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CHI AMA IL VINO E PER CHI VUOLE CONOSCERLO

Anno XIII - n. 79 - Euro 5 - Febbraio-Aprile 2014

L A R IVISTA DEL V INO E DEL B UON B ERE

www.euposia.it www.italianwinejournal.com

Durin

Il gigante del Pigato Lambrusco

Il piu’ amato dagli Italiani Luca Gardini

Cinque vini da non perdere al Vinitaly 15 Metodo classico dal Regno Unito - Lamberti, i suoi primi cinquant’anni Nino Franco e il clos a Valdobbiadene - Carpineto - Collio Vitae, “rinascita” col Bianco - Fratelli Wines, alleanza dall’India - Castelcerino Soave classico Docg: la verticale - Teeling Whiskey d’Irlanda - Le Marchesine - Fratelli Beretta BIMESTRALE - "Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1 NE/VR"



Editoriale

ALA PROVA DEL N OVE ra la fine di marzo e l’inizio di aprile, come è noto, il vino italiano sarà impegnato in due momenti salienti: il 20.mo Prowein e il 48.mo Vinitaly. Una sfida nella sfida: da un lato la rassegna di Duesseldorf è pronta a raddoppiare lo spazio destinato alla rappresentanza italiana - che già oggi è una delle più rilevanti, dato che il mercato tedesco vale da solo più di un miliardo di euro e che sul Prowein si catalizzano migliaia di buyer internazionali -; dall’altro, la più grande fiera del settore al mondo per numero di visitatori, che però non ha ottenuto dall’Expo quel padiglione “in esclusiva” dedicato al vino che sarebbe sato - indubbiamente uno dei veri poli di attrazione per il pubblico internazionale. Anzi, su questa parte del “cardo” destinata al vino, alle gare pubbliche che pare verranno indette per la sua gestione, c’è ancora troppo fumo: molte chiacchiere e poche certezze. Un pessimo segnale. Ma tornando a bomba: da un lato, un sistema fieristico che ha nelle sue componenti pubbliche - Land e Governo federale - un formidabile alleato; dall’altro un sistemaPaese che ancora non sembra aver ben chiaro chi, cosa, come e perchè portare a Milano nel 2015. L’unica certezza è il “dove”, ma fra tutte è proprio una magra consolazione.

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La “stagione delle fiere” non risolve il vero nodo del mercato italiano: come risvegliare i consumi interni. Le rassegne spettacolo non cambiano infatti il contesto

Sullo sfondo di questa guerra fra giganti fierisistici - la competizione poi si sposterà sulla Cina dove nel braccio di ferro ItaliaGermania si inseriranno i Francesi di Vinexpo e di Vinisud - il vero nodo: le presenze sempre più costose per le cantine (quante fiere all’anno bisogna fare? e, oltre a queste, quanti altri incontri B2B per restare sul mercato in modo competitivo?) e per i winelover. Biglietti sempre più cari per eventi sempre più mastodontici il cui effetto - paradossalmente - è quello di rendere necessari altri eventi per meglio focalizzare passioni e business. E tutto questo a fronte di un mercato domestico che latita, che riduce i consumi (il dato in positivo del 2013 sull’aumento dei fatturati Italia è legato all’aumento dei prezzi del vino, iniziato dalla remunerazione delle uve della vendemmia di due anni fa) e che si riconosce sempre meno nel vino come momento di identificazione culturale e nazionale. L’eccesso della comunicazionespettacolo, degli eventi autoreferenziali dedicati essenzialmente ai soli produttori ed alla “compagnia di giro” non stanno riavvicinando gli Italiani al vino. Forse guardano lo show da lontano, ma di certo non bevono. Beppe Giuliano Euposia Aprile 2014

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s o m m a r i o

PRIMO PIANO 14

14 Luca Gardini Le cinque novità del Vinitaly 24

Lambrusco di Modena Il più amato...

42 Lamberti I cinquanta “ruggenti”

DEGUSTAZIONI 34

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Metodo classici inglesi Quindici imperdibili bollicine di Sua Maestà

TERRITORI E FOCUS 46

46 Clos a Valdobbiadene “Grave di Stecca”: il gioiello di Nino Franco

54 Collio goriziano La “rinascita”

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60 India, arriva Fratelli Wines Tre coppie di fratelli e nuovi vigneti

74 Ireland calls La sfida di Jack Teeling ed il suo whiskey

74 I NOSTRI RIFERIMENTI Tel. - Fax 045 591342 - redazione@euposia.it Per inviare cartelle stampa o materiale informativo: Nicoletta Fattori: fattori@euposia.it Per inviare bottiglie da inserire nelle degustazioni cieche: Redazione Euposia - Via Prati 18 37124 Verona (Vr)



News SYRAH, PINOT NERO E TANNAT COL NERO D’AVOLA PER IL LUMERA 2013 DI DONNAFUGATA na ricerca della francese Agrex Consulting, dice che negli ultimi 10 anni (2002-2011), la produzione (+12,9%) e il consumo (+22,9%) di vini rosati nel mondo è cresciuta più che proporzionalmente rispetto al settore vino nel suo complesso. Un Focus Group di Accademia Italiana della Vite e del Vino, su un campione di 50 persone, ha rilevato che il 70% dei consumatori di vino rosato è sotto i 40 anni e compra questo prodotto alla ricerca di qualcosa di nuovo anche nell'abbinamenti con il cibo. Anche da questi dati nasce la decisione di Donnafugata di far debuttare Lumera 2013, un rosato frutto del blend di uve Syrah, Nero d'Avola, Pinot Nero e Tannat che vanta un grande equilibrio: profumatissimo e intenso nelle note floreali e fruttate, piacevolmente fresco e morbido. Lumera porta il nome del suo predecessore a Donnafugata, ma è innovativo nell'uvaggio e nell'etichetta, un volto di donna. Donnafugata coltiva i suoi vigneti nel cuore della Sicilia occidentale ed in particolare nell'area di Contessa Entellina. Antonio Rallo, titolare e responsabile produzione dell'azienda, racconta: «Abbiamo selezionato le uve nei vigneti più giovani, quelli che non raggiungono i dieci anni di vita e che si trovano nei territori della Tenuta di Contessa Entellina, dove Syrah, Pinot Nero e Tannat hanno trovato il loro habitat ideale insieme al Nero d'Avola. Le interazioni tra suoli, esposizione, altitudine, clima e irraggiamento solare di queste colline concorrono a definire le caratteristiche del Lumera: un vino fresco, morbido e dai profumi intensi e identitari».

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L'annata 2013 si è caratterizzata per un andamento climatico equilibrato e regolare: inverno mite, buona piovosità (767,8 mm di precipitazioni registrate dalla centralina di Contessa Entellina) ed una primavera fresca e ventilata. I mesi estivi non hanno fatto registrare picchi di caldo e a fine agosto alcune precipitazioni hanno determinato un abbassamento delle temperature. Un andamento che ha determinato la piena maturazione fenolica delle uve e la fresca acidità che caratterizza il Lumera. Le uve sono state raccolte dalla prima decade di agosto alla seconda di settembre nel seguente ordine: Pinot Nero, Syrah, Nero d'Avola e Tannat. Il Lumera è ottenuto da una macerazione a freddo in pressa per 24 ore a 10-12°C. «Lumera, il rosato di Donnafugata, esprime gioia di vivere e amore per la bellezza - sottolinea, José Rallo di Donnafugata -. Il volto ritratto in etichetta (forse una delle più belle del patrimonio iconografico dell'azienda), ricco di particolari e di dettagli narrativi, è un inno alla primavera siciliana e alla femminilità. Lumera è la donna amata dal poeta che celebra l'amor cortese, l'essere sublime, luminoso, celestiale, protagonista di una delle più belle poesie siciliane del 1200. E’ un vino piacevole anche per il suo moderato grado alcolico (12,3 % vol) che immaginiamo possa incontrare il favore del consumatore italiano giovane e moderno interessato a provare qualcosa di diverso». Lumera presenta gradevoli note di melograno e ribes su un fondo di fragolina di bosco. Inoltre le sue caratteristiche di freschezza, sapidità e morbidezza, lo rendono estremamente versatile negli abbinamenti con il cibo: dagli antipasti, caldi e freddi, della cucina marinara ai crudi di pesce e ai succulenti crostacei. Bene anche con fritturine di pesce e di verdure, formaggi freschi e secondi di pesce arrosto.



News CHATEAU DE CHAINTRES, CREMANT DE LOIRE, BLANC DE NOIR BRUT: LA DEGUSTAZIONE o Chateau de Chaintres è del XVII secolo, nel cuore della denominazione Saumur Champigny, ed è un affascinante maniero, dalle imponenti dimensioni, che domina 18 ettari di vigneti, parzialmente racchiusi in un clos, che sono stati piantati nel 1685 dai Padri “Oratoriens de Notre Dame des Ardilliers” che scelsero questo territorio per la sua perfetta esposizione al sole e la qualità del suolo. Dal 1938, lo Chateau – perfettamente mantenuto – è di proprietà della famiglia Tiny, viticoltori indipendenti che vinificano, ovviamente, esclusivamente le proprie uve. La Aoc Saumur recupera una tradizione millenaria nella produzione di vino: sebbene sia stata ricono-

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sciuta nel 1936, ci sono ampie testimonianze di un forte sviluppo della produzione vinicola sin dall’Alto Medio Evo: la denominazione si estende per oltre 1400 ettari, nel cuore della valle della Loira, e i due vitigni principalmente utilizzati sono lo chenin blanc e il cabernet franc. Già nel 1100 alla corte d’Inghilterra, dove era salito re Enrico II° d’Angiò (quindi un principe della Loira) il vino di Saumur era assai noto e richiesto. I suoli vedono la presenza di gesso, calcare, sabbia e argilla (vaste erano le zone paludose poi bonificate). Lo Chateau de Chaintres è stata una delle prime realtà della Aoc a certificarsi con la conduzione biologica: nel 2007 è cessato l’utilizzo di pesticidi, nel 2009 sono stati aboliti tutti i prodotti di sintesi per arrivare alla certificazione e dall’ultima vendemmia 2013 tutta la produzione sarà certificata come biologica. Il Cremant nasce dalla vinificazione in bianco del cabernet franc che viene raccolto a mano in un vigneto di una trentina d’anni; il suolo è sabbioso, con una buona presenza di argilla e di calcare e viene lavora-

to con zappatura e sovescio fra i filari. La vendemmia è manuale, la pressatura è soffice senza permanenza delle bucce sul mosto per evitare il passaggio di colore. Decantazione a freddo del mosto, diciotto mesi sui lieviti per la seconda fermentazione in bottiglia. LA DEGUSTAZIONE Colore giallo paglierino con riflessi dorati; al naso sono immediati profumi vinosi marcati cui si aggiunge la frutta gialla matura e la crosta di pane; il palato è pieno, ampio, dove tornano note di frutta, di cedro candito appena mitigato dalla crema pasticcera, con un finale molto fresco (la spalla acida è importante) e sapido contraddistinto da una caratura molto aromatica. Davvero interessante, dal prezzo molto competitivo (circa 9 euro, franco Chateau); complessivamente invitante ed appagante.


B RASILE “GLI SPARKLING WINES DELL’AREA EMERGENTE DELL’ENOLOGIA MONDIALE” TASTING EX...PRESS: LUNEDI’ 7 APRILE 2014 - ORE 11.00 SALA IRIS PALAEXPO INGRESSO A1 - PIANO/LEVEL - 1 numeri sono ancora piccoli, ma le fondamenta ci sono tutte. Il Brasile del vino è oggi una realtà emergente: come consumatori di vini di qualità e come produttore, di vini di altrettanta qualità. Le radici sono europee, le tecnologie e la formazione degli enologi anche; i suoli sono fertili, capaci di produzioni spettacolari. Nell’anno dei

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Mondiali di calcio, Euposia e il Vinitaly presentano un’eccezionale degustazione - la prima pubblica mai svolta in Italia col meglio delle “bollicine” carioca: metodo classico e metodo charmat provenienti dalle diverse zone di produzione del “vigneto Brasile” dove oggi operano i migliori flying-winemaker mondiali e dove è sempre più alta l’attenzione alla qualità.

Per accedere alla degustazione bisogna essere in possesso di un biglietto di entrata al Vinitaly e prenotarsi sul sito www.vinitaly.com area visitatori/degustazioni


News GRAMONA CELLER BATLLE GRAN RESERVA 2004: IL GRANDE DI SPAGNA CHE SFIDA I FRANCESI ramona è il Cava più trendy in questo momento in Spagna; apprezzato dal pubblico più formato ed evoluto ma anche dai nuovi consumatori più giovani, e sta ulteriormente consolidando la propria reputazione internazionale dove è considerato, non a torto, il produttore che realizza i cava più fini ed eleganti. Ma la maison di Sant Sadurnì d'Anoia non è nuova a risultati eclatanti: avviata nel 1881 da Pau Batlle (erede di una famiglia di viticoltori e produttori) in pieno boom del Pènedes a seguito della distruzione dei vigneti francesi ad opera della filossera, è oggi arrivata alla quinta generazione al lavoro; nel 1921 ha avviato la vendita dei suoi primi "espumosos" realizzati nella cantina sul retro di casa e nel 1971 col "III° Lustros" ha "creato" il primo Cava "brut nature". Una reputazione solida di suo, insomma: basti pensare che i produttori di Champagne, dopo le due Guerre mondiali, scesero in Spagna per reintegrare le riserve delle proprie caves andate distrutte o svuotate nei conflitti. Scelsero le cataste con le annate più vecchie e scelsero, soprattutto, Gramona. Guidata come "chef du cave" da Jaume Gramona (alma mater a Digione, lavoro in Champagne e oggi professore all'università di Tarragona), la cantina (oggi è una delle più belle e avveniristiche della D.O. Cava) possiede 50 ettari di vigneti nelle colline che circondano la capitale catalana delle bollicine ed ha altri 50 in conduzione. Il "Celler Batlle" è una Gran Reserva che viene prodotta negli anni migliori (quello degustato è il 2004, e - ad esempio - il 2003 del gran caldo non è stato realizzato) e

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che rimane sui lieviti dieci anni. Il blend vede xarel-lo al 70% col solo macabeo a chiudere e tutta la seconda fermentazione viene fatta con la bottiglia chiusa da tappo in sughero e non dalla classica capsula metallica. La liquer d'expedition, inoltre, è vino di solera e quindi, dopo queste premesse, uno si attenderebbe un Cava molto carico, pregnante di profumi forti e profondi, con note tostate importanti, e al palato uno spessore da incutere timore. Niente di più sbagliato. Celler Battle è, nella realtà, un Cava che sta coi migliori

Champagne (quelli delle grandi maison, quelli da tre cifre e più) senza alcun timore reverenziale, anzi. Il colore è brillante, perfetto, con riflessi dorati e bollicine finissime; al naso evoca ancora frutta a pasta bianca, erba di campo con note di muschio e pini, pasta sfoglia, crema pasticcera, noci, toffee e albicocche. Al palato è altrettanto entusiasmante, la maturità non si percepisce dato che la freschezza di questo cava è entusiasmante. Riprende le note fruttate per poi lasciare spazio a quelle di frutta secca e agrume candido. Bellissima mineralità sul finale, dove tornano note più aromatiche. Appassionante. Interminabile. Sta alla pari coi grandi di Francia, ma ne costa appena un terzo: poco più di 60 euro.



News DOMAINE PAUL MAS: ET VOILÀ, LE PROSECCÒ! a prima sorpresa sta nella scheda tecnica del vino “The Frisante is a sparkling wine made following the same method as Italian Prosecco”. La seconda sorpresa sta nel vino: un Piquepoul charmat, frutto di un vitigno autoctono della Linguadoca che vanta una lunga storia: con cinsaut e clairette blanche è uno dei più antichi vitigni francesi e nel 17.mo e 18.mo contribuiva alla produzione del vino Picardan. Soffre abbastanza gli attacchi fungini e quindi per questo è andato un po’ in disuso salvo poi essere ripescato ed oggi sono più di mille gli ettari coltivati a piquepoul che può essere utilizzato anche per lo Châteauneuf-du-Pape e che ha anche una sua denominazione “dedicata” - Piquepoul de Pinet che può essere utilizzata per i vini bianchi realizzati esclusivamente da Piquepoul blanc nei comuni Pinet , Mèze , Florenzac , Castelnau-deGuers , Montagnac e Pomérols . Piquepoul e clairette blanche sono i vitigni principali utilizzati nella fabbricazione di Noilly Prat , il vermouth della Linguadoca. La terza sorpresa sta in JeanClaude Mas, quarta generazione al lavoro ai Domaine Paul Mas che avviati nella seconda metà dell’Ottocento con appena 9 ettari di proprietà, oggi con Jean-Claude sono arrivati ad oltre 320 con altri 800 “contrattualizzati”. Jean-Claude ha studiato economia prima a Bordeaux e poi ha fatto esperienze lavorative, udite udite, nel Nord Italia per poi tornare alla cantina di famiglia alla metà degli Anni Novanta. Nel

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2013 si è aggiudicato il titolo di “cantina dell’anno”. Così, il cerchio si chiude. Davanti al boom del Prosecco - che ha portato l’export italiano verso Parigi a crescere del 19% l’anno scorso - JeanClaude Mas (nella foto) si è dato da fare: non soltanto ha aquisito negli ultimi anni vigneti su vigneti e otto domaines di fila; non soltanto ha avviato con successo la linea “The arrogant frog” destinata ai mercati internazionali, ma ha fatto del suo ristorante-enoteca Coté-Mas il fulcro della sua attività con una linea di vini dedicati. Blend e varietali internazionali e del sud della Francia impostati sulla qualità e l’estrema pulizia. Fra questi, il Piquepoul Frisante. LA DEGUSTAZIONE Un mese sui lieviti in autoclave; limone paglierino con riflessi verdolini al colore; naso di bell’impatto, con profumi spiccati di agrumi, mela e pere, pesca a pasta bianca, e note più floreali. Bollicine fini; il palato ha una bella spalla acida, una bella sapidità e riprende le note fruttate e floreali già ben percepite all’olfatto. Fresco, piacevole, immediato, originale nella sua aromaticità. Lungo, con sullo sfondo piccole note speziate. Sorprendente. Beh, si fa bere, è davvero invitante. Per arrivare alla perfezione manca soltanto, “attorno” alla degustazione, il sole della Riviera...ma per quello manca davvero poco.



News

L'AUTO CHE EMOZIONA E SORPRENDE PEUGEOT 2008 CON CAMBIO ROBOTIZZATO bbiamo provato la nuova Peugeot 2008 - 1600 diesel con cambio robotizzato, un auto che può soddisfare anche il pilota più esigente, dalla guida alla tenuta di strada, dalla linea elegante ai comfort, dalle prestazioni sportive a quelle familiari per chi ama viaggiare in tutta sicurezza e tranquillità. Mettersi al volante colpisce subito il sentire l'auto subito familiare, è una sensazione che poche vetture sanno dare. Grazie alle sospensioni rialzate, il sedile avvolgente e confortevole, con il volante piccolo che invoglia a farsi accarezzare è come dominare la strada. E' regolabile in profondità e in altezza amplifica la precisione dello sterzo. Il guidatore, senza distogliere lo sguardo dalla strada, ha il quadro degli strumenti in posizione rialzata che gli fornisce tutte le informazioni necessarie alla guida. Tutti elementi che trasmettono un senso di sicurezza e sportività. Mentre l'arredamento è semplice, elegante ed essenziale, senza fronzoli colpisce la moderna plancia per la tanta tecnologia: un pratico touchscreen permette di gestire il naviga-

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tore, la radio con lettore multimediale, il vivavoce con un semplice tocco e controllare i consumi di carburante, i chilometri percorsi e da percorrere. I comandi del clima automatico e bizona sono più in basso.

meglio nella guida. Freno e acceleratore con le mani sempre sul volante e con un consumo medio di gasolio nel ciclo misto di 5 l/100 km. Poi c'è il Parcheggio assistito che aiuta e rende automatico tutte le manovre di parcheggio attraverso

La 2008 non finisce mai di stupire. Con la nuova tecnologia Stop&Start i consumi si riducono: quando ci si ferma il motore va in stand-by automaticamente con ripartenza quasi istantanea senza rumori o vibrazioni toccando l'acceleratore. E con il cambio robotizzato, all'occorrenza si può inserire il cambio manuale per i sorpassi, è un piacere guidarla in città per la sua agilità, non stanca e aiuta a concentrarsi

sensori e ultrasuoni che misurano e segnalano al conducente gli ostacoli e la distanza. C'è chi la chiama Suv, Crossover, City-car o fuoristrada, ma al di là di questi appellativi, la Peugeot 1600 con cambio robotizzato rimane una vettura di grande versatilità con un abitabilità che la rendono ideale per una famiglia di 4/5 persone, con il grande piacere di guidarla. (Enzo Russo)



L’INTERVENTO

L UCA GARDINI : E CCO I L M EGLIO D EL V INITALY Biondelli, Tenuta Ulisse, Tenuta Mara, Podere Le Ripi, Vetrere: saranno queste le cantine da “seguire” alla prossima kermesse scaligera. Perchè... di Luca Gardini (*)

< Il Vinitaly, giunto ormai alla 48esima edizione, quest’anno mostrerà come novità più interessanti del panorama enologico di casa nostra, una serie di etichette sempre più dedicate al binomio: vitigno autoctono e facile approccio gustativo. Alcuni nomi? Biondelli, Tenuta Ulisse, Tenuta Mara, Podere le Ripi e Vetrere. Con il primo produttore siamo in Franciacorta, anche se l’aspetto più innovativo è legato ad un concetto di spumante talmente laconico da rasentare, per un occhio poco attento, la banalità. P er chi come Joska Biondelli lavorava nella frenesia della city londinese, i ritmi della campagna potrebbero risultare quasi anacronistici, se non

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fosse che proprio sulla ricerca di una perfetta maturazione del frutto Biondelli abbia fondato il proprio satén. Una bollicina che non utilizza legno né tantomeno quei maquillage zuccherati che hanno trasfigurato in chiave eccessivamente morbida quella che doveva essere –il satèn appunto- la tipologia più caratterizzante per il territorio della Franciacorta. Altra novità è quella del produttore abruzzese Tenuta Ulisse con la sua Cococciola. Un tempo questa varietà veniva utilizzata per tagliare i bianchi che mancavano di acidità, mentre oggi viene vinificata da questa azienda di Chieti come ‘voce solista’ grazie ad un’etichetta


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L’INTERVENTO

LUCA GARDINI

dai profumi floreali e dalla bocca tipicamente sapida. Scendendo geograficamente, ma rimanendo sul versante bianchi autoctoni di qualità, vi segnalo il Crè di cantina Vetrere. Andiamo in Puglia per la riscoperta del Fiano Minutolo. Varietà che per ampiezza aromatica può accostarsi persino ad un Moscato o addirittura ad un Gewürztraminer. Non pensate ad un eccesso di profumi, ma ad una precisa definizione aromatica che l’azienda Vetrere sottolinea grazie ad una vendemmia tardiva. Un vino prodotto utilizzando soltanto l’acciaio che mostra profumi di tiglio e fiore di sambuco, associati ad un sorso di spiccata matrice fruttata. Tornando al Vinitaly 2014 sul versante dei rossi le novità più interessanti sono in realtà due riconferme. Quella del Brunello di Montalcino Lupi e Sirene di Podere le Ripi è una storia che parte da una tenuta in cui la vite non esisteva per diventare, oggi, uno dei punti di riferimento per il Sangiovese di Montalcino. Il merito va alla terra e all’ostinazione di Francesco Illy che, potendo fare tutt’altro, ha deciso di fare vino, sin dalla pianta –aspetto non così scontato- in maniera quasi ancestrale. Un po’ come accade per Tenuta Mara. Un’azienda che produce un vino soltanto, il Maramia, che, oltre ad essere una grande dichiarazione d’amore di Giordano Emendatori per la moglie Mara, diventa, grazie al Sangiovese, una profonda testimonianza di affetto per le colline di Rimini. Un luogo in cui questo vino cresce verde non certo per un difetto di maturazione, ma in virtù di un preciso rifiuto dei materiali di sintesi. Il risultato, molto diverso dal “normale” Sangiovese di Romagna, sta nel territorio e in una filosofia produttiva che non insegue un preciso gusto enologico, se non quello che l’annata impone. (*) Miglior sommelier al mondo 2010 >

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News LESSINI DURELLO: VENTO IN POPPA PER IL 2014 pprovato a pieni voti il bilancio 2013 nel corso dell'ultimo consiglio di amministrazione, il Consorzio di Tutela del Lessini Durello si appresta ad affrontare un 2014 con il vento in poppa e all'orizzonte numerosi appuntamenti. La denominazione berico-scaligera che ha chiuso il 2013 a quota 700.000 bottiglie, registrando un +14% rispetto all'anno precedente, sta scaldano i motori in vista di Vinitaly, in programma dal 6 al 9 aprile. Per la prima volta il Lessini Durello avrà uno stand tutto suo al Pad 5 G4, a sottolineare la marcata crescita registrata negli ultimi anni dalle bollicine di Verona e Vicenza. Il Durello è stato inoltre scelto come vino protagonista a "Vinitaly and the City", il patinato fuori salone curato da Veronafiere che si terrà in Gran Guardia domenica 6 e lunedì 7 aprile. Un'edizione che si preannuncia ricca di novità grazie ad una serie di appuntamenti "fusion": piatti della tradizione scaligera si alterneranno a finger food dal sapore internazionale e spetterà alle bollicine del Durello esaltare gusti e sapori, col suo stile inconfondibile e mai troppo sopra le righe. Una scelta non casuale questa: il Durello risponde alle

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Consorzio del Lessini Durell, nella foto a destra - che oggi sono pronti per fare il grande salto. Il livello qualitativo raggiunto mette finalmente in condizione le aziende associate di rapportarsi senza timore coi mercati esteri. A questo si aggiunge la consapevolezza di aver lavorato bene per anni sul fronte della comunicazione e della promozione». Gioca a favore della denominazione anche il nuovo disciplinare di produzione: il Lessini Durello - la cui produzione si suddivide in metodo charmat per l'80% e metodo classico per il 20% - da vino della tradizione si afferma sempre di più oggi come vino scelto dai giovani consumatori, attratti dalle sue note fresche e fruttate che con un moderato conte-

richieste di un consumatore sempre più consapevole e preparato, che oltre al piacere del gusto, sceglie questo vino per la sua originalità e per la sua storia, fatta di passione, di dedizione e di amore per la propria terra d'origine. Del resto la denominazione è proiettata su un doppio binario di azione: all'interno di Vinitaly saranno numerosi gli appuntamenti B2B con operatori di settore soprattutto stranieri; all'esterno invece proseguiranno le attività B2C, dedicate quindi ai consumatori e agli appassionati. Estero pare la parola sempre più ricorrente per i produttori soci del Consorzio che, a cominciare dall'incoming ai primi di febbraio organizzato in collaborazione Trinit Consulting, stanno ricevendo importanti conferme, soprattutto da Germania e Nord Europa. «Assistiamo ad un chiaro cambio di passo da parte dei produttori - sottolinea Bruno Trentini, presidente del

nuto alcolico assicurano comunque il gusto della convivialità senza gli eccessi che tolgono il piacere dello stare assieme. Il Consorzio, che rappresenta oggi il 97% della produzione, è stato riconosciuto tra i primi in Italia a svolgere le funzioni erga omnes per la promozione e la tutela dal Ministero il 22/03/12. E queste sono, ad oggi, le aziende socie del Consorzio del Lessini Durello: Az. Agr. Cecchin, Az. Agricola Casarotto, Az. Agr. Fongaro, Az. Agr. Marcato, Az. Agr. Corte Moschina, Az. Agr. Sandro De Bruno, Cantina dei Colli Vicentini, Cantina di Gambellara, Cantina di Monteforte d'Alpone, Cantina di Soave, Cantina della Val Leogra, Cantina Fattori, Collis Veneto Wine Group, Az. Agr. Montecrocetta, Az. Agr. Bellaguarda, Az. Agr. Antonio Franchetto, Az. Agr. Sacramundi. Euposia Aprile 2014

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GIRO D’ITALIA

I L P ICCOLO G IGANTE

< Il piccolo gigante è una cantina di Ortovero, Savona, Riviera di Ponente, che sconfigge le grandi maison della spumantistica mondiale; piccolo gigante è l’agricoltura di qualità della Liguria schicciata fra lo sfruttamento immobiliare di ogni terreno rivolto al mare e un modello di sviluppo da tardo Ottocento che non guarda in faccia a nulla, men che meno pensa a cambiare. Ma da Babilla in poi, se c’è un posto dove Davide può battere Golia, quello è la Liguria. E questo è il messaggio più bello dei “Durin” - Laura e Antonio Basso - che passo dopo passo, vendemmia

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dopo vendemmia, hanno creduto in se stessi, nelle potenzialità del loro vigneto e in quelle del loro autoctono, il Pigato. In fatto di autoctoni la Liguria non è certo la regione più baciata dalla fortuna, ma con quelli che ha può fare molto e dir la sua. Dal Rossese che piaceva a Napoleone prima di finire nel dimenticatoio (il Rossese non il Còrso), al Pigato, alla “liguralizzazione” del Vermentino che qui assume toni unici; all’Ormeasco con le sue molte “soluzioni”; alla Lumassina. Così come molto ancora può dire sulla storia della viti-


DURIN

Un secolo di lavoro per i Durin, la famiglia Basso, che da Ortovero (Savona) è arrivata sulla vetta del Metodo classico di Giulio Bendfeltd

coltura in Italia che proprio vicino ai Durin, nelle grotte di Toirano, sta raccontando una genesi diversa, dato che, in questa che fu sicuramente una delle prime dimore stabili delle genti italiche, tracce di vasellame e vinaccioli stanno a testimoniare che molto, ma molto, prima di Fenici e Romani la coltivazione della vite era pratica usuale in questo territorio.

