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CHI AMA IL VINO E PER CHI VUOLE CONOSCERLO
Anno XII - n. 75 Euro 5 - Maggio-Giugno 2013
L A R IVISTA DEL V INO E DEL B UON B ERE
www.euposia.it www.italianwinejournal.com
Sicilia
Le mille “isole” del vino
Castelli del Grevepesa
Al cuore del Chianti Classico Gruppo Italiano Vino: torna il “governo” - La “grande Storia” dei Bordolesi trentini - Sparkling: tre statunitensi e quattro Trentodoc - Satèn Villa: la verticale Copenhagen: non solo Noma - Birradamare: la grande birra della Capitale Irish stout: oltre la Guinness - Ricerche: il vino italiano nella Gdo Usa BIMESTRALE - "Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1 NE/VR"
Editoriale
EXPORT, ITALIA SUGLI SCUDI RESTA L’INCOGNITA “INTERNA”
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Ribaltato l’italico “catenaccio”: fortissimi in trasferta, deboli in casa. Ma così l’intero settore del vino rischia di perdere una fondamentale base d’appoggio. Proviamo a cambiare tattica?
na nuova ricerca di mercato della Camera di commercio atesina presentata nel corso della recentissima 77.ma Mostra dei vini trentini - realizzata con il WineMonitor di Nomisma, certifica in maniera cristallina lo stato dell’arte del vino di casa nostra. Un prodotto che sempre di più è pensato e collocato sui mercati internazionali. Nel primo trimestre di quest’anno le importazioni di alcuni importanti Paesi consumatori hanno registrato una battuta d’arresto: in quantità, gli Usa hanno comprato meno vino per l’1,6%; il Regno Unito per l’1,5; il Canada per il 2,5 e la Svizzera per il 9.7%. Il vino italiano, invece, su questi mercati ha fatto registrare performance più positive della concorrenza: Usa, più 7,6%; Regno Unito, più 7.2. Anche in valore, l’Italia marcia meglio dei concorrenti negli Usa, più 11.6%; in Germania, più 8.3; in Russia, più 76.9; in Giappone, più 15; in Cina, più 38%. I borderaux dei concorrenti sono nettamente meno eclatanti e il risultato è clamoroso in Russia dove è finito il predominio dello Champagne a tutto vantaggio dell’Italia che oggi detiene il 51.4% del mercato della spumantistica. Alla faccia dei gusti dei Zar, prima, e degli “Sovetskoje šampanskoje” , gli Champagne del popolo ,realizzati dal vecchio Pcus.... E’ però il mercato interno che ancora non riesce a trovare un equilibrio. La corsa alla contrazione dei consumi è inarrestabile e senza correttivi: i consumatori di vino sono scesi a poco più di 28 milioni di Italiani (meno della metà della popolazione), ma i consumatori abituali (quelli che beveno almeno mezzo litro di vino al giorno) sono oramai meno di un milione e mezzo. Credo che girarci attorno sia inutile: difficile pensare ad un comparto del vino soltanto export-oriented. Bisogna che anche l’Italia, al pari di molti altri Paesi produttori (Spagna, Argentina) avvii campagne di sostegno al mercato interno. Politiche analoghe a livello europeo per conquistare i mercati extra-Unione hanno dato ottimi risultati. Non alzare le accise e copiare, almeno questa volta, non sarebbero due cattive idee.
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PRIMO PIANO 26
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Sicilia en Primeur 2013 Le dieci cantine che più ci hanno “impressionato” Etna Doc Borgogna sul vulcano
44 Castelli del Grevepesa I progetti della grande cooperativa toscana
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DEGUSTAZIONI 58
Sei grandi bordolesi trentini San Michele e i suoi eredi
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Sparkling wines a “stelle e strisce” Tre spumanti da tener d’occhio
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Villa-Franciacorta Satèn in verticale
TERRITORI E FOCUS 74 Copenhagen Non solo Noma per la gastronomia danese
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BIRRA 86
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Birradamare La “grande” birra di Roma
90 Irish Sout Oltre alla Giunness I NOSTRI RIFERIMENTI Tel. - Fax 045 591342 - redazione@euposia.it Per inviare cartelle stampa o materiale informativo: Nicoletta Fattori: fattori@euposia.it Per inviare bottiglie da inserire nelle degustazioni cieche: Redazione Euposia - Via Prati 18 37124 Verona (Vr)
News
WORLD’S 50 BEST RESTAURANT: CRESCE IL RUOLO DEGLI CHEF ITALIANI opo sette anni di attesa dietro le quinte, i fratelli Roca si sono aggiudicati l'ambito primo posto nella classifica World's 50 Best Restaurants, sponsorizzata da S.Pellegrino e Acqua Panna. El Celler de Can Roca di Girona è da tempo osannato come uno dei luoghi più emozionanti in cui mangiare in Spagna e, dopo due anni sul secondo gradino del podio, ha scambiato il suo posto con il danese Noma, vincitore negli ultimi tre anni. Il ristorante dei fratelli Roca si è guadagnato fama mondiale grazie alla combinazione di cucina catalana, tecniche all'avanguardia e passione per l'ospitalità. Joan guida della cucina, Jordi è mastro pasticciere, mentre Josep è sommelier e direttore di sala. El Celler crede nella cucina "freestyle": un occhio all'avanguardia pur onorando la memoria della famiglia, da sempre dedita a cucinare per gli altri. La filosofia si basa sul concetto di "cucina emotiva", con ingredienti diversi appositamente scelti per fare riaffiorare nei clienti ricordi d'infanzia, nonché un luogo specifico del loro passato. La Spagna vanta cinque dei 29 risto-
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ranti europei presenti in classifica. L'Italia quest'anno ha motivo di festeggiare. Il premio “Veuve Cliquot World's Best Female Chef 2013” è andato a Nadia Santini (nella foto) del ristorante Dal Pescatore. Dopo cinque anni di presenza in classifica, l'Osteria Francescana raggiunge il posto più alto tra i ristoranti italiani, guadagnando due posizioni e salendo sul terzo gradino del podio. Il miglior risultato italiano di sempre. Massimo Bottura, una figura prominente tra la nuova generazione di chef italiani, abbraccia secoli di tradizioni italiane ricostruendole attraverso la lente della modernità. L'Italia è presente nella classifica con quattro ristoranti, tra cui il ritorno del Combal.Zero al 40° posto, la salita di cinque posizioni del Le Calandre al numero 27 e il debutto del Piazza Duomo al 41° posto. La Francia vanta sei ristoranti in classifica, mentre al leggendario chef Alain Ducasse è stato conferito il premio alla carriera professionale “Lifetime Achievement Award” di quest'anno, sponsorizzato da Diners
Club International®. Il contingente britannico rimane immutato; la più alta new entry dello scorso anno, Dinner by Heston Blumenthal, sale di due posti e si classifica al numero 7, The Ledbury di Brett Graham sale di un posto al numero 13, mentre The Fat Duck si classifica al 33° posto. Anche in Sud America hanno di che festeggiare: il ristorante peruviano Astrid Y Gaston è salito di 21 posti e si è aggiudicato il premio “Highest Climber”, sponsorizzato da Gaggenau. Il continente sudamericano vanta sei ristoranti in classifica, tra cui il D.O.M di Alex Atala al sesto posto, che si è nuovamente aggiudicato il premio “Acqua Panna Best Restaurant in South America”. L’Asia vanta ora sette ristoranti nella classifica mondiale, tra cui il Narisawa al 20° posto. Con sei ristoranti in classifica, gli Stati Uniti si dimostrano ancora una volta una presenza culinaria importante a livello internazionale. La posizione più alta è raggiunta dall'Eleven Madison Park, al numero 5, che si è aggiudicato il premio Acqua Panna Best Restaurant in North America.
News VINÒFORUM ARRIVA AL SUO DECENNALE E COINVOLGE TUTTA ROMA COL SUO “AROUND” edizione duemilatredici di Vinoforum avrà luogo, come di consueto, a Roma nella splendida cornice del Lungotevere Maresciallo Diaz (Farnesina). Dal 7 giugno al 22 giugno, Vinòforum sarà una vetrina privilegiata: uno spazio di 10.000mq dove saranno presenti oltre 2.500 etichette in degustazione, eccellenze gastronomiche, enoteche e chef. Un appuntamento ormai fisso in calendario, uno spazio del gusto che nell'ultima edizione ha accolto circa 44mila visitatori e che si presenta ricco di novità. Per i suoi 10 anni, Vinòforum inaugura infatti il primo "fuori salone". Negozi, boutique, atelier d'arte, gallerie di design, cortili privati, giardini, grandi alberghi, officine creative ed enoteche apriranno le porte al mondo del vino con aperitivi e degustazioni. Assolute protagoniste di “Vinoforum around” saranno le migliori cantine italiane ed internazionali presenti a Vinòforum che rafforza anche il legame con l'eccellenza gastronomica attraverso “Cantine da Chef ”, che quest'anno vedrà la partecipazione di 30 tra i migliori chef italiani abbinati ad altrettante grandi cantine. Negli spazi dedicati all'eccellenza della cucina italiana, il dialogo costante tra cibo e vino diventa connubio di semplicità, tradizione e riscoperta del territorio. Si rinnova inoltre la partnership con l'Associazione Italiana Sommelier, che si occuperà di gui-
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dare le degustazioni di alcune delle eccellenze enologiche presenti in calendario. «Negli anni, Vinòforum ha sedimentato la sua importanza nel contribuire a far diventare Roma un centro nevralgico del gusto - commenta Emiliano De Venuti, nella foto qui sopra, ideatore del brand e regista della manifestazione - Dieci anni cominciano a essere tanti e sentiamo il desiderio di "amplificare il segnale". L'edizione 2013 si presenterà quindi ricca di novità che sottoporremo al gradimento dei visitatori e dei nostri espositori». Com’è nato Vinòforum? «Vinòforum nasce da una passione comune che 10 anni fa tre amici hanno deciso di far diventare un obiettivo di vita. Abbiamo percepito infatti che
mancava un fenomeno di comunicazione che potesse convogliare il mondo del vino a Roma, e per questo unite forze e competenze abbiamo creato Vinòforum, nella ferma convinzione che tutto potesse partire da una manifestazione culturale e aggregante in grado di cambiare il punto di vista delle aziende che condividevano l’opinione che il vino non fosse un prodotto di “piazza”, intesa nel significato più autentico di luogo comune di incontro, confronto e di cultura, in una veste informale, ma sempre altamente professionale». Come si è evoluta nel tempo la manifestazione? «Da questo processo è nato cosi un appuntamento fisso che di anno in anno ha raccolto sempre più consensi, proprio perché univa il mondo del vino e lo esaltava semplicemente per quello che è, un fenomeno di aggregazione sociale, e non per quello che alcune aziende volevano che fosse, una lobby chiusa ed impenetrabile. Sacrificio, investimenti e tanta passione mi hanno portato nel tempo a prendere il comando dell’azienda, come produttore e regista della manifestazione, modellando questo brand a mia immagine e somiglianza, sempre con il prezioso aiuto di persone che ogni giorno dedicano la loro vita allo stesso obiettivo. Maurizio, Marco, Michela, Carmen, Federica, Alix e Federica, questa è l’evoluzione ed il segreto di questa azienda; persone che con professionalità e passione hanno sviluppato idee e regalato a questo
mondo nuovi orizzonti e sviluppi di comunicazione. Un grazie speciale va anche a tutte quelle aziende che hanno creduto in Vinòforum sin dal primo anno e quelle che pian piano ci hanno accompagnato fino a questo decimo anniversario» Quali aspettative per il futuro? «Continuare a creare nuove idee che possano riportare la cultura del cibo e del vino nelle mentalità degli italiani e dei turisti, così come continuare a trovare nuovi spunti per far capire che non siamo un paese che produce vino da taglio, ma che abbiamo un patrimonio ampelografico ineguagliabile, soprattutto perché unito ad una genuinità ed una tradizione millenaria, che ha sempre portato cultura e fatto scuola in tutto il mondo. Ovviamente, stiamo lavorando per portare il brand Vinòforum in giro per l’Italia e per il mondo, in pillole, per far conoscere a modo nostro la cultura enogastronomica ed i prodotti “fatti in Italia”». Ed il coinvolgimento della città? «Il rapporto con la città è il cardine della nostra mission. La città è infatti il primo motore di comunicazione che ci aiuta a rendere partecipi tutti coloro che sono recettivi ai nostri messaggi. Questo vuol dire coinvolgere ogni attività commerciale per drenare e riattivare la micro-circolazione del business ristagnata dalla crisi, organizzare eventi in ogni angolo delle strade, portare le persone fuori. In altri termini coinvolgere il pubblico a 360 gradi: Roma è un punto nevralgico e di svolta per la diffusione della cultura enogastronomica italiana in modo tale che i milioni di turisti e di persone che vi transitano ogni anno possano tornare nel loro paese con questa percezione viva, e raccontarla».
INFO Organizzazione: Vinòforum Eventi srl; biglietto: domenica-lunedì: euro 16; venerdì e sabato: euro 20; orari: l'apertura è alle 19.00, la chiusura alle 24.00, ad eccezione per le giornate di venerdì e sabato quando la chiusura è posticipata alle ore 01.00. Lunedì chiuso al pubblico in quanto l'accesso è riservato esclusivamente agli addetti al settore.
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News ANSELMET, CONFERME DAL DECANTER WWA 2013 Sette nuovi ristoranti nel Buon Ricordo: pubblicata la Guida 2013 uarantanove anni d’età, sette nuovi associati, per un totale di 103 insegne, di cui tredici all' estero fra Europa e Giappone: dal 1964 l'Unione Ristoranti del Buon Ricordo salvaguarda e valorizza le tante tradizioni e culture gastronomiche del nostro Paese, accomunando sotto l'egida della cucina del territorio (a quei tempi negletta e scarsamente considerata) ristoranti e trattorie di campagna e di città, dal Nord Al Sud. Nel 1964 quella del Buon Ricordo è stata la prima associazione selettiva di imprenditori della ristorazione, ancor oggi è la più nota tra i consumatori. A caratterizzare ciascun ristorante, e a creare fra loro un trait d'union, è oggi come un tempo il piatto-simbolo dipinto a mano dagli artigiani della Ceramica artistica Solimene di Vietri sul Mare su cui è effigiata la specialità del locale. Le insegne associate rappresentano, con la varietà straordinaria delle loro cucine, il ricchissimo mosaico della gastronomia italiana. Sette le nuove insegne
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i è appena concluso il Decanter World Wine Award, il più completo e autorevole punto di riferimento a livello mondiale per gli amanti del vino. Questa competizione, giunta alla 10a edizione, deve tanto successo al suo sistema di valutazione: i vini sono degustati alla cieca (bottiglie inserite in sacchetti che ne impediscono la identificazione) in gruppi suddivisi per regione d'origine e fascia di prezzo, in modo da tener conto dell'espressione di "terroir" e di categorie equiparabili. Quest'anno le etichette in gara sono state 14.362 provenienti da 52 nazioni e sono state giudicate da 75 Masters of Wine e da 13 Master Sommeliers parte fondamentale di un già importante team di 219 critici e degustatori esperti ciascuno della propria regione. Per giudicare i vini in gara ci sono voluti diversi giorni, ma ora le medaglie sono state assegnate e Giorgio Anselmet, della omonima Maison, festeggia i tre vini presentati alla competizione con altrettante medaglie: Medaglia d'Argento per “Le Prisonnier 2009” Medaglia d'Argento per “Arline” Menzione speciale per “Chardonnay Élevé en Fût de Chène 2009” Maison Anselmet è alla sua seconda avventura con Decanter e per la seconda volta questa piccola realtà valdostana dimostra tutto il suo valore. «La soddisfazione per i riconoscimenti ottenuti è tanta, ma non sarebbe la stessa cosa se non ci fossero anche le moltissime testimonianze di tutti coloro, italiani e stranieri, che ci vengono a trovare, assaggiano i nostri vini, ascoltano la nostra storia e ci scelgono ogni giorno».
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del 2013, che propongono agli ospiti la loro specialità del Buon Ricordo, in carta tutto l'anno, frutto del territorio interpretato con fantasia e abilità dai loro chef: a Pescia (PT) il “Ristorante Atman” con Il maiale va al mare, a Castrovillari (CS) il “Ristorante La Locanda di Alia” con Carne 'ncantarata con miele e peperoncino, a Colico (LC) il “Masanti's Restaurant” con La zuppa di pesci e verdure del lago di Como, a Pisa il “Ristorante Osteria del Violino” con la Pappa al pomodoro con bottarga del Tirreno, a Bellagio (CO) il “Ristorante Salice Blu” con i Ravioli di pasta al mais e patata ripieni al salmerino e gamberi dei nostri torrenti, a Santa Maria di Leuca (LE) il “Ristorante Terminal” con Frisella con le alici, ad Ako (Giappone) il Ristorante “La cucina campana Sakuragumi” con l'Acqua pazza al limone. Indirizzi e specialità delle new entry sono pubblicati nella Guida 2013 in distribuzione nei ristoranti associati e sul sito www.buonricordo.it
Ricerche VENDITE NELLA GDO STATUNITENSE: L’ITALIA RESTA LEADER E CRESCE ANCORA. CHARDONNAY SEMPRE PIÙ SUGLI SCUDI MA È BOOM DEL MOSCATO Italian Wine & Food Institute di New York, diretto dall’instancabile Lucio Caputo, ha pubblicato i dati delle vendite al dettaglio dei vini da pasto negli Stati Uniti il primo mercato per importazione, uno dei principali consumatori pro-capite e, soprattutto, mercato dove nacono molte delle tendenze che poi condizioneranno i
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PIU’ VENDUTI NEI SUPERMARKET
Pos. 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12
Vitigno Chardonnay Cabernet Sauvignon Pinot Grigio Merlot Pinot Noir Moscato Sauvignon Blanc Zinfandel Riesling Zinfandel Rosso Malbec Syrah
Pos. 1 consumi di vino nel mondo. Secondo i dati raccolti con il sistema scanner, rielaborati e diffusi dalla Nielsen Company, le vendite al dettaglio di vini da pasto negli Stati Uniti attraverso le grandi catene di supermercati, grandi magazzini e i maggiori "grocery stores" sono aumentate del 4,6% nel periodo da gennaio a dicembre 2012. I vini italiani sono quelli più venduti seguiti da quelli argentini e della Nuova Zelanda, paese che ha registrato il principale aumento di vendite, salendo al 21,4% rispetto allo stesso periodo del 2011. Nel corso del periodo preso in considerazione si è registrato un aumento nelle vendite dei vini statunitensi, del 5,7% e dei vini
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Paese
USA NEL 2012
Milioni di U$D crescita/dim 2.700 + 2.9 1.700 + 5.1 979 + 9.6 936 - 3.4 708 + 7.4 551 + 33 548 + 11.1 433 - 6.5 281 -4 231 - 1.5 235 n.a. 219 n.a Milioni di U$D crescita/dim
Italia
977
+ 3.7
2
Australia
840
- 5.2
3
Argentina
334
+ 15.4
4
Francia
241
+ 0.6
5
Spagna
123
+ 2.6
6
Germania
121
- 11.2
7
Rep. Sud Africa
26
- 6.2
8
Portogallo
20
+ 4.8
importati, del 1,9%. Le vendite di vini italiani, nel periodo sopracitato, sono ammontate a 977 milioni di dollari, con un aumento del 3,7% rispetto all'anno precedente. Al secondo posto si posizionano i vini australiani, con vendite che sono ammontate a 840 milioni di
dollari Usa, con una diminuzione del 5,2%. Al terzo posto sono passati i vini Argentini con poco meno di 334 milioni di dollari ed un aumento delle vendite del 15,4%. Al quinto posto si posizionano i vini francesi con 241 milioni ed un aumento dello 0,6%. Seguono i vini neozelandesi con 221 milioni
Ricerche ed un aumento del 21,4%. Al settimo e all'ottavo posto si trovano rispettivamente i vini spagnoli con vendite di 123 milioni ed una aumento del 2,6% ed i vini tedeschi con 121 milioni e una diminuzione del 11,2%, infine i vini sudafricani e portoghesi rispettiva-
mente con 26 e 20 milioni, con una diminuzione delle vendite dei sudafricani del 6,8% ed un aumento del 4,8% per i portoghesi. Il vino più richiesto dai consumatori americani è lo Chardonnay, con vendite che sono ammontate a 2,3 miliardi di dollari, con un aumento del 2,9% rispetto allo stesso periodo del 2011. Al secondo posto si posiziona il Cabernet Sauvignon, con vendite per 1,7 miliardi (+ 5,1%) seguito dal Pinot Grigio con 979,4 milioni di dollari (+ 9,6%). E ancora, il Merlot con 936.7 milioni, ed una diminuzione del 3,4%, il Pinot Noir con 708 milioni (+ 7,4%); il Moscato, con 551
milioni (+33%); il Sauvignon Blanc con 548 milioni ed un aumento del 11,1%; lo Zinfandel con 433 milioni ed una diminuzione del 6,5%; il Riesling, con 281 milioni (- 4%); lo Zinfandel Rosso con 238 milioni (1,5%). Infine vi sono il Malbec con vendi-
maggiormente le bottiglie da 750 ml., nel periodo preso in considerazione, le vendite di tali bottiglie sono ammontate a 7.8 miliardi (+ 5,4%). Fanno seguito le magnum da 1,5 litri le cui vendite nel periodo preso in considerazione sono ammontate a 2.2 miliardi. Al terzo
te per 235 milioni e il Syrah con 219 milioni. Da notare le ottime vendite del Moscato, che registra la crescita maggiore insieme al rosso dolce con vendite di 89 milioni (+ 62,1%), sottolineando la predilezione dei consumatori americani verso i vini dolci. Una nota negativa invece è costituita dall'uscita del Chianti e del Sangiovese dalla lista dei vini più venduti nei supermercati americani.
posto, ci sono le bottiglie da 5 litri con vendite di 480 milioni (+ 3,7%). Seguono le Jeroboam da 3 litri con vendite per quasi 412 milioni (+ 8,4%).
VINI BIANCHI, ROSSI, ROSATI. Un altro parametro da tenere in considerazione è la vendita per tipologia di colore; le vendite complessive di vini rossi sono ammontate a 5.7 miliardi di dollari (+ 4,2%) nel corso del 2012, quelle dei vini bianchi sono ammontate a poco più di 5 miliardi (+ 5,6%) e quelle dei vini rosati sono ammontate a 708 milioni (più 1,8). TIPOLOGIE DI BOTTIGLIE. I consumatori americani richiedono
VENDITE PER FASCE DI PREZZI. I vini nella fascia $ 3-5,99 restano i più venduti con vendite pari a $ 3.9 miliardi ed un aumento del 2,6% nelle vendite rispetto all'anno scorso. Le vendite di vino per fasce di prezzo sono aumentate in tutti i settori fatta eccezione per la fascia di prezzo $ 6-8,99 (- 3,1%). Al secondo posto vi sono i vini nella fascia $ 9-11,99 con vendite che raggiungono i $ 2.4 miliardi (+ 13,1%). I vini nella fascia $ 6-8,99 raggiungono $ 1.8 miliardi (- 3,1%); seguono poi i vini della fascia $ 1214,99 con vendite pari a $ 1.2 miliardi (+ 7,5%), i vini della fascia $ 0-2,99 hanno registrato vendite pari a $ 814 milioni (+0,4%); la fascia $ 15-19,99 ha raggiunto i $ 689 milioni (+ 7,7%); concludono la lista i vini con prezzo superiore a $ 20 con vendite pari a $ 540 milioni (+6,5%). Euposia Maggio-Giugno 2013
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News
MARCO SIMONIT l mitico Champagne Cristal, d'ora in poi, porterà in sé qualcosa del “savoir-faire” in vigna" italiano. Marco Simonit, Oscar del vino 2012 come miglior agronomo viticoltore, e la sua squadra dei Preparatori d'Uva sono stati infatti ingaggiati a Reims da Champagne Louis Roederer. La storica maison francese ha chiesto la consulenza del gruppo italiano - l'unico specializzato, accreditato e strutturato a livello europeo nel settore della formazione del personale addetto alla potatura manuale dei vigneti - per migliorare i metodi di potatura adottati da secoli nella Champagne, che stanno dimostrando limiti e problematiche. E ha incaricato i Preparatori d'Uva della formazione, teorica e pratica, dei suoi potatori. Roederer ha chiamato i trainer italiani del vigneto anche in altre tre sue prestigiosissime aziende, Chateau Pichon Longueville Comtesse de Lalande nella zona di Bordeaux, Domaines Ott in Provenza dove produce i più famosi Rosé di Francia e Ramos Pinto, storica azienda produttrice di Porto nella regione del Douro in Portogallo. Sono oggi una trentina le importanti cantine europee che, fra Francia, Austria, Germania, Svizzera,
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ALLA CORTE DI
Spagna,Portogallo, hanno affidato i loro vigneti al tutoraggio dei Preparatori d'Uva. A partire da molti Chateaux di Bordeaux fra in quali: Haut Bailly , La Tour Martillac, Giscours, du Tertre e Domaine de Chevalier. A volere per primo i Preparatori d'Uva in Francia è stato il noto studioso Denis Dubourdieu, docente di Enologia e direttore dell'ISVV - Istitut des Sciences de la vigne et du vin dell'Università di Bordeaux, che ha individuato in questo gruppo di specialisti italiani i consulenti migliori a livello internazionale per affrontare la scottante e attuale problematica del deperimento dei vigneti e della riduzione della produttività, con gli alti costi diretti e indiretti che ne conseguono. «Sono convinto che bisogna portare l'attenzione sulla prevenzione e che si debba quindi lavorare sulla struttura della pianta, visto che attualmente non esistono rimedi veramente efficaci per contrastare le malattie del legno - spiega Denis Dubourdieu - La prevenzione inizia da una corretta potatura che rende le viti meno vulnerabili, e dalla formazione di personale che sappia usare le giuste tecniche di taglio per aumentare la loro difesa naturale». «Con Dubourdieu stiamo lavorando a
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vari livelli, in modo che sperimentazione e formazione procedano di pari passo - aggiunge Marco SimonitAbbiamo fra l'altro sottoscritto una convenzione per la ricerca e la sperimentazione con l' INRA - Institut National de la Recherche Agronomique di Bordeaux, stiamo già lavorando nei loro vigneti e facendo formazione per i loro dipendenti. Parallelamente, abbiamo in atto una sensibilizzazione nei confronti degli studenti universitari, ai quali teniamo lezioni teoriche e pratiche». E non ci sono soltanto l'Università di Bordeaux e l' INRA a collaborare con i Preparatori d'Uva. Fra gli altri, le Università di Milano e di Firenze e l' Acw- Agroscope ChanginsWädenswil in Svizzera (stato in cui da qualche anno stanno lavorando per mettere a punto nuove e migliori tecniche di taglio delle aree vinicole del Vaud e del Vallese). Ideatori della Scuola Italiana di Potatura della Vite (con 12 sedi), i Preparatori d'Uva tengono corsi in tutt'Europa, dalla Germania alla Spagna, dove sono stati chiamati per tenere lezioni in tutte le dodici Denominacion de Origen della Catalunya e stanno avviando altri nuovi importanti progetti.
