni lavorative dei dipendenti. E’ discusso sempre con il diretto superiore per capire se e come gli obiettivi prefissati sono stati raggiunti. Ha un format creato dalla BAT e si compone dettagliatamente di vari elementi come le aspettative personali e di carriera. E’ coordinato con il Develop. Nello specifico identifica le aree di focus del proprio lavoro; verifica le aspettative di performance del proprio Leadership Passage; determina gli obiettivi, coprendo le diverse Performance Dimension, cioè 5 aree di valutazione definibili come SMART: Specifici, Misurabili, Raggiungibili, Realistici, misurabili nel Tempo. Esistono vari tipi di risultati: • risultati operativi/tecnici/professionali l’accento è posto sui risultati funzionali/professionali/aziendali (ad esempio devono essere assunte 50 persone e deve essere preparato il file di recruiting);

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risultati di leadership l’accento è posto sull’allineamento e sul supporto della persona/team alla strategia e alla vision aziendale e sullo sviluppo delle capacità di leadership, in questo caso si fissano degli obiettivi con il proprio diretto superiore per raggiungere risultati di eccellenza; • risultati di management l’accento è posto sul miglioramento dell’impiego delle risorse per conseguire gli obiettivi e sull’aumento dell’efficacia e dell’efficienza (ad esempio reclutare personale nel minor tempo possibile in caso di necessità); • risultati di relationship l’accento è posto sulla creazione/ottimizzazione di reti interne ed esterne efficaci con il management, tra colleghi, con i clienti interni, stakeholder e i partner esterni per migliorare la prestazione nel suo insieme e portare a termine il lavoro (ad esempio migliorare i rapporti tra il marketing e la field force, gestire al meglio gli interinali); • risultati di innovazione l’accento è posto sul miglioramento costante, cercando di assicurare progressi graduali che consentano di lavorare in modo efficiente e innovativo e soddisfare al meglio i clienti per rispondere alle loro esigenze (ad esempio stabilire nuove regole per snellire le procedure o creare nuovi processi come nel caso del retail). Alla fine dell’anno vengono confrontati gli obiettivi che ci si è posti nelle Performance Dimension con i risultati reali prodotti attraverso gli Indicatori di Performance. Una volta terminata la valutazione, il Perform viene consegnato al Responsabile delle Risorse Umane che deciderà come agire nel caso di eventuali cali di performance (ruolo occupato sbagliato, poca motivazione). 2) Performance Appraisal Non tutti i dipendenti compilano il Perform, per chi ha un grade dal 34 in giù sono previsti altri strumenti di rilevazione e valutazione delle performance lavorative. Uno di questi è il Performance Appraisal, che ha un format meno dettagliato e relativamente più semplice, ma identico nel concetto e nel processo. Viene compilato 2 volte l’anno da coloro che stanno dal 1° al 5° livello impiegatizio (i REP, in altre parole coloro che seguono l’attività dei rivenditori) e contiene gli obiettivi aziendali, di ciclo (ogni 2 mesi) e quelli personali. Viene consegnato anch’esso al proprio diretto superiore, cioè il Line Manager, nel caso di raggiungimento delle finalità vi è, anche in questo caso, un compenso.

4.3.3 Management Development e Career Management Il Management Development è strettamente collegato alla carenza di talenti sul mercato ed è molto sentito anche da BAT, per questo essa mira ad attrarre i neolaureati più promettenti, cercando di creare con loro un legame, già all’interno delle Università 179


attraverso vari strumenti che vedremo in seguito. L’attività del Gruppo si divide in tre grandi aree. La figura 4.8 qui sotto proposta, non rappresenta uno strumento utilizzato dall’azienda, ma ho ritenuto opportuno inserirla poiché esemplifica, a mio parere, l’attività svolta nel campo della selezione e del reperimento dei candidati. Figura 4.8 Le attività di Management Development

Management Development

Training

Education • Università • Master • Business School

• Focus sulle competenze per identificare il programma di training • Iniziative e programmi di Management

Development • • • •

Attività off-the-job Mentoring e coaching O&D Learning organization

Fonte: Rielaborazione di Mintzberg (2004)

Education La parte relativa all’Education riguarda principalmente le competenze che il futuro dipendente sviluppa nel suo percorso di studi universitario e post-universitario (attraverso le Business School e i Master), e le sue esperienze precedenti in ambito lavorativo inerenti alla sua futura attività.

Training La parte relativa al Training è inserita già all’interno dell’ambiente lavorativo in cui la persona si trova. Come ho spiegato in precedenza, è focalizzato sullo sviluppo delle capacità/competenze professionali e personali sull’integrazione aziendale. Lo scopo è di catturare le singole specificità e sistematizzarle per rendere il comportamento dei dipendenti il più professionale possibile.

Development L’ultima parte riguarda il Development, visto sempre più come una fonte del vantaggio competitivo, è su questo terzo elemento che mi vorrei soffermare. Lo Sviluppo per BAT risulta importante per una serie di ragioni: • può aumentare il valore, la competenza e la contribuzione agli “human asset”;

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può riflettere parte di una più ampia strategia delle risorse umane per sviluppare, motivare e trattenere talenti ad alto potenziale; • lungo l’attento piano di successione e le performance review, può aiutare ad identificare e accelerare lo sviluppo di coloro che molto probabilmente guideranno l’organizzazione nel futuro a medio e lungo termine. In questo senso, risultano importanti vari tipi di attività e programmi attuati dal Gruppo.

- Attività off-the-Job All’interno dell’azienda, sono stati studiati degli appositi programmi per le attività offthe-job. Questi vengono progettati per preparare i manager ad alto potenziale alle sfide future. I contenuti possono essere generici (abilità di leadership e di lavoro in team) o altamente specifici (come lavorare a capo di alcune unità). Un elemento importante per la riuscita di queste attività è la possibilità di interfacciarsi con gli altri ruoli durante il programma e la presenza di un coach e di un mentor. In qualche caso eccezionale BAT ha esteso queste attività all’interno delle Università, inserendole in workshop con l’obiettivo di ricercare nuove idee e innovazioni per l’organizzazione.

- Mentoring e Coaching Il Mentoring è un processo chiave in un’organizzazione come BAT, in quanto aiuta a sviluppare il suo pool di talenti. Il Mentor è una persona interna all’azienda che ha acquisito in anni d’esperienza determinate competenze professionali, essa s’interfaccia con il neo-assunto aiutandolo a meglio comprendere la realtà in cui il Gruppo opera. Il Mentor fornisce informazioni, assiste il percorso di carriera del Mentee e lo guida per fare in modo che le conoscenze e le capacità dei nuovi dipendenti diventino effettive nelle attività di business. Il suo è essenzialmente un aiuto off-line ed assume nelle varie situazioni il ruolo di tutor, Coach o confidente, secondo i bisogni del dipendente. Il coach invece è normalmente un Line Manager che lavora con il neo assunto ad un piano di sviluppo più focalizzato sul ruolo, sulla performance e sulle competenze tecniche, anche in questo caso però l’azienda offre la possibilità di sfruttare l’esperienza precedente. Il Coach fissa i compiti e dà un feedback su come sono svolti. E’ un elemento chiave nel processo d’inserimento di una nuova risorsa per far emergere il meglio dalle persone. Adottare un’attività di Coaching porta a prestazioni superiori ed a una maggiore motivazione e produttività, poiché c’è un migliore contributo delle persone al business.

- Organisation & Development (O&D) Il Dipartimento Organisation & Development ha un ruolo chiave all’interno della gestione del personale, ricopre funzioni variegate, in quanto cerca di essere il più flessibile possibile alle esigenze temporali di BAT, in linea con lo spirito che anima l’azienda come Learning Organisation (lo vedremo a breve).

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Nello specifico, questo comparto cerca di migliorare l’organizzazione attraverso sforzi pianificati, sistematici e a lungo periodo focalizzandosi sulla cultura dell’organizzazione e sui suoi processi sociali e umani (French e Bell, 1990). Questo implica un ampio raggio di interventi, rispetto agli approcci convenzionali di management development che vengono di seguito elencati: • gestione dell’organizzazione ha un significato generale ed è inteso come supporto all’evoluzione del Gruppo; • performance management è responsabile del Perform e del Performance Appraisal; • develop è responsabile del Develop, alla fine di ogni periodo, Perform e Develop vengono monitorati insieme; • talent in caso di necessità, British American Tobacco ricorre alle risorse interne, ove ciò non sia possibile, ricorre anche a risorse esterne, poiché apportano nuove idee ed esperienze, la sua ricerca è orientata ai talenti attraverso il programma “We challenge you”; • employer branding è la people strategy attuata attraverso varie attività di comunicazione come job boards, presentazione presso le Università, job fair, sponsorizzazioni e business game.

