Euposia 78 tutto

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CHI AMA IL VINO E PER CHI VUOLE CONOSCERLO

Anno XIII - n. 78 - Euro 5 - Dicembre-Gennaio 2014

L A R IVISTA DEL V INO E DEL B UON B ERE

www.euposia.it www.italianwinejournal.com

Conero Riserva

Il “lascito” di Osimo Limoux e Cava

Bollicine del “Midi” Magna Grecia

Il metodo classico che non ti aspetti

Jerez de la Frontera: la patria dello Sherry - Anteprima Amarone 2010 - Vini dalla Croazia - Modena, tutto un sapore - Birra Arribal - Pedavena - Vodka Beluga - Diego Abatantuono e la “Meatball family” - Napoli: novità dal mondo del gusto - Rhum La Mauny BIMESTRALE - "Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1 NE/VR"



Editoriale

2014, INIZIO IN SALITA A MENO 180 DALL’EXPO n lungo viaggio inizia col primo passo. Quanto sarà lungo il viaggio dell’agroalimentare italiano quest’anno non è dato sapere, ovviamente. Però guardando a come è incominciato qualche preoccupazione inizia a fare capolino. Il settore che meglio ha retto alla crisi degli ultimi sei anni, quello che ha contribuito in maniera significativa a tenere in attivo la bilancia commerciale del Paese è senza guida oramai da troppo tempo. La guida politica del dicastero cambia mediamente ogni otto, nove, mesi. L’amministrazione vede più la Guardia di Finanza che non i “suoi” Forestali e a Bruxelles sono in discussione le strategie comunitarie dei prossimi anni. Come e quanto cambierà la politica agricola; come si ripartiranno le risorse; le scelte che i singoli Stati adotteranno per rendere più efficaci queste politiche scegliendo le proprie priorità. Va così bene che l’export della Germania in questo settore - senza avere la forza trainante delle nostre denominazioni - è praticamente il doppio di quello italiano. Insomma, mentre noi ci vantiamo, gli altri corrono. Prova ne è anche il record raggiunto oramai dall’italian sounding che toglie dalle casse dei nostri produttori la cifra-record di 60 miliardi di euro. Ora, anche facendoci la tara, è una somma pazzesca. Certo, una

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Il comparto agroalimentare italiano riparte coi limiti di sempre: guida politica incerta e peso politico ridotto al lumicino. Così, a chiacchiere, stiamo a zero: mancano 180 giorni alla prova dell’Expo e siamo ancora senza un programma vero...

diversa guida politica non restituirebbe questi soldi al primario italiano (banalmente, abbiamo noi produzione sufficiente a rimpiazzare i falsi che girano per il mondo?), ma almeno potrebbe provarci e portare a casa qualcosa. Invece, nulla. Una comparsata a favore delle telecamere all’ultimo blocco al Brennero della Coldiretti e poco altro. Così, sperare che funzioni è davvero troppo. Così, sperare che il sistema Paese arrivi all’appuntamento dell’Expo inizia a maggio 2015 - preparato, con una agenda di cose da fare in termini di business e non soltanto di p.r. è davvero utopia. Abbiamo indovinato il tema dei temi, quello che davvero serve in questo momento e dove possiamo giocarci una carta importante per il futuro. E’ vero, come sostengono gli Indiani, che siamo il 2% del mondo e quindi contiamo poco, ma la leadership non si misura in numeri di teste, ma di cervelli in azione. Però dobbiamo darci una mossa: programma, calendario eventi, incontri politici e d’affari: il canovaccio ha ancora troppe parti in bianco. Ad oggi ci accontentiamo di fare infrstrutture, o - almeno - di arrivare all’inaugurazione con l’asfalto tirato e asciutto. Ottimo, ma i contenuti? Euposia Dicembre-Gennaio 2014

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s o m m a r i o

PRIMO PIANO 22

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Jerez de la Frontera La patria dello Sherry, capitale del vino 2014 32 Amarone Docg 2010 Tutti gli Amarone in anteprima: una magnifica annata 40 Magna Grecia metodo classico Bollicine inaspettate

DEGUSTAZIONI 46

Sparkling du Midi Quaranta Limoux e Cava da non perdere

TERRITORI E FOCUS 46

62 Croazia L’oro del Quarnero 70 Modena Tutti i sapori in una sola “casa”

BIRRA 70

76 Arribal Novità dalla Toscana 80 Mastro Birraio 2013 L’ora di Luigi D’Amelio

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Pedavena Arriva la Dolomiti non filtrata a km zero I NOSTRI RIFERIMENTI Tel. - Fax 045 591342 - redazione@euposia.it Per inviare cartelle stampa o materiale informativo: Nicoletta Fattori: fattori@euposia.it Per inviare bottiglie da inserire nelle degustazioni cieche: Redazione Euposia - Via Prati 18 37124 Verona (Vr)


B RASILE “GLI SPARKLING WINES DELL’AREA EMERGENTE DELL’ENOLOGIA MONDIALE” TASTING EX...PRESS: LUNEDI’ 7 APRILE 2014 - ORE 11.00 SALA IRIS PALAEXPO INGRESSO A1 - PIANO/LEVEL - 1 numeri sono ancora piccoli, ma le fondamenta ci sono tutte. Il Brasile del vino è oggi una realtà emergente: come consumatori di vini di qualità e come produttore, di vini di altrettanta qualità. Le radici sono europee, le tecnologie e la formazione degli enologi anche; i suoli sono fertili, capaci di produzioni spettacolari. Nell’anno dei

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Mondiali di calcio, Euposia e il Vinitaly presentano un’eccezionale degustazione - la prima pubblica mai svolta in Italia col meglio delle “bollicine” carioca: metodo classico e metodo charmat provenienti dalle diverse zone di produzione del “vigneto Brasile” dove oggi operano i migliori flying-winemaker mondiali e dove è sempre più alta l’attenzione alla qualità.

Per accedere alla degustazione bisogna essere in possesso di un biglietto di entrata al Vinitaly e prenotarsi sul sito www.vinitaly.com area visitatori/degustazioni


News UMANI RONCHI: DEBUTTA IL “CAMPO SAN GIORGIO”, IL CONERO RISERVA DOCG a prima degustazione del 2014 di Euposia è stata riservata ad un grandissimo vino rosso marchigiano che è stato presentato soltanto alla fine dell’anno scorso, ma che è il frutto di una lunga ricerca e sperimentazione svolta da Umani Ronchi, uno dei brand italiani più noti al mondo, che universalmente “significa” Verdicchio e Rosso Conero. Tanto è stata ampia la sperimentazione, tanto è contenuta la produzione del primo millesimo che la maison di Osimo ha reso disponibile: 120 magnum e 2mila814 bottiglie. Grandi sono i goal che questa Riserva è chiamata a raggiungere: nelle intenzioni della famiglia Bernetti, infatti, c’è la volontà di valorizzare ulteriormente il proprio territorio e il vitigno Montepulciano dimostrando le sue ulteriori potenzialità, le capacità di produrre grandi vini in grado di competere con chiunque nel mondo. Campo San Giorgio è un toponimo (in retroetichetta vengono indicati tutti i dati del mappale del Comune di Osimo) e rappresenta una parcella che, al termine di lunghe sperimentazioni, si è distinta per espressività e unicità di carattere. E dato che questa Riserva non nasce oggi, ma proviene da una lunga tradizione di famiglia, la stessa etichetta scelta da Umani Ronchi vuole “celebrare” un vino aziendale del passato: un’immagine volutamente retrò che ha il grandissimo pregio di rendere tutto chiaramente percepibile sin dal primo sguardo. Territorio, storia, tradizione. In degustazione, Campo San Giorgio dimostra forza, carattere, profondità. Sa essere potente (in etichetta, 14 gradi) ed elegante, ma non ha paura a fare della bevibilità il suo punto di forza. Tannini in perfetto equilibrio e promette una grande capacità di invecchiamento. Al naso sono predominanti le note di piccoli frutti rossi e di spezie e tabacco; il palato è pieno, avvolgente, dove ritornano le note fruttate accompagnate da sensazioni più mature, cacao amaro, ancora tabacco e cuoio. Finale sapido e assai persistente. Invitante e molto gratificante alla beva. Campo San Giorgio può davvero sfidare chiunque, in Francia come nel Nuovo Mondo, senza alcun timore reverenziale. E ne sentiremo molto parlare. In degustazione: 96/100

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News

VINISUD: IL 24 FEBBRAIO LA MASTERCLASS DEL CHALLENGE EUPOSIA Vinisud (Montpellier, 24-26 febbraio) inizia la stagione delle grandi rassegne internazionali dedicate al monde del vino. Vinisud - partner del nostro Challenge internazionale dedicato ai Metodo classici - ospita la prima master class di quest’anno del nostro concorso. Il prossimon 24 febbraio, dalle 16 alle 17 (Sala 1Hall B1) si terrà infatti “«Sparkling Mediterranean wines» presentato dal nostro direttore, Beppe Giuliano, dove a confronto verranno messe le produzioni di Spagna, Francia, Italia e Slovenia. Questi i vini in degustazione: 1. Durin, Italia, VSQ, Liguria, Bàsura Riunda pas dosé Pigato 60 mesi (Campione del Mondo 2013) 2. Cesarini Sforza, Italia, Trentodoc, Tridentum Brut Rosé (Campione del Mondo 2013, cat. rosa-

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ti) 3. Le Marchesine, Italia, Franciacorta Docg, Secolo Nuovo 2007 (Miglior metodo classico italiano 2013) 4. Domaine Delmas, Francia, Aoc Branquette de Limoux, Cuvée Tradition (Miglior metodo classico francese 2013) 5. Medot, Slovenia, Goriska Brda, Millesimato brut 2000 6. Freixenet, Spagna, Cava D.O., Brut Vintage Reserva 2010 7. Domaine Rosier, Francia, Aoc Blanquette de Limoux, Charme du Soleil brut 8. Fongaro, Italia, Lessini Durello Doc, Riserva Pas dosé 60 mesi. Per accedere alla degustazione bisogna essere in possesso di un biglietto d’ingresso alla manifestazione.


48° V INITALY NUOVO PADIGLIONE INTERNAZIONALE 6-9 APRILE 2014 on più focus sul solo vino italiano e la sua proiezione sui mercati internazionali: una delle grandi novità della prossima edizione del Vinitaly, la quarantottesima della sua storia (Verona 6, 9 aprile 2014) sarà l’introduzione di uno spazio, un nuovo padiglione, espressamente progettato per dare visibilità anche ai produttori di tutto il mondo. Come testimoniato anche dalle ricerche svolte negli anni precedenti dal Vinitaly assieme a Confcommercio-Imprese per l’Italia, Unicab ed Euposia c’è - nonostante la crisi del mercato interno uno spazio non piccolo per i vini internazionali in Italia ed oltre ai tradizionali punti di forza - Champagne, Bordeaux, Borgogna - si stanno confermando, o si fanno avanti regioni vinicole importanti: l’Alsazia; i grandi produttori tedeschi di Reno e Mosella; la Spagna con le sue

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molte denominazioni di eccellenza; Nuova Zelanda ed Australia, per non parlare del grande successo dei Malbec argentini capofila di una nuova generazione di produttori del Nuovo Mondo che oggi guardano all’Italia come mercato di riferimento importante. Basti solo pensare che nei due grandi poli d’acquisto del mercato italiano Milano e Roma - sono già centinaia i “locali etnici”, i ristoranti dove è possibile abbinare ai prodotti alimentari anche i vini originali del proprio Paese di provenienza. Euposia ha avuto il compito di seguire una parte di questo nuovo Padiglione Internazionale. Lo farà con alcune iniziative speciali espressamente realizzate per Importatori, Cantine e Consorzi da tutto il mondo. Informazioni via email: desk@giornaleadige.it


News

PROWEIN: ECCO L’ELENCO DELLE MASTERCLASS DELLA DEUTSCHLAND SOMMELIER ASSOCIATION E DI EUPOSIA importante l’elenco delle master-class che la Deutschland Sommelier Association, presieduta da Sofia Biancolin, ha organizzato nel proprio stand, in collaborazione con Euposia, al prossimo Prowein (Dusseldordf, 23-25 marzo prossimi). Lo stand è ubicato nella Halle 3, Stand 3N65. *** Queste le degustazioni in programma: 23 MARZO: ore 12,00: Terre di Cosenza Nuova Calabria, antiche vigne. Degustazione dedicata ai vini di Cosenza accompagnati da assaggi di prosciutto di maiale Nero di Calabria, condotta da Gennaro Convertini, presidente AIS Calabria e da Jens Priewe, giornalista di “weinkenner.de”. Ore 15,30: Umbria, Lazio, Basilicata: suggestioni dal “triangolo d’oro” condotta da Veronika Crecelius, corrispondente in Italia per Meininger Verlag.