News DONATELLA CINELLI COLOMBINI NUOVA PRESIDENTE DELLA DOC ORCIA Medaglia d’oro per il Rhum agricolo per il rhum agricolo Trois Rivières
onatella Cinelli Colombini succede a Donella Vannetti alla guida della Doc Orcia la denominazione" più bella del mondo" in un territorio iscritto nel patrimonio dell'Umanità Unesco. E' una delle Doc più giovani e più piccole, ma con grandi progetti. Il territorio dell'Orcia è un'area collinare nel Sud della Toscana dove la vite e l'olivo sono coltivati da secoli. E' una zona piena di città d'arte, di centri termali, con uno dei paesaggi agricoli più belli del mondo che l'Unesco ha riconosciuto patrimonio dell'Umanità. La Doc Orcia è nata il 14 febbraio 2000 e si estende su 13 comuni. «I vini sono davvero buoni e manifestano tutto l'impegno e la passione dei produttori che nella stragrande maggioranza fanno tutto direttamente: dalla vigna alla vendita delle bottiglie7 ha detto Donatella Cinelli Colombini, sottolineando come, in un mondo globalizzato, nella Doc Orcia il vino sia ancora un prodotto familiare benché siano attivi ottimi consulenti agronomi e enologi. Il territorio ha nel turismo il suo motore economico più importante ed infatti, lo scorso anno, i 13 comuni della Doc Orcia hanno registrato 1.800.000 presenze turistiche. «Proprio la bellezza del territorio della Doc Orcia e i turisti che ogni anno vengono a visitarlo sono secondo Donatella Cinelli Colombini - la principale destinazione commerciale della giovane denominazione, nata fra due colossi come il Brunello di Montalcino e il Vino Nobile di Montepulciano». A chi le domanda se il nuovo incarico nella Doc Orcia significa un allontanamento da Montalcino Donatella risponde sorridendo «Assolutamente no, le mie radici sono nella terra del Brunello».
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i è svolta recentemente a Parigi, presso il Bastille Design Center, la seconda edizione della "Paris Rhum Fair", manifestazione interamente dedicata ai Rhum in tutti i loro aspetti. In concomitanza con lo svolgimento del salone è stato organizzato anche un concorso internazionale di degustazione, che ha visto la presenza di oltre 200 Rhum provenienti da moltissimi Paesi del mondo. Il
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speziate. La Martinica è una delle isole più belle dei Caraibi, ed è la culla dei celebri Rhum agricoli. A partire dal 1996, essendo considerata territorio metropolitano francese, può fregiare i suoi Rhum della prestigiosa denominazione territoriale "A.O.C. Martinique". La piantagione Trois Rivières è una delle più antiche della Martinica: risale infatti alla metà
concorso ha assegnato la medaglia d'oro per la categoria "Rhum Agricoli Invecchiati da 3 a 6 anni" al Trois Rivières 5 anni. Il Trois Rivières 5 anni è un Rhum agricolo della Martinica, invecchiato in legno di quercia e imbottigliato alla gradazione di 40% vol. Il suo colore è giallo paglierino intenso, con riflessi dorati. Al naso rivela un ampio bouquet di frutta fresca, tabacco biondo e pan di zenzero. Il suo gusto è intenso, ricco e fresco: un equilibrio perfetto di sentori primari, di frutta secca e di note
del XVII secolo, quando Nicolas Fouquet, Sovrintendente alle Finanze del re Luigi XIV, volle farne la tenuta più grande dell'isola (220 ettari). A quei tempi, la canna da zucchero materia prima dei Rhum agricoli - veniva frantumata con l'ausilio dei mulini a vento dell'epoca: è per questo che, ancora oggi, su ogni bottiglia di Trois Rivières campeggia ben visibile l'emblema del mulino. I Rhum agricoli Trois Rivières sono distribuiti in esclusiva per l'Italia dalla Fratelli Rinaldi Importatori.
News LA SIGNORA DELLE TAGLIATELLE CONQUISTA IL MERCATO DELLA PASTA ALL'UOVO. CON L’AMBIENTE Friuli Venezia Giulia & Via dei Sapori I Solisti del Gusto in mare
esercizio 2012 dell'azienda Luciana Mosconi si è chiuso con un volume d'affari che sfiora i 18 milioni di euro e un +21% sul valore di fatturato rispetto al 2011. Queste alcune delle cifre del pastificio di Matelica (Macerata) che occupa il secondo posto a livello nazionale nel mercato della pasta lunga all'uovo secca, con una quota di quasi il 14%. Seconda in assoluto a livello nazionale nel mercato della pasta lunga all'uovo secca, Luciana Mosconi,è l'unico brand italiano ad aver registrato nel 2012 una decisa crescita: «La nostra azienda è cresciuta a livelli record in particolare nella zona del Nordest Italia, dove ha segnato un +29,59% nelle vendite rispetto all'anno passato - afferma Marcello Pennazzi, a.d. dell'azienda - e l'obiettivo è quello di crescere ulteriormente attraverso azioni di marketing mirate, guidate esclusivamente dalla forza del prodotto e dalle buone pratiche ambientali; insomma massima fidelizzazione attraverso la massima qualità». Il brand marchigiano lo scorso 30 novembre 2012 ha raggiunto, primo in italia, un ulteriore traguardo: la firma di un accordo volontario di collaborazione con il Ministero dell' Ambiente, che prevede il calcolo dell'impronta di carbonio della pasta all'uovo a marchio Luciana Mosconi e la sua successiva neutralizzazione. «Il vantaggio per l'ambiente corrisponde al vantaggio competitivo per il brand"» ribadisce Pennazzi. «L'intesa col Ministero - continua - ci darà la possibilità di valorizzare il nostro impegno ecosostenibile: oggi il consumatore finale è diventato sempre più sensibile e attento al valore ambientale delle proprie scelte, soprattutto in campo alimentare».
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o spettacolo di Trieste dal mare illuminata dalle mille luci della sera, alta cucina, prodotti d'eccellenza, grandi vini: questa estate i Solisti del Gusto di Friuli Via dei Sapori organizzano 10 raffinate cene in barca nella calma del Golfo di Trieste. Dal 28 giugno al 30 agosto, tutti i venerdì sera, la motonave Il Delfino Verde, due piani, cucina a bordo, diventerà il più esclusivo salotto dove poter degustare le eccellenze del Friuli Venezia
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creati dal Bagatto e cambieranno di sera in sera. Ad accogliere gli ospiti sarà un aperitivo con una specialità regionale che cambierà ad ogni cena, scelto tra gli artigiani del gusto eccellenti di FVG Via dei Sapori e i vini di tre cantine, che accompagneranno anche la cena. Questo il calendario: 28 giugno - Vitello d'Oro (Udine) 5 luglio - Al Campiello (San Giovanni al Natisone)
Giulia Via dei Sapori, osservando dal mare la città di Trieste sfavillante di luci. Ogni serata avrà come protagonista lo chef di un ristorante di Friuli Giulia Via dei Sapori, che porterà nel Golfo di Trieste i sapori e le culture delle tante anime che compongono il singolare melting pot della cucina di questa terra di confine. A lui sarà affidata la realizzazione di un piatto- simbolo della sua cucina e di un'altra portata preparata a 4 mani con lo chef del Ristorante Al Bagatto di Trieste. Gli altri piatti del menu saranno
12 luglio - Lokanda Devetak (San Michele del Carso) 19 luglio - La Subida (Cormòns) 26 luglio - Da Nando (Mortegliano) 02 agosto - All' Androna (Grado) 09 agosto - Al Paradiso (Pocenia) 16 agosto - Costantini (Tarcento) 23 agosto - Al Ponte (Gradisca d'Isonzo) 30 agosto - La' di Moret (Udine) I menu di ciascuna serata saranno pubblicati su www.friuliviadeisapori.it La partenza è per le 19.30 dalla Stazione Marittima di Trieste.
News
COMPIE 150 ANNI L’ACQUA PERRIER errier è oggi l’acqua minerale frizzante leader di mercato a livello globale. Un primato che deriva dal suo gusto e dalla sua iconica bottiglia. Famosa in tutto il mondo per le sue bollicine, l’acqua Perrier sgorga da oltre 120 milioni di anni dalla Source des Bouillens, una fonte naturale della pianura della Linguadoca nel sud della Francia. A generare le bollicine tipiche della Perrier, un processo 100% naturale: l’acqua piovana, infiltrandosi nel sottosuolo, incontra i gas vulcanici per poi sgorgare dalle fessure del terreno come se bollisse. Una caratteristica che, oltre a donare un gusto inconfondibile all’acqua, dà il nome alla fonte: “Les Bouillens” - “acque bollenti”, in francese. Un’oasi di 8649 ettari, che si mantiene interamente incontaminata negli anni grazie a un’attenzione maniacale nel processo di raccolta dell’acqua e di mantenimento dell’ambiente circostante. Basti pensare che nei 2.471 ettari di terreno
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agricolo vicino alla sorgente, gli agricoltori locali coltivano prodotti biologici senza l'utilizzo di fertilizzanti artificiali o pesticidi. La Perrier si è più volte intrecciata con episodi storici: dalla decisione di Annibale - 218 a.C. - di accamparsi a “Les Bouillens” all’idea di Giulio Cesare - nel 58 a.C. - di costruire una vasca di pietra con degli edifici intorno alla sorgente, per realizzare il primo “centro termale” della storia. Sarà però, Napoleone III, nel 1863, a conferire alla Perrier il “titolo” di acqua minerale naturale, con un decreto che ne riconosce e certifica qualità e caratteristiche. È solo nel 1898 che l’acqua di "Les Bouillens" prende il nome di acqua Perrier, da Louis-Eugène Perrier, in quegli anni unico proprietario della fonte. Medico, politico ed esperto delle proprietà termali dell’acqua, è stato lui a dedicarsi per la prima volta allo sviluppo di una bottiglia di vetro igienicamente sigillata e pensata per contenere e trasportare l'ac-
qua. Pochi anni dopo, Louis-Eugène Perrier crea una joint venture con St John Harmsworth, che nel 1903 ne diventa a sua volta unico proprietario. Sarà l’inglese a progettare la forma iconica della bottiglia Perrier. Anche con Harmsworth, la Perrier entra ancora una volta in fatti storici: nel 1905 diventa l’acqua bevuta dai coloni inglesi in India e dalla nobiltà britannica a Buckingham Palace. Dal 1948 al 1973 la produzione passa da 30 a 150 milioni di bottiglie. La fabbrica, ora conosciuta col nome di “cattedrale”, inizialmente di 6.000 metri quadri, supera 26.000 metri quadri. Ma a rappresentare una data storica è il 1992 anno in cui Perrier viene rilevata da Nestlé, formando la Nestlé Waters SA gruppo, ora leader mondiale nella bottiglia d'acqua con circa 70 marchi, tra cui non solo Perrier, Vittel, Contrex, S. Pellegrino, ma anche Nestlé Pure Life, Nestlé Aquarel.
News ALLA SELEZIONE INTERNAZIONALE VINI DA PESCE, STREPITOSO “TRIONFO TRICOLORE” MEDAGLIE D’ORO: ITALIA 8-GERMANIA 2 a giuria internazionale della seconda edizione della Selezione Robert u.M. Aufricht RFG Baden Sauvignon B. 2012 Internazionale dei Vini da Pesce ha emesso un verdetto che registra uno Gotto d’Oro S.Coop ITA Lazio Igt Chardonnay 2012 strepitoso trionfo dell'Italia enoica. È la pugliese Castello Monaci srl di Salice Weingut H. Wassmer RFG Baden Sauvignon B. 2012 Salentino (LE) ad aggiudicarsi il “Calice Dorico”, premio speciale assegnato Castello Monaci ITA Salento Igt Chard. 2012 all'azienda che raggiunge il miglior risultato in assoluto. Az.Agr.Terzini ITA Cerasuolo d’Abr. Dop 2012 I vini che ne hanno decretato il successo, nella classifica del prestigioso trofeo Tenuta Maddalena ITA Alto Mincio Igp Rosé 2012 che valuta le per-formances complessiVigne Savie ITA Prosecco extra dry 2012 vamente ottenute dalle etichette del produttore, sono due Chardonnay IGT Cantine Briamara ITA Erbalice Docg Brut M. 2009 ed un Negroamaro rosato. Nel corso di tre giorni, i giurati hanno ITA Pinot nero VSQ Rosé n.v. valutato 543 dei 565 campioni presen- Vanzini tati, prove-nienti da 259 aziende in rapGiorgi ITA Olrepo P. Docg Cruasé 2008 presentanza di 9 nazioni: Albania, Austria, Francia, Germania, Grecia, Italia, Portogallo, Slovenia ed Ucraina. Nelle 10 categorie in gara sono stati premiati, con 37 medaglie e 384 diplomi, ben 421 vini, pari al 77% di tutti quelli presentati. Un dato che esprime la crescita qualitativa del com-parto, se paragonato al 67% della precedente edizione. Ai vini che hanno conseguito il punteg-gio complessivo di almeno 80 centesimi, corrispondenti all'aggettivazione "ottimo" in base al metodo di valutazione dell'Union Internationale des Oenologues, è stato assegnato il diploma di merito. Lombardia e Veneto fanno registrare le migliori performances a livello di medaglie: 3 ori per i lombardi, 8 diverse medaglie per i veneti. Da sottolineare il risultato dell'Abruzzo nella ca-tegoria riservata ai vini rosati secchi tranquilli a denominazione d'origine, dove il Cerasuolo fa l'en plein con oro, argento e bronzo. Doppia medaglia d'oro per i vini tede-schi, mentre si Assoluto il predominio del Veneto, invece, nella catefermano ai diplomi di merito le altre nazioni in gara. goria dei vini spumanti bianchi metodo charmat a In totale, le commissioni giudicatrici hanno compilato denominazione d'origine a indicazione geografica e 3.801 schede, attribuito 53.907 giudizi parziali ed utivini spumanti di qualità con residuo zuccherino non lizzato ben 4.200 bicchieri! Operazioni rese possibile in superiore a 35G/L. Complessivamente sono 10 le regioni italiane che hanno guadagnato almeno un allo- virtù della collabo-razione tecnica dell'Associazione Enologi Enotecnici Italiani e del servizio dei sommero, con medaglie anche per Piemonte, Marche, liers A.I.S. Toscana, Basilicata, Lombardia, Trentino e Lazio.
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News IN LIBRERIA “IL VINO, ISTRUZIONI PER L’USO” ebutta il libreria un nuovo manuale sul vino - “Il Vino. Istruzioni per l’Uso” edito da “I Cinquesensi” - Lucca che racconta, informa, educa, appassiona, mettendo ordine e facendo chiarezza su un argomento così denso di significati simbolici, allegorici, inconsci. E facendolo punta a diventare un riferimento giustificato e necessario per tutti coloro che desiderino affrontare l'argomento con la volontà di sapere davvero ciò che serve per un consumo qualitativo e consapevole. Insomma, tutto quello che avrese voluto chiedere sul vino, ma non avete mai osato chiedere. Un libro destinato quindi a chi vuole conoscere di più quesdta bevanda, ne vuole comprendere i segreti ma anche un’opera rivolta a chi nel mondo del vino già opera e vuole avere un punto di vista autoreveole sulle sue prossime evoluzioni. In questa doppia sfida sta il lavoro di Roberto Racca - piemontese, rinomato conoscitore del mondo del vino, consulente strategico di alcune importanti aziende vinicole nazionali e collaboratore di Partesa, uno dei principali player italiani nella distribuzione - che ha coinvolto un nutrito gruppo di giornalisti ed esperti: Antonio Boco, Giuseppe Carrus, Beppe Caviola, Federico Curtaz, Paolo De Cristofaro, Gianni Fabrizio, Nicola Frasson, Eleonora Guerini, Donato Lanati, Vittorio Manganelli, Alessandro Masnaghetti, Andrea Rea, Gian
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Piero Romana Questi alcuni dei principali capitoli del libro mantenuto fresco e non nozionistico dall’uso frequente di interviste e commenti: - Dalla Georgia al Nuovo Mondo. Gli albori e le antiche civiltà; La diffusione della viticoltura in Europa; L'evoluzione della viticoltura; Dall'Ottocento a oggi. - La terra e il frutto. La pianta; Il vigneto - Dall'uva al Vino: Vinificare in
bianco; Vinificare in rosso; Il punto di Donato Lanati L'enologia, emozionante ricerca; Vinificare in rosato; Vinificare il novello; I vini spumanti; I vini dolci; Gli additivi enologici; Anidride solforosa, pro e contro. - Il giro del mondo nel bicchiere La Francia con le interviste a Bernard Noblet (“Magica Borgogna”); a Vincent Dauvissat (“La mineralità dello Chablis”); a Jean-Louis Chave (“Il fascino del Rodano”); a Michel Drappier (“La magia dello Champagne”); La Spagna; Il Portogallo; La Germania con un’intervista a Reinhard Loewenstein (“La purezza del Riesling”); Il Nuovo Mondo. - Ampelografia nazionale - Doc & Docg - L'arte del bere. Ovvero, capire il vino; assaggiare il vino: finalità, approcci ed analisi sensoriali. E ancora: l'abbinamento cibovino; la conservazione ed il servizio. A chiudere un veloce e chiaro glossario: “il vino in 168 parole”.
Ricerche TRENTODOC, LE BOLLICINE DELLE DOLOMITI LEADER PERSINO IN LOMBARDIA ANALISI
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ealizzata in collaborazione con SymphonyIRI Group, la ricerca sul peso del metodo classico Trentodoc nellaGDO realizzata da Palazzo Roccabruna, l’enoteca provinciale della Cciaa atesina, si è proposta di valutare quote di mercato e posizionamento delle “bollicine delle Dolomiti” su un campione rappresentativo di esercizi nazionali. Si stima infatti che attraverso questo canale transiti almeno un terzo del valore commercializzato di metodo classico italiano e poco meno della metà del Trentodoc prodotto. Dai dati raccolti nel corso del 2012 emerge come il Trentodoc sia leader nel segmento “spumante metodo classico” con una quota di mercato pari al 51% delle vendite, equivalente a 33 milioni di Euro. Sebbene il 2012 sia stato caratterizzato da una generale contrazione dei consumi con una flessione dei volumi di metodo classico del 6,2% su base annua, il Trentodoc con un -4,2% ha saputo difendersi meglio dei concorrenti che hanno lasciato sul terreno complessivamente un 8,0%. In un comparto piuttosto segmentato come quello delle bollicine classiche (184 referenze complessive di cui 21 di Trentodoc) pochi sono i players di maggior rilievo (tre aziende rappresentano l’81% del fatturato di settore) e la competizione è sostanzialmente ristretta a 15 case spumantistiche (di cui 6 trentine). Dove vende il Trentodoc? L’analisi è per molti versi clamorosa: il metodo classico trentino è vincente in Lombardia (patria di Franciacorta ed Oltrepo Pavese) dove vende un terzo della sua produzione e, a Milano (da sola, il 15,6% degli acquisti totali di spumanti italiani), rappresenta in valore il 50% delle vendite e in volume, il 52. Vuol dire che, fatto aggio un leggero sconto sul prezzo, circolano più bottiglie trentine che lombarde e italiane assieme.
POSIZIONAMENTO
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In questo, il Piemonte (terra di Gancia e di Alta Langa) difende meglio i propri colori. Dopo la Lombardia la top-ten regionale delle vendite vede: Toscana; Emilia Romagna; Lazio; Piemonte e Val d’Aosta, Sicilia, Campania; Trentino A.A.; Abruzzo e Veneto che chiude col 3,6% come quota di acquisti di Trentodoc. Più che soddisfacente l’andamento nei punti vendita provinciali che sanciscono il primato del Trentodoc. Le bollicine made in Trentino fanno registrare un ragguardevole +15,5% in volume rispetto al 2011, in assoluta controtendenza rispetto ai trend generali nazionali. Il dato è ulteriormente rafforzato dal risultato negativo dei marchi di spumante metodo classico non trentini (11,1%), che oramai detengono un esiguo 3% del mercato provinciale. La tabella suesposta riporta i valori medi dei prezzi del Trentodoc che anche in un anno difficile hanno trovato nicchie profittevoli.
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L’appuntamento annuale con Assovini mette in evidenza il cambio di passo della produzione siciliana che punta con sempre maggiore decisione alla sostenibilità, all’identità. In evidenza, per Euposia, le Cantine: Occhipinti, Marco de Bartoli, Graci, Cos, Valle dell’Acate e Masseria del Feudo di Alessandra Piubello
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LA DEGUSTAZIONE
Le aziende partecipanti: da Abraxas a Valle dell’Acate icilia en Primeur propone in primis una selezione rappresentativa di vini della vendemmia 2012, e, a margine, anche altre annate con vini che già esprimono in modo compiuto le loro caratteristiche. Una panoramica piuttosto ampia, dove trovano posto tutte le zone siciliane a vocazione enologica. Le ventotto aziende partecipanti hanno presentato circa 250 vini. Ecco l'elenco completo: Abraxas, Baglio del Cristo di Campobello, Baglio di Pianetto, Barone di Villagrande, Barone Sergio, Caruso&Minini, Corvo, COS, Cottanera, Cusumano, De Bartoli, Donnafugata, Duca di Salaparuta, Feudi del Pisciotto, Fuedo Arancio, Feudo Disisa, Feudo Maccari, Feudo Principi di Butera, Florio, Graci, Masseria del Feudo, Occhipinti Arianna, Palari, Pietradolce, Planeta, Rapitalà, Russo, Settesoli, Tasca d'Almerita, Valle dell'Acate. Sia con gli autoctoni sia con gli internazionali, la qualità è salita molto, e lo abbiamo potuto verificare in quest'evento che, grazie ad Assovini, riesce a presentare un bel ventaglio di possibilità di degustazione, abbinandole a visite ai territori del vino, arte, cultura, gastronomia.
