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CHI AMA IL VINO E PER CHI VUOLE CONOSCERLO

Anno XII - n. 76 Euro 5 - Luglio-Agosto 2013

L A R IVISTA DEL V INO E DEL B UON B ERE

www.euposia.it www.italianwinejournal.com

Soave

Alle radici del mito Bordeaux 2012

La grande degustazione Val Camonica

Nautilus e Silter per la rinascita

Raventòs i Blanc, debutta il “de la Finca 2009” - Campania wines & Taurasi: le etichette top da comprare - Santa Margherita Invito al viaggio: le Dolomiti friulane - I nuovi microbirrifici di Parigi - Birranova dalla Puglia - Schola Sarmenti - Cà del Bosco BIMESTRALE - "Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1 NE/VR"



Editoriale

DOPO IL TOCAI, IL PROSECCO NUOVA CAPORETTO IN VISTA? iciamoci la verità: a noi, tutta questa apertura all’Est non è che porti poi così bene. Attila arrivava da lì; Caporetto e il Don, per venire a tempi più recenti, “xè de lori”... insomma, senza farne derivare chissà quali teorie, il confronto col mondo slavo è sempre un’incognita per le patrie vciende. E se veniamo al vino, come possiamo non dimenticare la batosta che ci ha inflitto l’Ungheria - con tutto il rispetto, l’Ungheria mica l’Unione Sovietica o la Cina... - col Tocai. A parte l’assonanza del nome, nulla rendeva simile i due vini, differenti in tutto e per tutto. Per non scordare del riferimento geografico del Tocai friulano col Rio Tocai che, sì, esiste davvero! Niente da fare: ha vinto l’Ungheria e ai contribuenti italiani è toccato l’amaro compito di finanziare una milionaria campagna mediatica per spiegare al mondo che il vecchio Tocai del Nordest è morto, ma in cambio (potenza delle autonomie!) abbiamo il “Friulano” in Friuli VG e il “Tai” in Veneto. A distanza di pochi anni, ci risiamo. Entrata nell'Unione europea da poche setimane, la Croazia si è già fatta avanti con la prima richiesta "scaVisti da Bruxelles, brosa": farsi riconoscere la denominazione "Prosek" che contraddistingue il Carso triestino e la alcuni vini dolci prodotti lungo la costa della Dalmazia. Ora, i Croati giuDalmazia stamente cercano di valorizzare quello che hanno: non è colpa loro, ad probabilmente esempio, se Marco Polo, il venezianissmo esploratore, fosse dalmata di sembrano la stessa nascita e quindi suddito della Serenissima. Dalmata ieri e quindi oggi cosa. Così, forse, anche croato. Fa sorridere, ma loro vanno a sbandierarlo in giro a Pechino per Prosecco e Prosek vendere i loro prodotti... nonostante tutte Prosek - ovviamente - suona identico all'italianissimo Prosecco che nasce le differenze eistenti. da uve Glera e vanta un areale di produzione che va dal Carso triestino sino alla provincia di Vicenza: un colosso nel mondo dell'enologia interMa, ancora una volta, nazionale. Per il Prosek croato, invece, si parla di qualche decina di miglia siamo impreparati di bottiglie prodotte. a difendere il “made in Italy” agroalimentare Il punto vero è che lo sapevamo già da un bel pezzo. Da prima che la Croazia entrasse nell’Unione europea, e forse potevamo, come Italia, mettere anche questo nel conto da presentare (assieme alla chiusura del contenzioso bellico e tante altre cose importanti) a Zagabria per dare il nostro assenso ( e basta che vi sia un solo “no” per negare l’ingresso ad un Paese nella Ue...). Adesso Bruxelles, davanti al nascente contenzioso, rimanda tutto alla trattativa bilaterale. Della serie: «Arrangiatevi da soli». Certo, visti da Bruxelles Carso triestino e Dalmazia, in fondo, forse sono un po’ la stessa cosa, ma sempre per fessi dobbiamo passare?

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s o m m a r i o

PRIMO PIANO 14

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Raventòs i Blanc Debutta La Finca 2007 Bordeaux Il millesimo 2012

38 Soave Nuove vie per analizzare un vino di successo

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DEGUSTAZIONI 32

Nautilus L’autoctono del lago

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Taurasi e Campania wines Blasone e orgoglio

TERRITORI E FOCUS 66 Dolomiti friulane Alla ricerca dell’autenticità 86

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BIRRA 72

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Silter Vallecamonica Arriva la Dop, e che Dop!

Parigi Tornano le brasserie...

80 Birradamare La forza mdel territorio pugliese I NOSTRI RIFERIMENTI Tel. - Fax 045 591342 - redazione@euposia.it Per inviare cartelle stampa o materiale informativo: Nicoletta Fattori: fattori@euposia.it Per inviare bottiglie da inserire nelle degustazioni cieche: Redazione Euposia - Via Prati 18 37124 Verona (Vr)



News IL PREMIO ARTUSI 2013 ALL'ITALOAMERICANA MARY ANN ESPOSITO

a cucina italiana negli States da oltre vent'anni ha un'illustre ambasciatrice che porta le nostre ricette nelle case di milioni di americani. E’ Mary Ann Esposito, creatrice e conduttrice della serie TV su PBS, “Ciao Italia con Mary Ann Esposito”: a lei la città di Forlimpopoli consegnerà il Premio Artusi 2013, prestigioso riconoscimento assegnato a coloro che si distinguono per l'originale contributo dato alla riflessione sui rapporti fra l'uomo e il cibo. Il Premio Artusi 2013 le sarà conferito, si legge nella motivazione, “per la straordinaria opera di diffusione della cucina italiana negli Stati Uniti d'America. Sia attraverso la produzione televisiva sia attraverso le numerose pubblicazioni, in un lavo-

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ro volto al recupero della migliore tradizione territoriale e alla valorizzazione della cucina domestica, cuore della mission di Casa Artusi”. Il Premio sarà consegnato nel prossimo mese di settembre. Autenticità, storia e tradizione: sono le tre parole che rappresentano Mary Ann e la firma del suo stile culinario che hanno fatto di lei una dei cuochi televisivi più amati in America. Quest'anno la serie televisiva, fruibile praticamente in tutti gli stati degli Usa, raggiunge il suo apice con la ventunesima stagione, diventando la più lunga serie televisiva incentrata sulla cucina nella storia della televisione. Quando era una ragazzina a Depew, New York, Mary Ann osservava le sue nonne italiane mentre prepara-

vano bellissimi piatti della grande tradizione regionale. Entrambe le nonne, una siciliana e l'altra napoletana, erano nate in Italia ed erano cuoche professioniste. Ma è stato un viaggio in Italia a determinare la scelta di condurre un programma televisivo per soddisfare il suo amore per la cucina. Così è nato "Ciao Italia". Attraverso questa importante serie televisiva, ma anche attraverso partecipazioni in altri programmi in TV è riuscita a condividere quelle lezioni di cucina apprese da piccola, insieme a spettatori di tutto il mondo. Nel 2009 l'OSIA (Ordine dei Figli Italiani in America) ha premiato Mary Ann con il premio “Lifetime Achievement in the Culinary & Cultural Arts of Italy”. Per promuovere la ricchezza storica e i costumi degli italoamericani, Mary Ann prende parte sia all'OSIA che alla NIAF (Fondazione Nazionale Italo-Americana) di cui è portavoce. La partecipazione attiva di Mary Ann sia in OSIA che nella NIAF, è stato motivo di ispirazione per la fondazione della Mary Ann Esposito Foundation. L'obiettivo della Fondazione è quello di dare continuità alla tradizione della cucina italiana negli USA, dando un'adeguata istruzione alle future generazioni, anche con utilizzo, ove possibile, di prodotti italiani. Mary Ann è anche l'autrice di dodici libri sulla cucina italiana e pubblica spesso sul blog dei giornali online Huffington Post e il Boston Herald.



News CENTO ANNI FA INIZIAVA LA GRANDE GUERRA: LA RICORDANO 600 MAGNUM DI RABOSO DEL PIAVE eicento magnum a edizione limitata per celebrare il centenario del Primo Conflitto Mondiale: così la storica cantina di Bonotto Delle Tezze dedica quattro barrique di Raboso del Piave DOC 2012 alla memoria della Grande Guerra. Lo scorso 24 maggio, anniversario dell'entrata in guerra dell'Italia, è avvenuta la loro colmatura e a maturazione completata (novembre 2015) verranno realizzate le magnum destinate agli ambasciatori dei Paesi coinvolti nella Grande Guerra e agli appassionati. Il centenario della Grande Guerra è l'occasione in cui da Bonotto delle Tezze si uniscono la memoria dell'uomo, la storia del vitigno e la passione per il territorio, tre filoni per un'iniziativa che crea un legame tra tutti gli Stati della 1^ Guerra Mondiale. «La nostra zona - afferma il titolare della Tenuta Antonio Bonotto - è stata scenario principe di un conflitto che ha assunto però dimensioni globali, per questo abbiamo voluto coinvolgere tutte le nazioni colpite con la consegna del Raboso 15-18 agli ambasciatori. Attraverso questo progetto vogliamo suggellare la stretta fratellanza fra queste Nazioni che sono ora amiche e consumatrici del nostro Raboso del Piave DOC, uno sprone per il futuro. Con questa iniziativa vorremmo dare valore a ciò che è accaduto a pochi metri da noi, dove molte vite sono state sacrificate, trasmettendo anche la storia di un prodotto antico come il Raboso». La bottiglia di magnum a edizione

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limitata verrà quindi messa in commercio nel 2015 con il Raboso del Piave DOC 2012. Aromi e profumi della memoria per un'etichetta ad hoc, che rimarca la storicità della zona, dell'azienda e per non dimenticare. Almeno seicento anni di storia legano la famiglia Bonotto e il piccolo borgo di Tezze, situato lungo la sponda sinistra del fiume Piave a valle di Conegliano. Queste terre nei primi secoli dopo l'anno mille godono del fondamentale contributo che gli ordini monastici medievali portano alla moderna vitivinicoltura europea. Furono essi infatti i più importanti coltivatori e diffusori della vite. Oggi possiamo ripercorrere questi itinerari, lungo la strada del vino

rosso, e notare che sovente essi fungono ancora da centri aziendali di rinomate aziende agricole. E la famiglia Bonotto? I “distrettuali” Bonotto dalle Tezze sono impegnati fin dal 1400 nella coltivazione dei terreni, nell'allevamento del bestiame e nel commercio delle granaglie. La famiglia Bonotto continua la propria attività di agricoltori nella sede di Borgo di Mezzo che ancora oggi ospita le residenze e le cantine di vinificazione e affinamento dell'azienda.



News A LTO A DIGE , F UTURO

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VAL D ’I SARCO Collis: cinque anni per salire ai vertici nazionali del vino uinto anniversario di Collis Veneto Wine Group, il consorzio costituito il 26 giugno 2008 da Cantina di Colognola ai Colli (VR) e Cantine dei Colli Berici (VI), grazie all'apporto del Banco Popolare come socio sovventore e del Gruppo CEVICO di Lugo di Romagna in partecipazione. A partecipare sono convenuti più di mille soci, in rappresentanza dei 3000 associati che costituiscono la base del consorzio. Il Gruppo costituisce un unicum nella storia delle aggregazioni in ambito vitivinicolo non solo per numeri - 6700 ettari di vigneto, capacità produttiva di 1 milione di ettolitri di vino, fatturato di 76,4 milioni di euro nel 2012, che supera i 100 milioni di euro con il bilancio aggregato alla controllata Riondo -, ma soprattutto per modello. Grazie alla partecipazione di spa come Casa vinicola Sartori (VR), e di Cielo e Terra (VI), le sinergie produttive e commerciali tra coop e privati realizzano infatti una "filiera verticale”. Con un portafoglio prodotti esteso dal Garda ai Colli Euganei, il 70% bianchi e il 30% rossi, di cui il 65% a Igt e il 35% Doc, Collis annovera nel parco varietale tutti i vitigni presenti in Veneto e le principali denominazioni in area Valpolicella, Soave, Colli Berici, Arcole, Merlara. La sua capacità produttiva interessa il 15% di quella totale veneta e il 2% di quella nazionale

Q n futuro i vigneti dell'Alto Adige potrebbero inerpicarsi ad altitudini ben più elevate di quelle attuali e vitigni fino ad oggi di casa in zone temperate forse dovranno trovar dimora in alte e più fresche vallate. La Valle Isarco, estremo nord della viticoltura italiana, potrebbe poi raddoppiare le sue aree vitate. In sintesi: nel futuro della viticoltura qualcosa dovrà senz'altro cambiare per affrontare stagioni impazzite, dominate ora da anticicloni che tolgono il respiro oppure da piogge continue nei momenti più delicati dello sviluppo vegetativo o ancora da pesanti sbalzi termici. Con la conseguenza, come minimo, di produzioni decimate come avvenuto nel 2012. Il clima cambia ed il viticoltore deve rapportarsi ad un ciclo vegetativo della vite, a tempi di maturazione delle uve, a periodi di vendemmia che non sono più quelli di un tempo. Di questo tema si è dibattuto nei giorni scorsi presso la Sezione di Enologia del Centro di Sperimentazione di Laimburg nel corso della tavola rotonda “Alto Adige, viti-enologia in evoluzione”. Duplice è il fronte su cui intervenire: salvaguardare gli impianti oggi in produzione e ripensare a quelli del futuro. Michael Goess-Enzenberg di Manincor, forte anche della sue scelte biodinamiche, ha sottolineato come sia sempre più necessario lavorare con estremo rigore in vigna al fine di avere piante sane e resistenti che possano affrontare con più facilità momenti di stress climatico. Dal canto suo Franz Haas ha raccontato come nella sua gioventù si dovesse attendere novembre per raccogliere il Pinot Nero, mentre oggi già a settembre è tempo di vendemmia per questo vitigno. E per questo i nuovi impianti della sua azienda sono stati fatti ad altimetrie più elevate. Poter salire in quota come pure poter contare su molte microzone climatiche diversissime tra di loro: questo è senz'altro un plus dell'Alto Adige del vino. «La sfida sta nella scelta del vitigno più adatto alla singola zona - ha osservato Gianni Fabrizio -ma bisognerebbe anche pensare a superselezioni dalle zone più adatte ed offrire vini con un alto potenziale d'invecchiamento». La superficie coltivata a vigneto in Alto Adige interessa poco più di 5.300 ettari, per il 58% destinati a varietà a bacca bianca, in primis Pinot Grigio, Gewürztraminer, Pinot Bianco e Chardonnay, mentre tra i rossi spiccano la Schiava seguito dal Lagrein e dal Pinot Nero. La produzione annua di vino in Alto Adige è di 330mila ettolitri di vino, di cui il 70% dalle cooperative, un altro 25% dall'associazione delle tenute vinicole e il 5% dai vignaioli indipendenti.

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News D EBUTTA G ORGONA ,

a fatto il suo debutto ufficiale in “società” il progetto “Frescobaldi per Gorgona” alla presenza del Ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri. L'iniziativa sociale - nata ad agosto 2012 - mira a dare ai detenuti la possibilità di imparare il mestiere del viticoltore e di fare un'esperienza professionale concreta sul campo sotto la supervisione degli agronomi e degli enologi dell'azienda. Frescobaldi ha infatti preso un ettaro di vigna presente sull'isola dal 1999 e, nei prossimi mesi, ne reimpianterà un altro: la base per permettere ai detenuti di apprendere le nozioni dell'enologia e potersi reinserire nella realtà lavorativa con più facilità. Il risultato è “Gorgona”, un vino

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bianco a base di vermentino e ansonica realizzato in collaborazione con i detenuti dell'isola penitenziario: da giugno 2013 le 2700 bottiglie sono presenti sulle tavole dei ristoranti e nelle migliori enoteche italiane. Un vino, ma soprattutto un progetto, che racchiude in sé tutta l'essenza del luogo in cui è nato: un'isola penitenziario, incontaminata e selvaggia, l'unica rimasta in Italia, un modello da imitare per il recupero e il reinserimento sociale dei detenuti. «Sono particolarmente fiero di questo progetto per il quale mi sono battuto in prima persona - spiega Lamberto Frescobaldi, vice presidente dell'omonima azienda toscana - ma la sua realizzazione è stata possibile grazie al prezioso supporto di Maria Grazia Giampiccolo e di tre partner speciali che ho personalmente coinvolto e che hanno messo a disposizione la propria professionalità, oltre agli strumenti di lavoro indispensabili per lavorare le vigne». L'Enoteca Pinchiorri di Firenze partecipa al progetto valorizzando il patrimonio enogastronomico dell'isola, con il piatto “risoni al limone verde con chiocciole di Gorgona” ispirato ai colori e ai sapori più caratteristici dell'isola, che a partire da quest'estate, sarà inserito nel menù del ristorante.

DEL

R ISCATTO

«Quando mi hanno spiegato il progetto per la Gorgona ho subito accettato con grande entusiasmo - racconta Giorgio Pinchiorri - non solamente in virtù del rapporto di amicizia che mi lega alla famiglia Frescobaldi, ma anche perché ritengo opportuna una maggiore attenzione da parte di tutti verso le condizioni delle carceri in Italia». L'Argotractors, uno delle principali aziende produttrici di veicoli agricoli, ha dato in comodato d'uso un trattore da frutteto, indispensabile per le attività da svolgere in vigna, mentre Simonetta Doni dello Studio Doni & Associati ha realizzato, a titolo gratuito, la veste grafica del vino, interpretando le caratteristiche che rendono unica l'isola, racchiudendole in una etichetta esclusiva. «La casa di reclusione di Gorgona rappresenta un esempio felice di sistema penitenziario, dove i detenuti imparano un mestiere, lavorano e vivono a contatto con la natura chiarisce Maria Grazia Giampiccolo, direttore della casa di reclusione - le richieste per essere trasferiti qui, infatti, arrivano da tutta Italia con una selezione estremamente attenta. La capienza massima del carcere è di 136 reclusi, ma nell'isola ci sono al momento circa una 50 di detenuti: per molti di loro immaginare un futuro è ancora possibile, perché sanno di avere uno strumento in più per reinserirsi nella comunità. Proprio per questo è assolutamente indispensabile che abbiano dei contatti con realtà imprenditoriali esterne, imparando di nuovo a rispettare tempi ed esigenze lavorative, e per lo stesso motivo ho fortemente voluto attivare questa collaborazione con Marchesi de Frescobaldi».



News R ADDOPPIA A RMAGNAC J ENNEAU l Grand Armagnac Janneau ha deciso di investire nel proprio futuro raddoppiando la sua capacità di distillazione. Se il mercato italiano è ancora in una situazione interlocutoria, altri Paesi in tutto il mondo stanno infatti aumentando la loro richiesta di Armagnac. La Janneau è una delle poche grandi Aziende di Armagnac che distillano, invecchiano e imbottigliano l'intera produzione presso il loro stabilimento. Localizzata nella città di Condom, nel cuore della regione francese dell'Armagnac, la Janneau dispone di una distilleria dei primi Anni Settanta e di una magnifica cantina di invecchiamento, risalente alla metà del XIX secolo. Nel 1972 la Janneau reintrodusse il sistema della doppia distillazione: questo sistema era il più antico della regione, ed era stato soppiantato nel 1909, quando il Presidente Fallières rese obbligatorio per l'Armagnac l'uso dell'alambicco continuo. Solo con il 1972 fu ripresa la distillazione discontinua, a opera proprio della Janneau. Oggi l'Azienda utilizza per le proprie acquaviti entrambi i metodi produttivi. La Janneau produce, imbottiglia e commercializza un'ampia gamma di Armagnac, a partire dai classici VSOP e XO Royal fino ai "Double Distillation", ai preziosi millesimati e alle edizioni più rare e particolari. Gli Armagnac della Janneau sono distribuiti in esclusiva per l'Italia dalla Fratelli Rinaldi Importatori di Bologna.

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A New York è sbarcata la Risotteria Melotti: all’East Village di Mahattan il top del Veneto

l riso veronese Vialone Nano arriva a New York. Vero esempio di eccellenza Made in Italy, il riso Melotti di Isola della Scala potrà d’ora in avanti essere gustato anche nell'East Village di Manhattan nella nuova "Risotteria Melotti". Un locale recentemente inaugurato di 90 metri quadri, con circa 35 posti a sedere che propone la cucina a base di riso di Verona con ampia scelta di Risotti veronesi e veneti. La Risotteria presenta un arredamento, curato dall'isolano Davide Mantovani, che ricorda molto quella di Isola della Scala, con particolari d'arredo e ogget-

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tistica del mondo agricolo legato al settore del riso. Tutta la regia dell'iniziativa è della famiglia Melotti. La riseria è tra i produttori aderenti a Campagna Amica, che garantisce il prodotto dalle aziende agricole di produzione fino alla tavola del consumatore con un solo passaggio. Nel locale è stato riservato un piccolo corner adibito ad un inside shop, che propone i risi e le specialità della famiglia Melotti. Si prevede inoltre un imminente sviluppo di un corner per la valorizzazione dei prodotti veneti ed, in particolar modo, dei vini veronesi e veneti.



PRIMO PIANO

R AVENTÓS i B LANC LA FINCA 2009

< Il debutto è avenuto a metà giugno: Raventòs i Blanc, storica maison catalana, in produzione sin dal 1497, ha presentato il suo nuovo Metodo classico che non porta più la denominazione “Cava” bensì quella di

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“Conca del Riu Anoia”. Lo spumante è il “De la Finca vendemmia 2009” e rappresenta un vino importante, di riferimento, non soltanto per RiB, ma per tutta la prossima generazione di metodo classici spagnoli.

Il perchè è presto detto: col millesimo 2009, infatti, entra a regime quel cambiamento epocale che i Raventòs hanno avviato nei loro vigneti e nella conduzione della cantina. Un cambiamento - che definiscono


Da una delle più prestigiose, e storiche, cantine di Spagna arriva il nuovo millesimo di un Metodo classico destinato a diventare un must... testo di Giulio Bendfeldt

“biosinergy” - che oltre a dare un’impronta fortemente biologica alla maison, vuole rivoluzionare totalmente le relazioni al suo interno. Quelle fra viticoltori e territorio, fra uve e processo di vinficazione

e nell’organizzazione del lavoro. Raventòs i Blanc ha una lunga tradizione negli “espumosos”: nel 1872 dedicarono le prime vigne catalane alla produzione di uve per basi spumante e per oltre un seco-

lo la cantina ha guidato lo sviluppo internazionale del Cava. Sono quattro i suoi vini spumante: il “Manuel Raventòs” che viene presentato al mercato dopo sette anni dui lieviti; Euposia Luglio-Agosto 2013

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DEGUSTAZIONI

R AVENTÓS i B LANC

LA STORIA

Così nasce il “de La Finca 2009” terreni di Raventòs i Blanc, nel bacino del fiume Anoia, sono calcarei e risalgono al periodo più antico della depressione del Penedès circa 16 milioni di anni fa - quando la valle era completamente sommersa dal Mar Mediterraneo. Il fiume Anoia si è ritagliato il suo corso, scavando il suolo e facendo emergere, unica zona questa dell’intero Penedès, terreni pieni di fossili marini tropicali. Il primo strato del terreno comprende comprende radici fino a un metro di profondità che vivono nella creta insieme con nutrienti, materia organica e acqua. Il secondo strato del terreno vede la presenza di argille compatte conosciute localmente come “galera”. La roccia sottostante è calcarea, incrostata di un gran numero di fossili marini. Le uve vengono selezionate in nove appezzamenti situati sulle pendici del colle Serral - a cinquanta chilometri da Barcellona, in due località: Mirador del Serral e Viñas de la Barbera - , con una esposizione a nord o nord-est, tra il bosco e il lago, dove si registrano le temperature più fresche durante il periodo di maturazione. Il Mirador del Serral si affaccia a nord. Questo terreno favorisce i cicli di crescita prolungati, raggiungendo un ottimo equilibrio per i vini ... (prosegue a pagina 17)

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il “de La Finca” prodotto soltanto nelle annate migliori e che è saltato come millesimo 2008 per venir ripresentato soltanto adesso, con la novità della “sottrazione” di ogni influenza “internazionale”: dal blend infatti, col 2009 ora in commercio, sono spariti Chardonnay e Pinot noir che pesavano per un buon 15%. Altro spumante di punta, il “de la Nit”, il rosè di RiB che vede l’aggiunta di una picola aliquota di Monastrell (Mourvedre) nel blend tradizionale del territorio per apportare colore e sostenza. A questo si aggiungono infine “l’Hereu” e la “Riserva personale Manuel Raventòs” e la riserva “La Finca Elisabet Raventòs”dove assieme al Monastrell si aggiunge una aliquota significativa di

Chardonnay. E’ l’erede della dinastia, Pepe Raventòs, a spiegare i motivi del salto di annata e le carateristiche del millesimo 2009: «Dopo l'annata 2007 abbiamo considerato che la vendemmia 2008 non era abbastanza buona per rilasciare il nuovo Finca sul mercato; cercavamo infatti un risultato eccezionale che riflettesse tutto il nostro duro lavoro in vigna. La vendemmia 2009 è il risultato di questo lavoro, e il risultato è un vino con maggiore personalità rispetto al passato. Un metodo classico in grado di rivaleggiare con i vini più quotati al mondo». Per quale ragioni? «Intanto, la selezione delle uve. Provengono dagli appezzamenti storici da cui, nel 1872, Manel Ravents Fatjó realizzò il primo spumante in Spagna con il metodo tradizionale: nove parcelle a nord e nord-est verso i pendii della


foresta di El Serral, dove oggi troviamo vigneti impiantati tra il 1970 e il 1987, tutti coltivati biologicamente. E ancora, la nuova filosofia di vinificazione che nel 2009 abbiamo iniziato a chiamare “biosinergy” e che si basa su uno studio dell’interazione tra il sole, il microclima, le vigne, gli animali e l'uomo. Ci prendiamo cura delle nostre terre e dei nostri animali con la medicina omeopatica o con preparati organici riutizzando i rifiuti, vegetali ed animali, prodotti nelle nostre tenute». «Le caratteristiche della vendemmia 2009 - aggiunge Pepe Raventòs - che ha registrato un ciclo di 10 giorni più lungo rispetto al ciclo normale, hanno permesso di raggiungere la maturazione perfetta con un’ottima acidità naturale.