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Ore 17,30: Incontro coi produttori 24 MARZO: Ore 12,00: Mille Bollicine dal mondo. I vincitori dell’edizione 2013 del Challenge Euposia (Italia, Germania, Francia, Regno Unito, Brasile e Argentina). Presenta Christine Mayr, Ambassadeur du Champagne e presidente Ais Alto Adige. Ore 15,30: Best of Veneto: From Prosecco to Amarone. Una regione vinicola capace di sorprendere con ottimi produttori e grandi innovazioni stilistiche. Presenta Veronika Crecelius, di Meininger Verlag. Ore 17,30: Incontro coi produttori allo stand 25 MARZO: Ore 10,00: Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia: sole, vento, mare: una wine-wellness per ogni senso. Conduce la degustazione, Jens Priewe, giornalista di “weinkenner.de”. *** Questo l’elenco delle Cantine

italiane presenti allo Stand Desa: Azienda Agr. Mazziotti; Castello delle Regine; La Collina dei Ciliegi; San Salvatore 1988; Casa Vinicola D’Angelo; Foss Marai; Cantina Coppola 1489; Bosio viticoltori in Franciacorta; Tenuta Polvaro 1681; Cave du Vin Blanc de Morgex et de La Salle; Agricola Vallecamonica; Az. agricola Falezze Cantina Cesarini Sartori; Divinitalia (Costaripa, Morgante, Gambrinus, Santa Sofia, Agricola Punica) Consorzio Terre di Cosenza. *** Al bar dello stand saranno in degustazione anche: Durin, Cà Rovere, Murgo, Ronchi di Cialla e Col di Rocca con diverse specialità alimentari italiane. Sulla prossima edizione di Euposia (che sarà in distribuzione allo Stand Desa) uno Speciale con tutte le novità delle nostre Cantine.



News CANTINA DI SOAVE: BUDGET 2013 A 99,5 MLN 929-2013: Attilio Carlesso è un esperto, per professione e per passione, di storia economica. E parte da queste due date per raccontare il bilancio 2012-13 di cantina di Soave (oltre 6mila ettari vitati, oltre 2mila soci: la più grande cooperativa di primo grado in Italia): «Il '29 è l'anno della più grande crisi dell'economia mondiale; il 2013 è l'anno dei forconi dopo la più lunga crisi mai registrata dall'economia mondiale e italiana in particolare. Nel 1929, rinasce la Cantina di Soave dopo essere stata sciolta nel 1926 per assenza di prodotto; nel 2013, la Cantina di Soave raggiunge il più alto ammontare di contribuzione ai soci e il più alto livello di patrimonializzazione,. Mi sento di poter dire che abbiamo fatto il nostro dovere». Attilio Carlesso, presidente di cantina di Soave, affiancato da Bruno Trentini, direttore generale, riepiloga i dati "forti" di un bilancio che sebbene condizionato dal crollo nel conferimento delle uve a seguito della difficile vendemmia 2012 (meno 30% attestandosi a poco più di 700mila quintali a fronte di una media degli ultimi anni prossima al milione) ha mantenuto il suo fatturato ed ha confermato la sua capacità di generare cassa e di fare investimenti. I dati: - il fatturato è passato da 105.5 milioni a 99,5 con una contrazione del 4%; - la quota di export si è portata al 52% del fatturato con significative performance in Germania, Regno Unito (da sempre i principali mercati), ma anche in Russia, Svizzera e Austria con tassi di crescita a due cifre. Bene anche gli Stati Uniti,

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oggetto di un massiccio sforzo: la controllata Cantina di Soave Usa, a Clinton, Massachussets, ha raggiunto i tre milioni di euro di budget e si prepara a crescere ancora allargando il suo raggio d'azione dai tradizionali Stati di sbocco al resto dell'Unione; - il cash flow si è attestato a 6milioni (erano 7,5 nel precedente esercizio), cifra ragguardevole, mentre sono quasi raddoppiati gli investimenti: 4.1 milioni contro i 2,5 del precedente esercizio; la posizione finanziaria netta è positiva con una crescita di 3,9 milioni rispetto a quella fatta registrare nel precedente esercizio; - la liquidazione ai soci ha toccato il livello record di 62.2 euro a quintale contro i 49,97 dell'esercizio precedente (dieci anni fa l'uva veniva liquidata praticamente alla metà, poco più di 37 euro). Vuol dire che Cantina di Soave ha immesso reddito nell'economia veronese per una quarantina di milioni di euro; - prosegue la crescita dei marchi aziendali, un altro 2% che porta a più 62% in dieci anni la crescita di questo segmento di prodotto, e cresce dell'1,75% il fatturato dei

vini imbottigliati a fronte di una contrazione dei volumi del 7,5%; - il patrimonio netto raggiunge i 50,6 milioni di euro ("Ma soltanto la componente immobiliare vale, a valori di mercato, due, tre volte di più di quanto iscritto a libro" sottolinea Bruno Trentini) . Un bilancio così non poteva che essere approvato all'unanimità dei soci della cantina ed anche questo è uno dei record dell'anno. Trentini e Carlesso hanno parlato anche di prospettive e di mercato: partendo dalla Valpolicella per finire al segmento in forte crescita degli sparkling wines. «Siamo preoccupati per quanto sta accadendo in Valpolicella - ha commentato il ticket di vertice della Cantina - l'egoismo di pochi, dieci produttori in tutto, rischia di far crollare un sistema che oggi è considerato ottimo, ma dove non mancano i fattori di criticità. E per fortuna che la Natura quest'anno ci ha messo lo zampino impedendo che in fruttaio venisse posta più uva del necessario. L'equilibrio è delicato, noi non scordiamo che appena nel 2005 le cantine erano piene di vino invenduto. Quindi, come maggiore realtà anche della


News Valpolicella Doc, chiediamo più attenzione alla salvaguardia dell'interesse di tutti». Sparkling: «Abbiamo una posizione leader in Italia nel metodo charmat, con Maximilian, e siamo il quinto produttore in Italia di vini spumanti, sia elaborati con metodo charmat che Classico. A fine anno, probabilmente, diventeremo il quarto. Abbiamo rafforzato la nostra posizione nel segmento potendo beneficiare di uno dei più bei territori del Veneto, la Lessinia, e ci stiamo impegnando per la valorizzazione del Lessini Durello Doc. Ci sono tutte le condizioni per far crescere la denominazione e per produrre sempre più grandissimi spumanti». Attilio Carlesso e Bruno Trentini hanno confermato poi l'impegno a proseguire in una crescita, ora, per linee interne (dopo l'abbuffata di acquisizioni degli anni passati) e specificamente veronesi: «Non sarebbe utile o credibile andare ad investire il frutto del lavoro di migliaia di famiglie veronesi in Toscana o altrove, né del resto sarebbe utile per noi un'operazione alla Cavit (che ha acquisito in Germania quest'anno un noto produttore di Sekt): consideriamo che i principali produttori di spumante tedeschi sono anche nostri clienti e quindi sarebbe autolesionistico e poco fair nei loro confronti. No, la crescita partirà da qui e qui se ne godranno i frutti». Per questo la cantina di Soave ha acquisito circa 100mila metri quadrati per il futuro sviluppo dei suoi impianti produttivi all'ingresso dell'abitato di Soave, mentre è definitivamente a pieno regime Borgo Rocca Sveva, il biglietto da visita di Cantina di Soave (centro congressi, wineshop, ristorante, orto botanico, sede di rappresentanza e vigneti sperimentali: tutto all'ombra del castello).

Ethica (gruppo La-Vis) torna in utile. Ebitda a più 16,8% stato approvato bilancio d'esercizio al 30/06/2013 di Ethica S.p.a. società di commercializzazione del Gruppo La-Vis. Il CdA della società presieduto da Marco Zanoni, a.d. del Gruppo La-Vis, sottolinea l'importante svolta intrapresa durante l'esercizio che punta ad una chiara distinzione tra le produzioni Core Wines (Bulk e Private Label) che progressivamente verranno gestiti dal Copacker del Gruppo, e le produzioni Fine Wines (Vini a marchio Lavis, Cembra-Cantina di Montagna, Durerweg, Cesarini Sforza, Basilica Cafaggio, Poggio Morino, Canaletto, La Mura etc.. di proprietà del Gruppo La-Vis) sulle quali Ethica ha dato prova nel corso dell'esercizio di saper assicurare un importante contributo di sviluppo per le varie referenze e canali, sia in termini di volume sia di fatturato. - Fatturato: 24,7 milioni di euro (+ 0,1 % sul 2012) - Ebit: 1,4 milioni di euro (+ 1 % sul 2012) - Ebitda: 150.000 euro (+ 16,8 % sul 2012) - Utile: 436.607,00 euro (il 2012 era in perdita) Questi in sintesi i numeri salienti di una performance conseguita in una arco particolarmente critico per la situazione economica dell'Italia ed Europea tutta grazie all'azione intrapresa con il Piano di Rilancio del Gruppo La-Vis, e allo straordinario lavoro assicurato da tutti i dipendenti.

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I risultati conseguiti nel diversi paesi e canali, mettono in luce per quanto riguarda Horeca Italia un + 15,79% in fatturato e + 1,5% in volumi, dati che registrano l'intrapresa modificazione della catena di vendita che è stata progressivamente internalizzata con sensibile recupero di valore ed affidata alla Rete Vendita Horeca diretta da Giuseppe Muscella. Per quanto riguarda la GDO Italia si registra il maggior exploit con un + 38,34% in fatturato e + 45% in volumi che hanno fatto "tenere" la contrazione del prezzo medio conseguente alla riarticolazione del mix di prodotto, exploit da ascrivere anche alla strategia messa in campo dalla Rete Vendita GDO diretta da Francesco Ganz con Nicola Zandonà. Per quanto riguarda l'Export, i cui valori vanno doverosamente correlati alle altre Società controllate o partecipate dal Gruppo Lavis operanti nei vari mercati, si sottolinea l'aumento del prezzo medio di vendita del 4,7 %, dato significativo in un momento congiunturale nel quale percentuali quale quella raggiunta solitamente si vedono spesso sui listini di vendita e raramente nei consuntivi. La Società è a socio Unico, 100% di proprietà della Cooperativa La Vis. L'utile è stato destinato a riserva mentre i soci della Cooperativa stanno utilizzando lo strumento finanziario a loro disposizione che assicura un rendimento del 4,5%. Euposia Dicembre-Gennaio 2014

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News CAVIRO ENTRA NEL CAPITALE DI GERARDO CESARI aviro, il consorzio vinicolo leader sul mercato italiano, attraverso la controllata Dalle Vigne è èntrata nel capitale della Gerardo Cesari S.p.A. produttore dal 1936 di vini veneti, oggi fra i primi nella fascia Premium. Cesari, ha raggiunto nel 2013 circa 25 milioni di fatturato di cui l'85% all'export. Fra i prodotti di spicco il pluripremiato Amarone Bosan e Jèma Corvina veronese. Caviro affiancherà i Soci storici Cesari, Corvi e Materossi, per generare importanti sinergie sui mercati esteri. Il Presidente Franco Cesari, che rimarrà alla guida dell’azienda, ha dichiarato: «Siamo felici di aver siglato questo accordo con un’azienda italiana del settore e siamo certi che il futuro darà ragione delle nostre scelte». «L’amarone è oggi nel mondo un’indiscussa icona del vino italiano grazie all’ottimo lavoro che tanti produttori sul territorio hanno svolto negli ultimi 10 anni - dichiara Sergio Dagnino, Direttore Generale del Gruppo Caviro. I fattori chiave di successo nel mondo del marchio Cesari sono: grande qualità enologica, scrupolosa gestione dei vigneti ed efficace strategia di marketing. Il potenziale è ancora elevato e riteniamo che grazie alle sinergie con Dalle Vigne questa alleanza darà a tutti i Soci ulteriori soddisfazioni». «Ad un anno dal nostro ingresso nel segmento Superpremium con i partner toscani di Dalle Vigne - dichiara il Presidente di Caviro Carlo Dalmonte – questo accordo ci consente di allargare la gamma e rafforzare la distribuzione di ottimi prodotti ambasciatori dell’Italia nel mondo». Caviro, ha raggiunto nel 2013 ricavi per 327 milioni di Euro (+15%) di cui 75 milioni all'export. Gli advisor dell’operazione sono stati Banca Sella Corporate Finance per Caviro e One Direction Advisory per Cesari.

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Cantina di Monteforte: i soci approvano il bilancio stato approvato il bilancio d'esercizio 2012/2013 di Cantina di Monteforte che evidenzia un fatturato consolidato di 15,5 milioni di euro. L'azienda - 600 soci, attivi su 1300 ettari prettamente nella zona del Soave Classico - ha infatti registrato una crescita del +25% nella remunerazione delle uve ai soci rispetto all'esercizio precedente. Positivo il trend relativo all'imbottigliato, in particolare all'estero: cresce infatti il vino in bottiglia (+5% rispetto al 2012) ed in generale si confermano molto buoni i trend per i prodotti a marchio che gradualmente stanno ottenendo una buona riconoscibilità. Il fatturato dei vini a marchio azienda cresce di un ulteriore 5% rispetto allo scorso anno. Il giro d'affari legato al mercato domestico incide per il 20% sul totale del fatturato, a fronte di un 80% derivante dai mercati esteri: Gran Bretagna (60% sul fatturato estero), Paesi Scandinavi (15%), Germania (5%), seguiti a stretto giro da Svizzera, Olanda, Giappone e Stati Uniti.