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< Dioniso, dio greco del vino, sbarca presto in Sicilia, con i primi coloni venuti dalla Grecia. Il suo culto si diffuse con successo nell'isola, a Siracusa, dove erano ampiamente venerate anche Demetra e Kore, così come a Selinunte. Dioniso non fu solo dio del vino, ma di tutte le sostanze liquide, tanto che nell'antichità greca il mare percorso dal commercio marittimo del vino fu definito “il mare color del vino”, per indicare quanto forte era l'impatto del “carrus navalis” di Dioniso lungo le rotte che univano la Grecia alla Sicilia, comprese le sue isole minori, rotte lungo le quali si svolse un attivo e intenso traffico commerciale vinicolo. Molti vigneti dovevano essere impiantati in prossimità dei porti marittimi più trafficati (Siracusa, Agrigento, Naxos, ad esempio) e anche presso i fiumi (così probabilmente a Gela, Selinunte, Camarina) che, all'epoca navigabili, offrivano un prezioso approdo e quindi una via di penetrazione nell'entroterra dove risiedevano quei Siculi e Sicani che, pur conoscendo la vite selvatica, vennero “inebriati”, come il ciclope Polifemo lo fu da Ulisse, dal vino portato dai Greci. Ma veniamo ai tempi moderni e
allo sviluppo della vite nelle città siciliane. Dopo l'invasione della fillossera, la provincia con la maggiore superficie vitata fu Catania, seguita dalla provincia di Siracusa, Palermo e Messina. Nei decenni successivi il trapanese ritornò ad essere la prima provincia vitata siciliana, seguita da Catania, Palermo, Agrigento, Messina, Caltanisetta, Ragusa e Siracusa. Ad oggi si conferma la leadership di Trapani, seguita invece da Agrigento, Palermo, Catania, Caltanisetta, Siracusa, Ragusa, Messina, Enna. Sul fronte delle forme d'allevamento della vite va detto che, a fine anni '50, inizio 1960, l'esigenza di meccanizzare e specializzare quanto più possibile la viticoltura, portò all'introduzione della controspalliera. di maggiore produttività quantitativa, rispetto alla forma tradizionale ad alberello, che verrà da questo momento trascurata fortemente. Inoltre, si ebbe un'ulteriore riduzione dei tipi di vitigni coltivati, che si localizzarono in ben definite aree geografiche, così denominate: zona dello Zibibbo: isola di Pantelleria; zona del Catarratto: provincia di Trapani; zona del Perricone ed Inzolia: provincia di
Agrigento; zona del Nero d'Avola e del Frappato: provincia di Ragusa e Siracusa; zona del Nerello Mascalese e del Carricante: Etna; zona del Nocera, Nerello Cappuccio e Mascalese: provincia di Messina; zona della Malvasia: Isole Lipari (Salina). Negli anni '70 la Sicilia vitivinicola vive un'importante riconversione tecnica con cui s'introduce, soprattutto nelle province di Agrigento, Palermo e Trapani, una forma di allevamento della vite ancora più produttiva della controspalliera: il tendone. Contestualmente al tendone vengono introdotte e diffuse diverse varietà ad elevata produzione per vite, come il Trebbiano toscano, a bacca bianca, e nuove pratiche colturali, quali l'irrigazione, che permise di estendere la viticoltura in zone, soprattutto in Sicilia occidentale, mai destinate prima alla viticoltura e tradizionalmente adibite alla cerealicoltura ed alle leguminose. Il considerevole e repentino aumento della produzione viticola favorì la costituzione di organismi associativi per l'ammasso e la vinificazione delle uve da vino: le cantine sociali. Esse hanno ancora oggi
un ruolo fondamentale, specie nella Sicilia occidentale, dove sono conferite la maggior parte delle uve prodotte in quelle zone. Le maggiori professionalità enologiche degli anni '70 ed '80, consentirono il passaggio da una vitivinicoltura tradizionalmente orientata alla produzione dei vini da taglio, dalle alte gradazioni alcoliche, poco adatti al consumo diretto, anonimi ed assoggettati alla richiesta di altre regioni italiane ed estere, ad una vitivinicoltura sempre più indirizzata a produrre vini di qualità per il consumo diretto e per l'imbottigliamento. La Sicilia, oggi, con un'estensione di circa 108.500 ettari e una produzione di vino di 4.738.437 ettolitri, è una delle regioni più importanti nel panorama vitivinicolo italiano (la quarta per produzione di vino, ma la prima per superficie vitata). Muovendosi nel "vigneto" Sicilia, si rimane impressionati dalle sue grandi potenzialità e da come la natura, qui, non si sia fatta mancare niente. Ad ogni angolo è percepibile e visibile la sua prorompente vitalità, la sua forte esuberanza. Euposia Maggio-Giugno 2013
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SICILIA EN PRIMEUR
IL PROFILO ENOLOGICO
Attilio Scienza: «Sicilia, laboratorio del miglioramento genetico» «La Sicilia - ha affermato il noto esperto - è la regione che più di qualsiasi altra in Italia ha investito in progetti di miglioramento genetico. Sono infatti in corso ricerche, con la collaborazione di Assovini, sull'adattamento di alcuni cloni di Nero d'Avola, di Frappato, di Catarratto in diversi ambienti dell'isola; sul valore agronomico di nuovi portinnesti in terreni difficili (siccitosi, calcarei, salini…) anche nell'emergenza climatica; sulle caratteristiche di alcuni vitigni caucasici in condizioni di temperature elevate; sulle risposte qualitative di incroci resistenti alle malattie nell'ambiente siciliano. Le ricadute non si evidenziano solo sugli aspetti viticoli ed enologici ma anche sulla comunicazione e sul marketing: il consumatore sceglie un vino sempre più se di quel vino conosce le origini, spesso lontane nel tempo e nella storia che lo ha condotto a noi». Dal 2003 l'Assessorato all'Agricoltura della Regione Sicilia ha sviluppato un ampio progetto di miglioramento genetico della piattaforma ampelografica dell'isola con la collaborazione scientifica delle Università di Palermo e di Milano e del CRA - Patologia vegetale di Roma. Recentemente si è conclusa la prima fase di queste ricerche che hanno consentito di individuare una cinquantina di vecchie varietà delle quali non si conosceva neppure l'esistenza e di omologare i primi cloni delle varietà più importanti come il Nero d'Avola, il Frappato, l'Inzolia ed altri. (Continua a pagina 31)
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Ormai rimane molto difficile scoprire degli angoli di Sicilia dove non sia stata piantata una vite, anzi, in alcune zone si rimane veramente affascinati dalla cura con la quale viene promossa la viticoltura; per decine e decine di chilometri si assiste a un rincorrersi di vigneti su vigneti, un susseguirsi di filari che si alternano a nuovi filari che vanno oltre lo sguardo, oltre la collina e ovunque si posi l'occhio ci sono viti e poi ancora viti. È forse in questi angoli, più che in altri, che si percepisce la molteplicità delle “Isole” che compongono la Sicilia, ognuna delle quali è diversa dall'altra. Isole nell'Isola, come delle piccole matrioske, ognuna delle quali uguali nella sua diversità; isole con situazioni pedoclimatiche uniche che contribuiscono alla creazione di un distinguo e di una caratterizzazione, forte e netta, dei vini qui prodotti. Una tipicizzazione che farebbe la gioia di qualsiasi vignaiolo al mondo, ma che ancora, qui in Sicilia, stenta a essere considerata un valore aggiunto. Una terra quindi dalle molteplici differenziazioni, con enormi opportunità ancora da scoprire; una Sicilia che solo alcuni hanno saputo fino a oggi interpretare e hanno saputo poi raccontare; una terra che forse è ancora da considerare veramente all'inizio di un nuovo percorso enologico. Isole nell'Isola, ognuna delle quali in possesso di un potenziale terroir capace di qualificare e valorizzare i vini prodotti; terra da esplorare, con una sto-
ria da scrivere, dove ogni cosa è in movimento, dove non vi è niente di consolidato, dove la stessa viticoltura si rigenera dalle proprie ceneri. La Sicilia è una terra generosa il cui potenziale non era mai stato espresso in termini qualitativi fino a qualche decennio fa. Questa mancanza si era sempre riflessa nel mercato negativamente per cui, nell'immaginario collettivo, il “vino siciliano” era identificato come pesante, alcolico e poco piacevole. Fino a venti anni fa la Sicilia era per antonomasia la terra dei vini da taglio. Vantava fama solo per un grande vino, il Marsala, e di questo vino aveva il monopolio di produzione, ma non per quello d'imbottigliamento. Fu proprio l'aver permesso l'imbottigliamento fuori zona a fare del Marsala la grande occasione perduta per la Sicilia. Oggi la Sicilia sta conquistando molta credibilità, esprimendo vini di carattere che piacciono molto al consumatore. Il “carattere” del vino siciliano, che è legato alla sua terra, ricca, calda e variegata, rappresenta un indice importantissimo per la sua riconoscibilità. Giacomo Tachis - uno dei più grandi enologi del '900, colui che ha svelato il potenziale di qualità del vino siciliano al mondo - parlava del vino siciliano esaltandone la caratura culturale prima ancora che varietale o delle diverse zone viticole elette all'eccellenza. La viticoltura siciliana negli ultimi anni è stata capace di dimezzare i tempi produttivi necessari
alla realizzazione di buoni vini rispetto ai tempi che occorrerebbero in qualsiasi altra regione d'Italia. La ricerca e le sperimentazioni hanno innescato un nuovo processo produttivo ed evolutivo viticolo-enologico, che ormai è assodato, pone la Sicilia, per la qualità, come regione vitivinicola emergente. La nuova vitivinicoltura siciliana è orientata all'ottenimento non più di vini da taglio, vini sfusi o da distillazione, ma qualificate produzioni enologiche che imbottigliate (e quindi riconoscibili al consumatore) possono raggiungere tutti i mercati mondiali con un ottimo rapporto qualità/prezzo. Sono questi i motivi del successo del vino di Sicilia, cioè la combinazione fra potenzialità e opportunità, fra capacità e volontà, fra il desiderio di voler dare un taglio a un passato poco gratificante e costruire un futuro più solido e duraturo. Oggi i vini siciliani sono al vertice dei giudizi internazionali e la loro massima espressione di qualità è raggiunta non tanto con i vitigni internazionali, quanto con i vitigni autoctoni, quelli selezionati dalla loro stessa storia: primo tra tutti il Nero d'Avola, poi a seguire l'Inzolia, il Catarratto lucido, il Grillo, lo Zibibbo; tra un po' si vestirà di fama anche il Pignatello e non sarà ancora finita! Sono gli stessi vitigni di un tempo, il territorio è sempre lo stesso, ma allora cos'è cambiato? Un fattore che nella produzione del vino è determinante: l'uomo.
Sì, sono cambiati gli uomini siciliani che hanno messo le loro etichette ai loro vini, e questa è una bella evoluzione naturale per chi ama la purezza e la tracciabilità. Le coincidenze di interessi sbagliati, che avevano relegato la Sicilia al ruolo di regione che doveva produrre restando dietro le quinte, oggi si stanno distinguendo ed è talmente forte la rivincita siciliana che i vitivinicoltori del nord, che mantenevano la Sicilia enoica in posizione subalterna, ora ci vanno a produrre vino. SICILIA EN PRIMEUR 2013 E ASSOVINI «L'edizione 2013 - ha spiegato Antonio Rallo, Presidente di Assovini Sicilia - segna il decimo anniversario della manifestazione, un arco di tempo che ha visto crescere in maniera esponenziale l'immagine dei vini siciliani nel mondo». Dal 1998, infatti, con la nascita dell'Associazione, i produttori siciliani sono stati capaci di «fare squadra in maniera eccezionale» per valorizzare i vini e i territori della propria isola. Assovini Sicilia riunisce 67 aziende siciliane che insieme fatturano l'ottanta per cento del vino siciliano, di cui il 59% va all'estero, in oltre 70 paesi e si può quantificare in circa 250 milioni di euro. Assovini Sicilia è un'associazione di produttori senza fini di lucro, è nata con la finalità di sostenere gli interessi della propria categoria ma con il passare del tempo è
(Prosegue da pagina 30) ... In Sicilia infatti la pratica dell'innesto in campo utilizzata fino a pochi anni fa per costituire i nuovi vigneti, ha consentito il mantenimento di una elevata variabilità intravarietale, ormai molto rara in altri vitigni europei, che ha evidenziato attraverso tecniche di selezione cosiddette deboli, delle tipologie varietali molto particolari per le caratteristiche fenotipiche (forma delle foglie e del grappolo) ma soprattutto per i costituenti fini della qualità (patrimonio polifenolico ed aromatico), che danno luogo a vini di grande personalità e distinzione. Di grande intereresse scientifico sono i risultati ottenuti dall'analisi del DNA dei numerosi vitigni antichi che mostrano la autoctonia del germoplasma siciliano, la sua originalità rispetto alle varietà più diffuse in Europa ed un legame molto antico con i vitigni dell'area calabrese e pugliese, attraverso un capostipite comune, il Sangiovese.
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diventata voce sempre più significativa del comparto vitivinicolo nelle tematiche che interessano la politica comunitaria, nazionale e regionale. Anche quest'anno, come ogni anno, Assovini ha promosso una ricerca fra i suoi associati che ha evidenziato alcuni elementi. Eccoli: IDENTITÀ. In Sicilia sono allevati in media 9.1 vitigni in ogni azienda e il 32% delle aziende conduce sperimentazioni in vigna almeno su 8 varietà, di cui 7 sono autoctone. Quasi la metà delle aziende (47%) è interessata alle così dette varietà “reliquia” tra cui Alzano, Dunnuni, Lucignola, Usirioto,
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Orisi, Nocera, Vitrarolo, Grossonero, Inzolia Nera, Zibibbo Nero, Visparola e Zuccataro. In cantina il 63% delle aziende usa lieviti autoctoni. BIO. Il 38% delle aziende produce vino da uve biologiche ma quasi la totalità utilizzano concimi, fitofarmaci e sistemi di irrigazione a basso impatto ambientale, usano tecniche di lotta guidata/integrata alle malattie (83%) e materiali naturali nel vigneto (92%). Anche in cantina la filosofia è sempre più green: l'83% delle aziende ha o sta installando impianti per la produzione di
energia pulita, il 63% punta sul risparmio energetico e il 66% lavora per ridurre l'impatto ambientale dei residui di produzione. Alla domanda su quali siano le iniziative in progress sulla sostenibilità ambientale, le risposte sono state: ricerche su Carbon Footprint (ammontare dell'emissione di CO2 attribuibile ad un prodotto), raccolta acqua piovana, valorizzazione dei rifiuti e riciclo, progetto Magis. MERCATI. Il 58,9% del fatturato delle aziende intervistate è relativo ai mercati esteri, che sono in media 19 paesi per ogni azienda (con punte massime fino a 64 paesi).
L'interesse è a 360° e va dai mercati tradizionali come Germania, Svizzera, Inghilterra, Belgio, Russia, USA e Canada fino a Brasile, Cina, India, Indonesia che si sono affacciati più recentemente sul mercato del vino. Le aziende siciliane viaggiano nel mondo (88% partecipa a fiere/manifestazioni all'estero) e contemporaneamente amano invitare e ricevere visitatori creando così un vero circolo virtuoso di conoscenze reciproche. INNOVAZIONE. Il 25% del personale ha meno di 30 anni e forse è anche per questo che un alto numero di aziende ha introdotto negli ultimi due anni innovazioni al sistema produttivo (42%) a quello commerciale (29%) e a quello relativo al marketing e alla comunicazione (38%) tra cui, ovviamente, molta attenzione viene dedicata al web e ai social network.
anche preparati biodinamici. Nipote di Giusto Occhipinti di Cos, che all'inizio l'ha suggestionata nella scelta professionale, Arianna si è dimostrata una vigneronne autentica, con forza,
una vitalità autentica che scalpita: sarà ancora più emozionante assaggiarlo quando sarà completamente pronto, fra qualche tempo. - Siccagno (Nero d'Avola 100%) da vigne ad alberello di 40 anni,
determinazione e capacità tutte proprie. - Il Frappato (Frappato 100%) da alberello e guyot di 40 anni. Trentacinque giorni di macerazione sulle bucce e quattordici mesi di affinamento tra acciaio e botti di rovere di Slavonia da 30 ettolitri. Vino dal frutto croccante, colpisce per la sua profonda forza espressiva. Succoso, intenso, rivela
30 giorni di macerazione sulle bucce, poi 16 mesi in botti di rovere di Slavonia. Un altro vino da ricordare, che non potrà mai lasciare indifferenti. Una Sicilia, e brava Arianna, che così avrà futuro. Frutta rossa, profumi veraci. Denso, coraggioso nel suo essere un po' selvaggio e poco addomesticato. Una di quelle bottiglie da coup de coeur. Da riassaggiare quando sarà in
*** E questi sono i dieci campioni (solo in en Primeur) che ci sono piaciuti di più. *** OCCHIPINTI La storia di Arianna Occhipinti tra le vigne inizia nel 2004 dopo gli studi a Milano in Viticoltura ed Enologia. A ventidue anni inizia con un ettaro, oggi ne ha trenta, come la sua età, di cui 18 a vigneto. Dalla vigna di Fossa di Lupo, frazione di Vittoria, acquista poi a Contrada Bombolieri. Produce secondo i dettami dell'agricoltura biologica (ma non è certificata, Arianna rifugge da qualsivoglia etichetta!) utilizzando
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ANTEPRIMA
commercio, nel settembre 2014, ma che già ora mostra la sua stoffa. MARCO DE BARTOLI Trentaduesimo anniversario dalla nscita quest'anno per l'azienda che aveva nel compianto Marco De Bartoli un rappresentante storico della viticoltura siciliana e della riscoperta del Marsala. Ora Renato, affiancato dai fratelli Sebastiano e Giuseppina, prosegue con un suo stile la strada paterna. La proprietà, di venti ettari, si divide tra gli otto ettari a Pantelleria in contrada Bukkuram e gli altri 12 a Marsala, in località Samperi. I terreni a Marsala sono
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di medio impasto di tipo sabbioso-calcareo, con viti di Grillo con un'età che varia tra i diciassette e i cinquanta. - Pietranera (Zibibbo 100%), da alberello pantesco di 46 anni. Per quel che riguarda la vinificazione: macerazione a freddo per 24 ore, pressatura soffice, fermentazione in acciaio e un terzo in barrique. Naso intenso con richiami di pesca. In bocca la bella progressione, equilibrio e finezza gli danno un'anima che altri gli invidiano. - Sole e vento (Zibibbo 70%, Grillo 30%). Per lo Zibibbo le vigne, di 46 anni, sono ad alberello pantesco, mentre per il grillo hanno 17 anni e sono allevate a
guyot. In vinificazione, macerazione a freddo per 24 ore, pressatura soffice e fermentazione in acciaio. Naso di ricca integrità fruttata e precisione; bocca avvolgente, sapida, con finale succoso di buona scorrevolezza. GRACI Alberto e Elena Aiello Graci si occupano di quest'azienda nata nel 2004 sul versante Nord dell'Etna a Passopisciaro, in una zona di millenaria tradizione vitivinicola. Le vigne, con una densità tra i 6.000 ed i 10.000 ceppi per ettaro, si trovano tra i 600 e 1.100 metri sul livello del mare. I vigneti di Contrada Barbabecchi
a Solicchiata (Quota 1000) sono di due ettari impiantati a Nerello Mascalese circa 100 anni fa, a piede franco; Contrada Arcurìa a Passopisciaro (Quota 600) si estende su 18 ettari a Nerello Mascalese, Carricante e Catarratto. Una parte delle vigne sono ad alberello su piede franco. La consulenza enologica è di Emiliano Falsini. - Arcuria (Nerello Mascalese 100%) da vigne di 46 anni a cordone speronato. Affinamento in botti di rovere. Sensazione di frutta matura, tradizionale e puro nell'anima; succoso, ha però astringenza, i tannini devono ancora amalgamarsi e il finale è in fase di carburazione. Ma si percepisce tutta la forza in prospettiva, va solo atteso. COS L'azienda nasce a Vittoria nel 1980. Oggi Cos è sinonimo di Cerasuolo di Vittoria: a Giambattista Cilia e Giusto Occhipinti (Cirino Strano prima, poi la sorella Pinuccia che gli subentra, scioglieranno il trio che compone l'acronimo aziendale) si deve la rinascita del comprensorio di Vittoria e dei suoi vini, in primis il Cerasuolo di Vittoria, unica Docg dell'isola dal 2005. I vigneti sono distribuiti nell'agro di Vittoria, fra le contrade Bastonaca e Fontane, mediamente a 250 metri d'altitudine. I suoli sono di natura calcarea e silicea con strati di argilla e tufo. L'azienda, di trenta ettari, segue i principi della biodinamica e utilizza anche anfore di terracotta
(oltre alle vasche di cemento e alle botti). - Frappato (Frappato 100%), sistema d'allevamento cordone speronato per vigne di 8 anni, affinamento in parte in cemento vetrificato in parte in anfora. Vino ricco di sfumature interpretative e di sfaccettature cangianti. Consistente la trama tannica che si esprime con una sapida grinta e un allungo notevole. - Cerasuolo di Vittoria Docg (Nero d'Avola al 60%, Frappato 40%), cordone speronato su vigne di 20 anni, affinato in botte. Uno stile riconoscibile, verticale, lontano da alcuna ridondanza. Essenziale ma riconducibile perfettamente al terroir che lo genera. Il sorso caldo, pur ravvivato da un'acidità succosa, mostra ancora qualche scompostezza. Valutandolo in prospettiva, come si confà ad ogni anteprima, siamo certi che sarà un vino di notevole spessore, che si farà apprezzare anche nel tempo. VALLE DELL'ACATE La cantina viene fondata per iniziativa della famiglia Jacono nell'agro di Bidini nel comprensorio del Cerasuolo di Vittoria più di due secoli fa. Oggi Valle Dell'Acate è condotta da Gaetana Jacono (sesta generazione) e da Francesco Ferreri, attuale presidente del consorzio di tutela. I cento ettari di vigneti sono suddivisi in vari appezzamenti, a diversa altitudine e in differenti terreni. La parte tecnica è affidata a Giuseppe Romano.