E quindi vale “doppio” il fatto che proprio nelle grotte di Toriano il metodo classico dei Durin - quel Pigato con sessanta mesi sui lieviti, pas dosé perchè nulla deve alterare profumi e sapori di questo vitigno - abbia trovato la sua dimora per cinque lunghi anni. Racconta Laura: «Noi ci pensavamo da anni a fare un metodo classico, abbiamo fatto mille prove, e

quando ci siamo convinti che era il momento giusto, che eravamo riusciti a trovare la migliore soluzione, beh ci siamo accorti che proprio ci mancava la cantina dove far affinare la catasta delle bottiglie». E pensa che ti ripensa - come saggiamente diceva un altro ligure famoso alla mia generazione, capitan Trinchetto - cosa c’era disponiEuposia Aprile 2014

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GIRO D’ITALIA

bile attorno? Cosa meglio di una grotta che entra nella profondità della montagna, senza luce, con temperatura, pressione e umidità sempre uguali? Esattamente, 15 gradi e il 90% fisso di umidità. Belìn, ma le grotte di Toirano! Ma anche qui, una prova immane: le grotte sono pubbliche, affidate alla Sovrintendenza dei Beni Archeologici, un “moloch” per chiunque. Ma non per “Balilla” Durin che affronta di petto la Burocrazia e spiega perchè proprio lì deve portare un metodo classico ad affinare. E,

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appunto, siccome qui Davide batte Golia, la Sovrintendenza dà il suo via libera, proprio pensando a quel legame ancestrale che, oggi, torna d’attualità e forse permetterà nuove ricerche. Anzi, assieme al Comune di Toirano la Sovrintendenza diventa anche un po’ partner a conferma che, a volte, quello che manca sono i progetti non le generiche “disponibilià”. Le bottiglie sono state portate una per una, a mano, con rispetto totale per l’ambiente e collocate nella grotta della strega, la bàsura che - quindi - dà il nome al vino. Al Bàsura pas dosè 60 mesi (pressione a 4,5 atmosfere per generare una cremosità intrigante e far emergere tutta la pienezza del frutto), si sono poi aggiunti un Rosé (qui con l’aggiunta del liquer d’expedition) e l’Obscura, che prevede la fermentazione in barrique di secondo e terzo passaggio di una parte del vino-base. Ad oggi il 60 mesi sta ancora una spalla sopra gli altri due, ma siccome qui Golia ecc ecc... sarà bene riprovarli fra un millesimo o due per vedere sin dove si saranno spinti. >


DURIN QUEL VIGNETO A ORTOVERO

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a nuova generazione - Giacomo, Giovanni e Angelica - è già qui, pronta nel tempo a seguire le vicende di questi sedici ettari di vigneto che i Durin hanno conquistato in un secolo di duro lavoro. Duro, perchè agli inizi del Novecento - quando parte la saga dei Durin - non c’era altra forza che non quella vera, quella muscolare, e quindi ai “capifamiglia” si chiedeva prestanza. E di prestanza, Giacomo Basso, il primo dei Durin, ne aveva a sufficienza per recuperare dal greto di un torrente degli enormi massi che avrebbero costituito le fondamenta della casa della sua famiglia, che non a caso sta in piedi ancor oggi, e che in un momento di ristrutturazione si dimostrarono impossibili da spostare dai moderni muratori. Giacomo Basso, un uomo alto e massiccio, dallo sguardo volitivo come testimonia questa fotografia d’epoca, è il nonno di Antonio Basso che, il più piccolo di tre fratelli, era destinato per desiderio e volontà della madre a lasciare le fatiche dei campi, le bizze del tempo, e la schiavitù delle stagioni. Per lui c’era pronto un futuro da medico, una vita diversa, lontano dai profumi della Riviera. E tutto filava verso quella direzione se un altro uomo forte - Angelo Basso - che aveva passato tutta la sua vita da contadino lavorando nella piana di Albenga (l’unica facilmente coltivabile in Liguria e che da risultati eccezionali essendo baciata dalla natura) - non fosse rimasto bloccato per mesi in ospedale. Come il padre, anche Angelo non poneva limiti ai suoi sforzi fisici, e come per il padre alcune sue gesta sono ammantate di leggenda a Ortovero: come quando, per salvare il

suo enorme bue, il suo fedele aiuto quotidiano nei campi, non esitò a gettarsi nel pieno di un’alluvione trascinando, tirardo, sollevando persino fuori dai vortici delle acque il prezioso animale. Col padre infermo, e la campagna abbandonata, Antonio cambia vita, sceglie il suo passato, e diventa il terzo dei Durin. Ai primi vigneti, nella piana di Ortovero, con piante anche centenerie, coi vitigni tipici del suo territorio, aggiunge nuovi impianti - il più importante a Ponterotto, in collina -sino ad arrivare alle dimensioni attuali. Lavora sodo, e arrivano tanti aiuti: i fratelli, i vignaioli del posto, la moglie Laura, Piero Lugano (l’uomo dello spumante affinato nel Tirreno)... arriva-

no tanti riconoscimenti. E arriva la quarta “linea” dei Durin. Sarebbe stato un ottimo medico, Antonio. Come voleva sua madre. Per fortuna che ha fatto il vignaiolo. Euposia

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News MURGO, LA FORZA DEL VULCANO piega Michele Scammacca del Murgo che la tradizione etnea di produrre spumanti metodo classico non è moda del momento, ma risale alla fine dell’Ottocento quando il Barone Spitaleri di Muglia produsse spumanti sul versante Sud dell’Etna dimostrado così l’attitudine del territorio a questa produzione. Il Barone Spilateri disponeva di tecnologie moderne per quei tempi e si avvaleva di un enologo svizzero coltivando, oltre al Pinot Nero, molti altri vitigni di origine francese. I vigneti si trovavano ad una altitudine compresa tra ottocento e mille metri di altezza. Nell’arco di venti anni ottennero numerosi importanti riconoscimenti enologici in Sicilia, Italia e all’estero. Quasi un secolo dopo, i Scammacca del Murgo si dovettero confrontare con una sfida di davvero difficile soluzione: l’imposizione dello spandard parkeriano dei vini: concentrazione, forza, grado alcolico. L’opposto di quello che l’Etna garantiva ai suoi autoctoni, nerello mascalese in primis: «Moderato di colore e potenza il nerello era in difficoltà sui mercati e questo ci spinse a cercare nuove vie di commercializzazionericorda oggi Michele del Murgo - La moderata concentrazione in colore e la buona acidità rendono però questo vitigno molto adatto alla produzione dei vini spumanti. Il terroir dell’Etna migliora poi l’attitudine del Nerello Mascalese grazie alla mineralità dei terreni, all’altitudine ed alle escursioni termiche che conferiscono una

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maggiore freschezza. E poi, in fondo, anche lo Champagne deriva principalmente da uve a bacca rossa». Le prime prove di spumantizzazione risalgono al 1989 con uve spremute a mano e fatte fermentare in una damigiania; l’anno successivo il risultato della rifermentazione in bottiglie venne giudicato positivo e si inizia a lavorare con masse più grandi; nel 1995 la collaborazione con l’Università di Catania sull’evoluzione degli aromi (sino ad arrivare alla definizione di un lievito specifico); nel 2000 la ristrutturazione della cantina lancia definitivamente la produzione spumantistica. Oggi i metodo classico Murgo non sono un “ripiego” ma un punto di forza della maison siciliana, pari al 30% della produzione complessiva. Tre gli SW in produzione: Brut, Brut rosé (prima annata il 2004) e l’Extra Brut. LA DEGUSTAZIONE A Vinisud, Euposia ha provato l’Extra Brut millesimo 2007: 60 mesi sui lieviti, pas dosé, proveniente da vigneti sul lato orientale del vulcano a circa 500 metri slm. Olfatto potente con note di frutta matura, cedro e crema pasticcera; il palato è molto ampio, di corpo, dove tornano le note fruttate, un floreale evoluto, note di frutta secca e nuovamente la calda sensazione dei lieviti. Molto lungo, persistente, con una spiccata mineralità sul finale. Assai gradevole ed appagante.


News

TOMMASI RILEVA DA PASQUA LA MASSERIA SURANI DI MANDURIA : 55 ETTARI DI VIGNETO DOC assaggio di mano tutto veronese per la Masseria Surani rilevata dalle cantine Pasqua dalla famiglia Tommasi, storica realtà di viticoltori della Valpolicella Classica. Masseria Surani è una tenuta di 80 ettari a Manduria, nel cuore del Salento, in Puglia vicino alle bellissime spiagge della Costa ionica. Un territorio rinomato per la produzione di Primitivo, in particolare, e ricco di storia e cultura dove la coltivazione della vite ha origini antichissime, che risalgono ai tempi della Magna Grecia. Il cuore della proprietà è rappresentato dalla masseria fortificata che risale ai primi del Novecento attorno a cui i vigneti si estendono a perdita d'occhio. Degli 80 ettari acquisiti 55ha sono in piena produzione e 25ha sono da impiantare. Il terreno è di origine argilloso e calcareo, molto fertile e permeabile, fresco e di colore rosso ocra per la presenza di ferro. I vigneti sono piantati a guyot stretto con una densità di 5.500 ceppi/ha, studiati in modo da inserirsi perfettamente nel territorio circostante; l'irrigazione è presente, ma viene usata solo nei momenti di grande siccità e la coltivazione è biologica. La cantina ha impianti di vinificazione a temperature controllate realizzati di recente, ma la famiglia Tommasi ha pronto un investimento di 2,5 milioni di euro circa per incrementare, tra l'altro, le botti di rovere per l'affinamento del Primitivo e per portare la capacità della cantina dagli attuali mille ettolitri a quattromila. L'enologo Giancarlo Tommasi spiega il progetto: «Con Masseria Surani abbiamo iniziato un'importante ed impegnativa avventura. Abbiamo lavorato e ci stiamo ancora impegnando in questo progetto che ci stimola enormemente e in cui crediamo fortemente. La Puglia ed il territorio della Manduria in particolare hanno un potenziale enorme

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e sanno dare uve eccellenti che permettono di produrre grandi vini». L'idea alla base del progetto Masseria Surani è quella di produrre grandi vini dai vitigni autoctoni della zona, in grado di esprimere e far conoscere l'enorme potenziale di uve come il Primitivo, il Negroamaro e il Fiano, in grado di regalare vini unici, di grande personalità e carattere. La filosofia della famiglia Tommasi coniuga ancora una volta tradizione e innovazione, nel rispetto di un territorio antico, interpretato in modo moderno, tenendo le rese molto ridotte per ottenere il meglio. Questa zona della Puglia fu colonizzata dagli Antichi Greci nel 700 a.C. e per il nome dei vini, l'ispirazione è arrivata dalla mitologia Greca: Ares, dio della Guerra, è il rosso Puglia pieno e corposo; Arthemis, dea della Luna, è il Fiano profumato ed intenso; Helios, dio del Sole, è il Negromaro in versione rosè ed Heracles, l'eroe figlio di Zeus, è il primitivo potente ed intenso. In lavorazione il Primitivo doc, Dionysos, dio del vino, presto in commercio. Masseria Surani, si aggiunge alle altre tenute della famiglia Tommasi: Tommasi Viticoltori, in Veneto e Poggio al Tufo in Maremma Toscana per un totale di circa 300 ettari vitati, compresi nel master brand Tommasi Family Estates. Il gruppo Tommasi produce ogni anno circa 2 milioni di bottiglie delle varie tipologie di vini ottenuti nelle proprie aziende tra Veneto, Toscana e ora Puglia. Le vendite sono per il 25% in Italia e il 75% va all'estero, in oltre 70 paesi in tutto il mondo. In provincia di Verona gli ettari a vigna sono 195 di cui solo 105 in Valpolicella Classica, dove si ottiene tutta la gamma dei vini con in testa l'Amarone; 80 sono gli ettari nell'azienda toscana di Poggio al Tufo vicino a Pitigliano e infine ora i 55 ettari a Manduria. Euposia Aprile 2014

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I L P IÙ A MATO Venti secoli di storia e non sentirli: il Lambrusco si conferma come uno dei vini più apprezzati e venduti in Italia ed all’estero, grazie alle sue immutate qualità di Enzo Russo (fotografie Consorzio M.S. Lambruschi Modenesi)

< Con una storia lunga venti secoli, il Lambrusco è probabilmente il vino più “antico”, ma non lo dimostra. Si è sempre mantenuto giovane, frizzante e al passo con i tempi. E' un vino amato da molti, un prodotto che di là dalle mode continua a presidiare un mercato nel quale è il re indiscusso, quello dei frizzanti. Infatti, con oltre 200 milioni di bottiglie prodotte, Doc e Igt, il lambrusco è il vino italiano più conosciuto e venduto nel nostro Paese e nel mondo. E' un prodotto popolare, che esprime tutte le principali caratteristiche del territorio ove nasce e della gente che lo produce: schietto, sincero, semplice, ma mordente ed esuberante. Con un carattere cosi allegro e gioviale, non impegnati-

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vo e sempre all'altezza delle situazioni, al Lambrusco è bastato poco tempo per farsi tanti amici, in Italia e all'estero. E' al top del gradimento dei consumatori e, grazie alla crescita di tutto il settore produttivo, sta vivendo un buon periodo, anche se la crisi dei consumi sta mettendo a dura prova il settore. I consumi sono stabili ma il Lambrusco sta guadagnando terreno nelle scelte dei consumatori. Ci sono Lambruschi Doc di enorme interesse e qualitativamente alla pari di altri grandi vini, perché sa esprimersi con personalità e classe, con bottiglie frutto di selezioni speciali e veri e propri “cru”, sia di piccole aziende familiari di nicchia sia di grandi aziende. La potremmo chiamare “la rivincita del Lambrusco”,


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perché le caratteristiche organolettiche di questo vino fresco, profumato e spumeggiante, che ha saputo interpretare alla perfezione le nuove tendenze di consumo fuori casa, anche i gusti della nuova generazione, sta conquistando nuovi mercati, quelli dell'America Latina, del Giappone e dell'Australia. Ma come è lo stato di “salute” del Lambrusco, vista la crisi di consumi che sta attraversando l'Europa? Ne parliamo con l'enologo Pierluigi

Sciolette (nella foto a pagina 26), Presidente del Consorzio Marchio Storico dei Lambruschi Modenesi. «Direi che che gode di un meritato successo, è uno dei pochi vini italiani che sta reggendo una situazione di mercato che, come tutti sanno è difficile, sia in Italia sia all'estero. Il Lambrusco tiene perchè è un prodotto che indubbiamente ha alcune valenze importanti. Se non avesse avuto queste caratteristiche, non avrebbe avuto il successo che ha avuto. Poi il rapporto

qualità prezzo molto interessante ed infine, i produttori in questi anni hanno fatto enormi sforzi per migliorare il Lambrusco e quindi oggi si raccolgono i frutti». Gli sforzi dei produttori hanno portato il Lambrusco anche nelle enoteche? «Certamente, la grande modifica è stata fatta sui vigneti, perchè giustamente è dal vigneto che nasce un buon vino. I vigneti sono stati ristrutturati quasi completamente con nuovi sistemi di allevamento, Euposia Aprile 2014

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nuovi cloni per cui oggi abbiamo un uva molto buona da cui si ottiene, grazie alle tecniche che sono migliorate, un ottimo vino. Bisogna anche tener conto che produrre Lambrusco è come produrre spumante, nel senso che occorre una tecnologia molto importante. Occorrono macchine a tenuta di pressione, perchè è un vino frizzante, serbatoi stagni e tante altre tecnologie di alto livello. Oggi il Lambrusco è veramente un ottimo prodotto, lo dicono non solo i consumatori ma anche i premi e riconoscimenti ricevuti in questi anni.. Il Lambrusco è presente non solo nelle enoteche, nei ristoranti del nostro comprensorio, ma è presente nel mondo in molti locali importanti, oltre naturalmente nella GDO». Perchè questo enorme successo? «E' dovuto al fatto che è un vino che fa allegria, ha una bassa gradazione, ha profumi e sapori interessanti che variano secondo la tipologia delle uve e le diverse denominazioni, si adatta a molte cucine di internazionali. Da noi il Lambrusco si sposa felicemente con la cucina emiliana, i rosati si abbinano molto bene al pesce e cibi leggeri, poi ci sono dei Lambruschi più corposi per i piatti più importanti e l'amabile che si accosta con i dolci. Come si vede il Lambrusco è un vino a tutto campo». Quanto Lambrusco viene prodotto? «Sono circa 200 milioni di bottiglie di cui 45 milioni di dop, il rimanente è igp. Per quanto riguarda la Provincia di Modena ne vengono prodotte oltre 34

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milioni di bottiglie dop nelle quattro denominazioni presenti sul nostro territorio e poi 70 milioni di igp. Le dop vengono vendute principalmente in Italia ed in Europa, le igp sono principalmente nel resto del mondo». Che cosa differenzia il Lambrusco dop dall'igp? «Per produrre il Lambrusco dop si selezionano le uve durante la vendemmia, i vigneti debbono essere registrati dop, rispettare il disciplinate di produzione e poi superare tutti i controlli. In forma minore la stessa cosa viene fatta anche per l'igp, però sono di un livello più commerciale». Tra le diverse tipologie di Lambrusco, qual'è quello più venduto? «In linea di massima si equivalgono le tre denominazioni, Sorbara, Salamino di Santa Croce e il Grasparossa di Castelvetro. C'è poi una quarta che è composta con un uvaggio delle tre tipologie».


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IN TRE

DECLINAZIONI

CANTINA SOCIALE CARPI E SORBARA Via Cavata 14 - 41012 Carpi (Mo) www.cantinadicarpi.it La storia della Cantina di Carpi inizia 110 anni fa, nel 1903 e quella della Cantina di Sorbara nel 1923, sono due delle più importanti realtà vinicole della Provincia di Modena. «Abbiamo 4 stabilimenti di pigiatura - ci dice il Vice Presidente Carlo Piccinini - a cui viene conferita l'uva da 1.100 soci per un totale di 420 mila quintali di uva, di cui l'85% lambrusco che corrispondono all'incirca a 45 milioni di bottiglie di Lambrusco igt di ottima qualità. I numeri potrebbero trarre in inganno, quantità a discapito della qualità, non è così. Per mantenere la qualità abbiamo una “task force” composta da enologi ed agronomi, che tutto l'anno controllano tutta la filiera dei soci conferitori e con un ultimo controllo sulle uve quando arrivano negli stabilimenti di pigiatura. La maggior parte del Lambrusco viene venduto sfuso agli imbottigliatori, con cui abbiamo un legame storico, che esportano in tutto il mondo». Attualmente i mercati che maggiormente richiedono il nostro Lambrusco, sono gli Stati Uniti, Russia, Brasile, Messico e Cina". Quante tipologie di Lambrusco producete? «Principalmente il Lambrusco Salamino doc di Santacroce e poi il Lambrusco di Sorbara. Stiamo anche pensando di produrre il Pignoletto, un bianco tipico delle colline bolognesi che si sta espandendo nella pianura

modenese con un buon riscontro commerciale». Nei prossimi anni che cosa prevedete? «Stiamo lavorando sia come cantina sia come Consorzio per migliorare la qualità del Lambrusco per riposizionarlo verso l'alto. Per quanto riguarda i consumi, in Italia stiamo mantenendo le posizioni dello scorso anno, invece sono in aumento i consumi all'estero». AZIENDA AGRICOLA PALTRINIERI ALBERTO Via Cristo 49 - 41030 Sorbara (Mo) www.cantinapaltrinieri.it E' un azienda che è sempre stata a conduzione familiare, fin dalla sua nascita che risale al 1926. «E' stato mio nonno Achille - dice Alberto Paltrinieri - ad iniziare l'attività, che svolgeva tutt'altro lavoro, il chimico farmacista. Ma la passione per la terra e per il vino, (prosegue a pagina 29) Euposia Aprile 2014

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Come viene prodotto il Lambrusco l Lambrusco per natura è anarchico: mentre la maggior parte dei vini, dopo la fermentazione autunnale, rimane più tranquilla e viene dunque imbottigliata "ferma", lui, grazie alla naturale presenza di lieviti molto vitali, mantiene una propensione accentuata a riprendere la fermentazione coi primi caldi primaverili. E di questo suo carattere brioso gli emiliani si valgono per produrlo. Il metodo tradizionale prevede che il mosto, derivato da uve diraspate e quindi pigiate, fermenti velocemente e venga svinato mantenendo un residuo di zucchero naturale; il vino nuovo continua la sua fermentazione, più lenta, mentre viene sottoposto a molteplici travasi sia per mantenerlo limpido sia per impedire che lo zucchero rimasto si trasformi in alcol. Nel mese di febbraio viene imbottigliato. All'inizio della primavera i lieviti, che erano stati bloccati dal freddo invernale, riprendono la loro azione, la fermentazione riparte e lo zucchero residuo si trasforma in alcol e anidride carbonica, che rende il vino frizzante. Abbandonato da anni questo metodo storico, è stato ripreso recentemente da alcune aziende. Ma il sistema di gran lunga più diffuso è quello della fermentazione in grandi recipienti a temperatura controllata, che in fondo si basa sui medesimi principi della fermentazione in bottiglia, che permette di controllare meglio tutte le fasi. In base al contenuto di zuccheri il Lambrusco può essere secco, semisecco o amabile.

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Tra le diverse produzioni di Lambrusco, il Sorbara sembra essere il vino che fa più presa sui giovani per le sue caratteristiche organolettiche. «E' il più storico, il più conosciuto, è quello che piace di più ai modenesi, sia per la sua storia sia per la tipologia del prodotto. Ha un colore più chiaro, ha un profumo floreale di viola, è più acido e oggi è diventato un grande vino, senza nulla togliere alle altre varietà. Poi il Sorbara si presta molto ad essere consumato come aperitivo, per gli happy hour, è più semplice da bere anche fuori pasto perchè con il suo colore rosè lo colloca tra i bianchi e i rossi. Si può abbinare al pesce, a piatti leggeri. Il Lambrusco che oggi conosciamo, ha dietro di se molto lavoro e ricerca. Adesso, per esempio si sta riprendendo la tradizione della fermentazione in bottiglia che è una tecnica molto più complessa che sta dando dei grandi risultati. Ci sono aziende che stanno predisponendo questi prodotti con la stessa tecnologia usata per fare lo Champagne. Poi

c'è chi tiene il fondo e chi lo toglie». Come Presidente del Consorzio, ha certamente una visione più completa del mercato dei vini. I gusti del consumatore stanno cambiando? come vede il Lambrusco rispetto a tanti altri vini, magari più strutturati «Ci sono dei vini che una volta sembravano avere molto successo, parlo dei barricati a lungo invecchiamento, mi sembra che in questo momento stiano abbastanza soffrendo, noi che ci presentiamo con un vino, come lo abbiamo sempre fatto, stiamo andando bene». Siete soddisfatti? «Non si è mai soddisfatti, però abbiamo raggiunto un buon livello che mi auguro possa ancora migliorare, infatti stiamo lavorando a un progetto di ricerca che dovrebbe portare dei risulti nei prossimi 5 - 10 anni. In questo caso, stiamo parlando della vite che ha bisogno di essere migliorata dal punto di vista clonale, varietale senza sovvertire quella che è la nostra tradizione.


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(segue da pagina 27) lo hanno portato a cambiare. Poi è arrivata la seconda generazione, mio padre, che ha sviluppato l'attività e poi sono arrivato io, la terza generazione, che da una venti d'anni con mia moglie Barbara amministriamo e conduciamo l'azienda, dalla coltivazione e cura della vite, dalla vendemmia alla vinificazione, dall'imbottigliamento alla commercializzazione del Lambrusco dop, salvo in alcuni periodi dell'an-

no, ci avvaliamo di manodopera stagionale, come per esempio in occasione della vendemmia. Abbiamo solo 15 ettari, investiti tutti in vigneto». Conoscere ed ascoltare Paltrinieri, è una sorpresa e un piacere perchè quando parla del Lambrusco Sorbara, è come se parlasse di un figlio, ne conosce tutte le caratteristiche, i pregi e difetti, se ce ne sono. Quando gesticola si notano le sue mani che trasudano di lavoro nei campi e in cantina, dove spesso si rifugia per sperimentare nuove forme di espressione del Sorbara, perchè secondo lui ha ancora delle potenzialità inespresse. Nelle degustazione, infatti, ci si stupisce di come, in solitudine, ne abbia realizzato diverse varietà. «L'espressione del Sorbara può partire non solo dagli uvaggi ma anche dal metodo di rifermentazione in bottiglia. Noi, per esempio, da alcuni anni abbiamo iniziato a lavorare il Lambrusco anche con il metodo classico, dimostrando quali sono le altre enormi potenzialità delle uve

Sorbara». Quali sono le tipologie di Lambrusco in cantina? «Qui siamo nel cuore del Sorbara, il nostro lo abbiamo chiamato Focus che poi abbiamo diversificato in varie espressioni. Quindi abbiamo delle varianti del Sorbara a seconda della metodologia di rifermentazione e dell'apporto che l'altra uva Lambrusco Salamino può dare». Quante bottiglie producete?

«All'incirca 120 mila, vendute direttamente e nei vari canali dell'horeca, dal nord al sud. E poi all'estero. Non pensavo che in questi anni ci fosse la riscoperta di questo vino che si dimostra di essere protagonista perchè è fresco, semplice, economico, fattore molto importante in questo momento e quindi molto appetibile». Il prossimo futuro come lo vede? «Noi siamo un azienda a conduzione familiare e tale vogliamo rimanere, quindi nelle previsioni senz'altro i numeri aumenteranno nel limite delle nostre forze organizzative, ma soprattutto gli sforzi maggiori saranno fatti per cercare sempre di migliorare la qualità». AZIENDA AGRICOLA GAVIOLI Via Principale Ovest 55 41015 Nonantola (Mo) www.gaviolivini.com In ogni bottiglia Gavioli si racchiude la storia di un territorio, di una famiglia e della sua (prosegue a pagina 31)

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Il Consorzio, e l’etichetta, garantiscono la qualità ella provincia di Modena vengono prodotti tre tipi di vino simili, ma distinti: il Lambrusco di Sorbara, il Lambrusco di Grasparossa di Castelvetro ed il Lambrusco Salamino di Santa Croce che dal 1970 hanno ottenuto la denominazione di origine controllata. «Tutti e tre - ci dice Ermi Bagni, Direttore del Consorzio Marchio Storico del Lambruschi Modenesi - vengono controllati e allo stesso tempo valorizzati dal Consorzio, che ha scelto come marchio il rosone del duomo di Modena, simbolo della tradizione, per trasmettere un messaggio di autenticità del prodotto, che rappresenta circa l'85% della produzione di Lambrusco Doc della provincia di Modena. L'etichetta rossa con il numero d'ordine il “bollino” permette di riconoscere immediatamente i vini degli associati al Consorzio e di identificarli sugli scafali di enoteche, negozi alimentari, Grande Distribuzione e nei ristoranti. A garanzia della qualità il Consorzio Marchio Storico del Lambruschi Modenesi controlla ogni anno partite di Lambrusco Doc per oltre 30 milioni di bottiglie, mediante rigorose operazioni di verifica effettuate da un apposito Comitato tecnico. il quale analizza campioni anonimi prelevati presso i consorziati, preventivamente sottoposti ad analisi chimica. (Continua a pagina 32)

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Gli studi fatti dimostrano che questa pianta nei secoli ha avuto meno inquinamenti genetici rispetto ad altre, è rimasta più pura». Ma il Lambrusco non è soltanto un vino, quando si stappa una bottiglia di Lambrusco Doc e lo si versa nel bicchiere, si beve anche la storia, la cultura e la tradizione plurisecolare di questo “nettare” rosso dal gusto accattivante. Infatti, la vitis Lambrusca era conosciuta dai Latini, e ancor prima era nota agli Etruschi e ai Galli Ligures. Ne parlano Virgilio, che ben conosceva le terre padane, Catone nel De Aghricultura e Varrone nel De Rustica. E cosi si esprimeva, confessando la sua passione per il Lambrusco, in una delle tante lettere inviate alla contessa Lovatelli il grande Giosuè Carducci, docente universitario a Bologna, primo Nobel italia-

no della letteratura (1906), che spesso faceva una scappata a Modena, all'osteria “Diciotto colonne”, poi ribattezzata in suo onore, per gustare l'immancabile zampone annaffiato dal "vin brusco: “Non sa Ella Signora Contessa che Domineddio fece apposta il Lambrusco per annaffiare l'animale caro ad Antonio Abate? E io per glorificare Dio e benedire la sua provvidenza, mi fermai a Modena a lungo per meditare la sapienza”. Dopo questo breve, conciso, excursus storico, si evince quanta "strada" ha fatto il secolare vino per arrivare sulle nostre tavole e farsi apprezzare nella quotidianità, perché dal punto di vista delle caratteristiche sensoriali è un vino moderno, poco alcolico con elevata acidità, il colore è accattivante, è facile da bere ed è generoso negli abbinamenti. >


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(segue da pagina 29) passione, e ad ogni bicchiere si percepisce l'impagabile piacere di stare assaporando il frutto della sua secolare tradizione che inizia nel 1794, quando Pietro Gavioli si fregia del titolo di Mastro Cantiniere dei Marchesi Molza con cantina in Solara di Bomporto, culla del rinomato Lambrusco di Sorbara. Le sapienti tecniche di vinificazione utilizzate, sono l'inimitabile risultato di un'esperienza affinata nei secoli attraverso generazioni che da sempre perseguono la stessa missione: preparare per loro stessi e per i loro estimatori molto più che un grandissimo Lambrusco. Da allora il Lambrusco Gavioli è stato sempre fatto con professionalità e maestria. Negli anni '80 l'azienda Gavioli entra a far parte del gruppo Donelli assieme alla Giacobazzi. Ne parliamo con Angela Giacobazzi (nella foto qui a sinistraì), figlia di Giacobazzi, patron della Donelli vini di Gattatico (Re). «La Gavioli - dice Angela Giacobazzi - e' un’ azienda che non ha mai cercato di espandersi conquistando nuove fette di mercato, preferendo distinguersi dalle altre realtà vitivinicole, nella produzione di vini di alta qualità. I lambruschi che escono dalla cantina dimostrano quale attenzione viene prestata su tutta la filiera produttiva: i terreni, la cura dei vigneti, la scelta delle uve ed il suo veloce trasporto per la pigiatura, momento importante per migliorare la qualità del Lambrusco. Se la tradizione della famiglia Gavioli nel mondo del vino è pluricentenaria, quella della viticoltura nella nostra provincia, è addirittura millenaria. L'amore per la la nostra terra e le nostre tradizioni ci accompagnano da sempre». Quante bottiglie vengono prodotte? «Complessivamente il Gruppo produce 28 milioni di bottiglie l'anno, di cui 5 milioni tra Grasparossa e Sorbara dalla Gavioli che vengono vendute nella GDO e nel canale horeca. E poi abbiamo un a produzione di nicchia, iniziata 3 anni fa, dove il Sorbara viene lavorato con metodi alternativi come il metodo classico». Lei si occupa del mercato cinese, lo parla correttamente, pensa che ci possa essere un

"avvenire" per il Lambrusco? «Secondo me, si perchè storicamente il Lambrusco è stato sempre apprezzato da quei popoli che non hanno una tradizione enologica, dove piacciono i gusti dolci e si beve birra, prodotti frizzanti. A parole fanno fatica ad apprezzarlo, ma quando lo assaggiano rimangono favorevolmente colpiti. Ci vuole tempo ma certamente riusciremo a far apprezzare il Lambrusco ai palati cinesi, specialmente i giovani che viaggiano e conoscono i nostri vini». Oltre alla cantina, arredata con tecnologie di ultima generazione, suo padre ha voluto allestire anche una Mostra permanente sul come si faceva una volta il vino e gli attrezzi che venivano usati. Vederla si rimane colpiti dagli strumenti che venivano usati, dai macchinari, sia nei campi sia nella vendemmia e la loro evoluzione con il passare degli anni. Un percorso che aiuta a capire come, sin dall'ora, il vino avesse una rilevante importanza nella società. Come nasce questa passione? «Fin da ragazzo mio padre amava collezionare pezzi di antiquariato legati al mondo contadino e del vino. Frequentando mercati, mercatini, girando per case coloniche, anziani contadini che avevano ancora, come ricordo del passato, vecchi attrezzi in disuso o dimenticati in cantina o nelle stalle, è riuscito a concretizzare in questi anni quello che oggi si può vedere nei due saloni della Gavioli. Sono esemplari unici delle attrezzature necessarie alle varie fasi vitivinicole raccolti in un percorso entusiasmante e sapientemente ideato. Si va dai vecchi aratri e carri da uva che testimoniano della campagna e si conclude con riempitrici e tappatori che raccontano delle prime tecniche d'imbottigliamento, passando attraverso le gerle per la raccolta dell'uva, i torchi, le principali attrezzature dei bottai e vecchie pompe che si possono vedere in movimento in quanto sono state da noi meccanizzate. Non solo, carrozze, stufe e tanto altro ancora ci parlano della vita in campagnia nei secoli passati». Euposia Aprile 2014

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(da pagina 30) Infatti, i tre Lambruschi, oltre a dover rispettare, come ogni altro Doc, i requisiti di tipicità richiesti dal disciplinare di produzione, devono soddisfare i rigorosi standard imposti del Consorzio". «La conferma che la qualità dei Lambruschi Modenesi è in continua ascesa", continua il direttore, "ci viene dai numerosi riconoscimenti e premi che ogni anno le nostre aziende ricevono in importanti manifestazioni nazionali ed estere».. Altri compiti del Consorzio? «Con la promozione e valorizzazione ci occupiamo della divulgazione del

Lambrusco su tutto il territorio italiano ed estero partecipando a manifestazioni di rilievo, fiere, incontri con operatori e giornalisti del settore, enoteche, ristoratori ma anche le più importanti catene di distribuzione dove il Lambrusco è ben posizionato». E poi un bicchiere di Lambrusco fa bene alla salute. Una ricerca scientifica pubblicata alcuni anni fa da International Journal for Vitamin and Nutrition Research, dimostra che l'assunzione di vino Lambrusco previene lo stress ossidativo da pasto grasso.

