Newsletter 02 marzo 2017

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S.A.T. L A V I S Piazza Loreto, 3

Marzo 2017 Numero 02

Sfumature colorate sulla roccia dietro Mori

Le città che sorgono in regione montuose sono ben consapevoli del rischio che nasce dalle montagne, se da un lato queste imponenti opere della natura offrono paesaggi splendidi e prodotti tipici, dall’altro è pur vero che non di rado possono essere essere soggette a cedimenti che determinano frane pericolosissime per la cittadinanza. E di crolli e pericoli di frane nel paese lagarino di Mori non sono di certo novelli, non si deve andare troppo indietro nel tempo per ricordare l’ultimo caso di frana: lo scorso anno dei grossi massi sono difatti crollati raggiungendo l’abitato di Ravazzone e la ferrata di Monte Albano (uno dei monti più amati dagli alpinisti ma che da anni è soggetto a continue chiusure determinante da frane lungo i sentieri nonché alla generale instabilità delle rocce). Questo è proprio il motivo per cui il diedro di roccia di cui sopra abbiamo parlato, è stato messo sotto stretto monitoraggio da parte di tecnici provinciali. Appena avvertito il sisma del 9 febbraio, il sindaco di Mori Stefano Barozzi ha immediatamente chiesto aggiornamenti relativi al monitoraggio del diedro roccioso che incombe sopra l’abitato. Il servizio geologico provinciale ha risposto con dovizia di particolari relativamente sia al terremoto sia alla situazione del diedro, che non ha manifestato deformazioni. Nessun allarme, dunque, per la popolazione di Mori, mentre il cantiere per la messa in sicurezza di via Teatro prosegue. Entrando nel dettaglio, il servizio geologico spiega che il terremoto è avvenuto alle 9.14, con epicentro la zona meridionale della Vallarsa, in zona Monte Pasubio, nei pressi del lago di Speccheri. La magnitudo è di 3,6 scala Richter e l’ipocentro era a 11 km di profondità. L’evento – spiega il servizio geologico – rientra nella normale attività sismica che si registra nella parte meridionale del Trentino. Per quanto concerne specificamente il diedro, «Il monitoraggio dei fili estensimetrici attivi sul prisma ha registrato, in corrispondenza dell’evento, un breve andamento altalenante della durata di alcuni secondi con 3 picchi che mostrano un movimento massimo prossimo a 1,4 millimetri. In ogni caso, successivamente alla perturbazione sismica i valori misurati sono risultati ampiamente inferiori alla soglia di allarme prefissata e sono ritornati ai valori precedenti all’evento, non registrando quindi alcuna deformazione permanente; tale considerazione è supportata anche dal monitoraggio ottico (realizzato da stazione remota su 18 punti collocati sul prisma) che, a seguito del sisma, non hanno rilevato alcun movimento» Insomma la paura a Mori continua, essendo la battaglia contro il tempo per la messa in sicurezza del diedro incriminato è sfociata in una battaglia politica, ambientale e di Comitati di cittadini contro Amministrazione, con tanto di cortei e di scontri, verbali e di piazza. L’ultima notizia sul tanto vituperato “Vallo Tomo” era sul “Trentino” del 13 febbraio scorso circa una pacifica protesta di circa 400 cittadini contro la costruzione imposta da Comune e Provincia del suddetto cantiere. Altre ne sono in programma e non si ferma nemmeno la battaglia politica nei confronti della giunta e della Provincia. Come già successo per la TAV, anche qui i cittadini sono stati messi di fronte alla pappa pronta che non si può discutere ne tantomeno cancellare. Speriamo che il diedro moriano, che ineffabile ascolta ed osserva l’attività sottostante, decida di prendersi una pausa di riflessione e restare ancora abbarbicato alla montagna per qualche migliaio di anni ancora, visto che per la roccia migliaia di anni sono pochi secondi di vita. Auguri a Mori tutta!

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Marzo in Sezione A completare, diciamo così, l’offerta di marzo il giorno 26, sempre domenica, ci daremo alla manutenzione sentieri. Armati di tutto quanto serve (disponibile in sede) ci avviamo su uno (da definire) dei 3 sentieri di competenza della nostra sezione e vedremo di metterlo a posto e prepararlo per la bella stagione a venire. Per ciò che riguarda la partecipazione si raccomanda, ai fini assicurativi, di dare comunicazione per tempo in sede, il mercoledi precedente sarebbe cosa buona.