- Learning Organisation In linea con le nuove tendenze di gestione delle HR, uno dei concetti chiave portati avanti da BAT è quello della Learning Organisation, vale a dire l’importanza di creare un ambiente di lavoro che stimoli l’apprendimento e permetta ai dipendenti di interfacciarsi con continuità agli obiettivi di business, per poterli integrare con lo sviluppo dell’Organizzazione e personale. Per fare questo, la British Tobacco controlla con continuità i progressi fatti attraverso il Perform, il Develop e altre forme di supporto derivanti da fonti interne ed esterne. a cui si aggiunge l’importanza delle figure di Coach e Mentor che aiutano a incanalare la carriera e lo sviluppo personale. Al centro del concetto della Learning Organisation c’è la convinzione che tutti i livelli dell’organizzazione devono essere concepiti come un’unica attività, costruita all’interno della cultura dell’organizzazione. Questo comporta un cambiamento di mentalità, in cui la conoscenza viene aggiornata quotidianamente e le informazioni vengono diffuse uniformemente in tutta la struttura. Di conseguenza, i leader assumono un ruolo chiave per lo sviluppo aziendale, sanno essere aperti a nuove idee e le comunicano all’interno dell’azienda.

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4.4 EMPLOYER BRANDING: RECRUITING AND ATTRACTION IN BAT Il significato di Employer Branding per BAT è la ricerca continua di nuovi talenti, persone giovani, dinamiche ed intraprendenti che s’identificano con i valori dell’azienda e rappresentano al meglio la sua brand image. Il talento per BAT è colui che ha sia le capacità che le potenzialità di business. Le caratteristiche “istituzionali” sono sicuramente importanti e comprendono tra le tante: avere conseguito una laurea o avere frequentato un master, avere una buona votazione (anche se non è fondamentale) e conoscere la lingua inglese. A queste si aggiungono delle caratteristiche più “soft” come il saper fare un buon colloquio, ma essere anche “smart”. Per potersi assicurare un ampio margine di scelta di risorse ad alto potenziale, il Gruppo si è impegnato a mettere in atto strategie serie e ben articolate di promozione della propria immagine come Employer of choice. BAT è molto attenta alla ricerca di giovani talenti e dedica molta cura a quello che è il mercato degli studenti, siano essi laureandi, neo-laureati o frequentatori di master e scuole di perfezionamento e specializzazione post-universitarie. I giovani studenti devono costituire un bacino di risorse umane dal quale poter attingere continuamente per alimentare l’équipe dei collaboratori di valore che lavorano per l’azienda. Oltre al segmento dei neolaureati e dei laureandi, l’Azienda attua anche altre attività di recruiting, in funzione delle risorse che vuole reperire ( ad esempio young professional, senior manager). Tra queste troviamo: • web recruiting attraverso il link all’interno del sito aziendale e siti specializzati in recruiting; • campus recruiting comprende ad esempio i master, i premi di laurea, le sponsorizzazioni, la partecipazione a fiere; • società specializzate variano a seconda del tipo di profilo richiesto. Di solito viene utilizzato Key to People per la ricerca dei manager, Michael Page per i ruoli di livello medio e Adecco per i data entry, è prevista anche la consulenza degli head hunter nel caso di ricerca di risorse chiave; • curriculum vitae presenti in azienda tutti i curricula inviati a BAT non vengono buttati, ma rimangono all’interno di un database suddiviso tra i vari dipartimenti e poi archiviato fino a che non c’è la necessità di fare una nuova selezione. L’obiettivo di British American Tobacco è quello di sviluppare un’attività di attraction e di recruiting che punti sulla comunicazione di un’immagine aziendale forte, positiva e attrattiva per i giovani talenti. In tutti i programmi attuati in questo senso si promuove

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l’idea dell’eccellenza, della sfida continua e del forte sistema incentivante/premiante per le migliori performance. Accanto a tutto ciò e coerentemente con le politiche di marketing interno, si assiste alla pianificazione di programmi di retention, che puntano alla creazione di una sinergia tra gli obiettivi di business e lo sviluppo della persona. L’Employer Branding non è considerato solo responsabilità delle HR, ma coinvolge lateralmente anche gli altri livelli di business che possono dare un contributo attivo al recruiting, è fondamentale che ogni dipendente sia soddisfatto della propria azienda e possa comunicarlo all’esterno. Favorire il legame con il dipendente, verificare ed eliminare le distonie sono elementi necessari per ridurre il livello di turnover e rendere efficaci gli sforzi di recruiting. Non è infatti casuale che il turnover si assesti ad un livello inferiore all’1%. Accanto ai talenti, credo che sia importante menzionare la figura dei Key Employees, vale a dire persone particolarmente capaci in una specifica funzione. Se queste risorse lasciassero l’azienda, ci sarebbero dei problemi strategici e operativi nel breve periodo, perché occorrerebbero dei mesi per formare delle persone in grado di sopperire a queste mancanze di ruoli. Per ovviare a questo inconveniente e tutelarsi, l’azienda ha studiato un succession plan, cioè un piano che lascia la responsabilità al dipendente di scegliersi il suo sostituto durante gli anni di permanenza all’interno dell’azienda. Il nominativo della persona selezionata viene comunicato all’azienda e la risorsa è formata per iniziare gradualmente a lavorare in modo autonomo. In questo senso si può notare come la cultura di BAT sia quella di trasmettere a tutti i livelli il proprio know-how e la propria competenza.

4.4.1 Web recruiting La ricerca di personale via Internet sta prendendo sempre più piede all’interno delle aziende e a tal proposito si può vedere che all’interno del sito aziendale www.batitalia.com è previsto un link chiamato “Lavorare con noi”. All’interno si possono trovare alcuni indicazioni generali sui principi guida e le funzioni di BAT, nonché sul Management Trainee Programme, ed è possibile inviare il proprio curriculum. Ciò che emerge a livello Corporate, ma anche di employer, è l’immagine di professionalità, competenza e desiderabilità di una grande Azienda che opera su scala mondiale, che ha assunto un ruolo importante nell’economia italiana attraverso la fusione tra ETI e British American Tobacco. L’Italia è il secondo mercato dell’Unione Europea e l’Azienda opera per consolidare la propria posizione, per questo offre ai potenziali candidati nuove e molteplici prospettive di sviluppo all’interno del settore del tabacco. L’ambiente lavorativo è presentato come vario, sfidante e dinamico, che impegna competenze tecniche e manageriali. Allo stesso tempo comunica chiaramente che tipo di persone ricerca, con quali caratteristiche, cosa essa può offrire, ma anche e soprattutto 184


cosa si aspetta e pretende da loro, in una parola sola: “Talento”. Intelligenza, dinamismo, flessibilità, creatività, mobilità, passione, entusiasmo, condivisione della mission e della cultura aziendale, sono queste le caratteristiche chiave ricercate e messe in evidenza anche all’interno del sito. Vediamo com’è strutturata la Career Section, tralasciando il sito aziendale del Gruppo, www.bat.com, e accedendo direttamente al sito della filiale italiana www.batitalia.com. Se il navigatore decide di cliccare su “lavorare con noi”, compare immediatamente un menù a tendina che riporta i riferimenti ad ulteriori sei sottosezioni d’approfondimento: • perché noi; • i nostri principi guida; • le funzioni; • Management Trainee Programme; • la selezione; • invia il tuo cv. All’interno di un link vengono indicate le tappe del processo di selezione, gestito da personale altamente qualificato attraverso vari step a seconda del profilo ricercato. Figura 4.9 Le tappe del processo di selezione 1

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Verifica della corrispondenza dei CV pervenuti con i profili aziendali ricercati Il processo di selezione si avvale di specifici test attitudinali, mirati alla ricerca del candidato più idoneo a ricoprire il ruolo per il quale si svolge la selezione

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E’ rivolta ai soli candidati adeguati. E’ condotta dal line manager dell’Area aziendale ci si richiede la posizione con il supporto di un rappresentante HR

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Al termine del processo di selezione i candidati riceveranno una risposta positiva o negativa entro 10 giorni lavorativi

Fonte: rielaborazione dal sito di British American Tobacco Italia

Attualmente l’attività di recruitment attraverso il sito aziendale non riscuote il successo sperato, per questo l’Azienda sta elaborando la possibilità di costruire un format preimpostato di curriculum vitae che vengono riempiti dai candidati. Sempre per quanto riguarda l’attività di e-recruiting, voglio menzionare l’utilizzo di siti specializzati in quest’attività, come Monster. In precedenza il Gruppo si appoggiava a testate di tiratura nazionale, come il Corriere della Sera.