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abbinato ai dolci, il Lambrusco mantiene quelle caratteristiche tipiche della freschezza, acidità e vivacità che sanno esaltare il sapore del cibo. Fra le grandi categorie di prodotti del settore vitivinicolo, il Lambrusco è l'unico vino rosso frizzante che, nelle tipologie secco, abboccato, amabile e dolce, si presta ad accompagnare un intero pasto. Partiamo dagli antipasti con il Lambrusco Salamino di S. Croce che per la sua particolare fragranza, sapore vinoso e buona stoffa, si abbina felicemente con: salumi, insaccati, affettati, tra cui il famoso prosciutto di Parma, la mortadella ed il Parmigiano-Reggiano, considerato il "re" della tavola e dei formaggi. Primi piatti: il gusto delicato dei mitici tortellini in brodo, deve essere accompagnato con equilibrio dalla leggerezza di un Lambrusco Salamino, poi ci sono tutte le altre paste asciutte farcite, al ragù, le lasagne al forno e i maccheroni al "pettine" con ragù di coniglio, dove il Lambrusco Grasparossa di Castelvetro, dal corpo più pieno ed intenso

ono tante le "affinità elettive" del Lambrusco con la cucina emiliana, famosa in Italia e in tutto il mondo per i suoi piatti ricchi, delizia del palato, che ancora oggi sono in grado di evocare sensazioni del passato attraverso una cucina genuina e casalinga. Dunque, un binomio vincente, dove i due prodotti si esaltano a vicenda in una sinfonia di sapori che appagano il palato. E' certamente il "matrimonio" più riuscito quello tra il Lambrusco DOC ed i prodotti dell'arte culinaria modenese e più in generale della gastronomia emiliana, tanto da essere portato ad esempio dai più severi sommelier. Il Lambrusco DOC di Modena, infatti, con le sue tre varietà, che sono il Salamino di Santa Croce, Sorbara e Grasparossa di Castelvetro esprimono al meglio le loro caratteristiche di schiettezza e genuinità, abbinati a piatti tipici che fanno parte della tradizione gastronomica emiliana. E' immediata la piacevolezza dell'accostamento fra l'effervescenza dinamica e briosa del vino con la grassezza delle vivande: la nota acida del Lambrusco asciuga e deterge la bocca rendendo più leggere le portate a base di carne di maiale o a piatti sostanziosi, ricchi di grassi e calorie mentre la componente tannica contribuisce a togliere le untuosità. Anche nella versione amabile,

CIBO: AFFINITA’ ELETTIVE

gioca un ruolo importante di contrasto sprigionando tutte le valenze organolettiche ed esaltando i sapori dei singoli piatti. Ed infine i secondi piatti, il Lambrusco di Sorbara, per la sua nota aromatica, l'elevata acidità, la leggerezza e la vivacità è l'ideale per il cotechino e lo zampone serviti sopra un letto di lenticchie nere; i calzigatti, fatti di polentina con fagioli in umido. Mentre per tutti gli altri piatti: arrosti, bolliti accompagnati da salse o mostarda il vino indicato è il Lambrusco Salamino S.Croce. Ma il grande "appeal" del Lambrusco DOC, un fenomeno costruito nel tempo con passione ed investimenti, è stato quello di uscire dai confini della gastronomia emiliana e di proporsi sulle nostre tavole sposandosi magnificamente con moltissimi piatti della nostra gastronomia, come con quello più famoso nel mondo, la pizza. Euposia Aprile 2014

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DEGUSTAZIONI

DI

IN NOME SUA MAESTÀ

Quindici metodo classici inglesi alla prova dei nostri degustatori. E il risultato conferma la continua crescita qualitativa e l’arrivo di nuovi brand dalle grandi potenzialità

< Spiega Tom Stevenson, nell’ultima edizione della sua pluripremiata enciclopedia sugli spumanti Christie’s realizzata assieme alla Master of wine Essi Avellan, che la consapevolezza delle potenzialità degli sparkling wine d’Oltremanica è esplosa internazionalmente nel 2009, dopo l’affermazione di Nyetimber al concorso di Euposia “Bollicine dal Mondo”. In effetti, i tentativi precedenti di valorizzare la nascente enologia inglese si erano scontrati con diversi fattori: la scelta della scuola tedesca e non francese sin dalla individuazione di vitigni e cloni; il ridotto numero di ettari e di vignaioli in produzione; una certa qual ritrosia a farsi avanti condizionati, in parte, anche dal pensiero generale che non vedeva nel Regno Unito il luogo ideale per coltivare la vite. Eppure - come sottolinea Duncan Schwab di Sharpham - la coltivazione della vite risale ai Romani e ai tempi della Conquista Normanna erano ben 46 i siti geografici votati alla produzione

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di vino, soprattutto legati alle abbazie monastiche. Nel 12.mo secolo era la bevanda comune (un penny al gallone) e ai tempi di Enrico VIII° c’erano 139 vigneti (undici dei quali della Corona, e il resto diviso fra nobiltà e la Chiesa). Oggi i vigneti in produzione sono circa 400 per 1.400 ettari e 2 milioni di bottiglie. A far decollare la nuova enologia inglese sono stati però due fatti inaspettati: il cambiamento climatico che ha alzato le temperature e la caparbietà di due Yanks - Stuart e Sandy Moss - i primi proprietari di Nyetimber che sono stati i veri “pionieri”: senza vincoli ideologici, chiesero aiuto ai professionisti francesi abbandonando la scuola di Geiseheim. Prova ne sono la costante crescita dei produttori inglesi al Challenge di Euposia e il supporto che la stessa famiglia reale ha dato ai suoi sudditi vigneron, rinnovando una tradizione centenaria, ed impiantando lei stessa un vigneto nel 2011 nel Castello di Windsor e concedendo alla Duchessa di Cornovaglia di presiedere l’associazione dei produttori. >


SPARKLING BRITISH ISLES

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SPARKLING BRITISH ISLES

DEGUSTAZIONI

ANCRE HILL ESTATES WALES PINOT NOIR-SEYVAL BLANC 2008

ANCRE HILL ESTATES WALES ROSÉ PINOT NOIR-CHARDONNAY 2009

Joy e Richard Morris hanno iniziato a piantare le prime vigne nel 2006, aiutati dai loro quattro figli: siamo nel Galles in una zona collinare contraddistinta da lunghe giornate soleggiate e da precipitazioni contenute. La cantina (ad agosto sarà pronta la nuova sede realizzata seguendo i principi dell’ecosostenibilità) viene gestita seguendo i dettami dell’agricoltura biologica per abbattere l’impronta carbonica della tenuta: impatto visivo dall’esterno minimale, pareti di balle di fieno ed altri materiali ecologici, tetto sotto uno strato d’erba, recupero e riutilizzo delle acque. «Vogliamo preservare la bellezza del nostro Galles e l’integrità dei nostri vini» spiegano i Morris. La certificazione bio Demeter è arrivata nel 2013. I vigneti hanno già conosciuto cambiamenti radicali: ad esempio è sparito il seyval blanc (che pure aveva vinto il titolo di Campione del mondo alla sua prima annata, nel 2008) per essere sostituito dall’albarino che così andrà ad affiancarsi al pinot nero ed allo chardonnay; i vigneti si estendono in due blocchi per poco meno di cinque

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ettari di sviluppo. 2008 PINOT NOIR/SEYVAL BLANC Si tratta di uno SW di passaggio in attesa dell’abarino in purezza (e sarà interessante vedere il confronto con gli albarino SW della Galizia...); blend 50-50 con tre anni e mezzo di permanenza sui lieviti. Grande impatto ed ampiezza di profumi al naso, con note floreali di acacia e fieno supportate da una vena più citrina. Palato molto fresco, con una predominanza di sentori di cedro candito e di frutta. Note eleganti di crosta di pane. Di bella mineralità. 2009 ROSÉ Due terzi pinot nero, un terzo a chiudere chardonnay. Due anni e mezzo sui lieviti, gradazione 11,5°. Anche in questo caso all’olfatto si esprime nel migliore dei modi: note vegetali si fondono con quelle più fruttate, di lievito e crema pasticcera. Il palato è sufficientemente ampio con un ritorno di piccoli frutti rossi e note più citrine di ananas rosa. Finale lungo e sapido. Assai gradevole ed invitante.

BOLNEY WINE ESTATE SUSSEX CUVÉE ROSÉ 2009 Nel cuore del Sussex, in una località ricca di fascino con tracce della presenza Romana, dal 1972 opera Bolney W.E. che oggi è guidata dalla seconda generazione: Samantha Linter. Sono quasi 20 ettari di proprietà con un bel portafoglio di vini fermi e sparkling; questi ultimi sono tutti di assoluto valore e si impongono per tipicità e fragranza. Questo Rosé, ad esempio, un pinot noir che rimane diciotto mesi sui lieviti e che si impone per il suo equilibrio: i profumi sono ben marcati, al palato si evidenziano note di ciliegia e di brioche. Lungo, molto appagante ed invitante alla beva.


BOLNEY WINE ESTATE SUSSEX BLANC DE BLANCS 2009 Chardonnay in purezza con due anni e mezzo sui lieviti. E’ uno dei SW inglesi più premiati e mette assieme la vibrante freschezza del Nuovo Mondo con la sostanza, la struttura del Vecchio Mondo. La definizione non è di Euposia, ma di Jancis Robinson e vale come un passe-partout per i mercati del mondo. Per i nostri palati, in verità, la spinta citrina è sin troppo forte con marcate note di ananas bilanciate dalle note dei lieviti. Un vin-de-garde potenziale che promette una bella longevità e che, onestà vorrebbe, andrebbe riprovato da tre, cinque anni per valutarne l’evoluzione. La complessità è già presente sin d’ora; la lavorazione affidata alle capaci mani di Sam promette altrettanto bene. E questo è un po’ il limite degli SW di Sua Maestà: scappano via in fretta dalle cantine. I produttori sono contenti, ma ci manca sempre la prova del nove.

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DEGUSTAZIONI

RIDGEVIEW SUSSEX GROSVENOR BLANC

DE BLANCS

2008

Nel 1994 Christine e Mike Roberts avviarono questa cantina che si trova ad appena 88 miglia in linea d’aria dalla Champagne. E dalla regione francese presero i cloni di chardonnay, pinot nero e pinot meunier e i portainnesti. Ma questa è stata l’unica concessione fatta ai francesi: Mike Roberts è infatti uno strenuo difensore della primogenitura inglese nella rifermentazione in bottiglia ed ha persino registrato il nome Merret (da Christopher Merret che nel 1662 in documenti conservati alla Royal Society spiegò come si produceva un vino spumante, 30 anni prima di Dom Perignon e 70 anni prima che venisse fondata una maison di champagne). Le necessità della cantina hanno portato poi ad aggiungere ai propri vigneti anche quelli di viticolotori vicini tutti adiacenti al South Downs national park. Si tratta di una maison a conduzione familiare che vede impegnati Christine, Mike e i loro figli.

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RIDGEVIEW SUSSEX VICTORIA ROSE 2009

GROSVENOR BLANC DE BLANCS 2008 La qualità di questo chardonnay in purezza cresce di anno in anno e oramai la forbice coi big del Regno Unito si è chiusa: sempre più spesso questo SW, ma non soltanto lui, viene richiesto in degustazioni internazionali ed a cene ufficiali dell’establishment inglese. Profumi immediati e profondi di crosta di pane, cedro, pesca a pasta bianca che, al palato, si fondono con note citrine più marcate ed aromatiche. VICTORIA ROSÉ 2009 Blanc de noir realizzato con pinot meunier, al 63%, e da pinot noir. Meno famoso del Fitzrovia Rosè (oramai uno dei vini icona della spumantistica inglese), sta iniziando il suo cammino verso il top della classifica: poche ore di contatto bucce/mosto. Al naso frutti rossi e crema pasticcera, con finali sentori di miele; palato pieno, ricco e setoso, dove tornano le note fruttate e di ananas rosa. Finale minerale. Molto intrigante.

MEOPHAM VALLEY KENT BRUT 2009 Un’altra maison a carattere familiare: David e Pauline Gray hanno comprato i primi due ettari di vigneto nel 1991 e tre anni dopo hanno realizzato la prima vendemmia. I vitigni usati sono chardonnay, pinot grigio, pinot nero e reichensteiner, incrocio questo fra il mueller-thurgau e la madeleine angevine: un vitigno prolifico, dalla maturazione anticipata con mosti ricchi di zuccheri. La coltivazione è biologica. All’olfatto emergono profumi floreali e di erbe di campo, con note di frutta a pasta bianca come pesca, pera e note più stringenti di lime. Il palato vanta una spalla acida importante, con note più aromatiche e di agrumi.


CAMEL VALLEY

I lettori più affezionati di Euposia oramai conoscono praticamente tutto di Bob Lindo che con la sua famiglia (Sam negli ultimi anni è stato eletto miglior enologo del Regno Unito) conduce la prima cantina ad affacciarsi sul Continente. Avviata nel 1989, Camel Valley, in Cornovaglia, è diventata ben presto un’icona della produzione inglese in virtù dei tanti riconoscimenti internazionali e della grande capacità di Bob di “fare squadra” promuovendo nel mondo non soltanto la propria cantina, ma anche il complesso della rinata enogastronomia britannica. Le prime viti sono state piantate da Bob e sua moglie Annie che passo dopo passo, mattone dopo mattone, hanno costruito assieme questa bellissima realtà.

2011 CORNWALL PINOT NOIR ROSÉ Questo è il Rosè che, alla cieca, dopopoco tempo chiunque è in grado di riconoscere per freschezza, fragranza di profumi, estremo equilibrio al palato e grande, grande, ricchezza di aromi. Piace, piace sempre. E’ invitante e mai banale.

ANNIE’S ANNIVERSARY 2010 Sono pochi i vigneti al mondo che possono vantare di essere stati piantati da una sola persona: le 5mila viti di seyval blanc di Camel Valley invece conoscono un’u-

2010 WHITE PINOT NOIR Blanc-de-noir di spessore. 15 mesi sui lieviti, con profumi fruttati e palato ampio, ricco, con finale gradevolmente di lievito.

nica mano: quella di Annie Lindo. Questo SW di seyval blanc in purezza a lei dedicato è stato eletto “miglior metodo classico del Regno Unito” all’ultimo Challenge di Euposia: è molto fresco, tipicamente inglese per acidità, con note citrine marcate, ma ben controllate da note più profonde di lievito. A seconda dell’annata, 12 o 24 mesi sui lieviti. Da bere giovane o da conservare e bere entro il 2025.

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DEGUSTAZIONI

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JENKYN PLACE VINEYARD HAMPISHIRE JENKYN PLACE BRUT 2009

HUSH HEATH KENT BALFOUR BRUT ROSÉ 2010 Si tratta di una delle più giovani cantine inglesi, avviata nel 2000 da Richard Balfour-Lynn che ha impostato l’attività facendosi aiutare dal master of wine Stephen Skelton. L’idea è stata subito quella di focalizzarsi su una sola tipologia di vino, un rosé che vede pinot noir, al 53%, affiancato da chardonnay (38%) e pinot meunier a chiudere. Per rendere il Baolfour Rosé un vino di livello internzionale, Hush Heat ha “sottratto” la giovane winemaker di Manchester, Victoria Ash, da Ridgeview dove era arrivata dopo diverse esperienze professionali in Nuova Zelanda Sacred Hill e Mission Estate - e un diploma al Plumpton College, nel Sussex, alma mater di molti dei giovani winemaker inglesi. Hush Heat dall’iniziale ettaro e mezzo di vigneto si è progressivamente

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allargato, acquisendo nuovi terreni, e raggiungendo oggi poco meno di dodici ettari. Una cantina è stata costruita nel 2010 arrivando così ad una produzione totalmente autonoma, mentre nelle sei annate precedenti si era operato attraverso le strutture di Chapel Down. Balfour Rosé è un vino molto sofisticato che punta tutto sulla forza e la freschezza del frutto e la cui spalla acida viene perfettamente bilanciato dalla liquer d’expedition che porta lo zuccheraggio a dodici grammi/litro. Sono immediati i profumi al naso con note floreali molto marcate, frutti rossi, ciliegia e fragola. Al palato note di ananas, di nuovo i frutti rossi con una nota più leggera di lieviti. Finale minerale. Molto elegante e molto invitante.

Simon e Rebecca Bladon hanno comprato questa tenuta, molto bella, nel 1997 ed hanno piantato le prime vigne nel 2004 su colline calcaree esposte a mezzogiorno. La prima annata, nel 2006, venne vinificata da Ridgeview per poi dal 2008 passare a Winston Estate, che è un nuovo progetto imprenditoriale della famiglia Bladon nel West Sussex. L’enologo, l’irlandese Dermont Sugrue, proviene da Nyetimber. Ad oggi gli ettari vitati sono circa cinque. Con 35 mesi sui lieviti questo Brut 2009 si esprime con una forza ed una vitalità impressionanti: il blend vede i tre vitigni tipici dello champagne chardonnay, pinot nero e pinot meunier (65-25-10%). Olfatto ricco, palato coerente: ha carattere e ci tiene a mostrarlo tutto.


SHARPHAM DEVON BRUT 2010

SHARPHAM DEVON BRUT ROSÉ 2010

Sharpham è una delle realtà più importanti del Regno Unito con ben 200 ettari di coltivazioni fra vigneti e foraggio. Assieme alla produzione di vino, infatti, c’è da registrare una interessante atttività di produzione di formaggi. Le prime vigne, ad ogni modo, sono state piantate nel 1987 e la gestione della produzione vinicola è affidata a Duncan Schwab. Ma la tradizione vinicola lungo il fiume Dart, dove sorge Sharpham col suo maniero del Settecento, risale ai Romani che qui piantarono vigne presenti anche ai tempi della Conquista Normanna attorno al 1066, quindi ben 500 anni dopo la caduta dell’Impero romano d’Occidente. Insomma, qui il vino ha il suo perchè e Duncan fa di tutto perchè i suoi metodo classico rispecchino il valore di questo lascito. La sua Riserva si è ben comportata nelle passate edizioni

del nostro Challenge. BRUT 2010 Il blend vede pinot grigio (ben il 75%) con pinot nero e pinot meunier. Nove mesi sui lieviti (sboccatura a maggio 2013) per un bicchiere dal colore brillante, dai riflessi dorati e un fine perlage; profumi intensi di brioche e mela golden, con un palato pieno, fruttato, con un finale di mela golden e agrumi. PINK 2010 Pinot blanc e pinot noir in pari percentuale nel blend. Anche questo SW fa nove mesi sui lieviti e la sboccatura è del giugno scorso. Profumi immediati di lampone al bicchiere e di frutti neri di bosco; il palato è ampio, con note fruttate molto calde e di pompelmo rosa. Finale sapido, buona spalla acida, promette una buona longevità.

HATTINGLEY VALEY HAMPSHIRE CLASSIC CUVÉE 2011 Da Hattingley la storia ha chiuso un cerchio: un tecnico tedesco, rimasto nell’Hampshire dopo la fine della Seconda guerra mondiale (era un prigioniero di guerra) ha sistemato i vigneti in un territorio ancora contrassegnato dai crateri della Battaglia d’Inghilterra. Questo tecnico è Ernst Weis ed ha piantato i vigneti seguendone la crescita: poco più di 7 ettari piantati a chardonnay, pinot grigio, pinot nero, pinot meunier e chenin blanc. Otto mesi sui lieviti per un blend tradizionale (la Champagne è vicinissima e il suolo praticamente identico) con al vertice lo chardonnay ma con fermentazione e invecchiamento in botti di Borgogna. Il risultato è uno SW inglese che, però, riesce a arrotondare la spiccata freschezza tipica di questi vini con note più calde, mature, dove si ritrovano spezie dolci e frutta secca. Lavorazioni attente, produzioni ancora limitate, ma una via originale. Siamo certi che ne sentiremo ancora parlare e che lo ritroveremo ben presto al vertice della produzione inglese.

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LAMBERTI

CANTINE

I

50 R UGGENTI Fondata nel 1964, la Cantina scaligera è una delle punte di diamante del Giv grazie alla sua focalizzazione sui grandi vini veneti, a cominciare dal Bardolino nel cui territorio ha sede

< Fondata nel 1964 a Lazise, la cantina Lamberti deriva il suo nome da quello di una delle più antiche casate veronesi, quei Lamberti che furono Signori di Verona e dalla omonima Torre dei Lamberti che tuttora svetta nella piazza delle Erbe di Verona. Oggi tra le più importanti aziende vinicole del veronese, nasce originariamente come produttrice del Bardolino Classico. La cantina Lamberti si è sempre dedicata alla valorizzazione di questo grande vino del quale viene considerata un importante produttore tanto che per i turisti italiani e tedeschi la Cantina Lamberti era ed è tutt'oggi un simbolo dei vini del Lago di Garda. Ma a questa importante realtà vitivinicola va anche

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il merito di aver compreso per prima le potenzialità non solo del Bardolino ma anche del Soave e del Valpolicella che ha contribuito a rilanciare con la sua produzione di “classici del Veneto” della linea Santepietre. Il cuore pulsante dell'azienda è nella storica tenuta di Cavaion Veronese, dallo scorso anno aperta al pubblico: Tenuta Preella Lamberti. Si trova nella zona del Bardolino Classico ed è diventata di proprietà della cantina Lamberti nel lontano 1968: un vigneto che si estende su una superficie di 27 ettari vitati ed una originale corte colonica attorno alla quale si svolgono le principali attività di vinificazione. Nell'antica casa, completamente ristrutturata, è


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LAMBERTI

CANTINE

stato creato un accogliente punto degustazione e vendita in cui è possibile non solo acquistare vini tipici del lago di Garda ma anche quelli di diverse cantine del territorio italiano, in una sorta di itinerario nella cultura enologica della penisola. E proprio a Tenuta Preella Lamberti si svolgeranno molte interessanti iniziative con l'intento di coinvolgere storici e nuovi wine-lovers della cantina: i festeggiamenti inizieranno in occasione di Vinitaly, che per Lamberti sarà gioioso con feste organizzate nell'antica corte, animate da musica, auto d'epoca e dalla degustazione della produzione top della casa. Da aprile i clienti Lamberti potranno collaborare attivamente con il team agronomico della tenuta impegnato nei lavori di reimpianto di un nuovo vigneto e negli stagionali lavori di mantenimento e di potatura dei vigneti esistenti. Ancora musica e vini Lamberti abbinati alle specialità gastronomiche locali per invitare amici e consumatori a Tenuta Preella in occasione di Cantine Aperte che si terrà domenica 26 Maggio. Oltre alla storica linea

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Santepietre, si potranno degustare due vini novità, creati per festeggiare i “primi 50 anni” della cantina e rivolti alla valorizzazione delle denominazioni peculiari di Verona: i Garda Doc, affermazione orgogliosa e affezionata del legame con il terroir unico in cui la cantina è nata. Un Garda Doc Bianco e un Garda Doc Rosso che esprimono il forte carattere territoriale nelle uve scelte ma anche la solida vocazione internazionale della Lamberti che si identifica con un life-style giovane e moderno. A ulteriore conferma di ciò la linea a basso contenuto di alcol e di calorie, ottenuta in modo naturale grazie alla vendemmia anticipata realizzata in alcuni vigneti particolarmente ben esposti, che si compone di due varietali - chadonnay e pinot grigio- e di due rosati, blend di corvina, merlot e rondinella. Infine, per attirare e promuovere il Lago di Garda e le sue eccellenze, in primavera verrà lanciato via web un Contest Internazionale: i vincitori potranno trascorrere dei weekend sul Lago di Garda e godere dei paesaggi e delle gioie enogastronomiche offerte dal territorio. Le iniziative potranno essere seguite su: www.cantinelamberti.it . >



CANTINE

< Grave perchè, come le grave fra Veneto e Friuli, è un terreno molto calcareo, con sessanta centimetri di sassi bianchi, dove la vite deve lavorare duro per arrivare al nutrimento; “di Stecca” perchè...boh, il ricordo della ragione del toponimo si è perso nel tempo. Quello che è rimasto, però, è una splendida residenza, villa Barberina, con quattro ettari di terreno, tutti circondati da un muro di pietre. Dei quattro ettari, 2,4 sono a vigneto, circondati da un parco di alberi secolari capaci di creare un unicum climatico.