A seguito dell’Assemblea Elettiva del 10 febbraio 2017 sono stati inseriti nel Direttivo della Sezione 13 nomi. A seguito, il giorno 14 si è tenuta la prima riunione del Direttivo che ha definito le cariche sociali come segue. Il ruolo di Presidente è stato assunto da Valentina Viola continuando così la felice linea Rosa della Presidenza lasciata da Clara Rossatti che resterà nel Direttivo col ruolo di VicePresidente.

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Enciclopedia delle Dolomiti-Protagonisti e Luoghi Anaunia e Valle di Sole, chiave di volta tra Engadina e Ladinia (parte 2) Fuochi dall’Ozol allo Sciliar. La Valle di Sole veicola verso la scogliera dolomitica del Brenta e verso il Monte Ozol le correnti culturali del mondo antichissimo e suggestivo della Valcamonica, quel mondo che ha nelle incisioni rupestri dei Camuni la sua piùpiena manifestazione. L’Ozol di questo mondo è poi il centro di irraggiamento. L’Ozol è stato definito “il tempio del culto solare espresso dalle popolazioni che hanno preceduto i Reti” e che l’ambeinte retico hanno influenzato (o determinato) senza soluzione di continuità. E’ sull’Ozol che troviamo la chiave per leggere tutto il manifestarsi della cultura alpina nelle sue relazionifra uomo e natura, nei suoi rapporti con l’inesprimibile fin dentro l’età romana e cristiana. Quanto questa continuità sia forte lo si ricava dal fatto che una fonte ai piedi dell’Ozol, all’ingresso della valle di Bresimo, venga ancora chiamata l’”acqua di San Vigilio”, perché la leggenda vuole sia stata fatta sgorgare dal vescovo trentino, evidente “santificazione” di preesistenze panteistiche. Ma il nome di Vigilio torna anche aldilà dell’Adige, in Marebbe ad esempio, dove il santo trentino, morto nel 400, non si è recato nella sua missione pastorale, ma dove il suo influsso si è irradiato, seguendo linee di stratificazioni culturali molto più antiche. Questo ci fa ricordare che non si può affrontare la dimensione dei Ladini se in parallelo non si affronta quella dei confinanti Camuni. La Valcamonica è separata (unita) dalla Valle di Sole dal Passo del Tonale, luogo deputato (secondo le leggende) agli incontri delle streghe.Ma sono le stesse streghe che si ritrovano, come sull’Ozol, anche sullo Sciliar, ma dall’Ozol riconoscibile a vista, formando un asse ben preciso di collegamenti. Questi collegamenti erano evidenti durante la cultura preretica Luco che aveva sull’Ozol e sul M. Luco (verso il P.so Palade e Merano) i propri centri e che era caratterizzata da riti notturni legati alla lavorazione mineraria del rame. I fuochi ardevano anche la notte sulla cima dei monti, lanciando segnali rituali dall’Ozol allo Sciliar, evocando streghe e stregonerie legate alla trasformazione della materia e dei metalli. Il ricordo delle streghe è ovunque connesso a questi riti “minerari” e le leggende sui sabba attorno ai grandi fuochi, rievocano il dominio delle potenze terrestri che i metallurgi riuscivano ad esercitare costruendo, grazie alla perfetta conoscenza della materia, gli strumenti del dominio e della potenza: le armi, i ferri degli aratri, i vomeri. Al termine dei loro riti attorno ai grandi falò che quasi si richiamavano di montagna in montagna, i metallurgi dominatori del

Fuoco, della materia e dell’energia vitale, spezzavano i boccali a rostro entro cui avevano libato. Un rito voluto forse per restituire al sole, quando la notte finiva, l’argilla di cui erano fatti e che proprio al sole era stata essiccata. Valle di Sole: con riti notturni e solari, di passaggio, di trasformazione delle potenze rituali, poi confluite nel culto di Saturno che Vigilio avrebbe combattuto, in una più tarda stagione di decadenza idolatra, per proporre invece una fede di amore, di solidarietà e non di potenza: di amorte e non di timore notturno alla luce dei grandi fuochi. Quella fede in una resurrezione cristiana che ha riscattato gli antichi riti alpini, presentando il paesaggio dolomitico così come oggi lo viviamo.