- Zagra (Grillo 100%) da vigne di un'età compresa fra i 5 e i 10 anni. Fermentazione in acciaio. Le vigne sulla costa, vicine al mare, su suolo argilloso, danno a questo vino freschezza, sapidità e una discreta mineralità. MASSERIA DEL FEUDO Masseria del Feudo nasce come azienda agricola nel 1906 sulle colline al confine tra le province di Agrigento e Caltanissetta a circa 500 metri d'altitudine. Oggi la proprietà è guidata dalla quarta generazione con i fratelli Francesco e Carolina Cucurullo, che portano avanti un'azienda agricola di 110 ettari in totale (dedicati a diverse attività, dalla vitivinicola, alla frutticola, olivicola, zootecnica e casearia). I vigneti coprono una superficie collinare di 18 ettari, con un'età media di 8 anni, su un terreno a medio impasto, tendenzialmente argilloso. L'azienda, certificata in biologico da sei anni, si avvale della consulenza enologica di Nicola Centonze. - Il Giglio Bianco (Inzolia 80%, Grillo 20%), da vigne a cordone speronato di 5 anni. Fermentazione in inox. Naso floreale e fruttato con rimandi di pesca bianca. Pulito e lineare, al sorso è di beva piacevole. - Il Giglio Nero (Nero d'Avola 100%) da vigne di 15 anni a cordone speronato. Naso sottile con richiami di frutta rossa. In bocca è fresco e beverino; la sua fine leggerezza non lo allunga nel finale mostrando la sua struttura un po' esile. > Euposia Maggio-Giugno 2013
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Sicilia en primeur LA CARICA DEGLI AUTOCTONI A BACCA BIANCA MOSCATO I moscati sono una famiglia di uve di colore sia bianco che nero, da sempre presenti nell'area mediterranea. Alcune varietà sono utilizzate esclusivamente per la vinificazione di vini da dessert come il Moscato bianco di Siracusa, ed il Moscato bianco di Noto, alcune come uva da tavola, altre sia per la preparazione dell'uva passa che per la vinificazione. A quest'ultima famiglia appartiene lo Zibibbo o Moscato di Alessandria, esclusivo dell'Isola di Pantelleria. Lo Zibibbo è un'uva aromatica ad acino grosso che matura nell'isola di Pantelleria da fine luglio a metà settembre. MALVASIA Anche le malvasie come i moscati sono una famiglia di colore sia bianco che rosso di antichissima coltivazione in Sicilia. Il vitigno è diffuso oggi nella maggior parte dei Paesi mediterranei, nell'isola di Madera, nell'Africa del Sud ed in California. La Malvasia più famosa coltivata in Sicilia è quella delle Eolie, la Malvasia di Lipari, da cui si ottiene l'omonimo vino da dessert. INZOLIA O ANSONICA L'Inzolia, vitigno autoctono ad uva bianca tornato in voga negli ultimi anni e conteso con la Toscana dove prende il nome di Ansonica, è presente in Sicilia da tantissimo tempo. Di questo vitigno, citato nel Settecento da Sestini e Goethe, pare che esistessero tantissime varianti, quasi tutte utilizzate sia per la vinificazione che come uva da tavola: Nzolia di Palermo, Nzolia moscatella, Nzolia di Lipari. Vi erano anche alcune a bacca nera:
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Nzolia nera, Nzolia nera di Randazzo e Nzolia Imperiale. Si può ipotizzare che alcune di queste Inzolie erano la stessa varietà, ribattezzata con diverso nome secondo il comune in cui era coltivata. Oggi l'Inzolia bianca è diffusa soprattutto nella provincia di Agrigento, Palermo e Caltanisetta. È l'uva bianca siciliana più importante dopo i Catarratti e il Trebbiano. Da alcuni decenni questo vitigno, vinificato in purezza da notissime aziende vinicole siciliane, ha dato origine a dei vini apprezzati in tutto il mondo. Rientra nei disciplinari di produzione di diverse DOC dell'Isola (Monreale, Alcamo, Contea di Sclafani, Contessa Entellina, Delia Nivolelli, Menfi e Sciacca). L'uva dell'Inzolia è ricca di zucchero e piuttosto povera di acidità, e per questo si tende a vendemmiarla non perfettamente matura, altrimenti il vino potrebbe "marsaleggiare" rapidamente e perdere la sua particolare freschezza. Il grappolo dell'Inzolia è spargolo, di forma piramidale. Ha acino medio-grande di caratteristica forma ellissoidale, che lo rende facilmente identificabile, e con tipico colore, a piena maturità, giallo-dorato. CATARRATTO Meglio sarebbe dire i Catarratti, poiché in seno a questa cultivar si distinguono almeno due grandi cloni e tutta una serie di “sottocloni” dai nomi molto pittoreschi (C. ammantiddatu, C. fimminnedda, C. bagascedda, C. mattu, etc.). Questo vitigno è diffuso soprattutto nella provincia di Trapani, dove è la varietà quantitativamente più importante. Il Catarratto lucido serrato è la seconda varietà bianca più diffusa in Italia, dopo il Trebbiano. È cono-
sciuto in Sicilia da almeno 300 anni Ha trovato la sua massima diffusione per la produzione del vino Marsala a DOC, quali Contessa Entellina, Etna, Alcamo, Contea di Sclafani, Monreale. I principali caratteri che differenziano i vari Catarratti sono nei grappoli. Ad esempio, il tipo detto comune è di forma piramidale, il tipo lucido serrato ha grappolo compatto, di forma cilindrica. Le qualità delle uve e quindi dei vini, data la grande variabilità e le tante tipologie che si riscontrano di questo vitigno, possono essere molto diverse tra loro. Anni fa i vini prodotti con il Catarratto presentavano un caratteristico profumo che inesorabilmente, in poco tempo, assumeva il particolare sapore ed odore dei vini meridionali, che ricorda il Marsala, da qui l'espressione che si usava dire di questi vini: “tende a marsaleggiare”. Oggi con le nuove tecniche vitivinicole e una gestione attenta della vendemmia, si riescono ad ottenere dei vini che conservano anche per parecchi mesi le caratteristiche di freschezza e serbevolezza tipica dei migliori vini bianchi. GRILLO Importante vitigno autoctono della Sicilia Occidentale, diffusosi nel trapanese soprattutto per la produzione del Marsala. È proprio nel marsalese che intorno al 1870 sembra sia nato questo vitigno a bacca bianca. La sua naturale predisposizione a dare vini particolarmente alcolici e di facile ossidazione, qualità importanti per la produzione del vino Marsala, gli fecero guadagnare, in passato, sempre più la stima dei viticoltori a discapito del Catarratto. E così alla fine dell'Ottocento, con
la ricostruzione dei vigneti distrutti dalla fillossera, il Grillo comincia a diffondersi, tanto da, intorno agli anni Trenta, detenere almeno il 60% della superficie vitata del trapanese, specie nella zona costiera. In seguito, per i problemi di fioritura e scarsa produzione a cui va soggetto questo vitigno e contestualmente alla nascita dell'industria di concentrazione dei mosti, subì un drastico ridimensionamento quantitativo. Il Grillo sembra oggi essere tornato di interesse enologico, raggiungendo risultati interessanti. Il Grillo ha grappolo medio, di forma cilindrica o conica, spargolo. Acino medio, sferoide con buccia giallo-dorata, di consistenza croccante ed assai dolce. Rientra, oltre che per la produzione del vino Marsala, in alcune altre DOC della Sicilia Occidentale, quali Monreale, Alcamo, Contea di Sclafani e Delia Nivolelli. CARRICANTE Il Carricante è un vitigno autoctono antichissimo dell'Etna. Il nome pare gli sia stato attribuito dai viticoltori di Viagrande (CT) che diverse centinaia di anni fa lo
hanno selezionato. Intorno al 1885 fu anche introdotto nella provincia di Agrigento, Caltanisetta e Ragusa, non trovando però diffusione. Sino agli anni '50 occupava, in provincia di Catania, il 10% della superficie ad uva da vino. È diffuso particolarmente nei versanti est (950 m s.l.m.) e sud (1050 m s.l.m.) della regione etnea, praticamente nelle contrade più elevate, dove il Nerello Mascalese difficilmente matura o nei vigneti in miscellanea con lo stesso Nerello Mascalese e con la Minnella bianca. Entra nella costituzione dell'Etna Bianco (60%) ed Etna Bianco Superiore (80%) a DOC. Come tutti i vitigni autoctoni etnei è a maturazione tardiva (seconda decade d'ottobre). Il Carricante, sull'Etna, dà vini contraddistinti da un'elevata acidità fissa, da un pH particolarmente basso e da un notevole contenuto in acido malico, tanto che ogni anno è indispensabile far svolgere, al vino, la malolattica. A tal proposito già il Sestini (1774) citava l'uso dei viticoltori delle zone più alte dell'Etna, di lasciare il vino prodotto con il Carricante nelle
botti sulle fecce (la madre), in modo da favorire in primavera la cosiddetta fermentazione malolattica e smorzare così l'accentuata acidità tipica di questo vino. Il vitigno Carricante. se ben coltivato ed opportunamente vinificato, dà origine a grandi vini bianchi d'inaspettata durata (oltre 10 anni), paragonati ai Riesling alsaziani, in cui predominano sensazioni olfattive di mela, zagara, anice, insieme ad un tipico gradevole nerbo acido al gusto che gli conferisce struttura e longevità. MINNELLA Girando per i vigneti dell'Etna è facile trovare un vitigno a bacca bianca dal grappolo medio-grande e con il caratteristico acino dalla forma allungata: la Minnella. È un vitigno autoctono che si coltiva solamente nella regione etnea. Si trova soprattutto nei vecchi vigneti, in consociazione con il Nerello Mascalese e il Carricante. Tempo fa, in piccole quantità, veniva coltivato anche in provincia di Enna (Agira). Il nome Minella ("Minnedda janca") gli è stato attribuito dai viticoltori etnei per l'oriEuposia Maggio-Giugno 2013
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ginale forma dell'acino, somigliante a una "minna", cioè ad un seno. Non si hanno notizie storiche circa l'origine di questo vitigno. La Minnella può essere utilizzata per la produzione dell'Etna a DOC fino ad un massimo del 10% insieme con il Nerello Mascalese, Il Nerello Cappuccio ed il Carricante. Matura tra la seconda e la terza decade di settembre, quindi in anticipo rispetto agli altri vitigni autoctoni etnei (prima e seconda decade di ottobre). A BACCA ROSSA NOCERA Vitigno autoctono della provincia di Messina, un tempo diffusissimo, oggi è, purtroppo, ridotto a pochi ettari, soppiantato, oltre che dai vitigni etnei Nerello Mascalese e Cappuccio, da vitigni nazionali ed internazionali. Il Nocera entra a far parte, con il Nerello Mascalese e Cappuccio, nel disciplianare di produzione del Faro a DOC. Questo vitigno è stato anche "esportato" nella vicina Calabria con un certo successo e, a metà del secolo scorso, in Francia: Provenza e Beaujolais (patria del novello), dove si è diffuso con i nomi di "Suquet" e "Barbe du Sultan". Il Nocera a maturazione ha grappolo lungo, mediamente serrato con acino medio, di forma ellissoidale di colore grigio-bluastro. L'uva di questo vitigno a maturazione è molto dolce e con un'ottima acidità. PERRICONE Questo vitigno era, tra la fine del 1800 e l'inizio del 1900, diffusissi-
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mo ed esclusivo come varietà ad uva nera, della provincia di Trapani e Palermo ed era ben rappresentato, insieme ad altri vitigni ad uva nera, in quasi tutta la Sicilia. Successivamente, probabilmente a causa della solita infestazione fillosserica, si ridusse drasticamente la sua coltivazione. Il Perricone, detto anche Pignatello, nel trapanese, o Tuccarino, è oggi, purtroppo, poco diffuso, e non sembra che trovi particolare interesse tra i viticoltori, anche se rientra in alcune importanti DOC siciliane (Contea di Sclafani, Delia Nivolelli, Eloro…) sia in uvaggio sia in purezza. Ha grappolo lungo, spesso lunghissimo, (fino a 33 centimetri), cilindrico-conico, di media compattezza. L'acino è grande e sferico, dalla buccia spessa ma poco resistente, molto pruinosa e di colore bluastro. L'uva a maturazione, è di buon grado zuccherino e bassa acidità. NERELLO MASCALESE Il Nerello Mascalese, Niureddu mascalisi o Niureddu, è il vitigno principe autoctono della zona etnea. È stato selezionato dai viticoltori etnei, parecchie centinaia d'anni fa, a Mascali (Ct), paese alle falde dell'Etna. Questo vitigno entra nella costituzione dell'Etna Rosso a DOC per non meno dell'80%. È diffuso in tutta la regione etnea dai 350 sino ai 1050 m. s.l.m. A seconda del versante del vulcano in cui è coltivato e dal sistema d'allevamento, produce vini con sfumature e caratteristiche notevolmente diverse tra loro. Come tutti i vitigni autoctoni etnei, è a maturazione tardiva (seconda decade d'ottobre).
È un vitigno che opportunamente coltivato e vinificato dà origine a grandi vini rossi da invecchiamento in cui predominano sensazioni olfattive di fiori, tabacco e spezie, insieme ad una tipica gradevole tannicità. Queste caratteristiche sono fortemente influenzate dall'andamento climatico dell'annata: gli stress del periodo estivo e l'eccesso di piovosità nel periodo autunnale condizionano enormemente la fisiologia della vite. Per questi motivi la qualità dei vini ottenuti dal Nerello Mascalese è molto legata alla zone di provenienza e all'annata. Nella zona etnea è facile trovare vecchie o vecchissime vigne ad alberello di Nerello Mascalese, arrampicate su tutto il monte con l'aiuto delle nere terrazze di pietra lavica, in cui è curioso costatare la mancanza di un sesto d'impianto geometrico delle viti. Questo perchè sull'Etna era, ed in parte lo è tuttora, molto diffusa la pratica di propagazione della pianta per propaggine (purpania), cioè l'interramento del tralcio di viti per ripristinare la morte della pianta prossimale: di conseguenza nei vecchi vigneti ad alberello vi è una cospicua presenza di viti franche di piede, cioè non innestate su vite americana. NERELLO CAPPUCCIO Il Nerello Cappuccio o Mantellato, (Mantiddatu niuru o Niureddu Ammatiddatu), vitigno autoctono della zona etnea, deve il suo nome al singolare portamento (cappuccio, mantello) della pianta coltivata ad alberello. D'origine ignota, è stato sempre presente, in piccole percentuali (15-20%), insieme al Nerello
Mascalese, nelle vigne etnee e in altre province siciliane. Purtroppo aveva registrato un continuo abbandono da parte dei viticoltori, tanto da rischiarne l'estinzione, oramai scongiurata. Questo vitigno entra nella costituzione, insieme al Nerello Mascalese, del vino Etna Rosso a DOC, in misura del 20% e, insieme al Nocera, al Nerello Mascalese e ad altri vitigni minori, nella produzione del Faro a DOC. Vinificato in purezza dà vini pronti, da medio invecchiamento. Il Nerello Cappuccio ha grappolo medio, corto, piramidale con acino a forma sferoidale. L'uva matura tra la seconda settimana di settembre e la prima decade d'ottobre. NERO D'AVOLA Il Nero d'Avola, detto anche Calabrese, si può considerare il vitigno a bacca rossa più tipico ed interessante della Sicilia. Il sinonimo Calabrese è una "italianizzazione" dell'antico nome dialettale siciliano del vitigno "Calavrisi" che letteralmente significa uva (cala) di Avola o "venuto da Avola". È stato selezionato dai viticoltori di Avola, comune in provincia di Siracusa, diverse centinaia d'anni fa, e da lì si è diffuso nei comuni di Noto (SR) e Pachino (SR) e succes-
sivamente in tutta la Sicilia tranne che sull'Etna. È un vitigno che opportunamente coltivato e vinificato dà origine a grandi vini rossi da invecchiamento in cui le sensazioni olfattive di frutta rossa, anche dopo lunghi anni, rappresenta la componente più importante e caratteristica. Entra nella costituzione dei vini Eloro a DOC e Cerasuolo di Vittoria a DOCG e di altre DOC siciliane di più recente costituzione. Si presta anche per la produzione di vini giovani e novelli, avendo un colore rosso con sfumature violette, davvero suggestivo, aroma di frutta rossa (prugna, mora) molto pronunciata e tannini non allappanti. Qualche decennio fa era utilizzato quasi esclusivamente per la produzione di vini da taglio (Pachino) ed esportato in grandi quantità, spesso via mare (porto di Marzamemi, nell'estrema punta orientale della Sicilia) in Italia (Toscana, Piemonte, ecc.) ed all'estero (Francia, dove era anche detto: “le vin médecine”). Da qualche tempo è stato “riscoperto” ed entra di merito, in purezza o in percentuale con altri vitigni, nella produzione dei migliori vini rossi siciliani. Il Nero d'Avola ha un grappolo non molto grande con un acino medio-piccolo leggermente
appuntito. Il colore della buccia a maturazione è violetto intenso. L'acino appena pressato rilascia un succo dal colore rosso-violaceo, molto zuccherino e di buona acidità. FRAPPATO DI VITTORIA Non è sicura, anche se molto probabile, la sua origine nel Vittoriese (prov. Ragusa) dove è coltivato almeno dal XVII secolo. Vinificato in purezza dà vini con buona acidità, poco tannici e profumati, nei quali predomina la nota aromatica di marasca. Entra nella costituzione del Cerasuolo di Vittoria a DOCG con una percentuale minima del 40%, contribuendo a rendere più profumato ed elegante il Nero d'Avola. Era tempo fa molto diffuso nel siracusano con il sinonimo di Surra e nel Calatino, con il nome di Nero Capitano. Il Barone Antonio Mendola scrisse: «L'antica nomea dei vini di VittoriaScoglitti risulta dalla felicità del sito, dalla perfezione della coltura e soprattutto dall'eccellenza del vitigno Frappato. Le pianure baciate dal mare africano che si distendono da Terranova a Vittoria Scoglitti, e di poi da Noto a Pachino, colle circostanti deliziose colline, formano il vero Paradiso di Bacco». Euposia Maggio-Giugno 2013
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DEGUSTAZIONE
FORZA ETNA! Grande degustazione al Vinitaly dei rossi figli del Vulcano: sedici produttori raccontano la loro sfida attraverso sedici vini tutti importanti di Beppe Giuliano
< Due le provocazioni: la prima, nel titolo. Ogni qualvolta il vulcano di Catania si agita, emette lava, papilli e alte colonne di fumo su qualche muro italiano compare sempre la stessa scritta “Forza Etna!” come se la Natura potesse mai seguire le stupidaggini degli uomini; la seconda sta nell’affermazione «Etna, se ne parla tanto, se ne beve poco» che spesso compare nei commenti degli “esperti”, ma - cosa ben più importante - in quelli degli appassionati. Affermazione che ha un suo fondo di verità - la Doc (fondata nel 1968 è stata profondamente modificata nel 2011) è molto piccola e la produzione annua non supera i tre milioni di bottiglie - ma che, al limite, indica le grandi potenzialità della viticoltura etnea e il montare del tam tam sui suoi vini. Per questo merita di venir segnalata la bellissima degustazione che “Cronache di Gusto” - giornale siciliano online di enogastronomia, diretto da Fabrizio Carrera ha organizzato all’ultimo Vinitaly: una grande “orizzontale” di Etna Rosso Doc, annata 2010. La coltivazione della vite sul vulcano ha però una Storia con la “S” maiuscola, avendone trovata traccia su alcune monete del V° secolo avanti Cristo. Attualmente sono circa ottanta le aziende iscritte al
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Consorzio di tutela: vigneti e cantine debbono esssre ubicati all’interno dell’area della Doc da Biancavilla a Randazzo. Produzione massima di 90 quintali/ettaro che scendono a 80, nel caso di Riserve. Nel disciplinare la norma che rende obbligatorio, per chi voglia fare spumante, il metodo classico della rifermentazione in bottiglia con permanenza sui lieviti di almeno diciotto mesi. Ma, su tutto, la grande particolarità sta nei quarantasei tipi di suoli presenti, tutti di elevata mineralità ed una conformazione delle falde del vulcano che ha reso impossibile per sua natura la creazione di latifondi, una sorta di “riforma agraria” ante-litteram. Ad ogni contrada cambia tutto e la cosa davvero importante è l’impegno dei produttori a lasciare inalterato il frutto di millenni di eruzioni. Interesante, e d’aiuto per il futuro, il continuo arrivo di imprenditori extra-provincia: sia siciliani che del Continente. I vitigni impiegati per la produzione dell’Etna Doc Rosso li trovate nelle pagine immediatamente precedenti. Queste le note di degustazione di Euposia:
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DEGUSTAZIONE
AMPELON LE CALDERE Piccoli produttori dal 2009 hanno acquisito poco più di 4 ettari a Randazzo e Passo Pisciaro. Il territorio è molto aspro e difficile. Questo vino nasce da un’antico vigneto con piante di sessanta, settant’anni recuperate in un fazzoletto di circa un ettaro a contrada Calderara, rivolta sia verso il monte che verso Alcantara: sole e vento tutto il giorno con grande escursione termica. Dai 48 gradi in vigna a metà giornata si passa ai 10 gradi della notte. Fumo e minerale al naso, frutta rossa sotto spirito. Palato con bella spalla acida, forte impatto alcolico. BARONE DI VILLAGRANDE E’ l’azienda più antica dell'Etna. Versante est della montagna, i vigneti vanno dai 400 a quasi mille metri; in particolare, questo Etna Rosso 2010 nasce a settecento metri, le vigne affacciate sul Mar Jonio, circondate da boschi e con terrazze sovrapposte da 650 a 700 metri. Antociani delicati da lavorare in vigna. Bellissimo palato di frutta e tabacco. Bei profumi al naso. Grande potenziale di invecchiamento.