Infine, c’è un ultimo elemento naturale: la forte presenza di fossili marini che caratterizzano la struttura e la composizione del terreno in queste parcelle delle nostre tenute. L'alto numero di fossili di carbonato incrostati nelle rocce marine calcaree, sono la fonte principale della salinità caratteristica e della mineralità dei vini di RiB. Siamo davvero orgogliosi di questa nuova annata e ci aspettiamo che sia un grande passo avanti per Raventós i Blanc». >

... spumanti di lunga maturazione. Le Viñas de la Barbera sono rivolte verso est. Qui vengono coltivate viti a spalliera Il blend de “la Finca 2009” vede Xarel-lo al 45%; Macabeu al 30; Parellada al 25%. Il ciclo 2009 è iniziato con un autunno, l’inverno e l’inizio delle primavera piovosi che hanno garantito ottime riserve d'acqua. Il prosieguo asciutto della primavera ha incoraggiato una lenta, sana crescita delle piante. Nel mese di luglio vi sono state importanti precipitazioni che hanno aiutato le piante rallentando il processo di maturazione. Un caldo agosto è stato perfetto per una vendemmia ottimale. Le uve entrano in cantina per gravità. In ogni fase, l'atmosfera è controllata da ghiaccio secco. Lenta pressatura soffice. Sedimentazione statica a bassa temperatura. Prima fermentazione in vasche di acciaio inox a temperatura controllata. Assemblaggio e seconda fermentazione in bottiglia con un periodo di invecchiamento minimo di tre anni.

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News JACQUART EXTRA BRUT: LO CHAMPAGNE PER L'ESTATE Presentata l'anteprima di Cellarius JRE 2006, il Franciacorta su misura l Congresso dell'Associazione Jeunes Restaurateurs d'Europe è stato palcoscenico ideale per la presentazione in anteprima di Cellarius JRE, il Franciacorta Guido Berlucchi creato “su misura” per l'Associazione con il contributo indispensabile degli chef. «Nel novembre 2012 abbiamo ospitato in Franciacorta l'assemblea JRE; in quell'occasione, una rappresentanza degli chef si è trattenuta a palazzo Lana Berlucchi, adiacente alle nostre cantine storiche» dice Arturo Ziliani, enologo e vicepresidente della Guido Berlucchi «Qui, supportati da me e dal mio assistente, Ferdinando Dell'Aquila, hanno assaggiato una selezione di Franciacorta Riserva, selezionando un Blanc de blancs annata 2006 di grande carattere, proveniente da un lotto di sole 5mila bottiglie». Si tratta di uno Chardonnay in purezza ottenuto da uve spremute delicatamente (la resa in mosto è minima, pari al 35 per cento), e fermentato parte in acciaio e parte in barrique, dove ha beneficiato della malolattica e dell'affinamento sur lie. Dopo la preparazione della cuvée e l'imbottigliamento nella primavera 2007, il Franciacorta è stato riposto in catasta nelle cantine interrate di Borgonato, dove ha riposato per quasi 6 anni sui lieviti prima del dégorgement. All'assaggio, si rivela un Franciacorta Riserva dai vivi riflessi dorati, dal bouquet variegato, con importanti rimandi di frutta gialla e piccola pasticceria, dal gusto elegante e potente insieme, maturo, fruttato, cremoso. «La sboccatura è recente, ma Cellarius JRE beneficierà di altri 4 mesi di affinamento: sarà infatti disponibile a partire da settembre, e soltanto presso i ristoranti dei Jeunes Restaurateurs d'Europe» spiega Ziliani.

I rriva l'estate, e la Maison Jacquart suggerisce di brindare alla bella stagione con il suo Champagne più fresco e vivace: l'Extra Brut. La cuvée Extra Brut si distingue per un dosaggio minimo, che esalta tutta la purezza dei suoi aromi. Con meno di 4 g/l di zucchero, l'Extra Brut è un vino di grandi ambizioni, nel suo assemblaggio, nella sua vinificazione e nel suo affinamento. La selezione delle sue uve predilige lo Chardonnay (35% - 40%) al Pinot Noir (30% - 35%) e al Pinot Meunier (25% - 30%). I 5 anni di invecchiamento in cantina procurano un bell'equilibrio fra maturità e freschezza. Jacquart Extra Brut ha bollicine finissime e aeree, e colore dorato e cristallino. Il primo naso rivela la purezza dei profumi di fiori bianchi (acacia), di gesso e di frutta (gelatina di mela cotogna). Note dolci e una punta di torrefazione si svelano poco a poco. In bocca l'attacco è franco, e lo sviluppo gustativo ha la cremosità e la mineralità di un vino cesellato. Fiore all'occhiello del grande gruppo Alliance Champagne, la Maison Jacquart rappresenta la produzione di 2400 ettari di vigneti, ripartiti come un mosaico sulla Montagne de Reims, nella Vallée de la Marne, lungo la Côte des Blancs e la Côte des Bar, a formare uno dei più vasti territori di approvvigionamento di tutta la Champagne. Da questo variegato terroir produttivo i maestri di cantina Jacquart selezionano gli Chardonnay, i Pinot Noir e i Pinot Meunier che compongono tutte le raffinate cuvée della Maison, da destinare agli estimatori e agli appassionati di tutto il mondo. Lo stile Jacquart, caratterizzato dalla spiccata vivacità e dalla grande raffinatezza di tutti i suoi prodotti, privilegia la vinificazione e l'invecchiamento sulla feccia, con una durata che va con una durata che va ben oltre le esigenze della Appellation d'Origine Contrôlée. Gli Champagne Jacquart sono distribuiti in esclusiva per l'Italia dalla Fratelli Rinaldi Importatori di Bologna.

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News FABRIZIO BINDOCCI CONFERMATO ALLA PRESIDENZA DEL CONSORZIO DEL BRUNELLO DI MONTALCINO l Consiglio di amministrazione ha confermato Fabrizio Bindocci alla guida del Consorzio del Vino Brunello di Montalcino. Bindocci, resterà in carica fino al 2016.Eletti i vicepresidenti: Patrizio Cencioni, Bernardo Losappio e Francesco Ripaccioli. Fabrizio Bindocci, 58 anni, dal 1999 è direttore dell'azienda Il Poggione della famiglia Franceschi, una delle tenute storiche della terra del Brunello. Già vicepresidente durante il primo mandato di Filippo Fanti (1998 - 2000), nel Consorzio ha ricoperto la carica di Presidente da giugno 2012,

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sostituendo il Cav. Ezio Rivella. Il presidente appena confermato guiderà per tre anni una realtà che nel 2012 ha prodotto 9.200.000 bottiglie di Brunello e 4.500.000 di rosso di Montalcino, 40mila bottiglie di Moscadello e 360 mila bottiglie di Sant'Antimo (nel 2012 contro le 340 mila del 2011)con una quota di export che si assesta al 65%. Quello di Fabrizio Bindocci sarà un mandato all'insegna della continuità rispetto al suo precedente impegno: «Sarà un mandato che trova nell'unione indissolubile tra produttori, Consorzio e territorio, la linfa vitale. La dicotomia dimensionale, secondo cui gli interessi dei grandi produttori e di quelli più piccoli restano irrimediabilmente distanti, a Montalcino non vale. Anzi la complementarietà tra i grandi produttori, che rappresentano alcuni dei player più importanti del sistema vitivinicolo nazionale, e i piccoli vignaioli, custodi della tradizione e dell'alto artigianato enologico ha fatto grande il brunello. Grazie a ciò - prosegue Bindocci - il Consorzio potrà sempre più svolgere oltre al ruolo di “gestore della denominazione” quello di vera e propria “agenzia di sviluppo territoriale” e di catalizzatore di energie».

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Violante Gardini è la piu' giovane presidente regionale del MTV ontalcinese, 28 anni, studi di economia e wine marketing, Violante Gardini Cinellicolombini Jr- ha il turismo del vino nel Dna.

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Violante Gardini prende nelle sue mani la presidenza del Movimento Turismo del Vino della Toscana e punta, come primo obiettivo, a Calici di stelle. Insieme a Violante siedono nel Consiglio di amministrazione di MTV Federico Taddei, Alessandro Bindocci, Augusto Monaci, Baldino Terenzi, Emanuela Tamburini, Serena Contini Buonacossi, Alioscia Lombardini. Il Movimento Turismo del Vino è nato nel 1993 ed ha un migliaio di soci in tutta Italia presieduti da Daniela

Mastroberardino. La sua principale iniziativa è Cantine aperte, il giorno dell'enoturismo che si svolge ogni anno a maggio. In Toscana all'associazione aderiscono 60 cantine dove l'accoglienza dei visitatori è particolarmente curata. Questa regione ha sempre avuto il ruolo di leader nel settore a livello nazionale e spesso internazionale, infatti è prima nella classifica delle wine destination di Trip Advisor per il 2012. I primo progetto messo in campo dalla neo Presidente toscana di MTV Violante Gardini riguarda il potenziamento della comunicazione web che già adesso risulta il primo canale di propagazione dell'enoturismo italiano. Violante eredita dalla madre Donatella Cinelli Colombini ideatrice di Cantine aperte - la passione per l'enoturismo. A questo argomento ha dedicato le sue tesi di laurea in Economia Aziendale e nel Master OIV -Organizzazione Internazionale della vigna e del vino- oltre a un periodo di stage presso la segreteria nazionale del Movimento turismo del vino, sotto l'occhio vigile di Chiara Lungarotti. Violante è il Commercial manager delle cantine della madre, il Casato Prime Donne a Montalcino e la Fattoria del Colle nel Sud del Chianti.



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F ORZA

E T RADIZIONE

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Provata a Vinexpo la nuova annata dei Grand Crus che, nonostante un meteo inclemente per buona parte dell’anno, presentano molti vini di assoluto interesse. Sperando che i prezzi “tornino sulla Terra” dall’inviata, Nicoletta Fattori

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DEGUSTAZIONE L’ANNATA

Un meteo difficile ha premiato gli Chateaux più attenti e previdenti annata 2012 a Bordeaux è figlia di una situazione meteo divisa in tre parti ben distinte che ricorda il 2002 e il 2008. L’inizio della primavera è stato molto freddo ed ha piovuto molto sino a tutto luglio. Questo ha comportato fioriture irregolari, colature, e problemi da attacchi di muffe in molti vigneti che hanno costretto a molto lavoro in campagna. L’invaiatura è avvenuta di conseguenza in ritardo, nell’ ultima settimana di luglio, che, a sua volta, ha posticipato le date previste di vendemmia. Il tempo caldo e secco è proseguito sino a tutto il mese di settembre. Dalla fine del mese e per tutto il periodo della vendemmia (nelle prime due settimane di ottobre) Bordeaux è stata caratterizzata da frequesti piovaschi, alternati a giornate calde e notti fresche. Questo ha costretto ad una attenzione supplementare nella fase di vendemmia che ha visto premiati gli Chateaux che hanno operato a mano, aumentando il numero dei raccoglitori, facendoli lavorare nei momenti soleggiati, giocando a rimpiattino con gli acquazzoni, con le uve il più possibile asciutte. Chi ha potuto, ed era attrezzato, ha valutato poi la salubrità e l’integrità delle uve con selezionatori ottici. Questo ha permesso di ridurre di molto le imperfezioni in molti campioni 2012.

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< Vinexpo rappresenta una delle vetrine più utili per andare a verificare lo stato di salute di uno dei vini-icona del mondo, il Bordeaux, che dopo la corsa al rialzo delle quotazioni negli anni scorsi, il boom nella presenza di buyer asiatici e di investimenti esteri in diversi Chateaux della denominazione, oggi sembra dover confrontarsi con un ridimensionamento di non poco conto. Rispetto agli anni dell’euforia, la situazione economica globale non

è migliorata e, anzi, persino dalla Cina giungono segnali di rallentamento della crescita: non siamo alla crisi e, evidentemente, dopo aver pagato un salato prezzo d’accesso al mercato-top del vino molti acquirenti asiatici e cinesi hanno iniziato a valutare le cose con maggiore chiarezza. Così alla più internazionale fra le rassegne del vino, durante il tasting organizzato dall’Unione dei Grand Crus di Bordeaux, si parlava molto di un possibile taglio del 30% nelle quotazioni:


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una mossa che persino molti produttori si sentivano di appoggiare pur di veder ripartire il mercato con una rinnovata balzanda. Quanto meno, per recuperare le mancate vendite del millesimo 2011. La degustazione dell’annata 2012 ha comunque offerto la radizionale “dimostrazione di forza” della denominazione: banchi dei produttori assediati dai degustatori, moltissimi business-men (in misura maggiore dei giornalisti), ampia presenza di operatori asia-

tici che, nonostante le premesse inziali, quanto meno hanno confermato che l’interesse permane sebbene vadano discusse diversamente le contropartite economiche. *** Euposia ha partecipato alla degustazione ed ha girato nei padiglioni della rassegna girondina e queste sono le note dei vini che più ci hanno colpito considerando che si parla dell’annata 2012 e che quindi molto cambierà nell’affinamento di questi vini prima

della loro consegna al mercato. CHÂTEAU PALMER MARGAUX Charles Palmer, ufficiale inglese al seguito di Wellington e del principe di Galles, rilevò da una giovane vedova una proprietà vinicola nel Medoc. Acquisita quasi per gioco, Palmer si impegnò a fondo negli anni successivi per mettere frutto l’investimento, sfruttando commercialmente le sue vaste conoscenze londinesi. Palmer non resse a lungo, ma diede il suo Euposia Luglio-Agosto 2013

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DEGUSTAZIONE

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CALENDARI

Bordeaux e Verona fanno sistema e pianificano sino al ‘17 GCB e di Vinitaly hanno deciso congiuntamente di armonizzare i propri calendari evitando qualsiasi sovrapposizione di date tra la “Semaine des Primeurs” di Bordeaux e il Vinitaly di Verona, due manifestazioni di prim'ordine tradizionalmente svoltesi fino ad ora all'inizio di aprile. In quest'ottica, sono stati concordati i calendari per i prossimi quattro anni : Semaine des Primeurs a Bordeaux 2014 31 marzo - 5 aprile 2015 30 marzo - 3 aprile 2016 4 - 8 aprile 2017 3 - 7 aprile Vinitaly a Verona 2014 6 - 9 aprile 2015 22 - 25 marzo 2016 10 - 13 aprile 2017 26 - 29 marzo Giovanni Mantovani, Dg di Veronafiere, spiega: « In un'epoca di globalizzazione dei mercati, la Francia e l'Italia del vino hanno superato gli steccati con un' iniziativa esemplare, funzionale all'interesse dell'intero sistema, basata sul riconoscimento reciproco dell'importanza delle due manifestazioni. UGCB e Vinitaly hanno agito con realismo, professionalità e buon senso, in un'ottica di efficacia». Da parte sua, Olivier Bernard, Presidente dell'UGCB, sottolinea: «Per entrambe le nostre organizzazioni, la principale preoccupazione è quella di soddisfare le aspettative dei nostri clienti, siano essi europei, americani o asiatici. Era nostro dovere fornire soluzioni concrete ed ora i visitatori potranno assistere sia al Vinitaly di Verona che alla Semaine des Primeurs di Bordeaux"».

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nome alla tenuta oggi di proprietà di quattro famiglie storiche bordolesi che l’hanno rimessa in piedi dopo le distruzioni della Seconda guerra mondiale ed affidata, dal 2004, all’enologo Thomas Duroux, che ha seguito cantine anche in California e Toscana. Cinquantacinque ettari di vigneti circondano la cantina, al centro di un altopiano ghiaioso; diecimila piante per ettaro che debbono lavorare nel profondo del suolo per ottenere alimentazione a sufficienza. Il blend vede merlot al 48% con cabernet sauvignon al 46 e petit verdot a chiudere. Vinificazioni separate, dai 18 ai 21 mesi in barrique per l’affinamento. Note intense di frutti neri e grande freschezza. CHÂTEAU AUSONE SAINT-EMILION Nel cuore del villaggio che dà il nome alla denominazione, questo Chateau è stato fondato nel diciottesimo secolo e si trova nella parte più occidentale del paese. Si tratta di 17 ettari composizione di sabbia, argilla e calcare - coltivati a cabernet franc e merlot, con una densità di 6500 ceppi per ettaro. Anche in questo caso stiamo parlando di un grandissimo vino, dalle quotazioni oltremodo importanti, che già presenta tannini setosi e una bellissima impronta fruttata. CHÂTEAU LATOUR PAUILLAC LE PAUILLAC DE C.L. Un altro nome fondamentale

per Bordeaux: le prime menzioni della tenuta risalgono al 1300, facendo di questa proprietà una delle bandiere della denominazione. Una storia complessa e ricca ha determinato i successi dei suoi vini e dopo diversi decenni di proprietà britannica, alla fine degli Anni Novanta Latour è tornata francese grazie a Francois Pinault (in Italia è proprietario di Palazzo Grassi a Venezia). Questo è il terzo vino dello Chateau e deriva dalle vigne più giovani e dalle parcelle più esterne de “Les Forts de Latour”, alcuni cru classificati che sono ai margini della zona più stringente dedicata al “Grand Vin”: l’Enclos. In tutto sono 78 ettari in larga parte coltivati a cabernet sauvigon, 80%, cui si aggiungono merlot, cabernet franc e petit verdot. Sarà anche il “terzo vino” (la percentuale di merlot sale nel blend dal 25 al 30%), ma non lascia affatto insoddisfatti. CHÂTEAU RAUZAN-SÉGLA MARGAUX La storia dello Château inizia alla metà del Seicento e nel palmares della tenuta anche la visita e l’apprezzamento di Thomas Jefferson, padre della Costituzione americana e terzo presidente degli Stati Uniti, grande appassionato di vini e sfortunato imprenditore vitivinicolo in quel di Monticello (Virginia). Completamente rinnovata alla fine degli Anni Novanta, la tenuta è composta da 52 ettari; suolo profondo di ghiaia fine con diversi strati di


argilla a differenti livelli. Cabernet sauvigon predominante, seguito da merlot, cabernet franc e petit verdot. Età media dei vigneti, una trentina d’anni. Venti mesi in botti di legno francese di Troncais. Profondo, scuro, imponente al naso. Di grande complessità.

e cabernet sauvignon. Da mettere in agenda prima, in cantina poi. CHÂTEAU LA TOUR FIGEAC SAINT-EMILION Confermato nel 2013 lo standing assegnato due anni fa da Euposia, per questo Chateau

CHÂTEAU CANON LA GAFFELIÈRE SAINT EMILION Storicamente è una delle più antiche cantine sul cocuzzolo del villaggio, è stata rimodernata una quindicina d’anni fa e questo ha permesso di riportare in auge la cantina. Euposia l’aveva già testata due anni fa, nel corso dell’anteprima di Vinexpo. A distanza di tempo, però, non viene scalfita la classe di questo Bordeaux che è imponente all’olfatto, molto pulito ed elegante. CHÂTEAU BEAU-SÉJOUR BÉCOT SAINT EMILION Altra riconferma. Una cantina dalla lunga storia che risale sino al De Bello Gallico di Giulio Cesare per arrivare sino alla sua attuale composizione su 16 ettari vitati, frutto della fusione di due precedenti proprietà. Dal 1996 è nuovamente un Premier cru classé, dopo un passaggio in “seconda divisione”, un declassamento durato una decina d’anni che è servito però a far chiarezza all’interno della proprietà che si trova a Saint-Martin de Monzerat, a ovest dall’abitato di Saint-Emilion. Blend con merlot al 70% seguito da cabernet franc

biodinamico di poco più di 14 ettari di estensione sulle “graves” ai confini con Pomerol. Merlot e cabernet franc nell’assemblaggio, un anno e mezzo in barrique in larga parte di primo passaggio. Grandi potenzialità, con note balsamiche molto marcate. CHÂTEAU FIGEAC SAINT EMILION Come Beau-Séjour, anche la storia di C. Figeac si fonda sul confronto fra Romani e Galli ai tempi di Giulio Cesare. Figeac deriva infatti da tal Figeacus che da queste parti si fece costruire una villa. Un posticino niente male, a nord dell’abitato, verso Pomerol a poca distanza da Euposia Luglio-Agosto 2013

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Cheval Blanc. Questo, Figeacus non poteva certo immaginarlo, così come il vino che sarebbe nato dalla sua proprietà, circa venti secoli dopo, sarebbe stato unico nella sua zona: infatti il suolo che caratterizza i suoi vigneti rende più facile lo sviluppo armonico del cabernet franc e del cabernet sauvignon che troviamo come uvaggio principe del blend a svantaggio del merlot. Note fruttate piene, quasi grasse, su una spalla acide importante. CHÂTEAU LÉOVILLE-POYFERRÉ SAINT-JULIEN Sulla base di una realtà avviata ancora alla metà dei Seicento; è stato denominato Deuixieme Cru sin dal 1855: questa tenuta faceva parte della più grande proprietà di Bordeaux sino alla Rivoluzione francese quando venne divisa in Lèoville Las Cases e Lèoville Burton seguendo tutte le vicende storiche successive al 14 luglio 1789. Nel 1840 una ulteriore divisione di Lèoville Las Cases rgenerò questo Chateau che dal-

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l’inizio del Novecento è di proprietà della famiglia Cuvalier che possiede altri due Chateaux e una tenuta a Mendoza, in Argentina. Uno dei consulenti della famiglia è Michel Rolland. Il suolo su cui poggiano i vigneti è calcareo, con una buona presenza di resti fossili marini, ultimo ricordo del mare, prima, e delle pozze salmastre poi, che una cinquantina di milioni d’anni fa ricoprivano questa zona. Il blend vede cabernet sauvignon al 60% circa, seguito da merlot, petit verdot e cabernet franc. Profumi intensi, palato coerente e sapido. DOMAINE DE CHEVALIER GRAVES Domaine e non Chateau mantenendo quindi la dizione originale del Settecento, periodo dove già questo vino veniva segnalato fra i migliori del bordolese. La proprietà è di 45 ettari e tradizionalmente il blend vede cabernet sauvignon, merlot, petit verdot e cabernet franc. Abbastanza ricco, fortemente speziato, complessiva-

mente molto, molto, interessante. CHÂTEAU LABÉGORCE MARGAUX Un anno prima di morire in un incidente, Hubert Perroldo nel 2005 ha riunificato una proprietà che era stata divisa all’indomani della Rivoluzione francese. Ora produce una singola etichetta ed è affidato alla conduzione della figlia di Hubert, Natalie. Settanta gli ettari in produzione in larga parte destinati a cabernet sauvignon e merlot, lasciando a petit verdot e cabernet franc un ruolo davvero marginale. Età media delle vigne, trent’anni. Lavorazione tradizionale con affinamento in legno, nuovo al 40%, per un periodo massimo di quindici mesi. Bell’impronta olfattiva, ottimo palato. Di prospettiva, come chiedeva Anton Ego... CHÂTEAU BRANE-CANTENAC MARGAUX Per la descrizione completa della


cantina vi rimandiamo all’Euposia del luglio 2010. Henri Lurton guida questo Chateaux da 75 ettari dove trova spazio anche una piccola aliquota di carmenere. Si conferma come un Bordeaux di classe, che non punta a strafare, ma che già promette soddisfazione. Bell’olfatto, al palato tannini quasi setosi. Da tenere in considerazione, sicuramente. CHÂTEAU CADET-BON SAINT-EMILION La famiglia Bon è registrata a Saint Emilion sin dal Milletrecento ricoprendo lungo questo lunghissimo percorso più volte la carica di sindaco e magistrati del paese. La proprietà è di sette ettari, sei in un unico lotto, ed è situata alle porte del villagio in località “La Butte du cadet”. Il suolo è una tavola calcarea che poggia su diversi strati d’argilla con una ricca presenza di fossili. Il vigneto è diviso per due terzi in merlot e per la parte restante è coltivato il cabernet sauvignon. Nell’uvaggio del Grand cru classé che abbiamo provato il merlot è però all’85%. Macerazione lenta, da dodici a diciotto mesi di affinamento in barrique, un terzo di primo passaggio.Profumi intnsi, palato molto asciutto con note fruttate, tabacco e spezie. CHÂTEAU CAP DE MOURLIN SAINT-EMILION Quattordici ettari di tenuta su una proprietà mantenuta da circa quattro secoli. Lo Chateau si trova sul versante a nord del vil-

laggio; le vigne hanno circa quarant’anni di età e sono in larga parte di merlot, cui si affincano i due cabernet: sauvignon e franc. La lavorazione è molto tradizionale, con affinamento in barrique

lavoro di riammodernamento della proprietà fatta dall’ingegner Marcel, padre dell’aerospaziale d’Oltralpe. Prima del suo ingresso si chaimava Chateau Couperie ed era stato fondato nella seconda

nuove al 50% per un periodo di diciotto mesi. Conferma la buona impressione che già fece ad Euposia nel 2011 con impronta decisa all’olfatto, palato fresco. Molto gradevole. Anche qui c’è lo zampino di Michel Rolland.

metà dell’Ottocento. Ventiquattro gli ettari di proprietà, ovviamente predominanza del merlot; lavorazione tradizionale con al massimo diciotto mesi in barrique dove, però, la percentuale di legno di primo passaggio può arrivare sino al 90%. Prima di prendere troppe spezie, però, questo millesimo 2012 si presenta con un bell’impatto etereo, belle note fruttate al naso che trovano conferma al palato che è ricco e piacevole. >

CHÂTEAU DASSAULT SAINT-EMILION Dai Mirage ad un grande Bordeaux: ammesso nel 1969 fra i Grand cru classé dopo il gran

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News

MÜLLER THURGAU , INCROCIO MAGICO a produzione italiana di Müller Thurgau è appena il 7,3% di quella europea, mentre quella del Trentino è il 75,2% di quella totale italiana (902 Ha di vigneti su un totale di mille200). Trentino, insomma, indiscutibilmente leader nazionale della produzione di Müller Thurgau, attività che coinvolge oltre 1.300 conduttori agricoli, quasi tutti impegnati nel Trentino Müller Thurgau Doc. A questi, si aggiungono gli oltre 500 agricoltori che s’avvalgono della IGT, suddivisa tra la Vallagarina Müller Thurgau Igt e la Vigneti delle Dolomiti Müller Thurgau Igt. La produzione trentina di uve Müller Thurgau è complessivamente di quasi 92.000 quintali a certificazione Doc, mentre oltre 10.000 quintali sono con certificazione Igt. La produzione in ettolitri è di oltre 64.000 ettolitri per la Doc e di circa 7.200 ettolitri per la Igt. L’apporto del Müller Thurgau è tutt’altro che trascurabile: esso rappresenta l’11,72% del totale della produzione vinicola trentina, quasi un quinto dell’intera produzione di “bianchi”: su un totale di 25.238.873 bottiglie di vino bianco prodotte in Trentino nel 2011, quasi 4.700.00 sono di Müller Thurgau. Tra i vini tranquilli “bandiera” della produzione enologica trentina, il Müller Thurgau si pone al vertice per numero di bottiglie prodotte.