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La vendemmia 2012 si è caratterizzata per un generale calo produttivo che non ha risparmiato neppure Cantina di Monteforte. Nonostante la diminuzione nelle produzioni (-38% delle uve conferite rispetto alla vendemmia precedente) si è riusciti ad arginare ad un -8% il calo di fatturato. «Quella che si è appena chiusa evidenzia Gaetano Tobin, direttore generale di Cantina di Monteforte - sarà ricordata come una annata complessa, caratterizzata ancora da scarsità di prodotto. Non sono mancate poi difficoltà per l'approvvigionamento idrico, specie in zona collinare. Tuttavia, sebbene l'aumento dei prezzi delle uve non ci abbia favorito rispetto ai nostri competitors, sono stati rinnovati importanti contratti di fornitura a sottolineare come le nostre produzioni sappiano distinguersi per un vincente rapporto tra qualità e valore. Non dimentichiamo poi la forte crescita della remunerazione delle uve dei nostri soci, un dato in controtendenza rispetto all'andamento generale».



News

Foto di gruppo per i vincitori della sesta edizione del Challenge Euposia, presenti alla cerimonia di premiazione a RoccaSveva (Soave) nel corso della manifestazione “Durello & Friends” che ha visto le bollicine internazionali ed italiane “gemellarsi” con quelle emergenti della Doc Lessini Durello. Nella foto, da sinistra, Laura Basso, con Angelica, la quarta generazione dei Durin - campioni del mondo 2013

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-; Osvaldo Escudero della Miolo, la cantina brasiliana; Andrea Fongaro dela Fongaro Spumanti; Paolo D’Agostin della Cantina di Soave; Ugo Biasin di Cà Rovere; Beppe Giuliano; Luciano Rappo, a.d. di Cesarini Sforza - campione del mondo Rosé -; Antonio Basso, Durin; Andrea Biatta de Le Marchesine ed il presidente del Consorzio del Durello, Bruno Trentini. (Foto: Consorzio del Durello)


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CANTINA TERLANO PRESENTA LA SUA GRANDE CUVÉE: “TERLANER I°” antina Terlano é conosciuta a livello internazionale per la longevità, la mineralitá e l'elegante struttura dei suoi vini. Tra le particolarità principali della cantina si annoverano vini bianchi invecchiati per 30, 40 e 50 anni che, nonostante o addirittura grazie alla lunga maturazione, ancora oggi presentano straordinaria freschezza, eleganza e complessità». Georg Höller è il presidente di Cantina Terlano. Il team di Cantina Terlano ha ritenuto fosse arrivato il momento di realizzare un vino

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che fosse espressione dell'anima più pura e autentica di Terlano. «Nel Terlaner I° Grande Cuvée si fondono le varietà Pinot Bianco, Chardonnay e Sauvignon coltivate nei crus Winkl, Kreuth e Vorberg - afferma l'enologo Rudi Kofler -. Abbiamo selezionato con cura i vigneti più ricchi di carattere dei nostri migliori appezzamenti». Vini straordinari nascono solo dal perfetto equilibrio e dalla totale armonia tra vigneto, suolo, annata e sensibilità dell'uomo: per questo l'enologo lascia ai vini coltivati in aree rigorosamente selezionate, tempo sufficiente per raggiungere la completa maturazione. «La lenta maturazione in grandi botti di rovere, il lungo riposo su lieviti fini secondo il metodo francese “sûr lie” e il successivo anno trascorso in bottiglia, donano al Terlaner I° Grande Cuvée una straordinaria struttura aromatica e un enorme potenziale» chiarisce Kofler. Il risultato di tutto questo è, secondo l'enologo, “il miglior vino Terlaner al mondo”: «Ci siamo impegnati al massimo per creare un grande vino, in grado di sedurre per struttura, mineralità ed eleganza al pari dei più famosi vini

del mondo». Prelievi di campioni di terreno nei tre appezzamenti del Terlaner I° Grande Cuvée e la loro successiva analisi hanno dimostrato la presenza di roccia subvulcanica. Questa si è originata attraverso la lenta solidificazione del magma sotto la superficie e il successivo sviluppo, nel corso di milioni di anni, di particolari cristalli al suo interno. I terreni hanno un contenuto eccezionale di silicio e sono ricchi di polifenoli e sostanze nutritive naturali che danno un contributo determinante all'unicità dei vini bianchi di Terlano. La Grande Cuvée, che viene imbottigliata solamente nelle annate in cui si presentano tutte le condizioni ideali, è stata prodotta per la prima volta nel 2011 e presentata questo gennaio: «Di questa annata esistono solamente 2850 bottiglie che, da marzo in avanti, saranno presenti sulle carte dei vini dei migliori ristoranti ed enoteche internazionali», chiarisce Klaus Gasser, responsabile commerciale. Il Terlaner I° Grande Cuvée sarà venduto al prezzo consigliato di 145 euro circa.



News

VINCENT PINARD, CHÊNE MARCHAND 2011: LA DEGUSTAZIONE el cuore del bacino della Loira, Sancerre e Pouilly si contendono il merito di creare i sauvignon blanc più eleganti del mondo. E, negli ultimi anni, molto è stato fatto per mantenere vivo questo primato, compromesso da un eccesso di offerta di media-qualità che ha caratterizzato non poche stagioni. Diversi i produttori, piccoli e scrupolosi, che stanno combattendo questa battaglia e stanno presentando al mercato dei vini davvero

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eccezionali. Uno di questi: Vincent Pinard, da Bué, diciassette ettari nel cuore del Sancerrois, condotti in maniera organica, senza utilizzo di chimica di sintesi, sui terreni calcarei tipici del territorio, le “cailottes”. Le vigne sono state piantate agli inizi degli anni Sessanta ed hanno una resa di 45 ettolitri/ettaro: sovescio, vendemmia verde, raccolta rigidamente manuale, selezione dei grappoli prima della pressatura, utilizzo moderato del legno, con mix fra legno nuovo, da 228 a 600 litri, ed acciaio in vinificazione. Nel caso del vino degustato, il Chêne Marchand, proviene da uno dei più rinomati “Lieu dit” della denominazione, come se fosse un Grand Cru, sul quale agiscono pochi produttori, tutti di altissima qualità: con Vincent Pinard, infatti, troviamo anche Pascal Cotat e Stephane Crochet. Il terreno è formato da piccoli e sottili sassi calcarei bianchi, che immagazzinano calore e lo trasmettono alla vigna, permettendo ottime maturazioni. L'annata 2011 è ritenuta dal produttore seconda soltanto alla

"mitica" 1976 per le condizioni ottenute: una primavera molto calda cui hanno fatto seguito un luglio ed un agosto piovosi. La vendemmia è stata anticipata al primo di settembre per preservare tutta la freschezza del frutto. Giallo paglierino nel bicchiere, con unghia tendente al verdolino, colpisce per l'immediatezza dei profumi e la loro eleganza: fiori di sambuco e biancospino, nessuna nota eccessivamente aromatica o di pirazina, mentre sono immediate le note più minerali e di pietra focaia. Bellissimo il palato, immediato, tagliente, diretto con note aggrumate cha spaziano dal lime al pompelmo, con un ritorno floreale, ed una spiccata mineralità in chiusura. Diretto, elegante, di grande persistenza, perfettamente equilibrato, su una spalla acida che promette una bellissima longevità, una struttura importante eppure di grande finezza. Il difetto? La scarsa produzione per il Chêne Marchand si parla di poche migliaia di bottiglie - e il prezzo, 34 euro, che lo rendono sin troppo esclusivo. Anche se sono euro spesi davvero bene.



News LE MARCHESINE: UN 2013 ALL’INSEGNA DEI RICONOSCIMENTI l 2013 è stato un anno eccezionale per Le Marchesine per i numerosi premi e riconoscimenti ricevuti che hanno visto premiare l'enorme sforzo fatto dall'azienda nella continua ricerca della qualità. Ancora una volta Le Marchesine si confermano come una delle più importanti realtà vitivinicole della

I

L’ELENCO

DEI

PREMI

FRANCIACORTA DOCG SECOLO NOVO BRUT MILLESIMATO 2007 Premiato da una giuria internazionale, quale migliore vino italiano dell'anno e 4° a livello internazionale alla 6° edizione del “ Challenge Euposia”. Alla manifestazione hanno partecipato oltre 200 aziende provenienti da tutti i continenti e da 16 Nazioni. Edizione Vini Plus 2014 - Guida ragionata alle produzioni vitivinicole di qualità della Lombardia a cura dell'Associazione Italiana Sommelier Lombardia. Il Secolo Novo Giovanni Biatta 2007 si classifica tra le eccellenze dei vini Top della Lombardia, premiato con la Rosa Camuna d'Oro per le sue caratteristiche organolettiche e per la coerenza produttiva dell'azienda orientata alla valorizzazione del vitigno, della tipologia del vino e della specifica zona di produzione. Touring Club, Guida ai vini buoni d’Italia: il FRANCIACORTA BLANC DE NOIR MILLESIMATO 2009, un Pinot Nero in purezza vinificato in bianco che conta pochi precedenti sul territorio. Premiato con la Corona. Gambero Rosso: Franciacorta Blanc de Noir Millesimato 2009, viene premiato con i “Tre Bicchieri.” Rivista Sparckle: Franciacorta Blanc de Noir Millesimato 2009 e Satèn vengono premiati con le “5 Sfere”. Guida Veronelli: segnalazione per Il Secolo Novo Giovanni Biatta 2007

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Franciacorta, dalla cui cantina escono ogni anno oltre 500 mila bottiglie di diverse tipologie di bollicine che hanno conquistato i più interessanti mercati nazionali ed esteri . Loris Biatta, patron dell'azienda, è l'artefice di questo successo che, con il padre Giovanni , recentemente scomparso, ha costruito negli anni a Passirano una realtà oggi protagonista. Nella cantina, sistemata sotto la sala delle degustazioni, riposano 1.200.000 bottiglie di Franciacorta, altre 300.000 sono in un capannone, ma in progetto c'è la realizzazione di un' unica e moderna cantina che possa ospitare oltre 2 milioni di bottiglie. E' questo l'obiettivo che si è posto Loris Biatta, il globetrotter della Franciacorta, sempre in giro per il mondo a far conoscere e degustare le bollicine lombarde. La forza dell'azienda risiede in diversi fattori: l'accurata selezione delle migliori barbatelle da impiantare, l'utilizzo degli stessi ceppi di Pinot Noir e Chardonnay usati in Francia e una continua innovazione tecnologica. Come la scelta di utilizzare le pupitre meccanizzate (giropallets) che consentono un movimento rotatorio costante con un risul-


News CHARDONNAY

E

PINOT NERO

Sparkling Abruzzo Azienda Marramiero nasce agli inizi degli anni '90 a Rosciano, (Pe). Si estende per 60 ettari e di altri 8 nel comune di Ofena nella provincia dell'Aquila. I principali vini che escono dalla cantina, sono il Montepulciano d'Abruzzo doc, Trebbiano d'Abruzzo doc e Pecorino doc. e non per ultimi, due spumanti Metodo Classico dal perlage particolarmente minuto e persistente che per le loro caratteristiche organolettiche invogliano a farsi bere a tutto pasto, Marramiero Brut e Marramiero Rosé. Il Marramiero Brut viene fatto con uve Chardonnay e Pinot nero, coltivate su un terreno che per la sua esposizione a nord, garantisce una produzione contenuta per pianta e, quindi, un elevato livello qualitativo. E poi la particolare attenzione nel controllo di tutta la filiera, dalla scelta dei lieviti per la rifermentazione in bottiglia al controllo della temperatura - che permette al processo di fermentazione di prolungarsi tanto da ottenere un perlage fine e persistente fino a quello della maturazione in bottiglia, dove lo spumante, per almeno tre lunghi anni, a contatto con i lieviti, acquisisce il caratteristico bouquet ricco di complessi profumi, e matura persistenti sapori che lo rendono adatto per un vino a tutto pasto e per le occasioni importanti. Un altro piccolo fiore all'occhiello per la famiglia Marramiero che da sempre si adopera nella ricerca e sperimentazione per produrre vini di alta qualità. (e.r.) Azienda Marramiero Villa San Giovanni, C.da S. Andrea 1 - Rosciano (Pe) Telefono 085.850576 marramiero@tin.it www.marramiero.it