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NINO FRANCO

Primo Franco, uno dei produttori più celebrati del Prosecco di qualità nel mondo, l’ha prima presa in affitto agli inizi degli Anni Novanta e poi l’ha acquistata per, oltre alla sua residenza, trasformarla in una delle sue sfide più grandi. Perchè questo è, di fatto, il primo vigneto di questo negociant che dopo aver selezionato una squadra di fedeli agricoltori non disdegna adesso di diventare anche recoltant, produttore in proprio. Per questo ha passato, assieme alla moglie, mesi a selezionare le piante, a scegliere le più resistenti,


Q UEL C LOS A VALDOBBIADENE

Un vigneto in centro storico, nel cuore della Docg, circondato da un muro di pietre: un paradiso di quattro ettari che racchiude un nuovo tesoro di Giulio Bendfeldt

quelle più belle, per poi farle reinnestare in Francia scegliendone il portainnesto più adatto e poi reimpiantando via via tutto il vigneto. Fra le scelte, anche quella di puntare alla totale sostenibilità, di arrivare alla certificazione bio e da questa chiedere via via a tutti i fedeli conferitori di passare progressivamente a coltivazio-

ni sempre più sostenibili. E’ la figlia di Primo, Silvia, a raccontare ad Euposia, senso e tappe della sfida: «Credo che il senso sia proprio la sfida stessa, stravolgere il pensiero di seguire soltanto la delicata fase della vinificazione e della rifermentazione, lasciando agli agricoltori il compito di seguire al meglio le vigne. Certo, anche con l’aiuto

del nostro staff tecnico, per arrivare a regole condivise e standard qualitativi sempre più d’eccellenza. La specializzazione spinta come scelta strategica. Grave di Stecca rovescia un po’ questa visione: Primo diventa agricoltore e testa sulla propria pelle vantaggi e svantaggi della situazione, imprevisti compresi. Gli inizi sono di sperimentazioEuposia Aprile 2014

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NINO FRANCO

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ne, mio padre cerca soluzioni per vini nuovi, cerca la strada anche della vendemmia tardiva per realizzare un vio fermo che fosse sì fortemente legato al suo territorio d’origine, ma anche innovativo, fuori dagli schemi

anche lui testimoniare - come il “Primo Franco” - della capacità di invecchiamento senza perdere identità del Prosecco». Sei più diciotto fa ventiquattro: non valeva a questo punto puntare direttamente ad un metodo classico?

e fuori da quella visione oramai divenuta standard del Prosecco. Una via che sapevamo stretta, un mercato divenuto piccolo: ci abbiamo provato. Prove su prove, poi la decisione: il “clos” sarebbe diventato un Prosecco charmat, sebbene con caratteristiche innovative. La prima annata spumantizzata è stata il 2007: sei mesi sui lieviti in acciaio e poi altri diciotto mesi di affinamento in bottiglia. Un tempo lunghissimo per un Prosecco: Grave di Stecca, insomma, doveva

«La risposta è duplice. La prima, banale, è di logistica: non abbiamo spazio per cataste e cavalletti. La seconda, invece, è legata alla natura stessa del vitigno Glera, che resta un vitigno semiaromatico con la sua forza concentrata nei profumi primari. Nel metodo classico questi verrebbero penalizzati a favore di quelli secondari, più evoluti. E’ una strada legittima anche il metodo classico, ma noi abbiamo scelto diversamente». Grave di Stecca - 11mila bottiglie il millesimo 2011 in uscita fra poche settimane, su un milione di bottiglie di produzione complessiva - però non presenta in etichetta la Docg. «Anche questo è frutto dell’unicum di questo clos che porta ad un Prosecco dai profumi e dai sapori così unici e particolari che molto spesso la commissione camerale per l’assegnazione della denominazione ha faticato a ritrovarsi. E’ un vino che va raccontato. Così, presenta soltanto il suo nome, basta e avanza». >



GIRO D’ITALIA

L’A MBIENTE AL C ENTRO

< La storia della Carpineto inizia nel 1967 ad opera di Giovanni Carlo Sacchet e Antonio Mario Zaccheo, due profondi conoscitori della vitivinicoltura, ma con esperienze diverse. Sacchet, originario della provincia di Belluno, enologo per vocazione e studi alla scuola di enologia a Conegliano, si forma professionalmente in Toscana. Zaccheo, pugliese, nell'azienda di famiglia si è sempre occupato di vino, della coltivazione della vite, della produzione e commercializzazione del vino. Innamorati del territorio e della vitivinicoltura Toscana, decidono di dar vita a un ambizioso progetto per la produzione di un Chianti Classico di livello internazionale, rivisitando in chiave moderna tutta la filiera produttiva del Chianti, rimasto finora troppo tradizionale e

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legato a vecchi schemi e tecnologie non all'altezza di quello che oggi chiede il mercato. L'ambizioso progetto prende forma e sostanza partendo dalla convinzione che la terra e il territorio nel suo insieme della Toscana, possedessero un enorme potenziale per la produzione di veri grandi vini largamente superiori agli standards del tempo, con l'applicazione di nuove e adeguate tecniche nel vigneto e in cantina. Oggi la Carpineto, una delle più importanti realtà della vitivinicoltura Toscana e azienda leader conosciuta in tutto il mondo, dalle cui cantine escono circa 3 milioni di bottiglie, di cui l'80% vendute all'estero in 70 Paesi, raccoglie attorno a sé 4 aziende vinicole, tutte "arredate" con le più moderne tecnologie, che sono dislocate sul territorio nelle zone più vocate alla produzione di


CARPINETO Cinquant’anni di lavoro, più di 400 ettari vitati nel cuore delle più pregiate aree produttive della Toscana. Ed ora una nuova sfida: preservare il patrimonio naturale di Enzo Russo

vini doc, docg e olio extra vergine d'oliva: Dudda in Greve in Chianti; Gaville - Alto Valdarno; Montepulciano/Chianciano; Gavorrano in Maremma . Ma il vino è anche un prodotto delicato che ha bisogno di tanta cura e attenzione soprattutto partendo dal terreno e poi di tutta la filiera produttiva. Cosa sta facendo l'Azienda per salvaguardare questo patrimonio? Ne parliamo con il direttore commerciale della Carpineto, Antonio

Michael Zaccheo Jr, appena rientrato dagli Stati Uniti, sempre in giro per il mondo per promuovere e far conoscere gli importanti vini dell'Azienda e anche alla ricerca di nuovi mercati emergenti. «Noi ci rendiamo conto di essere tra i protagonisti della conservazione del territorio e da anni la Carpineto è impegnata nella riduzione globale dell'impronta del carbonio. Da sempre siamo impegnati nella difesa dell'ambiente. Ecco i numeri dell'eco-sostenibili-

tà: 439 ettari di terra di cui circa 100 a bosco; oltre 400km di filari di vite con un enorme superficie fogliare; impianto fotovoltaico da 150kw; salvaguardia della biodiversità; agricoltura di precisione con tecnologia di ultima generazione. Stabilizzazione spontanea dei vini riserva; abolizione di additivi, coadiuvanti e stabilizzanti; certificazione IFS e Iso 9001». Quali sono le iniziative prese dall'Azienda? «Da anni la Carpineto è impegnata

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GIRO D’ITALIA

nel quotidiano per sostenere un agricoltura eco-sostenibile di precisione, etica ed integrata. Partiamo dalla concimazione del terreno, fase molto importante, dove vengono utilizzati soltanto fertilizzanti naturali misti (letame od altro) e non chimici per arricchire le sostanze organiche del terreno e migliorarne la qualità fisica, chimica e biologica. In aggiunta, in base ad analisi fogliari, interveniamo applicando in forma nebulizzata solo le sostanze che mancano, tipo l'azoto. In questo modo diamo al terreno una sostanza organica che ne migliora la qualità nel tempo ed alla pianta solo gli elementi necessari, nella dose e nel momento giusto. Poi c'è l'irrigazione, altro passaggio fondamentale, dove in base a delle sonde sotterrate nel terreno siamo in grado di stabilire esattamente quando è necessaria l'irrigazione di soccorso. Anche qui l'acqua viene data nella dose e al momento giusto». Per fare tutto questo, come fate? «Viene fatto da mezzi agricoli di ultima generazione e all'avanguardia che consentono di ottimizzare gli input, minimizzare gli sprechi, salvaguardare la biodiversità e la salute dei terreni, riducendo drasticamente l'impronta del carbonio dell'intera filiera produttiva». Antonio Michael Zaccheo,

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con i suoi occhi azzurri e l'ampio sorriso, esprime tutta la sua soddisfazione e compiacimento per quanto sta facendo la Carpineto per la salvaguardia dell'ambiente e per la produzione di vini di alta qualità. «Dalla vite sana si produce un'uva integra, allevata in perfetta armonia con il suo terri-

torio da cui ne deriva caratteristiche tipiche ed uniche. Sono uve sane, prive di muffe e conseguentemente delle possibili ocra tossine nocive. La velocità di portare l'uva in cantina, facendola raffreddare, permette una fermentazione in un ambiente caratterizzato dalla massima igiene rendono il vino privo di altre sostanze nocive tipo le ammine endogene. In cantina le riserve vengono fermentate con lieviti autoctoni mentre i vini giovani vengono prodotti con lieviti selezionati. Il processo fermentativo procede all'insegna della semplicità, solo con periodici rimontaggi utilizzando pompe peristaltiche di grosse dimensioni che muovono il vino delicatamente mentre è mantenuto a temperatura controllata molto dolcemente. La vinificazione di precisione prevede solo interventi fisici tipo il raffreddamento per le riserve e la filtrazione tramite membrana per i vini giovani. Non utilizziamo additivi, coadiuvanti e stabilizzanti di nessun genere, con l'eccezione del solfito». >


CARPINETO IL PROTOCOLLO UTILIZZATO

L’

insieme delle regole descritte non costituisce soltanto una disciplina autoimposta allo scopo di raggiungere gli obiettivi di qualità prefissati, ma è anche e soprattutto il modo per esprimere

quello che per noi è il "Vino": passione, emozione, natura e cultura. - Profumi e sapori puliti e ben definiti. - Assenza di percezioni aggressive. - Sensazioni morbide e vellutate, non determinate da residui zuccherini. - Longevità. - Elevato coefficiente di tollerabilità. Per raggiungere questi obiettivi ci siamo dati delle regole molto severe che si concretizzano in un vero e proprio codice: - Adozione di moderne tecniche agricole per gli interventi, sia sulla vite che per la lavorazione dei terreni. - Trattamenti fitosanitari ecocompatibili, condotti con l'oculatezza determinata dalla conoscenza dei fenomeni derivanti dagl'interventi. - Massima attenzione per la salvaguardia della biodiversità. - Produzione e utilizzo di energia rinnovabile fotovoltaica.

- Razionalizzazione e tempestività nelle operazioni di raccolta atte a garantire la massima qualità e sanità delle uve. - Igiene estrema e sanificazione quotidiana di tutti gli impianti. - Controllo giornaliero e quasi maniacale delle temperature e dei dati analitici dei mosti e dei vini durante le fermentazioni. -Utilizzo di lieviti naturali selezionati in grado di garantire processi fermentativi esenti da produzioni di sostanze nocive come le ammine endogene. - Stabilizzazione, spontanea per le riserve e i grandi vini, con l'ausilio del freddo per i vini giovani e correnti. Messo al bando l'utilizzo di additivi, coadiuvanti e stabilizzanti, seppur permessi dalla legge. Unica sostanza ancora oggi utilizzata ed insostituibile, rimane il solfito del quale si fa uso in misura largamente al di sotto ai limiti previsti dalle norme di legge. - Vini testati, prima, durante e dopo l'imbottigliamento, con standard analitici più restrittivi dei limiti previsti dai disciplinari di produzione e dai protocolli dei vini "biologici". - Certificazione IFS ed Iso 900.1.

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GIRO D’ITALIA

L A R INASCITA

< C’è un pezzo, piccolo o grande a seconda delle esperienze personali, che lega la “piccola Patria” a quella più grande; un qualcosa che rende il Friuli-Venezia Giulia una parte imprescindiscibile della storia di ciascuno di noi. Tutti abbiamo studiato Giuseppe Ungaretti e “San Martino del Carso”; qualche milione di Italiani qui ci ha fatto la naja e ancora ricorda, assieme alla freschezza dei vent’anni, paesaggi e borghi; altrettanti milioni l’hanno vista alle prese col terremoto e hanno partecipato, in mille modi, alla sua ricostruzione. Ma nella “piccola Patria” ce n’è un’altra, isontina e goriziana, più piccola forse geograficamente, ma immensa per cosa ha significato e, soprattutto, per cosa potrà significare

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da oggi in avanti. Questa Patria ancora più piccola è stata bagnata dal sacrificio di centinaia di migliaia di ragazzi (e davvero non importa quale bandiera servivano) nella drammatica prima metà del Novecento: la nostra Borgogna (fatta di tenacissimi vigneron) è anche la nostra Champagne dove la Storia è passata come un enorme aratro distruggendo tutto e tutti, costringendo i superstiti a durissimi conti col passato. Una Patria che è stata il segno tangibile della divisione d’Europa, di quella cortina di ferro che dal Baltico arrivava all’Adriatico passando “dentro” Gorizia e che, per questo, è stata al centro di tantissime attenzioni. Ed oggi, che quella cortina non c’è più, che quelle attenzioni


COLLIO VITAE Cinque produttori - Roberto Picech, Edi Keber, Damijan Podversic, Damian Princic e Dario Raccaro - per impremere una svolta nel Collio oggi cuore d’Europa

sono calate, ha la grande sfida di trasformare una “marginalità” nella “centralità” di una grande Europa. Questa Patria nella “piccola Patria” è il Collio goriziano, quello diviso, schiacciato dalla Storia, e che oggi è un giardino dove la tradizionale coltivazione della vite ha trainato una capacità nell’agroalimentare che lo rende non unico, ma certo invidiabile. Alla fine del luglio di cento anni fa, il Collio (allora tutto facente parte dell’Impero austroungarico) entrava

in guerra; meno di un anno dopo da retrovia diventava prima linea. E se dividiamo in due blocchi questo secolo, la data di demarcazione è il 1964, la data di nascita del Consorzio di tutela dei vini del Collio (uno dei primi fondati in Italia). Prima del 1964 sono cinquant’anni di lotte fratricide; dopo, il boom economico, la nascita della nuova Europa e la lenta riscoperta della storia comune. Oggi sono poco più di mille200 ettari di vigneto coltivati a regola

d’arte, una mezzaluna rivolta a nord-est fatta di colline, castelli e boschi, segnati da piccole strade e da cippi confinari che segnano una divisione così illogica che bisognava proprio essere Inglesi per capirci qualcosa. Ma per non guardare soltanto al passato, ma al futuro, un gruppo di cinque vignaioli del Collio Roberto Picech, Edi Keber, Damijan Podversic, Damian Princic e Dario Raccaro - che tutti assieme fanno poco più di cinquanta ettari Euposia Aprile 2014

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per 200mila bottiglie circa si sono messi assieme per valorizzare ancor di più questo territorio. Si chiamano “Collio Vitae” , ma non sono cinque sconosciuti: premiati (diversi Tre Bicchieri in più annate), osannati dalla critica, attivi nell’associazionismo e nella vita del Consorzio con una passione ed volontà che ha superato più di un ostacolo, oggi vogliono qualcosa di più. Di più dei singoli premi, di più di una promozione che pure è stata efficace (una bellissima campagna di Oliviero Toscani, una comunicazione sul territorio attraverso un gruppo di Vespe gialle a disposizione degli enoturisti per sentire i profumi del Collio arrivandone in ogni suo angolo; una bottiglia originale ed uguale per tutti i produttori che, ovunque nel mondo, li fanno riconoscere). Di più. Il Collio come un unicum fatto di persone, di terra unica (le marne del fondo oceanico, la ponca, che affiorano costringendo la vite a cercarsi con le radici una strada via via sempre pià profonda), di tradizioni che si mischiano (tre culture: quella germanica, quella slava e quella latina in un fazzoletto di terra con ulteriori contaminazioni greche, ebraiche, turche); di vitigni autoctoni come la ribolla. Di più. Il Collio come un “unico” vino, blend dei più caratteristici fra i tanti vitigni ammessi dalla Doc: e

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quindi ribolla gialla, malvasia istriana e tocai friulano (scusate, ma friulano da solo, io proprio non riesco a dirlo...). Di più. Un Collio che nel mondo sia evocativo non più delle “ultime vigne dell’Impero”, ma del cuore della nuova Europa; che sia sinonimo internazionale di un terra vocata al vino (ed all’ulivo, così come alla ciliegia e ai tanti prodotti di quell’orto di Vienna che un secolo fa era il Goriziano) alla pari di Alsazia, Borgogna, Napa... «Non vogliamo imporre niente a nessuno - spiegano ad Euposia ma noi crediamo che avere ed impiegare troppi vitigni, soprattutto internazionali, non sia il modo più efficace per creare valore nel Collio. Il valore nasce col nostro lavoro quotidiano nei vigneti, negli sforzi fatti per conquistare questi vigneti, acquisirli e portarli a reddito. Questa mole di lavoro, questa fatica, questa voglia di fare vino, questo impegno per coltivazioni sempre più sostenibili e, in diversi casi, biologiche senza nemmeno aver la cura di certificarle, si deve percepire nel bicchiere. Tutto questo non può essere soggetto alle mode di un momento: il momento dello chardonnay, poi quello del pinot grigio...No, Collio bianco come un vino “unico” , figlio di un unico territorio, non riproducibile per definizione. (prosegue a pagina 58)


COLLIO VITAE I CINQUE “COLLIO BIANCO”

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niti, ma diversi. Le cinque cantine riunite nel percorso “Collio Vitae” offrono ciascuna una propria interpretazione del Collio Doc. Il disciplinare della Doc, del resto, lascia aperte a ciascun enologo molte strade, utilizzando più vitigni e nelle percentuali che preferisce. Se questo è lo stato attuale, l’idea di fondo è quella di portare progressivamente, sulla base delle esigenze delle singole cantine e coi propri tempi, verso una valorizzazione di tocai friulano, malvasia istriana e ribolla gialla. Queste le note di degustazione di Euposia dei cinque “Collio Bianco”.

AZ. AGR. PICECH JELKA 2011 Jelka, Gabriella in lingua slovena, è il nome della madre dell’attuale titolare della cantina, moglie di Egidio, detto “il Ribel”, indiscussa protagonista del duro periodo di passaggio dalla mezzadria alla sudata proprietà dei vigneti che dominano l’incantevole collina di Pradis. Le uve provengono da vecchie vigne, le prime sono del 1960, con resa molto bassa e passano per lunghe macerazioni sulle bucce e affinamento in legno. Botte grande per il tocai friulano, tonneaux per malvasia e ribolla gialla. All’olfatto, frutta matura e sen-

sazioni floreali e tropicali. Il palato è ampio, il legno non è invasivo, e tornano le note fruttate, con finale minerale, che gradevolmente vira verso note di mandorla e frutta secca. DAMIAN PRINCIC COLLE DUGA BIANCO 2012 L’uvaggio vede sauvignon, tocai friulano e chardonnay con presenze meno significative degli autoctoni. L’azienda è giovane, sebbene derivi diretamente da due generazioni di coltivatori che si sono stabiliti su questa collina sin dal 1898, ma ha già ricevuto diversi riconoscimenti (un Tre Bicchieri nel 2013). Dalle sue finestre, Damian Princic “domina” il Collio sloveno. Le uve vengono vinificate separatemente, alcune conoscono soltanto l’acciaio, altre affinano in barrique francesi. L’assembleaggio avviene nella primavera successiva alla vendemmia. Qui i profumi diventano più diretti, floreali, la frutta a pasta bianca matura, con note erbacee: il palato è anch’esso fresco, retto da una bella acidità; però è ampio ed importante. Tornano le note di frutta bianca, con un finale molto lungo dove predominano senzazioni più verdi. (prosegue a pagina 59) Euposia

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GIRO D’ITALIA

Collio Vitae: in alto da sinistra, Dario Raccaro, Edi Keber. Sotto: Roberto Picech, Damian Princic e Damijan Podversig.

Non sarà cosa di domani, o dopodomani, ma i nostri figli fra cinquant’anni, al prossimo cambio di generazione, potranno contare su questo patrimonio. Probabilmente non saranno soli, altri avranno compiuto questo passo. E allora “Collio” non sarà una semplice definizione geografica o una denominazione come altre: sarà davvero quel cuore d’Europa che racchiudendone la Storia indica la strada per un futuro comune». Questo significa anche la possisbilità di vedere una denominazione Collio che ricomprenda anche quella parte (ed è la più vasta) di territorio oggi Slovenia, la Brda? La risposta è un rapido giro d’orizzonte, la caserma della Guardia di Finanza che controllava il valico agricolo di Castelletto è chiusa da anni, si passa da una parte all’altra del confine senza nemmeno accorgersene più.

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«Magari in futuro, sì. Ma oggi, non abbiamo ancora una perfetta identità di vedute, loro debbono ancora conquistare la piena consapevolezza di questo territorio. Ci vuole tempo». Quel tempo che qui, in Collio, non è più tiranno e che restituisce dignità agli uomini. E che, vendemmia dopo vendemmia, sana le cicatrici del passato. >


COLLIO VITAE

(prosegue da pagina 57)

AZ. AGR. RACCARO DARIO COLLIO 2012 Blend di tocai friulano, sauvignon e pinot grigio. Più volte premiato coi Tre Bicchieri, Dario Raccaro è l’erede di una tradizione di famiglia che risale sino al nonno Giuseppe che arrivò a Cormons proveniente dalle vicine ma meno fertili valli del Natisone. La famiglia Raccaro trovò il suo spazio ai piedi del Monte Quarin vicino alla chiesa di S. Maria che ancor oggi appare in etichetta. Poco più di quattro ettari di vigneto con un cru - il vigneto Rolat - votato al friulano: protette alle spalle dai venti freddi dal Monte Quarin, le vigne godono di una lunga esposizione al sole. Soltanto acciaio per questo Collio che al naso vanta uno spettro molto ampoio di profumi: fiori bianchi, come il glicine, frutta a pasta bianca e note più verdi, di fieno; il palato è ampio, di bella acidità, con note speziate che si affiancano a quelle di frutta più matura e lievito. AZ. AGR. EDI KEBER COLLIO 2012 Senza vie di mezzo, Edi Keber (trecento anni di presenza in Collio per questa famiglia di origine viennese) ha scelto da tempo di fare soltanto un vino, il Collio, e di puntare ai vitigni autoctoni tocai friulano, malvasia istriana e ribolla gialla. Altra via, non c’è. Fermentazione e affinamento nelle vasche di cemento. Possiamo discutere di tutto, ma su questo Keber non tratta. Dalla sua cantina, sovrastata dalla centenaria casa di famiglia, lo sguardo spazia dal Collio alla Brda e viceversa, in questo zig-zagare bizzarro del vecchio confine. Attento a non perdere nulla della storia e della tradizione della sua terra,

Edi ha comprato parte della vecchia pavimentazione in “masegni” di arenaria di Piazza dell’Unità d’Italia a Trieste che qualche “buontempone” aveva fatto togliere per lasciare spazio all’asfalto... (oggi, una nuova ristrutturazione ha riportato ad una pavimentazione più consona alla piazza ed alla sua storia). Oggi, quei masegni “sorreggono” la cantina di Edi Keber che li ha sottratti ad una fine ingloriosa. Eppoi c’è il vino “del contadino” come orgogliosamente evidenzia la retroetichetta. Potente, complesso, ricco di sfaccettature, dai profumi immediati e intensi, dal palato minerale e ampio. DAMIJAN PODVERSIC KAPLJA 2009 IGT VENEZIA GIULIA Da Damijan la storia diventa vigneto in senso letterale: a fianco dei vigneti di Gradiscutta e San Floriano, recenti acquisti hanno portato in dote a questa cantina alcune parcelle del Monte Calvario che domina Gorizia ma che nel resto d’Italia è conosciuto più per il suo nome slavo, Podgora. Una collina di soli 240 metri che però è stata oggetto delle otto battaglie dell’Isonzo, Alcuni vigneti erano stati abbandonati nel tempo, via via Damijan li ha acquistati e li ha riportati in esercizio. Il blend vede chardonnay, tocai friulano e malvasia istriana. Uve raccolte quasi in surmaturazione, lunghe macerazioni sulle buccce sino a 60, 90 giorni; affinamento in botti da 20 e 30 ettolitri per poco più di due anni, poi un ulteriore affinamento in bottiglia. Una cura certosina, quasi maniacale, per questo vino che si presenta ricco di profumi di frutta matura, dalla mela golden alla pesca, con nuance più aggrumate. Palato pieno, di bel corpo, sapido e minerale. Molto coerente con l’olfatto.

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FRATELLI WINES

CANTINE

Tre coppie di fratelli, una delle quali italiana, per riportare la coltivazione della vite in India. Abbiamo provato tutti i loro vini di Carlo Rossi

< Tre coppie di fratelli, due indiane ed una italiana, del Chiantishire, come l'enologo, Piero Masi, con piu' di mezzo secolo di vendemmie di sangiovese alle spalle, per dar vita ad un "unicum", una joint venture produttiva in India, nella zona di Akluj, a 200 km da Mumbay, nello Stato del Maharastra. Andrea ed Alessio Secci, non ancora quarantenni, di Tavernelle, Kapil e Gaurav Sekhri, coetanei, Ranjit e Arjun Mohite-Patil, avviano nel 2006 un progetto che è la concretizzazione di un sogno, quello di fare qualità in una antichissima terra di vino: l'India. Nei giorni scorsi per la prima volta a Milano presso il ristorante tipico, il bellissimo Rangoli, che significa ben-

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venuto, alla presenza del Console Generale dell'India, Manish Prabhat, che ha assunto la carica nel luglio 2013, un one-to-one per Euposia, che ha potuto così testare degli unicum il cui elevato livello qualitativo testimonia di come il progetto Fratelli Wines sta entrando in una interessante fase di sviluppo. SANGIOVESE BIANCO Unica azienda in Asia che produce Sangiovese bianco fatto da uve rosse, il vino viene fatto praticamente in vigna selezionando le uve più fresche e con un livello di acidità maggiore rispetto a quando viene raccolto per


B ROTHERS IN V INEYARD

produrre il Sangiovese classico, questo per ottenere un ottima freschezza ed acidità nel vino caratteristica importante per ogni bianco ma ancora più importante in paesi come in India dove il clima caldo ed il cibo piccante richiede vini freschi, ad alta bevibilità e rinfrescanti. Il SGbianco viene in pratica ottenuto pressando le uve rosse molto delicatamente così da ottenere un mosto rosato, viene fermentato

senza bucce, come i bianchi e poi nel processo di filtrazione si ottiene il colore bianco, viene poi trasferito un 30% in barrique e poi fatto il blend finale per imbottigliare. Le note tipiche sono floreali, grande sapidità derivante dai terreni e nota assolutamente distintiva rispetto ad ogni altro bianco la grassezza del vino ossia riempie molto la bocca, caratteristica che la si ritrova spesso nei rosi ma mai nei bianchi in que-

sto caso grazie al fatto che é fatto da uve rosse GRAN CUVEE BRUT Metodo classico 100% chenin blanc Vendemmiato la 3a settimana di gennaio, la base spumante necessita di un alto grado acido e bassi zuccheri in quanto il livello dell’alcool non può superare i 10.5% necessari per la seconda fermentazione in Euposia Aprile 2014

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CANTINE

FRATELLI WINES

e una presa di spuma che risulti abbondante anche in bocca. Altra caratteristica derivante dai terreni la mineralità del vino, ossia la sua sapidità e lo stile totalmente secco infatti al momento del degorgment fatto in maniera semiautomatica ma con il contributo di 5 uomini noi riempiamo la bottiglia con vino senza aggiungere zucchero quindi é un vero pas dosé.

bottiglia. Conclusa la Prima fermentazione, il vino viene imbottigliato aggiungendo liqueur e lieviti, chiuso con il tappo corona e lasciato fermentare in apposite celle frigo a 15 gradi per 3 mesi affinché si concluda la fermentazione alcolica una volta terminata abbassiamo la temperatura a 10-12 gradi e lasciamo maturare le bottiglie per 14 mesi cosicché lo spumante assuma le classiche note di pane e aumenti la complessità e migliori il perlage , il nostro obiettivo é infatti quello di ottenere delle bollicine fini ma consistenti

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SETTE 2010 Il concetto che sta dietro “Sette” é di comporre annualmente qualora sia possibile il miglior blend dei migliori vini della fratelli in quel preciso anno, nel 2010 abbiamo selezionato 3 uvaggi Cabernet Sauvignon 50% Sangiovese 30% Cabernet Franc 20% I vini vengono fermentati separatamente e fatti maturare separatamente in barrique francesi per 14 mesi (mix di barrique nuove di primo e secondo passaggio= poi successivamente viene fatto il blend e trasferito in serbatoi di acciaio lasciato per 6 mesi e imbottigliato e lasciato maturare per altri 6 mesi in bottiglia.

Sette ricalca la strada e lo stile dei vini Supertuscan, una sorta di SuperIndian ottima struttura, bella acidità grazie al Sangiovese, tannino setoso e grande rotondità con ottima persistenza grazie al Cabernet franc,Sette in India é diventato il benchmark qualitativo per i vini rossi nella competizione 2013 Decanter Magazine ASIA ha vinto la medaglia argento primo vino rosso indiano che ottiene un tale riconoscimento. SANGIOVESE Unica azienda indiana a produrre Sangiovese in purezza, fermentato in acciaio, il 30% viene fatto maturare in barrique francesi. Vino molto fresco, ottima acidità, tannino molto fine, bella persistenza in bocca un vino che si fa bere molto facilmente appositamente studiato per il clima ed il cibo indiano meno complesso dei sangiovesi toscani ma rimane intatte le caratteristiche varietali del sangiovese.

CABERNET FRANC SHIRAZ 50% Shiraz 50%Cabernet Franc Unico vino indiano ad optare per un tale blend, la maggior parte dei produttori indiani fa questo blend con il Caberent Sauvignon. Fratelli é la sola ad aver piantato il cabernet franc in quantità elevate 50.000 piante. Note spezziate di pepe nero derivante dal Syrah e grande potenza e eleganza dal cabernet franc. >


News

UN NUOVO VITIGNO AUTOCTONO, LO SPIGAMONTI, SCOPERTO IN VALPOLICELLA na nuova varietà di uva dal Dna finora mai censito va ad arricchire il patrimonio dei vitigni autoctoni italiani, si chiama “Spigamonti”, dal nome della località in cui si è stata individuata, nei pressi di Montecchio di Negrar (VR), a 450 metri d'altezza, in un vigneto appartenente a un socio viticoltore di Cantina Negrar. A fine gennaio 2014 l’inserimento nell'elenco delle varietà di uve da vino ammesse dalla Regione Veneto nella provincia di Verona. «Si tratta di un importante recupero di quell'enorme patrimonio viticolo di vitigni ormai dispersi - oltre 200 varietà a bacca rossa - che Luigi Sormanni Moretti (1834-1908) evidenziava nella “Monografia su la Provincia di Verona” già a fine '800» dichiara Daniele Accordini, enologo e direttore di Cantina Valpolicella Negrar. A raccontare la scoperta è il principale fautore, Claudio Oliboni, tecnico di campagna della cantina Cooperativa. «Nell'estate del 2000, durante una visita al vigneto del socio Angelo Annechini, mancato purtroppo nel 2013, ho notato tra i filari di uve Corvina, Rondinella, Corvinone e Molinara una vigna che aveva le bacche già invaiate, mentre le altre varietà avevano ancora gli acini verdi. I grappoli di questa pianta erano molto spargoli, con il rachide rosso e le foglie molto scure e arrossate. Curioso di conoscerne l'origine, Angelo mi rac-

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contò che, quando era giovane, aveva innestato nel suo vecchio impianto le gemme di una pianta che aveva trovato in una vecchia corte e che queste si erano poi riprodotte. Incuriosito a mia volta, ho aspettato allora che i grappoli della vigna sconosciuta maturassero e poi, insieme a Daniele Accordini e ai colleghi di laboratorio Denis Andreis, Emanuele Marchesini e Carlo Caliari, ne abbiamo analizzato il succo. Siamo rimasti impressionati dal colore molto intenso del mosto».