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TUTTI

I VINCITORI IN

VAL DI CEMBRA

Oro

BÜRGERSPITAL

Oro

AZ. AGRICOLA BELLAVEDER

Oro

FONDAZIONE MACH

Oro

VIVALLIS

Argento

VILLA CORNIOLE

Argento

CEMBRA CANTINA DI MONTAGNA

Argento

CAVIT

Argento

CANTINA SOCIALE MORI COLLI ZUGNA

Argento

KETTMEIR

Argento

COLLEGIUM WIRTEMBERG

Argento

WINZERVEREIN HAGNAU

Argento

GAIERHOF

Argento

CANTINE MONFORT

Argento

WEINGUT KLAUS GIEGERICH

Argento

CANTINA ROTALIANA DI MEZZOLOMBARDO

Argento

WINZERVEREIN HAGNAU

Sono i dati salienti emersi dalla XXVI Rassegna dedicata da Cembra al Mueller Thurgau. Al relativo Concorso hanno partecipato cinquanta etichette

italiane e 2012 Würzburger Müller Thurgau Qualitätswein trocken Trentino DOC Müller Thurgau San Lorenz 2012 Trentino DOC Müller Thurgau 2012 Trentino DOC Müller Thurgau Vigna Rio Romini 2012 Müller Thurgau Petramontis Trentino DOC 2012 Müller Thurgau Vigna delle Forche Trentino DOC 2012 Müller Thurgau Zeveri Trentino Superiore DOC 2012 Trentino DOP Müller Thurgau 2012 "Pendici del Baldo" Alto Adige Müller Thurgau DOC 2012 2012 RIVANER TROCKEN 2012 MÜLLER THURGAU Hagnauer Burgstall Sonnenufer Trentino Müller Thurgau DOC 2012 Casata Monfort Müller Thurgau 2012 2012 MÜLLER THURGAU Frank&Frei Trentino DOC Müller Thurgau 2012 2012 MÜLLER THURGAU Hagnauer Sonnenufer trocken

italiane e tedesche. Qui sopra, i vincitori. A ottobre, la Rassegna tornerà a Cembra con ricerche di mercato e nuovi eventi per i winelover.



NAUTILUS CRUSTORICO 2011

B OLLICINE D AL P ROFONDO

< L'annata duemilaundici del Nautilus CruStorico, metodo classico unico nel suo genere ad essere affinato nelle acque di un lago, di Alex Belingheri promette bene. E' quanto emerso lo scorso 15 giugno dall'assaggio delle Magnum e delle Jeroboam recuperate ad un anno dall'immissione in affinamento a 35 metri di profonditĂ , nelle acque antistanti il

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lungolago di Peschiera Maraglio a Montisola, nel magnifico Lago d'Iseo. Per dodici lunghi mesi il millesimo 2011 si e' affinato lentamente al buio, a temperatura costante attorno ai 5 gradi centigradi e 4 bar di pressione, dando cosĂŹ il tempo alle bollicine di svilupparsi lentamente ed ai lieviti selezionati, di origine naturale, di esprimere in questa fase un


Lago d’Iseo, giugno 2013: da 35 metri di profondità emerge il secondo millesimo del Metodo classico di Alex Belingheri. Non soltanto un ottimo vino, ma soprattutto una grande scommessa vinta di Carlo Rossi, fotografie Alessandra Pezzutti

ottimo lavoro. In bocca infatti il vino è sembrato già ben cremoso, di buon corpo e sapidità, che andrà senz'altro affinandosi per essere pronto ad entrare in commercio giusto per il mese di novembre. Ottimi i profumi, con una accentuata nota di tiglio e menta. Nuovo anche il packaging scelto, con la tipica botti-

glia scura per contrastare piu' efficacemente il processo di ossidazione. «Con questo esperimento voglio unire la valle Camonica al Sebino per dimostrare che i nostri territori devono collaborare per produrre qualcosa di buono e i fatti mi stanno dando ragione: il Nautilus Crustorico recuperato l'anno scorso è stato venduto

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DEGUSTAZIONE TERROIR

Affacciati sul lago, protetti dai monti: ecco il segreto dei vigneti camuni antichissima la tradizione vitivinicola a cui Alex Belinghieri fa riferimento e risale all'epoca romana. I suoi vigneti, tra i 400 metri di Berzo e gli 800 metri di altitudine dell’Annunciata, hanno come epicentro dell'anima Cividate Camuno. In posizione particolarmente felice dal punto di vista paesaggistico, protetta dalle montagne alle spalle e affacciata al fiume, con ottime possibilità di collegamenti naturali, Cividate ha avuto fin da prima di Cristo grande importanza. Il perché si coglie dalle stesse parole di Alex, che lasciano trasparire un amore infinito per il proprio territorio e l'orgogliosa appartenenza ad un antico popolo. «Civitas Camunnorum dei Romani, era punto di riferimento ed aggregazione di tutte le genti della Valle e modello avanzato della romanità, sulla via Valeriana . Microclima ideale per la coltura della vite, come sembra attestare il ritrovamento a Malegno di una statuina raffigurante il dio Bacco fanciullo, con tralci di vite sulle facce laterali, datato al II sec. d.C. L'alto livello dell'esemplare indica che fu dedicato dai componenti di una classe aristocratica fornita di notevoli risorse economiche e aperta ad influssi non banali; un ambiente culturale elevato, ben collegato al potere centrale» spiega il vignaiolo.

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in tutta Italia ed ha avuto una recensione anche in Nuova Zelanda» dice un soddisfatto Alex Belingheri. Dopo un anno e le prime 1550 bottiglie sperimentali, è stato emozionante aver assistito al recupero del millesimo 2011, che all'assaggio ancora sui lieviti mostra già una buonissima personalità, con sviluppo di bollicine finissime ed eleganti ed una bella struttura, confortata da una spalla acida che lascia ottime prospettive anche nell'invecchiamento. Dodici mesi fa erano state pose in affinamento sedici ceste composte da 7.000 bottiglie in vetro scuro da 0,75 (il doppio rispetto all'anno precedente, a testimoniare del successo della fase sperimentale), 100 magnum, 20 jeroboam. Nella giornata della “pesca” ne sono state estratte circa la metà, bottiglie che andranno poi ad essere affinate in cantina per essere pronte per il mercato intorno a novembre . Ma l'altro cinquanta per cento è stato lasciato ad affinare ulteriormente in acqua, per ulteriori dodici mesi perché, mi dice un raggiante Alex «Vogliamo esplorare

ulteriormente i limiti di questa tecnica e capire sino in fondo, in collaborazione anche con l'università, dove può arrivare per ottenere risultati sempre migliori». Con un occhio anche all'impegno sociale: «Quest'anno doneremo una jeroboam, due magnum e sei bottiglie a tre enti che si occupano della valorizzazione e salvaguardia dell'ambiente lacustre del lago d'Iseo» dice Alex che vorrebbe collaborare magari con l'Università anche per la selezione di lieviti dalle sue splendide ed antiche uve storiche autoctone. «Con i primi proventi abbiamo ristrutturato parte del CruStorico racconta Alex - vigneto da cui derivano le uve che compongono Nautilus». «Si tratta di uve a bacca rossa, di varietà o biotipi locali, come Ciass Negher, Baldamina, Gratù, così chiamate in gergo dialettale, da piante vecchie, in media di 50/70 anni e, addirittura, ulracecentenarie (si veda la foto a pagina 35) aggiunge Alex -. I lavori hanno riguardato il cambio dei pali in legno, con più sostenitivi metallici in corten, con nuovi fili, il tutto su misura per rispettare le peculia-


NAUTILUS CRUSTORICO 2011

rità caratteristiche dell'azienda e l'impianto a Sylvoz, per adattarsi al meglio a viti storiche. Parallelamente parte delle piante mancanti sono state rimpiazzate da barbatelle nuove derivate dallo stesso materiale presente nel vigneto storico. Questo per assicurare un futuro biosostenibile». Nel prossimo anno, l'obiettivo è quello di terminare, recuperando l'intera vigna, posta nella parte superiore di Cividate Camuno, in località Ruk, dove i Romani fondarono la Civitas Camunorum nel 16 A.C. Non è abusato utilizzare il termine eroico per l'attività di Alex, che contribuisce anche a mantenere vivo un territorio difficile, come quello dei vigneti posti ad Ossimo, ed "ereditati" dal monastero dell'Annunciata, per produrre passiti e vini bianchi da Incrocio Manzoni: il Bianco dell'Annunciata. Vigneti a quasi ottocento metri d'altezza, con ripidissime pendenze che ricordano, a tratti, il paesaggio selvaggio della galiziana Ribeira Sacra. « Ho iniziato come molti, da bambino presso parenti, facendo qualche vendemmia» racconta Alex classe 1978, mentre ci fa assaggiare un Magum di Nautilus annata 2010 al Miravalle in una cantina ricavata nella roccia, con

l'amico Valter, sommellier di antica razza. «Facendo il ristoratore per 8 anni, ho potuto approfondire le conoscenze sul mondo del vino. Agricola Vallecamonica apre nel 2004 iniziando a vinificare le uve locali, quindi da tavola, primo vino il Ciass Negher. Io prendo in mano l'attività nel 2007 concentrandomi sugli IGT, 2007 primo Ciass Negher, 2008 Bianco dell'Annunciata; 2009 Passito dell'Annunciata; 2011 Bianco delle Colture. Il Nautilus nasce ovviamente con il millesimo 2010». Alex non è solo in questo grande disegno di rilancio. Grandi "sponsor" sono Pietro Ziliani, sindaco di Montisola, che lo appoggia in tutte le necessità di rapporti con gli enti pubblici ed il demanio, ed il Ristorante Miravalle all’Annunciata di Piancogno - veri fulcri per la realizzazione di una "Strada del vino" che colleghi Darfo a Piancogno attraversando i vigneti sino all’Annunciata lungo l'antica via Valeriana - e Andrea Bezzi, presidente riconfermato del Consorzio per la tutela del formaggio Silter camuno-sebino, in dirittura d'arrivo per l'ottenimento della Dop. > Euposia Luglio-Agosto 2013

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News BRASILE, CRESCE L’EXPORT. MA HA ANCORA TANTA STRADA DA FARE e esportazioni di vini brasiliani di qualità sono cresciute nel 2012 del 23% in volume e del 6% in valore.

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Complessivamente, le cantine che hanno aderito al programma di sviluppo dell’export varato da Ibravin hanno registrato vendite all’estero per 3,25 milioni dollari Usa contro i 3.06 milioni nel 2011. Nello stesso periodo, il volume esportato è passato da 705.600 litri a 868.700 litri. In pratica, il 48% del totale generale delle esportazioni brasiliane che nel 2012 sono ammontate a 6.8 milioni di dollari, con un prezzo medio al litro di 1,1 dolalri Usa. La Russia si è rivelata il primo mercato per i carioca, comprando 2,78 milioni di litri di vino sfuso per 1.39 milioni di dollari. Questa operazione, effettuata l'anno scorso una tantum, ha rappresentato il 76,24% del volume totale delle esportazioni e il 30% del valore fatturato dei vini del programma “Wines of Brasil” che è stato avviato da Ibravin in collaborazione con il ministero del

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Commercio estero brasiliano e l’Agenzia di Promozione degli Investimenti (Apex / Brasile) per promuovere il vino brasiliano din più alta qualità all'estero. Le cantine aderenti sono salite ad una quarantina, contro le quindici iniziali, e i mercati raggiunti sono stati oltre trenta. «Abbiamo ampi spazi di crescita nel mercato internazionale analizza il direttore di Ibravin, Andreia Gentilini Milan -. E ancor più nei prossimi anni grazie ai maggiori eventi sportivi quali la Coppa del Mondo FIFA e le Olimpiadi. Quindi, credo che quest’anno registreremo risultati ancora migliori. Degli otto paesi considerati prioritari dal progetto, sette hanno mostrato una crescita del fatturato, e in sei di essi Cina/Hong Kong, Regno Unito, Polonia, Svezia, Canada e Germania - le esportazioni delle cantine aderenti al progetto hanno rappresentato al 100% delle loro vendite all’estero. Nell'analisi delle prestazioni per paese, il momento clou è della Cina, che fino al 2010 era una destinazione inesistente per noi. Nel 2012, la Cina ha avuto una crescita del 66% in valore rispetto al 2011, pari a 621mila dollari. In termini di volumi, la crescita è aumentato del 59% attestandosi a 73.200 litri. Il paese ha anche mostrato

uno dei più alti valori medi per litro esportato, 8,14 dollari contro i 6 della media registrata negli otto paesi di destinazione». Da questa azione, evidentemente, è nato l’interesse degli investitori di Pechino che hanno iniziato a girare per il Brasile a caccia di cantine da acquistare. Questi i dati di “Wines of Brasil”, ma come sono andate le esportazioni nel loro complesso? Stiamo parlando ancora di unproduttore che si affaccia timidamente sul mercato: le vendite 2012 sono ammontate coomplessivamente a 6.8 milioni di dollari. Primo mercato la Russia, che ha comprato vini per 2.1 milioni, seguita da Stati Uniti, 817mila dollari; Cina, 667mila; Olanda, 585mila; Colombia, 502mila; Paraguay, 449 mila; Regno Unito, 401mila dollari Usa. E l’Italia? Un’inezia, 7500 dollari. Siamo nel plotone di coda, pagando un prezzo medio di 8,4 dollari/litro. Interessante è vedere come si muove il mercato dei vini spumanti brasiliani, indicati come una delle carte da giocare nel prosimo futuro: complessivamente, le vendite 2012 ammontano a 819mila dollari, in larga parte negli Stati Uniti che da soli ne comprano per più di mezzo milione. Poi, il Regno Unito, 67mila dollari; Belgio, 40mila; Svezia, 31mila; Cina, 25mila. La quota italiana si ferma a 1900 dollari. Abbiamo però il primato del prezzo più alto pagato per un vino brasiliano al mondo: 21 dollari/litro, il triplo di quello che pagano i francesi...


C HALLENGE E UPOSIA RISERVATO

INTERNAZIONALE AI VINI SPUMANTE METODO CLASSICO SESTA EDIZIONE

COL PATROCINIO DEL GRAND JURY EUROPÉNNE 18-20 OTTOBRE 2013

Facebook.com/Winechallenge Euposia


SOAVE

DEGUSTAZIONE

CAMBIO DI REGISTRO Un nuovo sistema per valutare e per narrare i vini premiando ancora di più identità e territorio. L’ha proposto il Soave. E funziona di Giulio Bendfeldt

< Come bisogna giudicare i vini? La domanda non è retorica: sui criteri di valutano il mondo del vino - produttori, sommelier, divulgatori - tendono a spaccare il capello in quattro e sono sempre più numerose le contestazioni - non soltanto dei poveri Cristi di commissari ai diversi concorsi enologici, ma anche da parte di grandi divulgatori internazionali - ai classici sistemi adottati sino ad oggi che valutano i tratti distintivi di ogni singolo vino: dall’aspetto, ai profumi, ai sapori. Il punto è che ogni testa - sebbene all’interno di regole tutto sommato abbastanza chiare - decide per conto suo e diventa un’impresa quasi impossibile trovare un unico comune denominatore, talvolta, fra i giudizi delle singole eprsone che hanno assaggiato un identico vino. Schede troppo fredde, oppure troppo complesse, numeri, bicchieri, grappoli, stelle e stelline: insomma, un mezzo casino. Al quale si ovvia con l’omologazione dei risultati: per non sbagliare si viaggia tutti di conserva.

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Eppure, niente come una serie di giudizi comparabili ed omogenei (non nel voto, ma nella tecnica di costruzione del voto) è fondamentale per un produttore per capire cosa e come sta facendo; se la sua idea di vino incontra i favori del pubblico; se - ad esempio - piace agli esperti, ma non sfonda sui consumatori o viceversa; se la sua tecnica è vecchia e lontana dai nuovi gusti del mercato e così via. Analogamente, sommelier e divulgatori da un criterio di analisi omogeo ma diverso potrebbero trovare nuovi spunti di narrazione di un vino che non siano i profumi di viola mammola che si trovano soltanto in un ben determinato punto del palato...argomento - banalizzo, ma consentitemelo - che fa scappare più di un consumatore. E se uno non conosce la viola mammola o la mora del gelso (chi la trova più in città?), che fa? resta bandito ed eslcuso dal conoscere un buon vino? Da qui il nuovo modello di analisi e degustazione che il Consorzio di Soave ha studiato ed avviato per fornire


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una base comprensibile sia al produttore sia a divulgatori e consumatori. La differenza sta nell’analizzare tre nuove macroaree di analisi: origine, stile e valore in una scala che va da 1 (massimo della negatività) a 11 (massimo della positività). Vediamole insieme. ORIGINE. Misura l’aderenza di un vino al proprio territorio. Qui vanno riconosciute sia le influenze del suolo che del vitigno. STILE. Misura la capacità del produttore di interpretare al meglio, dal punto di vista tecnico, qualità e limiti della stagione. Indica il metodo produttivo e la sua efficacia nell’esaltare le caratteristiche del vino. VALORE Rappresenta la valutazione d’insieme di un dato vino, ed è la misura della sua qualità complessiva, con riferimento anche al prezzo che un consumatore è disposto a spendere per acquistarlo. Il nuovo metodo, presentato anche al Vinexpo di Bordeaux, è stato testato da un folto gruppo di

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addetti ai lavori che hanno analizzato 100 Soave Doc, Classico e Superiore per 5mila schede realizzate e ben 50mila giudizi espressi. *** IL GIUDIZIO SULLA VENDEMMIA 2012 La fotografia del Soave 2012 che l'analisi di questa mole di dati delinea è positiva. Pur caratterizzata da un andamento stagionale non sempre ottimale con periodi siccitosi, lunghi e caratterizzati da temperature estive sopra la media, la stagione vegetativa 2012 ci consegna un Soave sicuramente più pronto e rotondo ma che non rinuncia a freschezza e profumi. l giudizi generali dei commissari per il 74% si concentrano su valutazioni che oscillano tra gli 8 e i 10 undicesimi. La categoria dei consumatori si è espressa complessivamente con una media di 8.26 mentre i produttori hanno valutato i loro vini 8.28. Più alto il giudizio invece dei giornalisti che sfiora la media, molto elevata, di 8.60. La valutazione delle vecchie annate

vede premiata la stagione 2011 con una media di 8.62 contro gli 8.44 della stagione 2010. Per quanto riguarda il parametro dell'origine declinato sulla scheda in identità, vitigno e legame con il territorio, il giudizio è molto positivo arrivando a sfiorare l'8.50 grazie alla valutazione molto alta dei giornalisti (8,63) mentre più critici sono stati i produttori (8.42) e i consumatori (8,18). Lo stile, che è la valutazione sul lavoro fatto in cantina e che si esprime in pulizia, tecnica e metodo produttivo, arriva mediamente a 8,50, con una punta di 8.67 per i giornalisti mentre i produttori e consumatori si fermano a 8.32. Valori leggermente più bassi per le valutazioni legate alla piacevolezza del vino nei parametri che premiano equilibrio ed eleganza, con una media che arriva a 8.31. Ottimo giudizio dei giornalisti invece con una valutazione di 8.42. *** IL SISTEMA SOAVE Ora viene spontanea anche una seconda questione: perchè proprio


IL RESOCONTO

DI

EUPOSIA

l metodo di valutazione vinoterritorio presentato davanti ad una folta platea di giornalisti, “non intende sostituirsi a nessuno dei molti altri che già esistono. Offre però l'occasione di approcciarsi ricercando i legami che un vino intesse con il contesto in cui nasce” spiega il presidente del Consorzio, Arturo Stocchetti. Il vino è sangue della terra, è profumo del mondo. E l'esempio soavese suddividendo la scheda in origine, stile e valore, aumenta le possibilità di comprendere un vino anche per quanti non hanno avuto ancora la possibilità di visitare questo territorio magnifico, un vero diamante dalle numerose sfaccettature e sfumature che molto ha da offrire. La degustazione cieca riservata alla stampa di 78 vini rappresentativi di tutti i principali suoli del Soave, Doc, Doc Classico, Soave Superiore Docg Classico e con riferimento alle ultime tre annate valutati da tre commissioni: 2010, 2011 e 2012. Dietro la sintesi dei tre principali pilastri su cui è stata costruita la nuova scheda di valutazione, sta un approfondito e decennale lavoro in campagna, di ricerca dei tratti identificativi n un percorso di ricerca e valorizzazione del territorio che ha portato ad affrontare le tematiche più variegate, dallo studio dei suoli e del clima, alla zonazione, alla caratterizzazione dei cru, fino alla tutela del paesaggio. Del resto ricerca ed innovazione pur nella cornice di una impor-

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tante tradizione sono state la leva strategica che ha premiato il Soave, che con circa 1.700 ettari, è il "vigneto" più grande d'Italia e d'Europa. Nel primo pilastro della scheda è rappresentata la misurazione dell'identità territoriale del vino, il livello di riconoscibilità dei vitigni propri del terroir (lo riconosco, è un Soave) e la forza del rapporto del vigneto da cui proviene il vino che è in degustazione. Poi il secondo pilastro, lo Stile, misura dal punto di vista tecnico il risultato enologico, l'assenza di elementi che disturbano la corretta valutazione, la capacità di trasmettere gli elementi caratterizzanti l'identità del vino attraverso le pratiche enologiche, infine premia la corrispondenza attesa a livello di realizzazione e la capacità del produttore di trasferire nel vino il proprio stile. Il terzo pilastro, evidenzia il valore, misura la qualità complessiva di un vino, l'equilibrio che raggiungono le sue diverse componenti e la sua piacevolezza.

ottenuto da uve raccolte e vinificate sui rilievi collinari dei comuni di Soave e Monteforte d'Alpone, delimitata fin dal 1931. La sottozona Colli Scaligeri va da San Martino Buon Albergo a Roncà, interessando i rilievi della Val di Mezzane, Val d'Illasi, Val Tramigna e Val d'Alpone. In tutta ques'area si ottiene la massima espressione qualitativa della Garganega, tanto che la zona si identifica con il suo vitigno e viceversa, creando tra loro un legame unico e irripetibile. Il terreno di queste colline è tufaceo di origine vulcanica con importanti affioramenti calcarei. Per Euposia, lo stile probabilmente è il pilastro che offre il miglior contributo della nuova scheda tecnica. Il risultato ha visto migliore l'annata 2010 (media stile 27,75), poi il 2011 (media stile 26,5) ed infine il 2012 (media stile 25,8). Un risultato che conferma la capacità del Soave di dare il meglio di sé dopo un po' di tempo.