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ETNA 2010
BENANTI ROSSO DI VERZELLA 2010 Necessità di trovare equilibrio fra grado alcolico ed espressività del territorio e del nerello mascalese. Questo vino non è ancora in commercio. Naso molto caratteristico, palato di grande capacità espressiva. Molto buono, leggero e fresco sul finale con bellissime note di selva ed eucalipto. COTTANERA Versante nord, Comune di Randazzo. Vigneti sino ai 700. Differenze contrada per contrada. Molto frutto, leggero con note di tabacco e sandalo, molto piacevole. DUCA DI SALAPARUTA NAWARI 201 Il vigneto è stato avviato sullEtna all'inizio dell'anno duemila, a nord di Castiglione di Sicilia, nove ettari complessivamente. Quindi stiamo parlando della realtà più giovane di un gruppo in Sicilia dal 1824. Consulente è Giacomo Tachis. Oltre al nerello in questa contrada è stato impiantato anche pinot nero. Questa annata è molto interessante con forti note mentolate che si fondono col frutto tipico del pinot noir. Palato molto fresco, piccoli frutti rossi, balsamico,
bella mineralita sul finale e acidità. FEDERICO GRAZIANI PROFUMO DEL VULCANO 2010 Spiega il titolare: «Mi sono avvicinato all'Etna con un approccio molto umile, custodisco una piccola vigna ma non sento di averne la proprietà . Il mio obiettivo era mantere molto integro l'ambiente e garantire l’attaccamento al territorio, e la mia idea di vino rosso è il prodotto di una piccolissima vigna di mezzo ettaro a Passo Pisciaro. L’età media delle piante è di 80 anni e nel vigneto troviamo tante altre varietà come alitante e francisi (ovvero, tutto quello non conosciuto...)». Salvo Foti è l'enologo. Mille bottiglie prodotte nella prima annata. Bellissimo vino. Bell'impatto olfattivo, frutto, fiori, fumo. Bel palato ricco FEUDO CAVALIERE MILLEMETRI 2010 Mille metri di quota sul versante sudovest; dieci gli ettari vitati, 25mila le bottiglie. Questo è un campione di vasca. E’ sul versante poco piovoso, ventoso, dalle condizioni molto estreme. Il grappolo molto spargono e buccia spessa richiedono tempi di evoluzione molto lenti. Ora è in legno e parte
in acciaio. Verrà imbottigliato fra un anno e mezzo. Ma già oggi presenta un bel impatto al palato con frutta rossa sotto spirito in evidenza. GULFI RESECA 2010 Organic wine. L’azienda - a Randazzo, sui 750 metri d’altitudine - è giovanissima, essendo stata fondata nel 1996. Anche qui, l’enologo è Salvo Foti. Il vino è ancora molto “immaturo”, andrà in vendita infatti soltanto fra alcuni anni (oggi è in commercio il 2007). Naso dunque chiuso parzialmente; il palato si presenta ricco, grasso, con molta frutta. MASSERIA SETTEPORTE Terreno di sabbie laviche che drenano le piogge abbondanti del versante sud-ovest del vulcano. Dai vigneti si domina Catania. 15 gli ettari vitati destinati ad espandersi ulteriormente nei prossimi anni. Spiega Piero Portale: «Io sono stato “investito” dalla campagna che mio padre mi ha affidato e che oggi cerco di portare avanti. I vigneti - aggiunge - sono sul lato “povero” dove il sole da’ l'ultimo gesto di generosità prima di tramontare. Questo vino è un barricato di secondo, terzo e quarto passaggio». Affinamento di dieci mesi. Naso di frutta con note speziate e finale molto minerale e balsamico. Bello. NICOSIA FONDO FILARA 2010 Azienda storica, giunta alla quinta generazione, con tutta la famiglia presente in azienda nella gestione. Versante sud est, località “Tre Castagni” su un cratere spento del vulcano. Vigneti terrazzati. Fra
lunghe macerazioni a basse temperature. L'uva si raccoglie a metà fine ottobre e in altura anche a novembre. Il 2010 ha apportato tanto colore all'uva. Ottimo palato. Due mesi in botte grande poi dieci mesi in barrique. Erbe aromatiche e spezie. TASCA D'ALMARITA TASCANTE 2010 «Siamo gli ultimi arrivati, abbiamo comprato la terra nel 2008, ma il vigneto ha quarant'anni. Per noi questi sono vini non larghi ma lunghi, eleganti, da viticoltura nordica. La grande forza sta nella riconoscibilità delle sue contrade. Un bravo degustatore le puó riconoscere, quasi vigneto per vigneto, e questo avviene soltanto nei grandi territori, in Borgogna, col Barolo e - qui - sull’Etna» spiegano in presentazione dell’annata. «Fondamentale - aggiungono - è buona gestione del vigneto, per far maturare i tannini nel grappolo, e l’affinamento in legno di grossa pezzatura da tremila litri, per un affinamento lento e non invasivo del legno». TENUTA DI FESSINA MUSUMECI 2010 Si tratta di un cru: filari ad alberello impiantati nel 1920, quasi un secolo fa. 670 metri sul livello del mare. Tardiva la vendemmia delle uve a bacca rossa in questo versante dell’Etna. In diverse zone alle pendici del vulcano le viti sono a piede franco pre-filossera. Siamo a Castiglione di Sicilia. Qui i vini sono più acidi, freschi, meno carichi di colore. Confermato nel bicchiere, con note terrose sul finale. TENUTE MANNINO DEI PLACHI Campione di botte, in questo
momento è in vendita il 2008 mentre è già pronto il 2009. Viene tenuto in acciaio sino alla completa manolattica, poi tonneaux di rovere francese. Contrada Pietra Marina sul versante nord, a Castiglione, a 550metri. Palato più interessante degli altri, con sfumature di confettura, balsamico e minerale, lungo e profondo. Uno degli Etna che più ci ha convinto. TERRAZZE DELL'ETNA CRATERE 2010 Il blend vede nerello e petit verdot e quindi non rientra nel disciplinare della Doc. Tabacco , tannini un po' polverosi, frutta sotto spirito, note mentolate. L’azienda è nata nel 2008, i fondatori non sono produttori di vino di tradizione. Sono state ripristinate le vigne vecchie. Colore scuro, quasi violaceo. TERRE DELL'ETNA Tipico, leggero. Molto acido ancora. VALENTI PURITANI Nella metà degli Anni Settanta il titolare si recò sull'Etna per dirigere un carosello della Grappa Julia. « Lì - spiega oggi - scoprii questo vino così buono, e da Roma comprai un terreno che non avevo mai visto, la Guardiola. Abbiamo ricostruito una distilleria di fine Ottocento e lì abbiamo fatto la nostra cantina. Guardiola è un’oasi in mezzo alla lava. Il 2010 è un vino giovane, deve fare per noi almeno due anni in legno grande, legno di Slavonia e francese mischiato, poi diciotto mesi in vetro. Questo, è stato imbottigliato da solo due mesi». Diamogli tempo. > Euposia Maggio-Giugno 2013
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LASCITO RISPETTATO E’ una delle maggiori realtà produttive del Chianti Classico e le sue vigne hanno visto il passaggio di papi, filosofi e statisti. Ma l’unica regola che vale è il rispetto assoluto dell’identità. Partendo dai cru più nobili e coinvolgendo tutti i suoi120 produttori testo di Giulio Bendfeldt
< Come Papa, Clemente Settimo ebbe un bel po’ di grane con cui confrontarsi: dalla crescita del Luteranesimo allo scisma della Chiesa d’Inghilterra; dal mercato delle indulgenze all’eterno conflitto fra Spagna e Francia, fra Carlo V° sul cui impero non tramontava mai il sole - e la emergente dinastia francese. Dovette subire il “sacco di Roma” da parte dei Lanzichenecchi, ma alla fine fu ricordato per la sua opera di riformatore cauto e per le sue virtù
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personali. Come vino-icona del Chianti Classico (e non sembri irriguardoso il confronto) Clemente VII ha l’obbligo di mantenere sempre alto il suo palmares che lo vede assoluto protagonista, ogni anno, dei riconoscimenti più importanti da parte della più severa critica internazionale. 92, 91, 90/100 sono punteggi oramai quasi standard che impongono però uno strettissimo controllo ed una appassionata dedizione da parte
CASTELLI
di quel bell’esempio di cooperazione toscana che è Castelli del Grevepesa, il primo produttore per quantità e terroir del Chianti Classico. Avviata infatti nel 1965 - ci avviciniamo quindi al suo cinquantesimo genetliaco - da diciotto viticultori guidati da Gualtiero Armando Nunzi, questa cooperativa oggi di vignaioli ne raccoglie ben centoventi, fra i quali ancora le prime quattro cantine fondatrici. E dalle prime migliaia oggi si è arrivati ad oltre 2,7 milioni di bottiglie prodotte all’anno. «Non è uno sforzo da poco -
DEL
GREVEPESA
spiega ad Euposia, Marco Toti,
direttore commerciale di
Castelli del Grevepesa, manager da oltre trent’anni nel Chianti Classico - anche perchè abbiamo il dovere di preservare una vasta zona di produzione, al 90% all’interno delle Docg, dove non solo non mancano i riferimenti storici (da Clemente VII° al Machiavelli, la cui tenuta agricola ancor oggi è nel nostro portfolio come Selezione, ai Firidolfi-Ricasoli), ma soprattutto le aree di eccellenza. Questo comporta, da un punto di vista produttivo, un accurato processo di accompagnamento dei vignaioli da parte Euposia Maggio-Giugno 2013
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IN PRIMO PIANO
CASTELLI
DEL
GREVEPESA
LA DEGUSTAZIONE
Chianti Classico Clemente VII Riserva Docg: il più premiato rima cosa: perchè Clemente VII? Il riferimento, più alle capacità teologiche e politiche del 219° successore di Pietro alla guida della Chiesa cattolica, sta in uno dei primissimi incarichi che Giulio de’ Medici ottenne all’inizio della sua “carriera”. Divenuto Arcivescovo di Firenze si occupò direttamente della Pieve di Campòli di cui divenne Pievano. Campòli - posta sulle colline Chiantigiane a 25 Km da Firenze, circondata da vasti possedimenti e, in particolare, da vigneti e da oliveti - è situata nel cuore del Chianti Classico. Nei secoli i vini di Campòli sono sempre stati ricercati e apprezzati e oggi quasi una ventina di soci di Castelli del Grevepesa opera in quel terroir. La linea Clemente VII non vede in campo soltanto la Riserva Docg ovviamente - ma anche un Chianti Classico, un Igt, un Vinsanto del Chianti Classico Riserva. Dalle vinacce della Riserva viene prodotta una Grappa e dagli Anni Novanta è presente anche un olio. La Riserva nasce da uve Sangiovese in purezza, vendemmiate a mano, la sua vinificazione avviene a temperatura controllata di 28° con quindici giorni di macerazione sulle bucce. La massa viene quindi divisa in due parti... (segue a pagina 47)
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dei nostri agronomi ed enologi per tutto l’arco dell’anno. Non va dimenticato, infatti, che tutte le uve vengono conferite alla Castelli del Grevepesa da parte dei soci. Questa complessità è però una grande forza: le nostre uve provengono tutte ed esclusivamente dai nostri soci; tutte le partite vengono lavorate separatamente, produttore per produttore, zona per zona». Una complessità, però, foriera di grandi risultati in bottiglia. La dimostrazione lampante sta nelle “Selezioni”. A partire dal Chianti Classico Riserva che nasce nella tenuta dei Machiavelli, oggi RangoniMachiavelli, soci della cooperativa sin dal 1965: il “Castello di Bibbione” è un single-vineyard che rappresenta uno dei tre vertici di quella vera e propria “punta di lancia” assieme ai Chianti Classico Lamole e Panzano, veri grimaldelli sui mercati internazionali. Una struttura articolata e com-
plessa già pronta per il nuovo assetto della denominazione Chianti Classico che vede la “Gran Selezione” porsi al vertice della piramide qualitativa imponendo ai produttori di assegnare tale dicitura soltanto ai Chianti Classico prodotti con uve al 100% di proprietà e che abbiamo un time-to-market non inferiore ai 30 mesi dalla vendemmia (di cui almeno tre di affinamento in bottiglia) contro i due anni di invecchiamento rimasti obbligatori per la Riserva e i dodici mesi necessari per la tipologia “annata”. «Ma il gran numero dei soci ci ha portato in dote anche altre denominazioni che completano il quadro delle produzioni toscane di vertice - aggiunge Marco Toti -: ad esempio, la Vernaccia di San Gimignano, il Morellino di Scansano e il Brunello di Montalcino». Lamole e Panzano non sono due “cru” da poco per il Chianti classico: il primo lo sovrasta da un terrazzamento naturale che domi-
(prosegue da pagine 46)
na il torrente Greve, protetto dai venti del nord dai contrafforti del Monte San Michele e rivolto a ovest per accogliere invece le brezze più calde provenienti del Mar Tirreno. Un luogo che già nel Seicento veniva celebrato per i suoi vini. Panzano invece domina quella “Conca d’oro” rivolta a Mezzogiorno che permette ai vigneti di godere della massima insolazione possibile. La “punta di lancia” dei Castelli del Grevepesa (complessivamente meno di 50mila bottiglie l’anno) apre le porte dei mercati per la linea Clemente VII (oltre 200mila bottiglie, comprendendo anche la Riserva) e per la linea Castelgreve che rappresenta la “forza” vera della cooperativa: oltre due milioni di bottiglie fra Italia e mercati esteri. «E qui sta anche l’altra grande sfida per noi - aggiunge Marco Toti -: oltre ad attrezzarci per la “Grande Selezione” vogliamo portare avanti il rilancio della linea Castelgreve (Chianti Classico, Chianti Classico Riserva, Chianti, Chianti Classico Biologico, Vernaccia di San Gimignano, Morellino di Scansano
Rosso Toscano, Bianco Toscano, Brunello di Montalcino e Vinsanto del Chianti Classico) e ribaltare il rapporto fra vendite estero e vendite Italia. Sino ad oggi il mercato nazionale ha avuto un ruolo maggioritario, ma oggi dobbiamo attrezzarci ad una domanda internazionale che è forte sulla denominazione Chianti classico, che ne sa riconoscere e valutare caratteristiche e qualità e che non sembra “stanca” del “made in Tuscany” come invece, talvolta, appare il mercato interno. Toscana, Chianti, sono veri e propri brand che suscitano ancora forti emozioni tanto nei mercati consolidati del vino italiano - Usa, Regno Unito, nord Europa e Germania -, ma anche in quelli emergenti come Russia e Cina. >
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... la prima va ventiqattro mesi in botti di rovere di Slavonia; la seconda fa dodici mesi in barrique francese. Dopo l’assemblaggio, il vino affina almeno tre mesi in bottiglia. Rosso rubino molto intenso al bicchiere, al naso emergono prepontemente i profumi di frutti di bosco , di spezie dolci e di vaniglia. Il palato è pieno, armonico, molto ricco e di struttura. Assai persistente, ha sul finale note balsamiche. 92/100 per James Suckling, wine writer fra i più affermati al mondo.
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IN PRIMO PIANO
ABBIAMO UN “GOVERNO” Innovare il Chianti Docg senza snaturarlo? Semplice, tornando alla tradizione toscana ed alla sua tecnica di rifermentazione. Attuale come non mai testo di Giulio Bendfeldt
< Un passo indietro per presentare un vino più moderno. La sfida di Melini - trecento anni di storia nel Chianti classico essendo stata fondata ancora nel 1705, oggi del Gruppo italiano vini -sta tutta qui. E non è cosa da poco, sia chiaro. «In effetti siamo partiti dal sentiment del mercato rispetto al Chianti - spiega ad Euposia il direttore di Melini, Marco Galeazzo (mella foto a pagina 49) - : l’idea che il Chianti sia “polveroso”, “vecchio” sempre uguale a sè stesso è abbastanza dominante. Ora, l’esigenza di “ringiovanire” il Chianti - vino dalla tradizio-
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ne fortissima - non era facile da cogliere, anche alla luce dei margini molto stretti che permette un Disciplinare rigoroso come il nostro. Da qui nasce un po’ l’intuizione: nella storia del Chianti c’è un processo di vinificazione, il “governo all’uso toscano” che veniva stabilmente praticato nel passato, quando nelle masse di sangiovese era facile trovare anche partite di uve bianche che rendevano più difficile una corretta fermentazione. Il “governo” è basato sulla lenta rifermentazione del vino appena svinato con uve appassite. Una pratica ricca di storia e di territorio che riserva una parte delle
MELINI
uve, scelte con accurata cernita manuale, all'appassimento nei "fruttai". Un attento controllo di questa fase, che impegna circa tre settimane, consente di ottenere grappoli perfettamente integri ma ricchi di zucchero, che vanno a unirsi a partite di vino appena svinato, selezionate in cantina, per subire un secondo processo di fermentazione. Questo ci permette di avere alla fine un vino più complesso con un profilo sensoriale diverso - ricco, strutturato, originale e molto piacevole - da quello che si ottiene con le stesse uve vinificate tradizionalmente. I consumatori hanno quindi davanti un vino nuovo che però altro non è che la applicazione di una vecchia tradizione toscana». Una tradizione però non contemplata nel Disciplinare del Chianti Classico, costringendo così Melini (544 ettari di proprietà, dei quali oltre 130 a vigneto) a dichiarare il nuovo Chianti “soltanto” come Docg. Le uve impiegate per il Chianti Governo all’uso toscana sono tutte di sangiovese grosso. «Siamo arrivati a questo vino dopo cinque anni di prove e di microvinificazioni - aggiunge Marco Galeazzo - ed al momento abbiamo trovato la soluzione ottimale nell’impiego delle nostre uve maggiormente più coltivate». Un lavoro parcella per parcella che, anche qui, riprende quello è stato un tratto salienti di Melini che sin dall’Ottocento ha portato avanti la vinificazione in selezione dei vigneti più vocati secondo "il principio del cru" come massima espressione della qualità, Per sottolineare il mix tradizione-innovazione, moderno-antico, la Cantina Melini ha optato per
una nuova bottiglia, a campagna, che punta a far ricordare il tradizionale fiasco toscano sebbene rivisto, corredata da un collarino di spiegazione sul “governo all’uso toscano” e con controetichetta del QR-code che permette una narrazione di questo vino più moderna e coinvolgente. >
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DEGUSTAZIONE
FRANCIACORTA
ASPETTANDO IL PAS DOSÉ Lantieri farà debuttare nel prossimo autunno la sua Riserva 2007 a dosaggio zero: il fiore all’occhiello di questa cantina lombarda sempre più proiettata all’eccellenza di Enzo Russo
< La Franciacorta è un territorio ricco di storia e in questi ultimi 50 anni ha anche scoperto la sua vocazione vitivinicola. Questo piccolo lembo di terra, situato tra Brescia e il lago d'Iseo, è oggi considerato come uno dei più importanti per la produzione delle bollicine. I motivi di questa straordinaria riuscita sono due: il territorio, che si è rivelato una zona dalle caratteristiche geologiche, pedologiche e climatiche estremamente favorevoli alla viticoltura e poi i vignaioli che con tenace determinazione sono riusciti ad interpretare ed estrapolare il meglio
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dalle uve servendosi delle più moderne tecnologie, dal controllo computerizzato della temperatura di fermentazione, all'automazione del dégorgement, la sboccatura delle bottiglie di spumante. Un esempio di come nascono in cantina le bollicine Franciacorta di color paglierino con un delicato profumo di lieviti cui si mescolano spesso sentori fruttati, rapido, fresco e deliziosamente armonico in bocca, con un perlage finissimo e persistente, è l'Azienda Agricola Lantieri de Paratico, Capriolo (Bs), ubicata nel centro storico del borgo medioevale, dove si trova anche l'antico palazzo di famiglia.
Ne parliamo con il titolare Fabio Lantieri (nella foto qui sopra): «La cantina nasce nel 1974 quando mio padre decide di riprendere a produrre vino, come da tradizione familiare, nei terreni che ci appartengono fin dal '500. Nel '76 nascono i primi Franciacorta Brut, poi arriva il Pas Dosè, negli anni '80 il Franciacorta Brut Rosè e più avanti il Satèn. Ma è negli anni '90 che la cantina inizia a svilupparsi con una sua vera “identità”. Infatti, dopo la laurea in Economia e Commercio inizio ad appassionarmi al mondo delle bollicine sempre di più, il vino diventa
il mio primario interesse. Inizio con la ristrutturazione della cantina storica, il suo ampliamento con la costruzione di una nuova arredandola con macchinari di ultima generazione». Quante tipologie di Franciacorta escono dalla cantina? «Sono sei. Franciacorta docg Brut, uvaggio Chardonnay e Pinot Bianco; il Satèn docg, uvaggio Chardonnay in purezza; Extrabrut docg, uvaggio Chardonnay e Pinot Nero; Brut Rosé docg, uvaggio Pinot Nero e Chardonnay; il Millesimato Arcadia docg, uvaggio Chardonnay e Pinot Nero; il Rosè Arcadia docg, uvaggio Pinot Nero e Chardonnay. I vini nascono nei nostri 9 ettari di vigneti dislocati attorno alla cantina e a circa due chilometri gli altri 11 ettari». In quale periodo iniziate la vendemmia? «Dalla seconda metà di Agosto, perchè oramai si tende ad anticipare rispetto a quello che avveniva 20 anni fa, per quanto riguarda lo Chardonnay, il Pinot Bianco e Nero e finiamo verso i primi di settembre. Poi produciamo un po' di vini rossi, Merlot e Cabernet, che vengono vendemmiati da fine settembre fino al 15 ottobre. Questi vini hanno un mercato molto circoscritto in Lombardia e poi all'estero, per un totale di 25 mila bottiglie. Per il Franciacorta docg siamo sulle 120 Euposia Maggio-Giugno 2013
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FRANCIACORTA
mila bottiglie, vendute in prevalenza in Italia ed il 10% all'estero, dove ci siamo dati un obiettivo del 30%». Da alcuni anni la crisi morde un po' tutti i settori e i consumi stanno flettendo, anche voi ne state risentendo oppure le bollicine stanno vivendo un momento soddisfacente. «Per noi lo scorso anno è stato positivo, abbiamo consolidato l'incremento dell'anno precedente grazie all'aumento delle vendite all'estero. Certamente non stiamo vivendo un buon periodo e anche noi ne siamo consapevoli, ma confidiamo in una ripresa dei consumi. Comunque per quanto riguarda le nostre bollicine, i segnali che ci arrivano dai mercati, ci fanno ben sperare». Novità dalla cantina? «Il prossimo autunno presenteremo un nuovo vino, una Riserva Franciacorta docg Pas
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Dosè - vendemmia 2007 - che ha trascorso 60 mesi sui lieviti, è stato fatto con Chardonnay e Pinot Nero, dove si sente la mineralità, la freschezza, la struttura e la piacevolezza dell'armonia in bocca. Sarà un po' il fiore all'occhiello dell'Azienda Lantieri, perchè è il frutto di quanto è stato fatto in questi anni, sia in vigna sia in cantina, sempre impegnati alla ricerca della qualità». Altro investimento dell'azienda, è la realizzazione dell'agriturismo, in armonia con il paesaggio, che fa corpo unico con la cantina. E' una struttura ben disegnata, composta da sei camere per gli ospiti, un ampio terrazzo panoramico con vigneti e una rigogliosa vegetazione. Tutto da godere con una coppa di Franciacorta. E poi c'è il ristorante, formato da due ampie sale, ambiente caldo (in inverno c'è il camino a rallegrare l'ambiente), dove si possono gustare i piatti della tradizione gastronomica bresciana e lombarda. Ed è proprio al ristorante che Lantieri con la moglie Patrizia La Rocca, che si occupa dell'agriturismo, ci propongono di degustare i loro Franciacorta abbinati a piatti molto ricercati e preparati con dovizia dagli chef Gabriele e Paolo. L'aperitivo con il Franciacorta extra brut docg si dimostra perfetto con il formaggio e il salame di capriolo, in bocca è armonioso e fresco con la sua moderata acidità. L'insalata di coniglio, piatto fresco e delicato, è stata accompagnata dalle importanti bollicine di Satèn docg, un vino signorile, caldo e morbido che dona al palato piacevoli sensazioni con la fresca acidità. Affascina il colore giallo paglierino intenso. Altra sorpresa con il risotto agli asparagi, il Brut Rosè docg, un vino gentile e fresco che soddisfa appieno tutte le aspettative del palato. Infine arriva il Rosè Arcadia docg millesimato 2008, abbinato al coregone (pesce pregiato di lago) e polenta arrostita, un vero Franciacorta dal bellissimo colore rosa, finissimo perlage, equilibrato e ricco di profumi, lunga persistenza e una bella acidità. Con questo piatto, il rosè invita a farsi bere più volte. E' sorprendente come il cibo riesca ad esaltare le qualità organolettiche del vino. E le bollicine di Lantieri non sono state di meno, il palato ha gioito proprio perchè i piatti proposti si sono "fusi" con gli eccellenti Franciacorta. >
CITRA
CANTINE
LA PIENA MATURITÀ Ha fatto conoscere al mondo la grandezza degli autoctoni abruzzesi “imponendo” il Montepulciano. Ed oggi si prepara ad un nuovo balzo in avanti di Enzo Russo
< Arrivando in Abruzzo, la prima cosa che colpisce percorrendo la lunga striscia di asfalto che costeggia l'Adriatico, sono i trabocchi, antichi pontili in legno protesi verso il mare, utilizzati fino a metà del novecento per pescare direttamente da riva per una cucina semplice e genuina. Sembrano dei grossi ragni posati sulle acque che per secoli hanno affascinato visitatori e poeti, come Gabriele D'Annunzio che nel romanzo “Il trionfo della morte” li definisce “grosse macchine pescatorie simili allo scheletro colossale di un anfibio antidiluviano”. Ma passare dal mare ai paesaggi, dalle colline alla montagna e dalla natura incontaminata ai
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vigneti è un attimo. Infatti, l'Abruzzo è considerato il polmone verde d'Europa ed è in questo contesto che le vigne di questa terra sono considerate oggi un patrimonio unico per la valorizzazione paesaggistica e per lo sviluppo sostenibile della regione. Risale ai tempi dei romani la tradizione vitivinicola abruzzese. E quando si parla di tradizione vitivinicola, non si può fare a meno di pronunciare un nome: Citra. E' la più importante realtà vitivinicola dell'Abruzzo che ha fatto conoscere in tutto il mondo l'autoctono Montepulciano d'Abruzzo, un vino rosso di carattere, ricco di profumi, persistente nel gusto e longevo. Fondato nel 1973, il Consorzio Citra Vini ha festeggiato nella sua super
attrezzatissima cantina di Ortona (Ch), i suoi prima 40 anni di attività vitivinicola. Il compleanno, che ha visto la partecipazione dei soci, delle autorità locali e giornalisti, è stata anche l'occasione, da parte del Presidente Valentino Di Campli, di elogiare tutti quanti hanno contribuito a far crescere il Consorzio e fare il punto tra passato e futuro: «La nostra è una importante realtà e sono convinto che, oggi più che mai, Citra possa contribuire al rilancio economico della nostra Regione, unendo la qualità dei piccoli alla forza dei grandi. In questi 40 anni abbiamo contribuito
a questo grande miracolo, portando i vini abruzzesi in tutto il mondo: da Manhattan a Tokyo, passando per l'Europa, Australia, Canada, Sud America ed Est Europeo. E' inutile negare che stiamo attraversando un periodo difficile e turbolento, ma nonostante tutto, il mercato enologico mostra un trend in crescita che rappresenta per il nostro territorio una fonte di reddito assai importante. Per proseguire occorre lavorare con passione nella nella costante ricerca e sviluppo di prodotti in linea con le richieste dei consumatori e in grado di interpretare i loro deside-
ri». L' Azienda raggruppa nove cantine sociali della Provincia di Chieti per un totale di 3 mila soci e 6 mila ettari di vigneti coltivati. Gli ettolitri di vini prodotti, sono circa 1 milione e le bottiglie prodotte all'anno, dopo un attenta selezione, sono più di 18 milioni. Il controllo di tutta la filiera produttiva viene fatto dai tecnici della Citra. Merita un viaggio vedere la più grande bottaia del centro sud, un vero gioiello per l'affinamento dei prodotti di alta gamma, che accoglie oltre 7 mila ettolitri di vino. La produzione è tecnologicamente all'avanguardia, Euposia Maggio-Giugno 2013
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CANTINE RICONFERME
Secondo mandato di Valentino Di Campli a presidente di Citra Vini l Consiglio di Amministrazione ha confermato anche le altre cariche. Per il prossimo triennio sono stati riconfermati i due vicepresidenti: Carlo d'Agostino e Lorenzo Mancinelli. Valentino Di Campli, 45 anni, dottore commercialista e da sempre nel mondo del vino, è stato nominato per la prima volta nel maggio 2011. Questo secondo mandato conferma la fiducia che i soci che hanno riposto nel gruppo dirigente della Citra per le scelte fatte per promuovere e vendere i i vini, un settore che oggi vive una fase delicata per la contrazione dei consumi. «Sono orgoglioso di poter nuovamente rappresentare Citra Vini, soprattutto in questo 2013 in cui ricorre il 40° anniversario dalla fondazione della nostra azienda - ha detto Di Campli - . Citra è una realtà sempre più grande, che si impegna quotidianamente per far conoscere i vini abruzzesi in 50 paesi del mondo. Per questo il mio ringraziamento va soprattutto ai nostri soci-vignaioli per il loro instancabile lavoro, punto di partenza fondamentale anche per i successi futuri».
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unico in Europa, con l'impianto di microfiltrazione che è stato realizzato per garantire la sterilità del vino in bottiglia. Altra bellezza tecnologica, sono le due linee d'imbottigliamento completamente automatizzate che possono arrivare a produrre 20 mila bottiglie l'ora. Il patrimonio della cantina è ampio, con un offerta di vini che vanno dai bianchi ai rossi, dalle bollicine al moscato. Eccoli. Montepulciano d'Abruzzo dop e dop riserva, Trebbiano dop, Cerasuolo dop superiore, Abruzzo dop: Pecorino superiore, Passerina superiore, Cococciola superiore e Malvasia superiore. Poi ci sono gli igp Terre di Chieti: Pecorino, Passerina, Cococciola, Malvasia, Moscato, Cabernet Sauvignon, Chardonnay, Pinot Grigio, Sangiovese e Merlot.