«Raccolta l'uva - continua Oliboni -, l'abbiamo in parte pigiata ed in parte appassita. Avevamo quindi a disposizione due vini, uno fresco ed uno da uve passite, prodotti da questa varietà che si presentava molto rustica, resistente alle malattie e, come abbiamo potuto constatare nel tempo, anche con una buona resistenza alla grandi-

ne. Abbiamo proseguito la ricerca in laboratorio ed effettuato successivamente altre micro-vinificazioni e sperimentazioni di appassimento in collaborazione con Emanuele Tosi del Centro Viticolo di San Floriano, l'ufficio Agricoltura della Provincia di Verona e Diego Tomasi del CRA (Centro di Ricerca Agricola) di Conegliano (TV). Quest'ultimo, ha effettuato anche l'analisi del Dna dell'uva, rivelando che non c'era alcun collegamento con varietà finora censite. Ci vorrà ancora qualche anno per arrivare a produzioni di un certa quantità, ma abbiamo appurato che basta anche una piccola percentuale per fare la differenza. I risultati parlano chiaro: il vino prodotto con la varietà Spigamonti, troppo potente per essere consumato da solo, usato nell'uvaggio Valpolicella può dare risultati straordinari, grazie alla struttura e ai tannini che porta in dote». Ammessa la coltivazione del vitigno, Cantina Negrar potrà quindi vinificare con la nuova varietà. «Spigamonti è un'uva unica e particolare, che si è rivelata ottima per l'appassimento e per la produzione di Amarone - spiega Accordini -. Nel disciplinare del 2010 è stata introdotta la possibilità di inserire un 10% di vitigni autoctoni e lo Spigamonti darà ai nostri vini una maggiore unicità e irripetibilità, elementi che il consumatore oggi ricerca, valorizza e ci attribuisce». Euposia Aprile 2014

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CANTINE

S ETTE S PAGNOLI DA C OMPRARE Paco Garcia, Vall Sanzo, Viña Altamar, Compañía Vinicola del Norte, Miqueluis, Dominio de Punctum e Fillaboa: il migliore del mondo e sei nuovi protagonisti dell’enologia iberica < Prima le anticipazioni sulla vendemmia 2013 che porterebbe Madrid al primo posto nel mondo; poi il premio di Wine Spectator alla Compañía Vinícola del Norte de España, col suo Rioja Imperial Reserva 2004, come miglior vino al mondo; terzo indizio, il campanello d’allarme lanciato da Angelo Gaja. Il sospetto è che la Spagna stia diventando un competitore sempre più temibile e che, ad esempio, negli sfusi farà quest’anno faville negli Usa alle prese con una vendemmia “corta” dopo la grave siccità di queste ultime settimane. Un competitor diretto per l’Italia dato che anche la Spagna si fa forza sulle tradizionali leve del Bel paese: territorio, flussi turistici, cucina, qualità della vita, autoctoni (RaboBank nel suo recentissimo report di marzo indica questa via come obbligata per i produttori iberici), con, in più, realtà dimensionali importanti in grado di navigare bene sul mercato globale. Nel dubbio, Euposia ha testato a Vinisud il polso a sette produttori spagnoli - compresa la Compañía Vinícola del Norte de España - per verificare la qualità che esprime la nouvelle vogue iberica. Il risultato, ahinoi, è preoccupante. Che vini, muchachos! PACO GARCIA

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RIOJA CRIANZA 2011 Ci sono molti stili di vini Rioja, se ne possono trovare almeno una decina di differenti legati al clima, al suolo, alle potenzialità delle singole bodegas in termini di dimensioni, anzianità dei vigneti, sistemi di allevamento. Questa Crianza 2011 è un vino molto fresco, con note di frutti rossi e di legno boisé. Paco Garcia poggia su 40 ettari di vigneti di proprietà, divisi in sette fincas nella zona centrale della Rioja, a 2, 12 e 17 chilometri dalla capitale della regione, Logroño. Vigneti con anche 80 anni di età, a fronte di una media di 30 misti fra alberello (quelli più antichi, ovviamente) e spalliera. Vendemmia totalmente a mano VALL SANZO RIBERA DEL DUERO 2009 Tempranillo in purezza, affinamento di dodici mesi in barrique di legno spagnolo e francese. Siamo su suoli calcareai, sul versante a sud della Ribera, un micorclima atlantico: un vino molto fresco, moderno, con una bella spalla acida, secco al palato, con note mentolate e balsamiche. Finale sapido e molto minerale. Ricco al palato, con note di cioccolato. Si tratta di un cru , il vigneto “Pago del Carril” e il vino riflette perfettamente la personalità del vigneto e dei


NOVITÀ IBERICHE

suoi lieviti indigenti. Contrariamente a Paco Garcia, Rodríguez Sanzo è una società che raggruppa nel suo portafoglio le denominazioni più importanti di Spagna (Rueda, Rioja, Toro, Ribera del Duero, Priorat , Castilla y León): un progetto che è stato elaborato dal suo enologo-manager Javier Rodríguez. VIÑA ALTAMAR MENCIA BIERZO 2011 I winemaker sono due fratelli, David and Jonas Tofterup, che hanno messo assieme anche loro un portfolio di diversi territori spagnoli - Toro, Ribera del Duero, Bierzo e Rueda scegliendo le vigne più vechie e meglio esposte, posizionate sui livelli più alti, che hanno retto in passato alle grande infestazioni. Questo vino proviene da una vigna posta a circa 400 metri sul livello del mare, è una valle con terra di scisti e sul fondo sabbia. Si tratta di un cabernet sauvignon, molto fruttato, leggero, note di caffè, palato di tannino croccanti, finale lungo. Molto piacevole ed aggrazziato. COMPAÑÍA VINÍCOLA DEL NORTE DE ESPAÑA IMPERIAL RIOJA 2008 RESERVA È proprio lo spagnolo Rioja Imperial Gran Reserva 2004 della Compañía Vinícola del Norte de España il vino n. 1 per la "Top 100" 2013 di "Wine

Spectator", una delle classifiche più attese del mondo del vino. Questo che degustiamo è il fuo “fratello minore”. Si tratta di un blend che vede tempranillo, all’85 %, con mazuelo, al 5, e graciano a chiudere. Vendemmia manuale, selezione delle migliori uve raccolte, lunga fermentazione sulle bucce e malolattica svolta. L’invecchiamento avviene in botti di rovere americano e francese. Siamo nella alta Rioja: l’impronta di questo vino è tradizionale, con note di legno più marcate, con tanta frutta rossa e caffè. Certamente, un gran vino. MIQUELUIS TINTO 2007 BOBAL UTIEL REQUENA Siamo nella zona di Valencia, contrassegnata da una forte escursione termica fra giorno e notte. Il vitigno è l’alicante (o grenache, cannonau, tai rosso, garnaccia... il ragazzo ha fatta molta strada lasciando bei ricordi dietro di sè). Uno stile classico, che non esce dalla tradizione. Molto dolce, frutta rossa in confettura, 17 gradi alcolici, appagante come una vendemmia tardiva, molto caldo. Cioccolato, frutta secca, ricorda i Roussillon che virano sul madera. DOMINIO DE PUNCTUM (BIO) UNO DE MIL VIOGNIER RIAS BAIXAS

Una bellissima realtà, avviata dalla famiglia FernafezCifuentes, 110 ettari nalla CastillaLa Mancha a metà strada fra Valencia e Madrid, dal 2005 in conversione bio, 750 metri slm. Suolo di sabbia, naso bellissimo, molto floreale e fresco di mela verde; palato caldo, non molto acido, quasi cremoso, molto aromatico con finale di incenso. FILLABOA ALBARINO 2013 Una bellissima tenuta che domina il fiume Tea , prossimo alla sua confluenza nel Minho che segna lo stortico confine (è immutato dal 1200) fra Spagna e Portogallo; siamo quindi nel nord-ovest della penisola iberica, zona di Pontevedra e qui le Legioni Romane piantarono le loro vigne e alzarono l’Aquila fondando la città. Un ponte romano contraddistingue l’ingresso alla bodega che in gallego significa “brava figliola”. Questo è il regno dell’albarino, grandissimo vitigno a nostro avviso: naso molto imponente, fresco, di mela verde, fieno, fiori di glicine. Grande carica aromatica, palato leggero, di pesca ed albicocca. Per noi un grandissimo vino che troverebbe ampi spazi anche sul mercato italiano. > Euposia Aprile 2014

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ROCCA SVEVA

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M ISSION A CCOMPLISHED Quattro annate del Soave Classico Docg di punta di Cantina di Soave, per scoprire quanto può “dare” in termini di longevità e di struttura. Così il 2009... di Nicoletta Fattori

< C’è sempre una domanda nei consumatori: quanto può vivere questo vino? per quanto tempo può stare in cantina prima di berlo? Eppoi, c’è un retropensiero: ma da una grande produzione possono nascere prodotti di eccellenza? davvero? Alla prima domanda - corretta conservazione d’obbligo - risponde la crescente disponibilità delle cantine italiane a mettere da parte aliquote delle produzioni annuali per poter verificare la capacità di invecchiamento, e di evoluzione, dei propri vini. Sino a qualche anno fa il must era un magazzino così vuoto da fare quasi paura, voleva dire che il budget era salvo; adesso, questa buona norma consente di effettuare valutazioni più accurate scoprendo, fra l’altro, che l’accresciuta qualità media porta a una interessante longevità. Sul retropensiero, paghiamo un po’ tutti lo scotto di una visione a volte sin troppo aulica del mondo del vino, premiando piccole produzioni e posizioni culturali più estreme a scapito della complessità di attività che vedono imprese (che danno lavoro a migliaia di

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famiglie, pagano le tasse, sono più spesso sottoposti ai controlli di legge) “impegnate” ogni giorno a collocare sui mercati di tutto il mondo quantitativi di bottiglie che rappresentano, per alcuni, la produzione di uno o due anni. Ma non sarà soltanto la leva del prezzo a funzionare, giusto? Per rispondere a questi interrogativi, noi di Euposia abbiamo fatto una prova: una verticale di quattro annate di una delle produzioni di punta di Cantina di Soave (ovvero un gigante produttivo in Italia): il Soave Superiore Classico Docg Rocca Sveva, Castelcerino. Ovvero, numeri, posizionamento, terroir, sfida. Castelcerino è uno dei cru del Soave Classico: si tratta di cinquanta ettari sulle colline che dominano il Soavese, ad un’altezza massima di 300 metri slm; il terreno è tendente all’argilloso con, specie nella zona più orientale, tracce basaltiche importanti. I vigneti sono parcellizzati in piccole proprietà, le viti sono mediamente più vecchie della media della denominazione e il sistema di allevamento è in larga parte a


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pergola veronese, così come si faceva già nel Medioevo, quando la sua introduzione rappresentò una grande innovazione. Quattro le annate prese in considerazione: 2009, 2010, 2011 e 2012. Rocca Sveva Castelcerino sta nove mesi sui lieviti in acciaio più altri tre mesi di stabilizzazione in bottiglia. I vigneti sono selezionati, vengono seguiti tutto l’anno sulla base di un protocollo rigido con controlli (anche agli infrarossi) per valutare non soltanto il perfetto sviluppo e la maturazione delle uve, ma anche i problemi fitosanitari e l’andamento qualitativo statistico del singolo vigneto. Diradamento e resa massima fissata a cinque/sei grappoli per pianta. I vigneti sono esposti a mezzogiorno e quelli rivolti a sud-ovest beneficiano di un’esposizione solare meno diretta e ad una maturazione più graduale che porta ad aromi più intensi. Quattro buone annate, con 2009 e 2011 (soprattutto quest’ultima) in evidenza. Queste le note di degustazione di Euposia 2012 Sempre più dobbiamo fare in conti con un clima senza più regole che passa dalla siccità ed alle temperature africane alle piogge torrenziali. L’inverno era stato lungo e freddo interrotto da un marzo eccezionalmente caldo. La primavera è stata fre-

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ROCCA SVEVA CASTELCERINO

sca con buone piogge che si sono interrotte verso l’estate garantendo alle uve un perfetto stato sanitario. Piogge sono arrivare anche verso settembre dando vigore ai grapppoli. Tutto sommato, una buona annata che nel bicchiere si rivela per una freschezza accentuata con note floreali bianche ed una mela più verde che golden. Il palato ha una bella acidità, con un ritorno importante del fruttato e note di frutta vecca e mandorla, come d’obbligo, sul finale. 2011 “Cinque stelle” per un’annata partita con un buon apporto idrico nel momento giusto, con una bella fase di maturazione e a settembre forti escursioni termiche fra giorno e notte. Già al naso, questo Castecerino è importante, con profumi marcati molto intensi, perfetti nella loro evoluzione e nel loro dipanarsi. Mela a pasta gialla matura, con sentori di pesca; il floreale è ancora fresco. Il palato riprende queste note, ha una sapidità gradevole ed è molto ricco e lungo sul finale. Note di tropicale e mandorla dolce. 2010 Un’altra annata meno “importante” sebbene contrassegnata da un certo equilibrio climatico che ha portato ad una maturazione più lenta della garganega. E’ il secondo anno di contin-

gentamento delle rese che il Consorzio di tutela ha abbassato da 140 a 130 quintali/ettari, una media però ancora più bassa - diremmo, “naturalmente” - a Castelcerino. L’evoluzione di questa annata è davvero interessante. Molte note floreali ed una superba sensazione di frutta matura. Palato pieno, di grande bevibilità e piacevolezza, con note di erbe aromatiche, mandorla e frutta secca sul finale che è, come tradizione vuole, sapido e gradevolmente amaro. Di grande equilibrio e compostezza. 2009 Una bella estate, calda ma non torrida, ha portato ad una corretta maturazione delle uve che è stata “rafforzata” e sostenuta dalle piogge di fine estate, arriovate al momento giusto, evitando ogni possibile stress alle piante e dando nuovo vigore ai grappoli che sono giunti alla vendemmia in perfetta salute. Con queste premesse il risutato è stato pari alle attese e se il millesimo 2009 doveva “garantire” delle potenzialità di invecchiamento, possiamo dire che la misisone è compiuta e che già al naso le note di frutta gialla matura, di albicocca, di fiori sono importanti. Al palato un aggrumato che già vira sul candito, con un finale minerale molto lungo. Sprizza ancora una grande vitalità, ed è di grande soddisfazione. >



CANTNE

VALORE V ERO I quindici protagonisti di Soave Cru, da pagina 71 a pagina 73: Corte Adami Corte Mainente Corte Moschina Dal Cero El Vegro Franchetto Antonio Gini La Mandolare Fattori Tenuta Solar Monte Tondo Vicentini Villa Canestrari Portinari Martinelli Gabriele

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Un panorama articolato di vigneti, un gruppo di vignaioli attaccati ad ogni singola zolla dei loro poderi. Così l’eccellenza trova una nuova dimensione

< «E' l'uomo che crea in misura preponderante la personalità di un Cru. Il successo di un cru e' il risultato delle conoscenze e dell'attività dell'uomo,sia sul piano culturale che su quello tecnico e commerciale. Il vino non è un dono gratuito della natura. Il cru e' quindi il risultato degli sforzi compiuti in questa direzione dalle generazioni che si sono succedute. (J.Riberau-Gayon, E. Peynaud, Trattato di Enologia, 1971)» Questa la prima esplicita definizione di Cru. Hugh Johnson nel suo Atlante mon-

diale dei vini sembra invece privilegiare il valore oggettivo in termini di vocazione delle singole vigne: «....la parola cru indica un terreno ed un vino di qualità peculiari che lo distinguono dagli altri cru dello stesso pendio...». A questo dinamico confronto tra uomo e natura partecipano di diritto da sempre anche i produttori del Soave. Quando nel 1924 Italo Cosmo e Giovanni Dal Masso i pionieri del concetto di denominazione in Italia si accingevano a delineare i confini del Vino Tipico Soave identificarono una


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serie di vigneti sperimentali posizionati nei versanti strategici di quella che sarebbe diventata la zona del Soave Classico. Località come Praissoni , Froscà, Castellaro e Foscarino segnalarono quindi fin dalla sua origine il percorso di identità ed affermazione del Soave nella sua lunga storia. I produttori più attenti di questi comprensori videro nel corso degli anni sempre riconosciuto nei contratti di vendita delle uve un prezzo sensibilmente più alto a testimonianza di una particolare qualità distintiva. Bisogna però arrivare agli anni 60-70 con la nascita di tante aziende che valorizzano i loro vini dal vigneto alla bottiglia per vedere il concetto di Cru e di singolo vigneto declinato con continuità e diffusione. La tensione positiva che la storia riconosce al Soave è fortemente legata alla capacità di queste imprese, siano esse piccole realtà vitivinicole o cantine cooperative di saper cogliere ed interpretare al meglio ogni singola e diversa espressione territoriale. In questo contesto produttivo caratterizzato da una storicità e da una fedeltà quasi maniacale alla propria vocazione era naturale che i concetti di “terroir” e “vigna” attecchissero in maniera forte e condivisa tra tutti i produttori del Soave. Ecco che oggi possiamo con serenità parlare dei tanti Cru del Soave e delle tante espressioni della Garganega in questo comprensorio. Un articolato reticolo di piccoli vigneti che costituiscono il luogo a più alta intensità viticola ed a più alta frammentazione aziendale, un luogo nobile in cui il concetto di Cru, che nella sua accezione originale

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significa feudo, podere, terreno, qui viene tradotto in Vigna o meglio in Vino originato in quella specifica posizione. I Cru a Soave sono quindi oggi luoghi determinati e circoscritti caratterizzati da uno specifico toponimo che sottendono una propria particolare e ben distinta origine geologica, pedologica, climatica e produttiva. Per chi ha camminato nelle vigne del Soave questi concetti sono così evidenti da sembrare quasi lapalissiani. Proprio per sottolineare le tante diversità e la ricchezza di terroir che caratterizzano il Soave nel 2009 è nata un'associazione di produttori chiamata Soave Cru, sono 15 piccole aziende che abbracciano idealmente da est ad ovest tutte le tre vallate della DOC. Il presidente è Sandro Gini titolare dell'omonima azienda di Monteforte. Proprio a lui poniamo alcune domande. Quali sono, in sintesi, le motivazioni che portano delle piccole aziende ad associarsi a Soave Cru?

«SoaveCru è una libera associazione di aziende vitivinicole che operano nel Soave, che ha come scopo principale la valorizzazione del lavoro in vigna ed in cantina di tutte le aziende agricole che operano da sempre per la massima espressione qualitativa del Soave». Che obiettivi perseguite come associazione e come produttori? «Le aziende di Soave Cru credono in una viticoltura sostenibile come massima espressione del valore delle risorse territoriali. Perseguono questo obiettivo dotandosi di un'organizzazione logistica e tecnica e di regole produttive in vigna ed in cantina più restrittive, proponendosi come momento di confronto tra le esperienze di diverse generazioni per stimolare i giovani a confrontarsi con nuove responsabilità». Quali azioni avete o state per porre in essere? «Innanzitutto attività informative e di ricerca, con momenti di confronto e di scambio informativo sulle più recenti acquisizioni scientifiche in tema di rispetto dell'ambiente, uso di energie alternative, tutela del paesaggio, tecniche di

vinificazione naturale, nuovi prodotti e nuove tecnologie. L'attività di ricerca è costante e ha portato all'individuazione di 2 filoni importanti: la vinificazione senza SO2 e l'attuazione di un protocollo sperimentale per la lotta alla tignola nei vigneti. Inoltre in vigna stamo già utilizzando protocolli che prevedono una progressiva riduzione dei prodotti di sintesi e applicazione di una rigorosa lotta integrata con particolare attenzione ai residui che saranno monitorati». In una denominazione importante e numericamente rilevante come quella del Soave come vi ponete nei confronti degli altri attori? «Quello che cerchiamo è il confronto con tutti gli altri utilizzatori della denominazione sulle regole produttive e sulla gestione della DOC. Crediamo inoltre che il frutto dei nostri progetti di ricerca e delle nostre attività possa essere utile anche alle altre aziende, la condivisione è vitale in un territorio come il nostro, un unico grande vigneto con migliaia di viticoltori». > Euposia Aprile 2014

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DEGUSTAZIONI

I RELAND ’ S CALL < Ireland’s call, letteralmente la “chiamata dell’Irlanda”. Ed è rivolta a tutti gli Irlandesi, unionisti e nazionalisti, protestanti e cattolici, che si riconoscono nella squadra “nazionale” di rugby. Una “chiamata” che vale anche per l’Italia (dove sono moltissimi i fans degli “Shamrock”) dove è stata lanciata da una nobile distilleria, Teeling, che da poche settimane è finalmente distribuita in Italia. Il whiskey irlandese è il superalcolico col più veloce tasso di crescita al mondo: ha un solo difetto, pur essendo più morbido e dolce degli altri whiskeis, la produzione moderna ha penalizzato sapori e personalità. Un danno a cui Teeling cerca di rimediare sfidando la “norma attuale” con la creazione di whiskey irlandesi alternativi dalle maggiore profondità di personalità e carattere rispetto al resto del mercato. Jack Teeling (nella foto a pagina 75), fondatore col fratello Stephen della Teeling Whiskey Co. , proviene da una famiglia a lungo associato con whiskey irlandese. Da Walter Teeling nel 1782 ,

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che avviò una distilleria in Marrowbone Lane a Dublino, a John Teeling che ha fondato Cooley Distillery nel 1987 (poi ceduta alla Jim Bean) la prima nuova distilleria di whiskey irlandese ad essere avviata in oltre 100 anni. «Miriamo ad essere genuini e vei come le generazioni di artigiani irlandesi che ci hanno preceduto. Essere un’azienda di famiglia ci dà la libertà di controllare il nostro destino» spiegano in casa Teeling. The Teeling Whiskey Co. ha oggi l'obiettivo di riportare sul mercato l'autentica tradizione artigianale, ormai scomparsa, del Whiskey irlandese di alta qualità: per questa ragione il suo emblema è l'immagine di una fenice che "rinasce" da un alambicco stilizzato. Per rendere concreta e visibile la loro missione imprenditoriale, Jack e Stephen Teeling hanno aperto la loro Società nel cuore di Dublino, la capitale della Repubblica d'Irlanda, dove - appunto - da oltre un secolo non venivano avviate attività legate alla produzione di Whiskey. Teeling è distribuito in Italia dalla Fratelli Rinaldi. >


TEELING IRISH WHISKEY

TEELING SMALL BATCH IRISH WHISKEY Categoria: Whiskey irlandese di produzione limitata (small batch). Provenienza: The Teeling Whiskey Co. Dublino, Repubblica d'Irlanda. Filtrazione a freddo: non sottoposto a filtrazione a freddo, conserva tutti gli aromi più sottili e delicati della materia prima. Affinamento: al primo passaggio in fusti di quercia segue un secondo passaggio in fusti che hanno contenuto Rum. Esame visivo: colore dorato brillante. Esame olfattivo: alle note iniziali di vaniglia e di spezie si uniscono piacevoli sentori di Rum. Esame gustativo: l'elevata gradazione alcolica e il secondo passaggio in fusti da Rum creano un'armonica fusione di dolcezza, di morbidezza e di gradevoli accenni vanigliati. Sensazioni finali: lunga persistenza di ricordi speziati e di eleganti note di legno.

TEELING VINTAGE RESERVE 21 YEAR OLD SINGLE MALT IRISH WHISKEY Categoria: Single Malt Irish Whiskey. Provenienza: The Teeling Whiskey Co. - Dublino, Repubblica d'Irlanda. Filtrazione a freddo: non viene sottoposto a filtrazione a freddo, conserva quindi tutti gli aromi più sottili e delicati della materia prima. Invecchiamento e affinamento: invecchiamento per 21 anni in fusti che hanno contenuto Bourbon; segue un secondo passaggio in fusti che hanno contenuto Sauternes (unico fra i Whiskey irlandesi). Produzione: limitatissima, solo 5.000 bottiglie per tutto il mondo. Esame visivo: colore dorato intenso. Esame olfattivo: nel bouquet si colgono note di erba tagliata, di uva bianca, di albicocca e di cioccolato al latte. Esame gustativo: al palato è elegante, setoso, con ricordi di confettura di fichi, miele, albicocca, cioccolato al latte; il finale gradevolmente deciso controbilancia la dolcezza dell'insieme. Sensazioni finali: lunghissima persistenza, seducente sensazione di morbidezza. Confezione: decanter esclusivo, racchiuso in un modernissimo astuccio in legno.

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FOOD

S EGRETO DI S ALUTE RINGRAZIAMENTI Si ringrazia per la degustazione dei vini: Azienda Agricola Le Marchesine Via Vallosa 31 25050 Passirano (Bs) Telefono 030.657005 info@lemarchesine.com www.lemarchesine.com INFORMAZIONI Consorzio per la Tutela del Formaggio Grana Padano Via XXIV Giugno 8 San Martino della Battaglia 25015 Desenzano del Garda (Bs) Telefono 030.9109811 info@granapadano.it www.granapadano.it

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Novecento anni di tradizione, una lavorazione naturale, un alimento ideale per la dieta mediterranea. E un Franciacorta per gustarlo al meglio di Enzo Russo

< Di formaggi se ne producono e vendono tanti. Nei supermercati e nei negozi di gastronomia non c'è che l'imbarazzo della scelta: si va dai formaggi freschi a quelli stagionati, da quelli saporiti a quelli piccanti, da quello grasso e morbido a quello light. Insomma formaggi per tutti i palati. Ma esiste anche un formaggio “super” che riesce a mettere d'accordo tutti, dalle persone anziane ai bambini, soprattutto i palati più esigenti, si mangia da solo e si grattugia su molti piatti di riso e di pasta, si chiama Grana Padano, un alimento che ha oltre nove secoli di vita e non li dimostra, è stato sempre al passo con i tempi per le sue proprietà nutrizionali ed organolettiche che vengono preservate con un'adeguata stagionatura.