Trasposizione moderna di riti ancestrali

San Vigilio in estasi, dipinto di Giuseppe Alberti

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Magia delle parole

di Lorenzo Merlo (Qualche considerazione e qualche intolleranza sul tema della dichiarata sicurezza in montagna) Magia delle parole, tutto è suggestione. Dire sicurezza induce a crederla possibile, soprattutto in chi non si è mai fermato a riflettere sul tema e sul linguaggio. Dire sicurezza in montagna su messaggi istituzionali, sottoscritti da decenni, con reiterata determinazione, dalle Guide alpine, accende il mio, e non solo, personale discredito nei confronti di chi mi governa e nei confronti delle singole Guide che lo perpetrano. Diversamente in natura, dove lo spazio è illimitato ogni regola è inopportuna, se autoreferenzialmente adottata, se e non ricreata. Sembra innocuo usare una parola piuttosto che un’altra. Ma non lo è. Il magnetismo delle parole dipende dalla relazione tra gli interlocutori. Tanto più uno dei due si ritiene inferiore, tanto più questo è motivato ad apprendere, tanto più dunque si accredita chi riteniamo superiore a noi, tanto più le sue parole avranno presa su noi. È questo che accade nei ricatti, è così che scaturisce il senso di colpa. È così che si perde se stessi, che si diviene dominio di altro o di altri. Chi convintamente o distrattamente si adopera – tanto o poco non fa differenza – come se la sicurezza fosse conseguibile, che fa? Studia, compra, si affida agli esperti, metodi o persone che siano. Tutte azioni rivolte all’esterno di se stessi, oltre alle quali non ritiene vi sia altro da fare. Il massimo è stato compiuto. Ricco del bagaglio concettuale e materiale – ma comunque tecnico, acquisito – si avvia alla montagna con le stesse modalità con le quali ci si avvia al campo sportivo. È ordinario sentire dire il mio sport è l’alpinismo; ordinario sentire gli animi palpitare immaginando la discesa nella polvere e non esprimere nulla in merito agli altri innumerevoli aspetti di una giornata di scialpinismo o fuoripista. Ma il campo sportivo è chiuso da quattro lati e lo sport da quattro regole che esauriscono la sua casistica. Diversamente in natura, dove lo spazio è illimitato, ogni regola è inopportuna, se autoreferenzialmente adottata, se e non ricreata. Ecco, ricreare è una parola chiave. Non ha alternativa ma vari opposti: copiare, imitare, eseguire, delegare. Anche in mutande si può realizzare la migliore sicurezza – eventualmente rinunciando. Non solo, senza cultura della montagna – che non è sapere tutto, ma esserne in relazione, sentirla, ascoltarla – ci si avvia a frequentarla con la cultura che si ha, spesso solo tecnicistica e materialistica e convinti che l’esperienza sia tutto. Che il miglior equipaggiamento sia indispensabile. Espressioni di una deriva culturale, figlia della presunta superiorità della ragione, della materia, dell’illuminismo, che ha nei suoi strascichi la celebrazione dell’analisi e quindi della specializzazione; nelle sue ombre una concezione bidimensionale della realtà, cioè immobile; nei suoi effetti la pretesa della sicurezza tout court, efficacemente rappresentata dall’espressione francese Société sécuritaire, dedicata a questo degrado spirituale. La questione ci riguarda tutti. Quante, troppe volte, ho sentito dire, la Guida sono io, per alludere a una superiorità definitiva; per pretendere riconoscimento e accredito; per affermare ciò che un titolo non può mai – se non formalmente – contenere.