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4.4.2 Campus recruiting: il programma “We challenge you” Il sistema globale di campus recruitment di British American Tabacco prende il nome di “We Challenge you” e tutte le iniziative che si svolgono al suo interno hanno lo scopo di assicurare che l’Organizzazione attragga e sviluppi un consistente pool di giovani di talento per far fronte ai bisogni futuri dell’azienda e guidare il business. Dal 1996 ad oggi, sono reclutati circa 330 laureati ogni anno nei mercati in cui la Compagnia è leader, numero che rappresenta un forte cambiamento di approccio. Nel passato, venivano reclutati tra i 150 e i 200 laureati l’anno, soprattutto per soddisfare i bisogni locali e non del business in generale. Inoltre, le ricerche condotte in quegli anni mostravano un basso livello di consapevolezza sull’employer brand di BAT tra gli studenti. A partire dal 2000, l'Azienda si è posta l'obiettivo di divenire una delle 20 maggiori compagnie di beni di consumo in grado di attrarre i migliori laureati del mondo, dando l’opportunità di dimostrare le loro capacità. Per farlo ha dovuto creare un’immagine positiva e attrattiva come potenziale datore di lavoro. BAT sceglie come partner quelle Istituzioni con cui condivide la ricerca dell’eccellenza, l’apertura mentale e la multiculturalità, oltre che un approccio internazionale e il rispetto per l’individuo. Tra i suoi partner accademici si possono includere: • Business School, Istituti di Management e scuole di economia; • Università e facoltà di ingegneria e scienze; • Istituti e facoltà che offrono corsi specifici in campi che si ricollegano in qualche modo al suo business come ad esempio la comunicazione, i sistemi informativi. Dai job fair e career day alle visite presso i campus, dalle borse di studio agli stage e ai Business Game, la presenza di BAT negli Atenei di tutto il mondo è forte e varia. In particolare per quanto riguarda l’Italia, il Gruppo intrattiene una relazione vivace ed energica con l’Università La Sapienza di Roma, l’Università Tor Vergata di Roma e la Libera Università di Studi Sociali Guido Carli di Roma Oltre a ciò, BAT fa sentire la sua presenza e promuove il proprio Employer Brand anche attraverso l’organizzazione, la collaborazione e/o l’intervento a corsi universitari (purché i loro programmi siano affini con gli interessi aziendali) e a convegni, inviando a tale scopo i propri dipendenti chiave come testimonial. L’obiettivo finale di questa strategia è assicurarsi la possibilità di riempire nel medio termine l’80% dei futuri posti di management vacanti e dare continuità all’azienda, mantenendo invariato il vantaggio competitivo. Il programma “We challenge you” viene adottato all’interno di tutto il Gruppo ed è stato ben recepito da tutti gli studenti nelle diverse region in cui la Compagnia è presente. In alcuni mercati come l’Australia è gli USA, dove l’ostilità verso l’industria del tabacco rende difficile il recruitment, i dati raccolti mostrano che la campagna ha avuto un feedback positivo, anche se si è focalizzata sulla natura globale del business e sullo sviluppo eccellente delle opportunità di carriera.

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Nel 1996, anno del primo lancio di questa campagna globale di recruiting, ha suscitato reazioni molto positive tra i professionisti del settore che l’hanno analizzata come caso di studio. Inoltre, ha vinto il primo premio dell’Association of Graduate Recruiters annual award ed è stata nominata per i Pubblic Relations Award. I risultati del programma vengono accuratamente monitorati e le ricerche indicano la necessità di apportare miglioramenti per aumentare il livello di consapevolezza del Gruppo tra i neolaureati, nonché lavorare per implementare il coinvolgimento dei line manager che svolgono un ruolo chiave per una buona strategia di marketing. Come ho detto prima, gli strumenti utilizzati da BAT all’interno del Campus Recruiting sono molteplici e il Management Trainee Programme è l’iniziativa più importante, prima di approfondirlo nel paragrafo successivo, vorrei elencare brevemente le altre attività svolte al riguardo.

- I master In questi anni la British American Tobacco è stata co-sponsor del Master in Organizzazione, Persone e Lavoro presso l’Università di Roma “Tor Vergata” insieme alla Banca Nazionale del Lavoro, Ferrovie dello Stato, Poste Italiane, ENEL, Capitalia, Finmeccanica, Gruppo Generali, SAS e Vedior. Questo master prepara specialisti di gestione del personale, di organizzazione, di problemi di natura giuridico-amministrativa e del lavoro e, grazie a questa sponsorship, i line manager del Gruppo hanno portato in aula la loro esperienza e hanno fatto conoscere agli studenti l’azienda, per poi eventualmente selezionarne alcuni per il Management Trainee Programme. Accanto a questo c’è stato negli anni precedenti il master di 1° livello in Marketing Management presso l’Università “La Sapienza” di Roma, attualmente concluso.

- Le sponsorizzazioni Attraverso Operandi British American Tobacco Italia Onlus, il Gruppo eroga vari tipi di aiuti, ad alcune Fondazioni, tra queste troviamo: • Fondazione Magna Carta La Fondazione Operandi sostiene dal 2006 la Fondazione Magna Carta che persegue esclusivamente finalità culturali nelle aree del diritto, della storia, dell’economia e della finanza, in particolare si occupa delle dinamiche dei flussi migratori in ambito nazionale, del calo demografico in ambito europeo e nazionale e dell’invecchiamento della popolazione. La Fondazione Operandi sostiene i progetti di ricerca attraverso l’erogazione di borse di studio e dei percorsi d’alfabetizzazione della popolazione immigrata nelle zone a maggiore densità produttiva sul territorio nazionale.

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• Fondazione Mario Moderni La Fondazione Mario Moderni contribuisce all’attuazione del principio del diritto allo studio sancito dalla Costituzione, attraverso il conferimento di borse di studio a studenti non abbienti e meritevoli iscritti negli Istituti di Roma e con posti alloggio per gli studenti fuorisede nelle residenze gestite dalla Fondazione.

- Borse di studio British American Tobacco collabora con la facoltà di Economia dell’Università La Sapienza di Roma per la creazione di un corso speciale in social accountability, rivolto agli studenti di laurea di 2° livello. Per l’occasione ha stanziato delle borse di studio in denaro per gli studenti più meritevoli. Il corso è finalizzato alla conoscenza del ruolo della contabilità sociale, all’interno della Corporate Social Governance.

- Premi di laurea Il Gruppo ha bandito quest’anno un premio di laurea “Impresa valori e società”, per le tesi aventi come argomento la Responsabilità Sociale d'Impresa. L’obiettivo è quello di supportare e stimolare i nuovi talenti su questa tematica, applicandola nei settori definiti critici in particolari momenti di “crisis management” ed in situazioni ambientali a rischio. Al concorso sono ammessi i neolaureati ed i laureandi presso l'Università La Sapienza di Roma.

- Campus e Fiere BAT partecipa annualmente all’incontro “Campus & Leaders & Talents” per far incontrare università, aziende e studenti presso la facoltà di Economia dell’Università di Tor Vergata di Roma, Gli studenti hanno l’opportunità di incontrare i responsabili delle Risorse Umane delle aziende e capire quali sono le nuove figure professionali richieste dal mercato. Allo stesso tempo, possono lasciare il loro curriculum vitae e candidarsi per offerte di lavoro o stage. In queste occasioni sono previsti spazi per dibattiti, presentazioni e tavole rotonde con le aziende su varie tematiche come il Marketing, la Finanza, il Lavoro Interinale. Questo è un momento molto importante per l’Organizzazione perché può espletare la sua attività di Employer Branding, sfruttando i vari momenti d’interazione e di scambio di esempi concreti e testimonianze aziendali.

4.4.3 Il Progetto Management Trainee Programme E’ uno dei programmi chiave dell’azienda, avviato per la prima volta nelle Università europee nel 1996, è stato subito un successo in tutte le region. Dal 2006 il progetto in

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Italia è stato sospeso a causa di un riassetto organizzativo e gestionale di British American Tabacco Italia. Il programma è pensato e costruito per fornire ai giovani laureati ad alto potenziale gli strumenti necessari per affrontare le sfide imposte dal business, assicurando alla British American Tobacco una riserva di talenti che possano ricoprire posizioni manageriali nel futuro, al fine di ottenere un vantaggio competitivo attraverso prestazioni superiori. La sua struttura ha una durata di 24 mesi e, come si vede dalla figura 4.8 è rigorosamente strutturata in tre step successivi secondo la logica dell’ “up or out”, ciascuno di questi prevede degli obiettivi da raggiungere ben definiti. E’ importante sottolineare che questo presupposto pone il candidato di fronte ad una sfida continua, con regolari e periodiche revisioni delle prestazioni, per questo il programma è pensato in modo da garantire il supporto necessario per lo sviluppo del potenziale, fornendo un coach personale ed un ambiente internazionale e stimolante. Figura 4.10 Il Management Trainee Programme Livello di ingresso A Laurea Universitaria Nessuna o minima esperienza precedente

Livello di ingresso B Laurea universitaria o Master

Livello di ingresso C Laurea Universitaria o Master, esperienze di rilievo di stage o lavoro precedente di almeno 1 o 2 anni

6 Mesi Contratto Stage

9 Mesi Contratto determinato

9 Mesi Contratto determinato

Perform review “up or out”

Perform review “up or out”

Contratto a tempo indeterminato

Perform review “up or out”

Fonte: British American Tobacco

Si può notare che: •

Il primo step prevede un contratto di stage di 6 mesi per i neolaureati che non hanno nessuna o solo una minima esperienza precedente. Alla fine di questa prima fase viene fatta una valutazione del lavoro svolto dai candidati e solo in caso di successo essi potranno accedere alla seconda parte. Il secondo step garantisce un contratto a tempo determinato della durata di 9 mesi, ed è previsto come proseguimento del primo step o come livello di partenza nel caso i partecipanti abbiano svolto un Master post laurea. Anche in questo caso, alla fine del periodo, i candidati saranno soggetti ad un Perform Review, che permetterà loro di accedere alla terza fase.

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Il terzo step fornisce un’ulteriore contratto a tempo determinato di 9 mesi. Questo è l’ultimo passaggio prima di poter ottenere un contratto a tempo indeterminato e raggiungere il 1° grade come manager. Può anche essere il primo livello d’ingresso nel caso in cui i laureati abbiano svolto degli stage o dei lavori di particolare rilievo per 1 o 2 anni. Come per le altre fasi è previsto un Perform Review, per valutare se gli obiettivi sono stati raggiunti con successo.