Infine l'ultima novità della cantina, sono le bollicine che nascono dal vitigno autoctono Pecorino. E' uno spumante fresco dal bouquet intenso e persistente che si propone come aperitivo, con la cucina marinara e con i formaggi per l'ottima acidità. Il 65% della produzione ha conquistato importanti mercati esteri, una quota destinata a crescere e il rimanente 35% è venduto in Italia nei canali della GDO (90% e Horeca (10%). «La concorrenza in campo internazionale è molto forte e la conquista di nuovi mercati è sempre più difficile", dice Di Campli, " e per questo abbiamo avviato un percorso di riposizionamento della nostra immagine, in sintonia con le cantine associate, potenziando la ricerca e lo sviluppo di nuovi prodotti, per avviare contatti con nuovi mercati, importatori e distributori».>
DEGUSTAZIONE
BORDOLESI TRENTINI SI RINNOVA LA TRADIZIONE
< Il millesimo è il 2000, la prima vendemmia del nuovo secolo che in Trentino ha visto un calo della produzione del 10% rispetto all’anno precedente ed una qualità media in linea con le annate-top del 1988 e del 1995. Questa la base omogenea su cui, a Palazzo Roccabruna nel corso della 77.ma Mostra dei Vini trentini, si sono degustati
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sei tagli bordolesi atesini. Scopo del tasting stabilire non tanto la longevità di questi vini - peraltro sopra le righe! - quanto il segno tangibile di una vera e propria tradizione produttiva che tanto ha fatto negli ultimi sessant’anni per lanciare la viticoltura di questo giardino d’Italia. Il panel vedeva il “capostipite” dei bordolesi trentini -
Fondazione Edmund Mach, Castel San Michele Doc affiancato da tre dei suoi migliori discepoli - Cavit, Quattro Vicariati Doc ; Tenuta San Leonardo-Guerrieri Gonzaga col San leonardo Igt Vigneti delle Dolomiti e Letrari, Ballistarius Vigneti delle Dolomiti Igt --. Con loro due realtà più piccole, ma non per questo meno affa-
Fine Anni Cinquanta: un gruppo di giovani enologi di San Michele viaggia sino a Bordeaux per conoscere i segreti del vino più importante del mondo e... testo di Giulio Bendfeldt
scinanti: Bolognani di Lavis col Gaban Igt e Rosi, da Volano, realtà nuovisimma e già sotto attenta osservazione, col suo Esegesi Doc. Il risultato è che la via trentina ai bordolesi (nelle pagine seguenti troverete la sua affascinante storia) ha trovato nuova linfa confermando il valore dell’intuizione di oltre cinquant’anni fa.
All’appello manca soltanto il Fojaneghe, il bordolese creato da leonello Letrari per i Conti Bossi Fedrigotti, il cui millesimo rappresentava uno dei pochi vuoti della sempre più completa Cantina Storica dell’Enoteca provinciale. Fra l’altro i bordolesi trentini continuano a piacere nei concosi internazionali: l’ultima medaglia d’oro è toccata ai
Quattro Vicariati, incassata al recentissimo Decanter wine award di Londra. Un veloce resoconto della degustazione, alla quale ha dato un contributo importante Diego Bolognani, produttore soltanto all’apparenza timido.. FONDAZIONE EDMUND MACH CASTEL SAN MICHELE Euposia Maggio-Giugno 2013
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DEGUSTAZIONI
BORDOLESI TRENTINI
LA STORIA
Quella missione dell’Udias a Bordeaux alla fine degli Anni Cinquanta... isogna esserci stati per sapere come si è svolto quel viaggio...alla fine degli Anni Cinquanta un gruppo di diplomati dell’Istituto di San Michele all’Adige decise di andare a Bordeaux per capire come nascevano quei grandi vini che così tanta ricchezza davano ai loro proprietari. Di certo un viaggio avventuroso. Ad un decennio dalla fine della Seconda guerra mondiale non esistevano né la Tav né le autostrade. La Francia della Quarta Repubblica annaspava nella crisi generata dalle sue sfortunate campagne post-coloniali. Prima che nelle infrastrutture i soldi finivano divorati dalla guerra in Algeria e a Diem Bien Phu. Non sappiamo se per arrivare a Bordeaux, ancora segnata dai bombardamenti alleati, siano bastati due giorni o più, di certo sappiamo che quel viaggio ha cambiato la storia del vino trentino. Dalla relazione che gli ex diplomati stesero al loro ritorno, Bruno Kessler - presidente della Provincia prese spunto per cambiare il volto dell’enologia atesina che, al pari del... (Continua a pagina 61)
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Partiamo dal capostipite, quel Castel San Michele prodotto dalla scuola enologica fondata nell’Ottocento da Edmund Mach. Il vigneto originario di provenienza del San Michele, il Weizacher, è ancora lì, attivo, con alcune piante di ottant’anni a testimoniare del lungo corsus honorum dell’Istituto. In questi anni è cambiato il sistema di allevamento, pochissime le pergole sopravvissute oggi, gran parte del vigneto è a spalliera. E’ l’unico fra i sei vini in tasting che presenta una percentuale di merlot superiore ai cabernet sauvignon e franc (oggi, cinquant’anni fa - come sempre - si celava più di un carmenere...). Profumi immediati e potenti di frutta rossa matura, sottobosco e balsamico. Freschezza al palato, una caratteristica che ritroveremo in tutti i sei campioni che promettono una ulteriore longevità. CAVIT QUATTRO VICARIATI Chi non si attende da un grande complesso l’inaspettato non scoprirà.. 4v che oggi è la bandiera del progetto qualità della cooperativa di secondo grado che è il grande player dell’enologia trentina. 4V viene prodotto soltanto nelle annate migliori, controllando i viticoltori passo passo nel corso di tutta la stagione, scegliendo le parcelle migliori e lavorando di conseguenza lungo tutta la vinificazione e l’affinamento. E’ stato il primo vino di Cavit a sbarcare negli Stati Uniti. Frutti di bosco, prugna, ancora note mentolate e balsamiche. TENUTA SAN LEONARDO-GUERRIERI GONZAGA SAN LEONARDO Già una sua verticale su Euposia dell’autunno del 2012 ne raccontava le gesta. Un vero vin-de-garde pensato da Giacomo Tachis (ora rilevato da Carlo Ferrini) per sfidare e battere i francesi sul loro terreno e amorevolmente preservato dalla nobile casata ad Avio. Esce soltanto negli anni migliori e promette una lunga, lunghissima, vita. Nel bicchiere rivela tutta la sua classe e la sua stoffa. Sembra ancora un ragazzino ed ha dodici vendemmie sulle spalle. LETRARI BALLISTARIUS Leonello Letrari ha creato vini così importanti che diventa difficile persino parlarne. Del Fojaneghe abbiamo già detto, ma possiamo aggiungerci anche l’Equipe 5 (oggi finito nel portafoglio della Cantina di
Soave), primo tentativo nel 1961 di creare un metodo classico che rompesse un po’ l’egemonia delle bollicine targate Ferrari. Oggi in cantina lavora con la figlia Lucia ed è tornato a fare grandi metodo classici ed un grande bordolese. Poche migliaia di bottiglie, ma non importa. La prima vendemmia è del 1997. Questo 2000 è eccezionale. Null’altro da aggiungere. BOLOGNANI GABAN All’inizio, 1988, fu un bordolese quasi per gioco, un blend di cabernet sauvignon e di carmenere. Mancava alla gamma dei vini di questa cantina familiare all’imbocco della valle di Cembra, a Lavis. Fu un successo immediato (altra nota costante di tutti questi vini, come se tutti fossero lì ad aspettarli...). Di conseguenza si decise di proseguire, ma l’annata successiva non fu felice e il singlevineyard che poteva ospitarne le viti era bloccato dai regolamenti urbanistici. Per Diego Bolognani questo bordolese diventa un’ossessione che soltanto nel 1996 riesce a concretizzare. Nasce il Gaban nel 2000, e questa prima annata è ancora perfet-
ta, fresca, vitale. Diego ne era ossessionato, noi - più semplicemente affascinati. EUGENIO ROSI ESEGESI «Bordolese? No, il mio è un taglio trentino. Qui non c’è nulla di Bordeaux e io volevo proprio andare addosso a quei vini-marmellata. Trentino, trentino altrochè...» al telefono la voce di Eugenio è chiara. Come chiaro è il suo percorso. Entra a San Michele perchè affascinato dai campi, ma gli tocca studiare enologia. Alla fine il vino gli riempie la vita. Lavora unidici anni in una cantina sociale. Impara i basics dell’arte e poi decide di prendere la sua strada, completamente diversa, un po’ come Miles Davis. Affitta un primo vignato di due ettari, sul monte Pipel, a 350 metri sul livello del mare. Le viti sono di cabernet sauvignon e di merlot. Esegesi come interpretazione del vino; l’etichetta la disegna sua moglie. Da quella interpretazione nascono nuovi appezzamenti di terreno ed un Marzemino. Dal 2007 completa la conversione bio. Sentiremo ancora parlare di lui. >
... resto del primario, non garantiva reddito ai coltivatori e non frenava l’emigrazione. Kessler “arruola” Franco Defrancesco, chimico, e gli “ordina” di inventare una nuova generazione di vini trentini, dal taglio bordolese. Defrancesco mette “sotto” i suoi a San Michele guidati da Riccardo Zanetti, confidando sull’appoggio di Ferdinando Mario Tonon, uno dei “viaggiatori” di Bordeaux, ma soprattutto consigliere d’amministrazione dell’Istituto. Nello staff, Leonello Letrari che studia da enologo. Fanno prove di vinificazione, di affinamento, mischiano, buttano, ribaltano la cantina. Alla fine hanno un vino “nuovo” che portano a Bruno Kessler. Tocca a lui dare il via-libera definitivo. Di presidenti così, evidentemente, si è perso lo stampo in questo Paese. Comunque il San Michele è così “bordolese” che persino i francesi si sbagliano e, come dice Conte, sicuramente s’incazzano. Ma il gioco è fatto. Nasce una nuova generazione di vini trentini - come il Fojaneghe - che si vendono a mille lire la bottiglia, cinque volte più di una bottiglia “normale”. E’ il successo, è il reddito tanto agognato. E’ la Storia, baby.
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DEGUSTAZIONI
DALLA CALIFORNIA ALLA VAL DI CEMBRA “Americana” , il nostro tasting al Vinitaly ha presentato alcuni Metodo classici statunitensi ed argentini, mentre in Trentino hanno fatto il debutto quattro nuovi Trentodoc
< Il “Tasting ex...press” che tradizionalmente organizza Euposia durante il Vinitaly quest’anno ha presentato una selezione di spumanti metodo classici della California e dell’Argentina. Si è trattato di novità, alcune presenti sul mercato italiano, altre recuperabili direttamente dai produttori che testimoniano, una volta di più, della trasversalità della spumantistica d’eccellenza. Confermano anche il momento d’oro delle bollicine: ogni anno sono circa 2,5 miliardi le bottiglie di spumante vendute, il 7% della produzione complessiva di vino, e questo mercato vale all’origine qualcosa come 17,5 miliardi di dollari. Di questi, 5,4 rappresentano il valore dell’interscambio. Nel decennio 2002-2012 - la ricerca, recentissima, è di WineMonitor di Nomisma per conto della Camera di commercio di Trento - i consumi di vini spumante sono praticamente raddoppiati negli Usa, in Giappone, in Svizzera e sono cresciuti di quasi il 70% in mercati più “maturi”
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comne Germania e Regno Unito. E’ stato boom in Canada, Russia e nel primo trimestre gli spumanti italiani hanno performato meglio di tutti gli altri competitor globali. Queste cifre parlano di bollicine in senso ampio quindi metodo classico e metodo charmat - ed il mercato è saldamente in mano francese che, in valore, controlla oggi il 60% dell’interscambio grazie a Champagne e Cremant. La Francia è leader di mercato in quasi tutti i Paesi con quote superiori al 60% con la sola eccezione della Russia, primo grande mercato di nostro appannaggio. Il mercato delle bollicine crescerà mediamente di un ulteriore 9% all’anno nel prossimo quinquennio e dovremo fare i conti con nuovi produttori agguerriti: già oggi Russia e Germania producono oltre 300 milioni di bottiglie l’anno, mentre Usa e Ungheria viaggiano già sui 70 milioni l’anno. Restare ai vertici non sarà, come sempre facile. Intanto, le nostre note di degustazione. >
CHALLENGE EUPOSIA
DOMAINE S.TE MICHELLE, COLUMBIA VALLEY, WA BRUT N.V. Domaine Ste. Michelle, con sede a Paterson, Stato di Washington, quindi costa occidentale degli States, produce un’ampia gamma di spumanti da più di trent’anni e rappresenta una delle maison più grandi degli Stati Uniti, in questo specifico segmento di mercato con piùdi 300 mila casse ogni anno. Rick Casqueiro è il winemaker responsabile sin dal 1994. Questo metodo classico ha naso floreale, di glicine, con note fruttate di pesca a pasta bianca e pera. Palato: impatto molto leggero, acidità non spiccata, fruttato, molto delicato, sapidità sul finale. Stupisce per leggerezza, ma la sua eleganza fa aggio su tutto.
SCHRAMBERG CALIFORNIA, RUSSIAN RIVER BLANC DE BLANCS, 2010,
J VINEYARDS CALIFORNIA CUVÉE 20 BRUT
Parliamo di una cantina fondata in California nel 1862 da un immigrato tedesco, Jacob Schram, proveniente dalla valle del Reno. Gli attuali proprietari dagli Anni Sessanta hanno deciso di produrre spumanti ed oggi la maison è il “number 1” negli Usa. Questo Chardonnay in purezza, nel 1972 venne “usato” da Richard Nixon per stringere la distenssione con la Repubblica popolare cinese. Le uve provengono da Napa, Sonoma, Marin e Mendocino. Naso con leggera nota vegetale, crosta di pane e lieviti, migliora nel palato che è migliore dell'olfatto, con note di frutta più matura, acidità spiccata. Ottimo vino.
Fondata nel 1986 da Judy Jordan, J Vineyards & Winery è diventato velocemente un produttore molto acclamato dalla critica di SW. I più famosi sono “J Vintage Brut”, “J Late-Disgorged Vintage Brut”, “Brut Rosé” e la “Cuvée 20 Brut”. I vigneti sono tutti nella Russian River dal clima abbastanza fresco e sono principalmente di Pinot Noir, Chardonnay e Pinot Grigio. Naso assai aromatico, che diventa molto interessante dopo una breve permanenza nel bicchiere, palato più strutturato, fruttato e fiori più maturi, finale un po' astringente. Nel complesso, un prodotto molto interessante.
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DEGUSTAZIONI
CHALLENGE EUPOSIA
FAMILIA ZUCCARDI MENDOZA, ARGENTINA BLANC DE BLANCS,
BODEGA CRUZAT MENDOZA, ARGENTINA CUVEE RISERVE EXTRA BRUT
CANTINA MORI COLLI ZUGNA TRENTODOC, ITALIA TERRE SAN MAURO 2011
Viticoltori dagli Anni Sessanta, di chiara origine italiana, gli Zuccardi hanno col tempo costruito una solida realtà basata su diversi vigneti ubicati nelle migliori zone del distretto di Mendoza. Questo chardonnay in purezza nasce a Tupungato, a 1200 metri d’altitudine ai piedi delle Ande. 54 mesi di rifermentazione e affinamento in bottiglia prima del degorgement. Naso aromatico, con note di uva passa sotto spirito, miele e crema pasticcera. Gesso e minerale al naso, ha al palato un impatto di frutta secca, con note cremose e burrose. L’acidità è spiccata, sul finale tornano le note di frutta secca ed uva passa.
Fondata nel 2004 da una jointventure cilena-argentina, questa cantina nasce con lo scopo di fare soltanto metodo classico. I vigneti sono posizionati a Luján de Cuyo, alta Valle de Uco: una zona semi-arida caratterizzata dalle condizioni meteo estreme. Grande escursione termica, scarsa precipitazione, 300ml/anno, 1400 metri sul mare, acqua proveniente dalle sorgenti delle Ande. L’uvaggio vede il pinot noir al 75% affiancato dallo chardonnay. 24 i mesi sui lieviti. Nota vigorosa al primo impatto al palato, con frutta passa e candita, rimane molto aromatico nel bicchiere dopo una breve permanenza nel bicchiere, finale molto minerale di frutta secca ed ananas. Di grande espressività e personalità.
Settecento ettari di vigneto è il patrimonio di questa cantina sociale che può vantare una identica presenza sul fondovalle, sulla collina e sulle altitudini più alte. Questo è un blancde-blancs, uno chardonnay in purezza che non ha svolto la malolattica e si presenta con una grande freschezza al naso. I profumi sono floreali e gentili di mela bianca, fiori di acacia, crosta di pane. Anche il palato, sebbene supportato da una bella spalla acida, non si presenta oltremodo complesso. E’ diretto, asciuga bene la bocca ed ha un finale amaricante.
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CANTINA MORI COLLI ZUGNA TRENTODOC, ITALIA MORUS 2009 Questa è la nota dell’anteprima che questo blend chardonnay-pinot nero (70-30) ha avuto alla recente 77.ma Mostra dei vini trentini. Trentasei mesi sui lieviti, malolattica svolta in botti grandi. Al naso emergono note di cipria, di fiori gialli e mela golden, di frutta tropicale. Al palato si presenta robusto, vigoroso, sufficientemente complesso con una spiccata mineralità. Sul finale tornano note più calde di miele e di agrumi dolci. Bella sapidità.
CESARINI SFORZA TRENTODOC, ITALIA TRIDENTUM DOSAGGIO ZERO Il nuovo nato di questa fra le più importanti maison spumantistiche italiane proviene da uve Pinot nero in purezza, dalla zona più classica della valle di Cembra, ad un’altitudine di oltre 500 metri slm. Il terreno, sabbioso, è ricco di porfido. Uve raccolte e mano ai primi di settembre e portate immediatamente in cantina; fermentazione in botti di rovere per sei mesi, cui seguono altri trentasei mesi in bottiglia per la rifermentazione. Molto fresco al naso, con immediate note minerali. Il palato è un bell’equilibrio di eleganza e struttura, con note speziate. Non tradisce le attese e sa dare grandi soddisfazioni.
CAVIT TRENTODOC , ITALIA ALTEMASI PAS DOSÈ 2005 Le uve selezionate per la produzione di questo vino provengono da diverse zone: i pendii dei conoidi dolomitici, con terreni calcarei e ricchi di scheletro, la Valle dei Laghi, dai terreni calcareo marnosi, ben drenati, e la Valle di Cembra, dai ripidi versanti costituiti da depositi fluvio-glaciali ghiaiosi. I vigneti si trovano generalmente ad altitudini comprese tra i 450 e i 600 mslm. Importanti le escursioni termiche tra il giorno e la notte. Il blend vede Chardonnay al 60% e Pinot Nero, con rese di 70 hl per ettaro. La presa di spuma è avvenuta in aprile dopo un periodo di maturazione e stabilizzazione del vino base. La sboccatura è stata realizzata a 78 mesi dal tirage, senza aggiunta ovviamente - di liqueur. Bella impronta olfattiva, palato coerente e di bella complessità. Altemasi, dunque pensato e lavorato per eccellere da subito.
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News GIANLUCA BISOL SCEGLIE ANTONIA KLUGMANN PER IL RISTORANTE VENISSA A MAZZORBO BURANO
ianluca Bisol ha scelto la sensibilità, l'entusiasmo autentico ed il riconosciuto talento di una giovane friulana per il ristorante Venissa a Mazzorbo Burano. Antonia Klugmann, con il compagno Romano De Feo - con cui da ottobre andrà a gestire il suo nuovo ristorante L'Argine di Vencò a Dolegna del Collio (GO) - e con il prezioso supporto del sous-chef Arianna Dalla Valeria, è la chef di Venissa per la stagione primaverile ed estiva. La chef, nonostante la giovane età, vanta importanti esperienze professionali e ha ricevuto premi e riconoscimenti significativi dalla stampa e da opinion leader di settore. A Venissa potrà realizzare la sua passione profonda per il territorio e per l'elemento naturale e perfezionare la sua costante ricerca di nuovi accostamenti e sensazioni, senza seguire una banale rivisitazione della tradizione. «La stagionalità e l'elemento vegetale sono gli elementi principali e fondanti dei nostri piatti - spiega Antonia Klugmann -. L'amore per il naturale, l'acqua, l'orto e il frutteto ci accompagna nella scelta delle materie prime da utilizzare».
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La sala e la cucina di Venissa sono, per la chef, "un tutt'uno" con l'ambiente circostante, Venezia Nativa. Venissa e il suo prossimo progetto nel Collio hanno fondamentali punti in comune, a partire dal magico ambiente naturale che circonda le due location delle Venezie. «L'acqua, così vicina all' Argine a Vencò- posto sul fiume Judrio - e l'acqua che circonda Venissa saranno per me fonte di grande ispirazione». L' Argine sarà aperto agli ospiti da metà ottobre. «Nel frattempo saremo orgogliosi di proporre il nostro concetto di territorio all' interno delle Venezie così ben rappresentate da Bisol». Antonia Klugmann potrà avvalersi della preziosa collaborazione della sua souschef Arianna Dalla Valeria: fidata collaboratrice, giovane e talentuosa promessa della cucina, già Chef de partie al ristorante Da Vittorio St. Moritz (3 Michelin stars), al Ristorante Leoni - Bologna (1 Michelin star), a Villa Fiordaliso Relais & Chateaux - Garda Lake (1 Michelin Star). «Antonia, Romano e Arianna sono dei grandi appassionati, come me e la mia famiglia: questo progetto di
cucina delle Venezia si sposa perfettamente con il nostro di valorizzazione della cultura di Venezia Nativa: siamo felici che la stagione delle Rose sia la stagione di Antonia» commenta Gianluca Bisol. Antonia Klugmann, triestina di nascita, ha abbandonato nel 2001 una brillante carriera universitaria Facoltà di Giurisprudenza dell'Università Statale di Milano per seguire la sua passione, la cucina: in Friuli Venezia Giulia e Veneto ha avuto prestigiose esperienze professionali - con Raffaello Mazzolini e con Riccardo De Prà presso il ristorante Dolada - e formative presso il ristorante veronese Arquade con lo Chef Bruno Barbieri. ùPremiata dalla stampa e da opinion leader di settore, ha poi aperto con il compagno Romano De Feo l'Antico Foledor Conte Lovaria a Pavia di Udine. Dal 2010 collabora con la Scuola Internazionale di cucina italiana ALMA di Gualtiero Marchesi, partecipando come commissario alla giuria d'esame del corso superiore di cucina italiana e tenendo lezioni sulla propria cucina agli allievi americani dell'Italian Culinary Academy (NYC) e a quelli italiani del corso Superiore.