E oggi per unanime riconoscimento del mondo scientifico, è diventato uno degli alimenti più importanti della nostra tavola perché, proprio per le sue qualità, contribuisce ad una sana ed equilibrata alimentazione. Il “segreto” del Grana Padano stà nel fatto che fin dalla sua scoperta è stato sempre prodotto con latte fresco di giornata e dall'ora i maestri casari hanno continuato e continuano a farlo allo stesso modo, “all'antica”, ossia, con latte fresco di primissima qualità parzialmente scremato mediante naturale affioramento della panna, il fuoco per portare il latte a una temperatura di 30° e il caglio che ha la funzione di coagulare la massa che poi viene ridotta in piccolissime dimensioni. Ottenuta cosi la


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FOOD

massa caseosa, questa viene estratta dalla caldaia con un telo di canapa per essere introdotta in apposite forme dove assume l'aspetto caratteristico del Grana Padano. Le forme vengono poi immerse in particolari vasche nelle quali inizia la salatura. Dopo alcuni giorni il formaggio viene tolto per iniziare il lento periodo di maturazione. Per evitare che fermenti, ogni forma è conservata per almeno 12 mesi, fino ad un massimo di 24/26 in magazzini dove la temperatura e il grado d'umidità sono rigorosamente controllati. A differenza dei formaggi stagionati, gustosi, ma certo non adatti ai bambini piccoli, il Grana Padano ha notevoli vantaggi, in quanto vanta caratteristiche tipiche dei formaggi freschi. La sua ,infatti, è una stagionatura speciale. Durante l'invecchiamento si producono sostanze preziose per la salute, in particolare diverse vitamine, soprattutto la A, la D e quelle del gruppo B. Addirittura, la vitamina D, che ha un'azione antirachitica, non si trova nel latte, ma compare soltanto quando la stagionatura del Grana Padano è stata completata. Altra particolarità di questo prezioso alimento è che per ottenere 1 kg di formaggio, occorrono ben16 litri di latte, mentre per alcuni altri formaggi ne bastano soltanto 8 litri . Grazie al lungo invecchiamento e alla tipica lavorazione, il Grana Padano è altamente digeribile perché a maturazione completata è quasi “predigerito”, essendosi le proteine in esso contenute, trasformate in sostanze complesse e più facili da assimilare. Ma il tradizionale alimento è anche ricco di sali minerali importantissimi per la nostra salute, come il calcio e il fosforo che sono presenti in giuste proporzioni: la percentuale di calcio presente è il doppio del fosforo e questo permette al calcio di essere perfettamente assorbito dal nostro fisico. E poi, il Grana Padano, a differenza di molti formaggi spalmabili, non contiene polifosfati che sono particolarmente nocivi per i bambini perché alterano il rapporto tra calcio e fosforo, rendendo difficile l'assorbimento del calcio. Infatti, può capitare a un bambino che mangia solo formaggini, di essere carente di calcio perché nonostante mangi formaggio, il minerale non riesce ad essere assorbito proprio per la presenza di polifosfati. Come si vede, la genuinità e le proprietà nutritive racchiuse nel Grana Padano, dipendono dalla materia prima, il latte, e dalla lavorazione del prodotto che ancora oggi viene fatto, come in passato, in modo tradizionale, all'antica, senza l'aggiunta di nessun conservante o additivo. E poi, per garantire la qualità al consumatore, c'è il Consorzio per la Tutela del Grana Padano che controlla tutta la filiera produttiva , fin dall'alimentazione delle mucche, che debbono nutrirsi al pascolo per buona parte dell'anno, e per il resto con mangimi altamente selezionati. Con questi accorgimenti il latte, prodotto di partenza per fare il Grana Padano, è veramente d' alta qualità. Viceversa, una nutrizione con mangimi industriali o con fieno conservato nei silos, renderebbe il latte peggiore, fino al punto di impedire la buona riuscita del formaggio. VINO E FORMAGGIO Vino e formaggio sono un ottimo abbinamento perché riescono a esaltarsi l'un l'altro e poi hanno anche una storia in comune. Li unisce l'appartenenza ad un territorio ben specifico che determina le loro caratteri-

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Arriva la quarta generazione! Al centro Loris Biatta con il figlio Andrea appena diventato papà di Laura e la figlia Alice diventata stiche. Inoltre sono entrambi sottoposti a un processo di trasformazione: la fermentazione alcolica per il vino e la cagliatura per il formaggio. Poi c'è la maturazione, la stagionatura per il formaggio e l'invecchiamento per il vino. Per gustare il Grana Padano bisogna scegliere con molta attenzione il vino da abbinare. In questo caso ve ne consigliamo alcuni che nascono in Franciacorta, dell'Azienda Agricola Le Marchesine - Passirano a pochi chilometri da Brescia. Dalla cantina escono, ogni anno, oltre 500 mila bottiglie di diverse tipologie di bollicine che hanno conquistato i più importanti mercati nazionali ed esteri (Europa, Brasile. Giappone, Canada, …). L'artefice di questo successo è Loris Biatta, patron dell'azienda, sempre in giro per il mondo, che, con il padre Giovanni, recentemente scomparso, ha costruito negli anni a Passirano una importante realtà vitivinicola conosciuta per la qualità delle sue

mamma, per la seconda volta, di Emma. A tutti, tanti auguri dalla redazione di “Euposia-La Rivista del Vino!

bollicine: Franciacorta Brut Secolo Novo, Franciacorta Brut Secolo Novo Giovanni Biatta, Franciacorta Dosage Zéro Secolo Novo Riserva, Franciacorta Brut Millesimato Blanc de Noir, Franciacorta Brut Millesimato Blanc de Blancs, Franciacorta Satèn, Franciacorta Rosé Brut Millesimato, Franciacorta Brut. Ma veniamo agli abbinamenti. Arriva l'estate e quale migliore occasione offrire agli amici una coppa di Franciacorta che sa donare anche, assieme all'allegria, una perdurante gradevolezza al palato e al cibo, perché le fantastiche bollicine che sollecitano la vista, sollecitano il naso e puliscono la bocca preparandola al boccone successivo. Il Grana Padano di 15/20 mesi è ideale abbinarlo al Franciacorta Blanc de Noir Millesimato 2009, un Pinot Nero in purezza vinificato in bianco che conta pochi precedenti sul territorio. Di ottima fattura e pre-

zioso per il gusto frizzante che scioglie in bocca la leggera patina lasciata dal formaggio. Con il Grana Padano stagionato 20 mesi, un abbinamento esaltante per il palato è il Franciacorta docg Secolo Novo Brut Millesimato. Nasce da selezioni clonali di uve Chardonnay con vendemmia a mano. Le bottiglie vengono accatastate in locali di affinamento a temperatura controllata (12° - 14°) per almeno 36 mesi che portano il vino ad assumere un particolare profumo, sapore con un lungo e finissimo perlage. Si presenta di colore giallo paglierino brillante con riflessi oro-verde. Al naso si percepisce la nocciolina tostata, margarina, note mentolate e di cedro candido. Avvolgente e rotondo al gusto e grande equilibrio tra acidità e sapidità. Nell'insieme è un vino elegante e dalle grandi occasioni. Per le sue caratteristiche organolettiche, incontrando il saporito formaggio, metterà in risalto tutte le sue qualità > Euposia Aprile 2014

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INNOVARE LA TRADIZIONE Un prodotto che è storia della cucina italiana declinato con le esigenze di un consumatore moderno che cerca l’alta qualità e i valori nutritivi in formati nuovi e più fruibili. Prestando attenzione anche alle necessità salutistiche testo di Enzo Russo

< Sono tra i salumi più venduti e conosciuti nel mondo. Gli amanti della cucina , i gourmet e in generale il mondo della ristorazione e del consumatore li conoscono bene perché nel panorama dei salumi che vengono prodotti quotidianamente sono riusciti a conquistarsi un posto in "prima fila", sia per la qualità sia per la genuinità. Stiamo parlando

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del Salumificio Fratelli Beretta, una bottega diventata azienda, fondata nel 1812 a Barzanò. A distanza di più di 200 anni, è diventata una delle più importanti realtà nel panorama della lavorazioni delle carni suine. Il suo nome: Salumificio Fratelli Fratelli Beretta, è una garanzia per tutti, sia in Italia sia all'estero.


Questo primato, faticosamente conquistato nell'arco degli anni è il frutto delle generazioni che si sono succedute che hanno scelto di proseguire sul solco tracciato dal capostipite, sempre alla ricerca della migliore qualità artigianale che è risultata vincente. «Nel panorama della salumeria italiana - dice il direttore Marketing e Strategie Sabino Gravina -

negli anni 60 quando in Italia nascono i primi supermercati, Giuseppe e Vittore Beretta credono nello sviluppo e crescita di questo nuovo canale di vendita che preludeva ai cambiamenti di stili di vita dei consumatori che nel futuro avranno sempre minor tempo per fare la spesa. E' da qui l'idea di produrre prodotti a libero servizio per la distribuzioEuposia

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FOOD

Sabino Gravina, direttore marketing del Salumificio Fratelli Beretta

INFO Salumificio Fratelli Beretta S.p.A. Via Fratelli Bandiera 12 20056 Trezzo sull'Adda (Mi) Telefono 02.909851 Fax 02.90985510 www.berettafood.com

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ne moderna. Attraverso la funzione Ricerca e Sviluppo vengono creati prodotti che corrispondano alle nuove esigenze del consumatore moderno che non ha tempo di andare tutti i giorni dal salumiere. Il consumatore, si rende conto che le confezioni di salumi, mantenevano intatte tutte le fragranze, le qualità e la freschezza di un salume appena tagliato e in più, conservati in frigorifero, avevano il vantaggio di mantenere inalterati sapori e profumi per parecchi giorni, fino alla naturale scadenza indicata sulla confezione. Una scelta vincente. Negli anni 70, con il nuovo stabilimento specializzato nella produzione di wurstel, viene lanciato sul mercato la marca leader “Wuber”. Agli inizi del 2000, l'orizzonte del Salumificio Fratelli Beretta si amplia per venire incontro alle esigenze dei nuovi consumatori che cercano prodotti con elevato contenuto di servizio: piatti pronti e snack che fanno parte della tradizione gastronomica italiana». Parliamo adesso dei piatti pronti, una grande e felice intuizione che ha inciso sulla quotidianità di molti consumatori aiutandoli a risolvere problemi in cucina nella preparazione di primi e secondi piatti. Cosa è cambiato? «Partendo dalle lasagne e cannelloni al ragù, è stata creata la linea “Viva la Mamma Beretta”. Nel tempo la linea si è arricchita di nuove ricette con una forte connotazione tradizionale come le zuppe, i minestroni oppure piatti freddi come le insalate di riso o di orzo fino ad arrivare ad oggi con una gamma allargata a piatti etnici come la Paella Spagnola


e il cous cous alla siciliana. Tutti questi piatti vengono realizzati da noi, dove i nostri cuochi, nutrizionisti e tecnici controllano la filiera produttiva, dalla ricerca delle materie prime, alla lavorazione, fino alla conservazione tramite pastorizzazione. I tempi di sviluppo dei piatti pronti sono stati particolarmente veloci anche perché abbiamo cercato un partner importante e l'abbiamo trovato in Fleury Michon, azienda francese leader dei piatti pronti freschi in Francia che ci ha dato tutto il suo knowout adattandolo al gusto italiano». «Poi ci siamo posti una domanda: Qual'è il panino, lo spuntino, la merenda, il sostituto del pranzo più consumato in Italia? E' sicuramente il salume: con un panino, una piadina, dei panetti croccanti, con un toast, sulla pizza, etc. Abbiamo così ideato e lanciato sul mercato la nuova brand “Zero24” con una gamma di spuntini e merende pronte con salumi. Ad esempio produciamo sandwiches al prosciutto crudo e al

salame in una confezione con dentro due mini panini pronti da gustare ma anche un altro compagno di gola come la Piadina Classica e in versione mini farcite con formaggio prosciutto cotto o crudo. Una novità, unica nel suo genere, è la “Spalmosa Zero24”, è una vera crema fresca di prosciutto cotto, ricca di sapori e pronta per essere gustata spalmata su una fetta di pane leggermente tostato o con i grissini». «La produzione di salumi Beretta si è poi arricchita di una novità. “Frutti dei Sogni”, una linea Premium di affettati a peso variabile, che nasce con l'obiettivo di fornire ai veri intenditori del salume il meglio della tradizione della salumeria italiana abbinando la freschezza di un salume tagliato ad arte al momento con la più alta componente del servizio (confezionamento in vaschetta in atmosfera modificata), è dettata dal crescente interesse dei consumatori per il segmento denominato dagli addetti ai lavori “take away”, ovvero le vaschette supertrasparenti, con la marca spesso

non presente oppure quando è presente/visibile solo in modo discreto per meglio rappresentare l'artigianalità di un prodotto appena tagliato e imbustato direttamente da un salumiere del punto vendita». Cosa li differenzia dagli altri salumi? «Gli affettati della linea Frutti dei Sogni sono tutti prodotti di altissima qualità, fette lavorate a caldo (temperatura superiore ai 0°C), selezionate e disposte a mano, con cura e attenzione, proprio come farebbe il salumiere di fiducia. La linea si contraddistingue anche per una forte presenza nella gamma di salumi italiani DOP e IGP tra gli altri il Prosciutto di Parma, il Prosciutto San Daniele, il Salame Brianza e il Salame Felino e alcune specialità internazionali come il Jambon Serrano e Iberico. Inoltre tutte le referenze della gamma Frutti dei Sogni sono senza glutine, come ben evidenziato in etichetta, a testimonianza della forte attenzione del brand per queste problematiche crescenti» >. Euposia Aprile 2014

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A SPETTANDO LA D OP CARTA D’IDENTITÀ Nome: Pane toscano a lievitazione naturale (diventerà Pane Toscano Dop) Ingredienti: farina di grano tenero toscano tipo “0”, lievito naturale, acqua Forma: rettangolare, rotonda Peso: 500 g, 1 kg, 2 kg Spessore: 5-10 cm Crosta: chiaroscura, friabile e croccante Mollica: compatta e porosa, alveolata non regolare Colore: dorato, nocciola chiaro Profumo: nocciola tostata Sapore: sciocco (insipido)

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Antico, salutare e senza sale: è il pane toscano a lievitazione naturale, prossimo al conseguimento della denominazione. di Francesca Lucchese

< La ricerca storica fa risalire al Medioevo la nascita del pane toscano con quella sua peculiarità di essere totalmente privo di sale che lo renderà inconfondibile. Galeotta fu la famigerata rivalità tra Pisa e Firenze, che indusse l’allora Repubblica Marinara a bloccare il commercio del sale. Il prezzo raggiunse livelli così alti da indurre i fiorentini a privarsene totalmente, inaugurando per sempre la produzione del pane senza sale. Il pane toscano è ancora oggi “sciocco”, perfetto per l’abbinamento con la sapidità di molti piatti tipici regionali. Sciocco, rustico e ad un passo dal conseguimento della Dop. Attesa per lo scorso novembre 2013, l’investitura ufficiale è slittata a causa di alcuni imprevisti burocratici sopraggiunti nei

tre mesi dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Imprevisti ostativi che hanno evidentemente allungato i tempi. Ad ogni modo il processo di approvazione è ancora in atto e il conferimento della denominazione è all’orizzonte, presumibilmente entro i prossimi tre-quattro mesi. Un riconoscimento fortemente voluto dal Consorzio, costituito nel 2004 con il compito di tutelare e promuovere la qualità del Pane Toscano a Lievitazione Naturale. Il cammino intrapreso ha dei risvolti economici e commerciali non indifferenti: attualmente circa 70 agricoltori toscani coltivano grano destinato alla Dop e molti panifici producono già il pane secondo disciplinare (ultime modifiche maggio 2012) nell’ambito del Progetto Integrato di Filiera “Il Pane del Grano


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Toscano prodotto in accordo al Disciplinare proposto per la protezione comunitaria di origine (Dop)”. Non potendosi ancora fregiare del prestigioso bollino, l’identità del prodotto è segnalata attraverso il marchio C.P.T. registrato dal Consorzio con la lista degli ingredienti. In stand by anche la GDO con alcune catene distributive importanti come Unicoop Tirreno, Conad e Esselunga già pronte a inserire sugli scaffali il pane toscano a denominazione e in rampa di lancio per prospettive di mercato internazionale. Disciplinare alla mano e con la consulenza del direttore del Consorzio Roberto Pardini vediamo cosa rende questo pane così speciale da meritare l’ambita Dop. La materia prima: solo farine di grano tenero tipo “0” di produzione toscana proveniente da semi certificati italiani toscani. Qualità e tracciabilità sono garantite dalle procedure di controllo sulla coltivazione a cura del CSQA, l’ente di certificazione che monitora l’intera filiera produttiva. I grani sono coltivati in tutta la regione, soprattutto nelle aree più vocate che sono quella senese, grossetana, aretina e livornese. La miscela di grani diversi consente di ottenere una materia prima equilibrata. Basso contenuto di glutine: il mix di cereali autoctoni toscani, in particolare i grani antichi che non subiscono alcuna manipolazione genetica, garantisce un basso livello di proteine

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e dunque di glutine a tutto vantaggio della tollerabilità alimentare e della digeribilità. Il germe di grano: mentre nei pani comuni il germe viene estratto per garantire la conservazione e lo stoccaggio delle farine, oltre che la sua commercializzazione in ambito farmaceutico, nel pane

settimana la pagnotta sia ancora in ottima forma. Salubrità: vale la pena sottolineare la nota di salubrità che contraddistingue il prodotto per le caratteristiche appena espresse. Interessante a questo proposito la sinergia del Consorzio con l’ospedale pediatrico Meyer di Firenze che ne ha fatto un prodotto di riferimento e di studio. Rientra nella promozione della salute anche la collaborazione con l’Associazione dei Biologi Nutrizionisti della provincia di Arezzo con la fornitura del pane alle Olimpiadi della Nutrizione nelle scuole. Dunque ci sono tutte le carte in regola e certo è che il tagliere tipico di

toscano il germe viene mantenuto anche dopo la molitura. Un vero e proprio concentrato di sostanze nutritive, fibre, vitamine, sali minerali. La lievitazione: rigorosamente a pasta acida (lievito madre) per garantire quel processo comunemente chiamato a lievitazione naturale scatenato da almeno 15-18 microrganismi. La pasta acida impedisce lo sviluppo di muffe e garantisce un mantenimento del pane nel tempo fino a tre giorni, ma c’è chi giura che anche dopo una

salumi e formaggi che trovi in ogni trattoria toscana non può prescindere dall’accompagnamento neutro e dunque complementare di una buona fetta di pane toscano. Ma il rispetto del disciplinare di produzione e la qualità delle materie prime non sono tutto. Roberto Pardini, nella foto in alto, in prima fila per il traguardo del Pane Toscano Dop, sentenzia: “Il disciplinare non è un ricettario. Dà delle indicazioni da rispettare, ma il pane poi bisogna saperlo fare”. >



News MAREMMA: WINE & FOOD SHIRE DAL 16 MAGGIO

lamour e understatement al tempo stesso, questa è la Maremma. Charme ed emozioni allo stato puro. Appartata, segreta, riservata solo a chi è sensibile alla bellezza. Una terra in parte remota e schiva dal fascino intimo di luoghi fortemente preservati. Soprattutto, una terra dove la natura si sente ancora forte, talvolta aspra. La Maremma si racconterà e si mostrerà al pubblico in una lunga tre giorni, 16-17-18 maggio con un grande salotto open air lungo le vie e le piazze più suggestive del centro storico di Grosseto che ne rappresenta un po' il cuore e la "capitale". "Passione Maremma-Wine&food shire" per il secondo anno porta la Maremma toscana coi suoi prodotti e i suoi produttori (oltre 100), ma soprattutto uno stile di vita maremmano dall'identità forte, dentro la cerchia delle possenti Mura Medicee che racchiudono il suggestivo cuore medievale di Grosseto fino ad allargarsi al territorio con attività all'aria aperta, dalla pesca al golf all'equitazione. Pur immersi nella ruralità maremmana il nucleo della festa si snoderà attraverso il nucleo più caratteristico del centro storico e degli spazi più suggestivi di Grosseto collegati da un

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percorso a tema, e al calar della luce da un percorso di luci e proiezioni su mura e facciate. Si comincerà da piazza Baccarini, la stessa del Museo Archeologico, proprio accanto alla riservata piazza San Francesco dove saranno riunite le arti e l'artigianato artistico, poi si entrerà nella scenografica piazza Duomo per poi passare in piazza Dante e spostarsi infine in piazza del Sale proprio sotto le Mura anche loro teatro della festa. Il "racconto" maremmano si dipana lungo spazi caratterizzati da un'impronta eco fashion attraverso immagini, storie, testi teatrali, musica, sapori, profumi, atmosfere che parlano di una terra in cui natura e presenza umana, ruralità e storia si legano. Una terra infatti vocata al bello quanto al buono con prodotti eccellenti e vini memorabili, frutto di una viticoltura all'avanguardia da parte di aziende di punta e in un terroir sempre più emergente. Eccellenze da scoprire e degustare a “Passione Maremma Wine&Food shire” attraverso "wine tasting", "classi del gusto", "cooking show" animati e coordinati da Paolo Massobrio. Il racconto itinerante dei profumi e

sapori di Maremma, oppure le dimostrazioni e le degustazioni: dal pesce ai più tipici prodotti maremmani preparati sul posto secondo ricette di tradizione. Una Maremma da assaporare anche a casa facendo shopping nelle tante botteghe del centro storico che in questi tre giorni presenteranno vetrine speciali a tema Maremma. Così come fin di buon mattino si potrà seguire un percorso del gusto maremmano nei caffè e nei ristoranti del centro che proporranno colazioni e menù maremmani e carte dei vini del territorio. Dalla schiaccia coi friccioli all'acqua cotta. All'interno della manifestazione entro aree suddivise in Wine, Food, Art saranno gli stessi produttori a raccontare la qualità, il lavoro che c'è dietro l'eccellenza. Gli artigiani del gusto come quelli delle arti, i pescatori come i butteri o gli allevatori. I maestri d'ascia, i maniscalchi o gli stylist che realizzano esclusivamente capi di sartoria maremmana. Salotto nel salotto infatti il "fumoir" su piazza San Francesco dove la star è il sigaro toscano accompagnato da distillati e vini da dessert. Degustazioni, percorsi guidati, amabili conversazioni a tema.



News SPUMANTI ITALIANI: NEL 2013 PRODOTTE 434 MILIONI DI BOTTIGLIE ollicine e spumanti Italiani sulla cresta dell'onda. L’Osve, l’Ossevatorio economico sui vini effervescenti, ha reso noti i dati a fine 2013 relativi al mercato degli sparkling wines tricolori. La produzione annua è stata di 434 milioni di bottiglie con un valore all'origine di 735 milioni di euro. La crescita dei volumi è stata del 9,1%. Per il solo export ancora meglio: volumi a +11,5% e valore +16% rispetto al 2012. Consumi totali stimati a 419.960.000 bottiglie di cui 397.250.000 di bottiglie di metodo italiano e 22.710.000 di metodo tradizionale, ancora per il 92% consumato tutto in Italia e troppo legato alla "regionalità". 277,6 milioni di bottiglie sono state stappate all'estero (in 78 Paesi) e 142,4 milioni sono state consumate in Italia. Giro d'affari al consumo totale stimato di 3,071 miliardi di euro. Al consumo, il valore di una bottiglia è in crescita anche del 1820% in alcuni Paesi, a significare la crescita dell'appeal del binomio bollicine-Italia nel mondo, con una identità nazionale concentrata sulla tipologia di vino aromatico. Il mondo Prosecco (Valdobbiadene, Conegliano, Cartizze, Asolo, Prosecco Doc, Glera) incide per due bottiglie ogni tre. 307 milioni di bottiglie contro 304, per la prima volta la Piramide Prosecco supera il Mondo Champagne. Il mercato italiano si presenta bloccato, infedele, discontinuo,

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ma non ancora maturo. Eccessivo il distacco fra produttore e consumatore: la complessa difficoltà della domanda impone più elasticità di metodi d'offerta. Il consumo nazionale, per il terzo anno consecutivo regredi- Vendute poco meno di 420 milioni sce, -8,1 miliodi bottiglie di cui soltanto 22 ni di bottiglie (il 6,2%) in di metodo classico totale, compreso 3,7 riscontra una certa stabilità dei milioni di bottiglie importate volumi, un leggero calo delle (Champagne e Cava). Le bollicine nazionali hanno con- High Tags, crescono leggermente i volumi dei primi prezzi, il fattutribuito (per prezzo, qualità e rato tiene o cresce leggermente a immagine) a sostituire i vini seconda delle insegne. importati. «Il mercato nazionale ha bisogno ispetto al 2012, il dato generale di una nuova programmazione di del consumo in Italia è a -1,8%; marketing e strategia lungo periomentre il valore al consumo regido: più promozione commerciale stra un +0,5%. Un calo volumi e contatto diretto con il consu2013 più contenuto rispetto al divario fra 2011 e 2012 che aveva matore finale per crescita dei confatto registrare un -2,7%, ma non sumi. Il supporto conoscitivo e formativo fanno parte del mix di si può parlare di inversione di vendita: queste azioni devono tendenza. essere più localizzate, soggettive e In 3 anni l'horeca ha fatto registrare un calo di consumi di bolli- private, con inviti a toccare con mano, in fase di contrazione, cine del 11%, soprattutto per le discontinuità» sottolinea etichette con prezzi intermedi. Giampietro Comolli (nella foto) Tengono i marchi più noti e di presidente dell’Osservatorio ecoalto valore. nomico vini effervescenti. Nella grande distribuzione si



News SANTA MARGHERITA: DEBUTTA IL MULLER-GLERA anta Margherita torna al Vinitaly con un nuovo vino, figlio della tradizione enologica della cantina di Fossalta di Portogruaro. Era il 1952 quando venne presentato il primo vino spumante da vitigno Glera ed era il 1986 quando sui mercati debuttò il Müller Thurgau frizzante: due vini immediatamente apprezzati in tutto il mondo. Oggi, a distanza di quattro decadi, Müller Thurgau e Glera si fondono assieme per dar vita ad un nuovo spumante charmat secco che va a rispondere ad una domanda crescente di vini innovativi, ma ricchi di storia e tradizione, affiancandosi ai "fratelli maggiori" monovitigno. Il blend originale delle due uve, infatti, racconta molta della storia di Santa Margherita: il Müller Thurgau proviene da vigneti posti sulle pendici delle Dolomiti fra i 400 ed i 600 metri d'altezza; la Glera, invece, dalle colline della Marca Trevigiana. La vinificazione è in bianco, separatamente, con spremitura soffice delle uve. Dopo la prima fermentazione, avviene l'assemblaggio con la seconda fermentazione, a temperatura controllata, e la "presa di spuma". La ricchezza e l'originalità del blend - la delicata aromaticità del Müller Thurgau e la florealità e la consistenza del frutto della Glera - si percepisce nettamente al bicchiere: il brillante color giallo paglierino e uno scoppiettante perlage anticipano una immediata esplosione di profumi dai richiami floreali e di agrumi ravvivati da piacevoli note di erbe di campo e officinali. In bocca si conferma l'impressione di vivacità e vitalità avvertita al naso grazie a una sensazione gustativa "croccante" e una freschezza vibrante che prolunga nel finale le note aromatiche.

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Rarità di Cantina Terlano: riflettori puntati sul Pinot Bianco ome da tradizione, al finire dell'inverno Cantina Terlano presenta il suo vino rarità, prodotto in quantità molto limitate. Quest'anno la scelta è caduta sul Pinot Bianco 2002 che debutterà ufficialmente in occasione delle due fiere specializzare “ProWein” di Düsseldorf e “Vinitaly” di Verona (dal 6 al 9 aprile). Il vino rarità è il simbolo per eccellenza della straordinaria longevità dei vini di Terlano: «In un primo momento i vini fermentano in grandi botti di legno per circa un anno e poi proseguono la lunga maturazione su lieviti fini in fusti d'acciaio da 2.500 litri. Seguono poi l'imbottigliamento e l'invecchiamento in bottiglia per un altro anno in modo da permettere ai vini di raggiungere la completa maturazione» così l'enologo Rudi Kofler spiega le impegnative fasi di produzione della rarità. Questo particolare metodo si deve allo storico cantiniere Sebastian Stocker che, ispirandosi ai francesi, iniziò ad affinare i vini sui lieviti per tempi molto più lunghi. Attualmente sono 15 i vini bianchi di diverse varietà in affinamento nei piccoli fusti d'acciaio con annate che vanno indietro nel tempo fino al 1979 . «Per il 2014 abbiamo deciso di mettere sul mercato, come rarità, il nostro Pinot Bianco 2002, un'annata che a Terlano è stata caratterizzata da una resa piuttosto limitata ma eccezionale dal punto di vista qualitativo - ricorda Kofler - .Il vino resenta una notevole struttura con note speziate ed aromi particolarmente penetranti e delicati che saranno in grado di esprimersi al meglio nel giro di qualche anno». In totale saranno solo 3.330 le bottiglie del vino rarità di Cantina Terlano in vendita.

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News SESTO ANNO DI CRISI: IL VINO NELLA GDO CRESCE SOLO IN VIRTÙ DEL PREZZO el 2013, sesto anno di crisi economica, gli italiani hanno bevuto meno vino in quantità, cercando contemporaneamente sia la qualità che il risparmio. Si sono orientati sulle bottiglie “doc” ed hanno iniziato ad apprezzare il vino biologico, ma si sono spostati anche su formati meno costosi come quello del vino da tavola ed il vino con la marca del distributore, cioè del supermercato stesso. I vini bianchi crescono più dei rossi ed i frizzanti vanno meglio dei fermi; spumante italiano e prosecco sono sempre più acquistati. Questo il quadro emerge dalla ricerca svolta dall’IRI per Vinitaly 2014 sulle vendite di vino nei supermercati, un canale che distribuisce circa il 63% del vino. La grande distribuzione ha venduto, nel 2013, 517 milioni di litri di vino confezionato per un valore di 1 miliardo e mezzo di euro, con una sensibile flessione in volume del 6,5% rispetto all’anno precedente (nel 2012 era stata del 3,6%), certamente condizionata dal sensibile aumento dei prezzi: + 10,2% al litro, tanto che le vendite in valore fanno segnare un + 3,1% . Il formato più venduto nel 2013 rimane quello delle bottiglie da 75cl a denominazione d’origine (Doc, Docg e Igt) che nel 2013 ha fatto registrare un volume di oltre 213 milioni di litri per un valore di quasi 1 miliardo di euro. Questo formato ha subito nel 2013 una flessione del 3,2%, calo sensibile ma pur sempre minore del - 3,5% del 2012, risultato più apprezzabile se si considera l’aumento di prezzo del 5,6% in un anno che ha portato il prezzo medio della bottiglia a 4,5 euro. Il formato che presenta invece un drastico calo è quello del vino in brik, le cui vendite scendono nel 2013 del 9,4%, influenzate da un aumento di prezzo del 20,5%. Resiste invece il tradizionale vino da tavola in bottiglia da 75cl, sostanzialmente stabile con una lieve flessione a volume dello 0,3%, che diviene di fatto il formato più performante del 2013. Sul fronte della ricerca della qualità da parte dei consumatori, va segnalata la crescita del 4% in volume delle vendite di vini biologici nei supermercati, con 1 milione di litri venduti per un valore di 5 milioni di euro. Qualità a prezzo contenuto sembra essere il segreto del successo dei vini a marca del distributore (o marca privata), dunque commercializzati direttamente dalle insegne della grande distribuzione spesso con marchi

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di fantasia, che nel solo comparto delle bottiglie a 75cl vende quasi 16 milioni di litri e tiene le posizioni, nonostante la crisi dei consumi. Da sottolineare infine le vendite del vino “bag in box”, cioè di quelle confezioni da 3 litri di vino conservato senza ossigeno spillabile dal rubinetto: nel 2013 sono stati venduti 9 milioni di litri per 15 milioni di euro. Nonostante una flessione del 3,1% in volume nel 2013, diversi esperti ritengono che il futuro di questo formato potrebbe essere roseo per la sua evidente praticità. E quali sono i vini più amati dagli italiani? La classifica elaborata da IRI per Vinitaly 2014 presenta delle conferme con interessanti sorprese se si analizzano i tassi di crescita. I vini più venduti in assoluto sono: Chianti, Lambrusco, Vermentino, Barbera, Bonarda, Montepulciano d’Abruzzo, Nero d’Avola, Muller Thurgau, Morellino, Dolcetto. Tra i vini emergenti, cioè quelli con il maggiore tasso di crescita troviamo il sorprendente exploit del Pignoletto e del Cannonau, il primo sospinto da una presenza sempre maggiore sugli scaffali di tutta Italia ed il secondo favorito anche da una considerevole spinta promozionale. In questa particolare classifica troviamo anche il Prosecco, il Vermentino (che non a caso compare nella top ten dei vini più venduti in assoluto), il Pecorino, l’Aglianico e altri. Un primo commento all’andamento del mercato nel 2013 viene dall’IRI e da Federdistribuzione. «Negli ultimi mesi del 2013 abbiamo assistito a un rallentamento nel calo delle vendite di vino – ha spiegato Virgilio Romano, Client Service Director IRI - che ci fa ben sperare per l’anno in corso. Nel 2013 abbiamo scontato anche una delle vendemmie meno generose degli ultimi anni (quella del 2012) che ha causato un aumento dei prezzi che riversato sul prodotto ha notevolmente rallentato gli acquisti. Inoltre sta cambiando il comportamento dei consumatori: non hanno un atteggiamento passivo e di fronte alle variazioni nei prezzi cercano di mantenere il proprio carrello della spesa sui livelli dell’anno precedente, attraverso scelte sempre più attente e oculate». Analisi condivisa da Federdistribuzione il cui rappresentante a Vinitaly 2014, Alberto Miraglia, Direttore


News

Marketing di Auchan, fornisce indicazioni per il mercato nazionale e quello estero: «Difronte alla crisi, le imprese della grande distribuzione hanno incrementato la leva promozionale, fino al 51,3% registrato nel 2013 sulle bottiglie doc; ma oltre non si può andare perché i margini sono già troppo erosi. Cercheremo quindi di diversificare, puntando ancor di più sulla marca del distributore, dando attenzione a produzioni come quella del vino biologico e sviluppando ulteriormente la presenza di piccoli produttori legati al territorio». «Poi c’è il discorso dell’export – prosegue Miraglia -

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ci sono insegne che portano il vino italiano nei propri punti vendita internazionali, promuovendolo con manifestazioni specifiche o inserendolo regolarmente nell’assortimento; altre che favoriscono il prodotto nazionale sfruttando rapporti consociativi con catene distributive estere, incentivando rapporti diretti tra grande distribuzione straniera e cantine italiane, indicando cantine e prodotti interessanti da inserire nelle linee di vino di marca del distributore dell’insegna estera. Si delinea così uno scenario sempre più interessante per le cantine italiane, anche di medie proporzioni».