British American Tobacco cerca in questo modo di assicurarsi una riserva di High Performer, in grado di soddisfare le necessità di business attuali e future e la successione del Senior Management. Inoltre, puntando all’eccellenza mira a mantenere un vantaggio competitivo duraturo rispetto ai competitor.

Target Persone che hanno al massimo 26 anni, con una laurea di II livello e/o un master preferibilmente in Economia, Ingegneria, Giurisprudenza, Scienze Politiche ed Umanistiche. Studenti che si sono laureati recentemente e che magari hanno un’esperienza di lavoro di circa 2 anni. I candidati devono avere talento, energia e dedizione, ed essere dotati di spiccate competenze interpersonali, flessibilità, capacità di team working, creatività e con il potenziale necessario per passare verso e attraverso ruoli manageriali. L’ottima conoscenza della lingua inglese è fondamentale, (must to have), mentre le altre lingue non sono indispensabili (nice to have).

Svolgimento Prima di partecipare al programma è necessario superare una selezione che prevede un assessement per valutare le capacità di leadership manageriali dei candidati. Durante il programma, British American Tobacco studia per ogni partecipante un piano di sviluppo della durata di 2 anni e cerca di supportarlo, fornendogli una conoscenza completa del business. Per questo egli ricopre diversi ruoli all’interno dell’azienda: Marketing, Finance, Legal, CORA, Human Resources o Business Services. Il Gruppo offre già dall’entrata nel progetto la possibilità di lavorare su problematiche concrete e reali, attraverso progetti interfunzionali, job rotation, training on e off the job secondo livelli di responsabilità crescenti. Questo per permettere ai giovani manager di sviluppare competenze personali e professionali che sappiano soddisfare pienamente le necessità di business secondo standard d’eccellenza globali. Tutto il processo è imperniato sulla logica della sfida, solo coloro che riescono a raggiungere le prestazioni migliori possono procedere fino al termine del programma, ottenendo un contratto di assunzione della 1° categoria manager, un ruolo che indica che la sfida non è mai terminata.

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Ruoli e responsabilità Come si può notare dalla figura 4.9 i Management Trainees sono il fulcro su cui si focalizza il progetto ed hanno un ruolo attivo per tutta la durata del processo. Ma è importante sottolineare che ricevono degli input da alcune figure aziendali preposte a monitorare lo sviluppo delle capacità professionali dei candidati per arrivare all’eccellenza. Figura 4.11 Ruoli e responsabilità nel Management Trainee Programme

Management Trainees

Coach

Supervisor

General Manager HR Director

Mentor

Risorse umane

Fonte: Rielaborazione personale

- I Management Trainees Gli MT sono responsabili di guidare il proprio sviluppo: • ricercando attivamente responsabilità all’interno della funzione; • fornendo input alla pianificazione del proprio percorso in base al loro background ed alle loro aspirazioni; • dando feedback ed input su qualità, contenuti e implementazione del programma al coach ed HR. Durante i 2 anni di durata del percorso, il candidato riceve l’incoraggiamento e il supporto da tre parti: il Coach, il Supervisor ed il Mentor.

- Il Coach A ogni Management Trainee viene assegnato un Coach, cioè un manager (normalmente il Line Manager) che lavora al suo fianco e si assicura che il candidato riesca a raggiungere le migliori performance, dandogli ciò di cui ha bisogno per continuare il programma. Il coach è responsabile di: • realizzare il programma per il Management Trainee; • organizzare esperienze di formazione di business e funzionale; • inserire l’MT in progetti interfunzionali;

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fornire Coaching quotidiano e regolari valutazioni di prestazione.

- Il Supervisor Lavora con i Management Trainees su progetti o compiti specifici per: • fornire sviluppo on-the-job attraverso una gestione efficace; • fornire un regolare feedback formale sulla performance e le necessità di sviluppo sia al Coach che all’MT.

- Il Mentor Il Mentor è un Senior Manager di una funzione diversa da quella di appartenenza, il Management Trainee può beneficiare della sua esperienza lavorativa ed essere supportato al raggiungimento dei propri obiettivi personali. Il Mentor è responsabile di: • fornire guida e direzione; • supportare la definizione di obiettivi di crescita professionale e personale a lungo termine; • condividere esperienze e conoscenze organizzative. A queste figure si aggiungono altri contatti di grande valore, come tutti il altri partecipanti al programma, ma anche i General Manager e gli HR Director, nonché tutto il comparto Risorse Umane. Infatti, all’interno del Management Trainee Programme essi hanno dei compiti e delle funzioni specifiche.

- I General Manager e HR Director • • •

Sono i responsabili ultimi della realizzazione locale del Programma con gli standards richiesti; assicurano che il target annuale di assunzioni per ogni funzione sia raggiunto; monitorano i progressi rispetto ai targets.

- Il comparto Risorse Umane • • • •

Gestisce il processo di selezione; si relaziona con tutte le funzioni per assicurare che i piani di sviluppo assegnati siano raggiunti; si assicura che tutti gli MT ricevano il richiesto training formale e manageriale; monitorizza e valuta l’efficace implementazione del Programma e fornisce feedback costanti e rilevanti.

4.4.4 Young Bright Minds Accanto al più importante programma d’attraction dei talenti, in alcuni Stati è presente un programma di Internship chiamato "Young Bright Minds" e destinato a studenti universitari del 3° e del 4° anno che vogliono fare l’esperienza di lavorare per la British 192


American Tabacco durante i mesi estivi. La durata prevista del programma è di 3 mesi, ma può essere prolungata nel caso ce ne fosse bisogno. I dipartimenti dove normalmente sono inseriti gli stagisti sono presenti nella figura 4.10. Tabella 4.2 Dipartimenti coinvolti nel programma di Internship Premium Brand Team (Kent/Lucky Strike/Vogue) VFM (Value for Money) Brand Team (Pall Mall/Viceroy) Trade Marketing Development Research Product Development Trade Marketing and Distribution Finance IT HR Operations – Factory Legal Internship Programme Structure Fonte: British American Tobacco South East Europe

Lo stage per BAT è molto importante, poiché fornisce una profittevole esperienza professionale e una visione dell’azienda dall’interno. Chi svolge uno stage è considerato un membro del team e gli viene affidato un progetto definito che dovrà seguire con il supporto di un tutor esperto. Questa esperienza consente di mettere in mostra in diretta le proprie capacità: spirito d’iniziativa, creatività, capacità di lavorare con gli altri, abilità nella comunicazione. È un'opportunità unica per dimostrare il proprio talento e per conoscere concretamente il Gruppo. Lo studente viene completamente integrato all’interno della struttura della compagnia con la possibilità di avere reali responsabilità operative. Grazie all’apprendimento sul campo ha la possibilità di conoscere i reali compiti e problemi che gli si possono presentare quotidianamente sul lavoro. Trascorrendo alcuni mesi immerso nella realtà lavorativa di BAT guadagnerà una conoscenza effettiva della cultura e delle procedure operative della compagnia. Conoscerà nuovi colleghi, gli sarà garantito un supervisore e sarà fatto in modo che possa ricavare il massimo da quest’esperienza. È dunque un’opportunità ottima per esaminare da molto vicino il Gruppo in qualità di potenziale datore di lavoro. Per l’Azienda invece lo stage è un’occasione per capire la personalità dello studente, imparare il suo approccio e captare il suo entusiasmo, in definitiva per conoscerlo meglio di come si possa fare attraverso una semplice visita all’università o attraverso un career fair o un’intervista.

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Il processo di reclutamento e selezione segue pertanto gli stessi criteri di serietà ed attenzione di quello relativo alle assunzioni. Il momento cruciale è costituito dall'intervista che avverrà dapprima con i responsabili del reclutamento e quindi con il futuro tutor. La struttura dell’Internship Program prevede 5 passaggi: • presentazione del Gruppo e dei procedimenti di base, fissazione degli obiettivi personali; • induction funzionale, creazione di un progetto di lavoro; • sviluppo del progetto; • presentazione del progetto ai Responsabili di Funzione e HR; • valutazione del lavoro svolto e feedback. Il candidato ideale è uno studente del 3° o 4° anno di Università che potenzialmente potrebbe essere un futuro candidato al Management Trainee Programme. La sua carriera scolastica deve essere proficua e deve avere una buona conoscenza della lingua inglese. Deve essere attivo, motivato ed estroverso, con interessi extra-lavorativi e spirito d’iniziativa.

4.5 EMPLOYER BRANDING: RETENTION Due sono le facce dell’Employer Branding: il recruiting e il retention. Relativamente al recruiting, come ho spiegato in precedenza, gli strumenti di supporto a disposizione delle imprese sono le giornate universitarie d’incontro con i giovani laureati, i programmi integrati di inserzioni sui giornali nazionali, le pagine di presentazione sui career book, le partnership con i siti online che si occupano di job-posting (i cosiddetti job board), il sito Internet aziendale (nello specifico: la sezione Human Resource). Invece, relativamente al retaining, gli sforzi si devono concentrare sulle politiche retributive, sulla soddisfazione relativa all’ambiente di lavoro, sui programmi di mobilità in termini di percorsi di carriera o anche semplicemente di spostamenti di location, sulle opportunità di crescita offerte attraverso periodi formativi e su tutti i programmi di benefits concessi ai propri dipendenti. British American Tobacco, attraverso l’attività di Employer Branding, mira ad aumentare il livello di soddisfazione del dipendente all’interno dell’azienda, questo non solo per ottenere delle migliori prestazioni e una riduzione del turnover, ma anche per rendere le proprie risorse dei veri e propri “portavoce” che attraggono a loro volta dei talenti. E’ nell’attività di retention che si ricerca una sinergia tra lo sviluppo individuale e il raggiungimento degli obiettivi di business.