L’

tato finale migliore rispetto alla rotazione manuale. Poi c'è il rapporto ultradecennale che l'azienda ha con l'Istituto Enologico di Champagne, una vera e propria istituzione della regione, di cui è membro l'enologo de Le Marchesine, Jean Pierre Valade. La punta di diamante della produzione è il Secolo Novo, un gioiello di pazienza e dedizione, nato da una fermentazione controllata a 17/18° con lieviti indigeni che ne segnano il carattere, vinificato soltanto nelle grandi annate, come quelle del 2002 e del 2005, le cui uve provengono dalla zona più pregiata della Franciacorta, la “de La Santissima”. L'escursione termica delle colline moreniche, la forte argillosità del terreno e la ventilazione dovuta alle vicine Alpi rendono queste uve uniche. Il risultato nel bicchiere è un perlage finissimo e persistente, cremoso. Al naso si rivela uno sfumato e al tempo stesso deciso profumo di lievito, di crosta di pane, accompagnato da delicate note di mandorle, nocciole e chiodi di garofano. La sensazione gustativa è improntata a una piacevole sapidità e freschezza. (Enzo Russo)


JEREZ DE LA FRONTERA

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N EL C UORE DELLA C APITALE Jerez de La Frontera è la capitale europea del vino 2014 e qui bisogna provare lo sherry, senza il quale la gastronomia locale non avrebbe lo stesso sapore e il flamenco probabilmente non suonerebbe allo stesso modo Testo e foto di Filippo Ciardi

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REPORTAGE LO SHERRY IN CIFRE ZONA DI PRODUZIONE Numero di vigneti: 2479 Etttari coltivati: 7005,39, di cui 6337 in zona Jerez Superiore Superficie media dei vigneti: 2,83 ettari DISTRIBUZIONE DELLA PROPRIETÀ DEI VIGNETI

Viticoltori associati ad una delle sette Cooperative esistenti: 42,4% Bodegas (Cantine): 31,3% Viticoltori indipendenti: 26,3% PRODUZIONE PER ANNO DELLA VENDEMMIA IN KG DI UVA

2011: 64.336.764 2012: 46.978.935 2013: 80.305.030 (dato al 17 settembre 2013, vendemmia quasi terminata) BODEGAS ISCRITTE AL CONSIGLIO REGOLATORE CON VINI DENOMINAZIONE DI ORIGINE SHERRY

Di produzione e commercializzazione: 48. Numero di botti da 500 litri esistenti: 336.251 Di produzione per altre bodegas di commercializzazione: 18. Numero di botti da 500 litri esistenti: 16.778

COMMERCIALIZZAZIONE:

< Se visitate l'Andalusia ed amate il vino é d'obbligo fermarsi a Jerez de La Frontera, capitale europea del vino 2014, e provare lo sherry, senza il quale la gastronomia locale non avrebbe lo stesso sapore e il flamenco probabilmente non suonerebbe allo stesso modo. E se visitate la città spagnola a metà settembre, potreste assistere anche ad un'animata Festa della Vendemmia, dove il “mosto” si benedice sul sagrato della cattedrale, ma poi la sera si beve il vino invecchiato, nella colorata “feria” accanto all'Alcazar o nelle vinerie del centro.

VENDITE IN LITRI DI VINO

PAESE

2010

2011

2012

Spagna

12.729.875 12.218.146 11.819.811

Esportazione 34.479.826 31.409.422 29.791.525 TOTALE

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46.470.637

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42.430.605 41.611.336

Il vino di Jerez, che quest'anno godrà di particolare esposizione mediatica grazie al riconoscimento della Rete delle Città Europee del vino come “capitale ”, è unico al mondo per varie ragioni. Intanto «È la più vecchia denominazione d'origine di Spagna - come racconta il direttore del “Consiglio Regolatore della denominazione d'origine dei vini Jerez e Manzanilla e dell'aceto di sherry”, César Saldaña (nella foto qui a destra) -. Quando nel 1933 fu pubblicata la prima legge spagnola sul vino già si citava l'esistenza vino sherry. Il primo regolamento della denominazione fu pubblicato nel 1935 dal primo Consiglio Regolatore di Spagna, quello di Jerez. Questa terra ha però una cultura di produzione del vino ben più vecchia, probabilmente antica di tremila anni». La zona di produzione dello sherry si estende lungo otto comuni della provincia di Cadice e uno di Siviglia «Ed è la più meridionale d'Europa -


JEREZ

fa notare Saldaña -, godendo caratterische climatiche speciali». Tra queste ci sono un grande livello di insolazione, inverni miti ed estati molto calde, la vicinanza all'oceano, precipitazioni significative e due venti dominanti, il caldo “levante” e il morbido e umido “ponente”, che si combinano per garantire una maturazione adeguata dell'uva e moderazione delle alte temperature estive. In questo contesto, precisa il direttore «È importante la composizione fisico-chimica del terreno chiamato “tierras albarizas”,

dove sorgono i vigneti tradizionalmente designati come zona “Sherry Superiore”. In questi uno strato di terra superficiale secco e compatto trattiene acqua e sostanze nutritive nella parte più profonda e umida, a cui attingono le radici». Per la produzione dello sherry il Regolamento delle denominazioni d'origine autorizza l'utilizzo di tre varietà di uva diverse, tutte bianche: Palomino, Pedro Ximénez e Moscatel. La prima è la base principale per

la produzione di tutti i vini secchi e aceti, e la varietà predominante. Il vino invecchia in botti di rovere americano, nelle tradizionali “bodegas”, cantine del tutto originali. Per la maggior parte sono ubicate nel triangolo tra Jerez, Sanlucar de Barrameda e El Puerto de Santa Maria e sono fuori terra, edifici storici integrati nel tessuto urbano. Alcune di quelle più grandi e antiche sono chiamate “cattedrali”, hanno quasi tutte tetti e colonne alti, finestroni aperti per lasciar entrare la brezza oceanica e l'umidità

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REPORTAGE

notturna col suolo cosparso di terra bagnata. Nelle bodegas avviene lo straordinario processo di creazione (“crianza”) che distingue ad esempio le tipologie di vino secco, a base di uva Palomino, ottimi come aperitivo, per “tapear”, ma anche per accompagnare piatti principali. Un velo di “flor”, una sorta di lievito, si forma naturalmente dentro le botti sulla superficie del vino che non supera i 15,5 gradi e dà origine, alla fine dell'invecchiamento, al vino FINO con un processo denominato biologico o non ossidativo, perché la flor protegge il vino sottostante dal contatto con l'aria e con l'ossigeno. Il fino manterrà così la struttura pallida, luminosa e ariosa iniziale, acquisendo una serie di note aromatiche e gustative peculiari frutto dell'influenza di questo lievito. La MANZANILLA si produce come il fino, ma a Sanlucar di Barrameda, “un fino mas fino” grazie alla maggior vicinanza del mare. L'altro tipico vino sherry secco è invece l'OLOROSO, dove aggiungendo alcool per stabilizzare il vino e aumentando la gradazione originaria si impedisce in partenza la formazione del velo di flor e dunque il vino subisce un processo di invecchiamento denominato ossidativo. L'Oloroso acquisisce sfumature progressivamente più scure, caratteristiche che incorporano aromi complessi e sapori che rimangono a lungo sul palato. Tra fino ed oloroso, come struttura e aroma, sta l'AMONTILLADO, cioè il vino iniziato a crearsi come Fino, al quale per processo naturale o forzato si rompe il velo di flor (in gergo “se mata”, si uccide), e che quindi finisce l'invecchiamento in modo ossi-

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dativo. Un caso particolare e raro è il “PALO C ORTADO ”, un incrocio tra Oloroso e Amontillado. Per quanto riguarda i vini ottenuti dalle uve Pedro Ximenez e Moscatel, se l'invecchiamento è simile agli sherry secchi, la vinificazione ha in questo caso l'obiettivo di produrre un vino con il massimo contenuto di zucchero. Queste varietà sono soggette alla tecnica del “soleo”: per diversi giorni, le uve raccolte vengono essiccate al sole. Dopo la spremitura il vino, a causa della elevata concentrazione di zuccheri, inizia molto lentamente la fermentazione, che viene arrestata dal vinificatore aggiungendo spirito di vino, in modo che solo una piccola parte dello zucchero venga trasformato in alcool. Questi vini sono da meditazione o da dessert, ma sono ampiamente utilizzati anche per mescolarli con vini secchi ottenuti dalla fermentazione completa, per ottenere vini con diversi livelli di dolcezza finali, come ad esempio il “C REAM ” o “O LOROSO D ULCE ”, che si ottiene mischiando l'Oloroso (secco) con il Pedro Ximénez. L'invecchiamento è unico al mondo anche perché non funziona per annate di raccolto, ma con il sistema del travaso tra botti “criaderas” e “soleras”. Quest’ ultime sono generalmente disposte in una fila vicina al suolo, e le prime sopra di esse. Il vino viene imbottigliato, generalmente più volte ogni anno, dalle soleras, quelle con il vino più vecchio, dove in alcune addirittura resistono parti risalenti al 1700 o 1800. Questo è possibile perché di ogni solera si imbottiglia solo una mini-

ma parte del contenuto, un quarto o un terzo, e la botte si riempie con la stessa parte estratta da una prima criadera, generalmente contenente vino più giovane di un anno, in cui si versa la stessa quantità prelevata dalla seconda criadera, con vino ancora un po' più giovane, e così via fino alla possibilità di avere cinque o più criaderas per ogni solera, e vino comunque già invecchiato alcuni anni che si versa nell'ultima criadera, da cui si iniziano i travasi. Per stabilire l'età di un vino imbottigliato gli enologi fanno una media ponderata tra queste quantità ed età derivanti dalle botti. Tre anni è la minima per essere posti in commercio con denominazione sherry, secondo il regolamento. Sette o otto anni è generalmente l'età massima di un Fino di qualità superiore, perché la flor non resiste per più tempo, mentre altri vini di alta qualità creati con invecchiamento ossidativo possono avere un'età certificata dai 12 ai 15 anni, fino ad arrivare a vini speciali, certificati come “V.O.S.”, di più di 20 anni, o “V.O.R.S.”, di più di 30 anni. Tradizionalmente, il godimento di questi vini rari prodotti in piccole quantità era riservato ai membri delle famiglie proprietarie delle cantine, dipendenti di fiducia o personaggi importanti in visita, e le botti sono ancora oggi conservate in stanze dette “sacrestie”. A parte questi casi di consumo privilegiato, un'altra particolarità del vino sherry è sempre stata la sua ampia diffusione, tra una distribuzione da sempre internazionale e una fruizione popolare legata alla cultura locale. Fin dal 1700 alcune famiglie spa-


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gnole crearono le loro imprese vinicole con la collaborazione di enologi o commercianti stranieri, soprattutto anglosassoni, a volte addirittura fondatori di proprie aziende. Per questo ancora oggi alcuni marchi conservano una doppia denominazione anglo-ispanica, o hanno un nome inglese. Già dal secolo XVIII lo sherry era un vino esportato in gran parte del mondo come oggi. «In realtà già da secoli prima - specifica il direttore del Consiglio Regolatore - da quando cioè i vinificatori locali iniziarono ad aggiungere al vino una certa quantità di alcool, che avevano imparato a distillare dagli arabi, e che facilitava già in passato la stabilizzazione e la conservazione durante i viaggi, oltre a determinare differenti tipi di vino risultanti alla fine dell'invecchiamento, a seconda della gradazione alcoolica».