La degustazione La commissione di Euposia era la prima e si è occupata di 26 vini, 18 dell'annata 2012, quattro dell'annata 2011 quattro dell'annata 2010, 26 dei quali della tipologia Doc ed uno Classico. Il Soave Classico DOC è un vino bianco, comprende 13 comuni, tutti in provincia di Verona. L'uso della specificazione “classico” in aggiunta alla denominazione “Soave” è riservato al prodotto

Questa, per noi, la “top five” con il massimo punteggio di 99 punti totali in Origine, Stile e Valore: - CORTE ADAMI, Soave Doc 2012 - TENUTA CORTE GIACOBBE DAL CERO, Soave Doc 2012 - LATIUM, Soave Doc Le Calle 2011 - TENUTA SANT'ANTONIO, Soave Doc Monte Ceriani 2011 - CORTE ADAMI, Soave Doc Vigna Dalla Corte 2010 (Carlo Rossi) Euposia Luglio-Agosto 2013

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il Soave si è dovuto imbarcare nella missione, per nulla facile da impodstare e gestire, di studiare un nuovo metodo di valutazione? La risposta sta nei numeri che il “sistema Soave” ha raggiunto e che ne fanno uno dei protagonisti indiscussi dell’enologia italiana nel mondo. Superate le storie del passato - fatte di grandi successi e di repentini cambi d’umore dei consumatori - questo storico vino italiano ha trovato da più di una decade una nuova Weltanshaunung , un nuovo comun sentire basato su un ritorno deciso alle singole identità di un complesso mosaico, sull’affermazione della garganega come vitigno protagonista assoluto della denominazione, sulla studio e la ricerca dei singoli suoli e dei singoli vigneti. E i risultati testimoniano l’apprezzamento del mercato. La fotografia di partenza è datata 1968: un vigneto complessivo già allora di oltre 6000 ettari per una produzione a DOC vicina ai 450.000 ettolitri. Questo "fenomeno" si consolida negli anni seguenti fino a raggiungere oggi i 6900 ettari vitati iscritti alla DOC per una produzione nel 2012 di 512.000 ettolitri. Oggi, recentissime rilevazioni statistiche, insieme ai dati ufficiali della Regione Veneto, confermano questa come l'area a più forte intensità viticola in Italia. Il comune di Monteforte ha oltre il 95% della superficie agricola investita a vigneto specializzato. Seguono Soave, Colognola, Montecchia e Roncà con percentuali che superano l'80%. Crescono le aziende che conferi-

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scono le uve alle cantine sociali, si stabilizzano i vinificatori in proprio e calano sensibilmente i conferenti alle imprese di trasformazione. La Garganega si conferma la regina del Soave, sfiorando il 90% delle superfici investite a vigna, lo Chardonnay in percentuale non raggiunge il 3,5%. Rimangono stabili il Trebbiano di Soave e gli altri vitigni complementari. Gli ultimi 10 anni confermano la crescita media dell'età dei vigneti con quasi il 60% di vigne oltre i 30 anni. Nei nuovi impianti cresce la densità di ceppi per ettaro. La pergola si conferma leader nel sistema di allevamento anche se cala dall'89% al 78% del vigneto Soave. In crescita quindi il guyot, la pergoletta soavese e gli altri sistemi a parete; stabile la doppia cortina (Gdc). IL VALORE IN VIGNA La stagione 2012 si conferma una annata molto interessante anche dal punto di vista economico per i produttori del Soave. Il reddito medio ad ettaro si avvicina agli 8000 euro in quanto i prezzi delle uve si confermano in crescita per il terzo anno consecutivo. Merito sicuramente del mercato ma anche e soprattutto della politica lungimirante di gestione delle produzioni da parte del Consorzio. Anche in un contesto di crescita dei costi di gestione della vigna il Sistema conserva una buona redditività. A beneficiare di questa situazione, oltre alle tremila aziende agricole, anche un intero tessuto produtti-

vo e sociale, che gode da sempre di questa economia molto diffusa. Si tratta di fatto di un vero sistema integrato che vede coinvolti rivenditori, tecnici, consulenti, meccanici, assicuratori, periti, vivaisti, impiegati e operai specializzati. Accanto a questi è in costante crescita l'indotto dell'enoturismo. IL VALORE IN CANTINA Se consideriamo il sistema Soave come un'unica grande impresa, la fase di trasformazione dell'uva in vino si conferma un momento altrettanto positivo. Mentre le spese di vinificazione si stabilizzano, crescono, quasi a livelli storici da record, i prezzi del vino sfuso ad ettogrado. Qui la produzione lorda vendibile ad ettaro va dai 9000 euro del Soave DOC ai 12.000 del Soave Classico. IL VALORE IN BOTTIGLIA Cresce l'imbottigliato: il 50% delle bottiglie di Soave viene imbottigliato infatti nella zona di produzione, cresce il confezionamento all'estero, cala l'imbottigliato in provincia di Verona mentre resta stabile al 20% il Soave imbottigliato nel resto d'Italia. Il numero di bottiglie arriva a quasi 60 milioni, di cui 44 milioni a Soave DOC e circa 14 milioni di Soave Classico. Si registra una flessione per il Colli Scaligeri e per il Soave Superiore. Il Recioto di Soave Docg supera le 200.000 bottiglie pur in un contesto di mercato non certo favorevole ai vini dolci. Il valore complessivo delle bottiglie franco cantina sfiora i 150 milioni di euro. >



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O RGOGLIO E B LASONE E’ sempre stata - storicamente - una delle regioni più importanti per il vino italiano. E oggi si presenta con ancora maggiore convinzione presentando cantine e vignaioli, veri “primi della classe” di Alessandra Piubello

< La Campania era detta Felix soprattutto per la grande vocazione viticola e per i suoi vini, che ebbero rinomanza fin dall'antichità. I numerosi reperti rinvenuti a Pompei ed Ercolano documentano l'importanza che la vite e il vino assunsero nei costumi e nella cultura dell'epoca. La Campania è sempre stata terra ricca di vini ed uno dei primi e più importanti nuclei di insediamento, di coltivazione e di diffusione della vite e del vino. Non si può comprendere appieno il significato di tale affermazione se non si considera la conformazione fisica del territorio campano che, per le sue caratteristiche orografiche, pedologiche e climati-

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che, ha dato origine alle attuali condizioni originali della vitivinicoltura campana. La regione si può suddividere in diverse aree fisiche che hanno determinato differenti linee evolutive dell'agricoltura in generale e della viticoltura in particolare. Infatti, in Campania si possono riconoscere: - i grandi sistemi montani, pari al 30% del territorio regionale ed al 10% della superficie agricola, articolati soprattutto su aree terrazzate e ciglionate di alto valore conservativo e culturale; - i grandi sistemi della collina interna e della collina costiera che rappresentano il 40% del territorio campano ed il 50% delle aree agricole, caratterizzati da una

complessa articolazione che sfocia in un universo variegato di paesaggi, identità e civiltà locali; - il grande sistema dei rilievi vulcanici, pari a poco meno del 6% del territorio, rappresentato dai quattro centri vulcanici campani: Roccamonfina, Ischia, Flegrei e Somma-Vesuvio, che, a dispetto della modesta incidenza territoriale, hanno profondamente plasmato i paesaggi, i suoli e gli ecosistemi dell'intera regione, costituendo il fattore genetico ed evolutivo di maggior portata. L'orografia eterogenea ha prodotto così importanti conseguenze sulla viticoltura campana, che in parte danno ragione del suo carattere del tutto originale: l'estrema diversificazione di ambien-


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LE AZIENDE PRESENTI CAMPANIA STORIES PROVINCIA DI BENEVENTO Cantina del Taburno: Foglianise Fontanavecchia: Torrecuso La Guardiense: Guardia Sanframondi La Rivolta: Torrecuso Mustilli: Sant'Agata dei Goti Nifo Sarrapochiello: Ponte Torre a Oriente: Torrecuso Venditti: Castelvenere. PROVINCIA DI CASERTA Alois: Pontelatone Castello Ducale: Castel Campagnano Masseria Felicia: Sessa Aurunca Nanni Copè: Vitulazio Papa: Falciano del Massico Selvanova: Castel Campagnano Terre del Principe: Castel Campagnano Trabucco: Carinola Vestini: Campagnano Poderi Foglia: Caiazzo Villa Matilde: Cellole. PROVINCIA DI NAPOLI Astroni: Napoli Contrada Salandra: Pozzuoli Grotta del Sole: Quarto La Sibilla: Bacoli Sorrentino: Boscotrecase. PROVINCIA DI SALERNO De Conciliis: Prignano Cilento Marisa Cuomo: Furore San Francesco: Tramonti Le Vigne di Raito: Raito.

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ti fisici e climatici, su cui s'inserisce la storia dei vignaioli campani che, per secoli, hanno elaborato particolari forme e tecniche di coltivazione della vite (per esempio le viti maritate a tutore vivo o a palo secco, le impalcature alte e basse, la propaggine ed il magliolo); la sopravvivenza di varietà di viti che, inadatte in altri ambienti, hanno invece trovato in Campania un luogo di elezione che ne ha permesso la stabile coltivazione durante i secoli; la natura del suolo che ha impedito, in molte aree vitate, la diffusione della fillossera e la sostituzione delle varietà originali tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del '900. CAMPANIA STORIES A raccontarci un po' i rossi del vigneto Campania la manifestazione Campania Stories: i vini rossi, organizzata dai bravissimi Massimo Iannaccone e Diana Cataldo della Miriade & Partners. Difficilmente tessiamo le lodi dei promotori, ma qui è indiscutibilmente il minimo che si può fare. Questi ragazzi, senza nessun finanziamento pubblico, con la forza della loro passione e l'aiuto di alcuni sponsor privati che si sono autonomamente cercati, hanno riunito un gruppo di cantine (27 alla prima edizione, provenienti dalle province di Benevento, Caserta, Napoli e Salerno) pronto a confrontarsi e a partecipare attivamente alla

neonata manifestazione. Nell'impressiva sede di Aquapetra Resort a Telese Terme, sapiente recupero di un antico borgo in pietra fra i boschi, si sono potuti assaggiare una cinquantina di vini, fra i quali alcuni veramente sorprendenti. Ottima la formula che il coraggioso duo ha studiato (e che ha poi ripetuto nei giorni successivi anche per la provincia di Avellino, che con il Taurasi ha un capitolo a parte): assaggi che vanno oltre le classiche anteprime, troppo spesso anticipate e "immature", e che hanno previsto un percorso abbinato ad altre annate, per agevolarne la lettura in prospettiva e il confronto, facendo così emergere con più limpidezza il carattere identitario delle singole denominazioni e delle zone vocate. Alla sessione degustativa nella quale i vini sono stati serviti dai sommelier in una sala perfettamente idonea, si è affiancata la sezione Salotto Campania, dedicata alle aziende partecipanti. Il programma decisamente molto ricco ha compreso anche un esaustivo convegno introduttivo sui territori campani, visite in azienda (memorabili gli incontri con Venditti, Mustilli e Di Meo), cene alla presenza dei proprietari delle aziende coinvolte, con assaggi e spiegazioni dirette. Siamo rimasti colpiti dall'entusiasmo dei produttori, che si sono presentati uniti, pronti a coinvolgerci in un patri-


monio condiviso di esperienze, compresa la tripla verticale di pallagrello bianco, nero e casavecchia con le aziende Terre del Principe, Fattoria Selvanova e Nanni Copé. LA TOP TEN DI CAMPANIA

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MARISA CUOMO Le vigne a Furore vivono sdraiate sulle rocce a picco sul mare del Golfo d'Amalfi. Andrea Ferraioli e sua moglie Marisa Cuomo, con l'aiuto dei figli, caparbiamente tutelano un territorio estremo, sottratto alla roccia. Altitudini fra i 180 e i 600 metri sulle quali si inerpicano viti di un'età media intorno ai settant'anni che affondano le radici in terreni di roccia dolomitica calcarea. Fondata nel 1983, oltre ai tre ettari e mezzo di proprietà, può contare su altri quattordici e mezzo, grazie all'aiuto dei contadini del luogo raggruppatisi in cooperativa.

Costa d'Amalfi Furore Rosso Riserva 2008 Frutta rossa ben matura e giustamente evoluta, spezie avvolgenti. Potenza espressiva, magnifica concentrazione, fittezza estrattiva si svelano nell'incedere sontuoso. L'eccellente morbidezza gustativa lo rende piacevolmente bevibile, nonostante la struttura maestosa. Una rinnovata certezza per un vino indimenticabile. VENDITTI Anche sotto una pioggia battente, (com'è capitato a noi), merita la visita l'incredibile "vigneto didattico" adiacente alla cantina. I terreni sono poi sparsi nelle zone più vocate di Castelvenere, con rari esemplari di vitigni antichi. Nicola Venditti, enologo e proprietario, è sempre stato un precursore dei tempi: biologico ante litteram (già negli anni Ottanta), contrario all'utilizzo del legno anche quando era osannato, decisa difesa dei vitigni autoctoni.

Una persona straordinaria, sempre un passo avanti, che opera con coscienza e rispetto della terra sugli undici ettari di proprietà. Sannio Solopaca Rosso Bosco Caldaia 2007 La trama gustativa è splendida, di impressionante finezza, precisa eppure personalissima. Frutto polposo, materia autentica che spinge: il palato è scandito con ritmo e coerenza con un forte senso di naturalezza nello sviluppo, pieno, sapido, lungo. NIFO SARRAPOCHIELLO L'azienda, guidata da Lorenzo Nifo Sarrapochiello, si trova nel cuore del comprensorio enoico del Sannio. Consta di quindici ettari, tutti in regime biologico certificato. I vigneti a guyot, su terreni argilloso-ciottolosi, si estendono fra i 200 e i 350 metri sul livello del mare. - Aglianico del Taburno 2009 e Aglianico del Taburno d'Erasmo Euposia Luglio-Agosto 2013

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Riserva 2008 Due vini che niente hanno da invidiare ai più blasonati Taurasi e in più mostrano eleganza e fine trama tannica, in particolar modo il primo. Un saggio di personalità con un vino che svela un forte anelito alla distinzione. Anche al palato, il nerbo sostiene la speziatura del legno e il vino allunga compatto e sostenuto. Il secondo, al naso è complesso e gioca su ritorni di frutta di bosco, ciliegia matura, spezie, tabacco ed eucalipto. La bocca è caratterizzata da una vellutata tannicità e da una vena acido-sapida che ben supporta una struttura di grande impatto. LA SIBILLA I Di Meo lavorano nei Campi Flegrei da sei generazioni: partiti con lo sfuso, è dal 1992 che iniziano con le prime bottiglie. Gli ettari sono 9,5 su terreni vulcanici (e relativi ceneri e lapilli), con terrazzamenti sui quali si inerpicano viti di falanghina e piedirosso. Incessante è la riscoperta e la valorizzazione di altri vitigni autoctoni. Il patrimonio vinicolo è unico, immune alla fillossera e su piede franco. L'età delle vigne varia dai quindici ai sessant'anni, fino agli ottantacinque della storica vigna Iascaiuolo. - Campania Marsiliano 2008 Gran bella prova anche nel Campi Flegrei Piedirosso Vigne Storiche 2011, vino fragrante e godibile, con una materia autentica e polposa. Ma è il Marsiliano che più ha impressionato le nostre memorie gustative. Un blend fra marsigliese, olivella e piedirosso (rispettivamente 60-20-20) che in bocca rivela energia e densità, diffuse con continuità e misura: ingresso vibrante,

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progressiva tensione e lunghezza continua. TERRE DEL PRINCIPE Giuseppe Mancini e Manuela Piancastelli lasciano nel 2003 le loro rispettive attività professionistiche (lui avvocato, lei giornalista) per dedicarsi ad un progetto complesso, coadiuvati dal professor Luigi Moio: recuperare i vitigni autoctoni pallagrello nero e bianco e casavecchia, un tempo così amati dai Borboni. Undici ettari coltivati in modo biologico, distribuiti tra Monticelli di Squille, Castel di Sasso, Vigna Piancastelli e Vigna dei Mascioni, sempre fra i 300 e i 350 metri di quota. - Terre del Volturno Casavecchia Centomoggia 2010 e Terre del Volturno Pallagrello Nero Ambruco 2010 Due prove autoriali a tutto tondo. Il primo, equilibrato e piacevole, si esprime con tannini fini e una buona acidità che lo rendono facilmente sorbevole. Più austero e complesso il secondo, ma anche più segnato dal legno, sia al naso sia in bocca. SORRENTINO Le coltivazioni dell'azienda si adagiano sul suolo di Boscotrecase, l'antico “Bosco delle Tre Case Religiose”, alle pendici del Vesuvio da anta generazioni. L'azienda nasce però effettivamente nel 1990 con Paolo, affiancato da qualche anno dalla giovane figlia enologa Benny. venticinque ettari, in un unico appezzamento, sono in biologico dagli anni 2000. Le vigne, centenarie, crescono su suolo vulcanico, con presenza di lapilli.

- Vesuvio Lacryma Christi Rosso Vigna Lapillo 2011 Ventaglio olfattivo invitante, con tocchi minerali e speziati, palato giocato sulla finezza. Scorrevolezza senza increspature, con una bella acidità che lo rende vibrante e continuo. TENUTA SAN FRANCESCO L'azienda nasce a Tramonti nel 2004 su una superficie complessiva di otto ettari e mezzo. I vigneti sono situati tra i 300 e i 600 metri sul livello del mare; alcuni sono secolari prefilosserici (tintore, aglianico, piedirosso). Vengono coltivati anche falanghina, biancolella, pepella e ginestra. Le famiglie Bove, D'Avino e Giordano si avvalgono della consulenza di Carmine Valentino. - Costa d'Amalfi Tramonti Rosso Riserva Quattro Spine 2009 Rosso di carattere e personalità, esprime al naso note di frutta rossa ben matura a cui subentrano note balsamiche fresche e poi speziate (pepe in particolare). Vivo e vibrante, ben strutturato nella tessitura, chiude lungo con una buona sorbevolezza. ASTRONI L'enologo Gerardo Vernazzato e la moglie Emanuela Russo conducono con estrema passione, vivacità e abnegazione questa cantina, che ha sede nel suggestivo comprensorio del vulcano degli Astroni. Vale la pena salire fin lassù e farsi sorprendere, a pochi chilometri dal centro di Napoli con le sue speculazioni edilizie, da quest'oasi (WWF) anche vitivinicola. La vigna storica di falanghina è proprio sul bordo del cratere del vulca-


LE AZIENDE PRESENTI A TAURASI 2009 no ed è uno spettacolo impressivo; sulla collina del Camaldoli sono piantati i tre ettari di piedirosso con vista sul golfo. - Campi Flegrei Piedirosso Vigna del Collonello 2011 e Campi Flegrei Piedirosso Colle Rotondella 2011 Due intriganti espressioni di piedirosso, dai tipici sentori di frutti rossi e violetta. Freschi, croccanti, ben equilibrati pur nella caratteristica del vitigno che ha corpo sottile e poco strutturato. Piacevoli e dalla beva pronta, dinamici al sorso che è leggero ma succoso. Un'interpretazione che saremmo curiosi di riassaggiare anche fra qualche tempo, particolarmente per il Vigna del Colonnello che è vino più complesso dell'altro. MASSERIA FELICIA A metà strada tra il Roccamonfina e il Massico, si estendono i cinque ettari di proprietà. Le vigne, condotte in regime biologico, di aglianico, piedirosso e falanghina, affondano le radici nel fertile suolo di origine lavica, con un'età che varia dai venti ai cinquant'anni. Le prime bottiglie risalgono al 2000, dopo che Maria Felicia e il padre Sandro Brini hanno deciso di venire a vivere nel casale dell'antenata Felicia. Collabora come consulente esterno l'enologo Vincenzo Mercurio. - Falerno del Massico Rosso Etichetta Bronzo 2008 e Falerno del Massico Rosso 2009 Il primo ha un'espressione olfattiva intensa: note speziate dell'abito terziario e rimandi balsamici; in bocca gioca in potenza con tanni-

no di forte spinta, tenace e combattivo. Un vino che vale la pena attendere con pazienza. Di tutt'altra fattura il secondo, già pronto, equilibrato, ben levigato con una beva immediata, pur senza avere la complessità del precedente. MUSTILLI Una delle aziende storiche della viticoltura campana: Leonardo Mustilli fu il primo a mettere in bottiglia la falanghina del beneventano negli anni '70. L'Azienda Agricola Mustilli, di Sant'Agata dei Goti, comune dell'estrema provincia beneventana da cui prende il nome l'omonima denominazione di origine, è ora guidata da Paola e Annachiara, supportate dall'enologo Fortunato Sebastiano. Nelle grotte profonde 15 metri scavate nel tufo (uno spettacolo!) sotto la vecchia cantina, si mantengono ancora delle vere sorprese enologiche (provare per credere: una falanghina del 1978 ancora straordinaria). - Sannio Piedirosso 2011 Equilibrio dinamico, la progressione è precisa e regolare. Bocca fluida, piacevole, distesa e non graffiante. Non colpisce per lunghezza e materia ma per flessibilità, scioltezza e un frutto croccante. Ha sviluppo longilineo e un sorso significativo e ben ritmato. TAURASI VENDEMMIA Quest'anno l'anteprima taurasina ha compiuto dieci anni, dedicando all'aglianico irpino e alla sua denominazione simbolo, unica, incontrastata DOCG del centro sud fino al 2003 (riconosciuta nel

Amarano: Montemarano Antico Castello: San Mango sul Calore Antichi Coloni: Paternopoli Bambinuto: Santa Paolina Boccella: Castelfranci Borgodangelo: Sant'Angelo all'Esca Caggiano Antonio: Taurasi Colli di Castelfranci: Castelfranci Contrade di Taurasi: Taurasi D'Antiche Terre: Manocalzati Di Marzo: Tufo Di Meo: Salza Irpina Di Prisco: Fontanarosa Donnachiara: Montefalcione Feudi di San Gregorio: Sorbo Serpico Fonzone Caccese: Paternopoli Guastaferro: Taurasi I Capitani: Torre le Nocelle I Favati: Cesinali Il Cancelliere: Montemarano La Marca: Parolise La Molara: Luogosano Masseria Murata: Mercogliano Mastroberardino: Atripalda Molettieri Salvatore: Montemarano Montesole: Montemiletto Perillo: Castelfranci Pietracupa: Montefredane Rocca del Principe: Lapio Sanpaolo: Tufo Tecce: Paternopoli Tenuta Cavalier Pepe: Sant'Angelo all'Esca Terredora: Montemiletto Urciuolo: Forino Villa Matilde - Tenute di Altavilla: Cellole (CE) Villa Raiano: San Michele di Serino Vinanda: Mirabella Eclano.

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IL PROFILO ENOLOGICO

Annata 2009: un meo capriccioso che ha costretto molti vigneron a scelte difficili ome è stata l'annata presentata quest'anno, la 2009? Capricciosa, non certo ideale. Con tanto caldo a maggio e poi in agosto, ma anche tanta pioggia nella seconda parte dell'anno che a fasi alterne ha creato non pochi problemi soprattutto in settembre e in ottobre quando, verso metà del mese, è cominciata per molti la raccolta delle uve, protrattasi in alcuni areali, con non poche difficoltà, sino a novembre inoltrato. Problemi fito-sanitari, uve ingrossate dall'acqua, marciume in qualche caso. Si è salvato chi ha potuto giocare d'anticipo o permettersi rese bassissime o cernite maniacali, chi ha saputo leggere attentamente l'andamento climatico, facendo scelte piuttosto nette, sin dai primi interventi in vigna. Alcuni produttori hanno addirittura rinunciato a fare il Taurasi 2009, favorendo secondi e terzi vini e denominazioni di ricaduta (Benito Ferrara, Il Cancelliere, Colli di Lapio ad esempio). Oltre all'andamento climatico, qualche vino ha risentito di carenze di cura e pulizia in cantina, con note di brett e muffa.