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4.5.1 La regolamentazione aziendale dei dipendenti Un primo passo verso l’Employer Branding è stato fatto con la creazione e lo sviluppo di uno Statement sui principi degli impiegati e sul posto di lavoro, collegato ai vari decreti sui diritti umani e basato sui quattro principi guida dell’azienda che sono: • streght from diversity (forza dalla diversità); • open minded (apertura mentale); • freedom through responsabilità (libertà nella responsabilità); • enterprising spirit (spirito imprenditoriale). BAT è una multinazionale formata da un gruppo di compagnie decentralizzate, ognuna delle quali gode di una grande libertà di azione. Tuttavia, è fondamentale che ogni sua parte sia consapevole dei principi e dei valori esposti in questa Dichiarazione e, attraverso la struttura, li applichi nelle aree chiavi delle attività dei dipendenti nei modi e nei tempi adeguati al raggiungimento dei suoi obiettivi strategici. Nella definizione di queste norme il gruppo ha considerato il pensiero internazionale sull’argomento, mentre, internamente, ha consultato gli organi rappresentativi dei dipendenti per integrare questi principi nella cultura della Corporate. La decisione di elaborare uno Statement è dovuta al forte impatto che le operazioni aziendali hanno sulle Risorse Umane, pertanto lo scopo è stato quello di costruire un perimetro al cui interno è possibile costruire un ambiente lavorativo d’eccellenza e ridurre tutte le possibili aree di criticità. Le attività e le procedure sviluppate da BAT a livello di mercato devono essere coerenti con lo Statement, ma devono anche prendere in considerazione la politica, l’economia, le leggi sul lavoro e il contesto locale in cui opera la Compagnia. In questo senso, la regolamentazione esprime le aspirazioni del gruppo e dove i suoi obiettivi non sono ancora stati raggiunti, per riuscire a conseguirli in futuro. Questi principi non sono intesi come una parte del Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro, ma rappresentano una dichiarazione degli intenti dell’Azienda che potrebbe essere soggetta a revisioni, in funzione dei vari contesti locali. Gli obiettivi di queste regole sono: • considerare la centralità del valore dei propri dipendenti e il loro sviluppo, assicurandogli il rispetto della compagnia; • costruire un immagine positiva all’interno di ogni comunità e rafforzare la posizione sui mercati locali per divenire un employer of choice.

Streght From Diversity “Valorizziamo la diversità di persone, culture, opinioni, brand, mercati e idee per creare opportunità e migliorare le prestazioni” (BAT). BAT si dedica a fornire uguali opportunità ad ogni dipendente, nel prendere decisioni sulle assunzioni, promozioni o pensionamenti non discrimina per razza, colore, genere,

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età, classe sociale, religione, abitudini relative al fumo, orientamento sessuale e politico, o eventuali handicap. La scelta tra i candidati avviene in base ai requisiti richiesti dal ruolo.

Open Minded “Essere un ascoltatore attento che prende in considerazione con sincerità il punto di vista degli altri senza pregiudizi” (BAT). Questo si attua attraverso: - Comunicazione interna La comunicazione interna ha la funzione di sviluppare un senso d’appartenenza all’azienda, creare orgoglio per i propri brand e la sensazione di far parte di un gruppo socialmente rispettato. Il processo comunicativo vuole essere aperto e trasparente, oltre che fornire informazioni regolari, attendibili e rilevanti sul business e sul mercato, attraverso un ampio numero di canali di comunicazione interna che sono accessibili a tutti i dipendenti. Ovviamente, questa comunicazione è soggetta alla confidenzialità richiesta dalle necessità di business. Inoltre, viene incoraggiato il libero flusso di idee e informazioni tra la compagnia e i lavoratori. In questo senso, alcuni esempi di comunicazione interna possono essere il sito intranet a cui possono accedere tutti i dipendenti dell’azienda e ricevere notizie aggiornate, comunicare ed inviare materiale, nonché raccogliere informazioni specifiche; le newsletter pubblicate bimestralmente in cui vi sono report di iniziative speciali, interviste con il personale e marketing plan. - Relazioni e partnership Il Gruppo considera al proprio interno le rappresentanze dei lavoratori e riconosce la libertà d’associazione, rispettando la volontà individuale di farne parte o meno. I dipendenti possono ricoprire un ruolo attivo all’interno dei sindacati (in accordo con le leggi in materia) ed esserne rappresentati. Inoltre, viene data ai lavoratori la possibilità di consultare le leggi, le regole e le procedure della compagnia.

Freedom Through Responsability “Crediamo che le decisioni debbano essere trasmesse a tutti i livelli aziendali, fino al consumatore e che, coloro i quali assumono delle decisioni, accettino le responsabilità che da queste derivano.” (BAT). - Responsabilità Aziendali • Correttezza sul posto di lavoro BAT cerca di incoraggiare un clima di fiducia per assicurare che i dipendenti possano condividere questioni e problemi di lavoro, allo scopo di trovare soluzioni rapide. A tal

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fine, ogni risorsa deve essere a conoscenza delle procedure disciplinari, delle vertenze sindacali e delle relative applicazioni. Il lavoro temporaneo è un elemento importante nel quadro generale del Gruppo ed è essenziale per la gestione del business a livello locale. Dove questa forma di lavoro è utilizzata l’Organizzazione si conforma alle leggi vigenti in materia. • Dignità sul lavoro L’Azienda rifiuta tutti i tipi di molestie e bullismo e cerca di rimuoverli dal posto di lavoro. • Ristrutturazione Il Gruppo, nel caso sia necessaria di una ristrutturazione, s’impegna in maniera responsabile ad illustrare ai dipendenti, e a tutti i gruppi/organi interessati, le motivazioni che rendono necessario il cambiamento, in linea con le leggi e le norme locali. BAT non offre la garanzia di un lavoro a vita, ma la decisione di terminare un contratto di lavoro viene presa dopo un’attenta e globale considerazione di tutte le alternative possibili. Se la riduzione dell’organico è necessaria, l’azienda adotta degli approcci responsabili e delle procedure adeguate alla situazione personale e al contesto locale. • Contro lo sfruttamento La Compagnia condanna e non si avvale del lavoro minorile o del lavoro in schiavitù, inoltre cerca di garantire che il benessere, la salute e la sicurezza dei bambini siano sempre riconosciuti come prioritari e che lo sviluppo delle loro capacità professionali dei minori non entri in conflitto con l’educazione e la frequenza scolastica. Responsabilità aziendali - Responsabilità dei Dipendenti • Standard di condotta aziendale Gli Standard di Condotta sono parte integrante della Governance aziendale e hanno lo scopo di delineare una serie di linee guida per tutti i dipendenti, che sono i principali destinatari e devono conformarsi ad essi. • Uso appropriato dei Sistemi Informativi Aziendali BAT ha sviluppato numerosi sistemi informativi per aiutare i dipendenti al raggiungimento degli obiettivi di business, per questo fornisce loro un training in cui insegna l’utilizzo e le procedure operative. E’ responsabilità di ciascuno aderirvi e familiarizzarvi, rispettando le procedure di riservatezza. La Compagnia monitorizza periodicamente l’uso fatto da ciascuno per assicurarsi che sia utilizzato legalmente. • Responsabilità di prestazione Il dipendente deve apportare un contributo significativo al successo aziendale, pertanto è considerato responsabile delle sue prestazioni. Nello svolgimento della sua attività, gli vengono fornite con chiarezza sia le aspettative nei suoi confronti, sia dei feedback periodici sulla performance. - Responsabilità reciproche • Responsabilità ambientali

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BAT ha adottato dei sistemi di gestione e di controllo gestione per l’ambiente, la salute e la sicurezza sul posto di lavoro, cercando di raggiungere risultati eccellenti. Sia la Compagnia che i dipendenti hanno un ruolo importante nel raggiungimento e mantenimento di questi standard. • Un ruolo attivo nella comunità BAT è una multinazionale che opera in molti mercati locali, per questo incoraggia i suoi dipendenti a giocare un ruolo attivo all’interno della comunità locali di business. Non solo, il Gruppo cerca di creare opportunità per lo sviluppo delle competenze dei dipendenti e delle comunità in cui opera, in collaborazione con i Governi locali. • Sicurezza delle informazioni aziendali Questa è una sfida generale che richiede l’effettiva cooperazione tra tutte le parti: i partner commerciali, i dipendenti e i loro rappresentanti. La politica di BAT abbraccia tutti gli aspetti connessi alla sicurezza delle informazioni, compresi i documenti cartacei, quelli elettronici, le email, i dati personali, le informazioni sui processi, i sistemi di comunicazione. La Compagnia preserva la privacy dei dipendenti in accordo con le leggi in materia e gli interessi del business, ma è fondamentale che i dipendenti siano coscienti delle loro personali responsabilità a tale riguardo. • Sviluppo personale e apprendimento BAT garantisce una formazione d’alto livello e promuove iniziative per lo sviluppo adeguate alla necessità dei dipendenti, al fine di renderli orgogliosi del proprio lavoro e divenire il best employer of choice. Dal momento che il Gruppo investe molte risorse per la formazione e lo sviluppo, i dipendenti sono incoraggiati a responsabilizzarsi sulla loro crescita. - Partner commerciali importanti British American Tobacco non ha responsabilità per tutta la catena di fornitura del tabacco, ma può influenzare alcuni partner commerciali in merito a tematiche come lo sfruttamento del lavoro minorile, il lavoro forzato o la manodopera illegale, ma anche questioni riguardanti vertenze sindacali e condizioni di lavoro che non rispettano gli standard di salute, sicurezza o igiene.