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Alcuni grandi marchi hanno resistito al passare del tempo, ma attualmente solo alcune famiglie restano a capo di alcune cantine storiche, mentre altre sono state acquisite da gruppi multinazionali che fanno profitti anche da attività diverse. Ad essersi conservato, e riattivato in forme moderne, è anche il tipo di consumo locale del vino, legato alla cultura andalusa. Lo sherry infatti, che pur si trova in tutti i ristoranti della zona di Jerez, in questa città ha anche un luogo molto popolare riservato specificamente alla sua degustazione, i “tabancos”, cioè le vecchie vinerie un tempo frequentate solo dagli uomini, denominazione che deriva da “taberna” ed “estanco” (tabaccheria). Antonio Ramirez, gestore da qualche anno del più vecchio tabanco di Jerez, “El Pasaje”, aperto nel

1925, racconta che «I tabancos adesso sono frequentati da tutti, servono una varietà di “tapas” ed anche birra e altre bevande, ma lo sherry resta il protagonista. Si mesce direttamente dalle botti, riempite di vino che compriamo in damigiane dalle bodegas. Per questo è anche economico, il prezzo va da uno a un'euro e mezzo a bicchiere». Sono anche i turisti che hanno fatto rinascere i tabancos di Jerez, ed alcuni di questi si sono riuniti nel circuito “Tabancora”, per poter promuovere una visita in centro da uno all'altro. In questi locali è tornato anche il flamenco, voce e chitarra spesso senza amplificazione, come una volta, proposto da artisti professionisti ma anche da puri appassionati. Lo sherry è infatti un vino che da sempre ha accompagnato il sorgere e lo svilupparsi in modo spontaneo del “cante”, che gli avventori


dei bar locali iniziavano ad intonare “a golpe”, cioè battendo a tempo (“a compas”) le dita e le nocche della mano sul bancone o sui tavoli mentre sorseggiavano un bicchiere di vino, magari alla fine di una dura giornata di lavoro nei campi o in una fornace, o proprio in una bodega. Ad una intensa ricerca sul connubio tra vino e musica si sta dedicando attivamente José María Castaño, conduttore del programma di Radio Onda Jerez “Los Caminos del Cante”, che propone la “Flamenco & Sherry Experience”, degli eventi che abbinano le degustazioni dei vari tipi di sherry ai vari stili (palos) del flamenco. Se lo sherry si può dunque degustare in tutto il mondo e anche in Italia, nonostante il nostro sia un mercato residuale per le cantine jerezane, l'invito è quello a visitare Jerez, una città unica anche come esempio di integrazione tra la cultura ispanica, araba e gitana. Solo qui si può sentire il caratteristico odore persistente di vino passeggiando al lato di una bodega in centro, visitarne una per conoscerne i segreti, o bere un bicchiere in un tabanco venendo coinvolti in una “bulería”, lo stile jerezano e più festaiolo del flamenco. > Euposia Dicembre 2013- Gennaio 2014

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I TOP

VINI DI JEREZ: PLAYER DEL MERCATO

alutare tutti i marchi e le tipologie di vini di Jerez non é facile, per le infinite varianti di sherry che propongono le diverse bodegas, ma in base a quelle visitate possiamo dare qualche coordinata per orientarsi. Di cantine ne esistono di tutti i tipi, dalle piú grandi, che occupano un intero quartiere e che sono riuscite ad imporsi anche per un marchio riconoscibile, a quelle piú piccole e artigianali che solo i piú attenti visitano e sanno apprezzare. Tra le prime si puó citare GONZÁLEZ BYASS, fondata nel 1835 da MANUEL MARÍA GONZALEZ ANGEL, poi associatosi con il proprio agente inglese ROBERT BLAKE BYASS, e ora in mano ai discendenti della famiglia González. Oggi é tra le più note, dedicata anche ad altri tipi di vini oltre allo sherry, ma conosciuta soprattutto grazie al vino Fino con denominazione TIO PEPE, il primo marchio registrato in Spagna. Dal 1935 é rappresentato da un'immagine stilizzata creata da LUIZ PÉREZ SOLERO, che raffigura una bottiglia di vino vestita con un cappello e una giacca andalusa e una chitarra al lato, e che oggi campeggia come gigantografia ovunque a Jerez e dintorni, addirittura accanto alle silhouette dei tori di metallo lungo alcune superstrade. Ma ad essere pioniera in fatto di

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marchi fu anche SANDEMAN, creata nel 1790 a Londra da un giovane imprenditore e commerciante scozzese e famosa anche per il vino Porto, dal 2002 passata a far parte di Sogrape, una importante compagnia di vini portoghese, dedicata quasi esclusivamente all'esportazione, ad esempio del popolare SHERRY MEDIUM DRY. Sandeman fu la prima impresa a marchiare le botti e tra le prime ad etichettare le bottiglie e a pubblicizzare i propri vini, arrivando ad inventare una delle prime immagini marchio al mondo, il “DON”, disegnato nel 1928 da GEORGE MASSIOT BROWN, una figura nera di un uomo avvolto nel tipico mantello (“capa negra”) portoghese e con il tipico cappello (“sombrero”) spagnolo, con cui vestono ancor’oggi anche le guide durante le visite. Altro grande gruppo è quello della famiglia ESTEVEZ, successori di un'altra compagnia creata nel 1809, controllata al 100% dal 1984, e che hanno acquisito via via altri marchi storici. Tra questi hanno comprato nel 1999 la bodega VALDESPINO, fondata ufficialmente nel 1875, ma la cui attività vinicola, documentata dal 1430, sembra derivare dai possedimenti della famiglia di un capitano dell'esercito di riconquista dell'Andalusia che, scacciati i mori da Jerez nel 1264, ricevette dei terreni come ricompensa dal re Alfonso X di Castiglia “il

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saggio”. Di strada da allora questo marchio ne ha fatta molta, fino al riconoscimento negli scorsi mesi ricevuto da “The Wine Advocate”, che ha dato un punteggio straordinario ad alcuni vini del marchio Valdespino, tra cui spiccano i 100 punti per il MOSCATEL VIEJÍSIMO TONELES, 99 per l'AMONTILLADO VORS COLISEO e il PALO CORTADO VORS CARDENAL, e 98 per il PEDRO XIMÉNEZ NIÑOS . Il gruppo Estevez vanta anche probabilmente la proprietà della maggior estensione di vigneti propri di Jerez e tra questi la vigna “Macharnudo” dalla quale ad esempio ottiene vini denominati “single vineyard”, con uve provenienti ovviamente dallo stesso vigneto, come il Fino Inocente o l'amontillado Tio Diego. Oltre però alle grandi bodegas e ai premi e riconoscimenti ufficiali, a Jerez spicca però anche la qualità di vini prodotti da cantine che ancora lavorano in modo totalmente artigianale e producono piccole quantità, come ad esempio la bodega MAESTRO SIERRA, la cui bodeguera MARÍA DEL CARMEN BORREGO PLÁ é anche una importante storica. La cantina rifornisce il TABANCO EL PASAJE, ad esempio con un Oloroso Viejo di almeno 15 anni e ed ha alcuni vini rari tra cui un Amontillado Viejo iniziato a produrre in botti marchiate 1830,


JEREZ Le foto di questo servizio: alle pagine 22-23 (e a pag. 24): un vigneto in "tierra albariza" della bodega Hidalgo La Gitana, tra Jerez e Sanlucar de Barrameda; a pagina 25: César Saldaña, direttore del Consiglio Regolatore dello sherry di Jerez; a pagina 26: botti di vino Fino "La Janda" della bodega Alvaro Domeq, con il velo di flor; a pagina 28: José Antonio Barba e Miguel Gutiérrez al vigneto Hidalgo La Gitana; a pagina 29: il barista Miguel Dominguez e il flamenco al tabanco El Pasaje di Jerez a pag. 29: il barista Miguel Dominguez, il gestore Antonio Ramirez e il flamenco al tabanco El Pasaje di Jerez

anno di fondazione della cantina. A dedicarsi a comprare il mosto di maggior qualità di Jerez per invecchiarlo e creare ottimi vini in piccole quantitá é la bodega ALVARO DOMEQ, che ha acquisito nel 1999 una delle più antiche cantine, quella di PILAR ARANDA. Anche se dal 2007, grazie all'entrata nell'azionariato della società Inveravante, la bodega ha iniziato a vendere anche altri tipi di vino, Alvaro Domeq continua a creare vini sherry già di alta qualità nella gamma standard, oltre ad esempio a rari vini Oloroso e Pedro Ximenez classificati come VORS, e un fortissimo aceto, derivanti da produzioni iniziate addirittura nel 1730. Per quanto riguarda la Manzanilla, la variante del vino Fino che si produce a Sanlucar di Barrameda, si puó citare la bodega HIDALGO LA GITANA, fondata nel 1792 e ancora oggi posseduta totalmente dalla famiglia Hidalgo. La cantina adotta ancora metodi tradizionali e possiede alcuni dei vigneti di terra albariza in posizione piú alta del territorio, che quindi godono dell'influsso del mare necessario per qualificare questo tipo di vino, commercializzato con la denominazione La Gitana e anche nella variante MANZANILLA PASADA proveniente da un solo vigneto, insieme a una gamma completa di vini sherry.

Alcune bodegas producono e vendono anche brandy di Jerez, anch'esso invecchiato secondo il sistema di botti criaderas e soleras, e per cantine come SÁNCHEZ ROMATE la produzione di brandy costituisce la principale attività, rivolta soprattutto all'estero ma rimanendo comunque questa una delle poche cantine in mano a proprietari locali, alcune famiglie jerezane. Il brandy creato dai Sanchez Romate nel 1887 per uso familiare è quello che poi é diventato l'apprezzato CARDENAL MENDOZA, creato attraverso ben 8 criaderas e 1 solera, esportato in tutto il mondo nelle versioni Clásico, vecchio almeno 15 anni, CARTA REAL, di 30 anni, e non plus ultra, di 50 anni. Un consiglio, chiedete alle bodegas di servirvi qualche stuzzichino o tapa se prevedete di degustare di seguito molti bicchieri durante una visita, specialmente in pieno agosto, altrimenti prima o poi a girare sará anche la vostra testa, data l'alta gradazione e il carattere di questi vini. Alcune delle stesse cantine avendo adottato una politica di responsabilitá raccomandano un consumo moderato di vino, perché possa essere un piacere, ed evitare di finire come qualche locale o turista imprudente che si puó incontrare passeggiando per Jerez in evidente stato di “borrachera” (ubriacatura). Euposia Dicembre 2013- Gennaio 2014

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L A M AGNIFICA A NNATA

Una delle più fresche stagioni degli ultimi quarant’anni, la prima con l’indicazione Docg: debutta un millesimo che farà strada per l’Amarone che si conferma campione dei mercati e che pensa a proteggere sempre di più le proprie caratteristiche uniche

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ANTEPRIMA AMARONE DOCG 2010

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DEGUSTAZIONE I NUMERI • Il Consorzio Tutela Vini Valpolicella assomma 2.246 aziende che vivono e lavorano su 30mila ettari e in 19 aree amministrative • Sono 1.495 le aziende agricole produttrici di uva per Amarone e Recioto della Valpolicella; 272 le aziende imbottigliatrici di cui 213 che trasformano • Sono 60 i milioni di bottiglie prodotte, pari ad un controvalore di 350 milioni di euro • La produzione di vino rosso a denominazione nel Veneto si attesta attorno al milione e trecentomila ettolitri e i vini della Valpolicella ne rappresentano il 37%

< L’Anteprima Amarone • Nel 2013 gli ettari coltivati sono 7288 • I vitigni autoctoni della Valpolicella rappresentano il 95% sul totale dei vigneti impiantati • La maggioranza dei vigneti si trova ad una quota tra 100 e 300 mt sul livello del mare • Nel 2013 sono stati messi in appassimento 299mila quintali di uva per la produzione di Amarone e Recioto della Valpolicella • Nel 2013 è stato imbottigliato un quantitativo di Amarone della Valpolicella pari a 13,4 milioni di bottiglie • Nel 2013 si è stabilizzato il numero di bottiglie di Amarone e si è incrementato il prezzo delle uve e del vino prodotti. Il prezzo delle uve da destinare alla produzione di Amarone è di circa 2,5 euro per chilo

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2010, la prima come Docg, ha aperto la stagione 2014 dei grandi appuntamenti internazionali del vino ed ha costituito l’occasione per evidenziare non poche novità: la conferma del tetto alla produzione, 299mila quintali in appassimento ed una produzione che si blocca poco sotto la soglia dei 14 milioni di bottiglie; l’avvio di un nuovo marchio registrato e tutelato nel mondo per combattere la contraffazione; la continuazione dell’azione verso la piena sostenibilità; la puntualizzazione sui limiti dimensionali della Denominazione (sono e restano quelli del 1968) ed una risposta chiara e convincente alla tenzone pianura/collina, tema complesso in un territorio che unico non è, fatto di almeno cinque realtà diverse, con quote produttive che vanno

dai 100 ai 600 metri. Ma soprattutto ha parlato l’Amarone 2010, figlio di una stagione più fresca e piovosa, che ha interrotto un ciclo perennemente caldo (negli ultimi 40 anni la temperatura media è cresciuta di 1,8 gradi ed il ciclo vegetativo si è accorciato di una dozzina di giorni) e ha cambiato il profilo del “Big red One”. Queste alcune brevi note dell’enologo Daniele Accordini a corredo della degustazione: «La primavera 2010 è stata molto fredda, con partenza in ritardo di 10 giorni; l’elevata piovosità ha provocato una elevata vigoria vegetativa con abbondante sviluppo di grappoli ma molto spargoli, quindi adatti all’appassimento. La maturazione è avvenuta con picchi di caldo intervallati a repentini picchi di


AMARONE DOCG 2010

freddo e questa continua alternanza ha avuto effetti estremamente positivi sulla ricchezza del vino successivo. Non ci sono state grandinate e nemmeno scottature sui grappoli che sono arrivati così nelle migliori condizioni in cantina. L’invaiatura è avvenuta in ritardo rispetto alla vendemmia 2009, ma in media rispetto agli ultimi 20 anni. L’andamento molto piovoso ha evidenziato il valore della viticoltura di collina con un’annata caratterizzata da un accumulo zuccherino ridotto e da acidità più sostenute. La quantità finale di uva raccolta è da considerarsi nella norma. Al

termine dell’appassimento le uve hanno raggiunto un calo di oltre il 36% per l’Amarone e del 41% per il Recioto (in Gennaio), con valori potenziali in alcol attorno ai 15.50° e un’ottima sanità delle uve. Dopo un primo periodo di macerazione a freddo le fermentazioni sono state lente ma regolari, con residui zuccherini inferiori rispetto alle annate precedenti. Le acidità totali elevate e i pH più bassi hanno permesso l’innesco spontaneo della fermentazione malolattica completa nella maggior parte dei vini». Spazio ora alla degustazione: 58 le cantine presenti a fronte di poco più di duecento produttori