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Per anni le Guide alpine hanno legato il concetto di sicurezza alla montagna. Anni nei quali è stata fatta presente in più occasioni l’inopportunità culturale, comunicazionale e d’immagine di quell’abbinamento. Lo sconveniente – a mio parere, ma non solo – binomio sicurezzamontagna a un certo punto parve non solo scongiurato, ma felicemente sostituito dal principio che la sicurezza è relativa alla modalità con cui si frequenta l’ambiente naturale. Ma la cosa durò poco. Le guide risalirono sul vecchio tram credendo di potersi rivendere anche attraverso l’offerta di sicurezza. Queste note scaturiscono dalla loro/nostra recente adesione – suppongo con orgoglio – al messaggio di sicurezza in montagna firmando o co-firmando (in questo caso solo come operatori) un video di Aineva, distribuito alle guide della Lombardia dalla loro segreteria. All’Associazione Interregionale Neve e Valanghe, prestigioso, apprezzato e noto ente di ricerca e servizio, va tutto il mio riconoscimento ma anche tutta la considerazione critica presente in queste righe. Per chi crede che i panni sporchi vadano lavati in casa, cosa sulla quale potrei concordare, anticipo che la politica di risolvere inter nos la questione è esattamente quella che ho seguito negli anni passati. Nei quali ho, con capacità e mezzi personali, in sede di collegio lombardo nonché di collegio nazionale, cercato di far presente l’inopportunità di quel blasfemo matrimonio tra sicurezza e montagna. L’ho fatto con la consapevolezza che era necessario dedicarsi a far crescere la responsabilità personale di ognuno, affinché questi, qualunque fosse il suo livello tecnico, il suo equipaggiamento, la sua esperienza e conoscenza, alzasse al massimo il rischio di adottare per sé e per chi lo delegava, la modalità più opportuna. Quella capace di ascoltare, di cogliere la condizione intima di sé e delle persone, la propria e altrui motivazione. Anche in mutande si può realizzare la migliore sicurezza – eventualmente rinunciando. Anche rinuncia è una parola chiave. Con l’atteggiamento prestazionalistico, rinunciare tende a essere fonte di frustrazione, una condizione che a sua volta spinge a chiudere drasticamente la nostra potenzialità euristica e creativa. Quest’ultima, così necessaria in caso d’imprevisto, per ricombinare – creativamente appunto – tutta la conoscenza, tutta l’esperienza, tutto l’equipaggiamento, di cui disponiamo, indipendentemente da quanto ognuno di essi sia. Ma anche per mantenere un equilibrio serendipityco, proprio quando nessun manuale potrà mai più dirci come realizzare sicurezza. Dopo tutto questo tempo, lungo circa tre decenni, non trovo fuori luogo esprimere pubblicamente quanto più volte puntualizzato inter nos. Una condizione che a sua volta tende a chiudere drasticamente la nostra capacità euristica e creativa, quella necessaria per ricombinare in caso d’imprevisto, tutta la conoscenza, tutta l’esperienza, tutto l’equipaggiamento, indipendentemente da quanto ognuno di essi sia. Per mantenere un equilibrio serendipityco, proprio quando nessun manuale potrà mai più dirci come realizzare sicurezza

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Consigli per Escursioni Ciaspole – Lagauntal e Berglalm (Fernando Gardini) Risaliamo la Val Senales e poco prima dei grandi parcheggi di Maso Corto, in loc. Köflhöfe (Masi del Covolo), lasciamo la macchina su una piccola piazzola. Prendiamo il sentiero 5 per “Bergalm e Taschenjöchl”. Su tracciato ben battuto puntiamo a sud guadagnando dolcemente quota. A 2095 m. il cartello “Nossnplott” evidenzia un albero dove è stata scavata una tana nido e in basso possiamo ammirare l’agglomerato di Marchegghof (0,25). Superata la piccola edicola dedicata a San Martino raggiungiamo a q. 2160 la sorgente Stötzquelle. Ora si procede quasi in piano, usciamo dai larici e, raggiunto l’incrocio col s.4, prendiamo sulla dx. la traccia che costeggia il Rio Lagaun puntando a nord (0,55). Abbandonati i sentieri ci avviciniamo al grande anfiteatro ai piedi delle cime di Saldura. Ci addentriamo nella pianeggiante Lagauntal fino alla base degli erti pendii (1.15). Tornati all’incrocio dei sentieri prendiamo verso est per la Bergalm. Al ponte di legno siamo a 1.40. Il sentiero prosegue poi con leggeri saliscendi fra cirmoli secolari dai tronchi magnifici e contorti. Raggiunto il bivio fra i sentieri 5 e 13 Bergalm e Gerstgras, seguiamo l’indicazione Berglalm raggiungendola in pochi minuti (2.25). e’ una malga chiusa in inverno collocata nella piana Gerststrasserboden ai piedi della Bergler Spitze e della Gerstgraser Spitze. Di fronte abbiamo il Similaun e in basso il Lago di Vernago. Torniamo sui nostri passi fino al bivio dove prendiamo il s. 13 (2.35) che ci riporta a valle in ripido pendio. Poco prima dell’albergo Gerstgrass prendiamo sulla sx. il s. 13A (3.05) che rimanendo poco al di sopra della provinciale ci riporta al Köflhöfe, nostro punto di partenza. (3.50). Partenza Masi del Covolo 1945 Punto più alto, capitello Lagauntal 2240 Dislivello: 550 Tempo: 3.50 ore Diff. Media-EAI m Periodo: dicembre-marzo