Enterprising Spirit “La fiducia nel ricercare opportunità di successo, di sforzarsi per l’innovazione di accettare il rischio che ne consegue” (BAT). - Benessere fisico e materiale Il Gruppo cerca di tutelare il benessere dei dipendenti attraverso: • Orario di lavoro ragionevoli E’ quasi inevitabile che in alcuni ruoli e in alcuni momenti dell’anno i bisogni aziendali portino a superare il normale orario lavorativo. Tuttavia l’azienda considera e supporta il bisogno dei dipendenti di bilanciare il lavoro con gli interessi personali e incoraggia la flessibilità dove è possibile, attraverso: • Politiche per la famiglia

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La BAT incoraggia la ricerca e l’adozione di politiche a favore della famiglia. • Salute e sicurezza sul lavoro BAT cerca di costruire un contesto lavorativo sicuro e osserva scrupolosamente tutte le policy e le procedure in materia di sicurezza. Questi standard sono continuamente monitorati da un sistema di gestione e di controllo. Tutti i dipendenti sono tenuti a comprenderli e farli propri in base al loro incarico e posizione. - Retribuzione e benefits adeguati, chiari e competitivi. BAT riconosce l’importanza di adottare una politica remunerativa competitiva e ha progettato degli strumenti d’incentivazione e altri benefit a breve e a lungo termine, che vengono erogati secondo criteri come la qualifica, le capacità, il rendimento e il grado di responsabilità. La sua strategia è quella di definire la posizione salariale e le relative fasce in base al confronto con il mercato del lavoro locale, per garantire livelli di ricompensa altamente competitivi. Ogni dipendente è dettagliatamente informato su ogni aspetto retributivo, come è mostrato nel paragrafo successivo. - Talenti, prestazioni e pari opportunità In caso di necessità, il Gruppo ricorre alle risorse interne, quando non è possibile seleziona talenti provenienti dall’esterno che forniscano nuove idee ed esperienze. La strategia di recruitment è basata sulla ricerca dei profili più idonei alle necessità di business, valutandone tanto le capacità quanto il potenziale.

4.5.2 Sviluppo e valorizzazione delle risorse: il Total Reward La BAT, in linea con le più recenti tendenze, vive trasformazioni significative nelle politiche di sviluppo e valorizzazione delle risorse umane, che non si limitano alla revisione delle politiche retributive, ma vanno alla ricerca di nuove tecniche e nuovi strumenti, poiché è sempre più evidente che attrarre, retribuire, premiare, motivare e trattenere le persone non è un semplice problema di compensation. All’interno del Gruppo viene adottato il modello del Total Reward, un sistema capace di dare risposte globali alla complessità delle motivazioni che sostengono i comportamenti e le prestazioni individuali e organizzative (Teruzzi, Floriani, 2003). E’ stato perciò ricercato un equilibrio tra retribuzione fissa, retribuzione variabile e benefit. Nella figura 4.11 è possibile vedere il modello teorico di Total Reward, applicato alla British American Tobacco.

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Tabella 4.3 Il modello del Total Reward Retribuzione

Benefit

Retribuzione fissa Retribuzione variabile Stock option Riconoscimenti vari (bonus annuale, profit sharing,…) Formazione e sviluppo

Assistenza sanitaria Piani pensione Piani assicurativi e di risparmio Nuovi benefit Ambiente di lavoro

Sviluppo della carriera Esperienze di apprendimento Gestione delle prestazioni Coaching

Clima organizzativo Work life balance Qualità del luogo di lavoro Company environment

Fonte: Adattamento da Marchesi, Brero, 2001

- Retribuzione La retribuzione è lo strumento principale attraverso il quale la British American Tobacco persegue l’obiettivo di attirare, trattenere e motivare le risorse umane di cui necessita per raggiungere i suoi obiettivi. British American Tobacco riconosce la necessità di adottare politiche remunerative competitive e pertanto ha concepito sistemi di compenso che garantiscano una reale differenziazione tra dipendenti e gruppi di lavoro: utilizza a tale scopo criteri come la qualifica, le capacità, il rendimento, il contributo apportato e la responsabilità del dipendente. Il sistema di Reward in BAT impiega strumenti che consentono una valutazione oggettiva del livello e dell’anzianità dei ruoli nell’ambito dell’attività, e deve assicurare la: • pay for performance; • equità interna; • competitività delle retribuzioni dei dipendenti BAT rispetto ai competitors. Per poter ottenere questi risultati è necessario fare un aggiornamento costante dei Job Profile per valutare le posizioni ed attribuire i grade, mantenendo un confronto costante con il mercato che può essere un punto di riferimento per determinare le remunerazioni (le disposizioni di legge prevedono un salario minimo nazionale) e fornire le linee guida per una revisione retributiva. British American Tobacco considera anche un gruppo ristretto d’aziende che puntano ad attrarre lo stesso pool di talenti per garantire la competitività, ma anche per incrementare e mantenere elevate le prestazioni e le motivazioni. 200


Ciascuna società del Gruppo ha la possibilità di creare un proprio pacchetto di compensi e benefit in base alle condizioni vigenti in ambito locale. A tutti i dipendenti sono fornite informazioni precise relative a ciascun periodo remunerativo, compresa qualsiasi detrazione applicata al compenso. A questo proposito, va aggiunto che i lavoratori ottengono una retribuzione fissa, a cui si aggiunge una quota retributiva variabile, strettamente collegata alla performance, che integra la parte fissa ed è corrisposta al raggiungimento degli obiettivi specifici definiti dall’organizzazione. Nel caso in cui il dipendente sia riuscito ad ottenere risultati eccellenti, questa quota variabile diventerà parte integrante della retribuzione fissa negli anni a venire. La filosofia che sta alla base viene chiamata Pay for Perform ed è condiviso e legittimato come sistema di ricompensa del Gruppo a livello globale, perché funzioni è necessario che il risultato a cui è ancorato l’incentivo sia particolarmente rilevante rispetto alla performance aziendale complessiva e raggiunga il livello di “exceed” sulla scala degli indicatori di prestazione. Inoltre, i risultati devono essere misurabili, chiari e condivisi, cioè SMART. Per i top manager sono previsti dei piani di stock option, che rientrano in un più ampio modello di ricompensa. Essi possono differire tra loro sotto diversi profili, quali: i destinatari dell’iniziativa, la durata della stessa, la quantità d’azioni offerta, il prezzo d’acquisto. Tipicamente si articolano in un arco temporale di 3/5 anni e prevedono vincoli alla cessione delle azioni per alcuni anni.

- Benefit British American Tobacco, per mantenere la competitività sul mercato come employer of choice ed attrarre/trattenere le migliori risorse, attivandone la motivazione e il commitment, integra la sua politica retributiva con altri elementi. Come nel caso dei benefit, una serie di provvidenze concesse dall’azienda al lavoratore, spesso in forma non monetaria, in aggiunta alla sua normale retribuzione e ai relativi accessori. I benefit possono assumere forme piuttosto diversificate, in funzione del mercato locale, ma sono strettamente collegati alla performance. Tra i benefit di maggiore interesse spiccano quelli relativi all’area previdenziale, assicurativa e sanitaria come i piani pensionistici integrativi, l’assistenza sanitaria integrativa ed il rimborso di alcune spese mediche. Accanto ai benefici più tradizionali ne esistono altri che sintetizzano le più recenti tendenze globali in tema di benefit aziendali e consistono in una serie di servizi alla persona finalizzati a superare le difficoltà di dover conciliare il tempo di lavoro con il tempo personale e familiare. Esemplificativi sono: il servizio di navetta aziendale per coloro che non abitano vicino alla sede centrale, la scontistica sui cinema e sulle palestre, i fondi destinati agli asili nido, l’aiuto offerto a coloro che si trasferiscono per cercare una casa o l’auto aziendale utilizzabile anche per i viaggi di piacere.

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In questo senso assume un ruolo importante il work-life balance che riflette un approccio dell’azienda ispirato alla protezione degli spazi privati e alla loro conciliazione con il tempo di lavoro, al fine di innalzare la qualità della vita complessiva. Occorre segnalare all’interno della BAT una tendenza che la pone all’avanguardia nel modo di concepire e gestire i benefit ed è l’approccio per cui, ove possibile, l’individuo può scegliere all’interno del menù di benefit aziendale quelli che preferisce in base alle proprie esigenze e garantirsi un pacchetto il più vicino possibile alle sue esigenze.