“verticali”, 61 campioni in degustazione, 35 dei quali da botte ed anche questo è un buon segno, un’attenzione ancora maggiore dei produttori a non imbottigliare troppo in fretta, ma aspettando i giusti tempi rispettando il vino. La degustazione - come sempre si è svolta alla cieca. *** ACCORDINI STEFANO Acinatico. Ottimo impatto olfattivo, con ciliegia matura e note speziate. Palato abbastanza pieno che riprende frutto, bel finale alcolico ALDRIGHETTI Dalla più antica cantina della Valpolicella, fondata nel 1818. Euposia Dicembre-Gennaio 2014

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DEGUSTAZIONE

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IL NUOVO LOGO

Protezione world wide per la Valpolicella ra il 9 novembre 1924 quando per la prima volta si pensò ad organizzare i produttori in un «Consorzio per la difesa dei vini tipici della Valpolicella». A 90 anni di distanza sono cambiati l’area di produzione, l’articolazione della filiera e il mercato. Tutto ciò richiede al Consorzio nuove competenze e professionalità. In quest’ottica si è reso necessario ricercare una nuova immagine identificativa dei concetti di territorio, uva, prodotto, lavoro e tradizione: un nuovo marchio che rappresenti la filiera e sia espressione di innovazione ed efficacia nel tempo. Il marchio, registrato a livello comunitario, verrà utilizzato nell’ambito della promozione, diffusione, conoscenza e valorizzazione dei vini Valpolicella e della loro tutela. La registrazione comunitaria protegge unitariamente il marchio in tutti i paesi dell'Unione Europea e gode di piena protezione a partire già dall’anno in corso. Il Consorzio vanta: • Il diritto esclusivo sul marchio in tutto il territorio dell’Unione Europea con durata decennale e possibilità indefinita di rinnovo. • La possibilità di concedere in licenza il marchio ai propri consorziati con modalità predeterminate. Il nuovo marchio e la sua tutela si aggiungono a quelli collettivi, afferenti alle quattro Dop, già da anni salvaguardati in collaborazione con la Camera di Commercio di Verona.

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Penalizzato da un olfatto non perfettamente evoluto, presenta al palato una impronta alcolica importante con note balsamiche sul finale. Chiede ancora tempo per poter esprimersi al meglio. ALBINO ARMANI CUSLANUS (PROVA DI BOTTE) Sarà in commercio dal dicembre 2015, ma già oggi è importante all’olfatto, floreale e balsamico. Il palato chiede più tempo, con sensazioni più erbacee e di the, con finale minerale. ALBINO ARMANI ALBINO ARMANI (PROVA DI BOTTE) Sarà sul mercato a maggio 2015, ma ha una bell'impronta, un bel profilo al naso e un interessante palato con frutta sotto spirito ed un finale erbaceo molto gradevole. Convincente. BENEDETTI CORTE ANTICA (PROVA DI BOTTE) Disponibile da ottobre. Chiede ancora tempo per poter esprimersi al meglio. BERTANI VILLA ARVEDI, VALPANTENA Ottimo olfatto, ricco anche al palato. Note maschie di cuoio e tabacco, gradevolmente fumè. Superiore. BOLLA (PROVA DI BOTTE) Disponibile dal giugno 2015. Ha un primo impatto al naso un po’ scontroso, chiede tempo per far emergere i suoi profumi, ma poi è un tripudio di belle note fruttate di marasca; palato importante, fruttato, con finale sapido e bella acidità. BOTTEGA

L’Amarone di questi vignaioli trevigiani è già disponibile sul mercato. Ha un’impronta erbacea interessante, geranio,the, note balsamiche al finire del palato. Pronto e assai bevibile. BUGLIONI (PROVA DI BOTTE) Un buon prodotto che sarà disponibile dal settembre 2016, che però ha già un bell'equilibrio. CÀ DEI FRATI (PROVA DI BOTTE) Sarà disponibile nel settembre 2015. Grande attenzione e pulizia emergono da questo assaggio. In primo piano le note più speziate, all’olfatto come al palato. CÀ LA BIONDA VIGNETI DI RAVAZZOL Disponibile da settembre. Equilibrato, interessante, con un finale di ciliegia croccante. CÀ RUGATE E’ già sul mercato e palesa già il suo carattere. Note balsamiche marcate, molto coerente, di bell'impronta, frutta, ciliegia e mora, molto fresco. CANTINA DI SOAVE (PROVA DI BOTTE) Il market maker della denominazione continua a prendere premi internazionali con questo Amarone che sarà disponibile soltanto alla fine del 2016. Ma già ora piace; ciliegia, prugna e mora, palato di bella acidità, ancora tanta frutta e bella croccante. Molto buono. CANTINA DI VALPANTENA TORRE DEL FALASCO (PROVA DI BOTTE) Ciliegia durona, bel palato con finale balsamico e di spezie


dolci, tabacco, interessante CANTINA VALPOLICELLA DOMINI VENETI Giocato molto sulla finezza e l’eleganza, gradevole ed invitante. Finale di pepe bianco CESARI Disponibile dal prossimo marzo. Palato corretto, finale leggero, pulito, senza eccessi con note fruttate in evidenza. CORTE ADAMI Già in vendita sul mercato, è corretto, senza errori, ma non riesce ad appassionare. Scolastico, nel finale tornano frutta e spezie CORTE ARCHI GLI ARCHI Da Valgatara, area di Marano, arriva questo Amarone potente, ricco, che richiederebbe ancora un po' di affinamento, le note fruttate sono ancora un po’ troppo verdi. Ma ha un grande potenziale e lo dimostra. CORTE FIOGARETTO BROLO DEL SIGARETTO Siamo in Valpantena. Profumi marcati di ciliegia e sciroppo; palato coerente, abbastanza pieno, in evoluzione CORTE RUGOLIN

(PROVA DI BOTTE) Assai interessante, con belle note fruttate, palato ricco, fresco, con finale di ciliegie e spezie, gradevole nota di tabacco dolce CORTE SAN BENEDETTO (PROVA DI BOTTE) Disponibile dal gennaio 2016. Note di the, frutta, spezie dolci, molto gradevole. CORTE SANT’ALDA (PROVA DI BOTTE) Marinella Camerani presenta un Amarone equilibrato, con belle note fruttate, una vena minerale spiccata e un’immagine complessiva di assoluta qualità. Come oramai tradizione per la maison di Mezzane. DAL BOSCO GIULIETTA (PROVA DI BOTTE) Bisognerà attendere sino alla fine del 2017 per questo Amarone che oggi si presenta abbastanza leggero, con dei bei sentori di frutta: ciliegia, mora e lampone tanto al naso che al palato, un bel finale speziato e minerale. Una promessa da cogliere fra diversi mesi. Intanto, segnatelo in taccuino DAMOLI BRUNO CHECCO

(PROVA DI BOTTE) Positivo, interessante, forse il finale scappa via troppo velocemente, ma nel complesso piace. Disponibile dal prossimo anno. FALEZZE Profumo pieno, palato con note più fini, finale balsamico e speziato FASOLI GINO (PROVA DI BOTTE) Non presenta emozioni particolari, sta nella media, senza strappi. FLATIO (PROVA DI BOTTE) Forte, con grande impatto di glicerina che apporta sensazioni di calore e dolcezza. Finale fruttato di confettura. Sarà disponibile dall’ottobre del 2016 ed è un altro Amarone da segnarsi. GAMBA CAMPEDEL (PROVA DI BOTTE) Anche in questo caso, un Amarone che non esce da un binario abbastanza convenzionale. Nulla di rimarchevole o riprovevole. GUERRIERI RIZZARDI VILLA RIZZARDI (PROVA DI BOTTE) Euposia

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Impatto olfattivo non eccezionale che poi vira sul fruttato. Palato abbastanza ordinario. Sarà disponinìbile dal prossimo anno. LA COLLINA DEI CILIEGI All’olfatto si evidenziano note di frutta matura, molto succosa. Il palato è pieno, vivo, con profonde note speziate e di confettura. Finale lungo che si fa ricordare a lungo. Un altro da ricordare. LA DAMA (PROVA DI BOTTE) Sarà disponibile dal prossimo anno, ma già ora presenta belle note fruttate al naso ed al palato che è molto coerente, fresco ed interessante, finale di tabacco e cacao dolce LATIUM CAMPO LEON (PROVA DI BOTTE) Questo Amarone di Illasi, disponibile sin dal prossimo Vinitaly, presenta un ottimo naso; al palato the, erbe officinali, gradevole, molto interessante e piacevole LE MAROGNOLE (PROVA DI BOTTE) Disponibile dal prossimo dicem-

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bre. Ottimo, molto piacevole sia al naso che in bocca, note di mora, frutta e confettura, finale che vira in una nota di dolcezza MANARA CORTE MANARA (PROVA DI BOTTE) Disponibile da dicembre. Ha già un bell’impatto complessivo, finale di pepe. Molto convincente e interessante. MASSIMAGO Rispetto alle annate precedenti, questo Amarone appare un po’ troppo “nelle righe”, come se avesse rinunciato ad un pizzico di personalità. Da riprovare, perché il brand merita. MONTE DEL FRÀ (PROVA DI BOTTE) Disponibile dalla fine di quest’anno, questo Amarone sebbene non sia il cru di casa – lo Scarnocchio – si presenta con tutte le carte in regola per ben figurare. Frutta croccante e possente, spezie in perfetto equilibrio. Finale lungo e molto invitante. MONTE ZOVO (PROVA DI BOTTE)

Molto interessante, con un bell’impatto olfattivo ed un palato coerente ed appagante. MONTECARIANO (PROVA DI BOTTE) Una piccola produzione, 5mila bottiglie appena, ma molto intrigante. E se anche all’olfatto non appare un Amarone “esplosivo” il palato è elegante e appagante MONTECI (PROVA DI BOTTE) Disponibile dalla primavera 2015. Olfatto ricco, palato ampio con note finale di cuoio e tabacco, prugna GIACOMO MONTRESOR CAPITEL DELLA CROSARA (PROVA DI BOTTE) Note più tostate al palato, spezie dolci, finale di cacao. Una interpretazione molto “classica”, senza uscire dagli schemi. NOVAIA CORTE VAONA (PROVA DI BOTTE) Un Amarone disponibile dalla prossima estate che, come tradizione, fa sempre bella figura. La zona di produzione è Marano e questo è


AMARONE DOCG 2010

un vino pieno, completo, intrigante al palato con una bella acidità e note balsamiche sul finale. PASQUA FAMIGLIA PASQUA Amarone d’impostazione classica, con una bella acidità vibrante, note fruttate e speziate. Una lettura di questo vino molto tradizionale e già disponibile sul mercato. PASQUA TERRE DI CARIANO Non ancora disponibile. Qui Pasqua ha spinto di più ed ha puntato ad un prodotto dalla personalità più spiccata con note fruttate e balsamiche all’olfatto; con un palato speziato, con una acidità che promette una longevità interessante. RECCHIA Pieno, di corpo interessante, con belle note fruttate al palato SAN CASSIANO Questo Amarone di Mezzane si presenta con note di frutta piena al palato, ciliegia sotto spirito, quindi un’impronta alcolica importante, ed un finale aggraziato e speziato SAN FELICE Nella media, non si è cercato di andare oltre, si è preferita una lettura classica. SANTA SOFIA ANNICHELLO Si è puntato ad un Amarone che rompesse con gli eccessi – di corpo, di zuccheri, di alcolicità – del passato; una lettura questa favorita dall’annata che ha portato ad un vino ricco di profumi e appagante al palato. Di bella stoffa. Missione compiuta. SANTI (PROVA DI BOTTE) Un Amarone di Illasi che sarà disponibile a giugno del prossimo

anno. Già ora è ricco di note e profumi di frutta rossa, di marasca, mora e prugna. Palato coerente con la bella impressione olfattiva. Assai interessante. SARTORI CORTE BRA (PROVA DI BOTTE) Disponibile sul mercato dal prossimo autunno. Ancora un po' acerbo, specie al palato. Merita più tempo. I SCRIANI (PROVA DI BOTTE) Disponibile dalla prossima estate. Palato pieno, ampio, di bella profondità, note fruttate sul finale di ciliegia e mora, assai interessante SECONDO MARCO (PROVA DI BOTTE) Marco Speri continua a produrre Amarone di bella fattura e qualità. Il millesimo 2010 sarà disponibile a luglio del 2015 ed è un altro di quelli da segnarsi sul taccuino. TENUTA CHICCHERI (PROVA DI BOTTE) Olfatto dove sono preminenti le note più speziate, mentre al palato tornano le note fruttate. Questo Amarone di Tregnago sarà disponibile nella prossima primavera ed è invitante alla beva. TENUTA VIGNEGA (PROVA DI BOTTE) Da coltivazione biologica. Bell’olfatto, palato più leggero dove tornano note di cipria e finale balsamico. TERRE DI LEONE IL RE PAZZO Federico Pellizzari ci stupisce nuovamente con un Amarone di gran classe, con un bellissimo impatto olfattivo ed un palato pieno, ampio e coerente. TEZZA CORTE MAJOLI, VALPANTENA Bene il naso, palato con finale di

liquirizia, molto invitante TINAZZI LA BASTIA Interessante, con un bell’equilibrio fra olfatto e palato TINAZZI TENUTA VALLESELLE Tannini croccanti, finale di frutta con tabacco e cuoio, a compensare un olfatto non molto performante VALENTINA CUBI MORAR (PROVA DI BOTTE) Disponibile dall’aprile 2015, con un olfatto elegante, con note fruttate e gradevolmente speziato. Il palato è coerente. VIVIANI (PROVA DI BOTTE) Interessante, con belle note fruttate, finale di ciliegia. Sarà disponibile a dicembre 2014. ZANINI PIETRO ZOVO Colline di Quinzano, a dieci minuti da piazza Bra, probabilmente il vigneto più “veronese” che c’è di Amarone. 6 ettari e mezzo di vigneto, meno di 5mila bottiglie. Sarà disponibile dal prossimo novembre. Olfatto importante, con belle note di frutta rossa e confettura; palato ricco, corposo eppure invitante alla beva. ZONIN Il colosso di Gambellara ha avuto sin dal secondo dopoguerra una presenza importante in Valpolicella; la tradizione continua con questo Amarone che sebbene rappresenti un block-buster presenta delle caratteristiche assai interessanti: corretto al naso, con le tradizionali note fruttate e speziate, un palato fine ed elegante, finale non molto persistente. > Euposia Dicembre- Gennaio 2014

