Newsletter 09 ottobre 2016

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Piazza Loreto, 3

Ottobre 2016 Numero 9

Donna e Montagna a Congresso Si parla di donne, al Congresso. Qualcuno ha buttato lì l'allusione che la SAT si è trasformata nel Bar dello Sport, tutti e sempre lì a parlare e sparlare di prestazioni sportive e di donne. Oppure che il titolo del 122°Congresso, "Montagna al Femminile", scopra l'acqua calda. Certo, amico caro, dal punto di vista grammaticale "montagna" è una parola femminile ma il titolo sottolinea proprio il contrario. Nella sua storia "umana" ed antropologica la montagna è sempre stata declinata al maschile, come un nemico o un amico, leale ma esigente, che rispetta e che si fa rispettare, che crea miti facilmente ma altrettanto facilmente li distrugge. Probabilmente la montagna è la nostra Africa. Si ricorderà il mito del mal d'Africa, quella struggente malinconia che prendeva gli esploratori che per primi si avventuravano all'esplorazione del continente nero e che, lasciatolo, non vedevano l'ora di ritornarci, anche a costo della propria vita. Così anche la montagna ha il suo male, aldilà dell'accezione clinica che si dà a queste parole. Il mal di montagna è quell'anelito alla vetta, il bisogno della sfida (soprattutto con sè stessi), del vedere il mondo dall'al di sopra, cercando tra solitudine, ghiaccio, sassi ed ameni luoghi quasi alieni al nostro vivere quotidiano, la chiave di lettura giusta della modernità e del nostro divenire. La montagna, maestra ineffabile, ti costringe a rapportarti con i tuoi limiti, a spostarli magari un po' più in là, a condividere il poco che hai con chi ti è sconosciuto, a scoprire storie incredibili tra neve e rade zolle erbose, a salutare sui suoi sentieri chi ti saluta seppure non ti ha mai visto. Insomma a chiederti non perchè ma come, a creare più che a distruggere, ad avanzare piuttosto che indietreggiare ma anche a rinunciare per non rischiare inutilmente. Nella seconda serata degli eventi che culmineranno il 16 ottobre con la pubblicazione delle relazioni finali si è parlato della donna tra fine '800 ed inizio '900, quella donna forse non bella ed aggraziata come siamo abituati, noi misogini e maschilisti, a "volere" ed a "vedere"al giorno d'oggi ma che, in quanto a forza d'animo e coraggio non aveva niente da invidiare agli uomini che sfogavano nella violenza, i propri istinti autodistruttivi. Donne che, assenti i mariti per guerre o per emigrazione, prendevano in mano la conduzione delle poche proprietà e delle numerose bocche da sfamare con coraggio ed abnegazione, non preoccupate di dover inventarsi la maniera per fare molte cose, imparando dai pochi vecchi rimasti o da un ricordo d'infanzia le procedure per svolgere dei lavori che fino ad allora erano stati svolti solo dagli uomini ed i cui segreti erano custoditi gelosamente. Donne che si sono scoperte guide alpine per dissidenti e partigiani, cuoche ed albergatrici sui passi dolomitici, scalatrici e sciatrici, portatrici di pesi sui sentieri che neanche i muli avrebbero accettato. Donne che hanno condiviso con i loro compagni, fratelli, mariti le durezze e le privazioni della vita in montagna senza condividerne però, almeno alla ribalta della cronaca, i fasti e le glorie. Per questo credo sia nato questo Tema Congressuale, per mettere in risalto il ruolo dell'altra parte del cielo, nascosto ma indivisibile, nelle imprese dei grandi nomi, nel supporto fisico e morale dato a chi metteva a repentaglio la propria vita per inseguire sogni spesso egoistici di conquista. Ma soprattutto i lavori in montagna, duri perchè la montagna questo è, portati avanti fino allo sfinimento per essere gratificate poi solo dal crescere dei propri figli (non una cosa così scontata all'epoca) ed al ritorno dell'uomo dalle guerre dei grandi. Questo Congresso credo sia un modo per dire "Grazie!" a tutte quelle donne di montagna che non sono assise ai fasti della ribalta ma hanno svolto il loro ruolo di Madri, Mogli, Sorelle, Figlie, Imprenditrici, Operaie, Combattenti in silenzio, senza nulla pretendere e che hanno permesso alla Montagna ed al Mondo Alpino di crescere e perpetuarsi, nel rispetto della tradizione ma con lo sguardo rivolto al futuro.

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