- Formazione e sviluppo L’ambito della formazione e dello sviluppo è stato ampiamente trattato in precedenza e comprende tutti i piani relativi al Training e al Development, incluse tutte le attività corollarie di supporto come il Coaching o il Mentoring e di gestione ed incentivazione delle prestazioni. In particolare, per quanto riguarda lo sviluppo si può aggiungere che si fonda su una semplice convinzione: la persona che conosce meglio le proprie ambizioni e aspirazioni siamo noi. BAT supporta lo sviluppo ed investe per accrescere le abilità, potenziare le prestazioni e stimolare nuove idee, ma ritiene che cercare di migliorarsi e apprendere continuamente debba divenire una parte della personalità. Per questo sono previste nell’ambito lavorativo degli incontri regolari in cui ogni risorsa stima le proprie forze e debolezze, ottenendo un feedback dei colleghi. E’ prevista anche la progettazione di un personale percorso di sviluppo, in accordo con gli obiettivi di business che è discusso con il diretto superiore, infatti, l’azienda sa che per trattenere i talenti è necessario proporgli incarichi sfidanti che permettono loro di crescere professionalmente.

- Ambiente di lavoro L’ambiente di lavoro deve essere piacevole dal punto di vista relazionale e fisico/ambientale, stimolante, nonché fonte continua d’apprendimento e di crescita. A tale proposito, alcune variabili significative di cui ho già parlato, all’interno di BAT sono: • piani di sviluppo; • formazione, aggiornamento, partecipazione ad eventi/convegni; • piani di Counselling e Coaching individuale; • programmi di Mentoring; • opportunità di mobilità interna/carriera orizzontale per dare varietà/innovatività dei compiti; • accesso ad esperienze/progetti interfunzionali e internazionali; • leadership e stile manageriale dei capi; • autonomia e discrezionalità, nonché riconoscimento e apprezzamento individuali;

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• qualità delle relazioni interpersonali e del clima aziendale. E’ importante che l’ambiente lavorativo sia percepito come positivo, motivante e d’eccellenza. A questo contribuiscono numerosi fattori come la scelta di un arredamento e di colori specifici nelle sedi del Gruppo che mostrano in molti dettagli il tipo d’azienda (le colonne ed i muri su cui sono disegnati i valori e i principi di BAT), presenza di luoghi comuni per la socializzazione (luoghi di pausa per i fumatori, smoking lounge a Venezia, mensa di un certo livello), utilizzo d’alberghi mai di categoria inferiore ai 4 stelle, auto di un certo tipo sempre ben pulite e ordinate. Accanto all’ambiente di lavoro assume un ruolo importante il company environment, vale a dire l’organizzazione nel suo complesso che lavora per il suo posizionamento non solo di business ma anche etico e sociale che si ritrova in: • politiche ispirate alla CSR (Corporate Social Responsability); • strategie orientate allo sviluppo sostenibile; • impegno attivo nel territorio d’appartenenza/riferimento; • orientamento all’innovazione.

4.5.3 La survey “Your voice” E’ un’indagine che coinvolge tutti i dipendenti della British America Tabacco, viene fatta in contemporanea ogni 2 anni in più di 70 mercati dove l’azienda è presente e normalmente riceve un feedback di più di 38.000 dipendenti del Gruppo. Questa ricerca rientra all’interno di un processo globale, le domande vengono decise a Londra e sono uguali per tutti, con eventuali quesiti supplementari, riguardanti le specificità delle singole nazioni. Gli argomenti trattati sono molteplici e riguardano tutto il business di BAT: l’immagine della corporate in generale, i dipartimenti, i responsabili, il management ed i consumatori. Per ciascuna domanda sono previsti quattro livelli di soddisfazione. La survey si compone di un questionario anonimo inviato a tutti i dipendenti, che hanno un mese di tempo per compilarla e spedirla in busta chiusa, senza che sia riconoscibile al dipartimento O&D. La partecipazione non è obbligatoria. I questionari raccolti sono poi mandati all’International Survey Research (ISR), una società di ricerca olandese che si occupa di ricerche sui dipendenti, che aggrega i dati in gruppi omogenei in modo tale da non rendere il singolo dipendente riconoscibile e li compara nell’ISR's Global High Performance (GHP) ad altre organizzazioni che operano sul piano mondiale considerate come high performers nel livello di soddisfazione dei dipendenti. Gli obiettivi di quest’indagine sono di costruire un great place to work e programmare piani d’azione locali. I risultati mostrati nella tabella 4.1 si riferiscono all'ultima survey, svolta nel 2006, che ha raggiunto circa l’89% del feedback. Si può notare che, all'interno delle sue 15

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categorie l’opinione dei dipendenti di British American Tabacco è stata significativamente più positiva che in altre compagnie considerate benchmark nell’ISR. Tabella 4.4 Your Voice survey 2006 Punteggio ottenuto Scala 0-100

Differenze dal benchmark Scala 0-10

75 55 77

8 8 7

72 69 64 60 79 76 68 80 79 71

6 6 6 6 5 5 5 4 4 2

69 57

2 2

Leading indicators: Survey follow up Pay and benefits Information and communication Leadership Respect for our employees Learning Talent Team working Alignment Structure Corporate responsibility Culture Freedom through responsibility Enterprising spirit Open minded

Fonte: British American Tobacco UK

Rispetto all’indagine precedente ci sono stati miglioramenti significativi in molte delle categorie menzionate.

- Leading indicators La ricerca mostra che l’atteggiamento dei dipendenti rispetto agli indicatori guida (dalla direzione strategica alla leadership, dal focus sui consumatori ai talenti), è molto maggiore nelle aziende che hanno alte performance o sono indicatori chiave dell’aumento della performance organizzativa. Il Gruppo ha ottenuto un valore molto alto in termini di Corporate Responsability. Altrettanto positiva è la percezione del lavoro di squadra e della cultura aziendale, che mostra come la direzione strategica e il focus al cliente siano obiettivi su cui BAT investe molto.

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Al contrario, risulta necessario lavorare meglio sui talenti, riconsiderare i pagamenti e i benefit e rivisitare il concetto di leadership. Accanto a questi risultati globali, vi sono poi quelli relativi alle singole aree territoriali e livelli, che possono talvolta differire. E’ compito del dipartimento HR, insieme al Marketing, lavorare in modo coordinato e valutare i punti di forza e di debolezza per strutturare dei piani d’azione e migliorare le aree critiche.

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CONCLUSIONI Nel lavoro di ricerca presentato, mi sono addentrata lungo un percorso volto a mettere in luce quella che ormai da qualche anno rappresenta una forte e rinnovata attenzione sull’importanza che le risorse umane assumono per le aziende e per il loro successo. Che la Risorsa Umana non sia solamente una delle tante parti di un’organizzazione, ma che abbia un ruolo strategico fondamentale nel determinarne non soltanto un solido vantaggio competitivo sul mercato, ma anche la sua stessa sopravvivenza, è da tempo assodato. Ma che sia necessario compiere un ulteriore passo in avanti, ossia passare dal concetto di risorsa umana a quello di Talento è cosa relativamente recente. Le aziende, oggi più che mai, hanno bisogno di attirare al loro interno le menti più brillanti e capaci, e devono riuscire a trattenerle. Ho spiegato come a causa di fattori strutturali quali un fisiologico calo delle nascite che continua a colpire i paesi più industrializzati, dell’aumento della mobilità geografica e internazionale che influenza i percorsi di carriera e del crescente utilizzo delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione, si è aperta alla fine degli anni novanta la cosiddetta Guerra dei talenti. Nei confronti di persone con elevato potenziale sono le aziende a doversi attivare per promuovere presso di loro un’immagine quale datore di lavoro da scegliere, attrattiva e positiva, e sono sempre loro a dover dedicare una perizia maggiore nel trattenerle e fidelizzarle. In altri termini, si sta facendo strada oggi un nuova strategia di gestione delle risorse umane che è l’Employer Branding. Nonostante essa sia ancora poco conosciuta nel panorama italiano, sta acquisendo un’importanza sempre maggiore, per questo ho provato a fissarne i concetti fondamentali, facendo riferimento ad alcuni modelli teorici e ho sviluppato approfonditamente l’approccio integrato più evoluto attualmente esistente, l’Employer Branding Global Framework. Ho voluto mostrare in questo modo come sono state applicate al mercato del lavoro le stesse logiche di Marketing e com’è opportuno cercare una sinergia tra Employer, Corporate e Product Brand al fine di veicolare un messaggio coerente e migliorare l’appeal verso il proprio target. L’Employer Branding poggia sulla convinzione che il talento vada corteggiato, attirato, catturato e trattenuto, ed è per questo che le aziende intensificano la loro caccia a partire dal mondo universitario, scegliendo accuratamente gli studenti migliori da poter introdurre, formare e far crescere presso la propria organizzazione. Sul versante del recruiting ho potuto constatare che la forte attenzione da parte delle imprese verso lo student market, si concretizza nella recente nascita di indagini volte a studiare le preferenze e i gusti degli studenti in relazione al mondo del lavoro e delle aziende, ed ancora nel proliferare di job meeting e career day, degli uffici di placement universitari e dei business game, tutti modi questi attraverso cui cercare di stabilire un contatto con possibili candidati e al contempo comunicare e promuovere un’immagine positiva della propria azienda. Non è

