Newsletter 7 agosto 2015

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2015 N° 7

Piazza Loreto, 3 Lavis

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Una “fresca” immagine di nevai (residui del grande ghiacciaio che esisteva fino a pochi anni orsono) sul Carè Alto

Nei mesi scorsi ho avuto occasione, complice il più volte menzionato e ricordato anniversario del primo conflitto mondiale, di percorrere strade, stradine, sentieri la cui costruzione rimandava all'opera fortificatrice pre-bellica dei “Geni militari” austro-ungarico ed Italiano. A dire la verità le fortificazioni furono più da parte austriaca, in quanto la lungimirante diplomazia imperiale aveva scarsa fiducia nel trattato, più volte sottoscritto, della Triplice Alleanza che legava l'Impero con la Germania e con il giovane Regno d'Italia (firmato nel 1882 e ribadito, con poche modifiche, altre 4 volte fino al 1912). Questa opera fortificatoria, che ebbe inizio già nel 1866, all'indomani del termine della cosiddetta III° Guerra d'Indipendenza italiana (per gli Austriaci fu solo un episodio della guerra Austro-prussiana). Gli esempi più eclatanti di questa architettura di guerra vicini a noi sono: la Fortezza di Trento e tutte le opere ad essa collegate, le strade per Civezzano, per il Bondone, la Gardesana occidentale, la strada delle 52 Gallerie etc. Il leit-motiv di tutte queste opere (alcune trasformate in moderne vie di comunicazione, altre rimaste al loro primitivo ruolo di trasporto di materiale umano lungo i fianchi delle montagne, altre ancora rifagocitate dalla natura che reclama il loro possesso) è quello di essere state costruite ad uso e consumo della guerra e di chi questa combatte. Mi è venuto spesso da chiedermi quanti di quei sentieri avremmo noi oggi se la pace avesse imperato e le nazioni, invece di combattersi mandando a morire la loro migliore gioventù, avessero invece collaborato per creare un mondo più giusto e vivibile per tutti. Senza cercare le risposte nell'Ucronia, o “Storia dei Se” o “Storia Alternativa”, rispondo subito che probabilmente l'innato istinto masochistico dell'Uomo di mettere alla prova la sua predominanza sugli elementi e sui propri simili ci avrebbe portato ad una situazione storica magari leggermente diversa per quanto riguarda le date ma sostanzialmente uguale se si guardano i risultati a lungo termine. Dobbiamo quindi essere grati a quelle migliaia di soldati (e civili) dei due schieramenti che ci hanno lasciato, oltrechè un patrimonio storico di notevole entità, anche delle capillari reti di comunicazione lenta che, proprio grazie alla loro fruizione rigorosamente pedestre, aiutano chi le percorre a meditare ed a premunirsi contro la comune malattia dell'odio e della diffidenza. Peccato ringraziare la guerra ma, se serve ad evitarne un'altra ebbene: grazie guerra! E speriamo che il


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