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riserve), per la 2007 quattro (e 4 riserve), per la 2006 un solo Taurasi Riserva. Altri 16 i vini provenienti dalle denominazioni Irpinia Campi Taurasini, Irpinia Aglianico e Campania Aglianico di quattro annate diverse (2011, 2010, 2009 e 2008). Nella nostra scelta abbiamo selezionato prima le aziende che presentavano il Taurasi 2009 e poi quelle che hanno fatto degustare l'annata 2008. TECCE Nato in una famiglia di viticoltori da generazioni, Luigi Tecce torna alla terra nel 2003. Dopo appassionate sperimentazioni, nel 2005 fa uscire le sue prime bottiglie ufficiali. Da allora Tecce, autentico vigneron, diventa un punto di riferimento nella produzione di eccellenza taurausina. Le vigne di Paternopoli, con esposizione a sud, hanno un'età che varia dai 30 agli 80 anni e sono allevate con l'antico metodo della starza taurasina. Il terreno dei 4 ettari di proprietà è calcareo con presenza di sabbie compatte e argilla. - Taurasi Poliphemo 2009 La forza dell'autenticità. Potenza, espressività pura, equilibrio, succosità. La viva bocca convince con una perfetta armonia tra tutti gli aspetti. Frutta giustamente matura in evidenza e tannini setosi. Una beva che emoziona e lascia un ricordo indelebile. FEUDI SAN GREGORIO L'azienda viene fondata nel 1986 per opera di due famiglie

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irpine che, nella zona di Sorbo Serico, decidono di unire le proprie forze per recuperare produzioni di pregio del territorio. Dal 2009 ai vertici di Feudi è Antonio Capaldo, presidente della cantina, che insieme a Pierpaolo Sirch, amministratore delegato, hanno valorizzato i vitigni autoctoni rispettando la terra e la tradizione secolare della viticoltura irpina. I cambiamenti che hanno apportato, dalle pratiche agricole alla conduzione biologica, alla risistemazione dei vigneti, all'acquisizione di vecchie vigne si stanno dimostrando anche nel bicchiere. - Taurasi 2009 Il temperamento dinamico e vivace delinea con autorevolezza una struttura vigorosa e succulenta. Rimarchevole la tessitura che abbina tannini sodi e polpa fruttata. Il finale dimostra una buona corrispondenza e un'unità coerente con il resto della dinamica. MASTROBERARDINO Centrotrent'anni di storia, dieci generazioni: oggi al timone Piero Mastroberardino. I Mastroberardino sono la continuità della viticoltura campana. Duecento gli ettari di proprietà (senza contare l'uva conferita), fra i quali spicca la tenuta di Mirabella Eclano (e relativi resort e golf club), con i suoi circa settanta ettari sui quali si conducono interessanti sperimentazioni sull'aglianico. Sempre per questo vitigno, ricordiamo le vigne di Montemarano, mentre gli altri vigneti a Candida, Lapio e


1993) un giorno e mezzo tra degustazioni (trentasette le aziende partecipanti), convegno e visite. La formula è la stessa già descritta per Campania Stories. In particolare, sono da citare la retrospettiva del 2003 (annus horribilis per il forte caldo) e le cene-degustazioni, una presso l'azienda Colli di Castefranci, alla presenza dei padroni di casa con i produttori delle aziende Amarano, Masseria Murata, Perillo e Rocca del Principe e l'altra all'azienda Antico Castello, che ha fatto degustare i suoi vini insieme a Di Prisco, Il Cancelliere e Salvatore Molettieri. Il gruppo taurasino si è mostrato compatto e molto collaborativo, il confronto e la disponibilità hanno contraddistinto questi incontri. Da un punto di vista enologico, l'utilizzo del legno non è più cari-

caturale come nel passato, ma può essere gestito meglio, consentendo così al vino di liberarsi da questa gabbia che ancora lo comprime. Nel bicchiere abbiamo trovato spesso vini cupi, asciutti, opachi. Naturalmente è presto per esprimersi definitivamente su quest'annata impersonale, che sembra avere bisogno di più tempo di altre per esprimersi: ne valuteremo lo sviluppo nel suo complesso più avanti. Nella rilettura del 2006, 2007 e 2008 abbiamo invece trovato delle conferme interessanti. Una considerazione finale sul Taurasi, anche in relazione agli altri rossi campani (alla decisa riscossa! Che piacevoli, intriganti sorprese in Campania Stories!), seppur a malincuore, va fatta. A parte alcuni nomi che sono delle indiscutibili certezze, sembra che questa denominazione fatichi a svelare una sua identità, a rive-

larsi appieno, resta indefinita, spaesata, confusa. Eppure il terroir è assolutamente vocato. Cosa manca al Taurasi per diventare definitivamente il cigno che tutti vorremmo? Difficile la risposta. Ci sembra però, cari produttori (con le dovute eccezioni, ribadiamo, che non sono poche), che vi manchino una visione e un'interpretazione del vino precise e focalizzate, ben riconoscibili. Quello stile che vi potrebbe rendere unici. Ma siamo convinti che le potenzialità ci siano e pensiamo che si svilupperanno. Noi ci crediamo, e voi? LA TOP TEN DI TAURASI VENDEMMIA Sono 16 i Taurasi 2009 in degustazione, di cui uno solo da botte. Per l'annata 2008 sono 19 (e 6 Euposia Luglio-Agosto 2013

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Montefusco sono a fiano e greco. - Taurasi Radici 2009 e Taurasi Radici Riserva 2007 Due buone interpretazioni, entrambe contraddistinte da riuscite bilanciature ed equilibri raggiunti. Nel primo lo sviluppo è articolato, preciso e teso; la struttura è presente ma mai eccessiva, il tannino è serio e c'è polpa; i ritorni olfattivi sono nitidi. Il secondo al palato è ricco, di notevole struttura, coerente dal punto di vista gusto-olfattivo, capace di liberare un'energia vibrante. PIETRACUPA L'azienda viene fondata negli anni Novanta, ma è in

questi ultimi tredici anni, da quando Sabino Loffredo succede al padre, che diventa una delle migliori aziende campane. Famosa anche a livello nazionale per i suoi fiano di Avellino e greco di Tufo, da qualche anno si dedica con successo anche all'aglianico nei suoi due ettari a Torre Nocelle. I decennali vigneti sono impiantati su terreni argilloso-calcarei. - Taurasi 2009 Il suo tocco è di quelli gentili e vellutati che non rinunciano però ad esprimersi con dettaglio, articolazione e verità. Succoso, con un livello di bevibilità tale che anche in assaggio resta difficile non sorbirlo. Forza gustativa e complessità naturale delineano

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un profilo sensoriale preciso, un vero marchio di carattere. TENUTA CAVALIER PEPE Con i suoi 40 ettari l'azienda è fra le più grandi dell'areale. La giovane e dinamica Milena Pepe, nata da padre emigrante in Belgio, dopo una laurea in enologia Bordeaux torna nel paese d'origine dove si occupa dei terreni di famiglia, iniziando a vinificare nel 2005. L'Opera Mia deriva dai vigneti di proprietà estesi su 20 ettari sul versante sud della collina di Pesano e della Carazita, nei quali il terreno è composto da

marne di argilla sabbiosa e conglomerati di arenarie superiori. L'età delle vigne è di 25 anni. - Taurasi Opera Mia 2009 Immediato, arriva subito al cuore, svelando ad arte, nella progressione gustativa, i tratti più complessi e profondi del suo carattere. Seducente il contrasto che porta questo Taurasi a coniugare potenza ed eleganza; persistente il finale con una bella intensità retrolfattiva. URCIOLO L'azienda dei fratelli Ciro e Antonello Urciolo, fondata nel 1999, è ai piedi del monte Faliesi. I vigneti per la produzione di aglianico sono a Castelfranci, Montemarano e Mirabella Eclano. In questi ultimi


tempi i fratelli Urciolo hanno raggiunto dei traguardi considerevoli: hanno finito i lavori di ampliamento e ristrutturazione della cantina e sono stati scelti (unica azienda campana) dal circuito mondiale di distribuzione del Gruppo Campari. - Taurasi 2009 La trama, diretta e forte, scopre una materia polposa dall'impronta tannica ammansita. Fragranza e intensità che colpiscono, unitamente ad una succosità e sapidità rimarchevoli. Struttura compatta, rotondità e freschezza sono in equilibrio nel piacevole sorso. CONTRADE TAURASI Nel 1998 il professor Sandro Lonardo fonda un'azienda a carattere familiare, scegliendo di avvalersi di uno staff tecnicoscientifico di notevole spessore, «Questo solo perchè attraverso la sperimentazione e la ricerca scientifica il vino può migliorare ed elevarsi a livelli di eccellenza». I cinque ettari, tutti nel comune di Taurasi, sono a Contrade d'Alto, dove si trova la cantina, a 400 metri d'altitudine su terreni cineritici e sabbiosi, con vigne di 60-100 anni; a Coste, a 300 metri d'altitudine, su suoli argilloso calcarei con vigne dai 10 ai 30 anni; infine a Macchia dei Goti. La conduzione è a regime biologico. - Taurasi Coste 2008 e Taurasi Vigne d'Alto 2008 I due cru (prodotti dal 2007) segnano l'ulteriore salto di qualità di questa azienda che si posiziona a sempre piu alto livello nell'areale. Autentici, sinceri, rivelano la storia e sono un vero inno al territorio. Vini di vigne importanti, di un

territorio importante che enunciano struttura grintosa, opulenza misurata, tannini di stoffa nati per durare. Il Coste in particolare mostra una beva energica, pulizia e liricità di frutto, esprimendo un bel rigore nella lineare architettura complessiva del vino. Il Vigne d'Alto ha uno spessore profondo, di antica memoria, avvolto da note alcoliche che si stempereranno. Due esecuzioni ammirabili. PERILLO La maggior parte delle vigne di Michele Perillo sono a Castelfranci (dove ha sede la cantina), su terreno tufaceo, vecchie di un centinaio d'anni e per la maggior parte franche di piede con altitudini a ridosso dei 600 metri, pendenze da brivido ed esposizioni a sud ovest. Sono tra le ultime ad accogliere il clone "coda di cavallo", cosiddetto per la forma allungata del grappolo, dalla buccia resistente e alla base di mosti dalla tinta quasi bluastra. Qui la forma di allevamento è ancora la classica starza taurasina, condotta però con una metodologia propria. Altri vigneti sono a Montemarano, più moderni e coltivati a cordone speronato. L'azienda, fondata nel 1999, condotta da Michele e da sua moglie Anna Maria, si avvale della collaborazione dell'enologo Carmine Valentino. - Taurasi 2008 Tipicità, quintessenza di un terroir realmente unico nel panorama taurasino. Fittezza materica e salina, imprinting di rara schiettezza e vitalità. Netta definizione della trama, indissolubilmente legata alla forza sapida e tannica. CAGGIANO

Antonio Caggiano inizia nel 1990, e ben presto si avvale della collaborazione dell'amico professor Luigi Moio (che rientra in Italia da Bordeaux anche su sue insistenze). E' un'istituzione per il territorio taurasino: fra i primi ad introdurre l'uso della barrique per il Taurasi, fra i primi a realizzare una cantina-museo, si è sempre occupato con passione del rilancio del "Barolo del sud". I vigneti più vecchi sono il Macchia dei Goti, con vigne di 20 anni e il Salae Domini, con impianti di 15 anni, entrambi con esposizioni a sud-ovest, su terreni argilloso-calcarei, ad un'altitudine di 350 metri. - Taurasi Macchia dei Goti 2008 Timbrica profonda, evocativa. Affascina per la schietta rigorosità espressiva, capace di evolversi in un'eleganza raffinata. Mostra un profilo d'identità originale anche nella struttura: materia di tessitura ben calibrata, slanciata, che allunga su un finale impressivo. IL CANCELLIERE I Romano, pur vantando una storia plurisecolare di viticoltori, iniziano a vinificare nel 2005. L'azienda familiare decide ben presto di adottare un regime biologico. I suoli sono calcarei con presenza di profonde matrici argillose, l'età media delle piante è di circa vent'anni; le vigne sono un corpo unico di sette ettari a Montemerano. - Taurasi Nero Né 2008 Naso subito invitante, fruttato, ben maturo, ma anche balsamico e boisé. In bocca è denso, quasi materico. Una ricca vivacità espressa con estrema opulenza, mantenendo integre finezza e compostezza. > Euposia Luglio-Agosto 2013

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Nel corso delle ultime settimane la Redazione ha degustato diversi campioni di vini, acquistati direttamente presso enoteche, grande distribuzione, nonchè invii dei singoli produttori. Non essendoci un filo conduttore se non la curiosità di valutare prodotti diversi fra loro, anche se in qualche caso - e davvero per caso - provenienti dalla stessa azienda. I criteri di valutazione sono stati eguali a quelli dei nostri test. A testare i vini sono stati: Antonio Diaz, Nicoletta Fattori, Carlo Rossi

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CÀ DEL BOSCO CUVÉE A.M. CLEMENTI ROSÈ FRANCIACORTA RISERVA 2005

Confermarsi al vertice non è mai semplice, più dificile senz’altro che portarsi nelle prime posizioni. La terza annata di questo Rosè - che si pone al top della gamma Cà del Bosco - conferma le ottime impressioni già evidenziate da Euposia negli anni precedenti. Presentato allo scorso Vinitaly, questo blend di tre distinti vigneti a pinot nero gode di tutte le innovazioni - nella conduzione in vigna e nella gestione di cantina - che stanno caratterizzando la maison di Erbusco. Movimentazione delle masse per caduta, sboccatura in assenza di ossigeno, massima attenzione in vigna per ridurre l’apporto di solfiti (oggi ad un quarto del limite di legge), lavaggio delle uve ecc ecc. Per Euposia, siamo di fronte ad uno dei migliori, se non il migliore, Rosè metodo classico italiano, in grado di confrontarsi senza remora alcuna coi più grandi SW francesi ed internazionali. Fermentazione alcolica, malolattica per sette mesi in botte prima del tirage e poi sette anni sui lieviti, sino al degorgement con l’aggiunta di 2 grammi/litro di zuccheri. Di perfetto equilibrio. E sicura soddisfazione.

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BERLUCCHI FRANCIACORTA DOCG CUVÉE JRE RISERVA 2006

La maison che ha “inventato” il Franciacorta ha stretto una solida collaborazione negli ultimi anni coi giovani ristoratori europei della JRE: una liaison fondamentale per un patrimonio dell’enologie italiana che pure deve trovare spazi più importanti nel mercato globale. Per gli chef che detteranno legge nei prossimi anni, Berlucchi ha preparato una cuvèe partendo dalle basi della linea Cellarius, quella che contraddistingue i millesimati di Borgonato. Con qualche tratto d’unicità: abbiamo assaggiato la Riserva 2006, un pas dosè, che a differenza del Cellarius “standard” (passateci il termine) è un blancde-blancs e non un blend. Sparisce il pinot nero, a vantaggio del meglio del mostofiore dello chardonnay vendemmiato sette anni fa. Fermentazione in acciaio e barriqque, dove viene svolta la malolattica; sessanta mesi sui lieviti sino al degorgement. Vibrante, importante, di grande fascino al palato promette ulteriori evoluzioni. Sarà in distribuzione dal prossimo settembre. Da avere in cantina.


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SCHOLA SARMENTI CUBARDI IGT PRIMITIVO SALENTO

La Puglia “è” larga parte della tradizione enologica italiana. Certamente ha sofferto più altre regioni i mutamenti della storia recente e il cambiamento di un modello di sviluppo che dalla quantità ha virato, giustamente, sulla qualità. Schola Sarmenti è il frutto del lavoro di ripristino di una vecchia masseria dell’Ottocento, vocata alla produzione vinicola, rimasta chiusa a metà del Novecento. Due famiglie - Marra e Calabrese - una sola idea: produrre vini di qualità, salvaguardando la tradizione, le viti ad alberello, il lavoro manuale dei contadini, la sostenibilità come i vitigni autoctoni. E dove gli altri passavano coi trattori a sradicare le piante, a Schola Sarmenti si lottava per conservarle una per una. “Cubardi” è un vino affascinante, primitivo in purezza che nasce in vigne vecchie di sessantacinque anni. Al massimo sono 50 quintali/ettaro. Lavorazione semplice semplice: sei messi in tonneaux francesi di media tostatura. Nel bicchiere è un’esplosione di profumi marcati, profondi come il colore nel bicchiere. Il palato è di grande bevibilità, nonostante i suoi 15°, con pienezza di sapori. Un mito.

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SCHOLA SARMENTI ROCCAMORA NARDÒ DOC

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Questa degustazione si è tenuta allo scorso Vinitaly, alla fine di una giornata abbastanza stressante - ma al Vinitaly non lo sono in fondo un po’ tutte? - e col palato stanco. La personalità di Roccamora, però, è riuscita a superare questi gap oggettivi grazie alla forza dei suoi profumi, alla grande complessità coniugata ad una fresca bevibilità che rende questo vino davvero entusiasmante. Qui parliamo di un Negroamaro in purezza, proveniente da vigne di trent’anni, allevate ad alberello salentino e lavorate a zappa, a mano, come si faceva una volta per rompere la superficie arida e secca del terreno. 80 quintali di raccolta ad ettaro. Le brezze del Mar Ionio aiutano a mitigare un clima caldo, spesso torrido, ed arido. Grande attenzione in vigneto, uve mai scottate e il risultato è chiaramente percepibile al bicchiere.

SCHOLA SARMENTI CANDÒRA CHARDONNAY SALENTO IGT

A fianco della tradizione, Schola Sarmenti ha aggiunto un solo vitigno internazionale - lo Chardonnay - che viene coltivato ovviamente a spalliera. I vigneti hanno una quindicina d’anni. Superato il periodo del boom dei consumi, e quello dell’Abc “anything but chardonnay” come risposta conseguente alla stanchezza di bere sempre la stessa cosa, adesso i consumatori hanno capito che questo vitigno riesce a mostrare personalità divrse a seconda del suo areale di coltivazione. E quindi non è mai la stessa cosa: nel caso del salentino Candòra, lavorato in solo acciaio si presenta con una freschezza importante, con note floreali esplosive all’olfatto ed un bellissimo palato dove predominanti sono le note tropicali. Non banale, non convenzionale: una bellissima lettura di questo vitigno che riesce a diventare “mediterraneo” apparentemente senza grandi sforzi.

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CASTELLO MONACI PETRALUCE VERDECA SALENTO IGT 2012

La verdeca è un vitigno la cui origine si perde nella storia: è arrivato senz’altro dalla Grecia, probabilmente da qualche isola, per poi passare in Puglia e da lì in Croazia dove si trovano sue tracce genetiche in alcuni vitigni, anche a bacca rossa. Per diverso tempo si è pensato ad un collegamento con lo spagnolo verdejo, ma il riferimento è soltanto legato al colore degli acini che in entrambi i casi mantengono un’impronta caratteristica. Di certo, è un vitigno che ha sofferto la concorrenza di altri più noti e che è stato considerato un po’ senza troppa personalità, abbastanza neutro per essere sistemato in qualche blend...beh, da un po’ di tempo si è tornati a valorizzare questo vitigno, buono anche per la spumantizzazione. Nella versione ferma, Castello Monaci (gruppo Giv) ha realizzato “Petraluce”, un vino che sa dare enormi soddisfazioni a chi lo sceglie: una bellissima spalla acida, un’impronta olfattiva ricca, piena, dove al floreale si uniscono note verdi aggraziate, dove il frutto ha la sua importanza e dove il finale, minerale al punto giusto, lascia un bellissimo ricordo. Una bellissima sorpresa; un vino che non resterà nella bottiglia.

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FATTORIA NITTARDI TOSCANA IGT BEN 1912

Fattoria Nittardi, nel cuore della Toscana più classica a Castellina in Chianti, fu di proprietà di Michelangelo Buonarroti che già nel Cinquecento produceva ottimo vino ed olio. Oggi è guidata da un editore tedesco, Peter Femfert, esploratore e navigatore in solitario, e da sua moglie, la storica veneziana, Stefania Canal: da venticinque anni conducono questa tenuta agricola che si è “allargata” anche in Maremma dove ha affiancato al sangiovese anche i vitigni internazionali come syrah, cabernet sauvignon e merlot. Ma in Maremma, Fattoria Nittardi ha impiantato anche il vermentino e poche settimane fa ha presentato la prima annata. In purezza, solo acciaio: olfatto pieno di fiori bianchi, agrumi e macchia mediterranea; al palato grande spalla acida, grande freschezza, note di frutta tropicale e cedro, finale assai minerale e molto lungo. Il Vermentino dev’essere così, deve ricordarci sempre che viene dal mare e soltanto nelle sue vicinanze dà il meglio di sè.

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VINICOLA SERENA GRAN CUIVÉE SPUMANTE EXTRA

DRY

Vinicola Serena ha una storia aziendale lunga più di 130 anni essenso stata avviata nel 1881; è una delle poche realtà italiane ad essere presente con una propria azienda nella Champagne - il brand è De Vilmont - ed è saldamente ancorata alla Pedemonatana veneta coi suoi Prosecco e i vini classici della tradizione locale. Nelle sue diverse linee produttive, è entrata quest’anno questa Cuvée di garganega, trebbiano e verduzzo provenienti da vigneti veneti, emiliani e friulani. Un vino di non elevata gradazione alcolica - 11° - pensato per un pubblico giovane e per un consumo nei mesi più caldi dell’anno. Freschezza, coerenza gustativa-olfattiva sono i suoi punti di forza. E’ un extra-dry quindi il dosaggio resta sui 18 grammi zucchero/litro. Ideale come aperitivo.


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JUVÉ Y CAMPS CAVA BLANC DE NOIRS 2010

Il pubblico italiano ha qualche difficoltà a comprendere il Cava, il metodo classico della Catalogna che vanta una produzione complessiva vicina a quella dello Champagne, che come quest’ultimo viaggia in tutto il mondo, ma che da noi incredibilmente stenta. La cosa strana è che Barcellona e la sua costa sono una delle mete privilegiate degli italiani e che il Cava è conosciuto e bevuto senza troppe remore sulle Rambals. Probabilmente, buona parte dell’incomprensione sta nell’arrivo iniziale in Italia di Cava a buon mercato, un po’ dozzinali, che hanno svilito l’immagine complessiva. Fortunatamente da poco si importa Juvé y Camps, una bellissima realtà che Euposia ha visitato e stanno arrivando delle bellissime etichette. Partiamo da questo “blanc de noirs” dove l’autoctono xarel-lo è al 10% a rendere un po’ catalano il pinot nero coltivato nei vigneti di Espiells. I “puristi” già storceranno il naso: il Cava è per definizione di soli autoctoni, ma il mercato globale chiede anche prodotti comprensibili dai più. Comunque, JyC non ha ceduto nulla del suo carattere e del suo blasone: un bellisimo SW ricco di profumi, cremoso ed appagante al palato

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JUVÉ Y CAMPS CAVA RESERVA DE FAMILIA 2008

La “Reserva de Familia” in realtà è una “Gran Reserva” con trentasei mesi sui lieviti. Uno SW pluripremiato, elaborato con sole uve autoctone, ovvero le tradizionali macabeo, parellada e xarel-lo. Le uve provengono da tre vigneti distinti: Espiells, Can Massana e La Cuscona tutto attorno a Sant Sadurnì d’Anoia, la capitale del Cava a meno di un’ora da Barcellona, scendendo a sud verso Tarragona. I profumi in questo metodo classico sono più complessi, a tratti quasi ridondanti con note sempre più evidenti di frutta secca, di nocciola che si aggiunge ad una frutta gialla molto matura. Il palato è ampio, anch’esso complesso, ancora di bella freschezza e vivacità. Lungo e sapido sul finale.

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GRAMONA CAVA III LUSTROS 2006

Anche in questo caso, siamo davanti ad un “mostro sacro” del Cava. La maison è stata fondata nel 1881 da Pau Batle a fronte della crescente domanda da parte dei commercianti francesi. Nel 1931 anni assai turbolenti per la Spagna - inizia la produzione dei Cava e nel 1971 arriva il primo millesimo del III Lustros, uno dei primi brut nature proposti sul mercato. Siamo alla quinta generazione di vignaioli e il peso della tradizione si fa sentire anche se Gramona è oggi una delle realtà più all’avanguardia. Il blend di questo Cava vede xarel-lo al 70% affiancato dal solo macabeo. Sessanta mesi sui lieviti, quindi un “cava de crianza” dove sono predominanti le note più mature: all’olfatto, che pure resta molto, molto pulito, note balsamiche, di sottobosco, di funghi secchi, con fiori, noce, una sottile vena burrosa. Il palato è maschio, complesso, coerente col naso supportato da un’acidità ancora vibrante. Impressionante.

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MONTECARLO: FESTA DELLA REPUBBLICA ITALIANA :30 del 1° giugno 2013, tutto è pronto per la celebrazione della Festa Della Repubblica Italiana al Monte Carlo Beach, prestigiosa location scelta sapientemente da Antonio Morabito ambasciatore italiano a Montecarlo, per quello che ormai è diventato un appuntamento glamour del Principato di Monaco. La superficie d'acqua perfettamente liscia e compatta della piscina è lo specchio che riflette in tutta la sua nitidezza il lussuoso complesso del Monte Carlo Beach, ai bordi della quale sono allestiti alti tavolini avvolti di tessuto bianco decorati dalle preziose cime annodate di Giovanna Locatelli. Tutt'attorno, lungo le terrazze antistanti l'hotel, sono allestiti i banchi d'assaggio dell'eccellenze dell'enogastronomia italiana, per questa edizione che l'ambasciatore ha dedicato a temi cari all'Italia del 2013 toccando l’economia, la ricerca, l'arte, l’innovazione, e la promozione del Made in Italy. La carrellata di prelibatezze comincia dai vini del Consorzio tutela Nebbioli dell’alto Piemonte e Franciacorta; i

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Consorzi Coppe Piacentine dop che sapienti mani affettano al momento per assaporarne tutta la freschezza e l'aromaticità; Parmigiano Reggiano Vacche Rosse, esclusiva tutta italiana lo si riconosce dai grani di stagionatura che esplodono tra i denti donando tutta la fragranza e la ricchezza degli umori; olio d’oliva della Riviera Ligure che con la sua dolcezza sfida quello Veneto e quello più caratteriale Pugliese; il gorgonzola del consorzio a condimento del riso venere nero, e poi ancora prosciutti, culatelli, grana di varie zone, le farfalle di pasta tricolore Zanier vanto di una delle produzioni italiane più invidiate al mondo, il pesto genovese Rossi in assaggio su crostini di pane e pestato al mortaio durante la festa, i plin e tanti altri. Non potevano mancare le bollicine rappresentate da Toso, uno degli spumantieri piemontesi più noti con sede a Cossano Belbo, Cuneo al confine con le Langhe. Per l'occasione è stato servito Chardonnay Brut Riserva: uno spumante complesso e avvolgente di un certo fascino gioioso che rivela tutta l'esperienza della maison Toso nell'arte della spumantizzazione. Prodotto al 100% con uve

chardonnay piemontesi secondo il metodo italiano lungo Martinotti e con una permanenza di oltre 6 mesi sui propri lieviti, valorizza la nobiltà del vitigno. Fruttato ed elegante, ha accompagnato perfettamente tutta la serata dall'aperitivo, agli antipasti, ai primi piatti ed ai numerosi insaccati presenti. 1250 gli invitati, tra rappresentanti di Autorità ed Istituzioni ricevuti personalmente dall’Ambasciatore Antonio Morabito, la consorte la signora Carina Marcela Diaz con i figli ed il personale dell’Ambasciata. Tra le Autorità monegasche, il Ministro di Stato Michel Roger, l’Arcivescovo di Monaco, il Presidente del Consiglio di Stato, il Segretario di Stato in rappresentanza del Principe Alberto II, gli Ambasciatori di Francia e membri del Corpo Diplomatico. Antonella Cotta Ramusino ed il suo entourage, ha curato la regia dell'evento con la partecipazione del sociologo del gusto Alessandro Bonvicini. Indubbiamente importante anche l'apporto e supporto del Gruppo RINA e il sostegno della BSI Monaco e del Gruppo PSC Spa.