TRE TIPOLOGIE DI VINO VENDUTE PER

REGIONE

E LORO QUOTA IN

VOLUME

(Fonte Infoscan-Census al2912/2013)

Liguria

16.8%

Bonarda

Barbera

Lambrusco

Lombardia Piemonte Emilia Romagna Veneto Friuli V.G. Trentino A.A. Lazio Toscana Umbria Sardegna Marche Sicilia Puglia Campania Abruzzo-Molise Basilicata-Calabria

16.6%

Lambrusco

Bonarda

16.5%

Barbera Barbera

Dolcetto

Bonarda

25.7%

Lambrusco

Sangiovese

Pignoletto

13.8%

Merlot

Cabernet

Lambrusco

13.5%

Merlot

Cabernet

Friulano

18.2%

Teroldego

Merlot

Marzemino

8.5%

Chianti

Montepulciano d’A. Vermentino

12.8%

Chianti

Morellino

Sangiovese

14.3%

Trebbiano

Sangiovese

Montepulciano d’A.

23.0%

Cannonau

Vermentino

Monica di Sardegna

17.6%

Verdicchio

Trebbiano

Passerina

13.3%

Nero d’Avola

Syrah

Alcamo

Sangiovese

Primitivo

Negroamaro

15.8%

Solocapa

Aglianico

Lambrusco

25.2%

Montepulciano d’A.

Trebbiano

Pecorino

22.1%

Ciro’

Nero d’Avola

Aglianico

8.1%

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News CONSERVAZIONE DEL VINO: UNA RICERCA SPIEGA PERCHÉ IN CASA “INVECCHIA” PIÙ IN FRETTA he il vino si conservasse meglio in cantina piuttosto che in appartamento già si sapeva. Ma ora dalla Fondazione Edmund Mach arriva un'importante conferma scientifica che spiega perché e quanto l'età chimica cambia nei diversi ambienti facendo scoprire inaspettate reazioni e nuovi composti. Stando alla ricerca, intitolata “L'influenza della conservazione sull'età chimica dei vini rossi” e pubblicata in questi giorni sulla rivista Metabolomics, nella tipica conservazione domestica l'età chimica del vino accelera di ben quattro volte: molte decine di composti cambiano concentrazione partecipando a reazioni indotte dalla temperatura. In particolare la conservazione domestica induce la formazione di composti, mai osservati prima, che nascono dall'unione tra i tannini e l'anidride solforosa, e una classe di pigmenti del vino, denominata “pinotine”, che fa evolvere il colore del vino verso toni più aranciati. Aumentandone, appunto, l'età chimica. La ricerca, svolta all'interno del progetto Qualità alimentare e funzionale “Qualifu” finanziato dal Ministero per le Politiche Agricole ha permesso di seguire per due anni l'evoluzione di 400 bottiglie di Sangiovese, vino tipicamente da invecchiamento, conservato in vetro scuro con tappo di sughero naturale. Duecento bottiglie sono state collocate nella cantina aziendale della Fondazione Mach, ad una temperatura costante tra i 15 e i 17 gradi e con umidità del 70 per

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cento; le altre duecento sono state

collocate in condizioni simulanti la conservazione domestica, al buio, con una temperatura oscillante, secondo le stagioni, tra 20 e 27 gradi. I vini sono stati campionati ogni sei mesi. La ricerca si è svolta nei laboratori di metabolomica dotati di strumenti che consentono di misurare contemporaneamente l'evoluzione di circa un migliaio di composti presenti nel vino, e si è avvalsa della collaborazione delle cantine (sia sperimentale che aziendale) della Fondazione Mach. «Sei mesi in appartamento fanno raggiungere al vino una età chimica che corrisponde ad un affinamento di due anni nelle condizioni ideali di cantina - spiega Fulvio Mattivi, nella foto in questa pagi-

na, coordinatore del Dipartimento qualità alimentare e nutrizione, e autore della pubblicazione -. Produttori, ristoratori, enoteche e distributori dovrebbero verificare se i loro locali siano idonei alla conservazione ottimale dei vini, specie nei mesi caldi, e in caso contrario valutare quale sia la conservazione massima da non superare, se queste condizioni ideali non possono essere assicurate. Bastano infatti pochi gradi in più per rendere un locale non idoneo ad una conservazione prolungata». Durante la conservazione si verificano numerose reazioni chimiche la cui velocità è indotta dalla temperatura. Nel vino conservato in ambiente domestico la colorazione diventa più aranciata e l'anidride solforosa, conservante presente in tracce nei vini, si combina con il tannino formando una classe di composti, mai osservata prima, di derivati solfonati di catechine e procianidine, favorendo un precoce invecchiamento del vino. Un altro dato interessante emerso dalla ricerca è che, per quanto riguarda i composti di valenza salutistica, in due anni gli antociani (ossia i pigmenti rossi estratti dall'uva) sono diminuiti nell'ordine del 30 per cento in cantina e dell'80 per cento in ambiente domestico. La temperatura induce l'idrolisi dei flavonoli glicosidi, in particolare dei derivati della quercetina, e porta alla diminuzione di svariati composti, tra cui l'acido pantotenico (vitamina B5).


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P E C I A L E

P

R O W E I N

IL SOMMARIO Pag. 88 pag. 90 pag. 92 Pag. 95 Pag. 96

Consorzio Lessini Durello Doc Ronchi di Cialla Cantine Sangro Cantine Saputi Fattoria di Magliano e Birrificio Bruton pag. 98 Santa Sofia pag. 100 Cantine Coppola 1489 pag. 103 Mazziotti pag. 104 Tenute Polvaro pag. 107 Foss Marai Pag. 108 Castello delle Regine Pag. 109 Falezze Pag. 110 Cave du Vin blanc de Morgex et La Salle

Pag. Pag. Pag. Pag. Pag. Pag. Pag. Pag. Pag. Pag. Pag. Pag. Pag. Pag.

111 San Salvatore 1988 112 La Collina dei Ciliegi 113 Costaripa 114 Acqua Morelli 115 Antiche Vigne 117 Rossobastardo 118 Agricola Vallecamonica 121 Bosio Franciacorta 122 Fattoria Dianella 123 Agripunica 124 Marchesi de’ Cordano 125 Serracavallo 126 Terre di Cosenza 127 Terre Nobili

STAND DEUTSCHLAND SOMMELIER ASSOCIATION- EUPOSIA HALLE 3 STAND 3N65

In collaborazione con:







Prowein MAZZIOTTI, VIGNETO DI FAMIGLIA

L'

Azienda Agricola Mazziotti fu fondata nel 1900 da Gerardo Mazziotti. Il figlio Italo ne raccolse l'eredità e diede ulteriore impulso sia alla cantina che al prodotto. A lui si deve l'impianto del vigneto specializzato dal quale si ricavano ancora oggi le uve utilizzate dall'azienda. Dalla scomparsa di Italo Mazziotti la figlia Flaminia ne ha proseguito l'opera nel rispetto della tradizione familiare. Recentemente a Flaminia si è affiancata la figlia Valeria Laurenzi. L'Azienda ha una superficie complessiva di circa 85 ha. Il vigneto di circa 30 ha è costituito da terreno vulcanico sciolto con poco scheletro, ricco di potassio e fosforo ed è situato in una zona collinare, circondata da boschi che contribuiscono a creare un favorevole microclima. Le uve utilizzate dall'azienda provengono esclusivamente da tale vigneto. Queste le note caratteristiche di tre dei più rinomati vini di Mazziotti.

Affinamento in acciaio inox "sur lies" e sospensione settimanale delle fecce. Stabilizzazione tartarica a freddo nel mese di gennaio.

EST!EST!!EST!!! Vino bianco D.O.C. "Est! Est!! Est!!! di Montefiascone Classico" Uvaggio:Malvasia bianca, 15%; Procanico, 65%; Rossetto, 20% Raccolta manuale in cassette forate da KG 15 cad. Pressatura diretta e selezione delle differenti frazioni di mosto. Illimpidimento statico e separazione dei fondi. Aggiunta di lieviti selezionati. Fermentazione alcolica termocontrollata in acciaio inox (una settimana circa).

CANULEIO Vino bianco I.G.P. Lazio. Uvaggio: Chardonnay, 60%, Sauvignon, 20%; Malvasia Bianca, 20% Raccolta manuale in cassette forate da KG 15 cad. Pressatura diretta ed utilizzo del solo mosto fiore. Illimpidimento statico e separazione dei fondi. Aggiunta di lieviti selezionati. Fermentazione alcolica termocontrollata in acciaio inox (una settimana circa). La fermentazione malolattica è impedita con

mezzi fisici. Affinamento in acciaio inox "sur lies" e sospensione settimanale delle fecce. Stabilizzazione tartarica a freddo nel mese di gennaio. Assemblaggio ed imbottigliamento nel mese di febbraio. MERLOT I.G.P. Lazio "Merlot". Uvaggio: Merlot in purezza Raccolta manuale in cassette forate da KG 15 cad. Diraspa-pigiatura delle uve e macerazione a freddo per 12-18 ore. Aggiunta di lieviti selezionati. Fermentazione alcolica termocontrollata e macerazione di post-fermentazione di qualche giorno. Svinatura e pressature soffice delle vinacce. Fermentazione malolattica in acciaio. Affinamento del vino in acciaio inox fino alla primavera successiva. Assemblaggio e imbottigliamento durante la primavera successiva alla vendemmia. Az.Agr. Mazziotti Via Cassia km 110 01023 Bolsena (VT) Tel. +39 06 44291377 FAx. +39 06 44233187 mazziottiwines@libero.it Euposia

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Prowein

TENUTA POLVARO, VINO DAL 1681

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a storia della Tenuta Polvaro risale al 1681, quando la nobile famiglia veneziana dei Polvaro acquistò dalla Serenissima Repubblica di Venezia un immenso bosco, edificando poi la casa padronale e la cappella. La famiglia De Zan Candoni ha riportato questo meraviglioso borgo ed i suoi terreni agli antichi splendori, rispettando appieno e valorizzando le caratteristiche naturali del territorio e i canoni dell'architettura seicentesca. IL TERRITORIO La zona di produzione si trova in Veneto all'interno della famosa area vinicola del Lison Pramaggiore. L'eccelsa qualità dei vini Polvaro è dovuta alla natura argillosa del terreno, al clima mite, alle più moderne tecniche di vinificazione e al supporto di uno staff di enologi e di agronomi esperti e appassionati. La tenuta comprende oltre 70 ettari di vigneti con una produzione concentrata sui vini tipici D.O.C. del Lison Pramaggiore tra cui: Pinot Grigio, Verduzzo, Cabernet Sauvignon, Merlot e Prosecco. Di particolare rilevanza troviamo il Lison Classico D.O.C.G. (Friulano), prodotto autoctono che rappresenta il fiore all'occhiello della produzione, assieme ai due uvaggi Polvaro Nero e Oro. L'AZIENDA Tra i vini commercializzati dalla famiglia Candoni De Zan c'è anche il marchio Candoni, esportato nei principali mercati internazionali. Una linea estremamente artistica, caratterizzata da bottiglie decorate con riproduzioni serigrafiche di antichi affreschi etruschi, resi però attuali e contemporanei dalla scelta dei colori e da una grafica incisiva e pulita. Oltre alla qualità, l'azienda si contraddistingue per l'incessante ricerca di un miglioramento e per la grande flessibilità commerciale. Caratteristica questa fondamentale per poter affron-

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tare con la massima competitività il mercato attuale, dinamico e in continuo cambiamento. TENUTA POLVARO Via Polvaro, 35 30020 Annone Veneto - Venice — ITA Tel. +39 0421 281023 Fax +39 0421 760199 info@tenutapolvaro.it


Dalle profondità del Lago d’Iseo

S IAMO

PRESENTI AL

P ROWEN :

STAND

DESA H ALLE 3N65




Prowein FOSS MARAI, TRADIZIONE SECOLARE

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oss Marai nasce nel Veneto, a Guia, nel cuore di Valdobbiadene. L’azienda di proprietà della famiglia Carlo Biasiotto è tra le poche che possono vantare antenati che già nel Settecento possedevano tredici ettari di terreno vitati a “Prosecco”. Oggi è il presidente e insieme a lui c’è la moglie Adriana e i figli Andrea, Cristiana e Umberto. L’anno 1986 vede la nascita e la registrazione del marchio Foss Marai, naturale sviluppo di un’attività vitivinicola che trae le sue origini nel territorio di Valdobbiadene agli inizi del ’700. Parlare oggi di Foss Marai nel panorama italiano degli spumanti è innanzitutto parlare della famiglia di Carlo Biasiotto. Qualità del territorio da cui provengono le uve lavorate, il Valdobbiadenese, la costante ricerca e sviluppo del prodotto, un servizio di alta qualità al cliente, un rapporto ottimale tra qualità e prezzo, un’attenzione particolare al packaging gradevole e connaturato con i tempi: questa la “mission” di Carlo ed Adriana e dei figli Andrea, Cristiana, e Umberto.

La qualità del territorio da cui provengono le uve, la costante ricerca della qualità del prodotto danno il significato dell’eccellenza, che non è qualcosa di lontano e inaccessibile, ma è un concetto pratico in Foss Marai. Innamorarsi del territorio è l’inizio del percorso intrapreso dall’azienda, l’inizio del viaggio, con la consapevolezza, appunto, che tutto parte da qui, punto d’incontro tra

passato e presente. E poi raccogliere e valorizzare in cantina senza mai tradire il lavoro ottenuto in vigna, ovvero la cultura della tradizione si modella con la ricerca e la tecnologia. Un lavoro attento affrontato senza compromessi nel cercare sempre la qualità. Un viaggio, un andare che negli anni ha portato Foss Marai ed i suoi spumanti nell’essere considerati “ eccellenze italiane nel mondo”. Impegni internazionali attendono l’azienda, per sempre di più essere ambasciatrice di un prodotto italiano riconosciuto ed apprezzato nel mondo. FOSS MARAI Strada di Guia 109 Guia di Valdobbiadene (Treviso) 31049 ITALIA Tel. +39 0423 900 560 Fax. +39 0423 900 570 Infoline: +39 0423 900 560 Email: info@fossmarai.com


Prowein CASTELLO DELLE REGINE, PANORAMI CON GUSTO

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i sono luoghi che hanno una forte identità , legati a spazi, forme, tradizioni ed azioni che si ripetono nei secoli. E' questo il caso de “il Castello delle Regine”, in Umbria, le cui morbide colline a perdita d'occhio vedono ripetersi dal 1500 i tempi e le attività umane per coltivare, potare, raccogliere e trasformare i prodotti. Gli ulivi, spesso gli stessi piantati 5 secoli fa, le vigne, alcune vecchie di 50 anni, l'allevamento di Chianina, gli orti , le foreste, i pascoli contribuiscono a creare un'atmosfera senza tempo eppure contemporanea nel mosaico delle tante attività. La proprietà si estende per .400 ettari attorno alla fortificazione denominata Castelluccio Amerino che domina la vallata geograficamente indicata come "Le Regine" tra i comuni di Narni ed Amelia, splendidi borghi di antica storia etrusca, romana e medioevale. La costruzione faceva parte della linea di fortificazioni edificate in luoghi strategici a controllo delle valli umbre da sempre percorse per raggiungere Roma dal nord. Dal 1500' i possedimenti e i terreni sono stati feudo di diverse famiglie patrizie del luogo, subendone le alterne vicende, finché l'attuale proprietà ha ricostituito ed ampliato l'azienda, ripristinandone l'antica vocazione alla cultura della vite e dell'ulivo e puntando ad ottenere produzioni di massima qualità nel completo rispetto dell'ambiente. La filosofia è " il miglior vino dalla migliore terra", assicurando che ogni passaggio, dalla produzione dell'uva alla vinificazione, impieghi tecniche naturali. La raccolta viene fatta a mano I boschi lussureggianti ,a prevalenza querce e lecci, si estendono per circa 200 ha., circondando le vigne e gli uliveti; essi costituiscono fonte preziosa di ossigeno per l'ambiente e creano lo speciale microclima che assicura una forte escursione termica fra il giorno e la notte, fattore importante per la perfetta maturazione delle uve. Sempre nei boschi trovano rifugio ed alimento gli animali da penna ed i cinghiali. I terreni, con prevalenza di sabbia ed argilla, sono ricchi e fertili e danno prodotti che sono compiuta espressione di questa porzione di Umbria: i vini hanno suggestioni aromatiche e strutture robuste che sono rese eleganti da lunghi affinamenti in bottiglia. Gli 8000 ulivi producono olio pregiato e gli orti e i giardini di erbe odorose forniscono le materie prime

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per le ricette proposte dal ristorante, dove tutto quel che viene servito è prodotto in azienda, così come le succulente carni di Chianina e Cinta senese. Le antiche case dei contadini sono state ristrutturate per ospitare i visitatori coinvolgendoli in questo spazio dello spirito , ricco di sostanza e di emozioni. www.castellodelleregine.com


Prowein FALEZZE, CULTURA DEL VINO DA TRE GENERAZIONI

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uca Anselmi è il titolare della azienda Falezze. L'azienda Falezze è la continuazione "naturale" di una lunga tradizione familiare di produttori di uva Valpolicella e Amarone che dura da tre generazioni. Quando circa 6 anni fa il titolare fini gli studi universitari di biologia specializzandosi (nell'ultimo anno) nel ramo della microbiologia enologica, ha voluto successivamente iniziare la sua più grande passione cioè trasformare le proprie uve in vino per cercare di raccontare un grande territorio (Falezze) in un bicchiere di vino. L'azienda azienda Falezze è una piccola cantina radicata nel suo territorio da cui prende il nome. Infatti la essa vinifica una selezione accurata di uve provenienti solo da questa zona e produce ogni anno una quantità limitata di bottiglie (attorno le 10.000) di alta qualità tra Amarone della valpolicella, Ripasso e Valpolicella Superiore. Nella zona Falezze sono coltivate in prevalenza solo vigne vecchie tra i 40 e gli 80 anni, tra le più antiche della zona. I loro tralci e loro radici sono all’interno di un terreno e di un microclima molto particolare, condizionandone profondamente l'uva che ne produce. Infatti il terreno è povero di sostanze nutrienti ma ricco di microelementi che poi ritroviamo inconfondibilmente nel vino. Inoltre è un terreno fresco, con un’esposizione particolare (riceve la maggioranza dei raggi

del sole nel pomeriggio-sera), ed è ubicato in collina, gli sbalzi termici tra giorno e notte sono più elevati rispetto agli appezzamenti limitrofi e questa particolare caratteristica aiuta l’acidità e il pH del vino diventando un fattore indispensabile per produrre degli Amaroni di lunga durata. Tutte le pratiche agronomiche sono seguite personalmente dalla famiglia (in particolare dal padre).

Tutte queste caratteristiche si ritrovano in maniera inconfondibile nel vino Falezze. Inoltre ogni prodotto Falezze viene seguito dalla pittrice Sofia Kherkeladze, il suo tocco d’artista fanno di ogni bottiglia una piccola ma grande opera d’arte. AZ. AGR. FALEZZE Loc. Pigno n. 1 Illasi (Vr) 37031Illasi (Vr) Italy Euposia Aprile 2014

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LA VITICOLTURA EROICA DEI VIGNERONS DELLA CAVE DU VIN BLANC DE MORGEX ET LA SALLE

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ell'ultimo tratto della Valle d'Aosta, la Valdigne, la vite non abbandona l'uomo e si innalza fino a raggiungere i 1250 metri di alti-

tudine. La zona di coltivazione si estende nei terreni, lungo la sinistra orografica della Dora Baltea ai piedi dei ghiacciai del Monte Bianco. Qui nasce il Blanc de Morgex et de La Salle risultato della vinificazione del Prié Blanc, vitigno autoctono allevato ancora oggi franco di piede, nelle sue diversi versioni partendo dal fermo tradizionale arrivando alla creazione delle bollicine di un metodo classico unico e originale. La cooperativa si impone il lavoro nel pieno del rispetto del “terroir du mont blanc” fantasia e tecnica consentono alla creatività dei soci conferitori, orgogliosi e amanti dei loro piccoli vigneti, di esprimersi appieno sostenuti da rigorosi protocolli enologici supportati da una continua ed infinita ricerca. Espressioni varietali derivati dal connubio di diversi ceppi di lievito e aromi tipici trovano la loro massima potenzialità nella vinificazione in acciaio inox. La produzione di metodo classico nata come sperimentazione è oggi arrivata all'obiettivo di diffondere l'espressione di bollicine autoctone inimitabili in un mercato dove oggi la tipicità è un punto di forza fondamentale. Proprietari che ancora nei tempi odierni lavorano con passione e tradizione ben consapevoli di essere la base solida della struttura produttiva e divulgatori

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dell'espressione di un terroir dove la viticoltura moderna risulta essere strettamente legata all'eroico lavoro dei vignerons di una volta. CAVE DU VIN BLANC DE MORGEX ET DE LA SALLE Soc. Coop. Chemin des Iles, 31 La Ruine 1017 Morgex (Ao) Tel. 0165.800331 Fax 0165.801949 info@caveduvinblanc.com


Prowein SAN SALVATORE, TRADIZIONE E AMBIENTE

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Azienda Agricola San Salvatore nasce nel cuore del Parco Nazionale del Cilento, in una terra antica, ricca di storia e tradizione, mai toccata dall’agricoltura intensiva. La cantina si trova nella stessa area dove gli Antichi Greci cominciarono la colonizzazione della Magna Grecia e dove portarono per la prima volta i vitigni Aglianico, Fiano e Greco. I loro vigneti erano situati negli stessi luoghi ove adesso sorgono i nostri. La nostra filosofia è quella di produrre vini rispettando la natura e le tradizioni e di trasportare nei nostri prodotti la storia e i sapori di queste terre. Pur essendo un’azienda molto giovane, la prima vendemmia è infatti del 2009, San Salvatore è molto legata alla tradizione contadina cilentana, ne rispetta i tempi e i metodi, coniugandoli con l’impiego delle ultime tecnologie, assecondando così le vocazioni della terra e della natura del luogo. Come omaggio a queste terre

incontaminate e ricche di storia e tradizione, abbiamo scelto il bufalo per rappresentare la nostra azienda e dato ai nostri prodotti nomi di luoghi e località del Cilento per noi importanti. L’Azienda Agricola San Salvatore ha ottenuto la certificazione biologica da parte dell’Unione Europea e nelle proprie coltivazioni adotta esclusivamente processi biologici e preparati biodinamici. L’azienda si estende per circa 110 ettari, di cui 23,5 vitati, il resto utilizzato per oliveti, frutteti, altre coltivazioni e bosco ceduo, in modo da mantenere un equilibrio naturale nella terra. Produciamo principalmente vini, olio e, da un allevamento di 450 bufale, latte atto a produrre Mozzarella di Bufala Campana. I vigneti sono due, il più grande si trova in località Cannito, ai piedi del Monte Calpazio che lo protegge dalle intemperie, con un esposizione a sud-sud ovest in direzione del mare (poco

distante) che gli permette di essere baciato dal sole durante tutta la giornata ed essere accarezzato dalla brezza marina. Il secondo, anch’esso esposto a sud-sud ovest, è in Stio Cilento, nel cuore del Parco, a 500 mt sul livello del mare, un’altitudine che ha rappresentato una sfida, ma che produce delle uve molto pregiate ed aromatiche. Il nostro profondo rispetto della natura ci impone di ridurre al minimo l’inquinamento e l’impatto ambientale, pertanto per le scatole dei nostri vini utilizziamo solo carta riciclata e sul tetto della cantina sono installati dei pannelli fotovoltaici che ci rendono pressoché autonomi e riducono di 6.800 Kg/A le emissioni di Co2 nell’aria. AZIENDA AGRICOLA SAN SALVATORE Parco nazionale del Cilento via Dioniso snc 84050 Giungano (Sa) tel +39 0828 1990900 fax +39 0828 1990901 Facebook - Twitter mail info@sansalvatore1988.it

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Prowein IM HERZEN DES AMARONE: LA COLLINA DEI CILIEGI

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er Weinbaubetrieb Collina dei Ciliegi, Frucht des Engagements und der großen Leidenschaft von Massimo Gianolli und seiner Familie, bietet heute Weine der gehobenen Kategorie mit einer eigenen, starken Persönlichkeit. Die Rebsorten gedeihen auf einigen weichen Hügeln der Valpantena in der Nähe von Verona, denen nunmehr seit einiger Zeit ihr antiker Glanz zurückverliehen wurde. Es handelt sich um sanft belüftete Gebiete mit guter Sonnenbestrahlung, die nach mehreren Richtungen ausgerichtet sind. Die Collina dei Ciliegi hat einen Showroom in Mailand, in der Via Melchiorre Gioia 45 eröffnet, der für 7-Sterne-Events und für private Verkostungen gebucht werden kann. Unter der Führung unseres Teams können Sie unser Weinsortiment in einem entspannenden Ambiente und in völliger Privatsphäre genießen, indem Sie den Raum für eine private Feier oder für ein Arbeitstreffen mieten. Schreiben Sie an: eventiesclusivi@lacollinadeicileigi.it Die geschenksverpackungen Die Collina dei Ciliegi bietet eigene Geschenksverpackungen, von den wertvollen Schreinen aus zur Gänze händisch bearbeitetem Edelholz, bis zu den praktischen und eleganten

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Markenkarton-Boxen. Unser vollständiges Angebot finden Sie auf www.lacollinadeiciliegi.it / info@lacollinadeiciliegi.it LA COLLINA DEI CILIEGI Via Melchiorre Gioia n. 45 20124 Milano tel. 02 87158048 - fax 02 67378033 Azienda agricola: Località Erbin n. 36 37023 Grezzana (VR)


Prowein COSTARIPA E IL “VINO DI UNA NOTTE”

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a nostra azienda nasce nel 1936 a Moniga del Garda nel cuore della Valtènesi, sponda Dannunziana del lago di Garda rivolta al sorgere del sole, dove il microclima Mediterraneo rende questa regione il punto più a Nord del mondo dove crescono spontaneamente viti, olivi, cedri e capperi. Dalla terra dei rosé, con una nuova denominazione di origine produciamo due finissimi Valtènesi con le 4 uve autoctone del Garda (Groppello, Marzemino, Sangiovese, Barbera). Rosamara è "il vino di una notte" infatti le bucce, per dare la giusta colorazione, rimangono a contatto con il mosto soltanto poche ore dopodichè vengono separate senza pressatura per estrazione diretta dalla vasca fino al gocciolamento, è questa la cosiddetta vinificazione "a lacrima". Senza una spremitura vera e propria, per utilizzare solo il cuore dell'acino, diventa vino solo la parte più nobile dell'uva. Nel 2010 il nostro RosaMara ci ha fatto vivere un'emozione, vincendo una medaglia d'oro al Mondial du rosee di Cannes, dando prova che i rosè del nostro territorio possono equivalere i grandi Rosè d'oltralpe. Molmenti dedicato al Senatore Pompeo Gherardo Molmenti, ideatore nel 1896 del Rosè di Moniga, è ottenuto con il medesimo processo ma la fermentazione e l'affinamento avvengono in botti Tonneaux, secondo il metodo tradizionale in uso alla fine del XIX secolo.