C HALLENGE E UPOSIA RISERVATO
INTERNAZIONALE AI VINI SPUMANTE METODO CLASSICO SESTA EDIZIONE
COL PATROCINIO DEL GRAND JURY EUROPÉNNE 18-20 OTTOBRE 2013
Facebook.com/Winechallenge Euposia
FRANCIACORTA
DEGUSTAZIONE
VERTICALE IN VILLA Diciannovesima edizione per la grande degustazione delle annate storiche - dal 1996 al 2009 - dei Franciacorta Satèn Docg creati a Monticelli Brusati di Enzo Russo
< La Franciacorta è un piccolo lembo di terra situato tra Brescia e il lago d'Iseo con una storia vitivinicola lunga 50 anni, dove le bollicine hanno trovato il loro habitat naturale in un territorio dalle caratteristiche geologiche e climatiche favorevoli per la produzione delle diverse tipicità di Franciacorta docg. Un esempio di come nascono in cantina le bollicine Franciacorta è l'azienda agricola Villa, una delle più importanti realtà del territorio con 37 ettari di vigneti, che ogni anno donano milioni di bollicine millesimate docg agli appassionati del buon bere. In 35 anni di attività, il
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Franciacorta Villa si è fatto conoscere in tutto il mondo per le qualità organolettiche dei suoi millesimati nelle diverse tipologie e ogni anno dedica ad una di esse una verticale con 10 annate. Un vero piacere degustarle nei giusti bicchieri, in religioso silenzio, e ammirare le numerose bollicine che all'inizio vanno in ordine sparso per poi unirsi e diventare una processione che spinge sempre più in alto, nell'azzurro del cielo. La 19° edizione di Villa in Verticale, anche quest'anno non ha deluso nessuno. Il Franciacorta docg Satèn Millesimato si è presentato agli
ospiti, ai fini palati con tutta la sua autorevolezza, facendosi degustare dal '96 al 2009 (quest'ultimo per l'occasione in anteprima). Le dieci annate di Satèn hanno dimostrato la longevità di questo vino e come si evolve col passare degli anni. Colpisce subito la sua freschezza e la sua eleganza. Poi si fa notare per il perlage finissimo e persistente che arriva al naso con grande piacere. Per non farsi dimenticare. Altra particolarità del Satèn che colpisce l'occhio, è il colore giallo paglierino, a volte intenso o con riflessi verdolini. E poi il profumo delicato di frutta matura, accompagnato da delicate note di fiori bian-
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DEGUSTAZIONE
FRANCIACORTA
chi e di frutta secca, anche tostata (mandorla e nocciola), piacevoli sapidità e freschezza che si armonizzano con un’innata morbidezza che ricorda le sensazioni delicate della seta. Degustarlo è un vero piacere, non delude il palato che lo reclama perchè si presenta secco, caldo, discretamente morbido e avvolgente con una bella freschezza di acidità aumentata dall'effervescenza. Un grande vino che nasce dallo Chardonnay e che l'azienda Villa ha saputo interpretare estrapolando il meglio, tutto il potenziale di queste uve, curando
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con pignoleria l'intera filiera produttiva, dal vigneto alla cantina, dalla vinificazione con pigiatura soffice dell'uva intera con presse pneumatiche, sedimentazione naturale a freddo e poi parziale affinamento in legni pregiati. Morbida rifermentazione in bottiglia con lieviti selezionati e successiva maturazione sugli stessi per un periodo minimo di 30 mesi nelle cantine interrate, ad una temperatura costante compresa tra 12° e 14°. Il percorso evolutivo delle 10 annate sono state egregiamente illustrate dall'enologo Cugnasco e dal responsabile della produzione Vianelli. Le degustazione è stata condotta da Nicola Bonera, miglior sommelier d'Italia 2010 e Dennis Metz, miglior sommelier in carica e vincitore del premio Franciacorta, i quali hanno messo in evidenza le caratteristiche che fanno del Satèn Villa un unicum nel panorama franciacortino: la freschezza del frutto nelle annate più recenti e la rotondità e corposità del gusto in quelle invecchiate e la peculiarità espressa dalle diverse vendemmie. Il Millesimato Satèn che ha maggiormente entusiasmato è stata l'annata 2004: un vino nobile, elegante con note di miele, fresco e di carattere dal colore giallo intenso, complesso e con una acidità molto buona. Poi l'annata '96: dimostra gli anni ma anche la forza del Satèn, poche bollicine ma nobili, per esprimersi al meglio ha bisogno di qualche minuto di ossigeno. Infine il 2001: un vino ancora pieno con vogliose bollicine, molto complesso, il colore giallo pieno da un tono di autorevolezza, si dimostra ancora fresco e morbido. Degustare le dieci annate del Satèn Villa Franciacorta è stata una sorpresa con tante emozioni. «La gioia più grande per noi - hanno detto Roberta Bianchi e il marito Paolo Piziol - viene proprio dalle parole che sono state dette durante la degustazione: emozione, eleganza ed eccellenza» >
NON DI SOLO NOMA...
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COPENHAGEN GASTRONOMICA Con quindici ristoranti stellati Michelin la capitale della Danimarca guida la rincorsa della “nuova cucina” nordica. di Irene de Gasparis
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GIRO
DEL
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DOVE DORMIRE Boutique-hotel: alla ricerca del miglior rapporto qualità/prezzo senza rinunciare a nulla e stagioni migliori per visitare Copenhagen sono il periodo prenatalizio, con l’aria di festivita’ nordica e l’estate, quando e’ bellissimo girare anche in bicicletta. E’ in generale una citta’ cara e questo vale anche per gli alberghi, quindi per il migliore rapporto qualita’/prezzo meglio concentrarsi sui boutique hotel. Tra i primi da considerare:
L
AVENUE HOTEL (3 stelle) www.avenuehotel.dk. Si trova in una zona tranquilla appena fuori dal centro (raggiungibile in 10 minuti a piedi) ben collegata coi mezzi al confine tra il quartiere posh di Frederiksberg e quello bohemien di Norrebro. E’ in un vecchio palazzo completamente ristrutturato e rinnovato con gusto con camere accoglienti e di design. Piacevolissima la lobby con caminetto e il piccolo giardino sul retro che si trasformano in lounge la sera. Colazione a buffet con molta scelta e di ottima qualita’. AXEL HOTEL GULDSMEDEN (4 stelle) www.hotelguldsmeden.com/copenhagen Romantico albergo, anche questo in un vecchio palazzo sapientemente ristrutturato nella zona centrale di Vesterbro. Tutto arredato in stile
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COPENHAGEN
< Copenhagen. Qualche anno fa il nome si associava a sirenette e bionde con gli occhi azzuri. Oggi piu’ facile che sia “Noma”, il ristorante due stelle Michelin considerato il miglior ristorante al mondo. Chef/proprietario e’ il rivoluzionario e controverso Rene’ Redzepi (nella foto a sinistra, in alto), considerato il padre della nuova cucina nordica. Il giovane chef ha infatti una filosofia inortodossa per quando riguarda gli ingredienti, quasi religiosamente locali, le tecniche e la presentazione. Molti dei piatti offerti a Noma sono una provocazione ai predefiniti schemi mentali, perlomeno quelli di natura gastronomica. Che dire dei grilli ridotti ad una pasta e serviti su una foglia di acetosella, od il gambero che non solo e’ crudo, ma ancora vivo, servito su un letto di ghiaccio o della composizione floreale che si trova sulla tavola quando ci si siede ed e’ in realta’ l’antipasto ? Per non parlare di “Mirtilli e Formiche”, che in questo caso sono morte, ma che Rene’, come chef ospite in occasione delle Olimpiadi , ha servito vive in un pranzo al Claridge di Londra. Disponibile solo il menu’
degustazione ( il prezzo fisso con vino e’ di 2500 Kronor circa 320 euro) che consiste in una ventina di piccoli piatti, ognuno servito dallo chef che l’ha preparato. Il tutto in un ambiente molto semplice, quasi medievale, fatto di legno naturale, pelli di pecora, fiaccole in un antico magazzino della vecchia zona portuale. Per ottenere un tavolo bisogna prenotare mesi prima, e nonostante la cattiva pubblicita’ di qualche mese fa, quando 63 persone che avevano mangiato a Noma sono stati colpiti da gastrointerite, la coda non e’ molto diminuita. Il successo di Noma ha comunque fatto miracoli per la scena gastronomica di Copenhagen. Molti giovani chef di talento, e non solo danesi, lavorano a Noma per mettere il nome sul curriculum e poi spenderlo in giro per il mondo. Ma alcuni rimangono e vanno a lavorare in altri ristoranti o aprono il proprio. Cosi’ nel 2013 ben 15 ristoranti a Copenhagen hanno almeno una stella Michelin (di piu’ che citta’ molto piu’ grosse tipo Vienna). Tra le stelle e’ da segnalare “Geranium”, rigorosamente biologico, che ha
appena preso la sua seconda stella Michelin grazie alla cucina creativa ma non estrema dello chef/proprietario Rasmus Kofoed . La vista sulla cucina e quella sulla citta’ completa l’esperienza culinaria. Anche qui solo menu degustazione a 1495 kronor (senza vino). Il migliore rapporto qualita’/prezzo e’ “Formel B”, (una stella dal 2004) intimo, romantico ma decisamente cool con le sue luci soffuse e arredamento di
Balinese, con materiali naturali ed eco, ha camere molto confortevoli con letto col baldacchino, bagni a mosaico e terrazzino. Bella anche se piccola la Spa, con sauna, hamman, jacuzzi, zona relax e trattamento di bellezza “fai da te” . Particolare attenzione all’aspetto sostenibilita’ con l’uso di procedure e prodotti green, inclusa la colazione a buffet completamente biologica. Simile comfort e stile anche negli altri alberghi del gruppo a Copenhagen: il Carlton e il Bertrams.
design. Ogni piatto, insolito e impeccabilmente eseguito dai proprietari Kristian Meller e Rune Jochumsen, ha lo stesso prezzo (130 kronor) ed uno puo’ decidere di Euposia Maggio-Giugno 2013
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prenderne quanti ne vuole (3-4 per un pasto normale). Tra le stelle nascenti (non ancora stelle) c’e’ “Radio”, bistro ben frequentato, con ottima cucina e prezzi molto ragionevoli. Per chi ha nostalgia di casa, c’e’ “Era Ora”, unico ristorante italiano della citta’ con stella Michelin dal 1997. Frutto della passione e del lavoro di Elvio Milleri e di sua moglie Edelvita, Era Ora ha aperto nel 1983 quando a Copenhagen di cucina italiana c’era ben poco. Un semplice portone (niente insegna solo il nome sul campanello) conduce in un ambiente elegante ed accogliente. I piatti, sapientementi eseguiti dallo chef Jacoponi, in cucina dal 1987 quando Elvio ha deciso di non essere piu’ ai fornelli a tempo pieno, sono ispirati alle varie regioni ma con un twist originale. Curatissima la presentazione anche su carta, dove ad ogni piatto e’ dato un nome poetico come “The old man and the sea” per il baccala alla mediterranea o “Don’t tell Alice” per il coniglio con fave, cicoria e cipolla bianca . Il classico pranzo danese consiste nello Smørrebrød, un panino aperto, come una grossa tartina, fatto col pane a cassetta scuro, su cui vengono messi innumerevoli combinazioni di ingredienti tra cui alici, carne cruda, patate, salmone ecc. Per lo Smørrebrød sono da provare il piu’ che centenario “Restaurant Schønnemann”, che produce anche il proprio pane e Aamanns. Un altro posto particolare per un
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COPENHAGEN
pasto veloce, od un semplice snack e’ il bohemian Paludan, una Libreria/caffe, dove si mangia su vecchi divani e sedie moderne, tra prime edizioni e piu’ recenti libri usati. Altra destinazione da non perdere e’ “Torvehallerne”, una sorta di mercato coperto chic, che in due grandi padiglioni riunisce una sessantina di stand, per la maggior parte piccoli produttori che si possono osservare anche mentre fanno le loro specialita’. Per la birra il posto e’ “Mikkeller”. Due sedi, moderno design danese e una scelta di microbirre originali per lo piu’ prodotte dall’eccentrico proprietario Mikkel, birraio “cult”. Copenhagen ha anche un grosso food festival, “Copenhagen Cooking”, con menu’ speciali a basso costo anche nei ristoranti gourmet, stand e eventi gastronomici in tutta la citta’ (quest’anno 23 agosto – 1 settembre) e “Copenhagen Beer Celebration”, due giorni di tasting ed eventi legati alla birra (rigorosamente artigianale), a Maggio. >
Ta s t i n g
COSTASERA, L’ICONA DI MASI Nasce rivolto al sole del tramonto, beneficiando di intere giornate di esposizione. Guardando ad ovest, verso quei mercati dove ha conquista posizioni importanti
e coste rivolte al tramonto, in Valpolicella classica, sono tradizionalmente considerate le migliori per produrre un Amarone di razza. Qui, dove più lunga è la giornata, le vigne che guardano il Lago di Garda si avvantaggiano del riflesso della sua luce e del suo clima piu' mite. L'Amarone bandiera di Masi, il Costasera, deve il suo nome proprio alla circostanza che le sue uve giungono in cantina dai migliori vigneti di collina rivolti ad occidente. Sin dal primo momento della giornata lo sguardo a Masi è rivolto ad ovest. Le uve, come gli uomini, e Sandro Boscaini non fa eccezione, viaggiano soprattutto verso ovest. L'urgenza di Sandro Boscaini, Presidente dell'Agricola Masi dal 1978 è quella di legare il territorio al mondo, per conoscere per
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migliorare, perché, ribaltando James Joyce, avendo scelto la Valpolicella, che cercava con grande entusiasmo un suo “posto al sole”, per “scena” la città, Verona, appariva come il centro della paralisi (Ulisse). Fare insomma come i Francesi, che hanno fatto diventare Bordeaux il centro del mondo vitivinicolo . Tutti andavano a Bordeaux per imparare, innovare, conoscere. Tutti chiedono consulenti francesi. Così cerca di fare della Valpolicella, tramite l'Amarone, esempio e culla dell'appassimento nel mondo, tempio di una cultura antica, rispettosa e custode gelosa del territorio. E ci riesce. E proprio come Ulisse percorre il suo viaggio nel Mediterraneo dapprima verso Ovest, per poi tornare, nella terra da dove nasce il sole. Negli anni della rivoluzione cultu-
rale, intorno al '68, sbarca negli States.. Poi fa da apripista , come una sorta di Marco Polo, in Cina quando a Pechino è una delle prime aziende a sbarcarvi. Una vocazione all'export antica. Già il padre negli anni '50 aveva attivato flussi esportativi da Verona verso la Germania, allora era quella dell'Ovest. Per cogliere la ricchezza di questi momenti bisogna immaginare i tempi, che vedevano un Paese, l'Italia, con una grande energia e voglia di riprendersi un ruolo da leader nella comunità internazionale, dopo i patimenti e le sconfitte della seconda devastante deflagrazione mondiale. Oggi Masi è gruppo italiano leader per esportazioni e sta reagendo benissimo alle sfide poste dalla attuale fase congiunturale negativa anche grazie alla sua eccellente
organizzazione interna orientata proprio all'export, da dove viene circa il 90% del fatturato. Sulle tracce del sogno, si muove per portare il Costasera Amarone, vino unico per origine, varietà antiche e metodo di produzione, attraverso l'utilizzo dell'appassimento delle uve per tre-quattro mesi sulle "arele", in tutto il mondo assieme al figlio Raffaele, responsabile di un unicum in Italia, il gruppo tecnico, un'equipe aziendale dedicata alla ricerca ed alla sperimentazione che pochi possono vantare. Un pomeriggio con Raffaele Boscaini, settima generazione di una dinastia di viticoltori, offre sempre spunti per esperienze particolari, come quando mi dice che sta studiando un metodo rivoluzionario per implementare la qualità nella zona di affinamento delle botti, miste tra fusti veronesi e bar-
riques francesi, atto a "far parlare" il vino. Ha collocato dei sensori nelle botti che, in rete con il computer che governa le necessità di equilibrio dell'umidità in cantina, segnalano quando c'è bisogno di variazioni di temperatura che consentano al vino di ridurre al minimo gli impatti negativi derivanti dagli squilibri delle condizioni metereologiche. Il vino, in sostanza “parla”! E l'occasione è stata un incontro organizzato per parlare di appassimento con il Centro di Genomica Funzionale Vegetale dell'Università di Verona guidato da Mario Pezzotti che ha visto giungere a Gargagnago ordinari di tecniche agrarie provenienti da molte blasonate università italiane. «Sono rimasto affascinato e senza parole» mi dice Antonio
Lapiccirella, vigneron produttore di Aglianico del Vulture di razza. «Io sono un rossista appassionato e posso dirti di non aver ancora visto, nella mia lunga esperienza, cantine di questo livello». Dice Raffaele che Costasera esprime particolare maestosità e complessità. Rosso scuro, impenetrabile, presenta toni violacei all'unghia. Abbiamo degustato il giovane 2008, che mette in luce un bouquet decisamente ricco ed intenso, che spazia dalla frutta cotta, alle spezie, al rabarbaro. In bocca si presenta con la tipica sensazione di dolcezza mitigata poi dalla calda alcoolicità. La confettura di ciliegie e la cannella descrivono le sensazioni che si protraggono a lungo in un finale piacevolissimo e secco. (Carlo Rossi) Euposia Maggio-Giugno 2013
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AL CUORE DEI SAPORI Due località al centro della Pianura Padana e dei valori più genuini della tradizione lombardo-veneta: ospitalità, charme, storia e i migliori tortellini al mondo... di Carlo Rossi
< È una giornata straordinaria, sospesa nel tempo e nello spazio, quella che abbiamo trascorso visitando Monzambano e Valeggio. Due borghi accomunati da due magnifiche frazioni, Castellaro Lagusello per Mozambano e Borghetto per Valeggio, castelli e pievi antiche, dolci pendii che ne fanno una "parte di terra" simile alla dolce Toscana. L'occasione per la nostra visita è stata data dalla volontà delle Amministrazioni di sostenere, attraverso una squisita ospitalità, il Challenge internazionale di Euposia, consentendo così agli ospiti provenienti dalla Gran Bretagna di conoscere le bellezze di un territorio magico. Vino ed enogastronomia ai massimi livelli. Come non ricordare, ad esempio, i mitici tortellini di Valeggio, voluti per ricordare la storia dei due innamorati, Silvia e Malco, tirando una pasta sottile come seta, tagliata e annodata come il fazzoletto d'oro, e arricchita di un delicato ripieno. Era nata la leggenda del tortellino di Valeggio. E che dire dei superbi vini di Mozambano e dei suoi capunsei? Castellaro Lagusello ci ha accolti a braccia aperte e con un calore quasi…da città del sud…Insieme al
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Sindaco del comune capoluogo, Mozambano,.Angiolina Bompieri e all'assessore al turismo e vicesindaco Giuseppe Groppelli siamo entrati, quasi in punta di piedi, per non disturbare la magia ancora intatta di un luogo particolare, nel borgo medievale di Castellaro Lagusello, che sorge al centro del parco del Mincio, su un'altura affacciata su un lago a forma di cuore. Con Villa Arrighi un unicum da vedere. Da visitare anche l'altro pezzo rarissimo, la splendida Sant'Elmo di Panaghia, un bel centro di spiritualità, dove ci ha accolto la gentilezza di padre Corrado. Bisogna andare a dormire all'Isolo di Cinzia, l'ideale per staccare la spina e ricaricarsi, oppure all'Agriturismo Trebisonda Country Resort di Valeria Moretti per trovare il calore di un'ospitalità non comune. Qui un antico complesso di case coloniche in sasso il cui nucleo primario risale al 1400 ed è costruito con la vecchia tecnica dei volti a botte, con i barbacani in pietra, con i tronchi di quercia per il tetto e le assi di abete per il pavimento.
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Si rimane senza parole ogni volta che si viene a Valeggio e poi si passa a Borghetto. Un ritorno indietro nel tempo in un borgo di favole. Sul Ponte Visconteo di Borghetto sul Mincio, ogni anno si ritrovano, lungo due tavolate di circa 600 metri, più di 3000 commensali, provenienti da tutta Italia, oltre a una buona presenza di stranieri, per gustare i famosi "Tortellini di Valeggio", poeticamente denominati "Nodo d'Amore". I numeri che caratterizzano la festa sono da record: lo sforzo congiunto di tutti i ristoranti associati coinvolge quasi 300 camerieri, un centinaio di cuochi e altrettanti sommelier. Sono 600.000 i tortellini fatti a mano uno ad uno, per i quali occorrono circa 500 kg di grana padano, 10.000 uova e 8 quintali di farina, 3.750 le bottiglie di vino Bianco di Custoza che accompagnano le pietanze e 850 le bottiglie di spumante per offrire agli ospiti l'aperitivo che dà il via alla serata. La cena si conclude con un grandioso spettacolo di fuochi artificiali a tempo di musica, dalle torri del Castello Scaligero. Grazie alla squisita amicizia dell'antico Pastificio Al Castello di Valeggio, una grande festa per Alessandro Scorsone e per gli amici inglesi, gallesi e argentini li ha impegnati in un certamen
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dove hanno messo "le mani in pasta" con grande allegria. Qui è emersa la notevole maestria della titolare, la signora Castioni Luigia Maria, una vita per il tortellino, che, insieme al figlio ed a uno staff collaudato, rappresenta sicuramente uno degli emblemi della "tortellinità" di Valeggio. Ma mi sono veramente emozionato al Caffè Mulino Lo Stappo di Michele. Qui un passaggio lo consiglio davvero a tutti. La maestria di Michele e la grande naturalezza
della sua preparazione ne fanno uno degli "ombelichi" del mondo.. Una splendida sorpresa a Borghetto. >
News ASIAGO DOP: SULLE TAVOLE DI 13 MILIONI DI FAMIGLIE ITALIANE (+ 18.7%) iù 18,7% di famiglie acquirenti in Italia e un significativo +15,1% di incremento dell'export (+39,7% nell'ultimo triennio). E' un bilancio 2012 dal segno positivo quello che il presidente Roberto Gasparini ha presentato all'assemblea annuale del Consorzio di Tutela Formaggio Asiago DOP svoltasi a metà maggio a Thiene (Vicenza). Sul fronte dei consumi, a livello nazionale, l'Asiago DOP, nel 2012, prosegue e rafforza l'accelerazione del trend positivo dell'anno precedente, a conferma del crescente apprezzamento da parte dei consumatori e del buon esito delle iniziative promozionali rivolte in particolare ai giovani: è infatti aumentato del 18,7% il numero delle famiglie acquirenti, pari a 12,8 milioni (dati GFK-Eurisko), mentre l'indice di penetrazione sull'universo dei consumatori è cresciuto del doppio rispetto all'anno precedente: +10,1% contro il +5,4% del 2011, portandosi al 54,6%. Il forte incremento del numero dei consumatori ha come contropartita un tasso ancora insufficiente di fidelizzazione degli stessi, comprovato da una flessione quantitativa dell'acquisto medio che, però, non ha impedito di chiudere l'anno con un incremento dei consumi finali pari al +1,2% sul mercato nazionale. Rispetto ai dati di produzione dell'Asiago DOP, il 2012 vede un generalizzato aumento quantitativo, in termini percentuali, sia nel Fresco che nello Stagionato. Sono state infatti prodotte complessivamente 1.734.553 forme di Asiago Dop, con un incremento del
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3,38% rispetto all'anno precedente, mentre si assiste ad una diminuzione dei prezzi medi all'origine pari a -3,4% per l'Asiago Fresco e a 0,4% per l'Asiago Stagionato. «Se si considera il calo medio del 3% dei consumi alimentari in Italia, va evidenziato come ancora una volta l'Asiago DOP abbia sovraperformato il mercato di riferimento, e questo premia gli sforzi fatti per il miglioramento continuo della qualità» ha affermato all'assemblea il presidente Roberto Gasparini. «Ma è soprattutto sui mercati esteri - ha aggiunto - he si giocherà la nostra partita futura: forti dell'incremento a doppia cifra dell'ultimo triennio, siamo consapevoli del fatto che solo un'adeguata diversificazione geografica degli sbocchi di mercato, insieme ad un maggiore equilibrio tra domanda e offerta, potranno continuare a garantire un'adeguata remunerazione ai nostri produttori e la stabilità sul fronte qualitativo, a tutto vantaggio dei consumatori. A questo proposito, risulta urgente dotarsi di un piano di crescita programmata, sfruttando la possibilità che di recente è stata introdotta dalla normativa comunitaria attraverso il cosiddetto Pacchetto Latte. Dalla capacità del nostro Consorzio di fare squadra e di fronteggiare eccessi e sbalzi produttivi che rischiano di danneggiare tutta la filiera, dipenderanno le prospettive future dell'Asiago DO». Nell'ambito dell'assemblea sono stati quindi presentati gli ottimi risultati ottenuti nel 2012 nell'export, dove, in un quadro sostanzialmente positivo per le esportazioni
dei formaggi DOP, l'Asiago ha registrato il più alto tasso di crescita: +15,1%, contro una media di +7% per i formaggi italiani, portando il dato dell'ultimo triennio a un + 39,7%. Un obiettivo che ha fatto segnare il massimo volume storico mai raggiunto dalle esportazioni, con circa 1.530 tonnellate vendute
oltre confine. Un'intensa azione di promozione diretta e costante, oltre alla partecipazione alle principali fiere mondiali dell'agroalimentare, ha segnato un incremento record delle vendite negli Stati Uniti, ritornati ad essere primo mercato estero per l'Asiago Dop, con 518 tonnellate vendute e un +57% sul 2011. Importanti risultati sono stati ottenuti anche in mercati culturalmente molto attenti e sensibili alla qualità del prodotto come la Svizzera (+5,9%) e la Francia (+27%); buone infine le performance delle vendite in Germania (+2,7%) ed in Australia (+4,8%). Euposia Maggio-Giugno 2013
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News PIEMONTESE, DOLCE, AMATO AL SUD CON BUONE PERFORMANCE ALL’ESTERO: É IL GORGONZOLA
el 2012, dopo anni di continua crescita, la produzione di formaggio Gorgonzola DOP subisce un lieve rallentamento chiudendo l'anno con 4.156.966 forme prodotte (0,89% rispetto al 2011). Tuttavia tale diminuzione è fortemente correlata alla sospensione dell'attività, negli ultimi due mesi dell'anno, di un caseificio di medie dimensioni. Ad ottobre 2012, infatti, la produzione faceva registrare ancora +0,33% (circa 11 mila forme in più rispetto all'anno precedente). Scorporando il dato tra le uniche due regioni italiane in cui viene prodotto il gorgonzola che può fregiarsi della prestigiosa DOP, il Piemonte copre il 66,8 % della produzione totale, mentre la Lombardia si è attestata al 33,2%, un punto percentuale in meno rispetto al 2011.