News VERNACCIA DI SAN GIMIGNANO, I PROGRAMMI PER I PROSSIMI VENT ’ANNI enti anni fa, nel luglio 1993, la Vernaccia di San Gimignano ottiene la docg. Se la Doc del 1966 segna la ri-nascita di questo vino con ottocento anni di storia alle spalle, dopo il periodo infelice del primo cinquantennio del '900, la docg può essere vista come il raggiungimento della maggiore età. Infatti la consapevolezza che la qualità di un vino passa prima di tutto attraverso una viticultura attenta alla gestione della vigna e l'acquisizione delle moderne conoscenze tecniche di vinificazione, segnano l'ultimo decennio del secolo scorso e l'inizio di una nuova era per la Vernaccia di San Gimignano, che da vino di territorio consumato prevalentemente in loco inizia il suo cammino verso l'eccellenza e la diffusione nel mondo. «E' proprio così - sottolinea la Presidente Letizia Cesani, nella foto qui a destra, alla guida del Consorzio dal 2009 - la strada da percorrere è quella segnata agli inizi degli anni ‘90 quando la storia della nostra denominazione ha subito uno stravolgimento: sono cambiate le regole del gioco, come si produce, e gli obiettivi, ottenere un vino di qualità posizionato accanto ai cugini rossi di Toscana, le grandi docg che hanno reso il nostro territorio

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Costituito il Consorzio per la tutela e la valorizzazione dell’Ovada DOCG i è ufficialmente costituito il Consorzio per la tutela e la valorizzazione dell’Ovada docg. Al Consorzio hanno aderito una ventina di aziende vinicole impegnate nella produzione della “massima espressione enologica” dell’Alto Monferato Ovadese: «Contiamo però di allargare presto il numero degli associati - commenta Italo Danielli, neo-presidente- perché molti altri hanno dichiarato il loro interesse ad essere coinvolti nell’iniziativa». L’Ovada è una delle due sole denominazioni riconosciute a docg del vitigno Dolcetto (l’altra è il Dogliani): il disciplinare che ne regolamenta la produzione a partire dal 2009 è particolarmente esigente dal punto di vista qualitativo, con stringenti prescrizioni di cura del vigneto e di affinamento del prodotto. «Questa dell’Alto Monferrato Ovadese è sempre stata storicamente riconosciuta –aggiun-

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famoso in tutto il mondo. Ma, oggi non è più sufficiente dire che un vino rispecchia il territorio, fattore fondamentale ma non esaustivo, peraltro gioco facile per un vino come la Vernaccia di San Gimignano il cui vitigno è coltivato solo nel Comune di San Gimignano e solo qui vinificato. Il consumatore è attento a tutta un'altra serie di fattori, come la sostenibilità della produzione, che significa rispetto per la terra e dell'ambiente, la salubrità del prodotto, la sua tracciabilità. Ma anche sul fronte della “ecosostenibilità” della produzione il nostro territorio è un passo avanti a tanti altri, forse proprio perché da noi i produttori da sempre vivono in simbiosi con la terra che coltivano...Un quarto dei produttori di San Gimignano sono certificati biologici, è di pochi mesi fa la nascita del “Biodistretto di San Gimignano” , tutti fattori che indicano il fermento dell'intero territorio nella direzione di una produzione sostenibile».

ge Danielli- come la zona più vocata per la coltivazione del Dolcetto, vitigno autoctono tipicamente piemontese». Gli intenti del neonato Consorzio sono molto ambiziosi: «Vogliamo affermare l’Ovada come la punta di diamante dell’intero territorio, e confrontarci sullo stesso piano con i grandi rossi piemontesi oggi più noti - afferma Giuseppe Ravera, vice di Danielli nel cda appena insediato, e che include in tutto nove membri- perché sappiamo di averne le chances: il lavoro in questa direzione sarà certo impegnativo e non facile, ma noi siamo molto determinati». A breve, il consiglio di amministrazione definirà in modo più dettagliato le linee di azione, ma l’obiettivo finale è già chiaro: far conoscere e affermare l’immagine dell’Ovada docg nel mondo, incentrando su questa lo sviluppo turistico dell’intera zona. «Perché - fa osservare Danielli - questo prodotto è un tutt’uno con il territorio, e non è certo delocalizzabile».

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ABBINAMENTI

GAMBERI AROMATICI Lo chef Andrea Fusco ha preparato questa ricetta da abbinare al Gewuerztraminer che nasce in Alto Adige da Kettmeir < Santa Margherita ha chiesto ad uno degli chef più creativi della cucina italiana alcune ricette che possano spiegare al meglio il concetto di abbinabilitù vinocibo. Sono sempre di più infatti i foodies che non si accontentano di conoscere i dettagli produttivi, i vitigni, le caratteristiche del terroir di un determinato vino, ma chiedono di esplorare tutte le sue potenzialità a tavola. Andrea Fusco, del “Giuda Ballerino” di Roma, uno degli chef più innovativi della nuova generazione, ha cercato il piatto perfetto da abbinare con uno dei vini più tipici nell’Alto Adige, il Gewuerztraminer. Un classico, ma contemporaneamente anche uno dei più particolari: un vino aromatico, dalla forte personalità ed impronta, che non concede molto: o piace o non piace; o si abbina perfettamente oppure è un’accozzaglia di sapori. Insomma, una sfida. E Andrea

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Fusco l’ha risolta così: “Gamberi, nero di seppia, asparagi e pomodorini confit” in abbinamento col Kettmeir (la cantina altoatesina del gruppo di Fossalta) Gewuerztraminer Alto Adige D.O.C. Questo vino nasce sulle colline che guardano l’ameno lago di Caldaro e l’abitato di Termeno; i vigneti sono compresi fra i 300 ed i 500 metri slm e la vinificazione avviene a bassa temperatura, in bianco, con una leggera estrazione dalla bucce cercando di portare intatti in cantina tutti i profumi e sapori di questo vitigno così particolare. Questa è la ricetta per chi volesse seguire le orme del grande Andrea. Ingredienti per 4 persone: Gamberi rossi 800 gr Nero di seppia 20 gr Patate 150 gr Asparagi 16


CHEF

CON

SANTA MARGHERITA NEWS

E intanto nuova acquisizione nella zona del ConeglianoValdobbiadene Docg opo il primo investimento nella Tenuta di Refrontolo nel 2011, con la recentissima acquisizione, a San Pietro di Feletto, nella fascia pedemontana tra Conegliano e Valdobbiadene, di una superficie di 4 ettari di cui 3 destinati a Prosecco ConeglianoValdobbiadene, Santa Margherita consolida la propria presenza nell'area del Prosecco Docg. Il nuovo vigneto, di impianto molto recente è al terzo anno di produzione e dista circa 2 km dalla Tenuta di Refrontolo. Si tratta di 12 ettari di cui 8 piantati a glera, il vitigno autoctono del Prosecco - e rappresenta un significativo potenziamento della produzione attuale, considerando inoltre che il distretto di Conegliano-Valdobbiadene si avvia a diventare una denominazione difficilmente espandibile. Tutti i vigneti della Tenuta di Refrontolo sono posti sui terreni ripidi e scoscesi - le cosiddette Rive - con esposizioni e caratteristiche geomorfologiche tali da esaltare le uve e i vini da esse prodotti. La produzione per ettaro inferiore a quella della Docg e la raccolta manuale delle uve, fanno sÏ che solo le migliori vengano utilizzate per dar vita a spumanti che costituiscono il vertice della piramide qualitativa di questo vino.

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Brodo vegetale 150 gr Pomodorini datterino 200 gr Scalogno tritato 5 gr Spicchio d'aglio 1 Foglia di alloro 1 Olio extr. oliva 40 gr Burro 20 gr Sale 5 gr Limone 1 Ciuffetti di basilico 4 Preparazione Pulire i gamberi privandoli della carcassa, della testa e del budello centrale, metteteli in un recipiente con 20 gr di olio Extravergine di oliva, 5 gr di sale, una macinata di pepe nero e la buccia di mezzo limone grattugiato, coprite e lasciate in frigo per 2 ore. Pulire e tagliare la patata grossolanamente a dadini. In una casseruola mettere una noce di burro, lo scalogno tritato, lo spicchio d'aglio e la fogli di alloro, versare la dadolata di patata e fare tostare leggermente; salare e pepare, coprire con i brodo vegetale e completare con il nero di seppia. Cuocere per 6/7 minuti e

frullate il tutto e mantenere in caldo. Pulire e lavare gli asparagi; spezzarli nel punto morbido e togliere l'estremitĂ filamentosa con il pelapatate. Scottare in acqua abbondantemente salata in ebollizione per 2 minuti circa. Raffreddarli sotto l'acqua corrente. Frullare i pomodorini e portarli a leggero bollore, filtrare con un passino fine e correggere di sale, versate un filo d'olio e due fogli di basilico. Raffreddare il tutto. Versare al centro del piatto da portata un mestolino di salsa al nero di seppia, adagiarvi i gamberi e completare con la salsa di pomodoro sparsa nel piatto e delle foglie di basilico. >

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DOLOMITI FRIULANE

SELVAGGE... PER NATURA Sono le pi첫 nascoste, le meno mondane, le pi첫 autentiche, dove trascorrere una vacanza vivendo le proprie passioni lontano dalla folla, dai luoghi battuti dal turismo di massa, dal conformismo... di Francesca Barni

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GIRO D’ITALIA GOURMET

Alla riscoperta di sapori autentici e, soprattutto, genuini n questa terra autentica e genuina, si riscopre a tavola il nuovo piacere di sapori antichi, quelli di una cucina semplice, contadina ma ricca di fantasia, con contaminazioni provenienti dalla vicina tradizione veneta della Serenissima e dalle cucine d'Oltralpe, a cui si abbinano perfettamente i vini della DOC Grave del Friuli e vini autoctoni di antichissima origine, quali Ucelùt, Forgjarin, Cividìn, Piculìt Neri, ritrovati fra i colli di Castelnuovo e Pinzano e riportati a nuova vita. La pitina è il prodotto più tipico di questi monti. Un insaccato che non è non insaccato, un salume che non è un salume. E' piuttosto un sorta di grossa polpetta ottenuta esclusivamente da carne di ungulati, ingentilita da erbe aromatiche, sale, pepe, passata nella farina di mais, affumicata e stagionata. La si gusta cruda, con polenta o pane casereccio; oppure cotta, con le fette scottate velocemente nel burro, servite su una polentina morbida e cosparse di un po' di ricotta fusa. Può essere prodotta solo in Valcellina, Val Colvera e Val Tramontina. Tipico è poi il formaggio Asìno, che viene prodotto da secoli a Vito d'Asio. Il suo particolarissimo sapore, sapido e leggermente piccante, è dovuto alle salamoie - vecchie anche di decenniin cui viene fatto maturare.

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DOLOMITI FRIULIANE


< Chef, gourmet, appassionati di cucina: forse non tutti lo sanno, ma con buona probabilità i coltelli che maneggiano con abilità provengono da Maniago, in provincia di Pordenone la capitale italiana delle lame, blasonata e di tradizione antichissima come Toledo o Solingen. La storia delle coltellerie maniaghesi ha infatti preso l'avvio oltre 5 secoli fa e continua gloriosa ancor oggi, tant'è che questa bella cittadina a cui fanno da corona le Dolomiti Friulane è leader a livello mondiale nella produzione di strumenti metallici da taglio e professionali, ad iniziare da coltelli e cavatappi. Nel Museo dell'arte fabbrile e delle coltellerie, ricavato dalla ristrutturazione della prima grande fabbrica locale, la Coricama è raccontata con un allestimento di grande impatto - la storia delle lame maniaghesi. Fra le curiosità la sezione dedicata alle armi realizzate per i film: infatti l'industria del cinema, specie quella hollywoodiana, ha trovato a Maniago i migliori realizzatori delle armi e delle armature utilizzate in tantissime pellicole di grandissimo successo, come Braveheart, il film di e con Mel Gibson

che ha conquistato cinque premi Oscar. Una storia d'acqua, terra e fuoco, quella delle lame di Maniago. A dare origine alla lavorazione sono state le acque, di cui questa zona è straordinariamente ricca, che davano potenza ai magli. Le acque - dei torrenti che scavano gole profonde, dei laghi dove si rispecchia il verde dei boschi, del Tagliamento dal greto di candidi ciottoli- sono ancora fra gli elementi che maggiormente caratterizzano questa terra, dominata dalle

corrose vette a guglie e pinnacoli delle Dolomiti Friulane. Da Maniago raggiungerle è questione di una mezz'ora di strada o poco più. Le Valli Pordenonesi si aprono a ventaglio alle sue spalle e si insinuano in alto, fin sotto le vette che al tramonto si tingono di rosa, spettacolo che rende uniche queste montagne, dichiarate dall'Unesco Patrimonio dell'umanità. Meno note e più autentiche delle "sorelle" venete o trentine, le Dolomiti Friulane sono un territo-

Fra agosto e settembre, matura a Caneva il FigoMoro. L o apprezzava fin dai tempi antichi la Serenissima, che lo vendeva fresco al mercato di Rialto e lo imbarcava, secco, sulle navi come alimento altamente nutriente. Oggi una cinquantina di produttori si sono associati in consorzio e hanno iniziato anche a lavorarlo, producendo deliziose confetture, sciroppati. Un'ultima chicca sono i tartufi, sia bianchi che neri, che si raccolgono durante tutto l'anno (salvo maggio). A Meduno, si può provare il gusto della raccolta nella tartufaia dell'Agriturismo Sasso d'oro, coltivata con passione da Renato Marescutti.

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GIRO D’ITALIA

rio unico, di intatta bellezza, dove i saperi e i sapori segnano il paesaggio naturale e culturale in ogni sua piccola sfumatura. Selvagge per natura, con un grado di wilderness (selvatichezza) difficilmente riscontrabile in altre zone dell'arco alpino, hanno paesaggi incontaminati di rara bellezza. Montagna vera, natura intatta, come vere e intatte sono le antiche tradizioni, il senso dell'ospitalità, i cibi rustici e genuini, le austere architetture in pietra con ballatoi in legno che le sue genti hanno preservato con ostinazione e passione. Una terra facile da raggiungere, che va assaporata nelle sue poliedriche sfaccettature da parte di chi cerca una vacanza realmente ritemprante, dove vivere le proprie passioni lontano dalla folla, dai luoghi battuti dal turismo di massa, dal conformismo. Il Parco Regionale delle Dolomiti Friulane, il più esteso del FriuliVenezia Giulia, 36.950 ettari di natura intatta e selvaggia, il cui simbolo è la guglia di 300 m del Campanile di Val Montanaia;

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DOLOMITI FRIULANE

Piancavallo, la località giovane e sportiva per eccellenza della montagna pordenonese; il Parco del Prescudin, oasi naturalistica ricchissima di specie rare di fiori e arbusti, dove si arriva dopo aver risalito la Valcellina, con il suo spettacolare orrido e le pareti di roccia che attirano i climbers di tutto il mondo; Poffabro e Frisanco, con le loro case di pietra "Borghi belli d'Italia"; Erto (paese dello scultore- scrittore Mauro Corona, cantore dei boschi) e Casso, sul tragico sfondo della diga del Vajont di cui nel 2013 ricorre il 50° anniversario della tragedia; Claut campo base per lunghi trekking e spettacolari arrampicate e, d'inverno, di traversate sci alpinistiche e arrampicate su cascate di ghiaccio; Andreis con il Nordic Walking Life Park da cui prendono il via percorsi anche di più giorni per gli appassionati di nordic walking; Cimolais, sede del Parco Dolomiti Friulane, con il Recinto faunistico di Pianpinedo (35 ettari di montagna, dove vivono in libertà caprioli, cervi, stambecchi) e il Sentiero botanico; la Val

INFO Piancavallo Dolomiti Friulane tel. 0427 71775 info@piancavallodolomitifriulane.it www.piancavallodolomitifriulane.it.


Tramontina con boschi fittissimi e alpeggi. E ancora forre e grotte (la più spettacolari sono quelle di Pradis a Clauzetto, attrezzate e visitabili); laghi incantevoli come quello, azzurrissimo, di Barcis, e torrenti, paradiso del canyoning e del rafting: a dimensione d'uomo, non meccanizzate o violate, le Dolomiti Friulane sono l' ideale scenario per una vacanza attiva e rigenerante, tutta natura, sport, relax. Una palestra a cielo aperto Le Dolomiti Friulane sono un'immensa, eclettica palestra a cielo aperto, aperta 365 giorni all'anno, in cui si alternano aree altamente specializzate e attrezzate e percorsi che seguono semplicemente il corso della natura. Le due ruote, innanzitutto. Panoramiche strade di montagna, piste ciclabili lungo i fiumi della zona pedemontana, le Ciclovie delle Valli Pordenonesi adatte a famiglie e cicloturisti, decine di

percorsi di vario genere di difficoltà per gli appassionati di MTB, ardue salite per gli agonisti, un divertente Bike Funkpark per gli appassionati di freeride e downhill a Piancavallo : sulle due ruote si arriva ovunque, si possono percorrere le strade calcate dagli assi del Giro d'Italia 2013 ( che ha fatto tappa a Erto e Casso) e quelle dei campioni del Circuito internazionale di Caneva, fra i migliori a livello internazionale per i suoi saliscendi. E poi: escursioni, trekking a piedi e a cavallo, nordic walking, ma anche passeggiate slow e orienteering (il calendario delle escursioni con guida di questa estate su http://bit.ly/1aZzbyB). Scalate,free-climbing, eco climbing sulle vette delle Dolomiti Friulane e nelle palestre di roccia a Erto, vicino alla diga del Vajont, Castelnuovo del Friuli, Clauzetto, Travesio, Vito d'Asio. Kajak e canoa lungo il Cellina, il Meduna, il Cosa e l' Arzin, rafting nei torrenti impetuosi dell'alta Valcellina e della Valle

d'Arzino, canyoning con percorsi fra i più belli delle Alpi con la possibilità di noleggiare l'attrezzatura e di fare lezioni all'Acqua Park Pradis di Clauzetto (www.liveandplay.net). Parapendio sulle pendici del monte Cavallo e sulle alture fra Travesio, Castelnovo, Solimbergo (dove si trova anche un'avio superficie per ultraleggeri), che vedranno dal 2 al 10 agosto decine di assi internazionali disputarsi “Il Campionato Italiano Open 2013” di parapendio (http://open2013.valinis-asd.it ). Golf nel campo a 18 buche di Castel d'Aviano. Motonautica a Barcis, fra le capitali internazionali di questo sport, di cui ospita anche una tappa del Campionato mondiale. L'estate di Piancavallo, infine, è animata dai divertenti e adrenalinici Bike Funkpark e Rampipark acrobatico, da scalate alpinistiche, MTB e nordic walking, tennis e tiro con l'arco, deltaplano e parapendio, trekking ed escursioni a cavallo. > Euposia Luglio-Agosto 2013

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BIRRE ARTIGIANALI

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PARIGI

Nella capitale francese è tutto un fiorire di microbirrifici artigianali che riprendono una tradizione secolare che, nel tempo, si era affievolita. Aspettando il ritorno di Gallia... di Irende de Gasparis

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BIRRE

MICROBIRRIFICI

LE PIGEONNELLE

Dalla Loira si punta sulla forza della materia prima rigorosamente locale omento d’oro anche per il microbirrificio “La Pigeonnelle”. In materia di birra la naturalità si fonda su presupposti diversi da quanto accade nel mondo del vino. Le materie prime, infatti, non provengono quasi mai da una coltivazione diretta di immediata prossimità - come invece in viticoltura. Per questo motivo la loro selezione da parte del birrificio è cruciale sia per la genuinità del prodotto, sia per la sua qualità organolettica. A Céré-la-Ronde, nel dipartimento dell'Indre-et-Loire, pochi chilometri a sud-est di Tours, nel cuore della Loira, i fratelli Stéphane e Ludovic Hardouin (vedi foto a pagina 74) hanno scelto la strada di materie prime rigorosamente biologiche e di alto profilo qualitativo. L'orzo e il frumento utilizzati per la maltazione provengono da Issoudun, nel dipartimento attiguo, area di salda tradizione cerealicola. Il luppolo è selezionato in Alsazia, per le sue pregiate proprietà organolettiche. Il brassaggio segue un iter di ideale continuità con questi criteri qualitativi, con due o tre fermentazioni (l'ultima delle quali in bottiglia), nessuna filtrazione né alcuna pastorizzazione. Il prodotto finale è una birra pura, cristallina, di chiara matrice artigianale. La "Loirette" è il grande classico dei fratelli Hardouin: una bionda leggera e moderatamente amara, da 5,5% di

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< Vino francese a Parigi. Sempre interessante ma un po’ scontato e soprattutto d’estate, quando la temperatura sale, meno piacevole di una bella birra fresca . Birra a Parigi ? Be’ si anzi e’ una delle ultime tendenze. Naturalmente c’e’ birra e birra e quindi non stiamo parlando delle birre industriali ma di microbirre, le birre artigianali. La birra e’ fatta in maggior parte d’acqua (90% ), di cereali di cui il malto d’orzo e’ quello principale ma anche frumento, avena, riso ed altri e di componenti aromatici, di cui il piu’importante e’ il luppolo. Questo mix, sapientemente gestito dal birraio attraverso l’essicazione del malto ed il processo di fermentazione ottenuto con l’aggiunta di lieviti, da’ un grande spettro di profumi e sapori alla birra artigianale. Ed a Parigi, ci sono alcuni posti, tutti abbastanza nuovi, per soddisfare I sensi e la curiosita’ sulla birra. Uno dei pionieri del settore e’ stato sicuramente Simon Thillou che, nel suo negozio “Cave a Bulles”, ha cominciato ad introdurre in modo sistematico la microbirra ai parigini offrendo una sele-

zione di circa 100 microbirre francesi. Il passo successivo e’ venuto naturalmente con l’incontro di Simon con Cyril, Romain e Laurent , tre appassionati di birra (si sono autobattezzati “le tres mosquetieres de la biere” ) che ha portato all’apertura del bar “La Fine Mousse”. Basato nel 11.me arrondissement, in meno di un anno, la Fine Mousse ha gia’ conquistato un grosso seguito di aficionados che vanno soprattutto a scoprire birre nuove. Con circa 150 birre in bottiglia e 20 alla spina non c’e’ che l’imbarazzo della scelta. Dice Romain: «La nostra maggior attra-

zione e’ proprio la selezione alla spina, che cambia ogni 15 giorni e propone a rotazione le diverse novita’. Nella lista tendiamo a mettere i diversi stili di birra ed almeno 3 sono prezzate basse a 3.5 euro. Cerchiamo veramente di dare la miglior qualita’ al miglior prezzo». E’ stata una grande scoperta quando sotto la guida esperta di Romain abbiamo provato delle birre veramente speciali, servite nell’appropriato bicchiere da birra (non un boccale ma un grosso calice a tulipano non molto diverso da un bicchiere da vino). Ci sono particolarmente piaciute : Tasty Pale Ale

alcol e disponibile in due formati: 33 e 75 cl. Come rivela il suo nome evocativo ("birra del cammello"!), la "Bière du chameau" è una birra di inequivocabile vocazione estiva, prodotta con malto di frumento, molto dissetante, con solo 3,5% di alcol e disponibile in bottiglie da 75 cl. La Pigeonnelle la produce solo nel periodo primaverile-estivo, per renderla appunto disponibile in occasione del gran caldo.

Nuova generazione brassicola: nella pagina a sinistra, dall’alto: Cecile Delorme; Cyril, Romain e Laurent de la Fine Mousse; qui sopra i fratelli Stéphane e Ludovic Hardouin de La Pigeonnelle

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BIRRE

MICROBIRRIFICI

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LOW COST

Mangiare a Parigi senza superare i 13 euro L'ESPÉRANCE 36 RUE DE L'UNIVERSITÉ. Tende verdeie discrete luci di notte. Chiuso nei fine settimana. In questa piccola e piacevole sala da pranzo è improbabile sentire una lingua diversa da quella di Voltaire. Si consiglia vivamente la varietà di dolci, tutti realizzati in cucina. La sede della Gallimard editore-leader della letteratura francese, è a pochi passi. Per questo motivo, è facile incontarre i loro editori nel pomeriggio con politici e accademici, in un quartiere di negozi di antiquariato e gallerie d'arte. Una buona scelta per i viaggiatori che passano la giornata visitando i musei del Louvre e d'Orsay Louvre. Prodotti fresco, attenzione e familiarità. RESTAURANT INTERIOR WAL-FAY, 6, RUE GODEFROY-CAVAIGNACS Il cibo servito qui è dall'Africa occidentale. Più in particolare, del Senegal. Aperto dal lunedi al sabato dalle ore 19 fino alle 2 del mattino, il menù offre tra le sue opzioni il famoso pollo maffe, con burro di arachidi, accompagnato da una porzione di riso o zuppa con attiéké Pepe, un couscous a base di manioca, un tubero che si coltiva soprattutto in America Latina, Africa e Asia. Waly-Fay racconta con semplicità il meglio di una cultura antica. (prosegue a pagine 77)

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BIRRE NELLA VILLE LUMIÉRE Cave a Bulles 45 Rue Quincampoix www.caveabulles.fr La Fine Mousse 6 Avenue Jean Aicard www.lafinemousse.fr Brewberry 18 Rue du Pot de Fer www.brewberry.fr Brasserie de la Goutte d’Or 28 rue de la Goutte d’Or www.brasserielagouttedor.com


CHEZ GLADINES 30, RUE DES CINQ-DIAMANTS La cucina francese del Sud-ovestquella basca, si sono trasferite in un tranquillo sobborgo parigino. Nessuno si prende il tempo per rispondere al telefono, non c’è bisogno di prenotare tavoli, e le carte di credito non sono accettate. Non esiste nemmeno il concetto di tavolo singolo, bisogna quindi essere disposti a condividerelo con gli altri commensali. Il piatto del giorno costa 8 euro e le porzioni sono pensate per soddisfare i requisiti essenziali di un banchetto di gala nel villaggio di Asterix e Obelix. Vicino l'uscita dalla metropolitana più vicina, Corvisart, sorge il magnifico edificio del quotidiano della sera “Le Monde”. della Brasserie Outland fatta nei sobborghi di Parigi, a Bagnolet. Una bionda Leggera, solo il 3.8% di alcol, ma con note molto aromatiche, derivanti dal luppolo. Poi la “medagliata” Volcelest Blonde, biologica, un po’ piu’ consistente ma sempre leggera e rinfrescante (5.8%) della Brasserie de la Vallee de Chevreuse a Bonnelles, nella regione parigina. Molto aromatica, si sente piu’ la dolcezza del malto che gli da delle note che ricordano il miele ed una leggera speziatura. Pugno d’acciaio in un guanto di velluto e’ la sensazione della Silvanecte della Brasserie St.Riel della Piccardia. Morbida e dolce, con delle note di pera , agrumi e resina, che mascherano solo in parte la spina dorsale che gli deriva dal tasso alcolico dell’8.5. La nostra favorita rimane l’Amiral Benson Nelson Sauvin IPA della Brasserie du Mont Saleve nelle Alpi Francesi. Una bionda di carattere (alcol 6%), estremamente profumata, con note

di pesche ed albicocche e frutti esotici. Altro posto da non mancare e’ Brewberry che si trova in una piccola stradina nel Quinto arrondissement. Cecile Delorme, la giovane e dinamica proprietaria, lo ha aperto nel 2010 come negozio + bar (si puo’ bere solo se si mangia qualcosa insieme) . La location e’ perfetta. «Questo e’il quartiere piu’ vecchio di Parigi, la stradina e’ famosa perche’ si dice che ci abbia abitato D’Artagnan. E’ pieno di giovani perche’ ci sono molte universita’». Atmosfera da vecchia cantina, con muri di pietra ma décor moderno, a Brewberry la scelta e’ notevole tra le birre internazionali, dal Canada all’Australia, alla Svezia. Ma Cecile ha le sue preferite francesi. Una di queste e’ Psychedelia (5% alcol) bionda, molto fresca e spumeggiante, molto aromatica data dal luppolo con note di kiwi e frutti esotici, leggermente amara in fondo.