Questo tipo di vinificazione conferisce carattere e longevità, il Rosé Molmenti è stato protagonista di diversi premi quali la Pentola d'oro di Baldassarre Agnelli '09 ed ha accompagnato le First Ladies durante la cena a del G8 nel Luglio 2010. Tipico vitigno di questa zona é il Groppello, la sua presenza é testimoniata da oltre 700 anni di storia, coltivato oggi in non più di 400 ettari in tutto il mondo, dal grappolo compatto e di colore blu a piena maturazione, esigente nella coltivazione in quanto facile a subire alterazioni per la compattezza

degli acini. Non manca l'attenzione del sig. Mattia Vezzola, eletto enologo dell'anno 2004 e 2008, alla produzione del Metodo Classico, dove quest'anno finalmente porterà il suo nome su tutti e cinque i suoi spumanti. .....Storia, tecnologia e tradizione si fondono in una produzione di qualità, con amore e rispetto delle nostre terre. COSTARIPA Produzione vino in Valtenesi Vino Chiaretto Via della Costa n.1/A - 25080 Moniga del Garda ( Brescia ) Tel. + 39 0365 502010 Fax +39 0365 502675 Euposia

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Prowein ACQUA MORELLI DAS NEUE ITALIENISCHE PREMIUM-WASSER

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uellfrisch, rein und natürlich - Acqua Morelli ist die neue Premium-Wassermarke aus Italien. Mit feinen Geschmacksnuancen und einem schicken Äußeren begeistert es die gehobene Gastronomie. Und das ganz exklusiv, denn der edle Italiener ist aktuell ausschließlich in Bars, Restaurants und Diskotheken erhältlich. Das natürlich reine Quellwasser wird in den beiden Sorten "Frizzante" (mit Kohlensäure / sparkling) und "Naturale" (ohne Kohlensäure / non-sparkling) jeweils in der 0,25 l sowie in der 0,75 l Mehrwegflasche angeboten. Acqua Morelli verstärkt ab sofort das leistungsstarke und umfangreiche Portfolio an Premiumgetränken der Paderborner Markenschmiede MBG International Premium Brands. REIN UND MINERALIENARM FRISCH AUS

QUELLE Der Ursprung des Premium-Wassers liegt in einem wilden Buchenwald im Herzen der "Alpi Marittime", den italienischen Seealpen. Auf der luftigen Höhe von 1.000 Metern befindet sich die Quelle "Bauda", aus der das Wasser gewonnen wird. Die Abfüllung erfolgt direkt vor Ort nahe der Quelle, in einem unberührten Ökosystem der italienischen Alpen. Absolute Reinheit DER

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und belebende Frische vereinen sich mit purer Leichtigkeit und machen das Wasser von Acqua Morelli so besonders gefällig und einzigartig anregend im Geschmack. Der "Italiener" ist sehr mineralienarm und für ein Mineralwasser außergewöhnlich weich. Die Gesamtmineralisierung beträgt nur 39,6 mg/l, der Natrium-Gehalt lediglich 4,1 mg/l. Als Begleiter zu feinen Speisen und erlesenen Weinen, als hochwertige Zutat beim Kochen und für Cocktails oder als Co-Getränk zum Espresso, Cappuccino & Co. - das exklusive Premium-Wasser von Acqua Morelli ist facettenreich und vielseitig in der Verwendung. Erhältlich ist der schicke Italiener im praktischen 24 x 0,25 l oder alternativ im 12 x 0,75 l Mehrwegkasten. Die Produkteinführung wird unterstützt durch eine exklusive GastroOffensive und über eine reichweitenstarke PRKampagne in Print und online. ATTRAKTIVES UND LUXURIÖSES GASTROPAKET Acqua Morelli ist nicht nur geschmacklich ein purer Hochgenuss, sondern überzeugt Gastronomen durch seine einzigartige, "royale" Produktausstattung. Die tiefblau gefärbte Individual-Flasche wurde eigens mit einem aufwändigen Embossing und einem brillanten Etikett aus Silberpapier versehen. Parallel zur Produkteinführung von Acqua Morelli stellt die Premium-Marke ihre Glasserie by Leonardo vor. Das hochwertige, fein geschliffene Wasserglas sowie die Boden- und Tischvase sind mit einem aufwändigen Silberdruck ausgestattet. Durch den blauen Dekor-Nebel fügen sich Tischaccessoires und Deko-Elemente perfekt in das Markenbild und bieten in ihrer Gesamtheit eine Barausstattung der Extraklasse. ÜBER DIE MBG GROUP MBG ist Erfinder bzw. Eigentümer so renommierter internationaler Marken wie effect® energy drink, SALITOS Brewery, SCAVI & RAY Winery, JOHN'S Natural Juices, GANIC® VITAMIN WATER, FRUTINIO Limonade und DOS MAS Tequila sowie exklusiver DeutschlandImporteur der Premiummarken Perrier Water von Nestlé Waters, Almdudler Limonade und Snapple Eistee.


Prowein ANTICHE VIGNE: AUTOCTONI, PASSIONE E FATICA

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ntiche Vigne, situata nel cuore della Valle del Savuto in Calabria, nasce nel 2004. Fin dall'inizio si è prefissata l'obiettivo di una qualità produttiva elevata grazie a tecniche capaci di produrre un vino D.O.C., avvalendosi di vitigni autoctoni della zona quali il Magliocco Dolce (localmente noto come Arvino), il Greco Nero, il Pecorello e la Malvasia. I vigneti sono situati nella parte superiore della valle, ad un'altitudine compresa tra i 450 e gli 800 metri e con pendenze che variano dal 5% al 35%, condizioni favorevoli per evitare ristagni d'acqua e per una produzione di qualità. Il tutto è tenuto insieme, in armonia, da un costante impegno quotidiano con passione e fatica. Il nostro vino è la nostra vita, per questo i nostri vini assomigliano a noi, alla nostra voglia di fare bene. La variegata linea produttiva include: il Savuto Rosso Classico generato dai vitigni Magliocco e Greco nero. Con un sapore asciutto e caldo, sostenuto da buona acidità e austera qualità dei tannini, è l'ideale accompagnamento per arrosti, grigliate di carne, cacciagione, formaggi stagionati e piccanti. Il Savuto Rosso Superiore, dal colore rosso rubino profondo, con riflessi granati; un sapore giustamente tannico, sapido e con un lungo finale succoso; nasce dal matrimonio tra le uve Magliocco (Arvino), Greco Nero e Pecorello. Di grande personalità e di lungo invecchiamento è l'amico perfetto

per carni brasate, alla griglia e arrosti. Il Rosato Gida ottenuto dal Magliocco e vinificato in bianco facendo sgrondare il pigiato. Si mostra gentile e con un colore rosa corallo appena acceso, il profumo è vinoso, delicato, fruttato. Fresco al palato, sa comunque essere incisivo e di buona struttura. Il Bianco Terra di Ginestre è frutto di un'accurata selezione delle migliori uve a bacca bianca, Greco, Mantonico e Pecorello. Si presenta carico di colore e di sapori, con un bouquet ricco di aromi che conferiscono la caratteristica di essere molto amico dei primi piatti, dei risotti, del pesce e delle carni bianche. L'ultimo nato, il Rosso

Iuvenis, è un vino dall'approccio facile, piacevole, capace di un ampio ventaglio di abbinamenti, preparazioni non troppo elaborate, primi leggeri, pizze, carni e formaggi delicati, salumi e fritture di pesce. Fiducia, si chiama Fiducia il nostro miglior biglietto da visita, quel gesto quotidiano di offrirvi un calice di buon vino capace di generare un cuor contento col nostro vero nome scritto con l'uva. AnticheVigne di Gianfranco Pironti Via Regina Elena 110 87054 Rogliano (CS) Export Sales Manager Tel. +393493695254 Email: annalisapironti@antichevigne.com Euposia

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Prowein ROSSOBASTARDO: UN’AZIENDA AL FEMMINILE TRA ROMANZO, GENIALITÀ E FOLLIA

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zienda al femminile voluta da Sartori Fiorella, medico veterinario, trasferita per amore in Umbria dal Veneto. Coinvolge il marito Luciano Cesarini ingegnere che a 47 anni all'apice della carriera abbandona numerosi incarichi internazionali per tornare nel paese natale: Bastardo; progetta una cantina dove la vinificazione millenaria viene dotata delle migliori tecnologie del 3° millennio: isolamento dei Campi elettromagnetici, aspirazione della CO2 e dell'aria satura microssigenazione e criomacerazione sono solo alcuni progetti alcuni sperimentali ed avanguardisti. In vigna non usano diserbanti. La selezione manuale evita muffe e batteri e le conseguente necessità di solfiti per combatterli Alla ricerca del passato investono sulla tradizione millenaria del Sagrantino passito, ormai dimenticato; con il Seméle meritano numerosi riconoscimenti ma soprattutto da due anni resta il vino da meditazione a bordo della Classe Magnifica Alitalia. Questi fatti convincono la famiglia che i disciplinari italiani sono costosi strumenti burocratici che contrastano la genuinità e mortificano la tradizione Nasce Rossobastardo, un vino IGT trasgressivo, come il nome legato al paese natale; prodotto con le stesse uve del Montefalco DOC Tre anni dopo con le Uve del Sagrantino DOCG viene pro-

dotto il Benozzo IGT che esprime tutta la sana tradizione Umbra, la dolcezza delle sue colline e la morbidezza della sua gente. Con l'invecchiamento di 5 anni del Sagrantino DOCG e del Rosso Montefalco Riserva riducono l'eccessiva astringenza e forniscono un vino tanto austero quanto moderno e pronto al consumo. Le figlie Alice e Chiara s'impegnano nelle Osteria del Rossobastardo come palcoscenico per le genialità emergenti dove centinaia di giovani trovano la loro occasione in tutto il Mondo Queste donne fuori dagli schemi, alla continua ricerca, producono una marmellata di

uva Sagrantino che ha anche accompagnato SS Benedetto XVI a Cuba Hanno fondato " Sagrantino oltre la DOCG": un Sistema Qualità Video Certificata: grazie a 9 web cam, in vigna e cantina, collegate via internet ai soci del "Club dei Vini Unici" 24h. che Signæ è la prima ed unica Cantina al Mondo ad utilizzare Cantina Cesarini Sartori Loc. Purgatorio Torri di Barattano Gualdo Cattaneo - 06035 Perugia (Italia) Tel. (+39)0742.99590 Fax. (+39)0742.969462 Email: info@rossobastardo.it Skype: rossobastardo Euposia

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NAUTILUS CRU STORICO, ECCELLENZA D’ITALIA AL PROWEIN

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l comprensorio SebinoCamuno è per la prima volta a Prowein con il Nautilus CruStorico 2011, eccellenza nel metodo classico, affinato a 36 metri, 4 bar di pressione, sui fondali del lago d'Iseo, di fronte alla splendida Montisola. E' il risultato della grande passione per il territorio e della attenta conservazione di antichi vigneti di uve camune locali, dell'età media intorno 50 anni. Nell'ultimo Challenge internazionale promosso dalla Rivista Euposia ( settima edizione) è giunto ben 17° su oltre 200 metodo classico in concorso da tutti i continenti. Il Nautilus CruStorico 2011 è così riuscito a dare identità ad un territorio, il SebinoCamuno, bellissimo e altrimenti indistinto, schiacciato tra la due giganti quali Franciacorta e il Garda. Fin dai tempi dell'età romana si è sviluppata in Valle Camonica una forte tradizio-

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ne vitivinicola. L'azienda si caratterizza per essere inserita nell'ambito della viticoltura di montagna e storica, annoverando viti vecchie addirittura di 150 anniI Vigneti si trovano in Cividate Camuno, a 250 m.s.l.m., in zona delle

Colture, Berzo Inferiore a 400 m.s.l.m., in zona Belvedere, dai quali nasce il "Ciass Negher", un vitigno a bacca rossa che secondo alcuni risalirebbe da un antico ceppo sopravvissuto di epoca romana. Dal "Ciass Negher", nome derivante dal dialetto bornese che significa "Mi piace il vino nero", nascono due

tipologie di vini diversi: il "Ciass Negher Valcamonica IGT" e il "Ciass Negher vino da tavola". Il terzo vigneto invece è situato in uno dei luoghi più suggestivi di tutta la Valle Camonica: l'Annunciata di Piancogno, ad 800 m.s.l.m. . All'Annunciata nascono il "Bianco dell'Annunciata IGT" e il "Passito dell'Annunciata IGT", il primo passito della Valle Camonica. La superficie vitata dell'Agricola Valle Camonica di Alex Belinghieri, è stata istituita nel 2004 e può contare su una superficie di circa 4 ettari con una densità di 5 mila piante per ettaro. AGRICOLA VALLECAMONICA www.vinivallecamonica.com Alex Belinghieri cell. +39 335.58.28.410 Prowein Stand Desa Halle3N65




Prowein BOSIO FRANCIACORTA, A SPARKLING EXCELLENCE

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ocated in the north of Italy, near Brescia a few kms from Iseo Lake, our wine company is reaching over an area of 30 hectares, embracing entirely the important wine area of Franciacorta D.O.C.G. In the 90's the Bosio family, that has ancient Franciacorta roots, decide to undertake an exciting adventure into the wine world and conciliate the passion for the land with the wish of innovation. The Bosio farm's primary goal is the production of quality wines and the great respect of the environment. The vineyards The vineyards that are, at present, producing, occupy a terrain of 20 hectares and their position on the hills offers a variable weather exposure. The interpretation on these factors (land, exposure, weather) is important on the choice of different vineyards and permits to obtain diversified and qualified production. The wine company cultivates important vineyards for the production of Franciacorta D.O.C.G. and the white wines such as Chardonnay, White Pinot and Black Pinot; Merlot and

Cabernet Sauvignon for the production of red wines. The passion for the soil, the respect of the environment and the wish of innovation are the real important values of the company. Our wines The company produce Franciacorta (sparkling wine) and a small part of Curtefranca (red and white wine). Franciacorta Brut D.O.C.G. It present a straw-yellow colour with some light green reflections, presents a typical flowers and yeast scent; a soft taste, fresh and complex. Grapes: Chardonnay 90%, White Pinot 10% Franciacorta Satèn D.O.C.G. Characterized by a refined and a persistent perlage, it presents scent notes of white flowers and vanilla; soft taste, pleasantly sapid and complex. Grapes: Chardonnay 100% Franciacorta Rosè Millesimato D.O.C.G. Aged for minimum of three years, it present a pink colour with some light violet reflec-

tions, present notes of soft fruit and citrus fruit, a soft taste, fresh and complex. Grapes: Black Pinot 80%, Chardonnay 20%. Franciacorta Extrabrut Boschedòr Millesimato D.O.C.G Aged for minimum of three years in the cellar, of intense yellow colour, it present an elegant, rich bouquet with typical flowers and yeast scent; a soft taste, fresh and complex. Grapes: Chardonnay 50%, Black Pinot 50% Franciacorta Pas Dosè Girolamo Bosio Riserva D.O.C.G It takes the name of the founder, with intense yellow colour, it presents an elegant, rich bouquets with typical flowers and yeast scent, a soft taste, fresh and complex. It's aged for a minimum af 60 months. Grapes:70% Black Pinot, 30% Chardonnay. AZIENDA AGRICOLA BOSIO Via Mario Gatti, 4 25040 Timoline di Corte Franca (BS) Tel. +39 030 9826224 Fax +39 030 984398 info@bosiofranciacorta.it

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FATTORIA DIANELLA, AL CUORE DELLA TOSCANA

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attoria Dianella si trova a Vinci (città natale di Leonardo) sulle dolci colline ad ovest di Firenze. L'intero borgo risale alla fine del XVI secolo ed in origine era un casino di caccia della famiglia De Medici. Nella tenuta, 90 ettari da sempre coltivati a vigneto e oliveto, si “respira” un rispetto per la terra e la natura non comune, e si lavora sulle piante seguendo un sapiente mix fra l'antico sapere e le tecniche più moderne. Una semplice “passeggiata” nelle antiche cantine ci racconta, attraverso architetture e attrezzature, l'evoluzione della produzione del vino nel corso degli ultimi secoli. La fattoria oggi appartiene a Veronica e Francesco Passerin d'Entréves che seguono tutte le lavorazioni negli uliveti in vigna ed in cantina proponendo una selezione di prodotti nel rispetto della tradizione toscana. I vigneti, 25 ettari, sono stati

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tutti rinnovati secondo i criteri progettuali più moderni e la vendemmia viene eseguita in modo da preservare al meglio le caratteristiche di ogni tipologia di uva, nella convinzione che ogni vino deve essere espressione del proprio territorio di origine. La gamma di Fattoria Dianella è composta oggi da sette vini che vanno a coprire tutte le esigenze di un consumatore moderno che cerca primariamente qualità e tradizione ma con un pizzico di originalità e innovazione. Tra i vini rossi, il Chianti Docg Vendemmia, il Chianti Docg Riserva, Il Matto delle Giuncaie (un Sangiovese in purezza di un unico cru), le Veglie di Neri (un blend di Sangiovese e Cabernet Sauvignon). Poi All'aria Aperta (un rosé di Sangiovese in purezza) e per quanto riguarda i bianchi è appena stato presentato il nuovo "Sereno e Nuvole" (un Vermentino in purezza) e chiude la panoramica "Dolci

Ricordi" (una vendemmia tardiva ottenuta da uve Trebbiano e Malvasia Lunga del Chianti). Fattoria Dianella propone anche un l'olio extravergine di oliva Dianella toscano IGP: un blend di olive tradizionali del territorio che si caratterizza per un sapore ricco, consistente e molto aromatico. «La presenza a ProWein è indispensabile - afferma Veronica Passerin d'Entéves, per testare il mercato estero. Il nostro obiettivo è di arrivare a distribuire i nostri prodotti in Germania in maniera stabile e continuativa entro il 2014 per poi affrontare gli altri mercati europei ed extraeuropei (siamo già presenti in Giappone e Stati Uniti)». Fattoria Dianella Via Dianella, 48 50059 Vinci (Firenze) - Italia Tel +39 0571 508166 Fax +39 0571 904615 Email info@villadianella.it


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AGRIPUNICA, L’EREDITÀ DI SARDEGNA

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el territorio del Basso Sulcis, da dove in epoche remote civiltà Fenicie e Puniche alternarono i loro fiorenti scambi commerciali con il resto del mondo allora conosciuto, cioè il Mediterraneo, e di cui ancor oggi vi sono testimonianze di elevatissimo valore storico-culturale, ha sede l'Agripunica, azienda vitivinicola sarda nata dall'unione di forze tra la Cantina di Santadi (produttori del famoso Terre Brune) e la Tenuta San Guido di Bolgheri (produttori dell'eccellenza del vino italiano, il Sassicaia). Oggi come allora, a distanza di circa 2.500 anni si continua a commerciare con il resto del mondo, proponendo con successo vini di qualità "made in Sardinia". Da un'idea del leggendario enologo Dott. Giacomo Tachis, che fece da "trait d'union" fra le due aziende e che creò i due vini rossi, nel 2002 nacque Agricola Punica. Entro i due

anni successivi furono acquistati circa 170 ettari di terreno (di cui 20 ettari già vitati) sui quali vennero progressivamente impiantate le viti autoctone del Carignano, oltre alle altre varietà Bordolesi.

La storia di quest'azienda è quindi indissolubilmente legata al territorio in cui si trova, da Santadi a Narcao dove sono appunto locate le due Tenute che ospitano i circa 70 ettari di vigneti da cui provengono i due vini rossi Barrua e Montessu, ed a cui si è aggiunto nel 2013

il nuovo vino, un bianco stavolta, denominato Samas; non a caso il nome riprende quello di una delle maggiori divinità Puniche, ossia quello del Dio del Sole. Il Sole appunto, che in questi luoghi grazie alla sua intensa luce porta alla perfetta maturazione le uve. Barrua e Montessu sono due vini di particolare pregio, prodotti da uve varietali rosse tipiche del sud Sardegna sapientemente amalgamate dal suo creatore, Dott. Tachis appunto, con piccole aggiunte di varietà francesi. Il Samas ripercorre parallelamente la stessa strada dei due rossi, essendo costituito da una base di Vermentino impreziosita da una discreta percentuale di Chardonnay. Agricola Punica Località Barrua 09010 Santadi (CI) Tel. +39 0781/941012 Fax +39 0781/953149 www.agripunica.it info@agripunica.it Euposia

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Prowein MARCHESI DE’ CORDANO, PASSIONE PER IL VINO

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al 2000, a Cordano, nel comune di Loreto Aprutino, Frrancesco D’Onofrio, con il supporto costante dell’enologo e amico Vittorio Festa, porta avanti la sua passione per il territorio e il suo amore per la vigna. Qui, ad una altitudine compresa tra i 250 e i 300 metri, con 26 ettari di vigneto nasce l’azienda Marchesi De’ Cordano. La nuova Cantina, inaugurata nel 2011, esprime al meglio la personalità e lo stile produttivo della Azienda: integrata con il territorio, funzionale, è centro operativo e luogo di accoglienza. La sala degustazione ospita fino a settanta persone, la bottaia regala al visitatore una esperienza sensoriale unica ed emozionante. L’Azienda agricola Marchesi De’ Cordano presenta una produzione articolata che ruota intorno ad un concetto fondamentale: fare vino di qualità. Riconoscibilità del vitigno, equilibrio e bevibilità sono le caratteristiche essenziali di vini che esprimono struttura, personalità e longevità grazie all’interazione tra condizioni pedoclimatiche ottimali e consapevoli scelte tecnologiche. Per la vinificazione in bianco di Trebbiano, Pecorino, Cococciola, Passerina e Pinot Grigio si utilizza una tecnica all’avanguardia, quella del raffreddamento delle uve appena raccolte con ghiaccio secco (CO2). La CO2, più pesante dell’aria, scende

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nella benna, proteggendo le bacche ed evitando qualsiasi contatto con l’ossigeno dell’aria. Nelle bucce delle uve risiede la maggior parte degli aromi e questo particolare procedimento permette di estrarli al massimo per ottenere un vino nel quale facilmente si possano ritrovare i sentori primari legati al vitigno di partenza. La vinificazione in rosso segue, invece, i metodi tradizionali, con macerazione e

fermentazione a temperatura controllata e tecniche di rimescolamento del mosto come rimontaggi all’aria, follatura e delestage. Il vino ottenuto al termine di questo processo comincia l’affinamento in legno, una parte in botte grande da 50 hl e una parte in barrique. MARCHESI DE' CORDANO Contrada Cordano, 4365014 LORETO APRUTINO (PE) tel.: 0858289526


Prowein SERRACAVALLO, LA QUALITÀ COME SCELTA

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azienda agricola Serracavallo è ubicata nel comune di Bisignano sulle colline che dominano la valle del Crati, a 35 km da Cosenza. Si estende per 55 ettari di cui 35 di vigneto e 10 di uliveto. Nel 1995 il proprietario, Demetrio Stancati, ha iniziato un’opera di rinnovamento dei vigneti, avviando un’attenta selezione clonale dei vitigni autoctoni presenti in azienda da sempre come il magliocco dolce e il pecorello ed ha impiantato nuovi vitigni internazionali come cabernet-sauvignon e chardonnay. L’impianto dei vigneti è di 3300 piante per ettaro allevate a cordone speronato o a guyot. La posizione a 650 m.s.l.m., una forte escursione termica giorno-notte, la natura prevalentemente sabbiosa del terreno, l’esposizione a sud sud-ovest delle vigne, una nuova moderna cantina dotata delle più moderne tecnologie e di barricaia per l’invecchiamento dei vini garantiscono un prodotto di qualita’. In azienda vengono trasformate solo uve proprie con una produzione di 150.000 bottiglie c.a. La filosofia aziendale prevede di usare blend tra vitigni autoctoni e internazionali nei vini base, mentre salendo d’importanza nella gamma dei prodotti, la percentuale di vitigni internazionali diminuisce fino a sparire totalmente nel vino top dell’azienda.

Ad oggi vengono prodotti 3 vini rossi ,2 rosati ,2 bianchi,1 spumante,1 grappa ed 1 passito, per garantire al fruitore finale un’ampia scelta di prodotti tutti creati rispettando alti criteri di qualita’. In coerenza con tutti gli investimenti fatti e la sperimenta-

zione aziendale sulle lavorazioni dei vitigni autoctoni ,dalla vendemmia 2012 l’azienda è entrata a far parte della DOP Terre di Cosenza . Az.Agricola Serracavallo Manager Demetrio Srtancati c.da Serracavallo Bisignano (CS) 87043 www.viniserracavallo.com Euposia

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Prowein TERRE DI COSENZA, LA DOC PIÙ RICCA

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l vigneto Cosenza si estende su tutto il territorio della omonima provincia, che trova i suoi confini naturali nelle montagne del Pollino a nord, nella catena costiera tirrenica a ovest e nell'altopiano della Sila a sud. Cosenza è fra le città più antiche della Calabria, storicamente nota per essere stata la capitale dei Bruzi e il capoluogo della Calabria Citra. La provincia cosentina è l'ottava provincia italiana per estensione e vanta 228 chilometri di coste, affacciate a ovest sul mar Tirreno e a est sullo Ionio. Con i suoi monti e i suoi fiumi, capaci di influenzare sensibilmente il clima e il paesaggio, presenta ambienti e microclimi estremamente diversi uno dall'altro. E' proprio questa variegata conformazione geografica e orografica che ha consentito la nascita di una viticoltura diversificata, fortemente legata al territorio. Nel raggio di pochi chilometri si passa dai filari di Lacrima, ai piedi del Pollino, ai vigneti di Magliocco dolce di Donnici, alle porte di Cosenza. L'enoappassionato ha la possibilità di apprezzare, sotto un unico nome, le diverse espressioni di un ampio caleidoscopio di uve: dal Guarnaccino e dal Mantonico nero dell'Esaro, all'Arvino e Greco nero del Savuto; per non parlare delle numerose bianche, come Greco, Malvasia, Moscatello di Saracena, Mantonico bianco,

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Verdana, Guarnaccia Bianca, Pecorello e tanti altri varietà, ancora da accertare. "Terre di Cosenza", pertanto, è la denominazione che meglio di ogni altra può rendere l'idea di questa multiformità vitivinicola, all'interno della quale ogni zona esprime al meglio la propria specificità. Già nei documenti sul commercio di vino dell'Ottocento, molti paesi della provincia di Cosenza sono citati come

località di produzione di vino di qualità e interesse per il mercato. Rogliano con il suo Savuto ma non solo: anche i vini di Altomonte, Castrovillari, Civita, Diamante, Donnici, Saracena, Verbicaro e della stessa Cosenza sono ritenuti robusti e pregevoli dalle cronache commerciali del tempo. La provincia cosentina fino alla prima metà dell'Ottocento risultava la maggior produttrice di vino della regione, ma con i primi anni del secolo successivo la situazione si capovolge e molti vigneti della Calabria Citra lasciano il posto agli ulivi e agli alberi da frutto, fichi in particolare. La viticoltura cosentina ha vissuto una vera e propria rivoluzione negli ultimi anni. In tutta la provincia sono nate, infatti, molte piccole aziende, che hanno scommesso immediatamente sulla competenza e sull'ammodernamento tecnologico. Facendo tesoro del piano integrato di filiera "Gli itinerari dei vini della Calabria Citra", attivato nel 2004, al quale hanno aderito circa settanta aziende, questi imprenditori hanno potuto migliorare i loro impianti produttivi e rivitalizzare alcune colture a rischio di estinzione.


Prowein TERRE NOBILI, IL SOGNO DI LIDA MATERA

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ontalto Uffugo è un territorio ricco di fascino e di storia da sempre vocato alla viticoltura. L'azienda è situata in una posizione invidiabile tra i monti del Pollino e quelli della Sila ed è attraversata dai venti del Tirreno che rendono il clima fresco ed asciutto con un'ottima escursione termica tra giorno e notte che determina un microclima ideale. Inizialmente, mi sono concentrata sulla ristrutturazione dei vigneti poiché era di fondamentale importanza ringiovanire gli impianti scegliendo solo quelle varietà che, a mio avviso, erano più degne di nota: Nerello e Magliocco (vitigni a bacca rossa) e Greco. (vitigno a bacca bianca). In un secondo tempo, ho incominciato la ristrutturazione delle cantine e nel 2005, grazie all'enologo Mario Ercolino, ho iniziato a lavorare in modo diverso anche in vigna. La mia aspirazione è, e sarà sempre, quella di rendere il mio vino riconoscibile ovunque per la sua personalità e per la sua inconfondibile identità. Tenuta Terre Nobili C.da Cariglialto - Montalto Uffugo (Cs) Tel. 0984.934005 320.5777542 lidia.matera@libero.it

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euposia Direttore responsabile: Beppe Giuliano (boss@euposia.it) telefono +39 045 591342 Caporedattore: Nicoletta Fattori (fattori@euposia.it) telefono +39 045 591342 Redazione e Degustazioni Via G. Prati 18 - 37124 Verona tel. fax. 045.591342 redazione@euposia.it Hanno collaborato a questo numero. Luca Gardini, Enzo Russo (Enogastronomia) Francesca Lucchese, Carlo Rossi, Giulio Bendfeldt

NEL

PROSSIMO NUMERO

Degustazioni: il meglio di Prowein e Vinitaly Anteprime Toscana Bollicine autoctone

Euposia pubblica in esclusiva gli articoli de

Miolo: fascino carioca

Impaginazione: ConTesto editore scarl grafici@euposia.it Si ringrazia per il materiale fotografico Cristina Fattori, Archivio Luca Gardini - Archivio Consorzio Lambrusco marchi Storici di Modena - Archivio Lamberti-Giv - Archivio Nono Franco Collio Vitae - Francesca Lucchese, Alessandra Pezzutti - Giulio Bendfeldt Copertina: Cristina Fattori Concessionaria per la pubblicitĂ : Contesto Editore Scarl Per i siti www.euposia.it e www.italianwinejournal.com info@vinoclic.it Stampa: Grafiche Mave Verona-Italy Distribuzione per le edicole Sodip Spa, via Bettola, 18 20092 Cinisello Balsamo Prezzo della rivista: 5 euro Arretrati: 8 euro + spese di spedizione Per informazioni: tel. 045.591342 Editore: Contesto Editore Scarl Via Frattini, 3 - 37121 Verona Iscr. Roc n. 12207 del 02/XI/2004 Registrazione Tribunale di Verona n. 1597 del 14/05/2004

E tanti altri approfondimenti sul numero di

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