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DIECI INCREDIBILI, IMPERDIBILI, BOLLICINE CALABRESI Tenute Ferrocinto, Librandi, iGreco, Statti, Santa Venere, e Serracavallo: ecco i produttori della Enotria Tellus che si sono lanciati nella produzione di metodo classico. Con grandissimi risultati

< Una regione quasi rassegnata nel vedersi letta soltanto in negativo; un senso di lontananza che non è esclusivamente geografico; una lotta senza tempo contro mille fattori, locali e non, che ne hanno condizionato lo sviluppo; un territorio, ed una storia, assolutamente magnifici che rappresentano la più solida certezza di un futuro di crescita possibile e nemmeno troppo lontano. Che la Calabria non sia soltanto quanto riportano le cronache è ovvio; che ci sia la voglia di fare, di uscire dai luoghi comuni è altrettanto palese: Euposia ha incontrato questa Calabria "migliore" che non vuole rassegnarsi, che vede e comprende le sue potenzialità, riconosce le sue capacità e senza tanti vittimismi si rimbocca le maniche e fa sistema. Fa, non prova a fare. Questa Calabria - appunto - del "fare" è posta a

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quadrato di sei eccezionali brand dell'enologia nazionale - Ferrocinto, Librandi, iGreco, Serracavallo, Statti e Santa Venere - e si basa sull'intuizione dell'Ais di Catanzaro che, a fronte ad una nuova generazione di vini calabresi, ha visto un percorso per condividere questo patrimonio e valorizzarlo. La nuova generazione di "Enotria Tellus" - qui, coi Greci, è nata l'enologia italiana - è fatta di "bollicine" e delle più nobili: quelle elaborate col metodo classico, prodotte in larga parte da vitigni autoctoni (la grande arma vincente del vino italiano), da vigne che dal fronte mare salgono sino a mille200 metri di quota. Vini che tutti gli studi indicano in forte crescita nei consumi mondiali, che rappresentano l'eccellenza produttiva e sono una sorta di “promozione sul


MAGNA GRECIA METODO CLASSICO

Euposia

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DEGUSTAZIONE LA MANIFESTAZIONE

Debutto col botto per l’Ais di Catanzaro che fa il pieno di pubblico e di critica

Giancarlo Rafele (responsabile Ais di Catanzaro) e Gennaro Convertini (presidente regionale Ais) hanno fatto un grandissimo lavoro. A dicembre scorso, una bellissima manifestazione - la prima edizione di "Magna Grecia Metodo Classico" - a Palazzo del Duomo, nel centro storico di Catanzaro ha presentato gli SW calabresi: dieci vini, cinque i rosé, che si sono "confrontati" coi vincitori della sesta edizione del Challenge Euposia e con una quarantina di metodo classici italiani ed internazionali: francesi, dalla Champagne (Baron Fuenté, medaglia d'argento 2013) a Limoux; ai Cava spagnoli agli inglesi assieme a Franciacorta Docg, Alta Langa Docg, Lessini Durello Doc, Trentodoc e VSQ di Toscana (il sangiovese brut di Castello di Cacchiano), di Liguria (Durin, campione del mondo 2013 col suo pigato) e Veneto (Cà Rovere, blend di garganega e chardonnay, medaglia di bronzo 2013)

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campo” per un vignaiolo. . Subito, una annotazione: Magna Grecia Metodo Classico punta a superare velocemente i confini della Calabria per coinvolgere anche le altre regioni del Mezzogiorno dove si producono spumanti di qualità: la Puglia, la Campania, la Sicilia. Ci sono grandi nomi dell'enologia italiana impegnati in queste produzioni; c'è una altissima qualità; ci sono storia e blasoni; ci sono "contenuti" e "capacità" nella comunicazione. La degustazione TENUTE FERROCINTO DOVÌ BRUT Oltre 120 ettari di vigneti nella zona di Castrovillari, a 450 metri slm, ai piedi del

massiccio del Pollino; una zona agricola famosa già al tempo dei Romani, vocata per la produzione di uve autoctone come magliocco, monsonico ed aglianico cui sono stati aggiunti cabernet sauvignon e chardonnay. E proprio dall'unica vigna a chardonnay, esposta a nord, nasce questo blanc-deblancs. Attenzione estrema in vigna, vendemmia nelle primissime ore del mattino, utilizzo di lieviti selezionati nella Champagne. Questo metodo classico è fragrante, con un profumo esplosivo di crosta di pane e frutta gialla, ananas e cedro. Palato importante, pieno, di bella struttura e acidità, finale gradevolmente ammandorlato con note aggrumate


MAGNA GRECIA METODO CLASSICO

molto belle. TENUTE FERROCINTO DOVÌ BRUT ROSÉ Le uve a bacca rossa utilizzate sono di Aglianico, vendemmiato ai primi di ottobre; anche in questo caso i lieviti utilizzati arrivano dalla Champagne. Bella nota di colore, profumi immediati al naso e palato di corpo, con piccoli frutti rossi in evidenza,

una spalla acida importante ed un finale sapido. Molto invitante. LIBRANDI ALMANETI BRUT Una famiglia di viticoltori di tradizione; un areale di produzione che circonda Cirò Marina, fra Sibari e Crotone, e quindi sta sulla costa ionica protetta dall'altopiano della Sila beneficiando di un clima ideale Euposia Dicembre-Gennaio 2014

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DEGUSTAZIONE

AMARONE DOCG 2010

per la coltivazione della vite con fresche brezze che scendono dalle montagne arricchiscono i vitigni di note, aromi e profumi davvero unici. I Librandi hanno investito molto sulla ricerca del patrimonio ampelografico del loro territorio, puntando molto sugli autoctoni. Per Almaneti hanno scelto però lo chardonnay prodotto nella loro tenuta Rosaneti a Casabona/Rocca di Neto: 18 mesi sui lieviti per un metodo classico di rara finezza ed eleganza, ricco di profumi e nuance, con una bollicina perfetta, una fragranza continua. Un vino importante, di stoffa e di classe. LIBRANDI ROSANETI BRUT ROSÉ Stessa tenuta, stesso terreno argilloso-calcareo, vitigno gaglioppo, vendemmia ai primi di settembre, 18,20 mesi sui lieviti. Perfetta anche in questo caso la scelta del colore

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dello spumante, estrema pulizia al naso con note floreali e di frutta rossa unite a sentori più erbacei, quasi balsamici. Palato pieno, ricco, con note più calde e dolci, finale molto lungo e sapido. IGRECO GRAN CUVÉE BRUT

Un altro nome che è un simbolo di tutta l'enologia nazionale con vigneti che dalle coste del Mar Jonio salgono sino sulla Sila seguendo così le migrazioni umane, dai primi coloni greci alle invasioni dei saraceni. Una zona ricchissima di storia e dove la mitologia si confonde col presente. Questo metodo classico potrebbe sfidare colleghi blasonati senza alcun timore reverenziale: due ettari di greco bianco a Cirò, a 150 metri slm. Trenta mesi sui lieviti. Alle classiche note di crosta di pane, di crema pasticcera, di agrumi si aggiungono sensazioni più sofisticate e speziate. Palato coerente col naso, ricco, importante, con note finali di cedro, minerale il finale. Grande. IGRECO GRAN CUVÉE BRUT

ROSÉ Vendemmia nella seconda decade di agosto, gaglioppo in purezza, zona di produzione Cirò. Sin dal colore e dal perlage si percepisce l'estrema cura ed attenzione nel produrre questo metodo classico che sui lieviti rimane per diciotto mesi: profumi di lievito, crosta di pane, fragola di bosco; palato estremamente coerente, pieno, dove le note fruttate sono predominanti e dove il finale è secco, lungo, molto invitante. Un ottimo vino, senza dubbio alcuno. SERRACAVALLO ALTA QUOTA BRUT Chardonnay e riesling coltivati in un singolo vigneto a 1200 metri slm. La cantina abbraccia diciotto ettari complessivi posizionati sul colle Serracavallo, che domina la valle dei Crati: dalla catena appennica sino alle falde del Pollino. Un metodo classico nato per passione personale, sviluppato attraverso lunghe sperimentazioni che il titolare Demetrio Stancati cura esclusivamente di persona. In questo metodo classico le note aromatiche diventano più importanti, con note di cedro e pompelmo molto invitanti. Palato pieno, sontuoso, di rara


finezza. STATTI FERDINANDO 1938 BRUT Dal 1700 la famiglia baronale Statti preserva 500 ettari (cento sono a vigneto), a Contrada Lenti, Lamezia Terme, dedicati alle coltivazioni agricole, all'allevamento di bovini ed alla produzione di energia rinnovabile. Un vero e proprio "kombinat" che fa della cura dell'ambiente e dell'altissima qualità il suo tratto distintivo. Ferdinando 1938 è la dedica che l'attuale generazione Alberto ed Antonio Statti - hanno voluto fare al loro padre. Mantonico in purezza, un metodo classico di grande eleganza e raffinatezza, con note floreali, di glicine e di mela golden. Il palato è armonico, la bollicina è finissima, sapido sul finale dove tornano note più aggrumate che si fondono col fruttato tipico. Grande interpretazione. FERDINANDO 1938 ROSÉ Gaglioppo in purezza. Il più bel colore fra i rosati calabresi, ma soprattutto uno spumante importante, sontuoso, ricco all'olfatto ed al palato

dove piccoli frutti rossi si confrontano coi classici sentori della crosta di pane, del lievito e della crema. Vibrante, con una bella spalla acida, di corpo: un palato autorevole, in grado di abbinarsi a piatti importanti. Molto invitante alla beva. Minerale il finale. SANTA VENERE SP1 BRUT ROSÉ La cantina vanta circa 150 ettari sulle colline di Cirò; la tenuta è attraversata dal torrente Santa Venere ed è dal 1600 proprietà della famiglia Scala che vanta numerose liaison interessanti: da Falcone Lucifero, ultimo ministro della Real Casa col re di maggio, Umberto di Savoia, a Domenico De Sole, ex amministratore delegato di Gucci ed oggi proprietario del brand di moda, Tom Ford. Dal 1996 la coltivazione è praticata con sistema biologico. L'enologo è Riccardo Cotarella. Nel 2012 è mancato Federico, il padre dell'attuale gestore Giuseppe, protagonista della conversione al biologico. Sp1 in etichetta sta per "strada provinciale 1" quella su cui s'affacciano i vigneti dedicati a questo metodo classico di gaglioppo in purezza che

proviene da coltivazioni ad alberello le cui piante hanno un'età media di circa quarant'anni in una zona contrassegnata dalle forti escursioni termiche. Anche in questo caso siamo in presenza di un vino molto interessante, importante, con una personalità ben marcata, con una estrema pulizia al naso, con un palato ricco, avvolgente, di struttura, con nuance di piccoli frutti rossi che si fondono perfettamente; una acidità che promette longevità sempre che riesca a "sopravvivere" alle richieste. >