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La tipologia dolce rappresenta sempre il 91,5% della produzione e quella piccante il restante 8,5%. Il formaggio gorgonzola prodotto con latte proveniente da agricoltura biologica rimane ancora una realtà “marginale” passando da circa 36 mila forme, a circa 27 mila, poco più dello 0,67% della produzione totale. Pur rimanendo invariato il prezzo del prodotto sugli scaffali dei supermercati, crescono del 2,3% le famiglie con consumano gorgonzola DOP sul territorio nazionale, con conseguente aumento dei volumi (+3,6% rispetto al 2011) e un inaspettato incremento degli acquisti al Sud. I maggiori canali d'acquisto restano supermercati e ipermercati, ma crescono i discount (+2,6% sul volume 2011) dove il prezzo medio di vendita è inferiore di quasi 2 euro al kg rispetto ai supermercati e di oltre 3 euro rispetto ai negozi tradizionali. All'interno dei punti vendita il prodotto al banco taglio è il più venduto, ma cresce l'importanza del take away (+21,3%). Nel 2012 le esportazioni nel mondo di gorgonzola DOP crescono del 4% (15.200 tonnellate esportate). All'Europa è destinato l'80% del totale, per la maggior parte diretto in Francia e Germania, con buone performance anche del Regno Unito (+1,7%) e dei Paesi dell'est. Per quanto riguarda il resto del
mondo, più che positive le esportazioni verso gli Stati Uniti (+15,6%), dove nel 2012 si sono consumate 462 tonnellate di gorgonzola, e verso l'Asia in generale (+29%). Nel 2012 il Consorzio per la tutela del formaggio gorgonzola ha effettuato, con casualità ed imparzialità, ben 424 campionature di formaggio Gorgonzola DOP che quest'anno hanno coperto, in particolare, il 100% della distribuzione nelle regioni Lazio, Umbria ed Abruzzo e sono state più di 50 le segnalazioni di usurpazioni del marchio "Cg" (Consorzio Gorgonzola) o della denominazione "Gorgonzola". Anche all'estero aumentano i casi di prodotti commercializzati come provenienti dall'Italia e contrassegnati dal marchio DOP che in realtà d'italiano non hanno proprio nulla. Tali prodotti sono il frutto di attività che mirano a sfruttare il pregio che il formaggio Gorgonzola DOP offre. Affinché l'azione legale vada a buon fine è necessario però che il marchio consortile "cg" e l'indicazione geografica "Gorgonzola" siano stati preventivamente registrati in quei paesi. Nel solo anno 2012, il Consorzio ha depositato domanda di registrazione dell'indicazione geografica "Gorgonzola" in Costa Rica, El Salvador, Guatemala, Honduras, India, Nicaragua e Panama e del marchio collettivo CG in Svizzera e nel U.S.A. Il Consorzio ha, inoltre, depositato domanda di registrazione del termine "Gorgonzola" quale marchio di certificazione in Cina.
News PROSECCOCOCKTAIL.COM: IL SITO CHE TI INSEGNA A FARE I COCKTAIL CON IL PROSECCO
Arriva in Italia Taylor’s Scion Porto di oltre 150 anni el 2008, nelle cantine di una famiglia di viticoltori della Valle del Douro che stava terminando la propria attività, la Taylor's scoprì due botti molto vecchie, dal contenuto assolutamente straordinario: un Porto risalente alla metà del XIX secolo, cioè all'epoca precedente la fillossera, in condizioni organolettiche ancora perfette. Nel 2009 la Taylor's acquistò le due botti e decise di imbottigliarne il contenuto, e di venderlo ai collezionisti di tutto il mondo con il nome di Scion permettendo di degustare oggi un fantastico Porto di oltre 150 anni, ottenuto da vecchie vigne portoghesi che oggi non esistono più. Fondata nel 1692,
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artito dall'idea del suo fondatore Fabrizio Frezza, Proseccococktail.com si pone l'obiettivo di diffondere nel mondo la cultura del prosecco come bevanda per creare i migliori drink miscelati. Il grande interesse per questa risorsa del Nord Est, anche tra i navigatori di internet di tutto il mondo, ha fatto "accendere la lampadina" al suo creatore che ha deciso di dare vita a questo sito. L'iniziativa appena nata ha già riscontrato grande interesse soprattutto tra gli addetti ai lavori e tra le istituzioni scolastiche. Le prime 14 videoricette che il sito propone sono state infatti create dagli studenti dell'Istituto Alberghiero Massimo Alberini, coordinati dal docente Stefano Tronchin, in collaborazione con Allegra
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Italia Vini e Cantine Girardi che per prime hanno capito l'importanza di proporre i propri spumanti prosecco nel campo del bere miscelato. Con il suo proseguimento l'iniziativa mirerà anche a coinvolgere barman professionisti, operatori di settore e normali appassionati che insegneranno a creare i migliori cocktail con il prosecco. Il sito infine verrà tradotto in più lingue perchè è proprio nel resto del mondo che questa bevanda viene identificata come un ingrediente molto importante per la creazione di cocktail. Questo è stato notato anche dalle aziende partner che per prime hanno avvertito la necessità di informare il cliente per quanto riguarda l'uso specifico del prosecco nei cocktail.
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la Taylor's è un’azienda ancora oggi a conduzione familiare, proprietaria delle Quintas (tenute) più pregiate della regione portoghese dell'Alto Douro; produce le sue uve e i suoi vini di Porto con quella accuratezza e quella competenza che la rendono assolutamente unica al mondo. Apprezzati dai conoscitori di tutti i continenti, i suoi prodotti ottengono regolarmente i maggiori riconoscimenti alle aste, nelle competizioni internazionali e sulla stampa specializzata di ogni Paese. Dal 2013 un numero limitatissimo di bottiglie di Taylor's Scion è finalmente disponibile anche per l'Italia attraverso la Fratelli Rinaldi Importatori di Bologna.
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C APITAL B EER Dal 2004 Elio Miceli e Massimo Salvatori producono birre sempre più complesse ed affascinanti che fanno - davvero - del territorio uno dei loro punti di forza testo di Antonio Diaz
< In pochi anni ha saputo conquistarsi l’apprezzamento di moltissimi appassionati di craft-beer in tutto il mondo. Merito del serio lavoro impostato dai due fondatori - Elio Miceli e Massimo Salvatori - nel loro locale sul lungomare di Ostia, nel loro brew-pub. E quindi Birradamare, uno dei due brand che li contraddistingue, può essere letto - banalmente - in due modi: una birra da amare o birra da mare, da bere quindi in un contesto di assoluto relax e piacevolezza. E proprio la piacevolezza è una delle caratteristiche di queste birre, una gradevolezza che non è mai banale a conferma - appunto - del serio lavoro impostato. Ai due soci iniziali si è aggiunto successivamente il mastro birraio rumeno Ioan Bratuleanu che
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ha contribuito ad ampliare la gamma delle birre prodotte. Ah, l’altro brand è Birra Roma che, a sua volta, con-
ferma un legame sempre più stretto col territorio dove, ovviamente, per quest’ultimo non si intende la Capitale in senso stretto bensì la sua cornice agricola circostante. E la sua
storia: a poca distanza dal nuovo stabilimento che il ticket ostiense ha dovuto costruire nel 2010 a Fiumicino per rispondere alla crescente domanda si trovano i resti della Domus Cerevisiae, a Ostia Antica, il più antico brew pub conosciuto. E sempre per restare sul territorio ma soprattutto per garantire la totale rintracciabilità nella filiera produttiva - da quest’anno il malto d’orzo verrà ricavato dalle coltivazioni avviate nella campagna romana così come nella “La Zia Ale” si ritrovano rosmarino e carciofo, prodotti tipici del litorale e della cucina laziale o come il miele usato per la doppio malto natalizia. I due brand si differenziano nella complessità dell’offerta: Birramare
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conta sedici etichette, comprese le “insolite” e le “stagionali” mentre Birra Roma si concentra su una Lager e su una Marzen essendo destinata alla ristorazione ed ai mercati internazionali. Euposia ha potuto degustare una vasta selezione delle etichette di Birradamare fra bionde, ambrate, scure più “La Zia Ale” che esalta per la sua freschezza e vivacità.
lasciando un bellissimo ricordo al palato.
*** Queste le nostre note di degustazione.
BIRRA ROMA AMBRATA MARZEN Schiuma compatta e consistente, colere bronzo dorato nel bicchiere, profumi di malto. Palato pieno, morbido, con un lungo finale persistente dove ritornano importanti le note di tostatura.
*** WEISSE Questa birra di frumento, appena uscita sul mercato, si presenta con una bella consistenza di schiuma, dal classico colore biondo poco carico, con profumi immediati ed intensi ed un palato, leggero, ma assai gradevole. PILS Dovrebbe in qualche modo rappresentare un po’ l’entry-level del birrificio, ma stupisce per la pienezza dei profumi e del palato. Piacevolmente amarognola sul finale è di bella e lunga persistenza, molto invitante,
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ROSSA BOCK Birra a doppio malto, si presenta nel bicchiere con un bel colore ambrato, profumi caldi ed intensi. In bocca è cremosa con sentore di caramello, malto tostato, leggermente speziata. Anche questa fra della gradevolezza un suo punto di forza.
KUASKA AMERICAN PALE ALE Prodotta dalla collaborazione con Lorenzo Dabove, il più noto esperto italiano di birre. Luppoli americani e luppoli europei assieme. Nota alcolica importante che s’impone immediatamente al palato. Importante. CASTAGNA Classica autunnale. Colore biondo carico. Al mosto vengono aggiunte
castagne essiccate a fuoco di legna. Profumi e sapori di castegne sono presenti, ma non invadenti. Bell’equilibrio fra dolce ed amaro. Al palato è sontuosa, leggermente cremosa, di grande bevibilità e, ancora una volta, di assoluta piacevolezza. NERA SCHWARTZ Schiuma importante in contrasto col colore scuro, di inchiostro, della birra. Profumi caldi; saporti intensi di tostatura e di bruciato che virano sul caffè. SHOCK STRONG BELGIAN ALE Birra ambrata ad alta fermentazione. E’ quella dalla gradazione alcolica più importante - 9 gradi - ed è al palato morbida e cremosa. Potente di corpo, con lunga persistenza. Di struttura importante. LA ZIA ALE ALE Laziale di nome e di fatto dato che la filiera produttiva sta tutta nella regione. Beverina, di grande freschezza e vivacità al palato. Piacevole e ricca al tempo stesso con belle > note balsamiche sul lungo finale.>
News LA BIRRA GREEN FRIULANA SCEGLIE IL TRASPORTO SU ROTAIA PER COMBATTERE LA CO2 Pilsner Urquell, la scelta dei Jeunes Restaurateurs d'Europe ilsner Urquell, ha confermato l'interesse per l'enogastronomia di qualità e la cucina d'autore attraverso il rinnovo, sino a marzo 2014 dell'accordo di partnership con una delle associazioni più prestigiose del settore, non solo nel Bel Paese, i Jeunes Restaurateurs d'Europe - il network di giovani chef e proprietari di ristoranti alfieri della ristorazione d'eccellenza e dell'alta gastronomia. «Negli ultimi anni sono stati conseguiti grandi risultati - afferma Luca Beretta, di Pilsner Urquell Italia grazie ad un lavoro attento e meticoloso che sta portando i consumatori italiani a
P ccordo fra Birra Castello di San Giorgio di Nogaro (Udine) e il Ministero dell'Ambiente per abbattere le emissioni di Co2 e promuovere progetti finalizzati all'analisi e alla riduzione dell'impronta di carbonio nel settore della produzione e della distribuzione della birra. Nata nel 1997 rilevando il complesso produttivo dal gruppo Moretti, oggi Birra Castello vanta una produzione di oltre 1 milione di ettolitri e un fatturato di 91 mln di euro. Primo step dell’accordo, l’apertura di un nuovo collegamento ferroviario per spedire mensilmente un convoglio dall'interporto di Cervignano fino alla stazione Bicocca di Catania in Sicilia e a quella di Bari Lamasinata in Puglia, regioni dove i “pionieri della birra green” posizionano, complessivamente, circa il 16% della produzione. Il trasporto su treno ha consentito un risparmio in termini ambientali rispetto al trasporto su camion, con una riduzione delle emis-
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sioni di anidride carbonica e di consumo di energia primaria. Per ogni convoglio ferroviario che corrisponde a circa 25 autotreni (2mila circa l’anno) - si ottiene così un risparmio di 21,8 tonnellate di CO2. Inoltre sarà definita una metodologia di calcolo della carbon footprint, cioè l'impronta di carbonio, relativa alla produzione e alla distribuzione di un prodotto simbolo della qualità di Birra Castello, e cioè la bottiglia Castello da 33 cl. Si effettuerà l'analisi e la contabilizzazione delle emissioni di CO2 equivalenti prodotte nel corso del ciclo di vita di questo prodotto, con l'obiettivo di ridurle e successivamente neutralizzarle attraverso i meccanismi del protocollo di Kyoto. L'azienda, inoltre, definirà un sistema di carbon management delle emissioni specifiche per il settore della produzione di birra, mentre il Ministero fornirà a Birra Castello la propria collaborazione istituzionale.
riconoscere in questa birra ceca uno status superiore, con una grande storia alle spalle fatta di dedizione, cura, successi e prestigio. La distribuzione da noi è ancora molto selettiva e gli operatori che trattano Pilsner Urquell sono innamorati del marchio, sono i più forti supporter ed i più autentici ambasciatori del brand. I Jeunes Restaurateurs d'Europe in Italia incarnano perfettamente la figura dell'Ambassador e rappresentano al meglio quello che è per noi il concetto di qualità, di eleganza e modernità pur mantenendo un solido legame con la tradizione. Ci siamo piaciuti e ci siamo scelti ancora una volta per portare avanti insieme questi valori». «È una collaborazione nata sotto il segno dell'innovazione - ha affermato Andrea Sarri, presidente dei Jeunes Restaurateurs d'Europe, nella foto qui a fianco - e Pilsner rappresenta un partner ideale per dare continuità al nostro percorso gastronomico che unisce la forza della tradizione a una costante attenzione alle novità e al mondo che cambia».
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OLTRE GUINNESS
Inventata a Londra oggi è più di casa a Dublino ed ha permesso il rilancio di molti microbirrifici. Che oggi fanno squadra in tanti pub di successo testo di Antonio Diaz
< Non soltanto Guinness. Se c'è qualcosa che ci immediatamente ricordare l'Irlanda - oltre ai quadrifogli, al rugby ed ai folletti dai capelli rossi - è la birra scura, diventata , grazie alla celebre marca di Dublino, famosa e difusa in tutto il mondo. Ma, appunto, non tutto può essere Guiness e quindi, più correttamente bisogna parlare di "stout". Banale la domanda: perché è così scura? La risposta è molto più semplice di quanto sembri: la sua ricetta originaria prevede una maggiore tostatura del malto ed è l'orzo tostato a dare quelle note di caffè tanto tipiche ed immediate al primo sorso di una pinta di stout. Un'altra delle sue peculiarità è la sua
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consistenza cremosa. Questa birra scura contiene l'80% di azoto e il 20% di anidride carbonica, a differenza degli altri tipi di birra, che hanno preminente soltanto il secondo componente. Il risultato è un bevanda poco gassata e con una schiuma e un corpo denso. Sebbene la produzione della birra sull'Isola di Smeraldo sia iniziata ben 5mila anni fa, soltanto alla fine del Settecento si iniziò la produzione delle stout. E non fu nemmeno l'Irlanda il luogo dove apparve per la prima volta: il primato - benché la cosa non sia molto gradita dalle parti di Dublino… - appartiene a Londra, allora davvero capitale del mondo dove questa birra era destinata al consumo di scaricatori di
porto e facchini. Ed è da questo tipo di birra, che costava molto poco ed era di qualità inferiore a quelle bevute al giorno d'oggi, che derivò la Stout, così chiamata perché inizialmente le porter particolarmente forti erano dette "Extra Porter" o "Double Porter" o "Stout Porter", nome che in seguito fu abbreviato semplicemente con stout. Ad esempio la Guinness Extra Stout fu chiamata così solo nel 1840, mentre prima era conosciuta come Extra Superior Porter. La Porter fu prodotta per la prima volta in Irlanda nel 1776, come reazione all'aumentare delle importazioni di birra da Londra; fu introdotta da Arthur Guinness, che tuttavia continuò a produrre ale fino al
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1799. In Irlanda e specialmente a Dublino, è conosciuta come “Plain Porter” o semplicemente “Plain”. L'ultima Porter irlandese fu prodotta dalla Guinness nel 1974, ed è tuttora prodotta dal microbirrificio Porterhouse Brewery di Dublino, proprio con il nome di “Plain Porter”. In molti sottolineano come Guinness sia più un fenomeno di marketing che di prodotto. E forse hanno ragione. Ma la verità è che tutti i birrifici irlandesi sanno che il riconoscimento internazionale delle loro birre si deve essenzialmente ad Arthur Guinness, che ha iniziato a svilupparsi nel 1759 con un contratto d'affitto “unico”: 45 sterline all'anno per ben 9mila anni di durata. L'uomo - evidentemente - era davvero sicuro di sé. E le cifre attuali gli danno ragione: ogni giorno vengono bevuti 10 milioni di bicchieri di Guinness in 55 paesi del mondo. In ogni caso, per chi ama le stout “pure”, ci sono molti microbirrifici artigianali in Irlanda . O'Haras, che si trova a Carlow, una
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contea a sud di Dublino, è uno di loro. I l suo proprietario, James O'Hara, sottolinea come il suo processo produttivo preveda una più attenta preparazione rispetto a quella che avviene negli stabilimenti industriali. E questa è la ragione, assicura, dei sapori unici e speciali delle sue birre scure - “Irish Stout” e “Leann Follain” - e dei diversi premi internazionali che entrambe hanno portato a casa. La Porterhouse inizio l'attività nel 1996, con la stessa intenzione: produrre birre con personalità. Oggi impiega 12 persone nella produzione e promozione del loro varie etichette, e dispone di sei diversi pub dove venderle, assieme ad altre birre da tutto il mondo: tre a Dublino, uno a Bray, a Londra e New York. Le etichette più vendute? La Plain Porter e l'Oyster Stout, la cui dolcezza deriva direttamente dalle ostriche sgusciate nel tank di fermentazione. L'idea di The Porterhouse di lanciare i propri bar si è rivelata un successo, visto che degli 86 litri di birra
pro capite bevuti in Irlanda soltanto il 33% è consumato in casa. Il pub è in fondo il posto preferito dagli isolani (e dai molti turisti e studenti provenienti da tutto il mondo) per gustare una stout! Si tratta di otto pub di Dublino specializzati in birra, dove si possono gustare un'infinità di marchi irlandesi e internazionali: La diffusione dei microbirrifici negli ultimi venti anni ha contribuito alla rinascita di questo stile birrario, che è sempre più apprezzato e disponibile in molte varietà, in ogni parte del mondo. Ad esempio, le esportazioni di Porter dalla Gran Bretagna ai paesi baltici ispirò i mastri birrai di quelle regioni. Così oggi tutti i Paesi che si affacciano sul mar Baltico (Finlandia, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia e Russia) continuano a produrre Porter, anzi una “Baltic porter” dal contenuto alcolico più importante delle cugine inglesi ed irlandesi. Ed analogamente lo stesso accade nelle province marittime del Canada. >
GLI
OTTO PUB DI
DUBLINO
DEDICATI AI MICROBIRRIFICI
THE PORTERHOUSE TEMPLE BAR 16-18 Parliament Street Tel. 00353 16798847
BLACKSHEEP 61 Capel Street Tel. 00353 18730013
THE PORTERHOUSE CENTRAL 45-47 Nassau Street Tel. 00353 16774180
THE BREWDOCK 1 Amiens street Tel. 00353 18881842
AGAINST THE GRAIN 11 Wexford Street Tel. 00353 14705100
MULLIGANS GROCERS 18 Stoneybatter Tel. 00353 16709889
BULL AND CASTLE 5-7 Lord Edward St. Tel. 00353 14751122
MERCHANTS ARCH Aston Quay Temple Bar Tel. 00353 16074010
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News 50.mo anniversario per Dennis Malcom alla Glen Grant ennis Malcolm, Mastro Distillatore ed esperto del settore, festeggia il suo 50° anniversario con il brand icona dei single malt, Glen Grant. Questo traguardo riflette la passione di Dennis, l'impegno di una vita e il suo eccezionale contributo all'industria del whisky scozzese. Nato sui terreni della distilleria nel 1946, Dennis ha iniziato la sua carriera come bottaio apprendista all'età di 15 anni. Dopo aver sviluppato nel corso degli anni una passione per i Single Malt diventando Distillery Manager e Ambasciatore di una serie di famosi distillati. Nel 2006 Dennis, dopo aver raccolto un enorme patrimonio di esperienza e competenza, torna a occuparsi di Glen Grant, proprio nel momento in cui il Gruppo Campari ne diventa proprietario, per realizzare il suo sogno di diventarne il Mastro Distillatore. Dennis - che è anche giudice di pace e convener della sua Chiesa locale a Rothes, nello Speyside - ha sviluppato la linea di prodotti con cinque, delicate, fruttate e morbide espressioni: 5 year old, 10 year old; 16 year old; 1992 Cellar Reserve e il 170th Anniversary Limited Edition. Inoltre, ha anche supervisionato lo sviluppo di un unico single malt invecchiato 15 anni disponibile in edizione limitata solo per i visitatori della distilleria. «La sua continua passione e la sua leadership sono parte integrante del brand ed assicurano che Glen Grant rimanga fedele alla sua tradizione» sottolinea Andrea Conzonato, Chief Marketing Officer di Campari.
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Spirit of Scotland-Rome Whisky Festival fa il pieno di appassionati nella Città eterna Grande successo per "Spirit of Scotland - Rome Whisky Festival" che si è svolto agli inizi di marzo a Roma, nella suggestiva cornice dell'Aranciera di San Sisto. Lo confermano i dati della rassegna: 2450 visitatori, con un incremento del 48% rispetto al 2012; 8300 degustazioni offerte; - 1000 le etichette in degustazione; - oltre 60 i giornalisti accreditati; 4 whisky trail per neofiti; - 3 laboratori sigaro/whisky; - 7 masterclass;
oltre 100 le aziende rappresentate tra importatori, distributori e selezionatori. Grandi i nomi degli esperti presenti: Silvano Samaroli, Nadi Fiori e Giorgio D'Ambrosio cui si sono affiancati sette tra giornalisti ed esperti del settore che hanno fatto da giurati al premio "Whisky & Lode" che ha assegnato il titolo "Doctor Whisky" a The Glenlivet 25YO, distribuito in Italia da Pernod Ricard.
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- Tutte le Anteprime Toscane - Bisol, il Metodo classico - Malbec, il tasting - Schola Sarmenti - Freixenet, JuvĂŠ i Camps, Gramona: tre stili di Cava - Parigi, viaggio fra i microbirrifici
Impaginazione: ConTesto editore scarl grafici@euposia.it Si ringrazia per il materiale fotografico Cristina Fattori, Premiata Salumeria Italiana, Copenhagen: Thomas Ibsen, Ditte Isager, Peter Brinch, Rasmus Flidt Petersen, Morten Jerichau e Christian Alsing - Sicilia: Anna Pakula, A. Ruini, Scafidi - Archivio Palazzo Roccabruna, Archivio Villa - Giulio Bendfeldt Copertina: Archivio Castelli del Grevepesa Concessionaria per la pubblicitĂ : Contesto Editore Scarl Per i siti www.euposia.it e www.italianwinejournal.com info@vinoclic.it Stampa: Tieffe Sansepolcro (Ar) Distribuzione per le edicole Sodip Spa, via Bettola, 18 20092 Cinisello Balsamo Prezzo della rivista: 5 euro Arretrati: 8 euro + spese di spedizione Per informazioni: tel. 045.591342 Editore: Contesto Editore Scarl Via Frattini, 3 - 37121 Verona Iscr. Roc n. 12207 del 02/XI/2004 Registrazione Tribunale di Verona n. 1597 del 14/05/2004
- Puglia: Birranova e B94, i nuovi mastri birrai
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