BISTRO L'ENTREPOT'S 2, RUE DE SORBIER Locale giovane con soli nove anni di attività, è un santuario di curiosità. Questo bistrot salva - per gli artisti e la gente del posto - alcune tradizioni e costumi tipici che in altri tempi, lcaraterizzavano a vita di quartiere. Vale a dire, il buon vino ad un prezzo ridotto e la buona tavola tradizionale francese. Se aggiungiamo serate jazz e mostre occasionali di pittura, ci sono abbastanza motivi per visitare questa meravigliosa Bellevilloise. CAFFÈ CATZ 57, RUE RODIER Chiuso il lunedì. Consigliato il piatto del giorno (12 Ä); insalate e torte salate meritano attenzione. Atmosfera retrò: una parete è uno scaffale con libri e calendari. Piccole lampade cinesi pendono sopra i tavoli. Euposia Luglio-Agosto 2013

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(da pagina 77) CHEZ LÉON 5 RUE D'ISLY Buona parte dei tradizionali bistrot sono passati nelle mani nel corso degli ultimi anni, a vantaggio di manager e “muscolose” società finanziarie, e questo ha comportato la standardizzazione di uno dei riferimenti più amati di Parigi. Chez Léon va contro questo “degrado”. Tavoli indistruttibili a prova di qualunque battaglia, perennemente pronti con tovaglie a quadrettoni rossi. Luogo “ufficiale” d’incontro sin dal 1934 per il sindacato dei trasporti, ricorda la “ vecchia classe operaia” avendo sede in una strada un pò triste del Faubourg Saint-Lazare. Il servizio è garantito da quattro generazioni di donne della famiglia Grange che hanno preso in carico la cucina negli Anni '60 LES TROIS FRÈRES 14 RUE LÉON Tenete i quartieri Barbès e Goutte d'Or come asse di riferimento. Due atmosfere in costante fermento: il Maghreb e la tradizione popolare francese. E’ un locale modesto, semplice, molto vero: tra gli altri piatti consigliati le sardine sott'olio, le cozze ripiene e Sidi Brahim, un vino gustoso dall'Algeria. I “tre fratelli” vantano trent’anni di servizio e dispongono di un bar, dove si trovano ancora alcuni “chibanis” (gli anziani algerini) occupati a bere tè con tempi lenti...

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«E’ fatta da Craig Allan, uno scozzese che vive in Francia, ed uno dei birrai molto conosciuti del settore. In realta’ non ha una birreria sua ma studia le sue ricette e poi se le fa produrre da qualcun’altro». L’altra e’ la Tourbee della Brasserie du Monte Saleve (5.5.%) che ha queste note molto particolari di torba e gomma bruciata. Poi Cecile ci mostra una pittoresca bottiglia della Brasserie Le Paradis con la foto di una strega. «E’ la foto della proprietaria, Marjorie Jacobi, l’unico birraio donna Francese - dice Cecile -. Sono famosi I suoi sottobicchieri promozionali dove e’ ritratta nella birreria seminuda e in pose provocanti». Sembra che Marjorie abbia una preferenza anche per il linguaggio colorito come dimostra il nome della birra in questione, “La Fucking Witch”. La birra e’ una bionda scura, abbastanza leggera con i marcate note aro-

matiche del luppolo. A Brewberry non manca neanche la birra della casa, Brewberry Beer, ricetta che Cecile ha studiato con Mik Keller, birraio cult danese. Se si parla di birre parigine, anche se probabilmenete non si qualifica come microbirra, non si puo’non menzionare la Gallia. Dopo decenni di inattivita’lo storico marchio e’ stato recentemente resuscitato dai discendenti dei vecchi proprietari che pero’ producono nella Repubblica Ceca anche se c’e’ il progetto di far ritornare la produzione a Parigi. Se siete curiosi di vedere come e’ fatta una microbirreria c’e’ la Brasserie de la Goutte D’or nel 18esimo arrondissement. E’ aperta al pubblico solo ad ore e giorni particolari da controllare sul sito ma avrete il privilegio di poter assaggiare le loro birre chiaccherando direttamente con il proprietario Thierry. >


News PILSNER URQUELL: LA BIRRA IN TAVOLA E IN CUCINA. E GLI CHEF NE PROMUOVONO L’UTILIZZO he la birra fosse un ingrediente utilizzato in cucina non è notizia dell'ultima ora, ma il fenomeno è in grande ascesa, sia sui fuochi professionali che su quelli casalinghi e la recentissima pubblicazione del libro, dal titolo “La birra in tavola e in cucina”, curato da Leonardo Romanelli e edito da Mondadori ne è la conferma. Un volume che oltre a ripercorrere la storia di una delle bevande più diffuse al mondo raccoglie cento ricette originali preparate con la birra. Tra queste non poteva mancare Pilsner Urquell, la prima birra dorata al mondo, che da tempo ha sancito il suo matrimonio con la cucina d'autore grazie ad un accordo di partnership con i Jeunes Restaurateurs d'Europe, una delle associazioni più prestigiose del settore, non solo nel Bel Paese, che raccoglie i giovani chef e proprietari di ristoranti alfieri della ristorazione d'eccellenza e dell'alta gastronomia. In questi giorni si è tenuto, in terra toscana, il 20° congresso dell'associazione e con l'occasione abbiamo raccolto i pareri di alcuni grandi chef in merito all'utilizzo della birra in cucina. «Nel nostro ristorante - ha spiegato Andrea Sarri, presidente dei JRE Italia e chef patron del ristorante Agrodolce di Imperia - già trent'anni fa si usava, anche se in modo diverso rispetto ai giorni nostri. Oggi la birra è infatti un ingrediente che spesso completa il piatto e lo rende equilibrato». «Ho iniziato a studiare questo ingrediente - ha precisato Marco Stabile dell'Ora d'aria di Firenze -

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cercando di mantenere intatte, nel piatto, le caratteristiche della birra senza che passasse solo il gusto amarognolo. Tra i tanti piatti che ho creato non posso non citare la Super tartara alla Pilsner Urquell

la birra, è che spesso i piatti a base di birra piacciono anche a chi, in realtà, non la beve». Piatti di pesce o piatti di carne? La risposta è semplice: entrambi. E la conferma arriva incrociando

con pere e crescione e le Animelle birrate». «Gli aromi della birra - ha aggiunto Daniele Usai del ristorante Il Tino di Lido di Ostia (Rm) - permettono di contraddistinguere un piatto. Per questo, in occasione dell'ultimo Vinitaly, ho proposto, al Self Service d'Autore, un Salmone marinato alla "Pilsner Urquell" e affumicato in casa, con salsa ajolì al luppolo, maggiorana e malto». Un piatto ricercato che non è passato inosservato ed un punto di vista che conferma l'idea di Tommaso Arrigoni del ristorante Innocenti Evasioni di Milano: «La birra non è un ingrediente di stagione e dunque possiamo permetterci di utilizzarla sia su ricette estive che invernali. La cosa curiosa che abbiamo notato nel nostro ristorante, proponendo piatti con

le ricette che ci hanno raccontato Moreno Cedroni, chef del ristorante La Madonnina del Pescatore di Marzocca di Sinigallia (An), e Aurora Mazzucchelli, che con la famiglia porta avanti il ristorante Marconi di Sasso Marconi (Bo). «La birra - ha raccontato Cedroni - si deve sentire nel piatto. Si tratta di un ingrediente che, considerata la nota amarognola, conferisce carattere ad una ricetta. Uno dei miei piatti più riusciti con è la Costoletta di rombo impanata alla birra chiara». «E' un territorio - ha concluso Mazzucchelli -, quello che propone l'utilizzo della birra in cucina, in continua espansione soprattutto perchè la qualità di questa bevanda è sempre maggiore. Recentemente ho proposto una Spuma di birra con tartare di fassona». Euposia Luglio-Agosto 2013

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BIRRE ARTIGIANALI

Formazione tedesca e tradizione pugliese si fondono nell’esperienza di Donato Di Palma e del suo birrificio sempre piÚ premiato nelle competizioni di Giulio Bendfeldy

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PUER APULIAE

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BIRRE

BIRRANOVA

< Dici Puglia ed uno pensa automaticamente al vino, dimenticando che da sempre questa regione “entre-deux-mers”è stata il granaio di Roma prima, e dell’Italia tutta poi. E da una tradizione cereagricola di questa natura non poteva non nascere anche un’attività brassicola e, a fianco ed oltre i grandi gruppi che hanno scelto la Puglia come base produttiva - Heineken e Peroni - una nuova generazione di microbirrifici sta crescendo con risultati sempre più importanti. Il dato generale italiano - siamo arrivati a oltre 550 birrifici artigianali registrati in aggiunta ai grandi gruppi industriali - vede una crescita produttiva, più 4.7% a oltre 13,4 milioni di ettolitri; una crescita delle esportazioni, riducendo così il tradizionale deficit commerciale e un consolidamento dei consumi pro-capite, a 29 litri, più 1,3% sull’anno precedente a fronte del calo del 10,7% del vino, con un consumo procapite sceso a 34,8 litri l’anno. E’ in questo contesto - una regione dove grano e vino vanno a braccetto - che opera a Tiggianello, frazione di Conversano (provincia di Bari), “Birrificio Birranova” frutto della passione di Donato Di Palma che da aficionado di birre si è trasformato prima in home-brewer e poi, studiando e lavorando in birrifici italiani e tedeschi, in imprenditore. Il modello di business si lega anche ad una “Cantina della birra”, un brew-pub guidato in cucina dalla moglie di Donato, Anna, che lega felicemente i pro-

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dotti del territorio pugliese e della tradizione gastronomica meridionale ai bretzel bavaresi, allo stinco di maiale ed ai bratwurst tipici della tradizione culinaria d’oltralpe. D’altronde, Federico II° di Svevia non era chiamato “puer Apuliae” ovvero ragazzo delle Puglie oltre che “stupor mundi”? Qualche cosa di profondamente alemanno dev’essere in fin dei conti rimasto... La “Cantina” diventa il punto di contatto naturale fra il birrificio e il pubblico che può provare gli abbinamenti ideali (le ultime ricerche di mercato dicono che abbinabilità, naturalità e digeribilità sono alcune delle principali leve d’acquisto degli Italiani nei confronti della birra) e, anche, confrontare la nascente tradizione brassicola pugliese con quella di altre nazioni. In cinque anni i risultati per Donato Di Palma e la sua squadra non sono mancati ed anche all’inizio del 2013, al concorso “Birra dell’Anno” il nostro ha portato a casa un primo posto nella categoria “alta fermentazione, alto grado alcolico, di ispirazione anglomaericana” con Negroamara Extra; e un terzo posto nella categoria “Italian golden ale” con Linfa. Riconoscimenti che arrivano dopo diversi altri premi a testimonianza di una ricerca costante negli anni della qualità e di un percorso lineare, di scelte precise chiare nelle diverse linee produttive: “classic”, “le speciali”, “why not?”, alla spina (fra cui la birra primigenia, la “Trebbiana”) e stagionali.

Qualcosa di teutonico, di disciplinato nello scegliere le materie prime e tutti i possibili “incroci” con la materia prima del territorio. *** Euposia ha provato la linea “classic”. E queste sono le sue note di degustazione. LINFA AMERICAN PALE ALE E’ una delle ultime nate, una birra chiara da alta fermentazione molto fresca grazie alle sue note d’agrumi e balsamiche. Giallo dorato nel bicchiere, sovrastata da una schiuma bianca assai persistente, è molto appagante e ricca evidenziando al palato carattere ed una bella tipicità. BEVA BELGIAN ALE Frumento, segala e avena e da quest’anno anche la cultivar “Senatore Cappelli” del presidio Slow Food/Terra Madre “Comunità del Grano”. Particolari sono anche i lieviti utilizzati in fermentazione. Il risultato è una birra (sempre di alta fermentazione) dal colore biondo carico, con un ampio corredo di profumi al naso. Immediata anche al palato, con una speziatura molto gradevole e interessante. Intensa, avvolgente, di grande piacevolezza. NEGROAMARA EXTRA BROWN ALE Best in class quest’anno nella sua categoria, questa birra ambrata


viene realizzata con malti caramellati: le note di tostatura sono importanti, bilanciate però da sensazioni più erbacee dovuta ai luppoli impiegati. Robusta, con un grado alcolico importante, è beneficiata però da una beva tutto sommato facile, immediata, grazie ad un perfetto bilanciamento. PRIMATIA BARLEY WINE I barleywine sono stati “inventati” dalla tradizione brassicola inglese nel diciottesimo secolo per contrastare il boom sul mercato dei vini francesi: più alti di gradazione alcolica, queste birre venivano lasciate maturare per un paio d’anni in botti di legno, acquisendo così sentori tipici del vino. Birranova ha fatto propria questa tipologia per la sua produzione di “birra invernale” impiegando prodotti tipici dell’agroalimentare pugliese. Troviamo quindi fra le materie prime il mostocotto di negroamaro e fichi secchi. Questa ambrata ha una gradazione alcolica davvero importante, siamo sui 9°, ed ha un impatto olfattivo impressionante. Il palato conferma l’ottima impressione olfattiva. Il “vinoso” degrada lentamente su note più fresche e tipiche. ABBOCCATA STRONG ALE Classica birra ambrata con predominanti note di caramello e malto; schiuma pannosa di lunga persistenza. Al naso è molto caratteristica coi profumi

che emergono in maniera molto netta e pulita. Il palato anche in questo caso è molto coerente, e conferma la prima impressione al naso; rilancia con un perfetto equilibrio fra le note di dolcezza dei malti e della tostatura e l’amaro dei luppoli. Una birra che ha ricevuto diversi riconoscimenti nella sua “carriera”. Tutti meritati. ARSA SMOKED PORTER Anche qui si torna ai legami con la tradizione brassicola tedesca dove, specialmente nella zona di Bamberg, si asciugava il malto con la fiamma libera. Non sono rimasti in molti a produrre questa birra scura che Birranova ha voltuo rendere “autoctona” usando il grando “arso” tipico del tavoliere. Nel passato, questo era legato alla necessità dei contadini del latifondo di recuperare per sopravvivere ogni singolo chicco di grano anche dopo la mietitura e i roghi delle stoppie. Oggi è stato recuperata la sua tradizione, attraverso però la tostatura senza arrivare alla sua totale bruciatura. Ma fa “sentire” tutta la storia di Puglia nel bicchiere. Il malto arriva proprio da Bamberg ed il cerchio è così perfetto. E’ una porter e anche questo dice tanto della filosofia e delle caratteristiche di questa “nera” d’aspetto, dalla schiuma color cappuccino. Ha un corpo leggero - 5 gradi e mezzo - e sapori assai complessi che vanno ben oltre al maltato ed alla tostatura. Finale ricco dalle piacevoli note fruttate. Grande. > Euposia Luglio-Agosto 2013

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STATISTICHE

CONSUMI MONDIALI SALITI A 1,9 MILIARDI DI ETTOLITRI, PRO-CAPITE A 27,5 LITRI econdo i dati riportati dall’ultimo Barth Report 201213, e rilanciati da Beverfood di Pasquale Muraca, la produzione mondiale di birra nel 2012 è cresciuta del 1.1% portandosi a 1.951 milioni di hl contro i 1.929 milioni dell’anno precedente, con un corrispondente consumo pro capite medio di 27,5 litri/anno. Ciò consolida la ripresa produttiva che, seppure in termini più timidi, si era manifestata già nel 2010, dopo la frenata produttiva del 2009. Tuttavia i dati globali mascherano grandi differenze a livello regionale, in termini di consumi e di tendenze. I mercati emergenti sono ancora la principale fonte di crescita dei volumi mentre i mercati maturi, di fronte alla debolezza della domanda dei consumatori, fanno fatica a tenere i volumi. Il vecchio continente è riuscito a mantenere il primato produttivo e dei consumi fino al 2008, dopodiché ha cominciato a perdere volumi e ora, con 545 milioni di hl, si colloca solo al terzo posto fra i vari continenti, superato sia dal continente americano che dall’emergente continente asiatico. I valori pro-capite si mantengono tuttavia ai livelli più alti del mondo (74 litri/anno). I Paesi dell’Unione Europea contano per 384 milioni di hl, mentre il resto dell’Europa rappresenta 161 milioni di hl. Negli ultimi anni si è avuto un freno produttivo anche nei mercati dell’Est Europa che in precedenza avevano esplicato dei

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LA PRODUZIONE

MONDIALE IN MILIONI DI ETTOLITRI

AREA

2008

EUROPA

585

AMERICA

543

545

ASIA

577

AFRICA OCEANIA TOTALE

2009

2011

2012

200812 %

550

545

-7.2

558

565

571

+ 5.2

598

631

680

688

+ 19.2

92

99

104

112

125

+ 31.8

22

22

22

22

22

--

554

2010

229

548

1.819 1.818 1.863 1.929 1.951 + 7.3

forti tassi di crescita. Germania e Russia sono ai vertici produttivi del continente (rispettivamente con 97 e 95 milioni di hl prodotti), ma entrambi accusano perdite di consumo negli ultimi anni. Segue a molta distanza il mercato britannico (con 42 milioni di ettolitri prodotti) e subito dopo quello spagnolo e polacco. Nel continente americano la realtà è bifacciale. Mercato maturo, in crisi di crescita, nella parte settentrionale (USA + Canada) che però nel 2012 ha un po’ recuperato portandosi a 249 milioni di hl prodotti (+1,2% rispetto al 2011). Il pro capite continentale è intorno ai 60 litri/anno, con valori molto più elevati nei mercati maturi del nord e più bassi nei mercati emergenti dell’America Latina. Il mercato USA (produzione di

m.ni hl nel 2012) è stato storicamente il primo mercato birrario del mondo ma nell’ultimo decennio ha dovuto cedere il primato mondiale al mercato cinese. Nel mercato Usa, tra l’altro, si è sta sempre più affermando il consumo delle birre artigianali che hanno ormai raggiunto oltre il 6% a volume del totale birre prodotte sul mercato federale e addirittura il 10% a valore. Naturalmente la crescita delle birre artigianali tende a cannibalizzare parte del prodotto industriale. Gli altri due più importanti mercati birrari del continente americano sono il Brasile (133 m.ni hl, al terzo posto nella classifica mondiale dei mercati birrari) e i Messico (82 m.ni hl, al sesto posto nella classifica mondiale).


News FESTA DELL’ORZO A PEDAVENA: 15MILA PERSONE AFFOLLANO LA CULLA DELLA BIRRA DELLE DOLOMITI irra oramai fenomeno sempre più sociale e diffuso: 15mila persone hanno affollato, nel primo week-end di luglio, Pedavena e Feltre per la seconda edizione della “Festa dell'Orzo”. Un successo inaspettato soprattutto per le visite alla Fabbrica e i corsi Beer Master organizzati da Slow Food: si sono dovuti organizzare turni doppi per le visite e accettare ulteriori partecipanti ai corsi Beer Master del sabato pomeriggio, arrivando a quasi 1.500 persone per le prime e un centinaio per i secondi, e tutto ciò non è stato sufficiente per soddisfare le numerose e continue richieste. Il fascino della Fabbrica e del nuovo museo sono stati elemento di forte richiamo non solo per i visitatori locali ma per tutto il Nord Italia. Un colorato e suggestivo corteo guidato da tamburini e sbandieratori ha aperto la sfilata dei trattori storici che hanno anticipato l'arrivo della regina per la consegna del mazzo d'orzo a Gianni Pasa, mastro birraio della Fabbrica di Pedavena, che ha inaugurato così la nuova produzione della Birra Dolomiti, specialità della Fabbrica realizzata anche con orzo locale. Prima della tradizionale apertura della Botte di Birra Dolomiti, il sindaco di Pedavena ha consegnato il Premio Dolomiti; il riconoscimento è andato alla Cooperativa Agricola La Fiorita, come ringraziamento per l'impegno e il contributo a valorizzare il territorio e le sue produzioni d'eccellenza, come l'orzo delle Dolomiti. Birra Castello è promotrice dell'evento in collaborazione con Slow Food: «L'azienda crede molto al

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progetto di filiera integrata in Birra Dolomiti e riconosce la sua importanza soprattutto in relazione al territorio. La seconda festa dell'orzo ha avuto un ottimo riscontro, segnale che l'impegno dell'azienda è apprezzato e riconosciuto» conclude Walter Lombardi, coordinatore generale degli stabilimenti di Birra Castello e Fabbrica di Pedavena. «Per il Comune di Pedavena la Fabbrica di Pedavena rappresenta molto più di un semplice sito produttivo. È un simbolo per il territorio e per l'intera comunità, e la Festa dell'orzo rappresenta un evento di fondamentale importanza» spiega Teresa De Bortoli, sindaco del Comune di Pedavena, che ha partecipato in prima linea nel difendere la fabbrica da una vicina chiusura nel 2005. «Vogliamo valorizzare i nostri luoghi, le nostre tradizioni e soprattutto le nostre eccellenti produzioni, come l'orzo delle Dolomiti e la Birra Dolomiti. Il coinvolgimento di Feltre è stato quindi un passo naturale - aggiunge Paolo Perenzin, sindaco di Feltre - : il Gruppo Birra Castello negli anni, attraverso l'attività della Fabbrica di Pedavena, ha sviluppato e consolidato il suo legame con il territorio, valorizzandone risorse, creando opportunità di crescita e dando visibilità. Tutto ciò che può aiutare a sviluppare la diffusione e la conoscenza della nostra cultura, della nostra storia e soprattutto delle nostre produzioni uniche, come l'orzo - prosegue il sindaco - deve avere il sostegno e l'appoggio delle amministrazioni, perché la sinergia e la collaborazione sono necessarie per creare e dare valore al nostro territorio». Euposia Luglio-Adosto 2013

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Food

ANDREA BEZZI mazing cheese il Silter! Un vero e propiro tesoro dell'Italia casearia. Altro che Francia, il Paradiso del formaggio è qui, in Val Camonica, a 1800 metri di quota, nell’incontaminato scenario delle malghe di Case di Viso, dove le abitazioni conservano immutata la loro architettura originaria in muratura, risalente - per alcune - agli inizi del XIX secolo. All’interno del Parco Nazionale dello Stelvio, la Valle di Viso è percorsa dalle fredde e chiare acque del torrente Arcanello e si trova della Valle Camonica. Siamo nel territorio del comune di Ponte di Legno. Intorno alcuni nomi mitici per gli amanti del ciclismo. Il Mortirolo, che mette in comunicazione con la Valtellina , il Tonale, al confine con il Trentino, ed il Gavia che mette in comunicazione l’Alta Valle Camonica con la Valfurva. Tutto intorno pascoli verdi dove senti predominare il profumo del timo al massimo della sua fioritura. «Questo sarà un anno particolarmente felice per il formaggio che produciamo qui - racconta Andrea e le mucche alimentate con una preparazione tutta naturale a base di orzo e fieno, in parte acquistato ,

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OVVERO

“MISTER

in parte autoprodotto in azienda». “Silter” è un sostantivo di derivazione anglosassone e di origine quasi certamente celtica. La parola corrisponde all’italiano “casera” ed è il nome che, nella zona di produzione, è dato al locale di stagionatura e che viene utilizzato anche per contraddistinguere il formaggio conservato e stagionato in questo locale. Nei secoli passati la trasformazione casearia del latte era l’unico modo disponibile per la conservazione delle sue preziose caratteristiche nutrizionali e il formaggio Silter rappresentava un’importante fonte di nutrimento per la gente delle montagne e della valle. Formaggella, nostrale, burro, fiurit, ricotta e casolet, qualche salame e molta aderenza con la tradizione. Ma il 2013 potrebbe essere davvero (e finalmente) l'anno del Silter. Il Silter, ovvero quando la ricchezza era di pochi, uno straordinario prodotto da stagionatura, oggi che il bisogno ha lasciato spazio al desiderio. «Non vendo tutte le forme giovani, ne mantengo alcune per farle stagionare. Uno, due, tre anni…». Andrea conferma, io concordo, il formaggio di Andrea Bezzi a Ponte

CHEESE ”

di Legno ne è il più fedele esecutore. Sapidissimo, ma mai amaro, di un bel colore giallo naturale, una grande crosta, il Silter a lunga stagionatura è un monumentale formaggio a pasta cotta. Ideale ingrediente in un risotto di timo e ortica, magari raccolti in ambiente alpino, sfumato con un grande pas dosèe, secchissimo. Andrea utilizza il latte di una sola mungitura, prodotto del benessere delle sue 40 mucche di razza alpina «Ai tempi di mio padre chi aveva quaranta mucche era un gran signore. Oggi non è piu' così, ma sono contento della mia scelta ed i fatti mi stanno dando ragione» racconta ad Euposia. Andrea Bezzi e Jane probabilmente sono uno degli esempi migliori di adattamento al postmoderno ed alla crisi e vivono già nel futuro. Il Silter Camuno Sebino a lunga stagionatura prevede un affinamento delle forme per almeno 200 giorni. Ma Andrea si spinge anche oltre. Insieme abbiamo assaggiato la splendida annata 2009. Una rarità. Incredibile. La fase di stagionatura è un periodo