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Angolo della Poesia e del Racconto Succede a volte (H.M.) Succede a volte nelle sudate strade che sconosciuti passi vi convergano all'unisono. S'affiancano per brevi attimi destini diversi, vite aliene, occhi che guardano con colori diversi la stessa luce. I pensieri pur brevissimi si soffermano gli uni sugli altri e s'incrociano sguardi e forse timidi "Salve!". A volte cumuli di domande si affacciano alla mente per rallentare l'attimo e legare con catene invisibili la libertà dell'altro, il continuare nel suo cammino. Le case nel pomeriggio assolato osservano i viandanti e li invidiano per la loro capacità di allontanarsi gli uni dagli altri. Ma i viandanti questo ignorano e bramano, seppur inconsciamente, il contatto degli occhi, della voce, di una storia compagna della propria. Le mani vorrebbero posarsi su quelle spalle sconosciute e condividere idee, bicchieri di vita, nuvole e giorni assolati, le orecchie aperte al racconto di giorni diversi anche se uguali, problemi altrui per consolare o esorcizzare i propri. Ma il tempo spinge nella nostra schiena ed i nostri affanni ci fanno voltare la testa per dirigerci verso inesistenti méte e lasciare perdere ciò che potrebbe essere per tenere ciò che è: un nostro piccolo mondo di voluta solitudine e indifferenza. Ho provato un giorno a voltarmi indietro fatti pochi passi. Alzando la mano ho fatto per proferire parole, richiami alla condivisione. Ma guardando la schiena dell'altro ho richiuso il mio piccolo mondo ed ho ripreso i miei solitari passi.

Canzone triste Alda Merini Quando il mattino è desto Tre colombe mi nascono dal cuore Mentre il colore rosso del pensiero Ruota costante intorno alla penombra Tre colombe che filano armonia E non hanno timore ch’io le sfiori… Nascono all’alba quando le mie mani Sono intrise di sonno e non ancora Alte, levate in gesti di minaccia...

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Storie e Luoghi in Trentino Il fuoco di Castel Firmian Accanto al castello dei Firmian c’era una povera casa. La donna che l’abitava si era trovata senza fuoco. Dalla finestra vide un fuoco brillare nella casa vicina e andò a chiederne. Tornata a casa si accorse che al posto della brace rossa e lucente, portava nella paletta un pezzo d’oro giallo e brillante. L’oro rimase ma, misteriosamente dei vicini non trovò più traccia. Dal 1480, anno della sua costruzione, ad oggi Castel Firmian è la dimora dei Conti Firmian, che svolsero un ruolo di primo piano nelle relazioni di potere tra mondo mediterraneo e germanico. Castel Firmian si trova a pochi minuti dalla piazza principale di Mezzocorona, al margine tra i vigneti e la montagna, in direzione della Val di Non. Non è visitabile all’interno.

Mozart a casa Firmian Uno dei conti Firmian era un grandissimo ammiratore del giovane Mozart, tanto da averlo avuto più volte ospite non solo a Mezzocorona, ma anche a Milano. All’epoca cominciò a circolare un ritratto di Mozart bambino, eseguito in casa Firmian. Negli anni più recenti si ipotizzò che il famoso ritratto di Mozart bambino che aveva fatto il giro del mondo, in verità fosse il ritratto del giovane figlio del Firmian, coetaneo di Mozart. Il Palazzo Firmian, residenza storica della famiglia Firmian assieme all’omonimo castello, dal 1985 è sede del Municipio di Mezzocorona. Contiene, al secondo piano, affreschi del pittore altoatesino Paul Troger (1698-1762).

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Foto Una foto è un attimo rubato al tempo ed alla vita, che potremo rivivere ogni volta che vorremo.

Sopra: la cima del Monte Giuggia, nelle Giudicarie (22/01/2017)-Sotto : le alpi di Ledro durante la gita del 25/09/2016

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INDIRIZZI WEB DELLA SEZIONE

lavis@sat.tn.it enricom6548@hotmail.com http://satlavis.weebly.com/ http://satlavisphoto.weebly.com/ https://www.facebook.com/sat.lavis.9/ Paesaggio quasi lunare per il lago di Molveno 29 gennaio 2017 f. HM

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