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possibile poi non far riferimento allo stage, esperienza lavorativa a cui si dedica ormai molta rilevanza per poter conoscere e farsi conoscere in profondità dalla risorsa. In tutto ciò ho riscontrato che il ruolo di Internet e delle nuove tecnologie facilita per molti versi questo contatto e questa attività di promozione. Grazie ai siti web aziendali e alle loro career zone che sempre più spesso seguono best practice ormai consolidate, formarsi un’idea delle aziende quali employer, chiedere informazioni e proporre la propria candidatura, diventa molto semplice. Anche i numerosi job board presenti online tendono a rendere più facile e snello l’incontro tra domanda e offerta di lavoro. Sul versante della retention dei talenti ho invece potuto constatare una crescente richiesta da parte dei giovani e non più giovani dipendenti, non tanto di stabilità lavorativa, la quale viene meno come prima istanza, ma piuttosto di ricevere dall’azienda continue opportunità di crescita, non soltanto in termini d’avanzamento di carriera, ma anche a livello di accrescimento delle proprie competenze professionali, in modo tale da potersi sentire risorse sempre aggiornate e ben “spendibili” sul mercato del lavoro. Formazione tradizionale, ma soprattutto training su campo, compiti sfidanti, opportunità di trasferimenti all’estero oltre ovviamente ad una retribuzione adeguata e a benefit interessanti, sono aspetti molto apprezzati dai collaboratori di talento. Tutto ciò l’ho potuto poi verificare più approfonditamente grazie all’analisi del caso British American Tobacco, da me condotta attraverso alcune visite alla Sede di Roma in cui ho avuto la possibilità di incontrare alcuni responsabili della funzione HR e Marketing e raccogliere la documentazione necessaria. Mi sono inoltre basata sul materiale presente all’interno dei siti web aziendali (italiano ed inglese) e su alcune informazioni provenienti dalle Università con cui l’azienda collabora. Ho cercato innanzitutto di capire in concreto cosa significa entrare in un grande Gruppo che opera a livello mondiale con una struttura organizzativa multiculturale, ma che, contemporaneamente ha attuato una strategia orientata al maggior coinvolgimento nelle realtà dei Paesi in cui opera. Attualmente infatti, British American Tobacco ha un grande valore peso per il sistema economico nazionale, soprattutto dopo la fusione con l’Ente Tabacchi Italiani nel 2004. L’Organizzazione punta a divenire leader nel settore del tabacco, per questo, tra le varie azioni di Marketing che ho brevemente spiegato, realizza e applica strategie di Employer Branding, sia verso l’esterno, che all’interno. British American Tobacco si impegna più che attivamente nella caccia al talento, quest’ultima infatti rientra in uno dei punti principali della propria mission, attraverso la costruzione di una Winning Organisation. Ognuna delle iniziative svolte in questo ambito vengono raggruppate sotto lo slogan” We challenge you” e sono curate da una funzione specializzata. Tra i vari strumenti di comunicazione utilizzati per l’Employer Branding il più importante è indubbiamente il Campus Recruiting, svolto attraverso master, sponsorizzazioni, borse di studio, premi di laurea e partecipazioni a job meeting e fiere,

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in collaborazione con alcuni importanti Atenei, ma sono da citare soprattutto due progetti chiave: il Management Trainee Programme e Young Bright Minds. Il primo è il più importante e da più di dieci anni cerca di assicurare al Gruppo una riserva di talenti in grado di ricoprire posizioni chiave a livello manageriale. La sua particolarità sta nella minuziosa costruzione di tutto il processo in vari step, che forniscono ai candidati tutti gli strumenti necessari per apprendere e sviluppare le proprie capacità, coinvolgendo anche i propri collaboratori e la funzione HR attraverso le figure del Mentor e del Coach. Ciò che emerge chiaramente è il carattere sfidante del processo, che prevede regolari e periodiche revisioni delle prestazioni, secondo la logica “up or out”. Sul fronte della retention, British American Tobacco mira ad aumentare il livello di soddisfazione del dipendente, conscio che questo porterà necessariamente anche al progresso dell’azienda e dei suoi risultati, ma anche a rendere le proprie risorse dei veri e propri “portavoce” verso gli stakeholder, i consumatori e i potenziali candidati. A questo proposito, il primo passo verso l’Employer Branding può essere considerato la creazione e lo sviluppo di uno Statement sui principi degli impiegati e sul posto di lavoro, basato su alcuni principi guida dell’azienda, nel rispetto dei diritti umani. Si può notare allora che gli sforzi si concentrano ad esempio sulle politiche retributive, sulla soddisfazione relativa all’ambiente di lavoro, sui programmi di mobilità. Ma non solo, è opportuno sottolineare infatti che si richiede continuamente al dipendente di migliorare le proprie prestazioni e di sviluppare le proprie potenzialità, offrendo concrete opportunità di crescita, training sul campo, specifici programmi formativi e benefit. Anche qui emerge perciò il carattere sfidante dell’Organizzazione. Ho voluto infine mostrare come, per implementare la soddisfazione dei dipendenti, è stata sviluppata la survey “Your voice”, una ricerca che ha carattere globale e anonimo, ma che permette di capire la percezione interna dell’Organizzazione. Da quanto ho potuto osservare, posso concludere che British American Tobacco è un caso di successo e può fornire un valido esempio per tutte le aziende che oggi già si cimentano nell’attuare strategie di Employer Branding o che intendano iniziare a farlo. Attirare le menti migliori in circolazione ed essere in grado di non farsele sfuggire, rappresenta un grosso vantaggio. I laureati sono tanti, ma i talenti sono scarsi, e le aziende hanno bisogno di loro. Posso comunque ritenere che ci sia ancora un ampio margine di miglioramento sia per British American Tobacco che per le imprese in generale e questo margine si gioca sulla tecnologia. Infatti, attraverso il sito aziendale, il Gruppo in Italia non riscuote il successo sperato e dovrebbe investire maggiormente. Capire come sfruttare internet e i nuovi strumenti della comunicazione in maniera originale, professionale ed al contempo innovativa, a pieno delle potenzialità del mezzo è essenziale per migliorare il proprio Employer Brand e quindi il processo di recruiting e selezione e la propria retention, ma rimane ancora un terreno non completamente esplorato. Inoltre, credo che per un Gruppo che opera in un settore così critico come quello del tabacco, sia opportuno prendere in considerazione l’idea di attuare un serio Employee 208


Referral Program, che incentivi il dipendente, non solo a testimoniare la sua soddisfazione verso l’azienda, ma a svolgere un ruolo attivo nel processo di recruiting, favorendo l’ingresso in azienda di candidati di talento.

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SITOGRAFIA: www. acemanager.bnpparibas.com www.aicpa.org www.almalaurea.it www.antheaconsulting.it www.barillacareers.com www.bat.com www.batitalia.com www.biweb.it www.cercolavoro.com www.coca-cola.it www.contattolavoro.it www.deloitte.com www.eni.it www.ere.net www.e-strat.loreal.com www.studenti.it www.gruppomediaset.it www.ibm.com www.ilo.org www.ilsole24ore.com www.infojobs.it www.manpower.it www.mindconsulting.it www.monster.it www.peoplevalue.it www.slideshare.net www.solvay.it www.talentmanager.it www.unicredit.it www.versant.com www.wice-group.com www.wikipedia.org www.worklifebalance.com

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RINGRAZIAMENTI - Il mio Relatore, il Professor Luca Pellegrini per la professionalità, la chiarezza e la pazienza con cui mi ha seguito nell’elaborazione della tesi; - Il Dott. Amendola per la grande disponibilità e la bibliografia, ma soprattutto per avermi trasmesso la passione per questa tematica e l’energia che mette in questa attività; - La mia famiglia per avermi permesso di coltivare gli studi, per aver creduto sempre nelle mie capacità e appoggiato i miei progetti di vita. A mio padre, per aver messo dei sogni nelle mie mani e per avermi salvato quando mi stavo perdendo. A mia madre per avermi educato come una donna indipendente con la piena libertà di pensiero ed espressione; - La Dott.ssa Percudani, senza la quale questa tesi forse non sarebbe stata neanche scritta, per aver guardato dentro le cose, facendomi ritrovare ciò che avevo perso di vista. Un ringraziamento di cuore per la presenza ed il sostegno lungo un percorso importante e per la grande fiducia che ha sempre riposto e ripone in me; - Alessandro B. per tutta l’amicizia e l’amore che mi ha donato incondizionatamente, per la caparbietà nell’intraprendere i progetti e per avermi regalato nuove prospettive. Un ringraziamento sentito per essere stato una presenza attiva e paziente durante la tesi, per le notti in bianco e per avermi sempre spronato a superare i miei limiti; - Ringrazio di cuore tutti i miei amici, i miei colleghi e il mio capo che mi hanno sostenuto con affetto, hanno creduto in me e mi hanno sgravato di tante incombenze, senza di loro il mio cammino sarebbe stato più duro. Ringrazio anche coloro che mi hanno ostacolato, ferito e rallentato il percorso, senza i quali non avrei mai tirato fuori il meglio da me.

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