Food caratterizzante ed estremamente delicato, il suo andamento viene determinato dalle condizioni climatiche e ambientali caratteristiche della zona alpina e prealpina di produzione. La storia lo insegna e la società anche, ed è proprio vero che dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna. E questo è anche il caso di Andrea Bezzi, e della sua compagna Jane che condivide gioie e passioni di una vita familiare e professionale particolare e unica.. Andrea una promettentissima carriera nello sci di fondo e Jane una attività di guida turistica specializzata che l’ha condotta in tutto il mondo si incontrano e si innamorano anche grazie al cheese. E da luglio a stettembre è tutta una processione di persone che si fermano al caseificio di Andrea per assaggiare, acquistare, fare un pieno d’energia, prima della salita alle cime innevate di quota tremila. Ai confini dell’Alta Val Camonica, nell’estrema “periferia” di Case di Viso, le mucche di razza bruna alpina di Andrea possono scorrazzare su pascoli incontaminati e purissimi. Il colore naturale del Silter non è mediato con aggiunta di zafferano od altro, come avviene in altri quadranti che non godono del completo controllo della filiera «Tutti insieme al Consorzio abbiamo deciso che era meglio aspettare un po’ di piu’ ma essere pronti per il passaggio ad un evento così importante come l’arrivo della DOP in modo da garantire un futuro durevole e sostenibile, compatibile con l’equilibrio ambientale nell’Ente Parco» mi dice il neo confermato Presidente del Consorzio per la tutela del formaggio Camuno Sebino del Silter. La ricca flora lattica che proviene dal tipico ambiente montano in cui vengono allevate e munte le vacche di Andrea rappresenta un'altra particolarità dei suoi formaggi. Il profilo organolettico del prodotto, derivato dalle analisi sensoriali, descrive il formaggio caratterizzato da sentori di frutta secca, burro, latte vaccino di pascolo, foraggi verdi (o essiccati) e farina di castagne. Il traguardo della Dop dovrebbe essere tagliato entro l'autunno del 2013. E la mungitura dei quaranta capi di Andrea, casaro da almeno tre generazioni, è commovente. Coadiuvato da Erika (giovane stagista della scuola di agraria) e da Izu (fedele collaboratore di origine albanese) sotto il vigile occhio del grande cane Tito, le mucche si dirigono al pranzo mattutino ben motivate ed allegre. Ciascuna con la propria campana, come nella tradizione. Sembra quasi di trovarci, con tutto questo scampanellio, in una chiesa laica, benedetta da Dio e dal buon senso dell’Uomo. (di Carlo Rossi - Foto di Alessandra Pezzutti) Euposia Luglio-Agosto 2013

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News COMPIE QUARANT ’ANNI LA DISTILLERIA NANNONI L'assemblea del Consorzio Asiago approva piano 2014-16 assemblea dei soci del Consorzio Tutela Formaggio Asiago, a grande maggioranza, ha approvato l'avvio dell'iter per l'adozione del piano produttivo di crescita programmata per il triennio 2014-16. Con questa prima tappa formale il Consorzio Tutela Formaggio Asiago sceglie di percorrere la strada della programmazione produttiva, recentemente introdotta dalla normativa comunitaria attraverso il Pacchetto Latte; una novità, come ha ricordato l'on. Paolo De Castro, che introduce “misure di portata storica per tutti i formaggi a denominazione di origine protetta europei e, in una fase di forte e prolungata volatilità dei mercati come quella attuale, assume un significato ancora più strategico”. Obiettivo della regolazione dell'offerta è infatti la creazione di un maggiore equilibrio tra produzione e mercato, prerequi-

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ompie quest'anno 40 anni la distilleria toscana Nannoni, fondata nell'ormai lontano 1973 da Gioacchino Nannoni nei pressi di Paganico (GR). Per ricordare l'anniversario, è stato organizzato in distilleria un grande evento celebrativo alla metà di luglio. In Toscana si era riservata da sempre scarsa cura ai distillati, finché il Maestro Distillatore Gioacchino Nannoni, consapevole delle potenzialità aromatiche e delle proprietà organolettiche delle vinacce toscane, con particolare attenzione a quelle di Brunello e di Chianti, diede lustro a partire dagli Anni Settanta del secolo scorso alla "grappa di fattoria": un prodotto pensato e realizzato per garantire il rispetto dei profumi e dei sapori peculiari di ogni tipo di vitigno o di uvaggio. Grazie alla profonda conoscenza dell'arte della distillazione, ma ancor più grazie

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alla perfetta padronanza nella realizzazione degli stessi impianti, Gioacchino Nannoni riuscì a creare prodotti per i quali il suo nome, associato ad aziende di primaria importanza, si è ormai fatto conoscere in tutto il mondo. Oggi l'eredità produttiva di Gioacchino Nannoni è stata raccolta dall'allieva prediletta, Priscilla Occhipinti, che alla memoria del suo grande mentore ha voluto dedicare una bottiglia speciale, “La Saggezza del Maestro”. La Distilleria Nannoni si trova nella piccola località di Aratrice, nel verde della campagna toscana, a breve distanza da Grosseto e da Siena. Fra i suoi prodotti più tradizionali spiccano le Grappe di Brunello Riserva - Bianca, Oro dei Carati e Acquavite Stravecchia da Sigaro Toscano - distribuite in Italia dalla Fratelli Rinaldi Importatori di Bologna.

sito per la stabilità dei redditi degli allevatori e dei produttori con ripercussioni positive anche per i consumatori. A beneficiare della nuova programmazione sarà anche l'export, che potrà avvantaggiarsi delle risorse promozionali aggiuntive generate dal piano per accrescere e consolidarsi, in primis in quei paesi dove l'Asiago DOP è apprezzato e conosciuto come uno degli alfieri dell'agroalimentare italiano. «Con questo passaggio assembleare - afferma Roberto Gasparini, presidente del Consorzio che rappresenta la sintesi del confronto tra i soci, abbiamo messo un punto fermo nel percorso di adozione del piano produttivo. Ora ci attende una fase di intenso lavoro per il completamento dell'iter procedurale: la strada da percorrere è ancora lunga, ma siamo fiduciosi rispetto all'impegno e alla determinazione di tutti nel voler conseguire questo importante obiettivo».



Food SUJUK, LA SALSICCIA OTTOMANA i trovavo a Izmir, la grande città dell'Anatolia che si affaccia sull'omonimo golfo nel Mar Egeo, ricca di storia e crocevia di culture e commercio. Nel girovagare tra i venditori ambulanti di carne alla brace, spezie profumate, ristoranti e caffè mi sono imbattuta in un salume locale, tipico della cucina turca. È il sujuk (conosciuto anche come sudjuk, sucuk), una salsiccia asciutta, dal colore rossastro che, assaggiata cruda, ha buon sapore pieno, piccante e speziato. Tipica della tradizione salumiera turca, col tempo si è diffusa anche in Medio Oriente, nella regione dei Balcani fino all'Asia centrale. Si contraddistingue per la consistenza asciutta del prodotto e per la varia intensità delle spezie impiegate. La materia prima utilizzata è abitualmente carne di manzo, anche se ne esistono varianti con suino (nei paesi non musulmani) e addirittura equino in Kazakistan e Kyrgyzstan. Macinata con cura la carne è quindi mescolata con olio d'oliva e spezie, il cui dosaggio varia a seconda del grado di intensità del sapore desiderato. S'impiegano abitualmente sale, peperoncino, cumino, aglio e sommacco, quest'ultimo ricavato da una pianta con origini antichissime, utilizzata anche nella preparazione di medicinali. L'impasto così ottenuto, messo a riposo per circa 24 ore, è poi insaccato in budello naturale e fatto stagionare per alcune settimane. Il sujuk si può consumare sia crudo che, preferibilmente, cotto, soprattutto al mattino a colazione, magari con uova e una tazza di caffè nero bollente. In Libano e in Armenia si utilizza per farcire gustosi panini con aglio e salsa di pomodoro mentre in Bulgaria, crudo e a fette, si mangia come antipasto accompagnato ad un bicchiere di vino. (Elena Benedetti)

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Izmir, tutta da scoprire Secondo un detto turco Izmir è inaffidabile, come il tempo, spesso mutevole soprattutto in inverno e in primavera, e come le sue ragazze, sulla cui stabilità di umore pare si possa fare ben poco affidamento. La terza città della Turchia, Smirne, nella traduzione in Italiano di Izmir (in origine mirra, dal greco antico), si affaccia sul golfo dell'Egeo con una moltitudine di identità e anime che tutte insieme catturano e affascinano il visitatore. Smirne è una vera sorpresa, e merita senz'altro una sosta. Per la grande movida di giovani che nei mesi estivi affollano i locali, caffé e ristoranti aperti fino a tardi nel quartiere di Konak. Tante sono le popolazioni anche non musulmane che ancora oggi convivono a Smirne: armeni, ebrei, greci, levantini. Il suo spirito multietnico si ritrova negli edifici e nei tanti luoghi di culto della città, tra chiese cristiane, moschee e sinagoghe. Liberali e libertari, qui buona parte dei giovani cittadini di Izmir vivono all'occidentale, tra internet, social network e una gran voglia di

godere della città e dei suoi spazi di intrattenimento (primo fra tutti il cordón, ovvero il lungomare affollato di ristoranti e locali per tutte le tasche). Il mercato nel quartiere di Kemeralti è una vera meraviglia, visitabile anche nelle ore più calde grazie a teli e lamiere che riparano dal sole. In questo labirinto di vicoli lo street food è eccellente, tra kebap, spiedini e polpette. Non può mancare un bicchierino di thé o un bel caffè turco da gustare pigramente in uno dei tanti caffé del bazar, con iphone alla mano per dare un'occhiata veloce alla posta grazie alle reti wifi gratuite, disponibili ovunque. Qui si respira un'atmosfera più orientale, con tante famiglie musulmane indaffarate nelle spese e col sottofondo del richiamo del muezzin dal vicino minareto. A Izmir tutto scorre in una multiculturalità che apre la strada a nuove forme di convivenza espressiva fra oriente e occidente. Ci auguriamo che lo spirito di questa capitale rimanga a modello per il Paese. (e.b.)


Food

n tempo smarrita fra i ricordi alimentari locali, ora addirittura presidio Slow Food: stiamo descrivendo la seconda vita della “Mortadella di Prato”. Si hanno tracce di questo salume cotto già alcuni secoli fa; fino agli anni Cinquanta fu un espediente per recuperare carni di seconda qualità scartati dalle produzione di insaccati più costosi come la Finocchiona. Dopo alcuni decenni di oblio alcuni produttori della zona di Prato hanno deciso di riprendere in mano questa vecchia ricetta, riformulandola e rendendola affine ai gusti moderni. Siamo negli anni '90. Il punto di partenza per la "nuova" Mortadella di Prato è una materia prima di qualità: si impiegano maiali di provenienza nazionale, se possibile certificati bio. I tagli selezionati sono spalla, capocollo, guanciale, rifilatura di prosciutto, lardone e pancetta. Le parti magre sono tritate con grana medio-fine, mentre il grasso è tagliato in dadini. Una volta lavorate le carni si uniscono alla concia, artefice di profumi e sapori del prodotto finito. Nella ricetta troviamo sale, pepe nero in grani e macinato, aglio pestato, macis, cannella, chiodi di garofano, coriandolo. Oltre a queste spezie è caratteristico l'impiego dell'Alkermes, un liquore solitamente usato nella preparazione di dolci (come la zuppa inglese); questi dona al nostro salume una nota di profumo e, soprattutto, una colorazione più viva, simile a quella delle mortadelle bolognesi (il rosso dell'Alkermes è dato dalla cocciniglia, speciale secrezione delle coccinelle). Una volta insaccato in budello naturale il prodotto sosta in stanze di stufatura per tre/cinque giorni a temperature costantemente

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MORTADELLA DI PRATO: RINASCE UNA SPECIALITA’ TOSCANA calanti (dagli iniziali 25 gradi a 12 gradi); al termine di questo lasso temporale si passa alla fase di cottura, operazione che dura alcune ore e permette al prodotto di raggiungere i 68/70 °C di temperatura al cuore. Dal sapore che riporta alle spezie d'oriente, dal profumo distintivo (grazie alla presenza del liquore), la moderna Mortadella di Prato presenta un gusto più "soft" rispetto alla ricetta in vigore fino al dopoguerra. Allora infatti si trattava di un salume ricavato con carni di scarto, che venivano speziate in maniera massiccia per coprire eventuali cattivi sapori. Il prodotto finito presenta forma ovale allungata, pezzatura medio-piccola (le versioni più diffuse variano da poco meno di un kilogrammo fino ai due kg abbondanti; hanno diametro 10/13 cm e lunghezza attorno ai 30 cm); al taglio si apprezza il colore rosa opaco delle carni magre bilanciato dalle parti bianche del grasso tagliato in maniera grossolana. La Mortadella di Prato è una specialità riportata in vigore da alcune macellerie e salumifici artigianali ubicati a Prato, Agliana e nei comuni limitrofi. Dodici anni fa, su segnalazione dei produttori, è stato costituito il presidio Slow Food. Il disciplinare

produttivo prescrive, come già menzionato, la tipologia di materia prima (maiali italiani, preferibilmente biologici), il limitatissimo impiego di conservanti, gli aromi e le spezie utilizzabili nella concia, la tipologia di insacco. Con la formulazione di un disciplinare si tutelano gli operatori, favorendo l'omogeneizzazione dei processi produttivi nel rispetto delle sfumature che rendono la Mortadella di Prato riconoscibile a seconda della marca. Si tratta di un salume versatile che si adatta bene per tante preparazioni in cucina. Come la sua "cugina famosa", la Bologna I.G.P., la nostra Mortadella di Prato può essere affettata sottile e consumata come antipasto insieme agli altri salumi toscani; può essere anche valorizzata a cubetti nella preparazione di un'insalata di riso, oppure avvicinata ai crostini col pane toscano croccante; infine (e questa è una "dritta" ottenuta da un esperto pratese) dona il suo massimo se degustata con i fichi. Alcuni produttori suggeriscono di servirla tiepida, magari come farcitura della pizza oppure come ingrediente distintivo per un risotto. Un vanto quindi per la tradizione alimentare toscana. (Giorgio Montanari) Euposia Luglio-Agosto 2013

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News UNA FONTINA DOP BIO A NEW YORK annaggia gli americani so' forti perché magnano mostarda, latte, hamburger...”. Così Alberto Sordi in "Un Americano a Roma" dipingeva l'alimentazione a stelle e strisce. Oggi a quasi 60 anni di distanza le cose sono molte diverse. Ci sono ancora gli hamburger, gli hotdog e il junk food, ma ci sono, e in numero sempre maggiore, supermercati e negozi specializzati nella vendita di prodotti alimentari di qualità. I prodotti naturali e biologici costituiscono il 18% circa di tutte le specialità alimentari vendute negli Stati Uniti, e il 50% delle importazioni. La recessione globale ha rallentato la domanda di specialità alimentari da parte dei consumatori americani, ad eccezion fatta di quella di prodotti naturali/biologici che, in controtendenza, continua a crescere. La crescita della produzione italiana di questi prodotti, osservano gli operatori americani, è stata rapidissima - da appena 700 di 15 anni fa, le aziende agricole italiane che possono fregiarsi della certificazione BIO sono raddoppiate a circa 1.400. La superficie coltivata a prodotti biologici in Italia è maggiore di quella degli Stati Uniti. I prodotti naturali/biologici italiani - fra i quali figurano olio d'oliva extra vergine, pasta, dolci, formaggi e vino - sono generalmente bene accolti dal mercato americano anche se la concorrenza di prodotti Italian sounding (ossia all'apparenza italiani, ma in realtà di produzione nazionale o importati da altri Paesi) è molto forte. A conferma di tutto ciò, tra i tanti prodotti italiani certificati bio, c'è anche la Fontina DOP BIO. Da

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Jambon Day: una giornata dedicata al re dei crudi Il VdA Jambon de Bosses DOP è uno degli emblemi della gastronomia valdostana e quest'anno per la prima volta si è deciso di dedicare una intera giornata per conoscere il re dei Crudi. Il 14 luglio presso il magnifico borgo di Saint Rhémy en Bosses i gourmet potranno visitare la stabilimento di produzione e conoscerne i segreti, assaggiare il VdA Jambon de Bosses DOP e acquistarlo direttamente dal produttore. Questo prodotto artigianale dalle origini antichissime è arrivato fino ai giorni nostri senza sostanziali varianti grazie alla passione della piccola comunità di Saint Rhémy en Bosses. Sarà aperto al pubblico il prosciuttificio che ha sede nel vecchio borgo e potrà essere visitato durante tutto l'arco del giorno a scadenza stabilita. La giornata sarà ricca di appuntamenti, dalle sessioni di salatura e sugnatura a quelle di taglio a coltello e disossamento a degustazioni guidate.

alcuni anni la Fromagerie Haut Val D'Ayas esporta il suo prodotto simbolo negli Stati Uniti, ma ultimamente questa esportazione si è rafforzata e, tramite un distributore, la Fontina DOP BIO è ora facilmente acquistabile in diversi negozi di prodotti naturali/biologi e può essere degustata nei migliori ristoranti di New York. «Il consumatore attento e informato, è il nostro consumatore ideale perché conosce il prodotto, le sue caratteristiche e peculiarità e può apprezzarne appieno tutta la filiera. Per questo motivo quando il distributore americano ci ha chiesto di poter realizzare un servizio fotografico sulla nostra realtà produttiva da inserire sul suo sito (www.pondini.com) ho accettato immediatamente con entusiasmo» commenta Danilo Grivon Direttore della Fromagerie Haut Val d'Ayas. La qualità della Fontina DOP BIO è di altissimo livello e costante nel corso dell'anno in quanto la connotazione biologica della filiera usata per la produzione di Fontina DOP BIO fa sì che sia ammesso l'utilizzo di latte proveniente da allevamenti con una densità massima di 2,2 bovini per ettaro.


News L'83ª EDIZIONE DELLA FIERA DEL TARTUFO BIANCO D’ALBA PUNTA AI GIOVANI, I NUOVI FOODIES a passione per la cucina conquista fasce di età sempre più basse. Tanto che - secondo una recente ricerca del portale ilgustofascuola.it - tra i sogni nel cassetto dei giovanissimi italiani, il desiderio di diventare, da grande, un cuoco famoso accomuna 2 ragazzi su 10. Cavalcando questa tendenza l'83ª edizione della Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d'Alba - che aprirà i battenti nella cittadina piemontese sabato 12 ottobre per terminare domenica 17 novembre vedrà protagonisti proprio i giovani e la cultura del cibo. Presso il Palazzo delle Mostre di Alba è stata infatti allestita una sezione dedicata ai "foodies junior" dove bambini e ragazzi potranno sperimentare la propria fantasia in cucina e divertirsi a fare gli chef per un giorno. E attraverso una ricerca simulata sarà possibile ammirare le gesta di un cane da tartufo nell'atto di scovare in terra un prezioso “Tuber magnatum Pico”. Tra le novità, la presentazione del volume “Alla scoperta del tartufo” edito da Slow Food editore in collaborazione con il Centro Nazionale Studi Tartufo di Alba. Si tratta di un vademecum sul tartufo pensato per far scoprire al grande pubblico tutti i segreti di questo straordinario alimento: dove cercarlo, come sceglierlo e degustarlo, gli itinerari turistici e infine le ricette firmate dai grandi chef del territorio. Oltre alla sezione dedicata ai bambini, a partire dal 12 ottobre, presso il Palazzo Mostre e Congressi "G. Morra" di Alba, scatta l'ora dei "foodies moments": laboratori di

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analisi sensoriale e di cucina realizzati da grandi chef del territorio e dedicati ai tanti appassionati di cibo che giungeranno nel borgo piemontese. Un vero e proprio tributo alle migliori eccellenze delle Langhe che vedrà protagonisti il tartufo bianco d'Alba, i celebri vini di Langhe e Roero, i tradizionali formaggi locali e la carne. Gli eventi gastronomici della Fiera avranno inizio da domenica 20 settembre con la Festa del Vino che vedrà protagonista nel centro storico di Alba banchi di assaggio dei rinomati vini di Langhe e Roero. Ogni lunedì di ottobre invece sarà la volta del tradizionale appuntamento con il Mercato ambulante della Fiera, Campagna Amica e il Mercato della Terra. Infine, nei weekend di novembre nella Piazza storica del Duomo ci sarà il Salotto dei Gusti e dei Profumi che vedrà protagonisti la Nocciola piemontese IGP, gli artigiani del cioccolato, il riso, il Moscato d'Asti, il Barolo Chinato

e lo spumante Alta Langa. Presso il Mercato Mondiale del tartufo bianco di Alba, aperto ogni sabato e domenica dal 12 ottobre al 17 Novembre (ore 09.00 20.00), tutti gli appassionati avranno la possibilità di vedere, toccare, annusare tanti e tanti tartufi. gni Tuber magnatum Pico viene controllato - prima dell'apertura al pubblico - da una Commissione Qualità che resta a disposizione dei clienti per tutta la durata della Fiera, con la funzione di "Sportello del Consumatore". Obiettivo di questo progetto è informare sui diritti degli acquirenti di tartufo fresco nel periodo della Fiera Internazionale del Tartufo bianco d'Alba e di raccogliere suggerimenti e segnalazioni circa esigenze ed eventuali problemi. Al mercato del tartufo, tutti i tartufi bianchi di Alba sopra i 20 grammi verranno venduti all'interno di un sacchetto numerato che vale come garanzia e che darà diritto ad un cambio se il tartufo risulterà insoddisfacente.

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DODICI NUOVI MASTER SOMMELIER ALMA-AIS ono dodici i professionisti del vino che hanno conseguito l’attestato di Master Sommelier a conclusione della 4a edizione del corso Master Sommelier Alma-Ais promosso dalla Scuola Internazionale di Cucina Italiana, in collaborazione con L’Associazione Italiana Sommelier. Dopo un percorso formativo che li ha impegnati per nove mesi, di cui una fase residenziale di lezioni teoriche e degustazioni, e due mesi di stage, più altre attività pratiche e visite didattiche, gli allievi hanno sostenuto l’esame finale costituito dalla presentazione di una tesina e in una prova di degustazione alla cieca. A consegnare gli attestati sono intervenuti Antonello Maietta, Presidente Nazionale AIS, Andrea Sinigaglia, Executive Manager di Alma e Responsabile di Alma Wine Academy, Paolo Tegoni, Direttore del Master, il coordinatore di Alma Wine Academy Ciro Fontanesi, e Ivano Dolciotti, docente. Grande soddisfazione è stata espressa da Maietta: «Da quattro anni collaboriamo con Alma con l’obiettivo di elevare la professionalità di chi opera nel mondo del vino, che rappresenta una grande risorsa del nostro Paese. Il Master

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migliora di anno in anno. Per la nostra associazione è un grande orgoglio poter contare su grandi professionisti e abili comunicatori». «Avete raggiunto - ha detto Tegoni, “un traguardo importante dopo un percorso molto impegnativo e affascinante. Il vostro viaggio non è finito, la “nave” riparte verso nuovi futuri professionali». A testimoniare una delle tante opportunità di carriera nate grazie al Master Sommelier Alma-Ais è la storia di Ciro Fontanesi, miglior diplomato dell’edizione precedente, laurea in ingegneria, oggi coordinatore di Alma Wine Academy, impegnato in un progetto di ampliamento della cantina didattica della scuola. «Non smettete mai - ha detto Fontanesi - di approfondire le vostre conoscenze, siate aperti e

curiosi. L’insegnamento più prezioso di Alma è per me quello di rimanere sempre umili: bisogna costantemente mettersi in discussione con l’obiettivo di crescere». Tra i diplomati di quest’anno una menzione particolare merita il trevigiano Massimo Fontanive, 46 anni, anche lui ingegnere, che, con il punteggio di 91/100 si è rivelato il miglior studente del Corso. Il Master è rivolto a sommelier, ristoratori, operatori ed esperti del settore in possesso di un diploma di scuola media superiore e del diploma Ais o formazione certificata equivalente. Per permettere la frequenza anche a chi svolge già un’attività lavorativa, le lezioni si tengono un giorno alla settimana (il lunedì). La prossima edizione del corso partirà il 23 settembre 2013.


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- Tutte le Anteprime Toscane - Bisol, il Metodo classico - Malbec, il tasting

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Impaginazione: ConTesto editore scarl grafici@euposia.it Si ringrazia per il materiale fotografico Cristina Fattori, Premiata Salumeria Italiana, Alexandre Martin, Archivio La fine Mousse, archivio Cave a Bulles, Archivio Campania Wine, Archivio Palazzo Roccabruna, Alessandra Pezzutti - Giulio Bendfeldt Copertina: Manuel Bressan per Consorzio Tutela Vini di Soave Concessionaria per la pubblicitĂ : Contesto Editore Scarl Per i siti www.euposia.it e www.italianwinejournal.com info@vinoclic.it Stampa: Tieffe Sansepolcro (Ar) Distribuzione per le edicole Sodip Spa, via Bettola, 18 20092 Cinisello Balsamo Prezzo della rivista: 5 euro Arretrati: 8 euro + spese di spedizione Per informazioni: tel. 045.591342 Editore: Contesto Editore Scarl Via Frattini, 3 - 37121 Verona Iscr. Roc n. 12207 del 02/XI/2004 Registrazione Tribunale di Verona n. 1597 del 14/05/2004

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