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DEGUSTAZIONI

LE BOLLICINE DEL SOLE Chi l’ha detto che i grandi metodo classico nascono soltanto al Nord? Euposia ha testato per voi più di quaranta, sorprendi, effervescents ed espumosos “du Midi” < Scordiamoci il cielo ed i colori dell’Europa continentale, dai lunghi inverni freddi, dalla luminosità sofferta. Qui siamo nel Midi, anzi in quella parte di costa mediterranea che è compresa fra la Riviera di Ponente e la Costa Daurada, ovvero fra Sanremo e Tarragona. Qui la luce non manca e , anzi, qui si avverte un vero e proprio “cambio di passo” : passata Narbonne, di fronte a Perpignan cambia tutto: il profumo del vento, i colori della terra e del mare. Passata Perpignan l’Europa non è più la stessa. Paesi dalla storia antichissima, coi Greci che cinquecento anni prima di Cristo piantarono le prime barbatelle. E che da allora hanno fatto del vino, dell’olio, merce privilegiata per gli scambi. Da qui è pasata l’aquila imperiale di Roma; qui il Cristianesimo ha affrontate le sue prime Crociate per combattere l’eresia; qui Catalani e Genovesi si sono battuti per poter controllare il Mediterraneo occidentale; da qui - insomma- è passata la Storia,

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quella con la S maiuscola, che ha avuto contraccolpi importanti sino alla metà del secolo scorso lasciando tracce evidenti e continue. Per chi ama il vino qui c’è da perdersi. Soltanto alcune delle denominazioni: Banyuls, Limoux Cotes de Roussillon, Minervois,Rivesaltes e poi appena passato il confine Cava, Penedes, Priorato... Ebbene, qui è concentrata una storia spumantistica bellissima che risale al 1531 (quindi prima del Dom Perignon che, insomma, sembra aver pescato qua e là per il suo Champagne) e che vede un campione di produzione mondiale, il Cava, e una denominazione Blanquette de Limoux (assieme alla “cugina” Cremant de Limoux) che cerca di riprendere uno spazio importante. Euposia ha provato una quarantina di questi Metodo classico. Queste le sue note. Ma l’invito è quello di salire in macchina e di vedere il fascino di questa bellissima parte d’Europa. >


SPARKLING DU MIDI

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SPARKLING

DEGUSTAZIONI

DOMAINE ROSIER CHARME DU SOLEIL BLANQUETTE DE LIMOUX AOC

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MIDI

DOMAINE ROSIER CUVÉE MA MAISON CREMANT DE LIMOUX AOC

Michel Rosier arriva nel 1982 dalla Champagne, ma è stato stregato dal sole di questa parte della Francia che purtroppo gli Italiani attraversano soltanto senza mai dedicare un po’ di tempo per conoscerla al meglio. E’ un agricoltore che rifiuta l’utilizzo della chimica nel vigneto cercando di ottimizzare le potenzialità del territorio. Ma oltre ad essere un recoltant, è anche un negociant-eleveur, quindi può comprare ed affinare uve non sue. Il suo quartier generale è a Villelongue d’Aude, un pittoresco villaggio, e il Domaine è proprietario di 35 ettari coltivati a chardonnay, mauzac (obbligatorio in alta percentuale se si vuole etichettare i vini come “Aoc Blanquette de Limoux), chenin e pinot noir. La prima cuvée è del 1983 e consta di appena 600 bottiglie; trent’anni dopo, e un trasloco, la produzione ammonta a 650mila bottiglie fra Blanquette e Cremant. Una battuta soltanto sulla denominzione: è del 1531 la codifica della prima produzione di bollicine nell’abbazia benedettina di Limoux; del 1938 è l’avvio della denominazione Blanquette de

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Limoux mentre il cugino Cremant arriva soltanto nel 1990. La denominazione “Limoux” conta 7800 ettari e 48 village ammessi alla produzione. Nella versione “ancestrale” non c’è una seconda fermentazione in bottiglia, ma soltanto la prosecuzione della prima, e non c’è aggiunta della liquer d’expedition. CHARME DU SOLEIL Il blend vede mauzac e chardonnay. E’ una cuvée dalle profonde note floreali d’acacia, con una elegante freschezza e leggerezza al palato; la sua gradazione è di 12° e proviene da vigneti esposti al sole sulle alture di Villelongue, dal terreno argilloso-calcareo che un tempo era il fondale del Mediterraneo. I vigneti hanno circa vent’anni e la raccolta è manuale, con una resa di 5o ettolitri per ettaro. CUVÉE MA MAISON Premiato da Hachette nel 2013, per Michel è un omaggio alla sua storia famigliare in Champagne. Pinot nero al 10%, chenin blanc e chardonnay per un vino di spessore, dal carattere ben definito con note aromatiche precise e identitarie. Grande, interminalbile.

DOMAINE ROSIER JEAN PHILIPPE CUVÉE BLANQUETTE DE LIMOUX AOC Caprifoglio e pera williams al naso, bollicine fine e persistenti, un palato pieno, complesso, ampio con sensazioni di pane tostato e miele. I vigneti sono sulle colline di Villelongue a 300 metri sul livello del mare, beneficiando delle brezze e delle escursioni termiche. Vendemmia da fine agosto a metà ottobre, e il blend vede mauzac al 90% con a chiudere lo chardonnay. Vendemmia sempre manuale e nove mesi sui lieviti.


DOMAINE ROSIER CUVÉE CHATEAU DE VILLELONGUE CREMANT DE LIMOUX Dodici mesi sui lieviti e questo porta ad una naturate, maggiore complessità all’olfatto ed al palato. Il blend vede chardonnay al 50%, chenin al 40 e, infine, pinot nero. Michel Rosier torna ad un vino di maggior corpo e spessore: all’olfatto note fruttate tipiche: mela verde, pera, pesca. E poi fiori di campo, profumi di panino al latte e di crema pasticcera. Il palato è pieno e dà grande soddisfazione. L’impressione complessiva del Domaine Rosier è di grande rispetto per il vino e il territorio, marcando bene le differenze fra Blanquette e Cremant.

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CHATEAU RIVES BLANQUES VINTAGE ROSE 2011 CREMANT DE LIMOUX AOC

CHATEAU RIVES BLANQUES BLANC DE BLANCS 2010 CREMANT DE LIMOUX AOC

Lo Chateau è ubicato sull’altopiano che domina la valle dell’Aude, a circa 350 metri sul livello del mare guardando i Pirenei. La proprietà consta di 22 ettari a chardonnay (coltivato a guyot), mauzac (a gobelet) più sauvignon blanc e chenin blanc. Agricoltura sostenibile in vigneto; le piante hanno al massimo 25 anni e la resa per ettaro viene fermata a 45 quintali. Il suolo è morenico, di origine glaciale quindi, con presenza di gesso e sabbia. VINTAGE ROSE 2011 Il blend di questo rosè è fatto da chardonnay all’85% e da pinot nero; sui lieviti resta 24 mesi. La vendemmia 2011 è stata una delle più interessati a Rives Blanques, una vera e propria sfida che ha costretto la maison a scelte rapide in virtù delle bizzarrie del meteo: il più caldo aprile del decennio e la più fredda estate con piogge torrenziali in piena vendemmia. Raccolta manuale e pressatura entro due ore dal raccolto. Il risultato è un Cremant con una bella nota

di colore, ed un olfatto pieno di fiori, piccoli frutti rossi, fragola di bosco. Il palato è fresco, vibrante, con una buona spalla acida ed un certo qual corpo. La gradazione è di 12,5° e il degorgement è avvenuto nell’agosto scorso. Complessivamente è un bel prodotto, di bella beva, appagante. BLANC DE BLANC 2010 Ancora un Cremant dove però rientra anche il mauzac, al 5% per dare una nota ulteriore di territorio, affiancandosi allo chardonnay ed allo chenin blanc. Il degorgement è avvenuto nel febbraio 2013. Il 2010 ha rappresentato l’annata più fredda degli ultimi dieci anni, con una nevicata a maggio. Il cielo è rimasto coperto quasi tutto l’anno e questo combinato ai due anni precedenti molto secchi ha portato ad una resa in pianta inferiore alla media. Una improvvisa ondata di calore prima della vendemmia ha salvato la situazione con un perfetto bilanciamento fra acidità e dolcezza tanto che

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CHATEAU RIVES BLANQUES BLANQUETTE DE L. 2011 BLANQUETTE DE LIMOUX AOC Rives Blanques ha deciso di non aggiungere dosaggio. Il risultato è un vino di bella struttura, molto fruttato, con note aromatiche importanti, di bella acidità e sapidità. All’olfatto note anche di frutta bianca e di agrumi; il palato è pieno, molto corerente con la buona impressione al naso. Retrogusto importante. BLANQUETTE DE LIMOUX 2011 Un’altra nota sulla Blanquette: in lingua occitana (la lingua franca del mediterraneo nordoccidentale) indica il colorito chiaro della parte inferiore della foglia del mauzac che in questo vino di Rives Blanques è ovviamente al 90%. Fra l’altro, l’abbazia benedettina dove nel 1531 si “scoprirono” fermentazione e bolle è proprio vicina a questi vigneti. Il richiamo storico è evidenziato dalla etichetta dove si riporta la prima indicazione ufficiale di “blanquette”. Questa Blanquette è stata sboccata a marzo 2013. Floreale, molto fresco, con un’aggraziata nota di glicine e agrumi.


DOMAINE DELMAS: BLANQUETTE

DE

Omer Delmas, alla morte del padre ereditò e condusse per tutta la vita, i tre ettari di vigneto della famiglia. Suo figlio Bernard, subentrato al padre, con la moglie Marlene compì la trasformazione dell’attività: gli ettari da tre sono diventati oggi 31 e nel 1986 è stata realizzata la conversione alla coltivazione biologica. Una scelta molto forte da parte di Bernard che ha assunto via via ruoli sempre più importanti nell’unione che raggruppa i produttori biologici francesi. Adesso in azienda è attiva anche la quarta generazione Delmas: Baptiste. Il domain, nel cuore dei “paesi catari” vicino a Carcassone, è posizionato a circa 350 metri slm, alle pendici dei Pirenei, su un territorio umido e freddo caratterizzato da una primavera tardiva e da un autunno freddo. Il terreno è argilloso-calcareo, con circa 750 mm di precipitazioni annue. I vigneti - attorno all’abitato di Antugnac - sono esposti a mezzogiorno

LIMOUX BRUT CUVÉE TRADITION

beneficiando così della massima esposizione possibile. In cantina giacciono 360mila bottiglie in seconda fermentazione a fronte di volumi annui di vendita di poco superiori ai 160mila. La Cuvée tradition - che al Challenge di Euposia è stata premiata come “miglior SW di Francia” davanti a fior fiore di Champagne - è un blend che vede anche lo chenin blanc con lo chardonnay a fianco del mauzac. Le uve provengono da tre distinti vigneti: Le Pech, Campgrand e l’Esplies. La vendemmia è manuale, in ceste da 35 chili, e il tempo di permanenza sui lieviti è di diciotto mesi. Il dosaggio degli zuccheri si mantiene entro i 9 grammi/litro. Al naso è molto fruttato, con profumi di fiori di acacia e di macchia mediterranea. Al palato è fragrante, ha una buona struttura, con note di frutta a pasta bianca e di agrumi. Il finale, molto lungo, è sapido, con una bella nota minerale. Euposia Dicembre-Gennaio 2014

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VILARNAU D.O. CAVA BRUT Passato il Coll dels Belistres, dalla Linguadoca francese si passa in territorio catalano, ma non cambia il savoir-faire in materia di bollicine. Certo, la tradizione è più recente - la fine dell’Ottocento -; i vitigni utilizzati sono diversi, peratro comunque autoctoni con una recente incursione di chardonnay e pinot noir. Non cambia però la tenacità degli uomini e la grande corsa verso la qualità che contraddistingue le due regioni. Ah, per questa volta Spagna batte Francia in termini di bollicine prodotte e vendute nel mondo, ma a Limoux fanno notare che Thomas Jefferson e gli zar di Russia bevevano blanquette già in tempi non sospetti. Vilarnau è una proprietà agricola le cui fondamenta poggiano su una presenza certificata sin dal XII° secolo, da parte della famiglia omonima. I resti della “villa” originaria sono ancora visibili. Il primo Cava è del 1949, nel 1982 la proprietà è passata al gruppo Gonzales Byass che ha saputo valorizzato l’investimento realizzando una stupenda

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VILARNAU D.O. CAVA ROSADO cantina. Modernità che si concilia con la piena sostenibilità: recupero delle acque e degli stralci usati come fertilizzante naturale, zero chimica in vigneto, bottiglie leggere contro le emissioni di CO2 e utilizzo della confusione sessuale al posto dei pesticidi. VILARNAU BRUT Il blend è rigorosamente fatto coi tre autoctoni - xarel-lo, parellada e macabeu (al 55%) con rifermentazione in bottiglia di almeno dodici mesi. Un cava molto fresco, aromatico, senza note di appesantimento, dai profumi netti di frutta a pasta bianca e fiori di campo. Il palato è vigoroso, vibrante, con una bella acidità e finale sapido. VILARNAU ROSADO E’ uno dei Cava che ancora utilizzano il trepat, vitigno autoctono a bacca nera della Catalogna, al 90% con in blend il pinot nero. E’ una bellissima sorpresa, con un’esplosione di profumi nel bicchiere di fragole e lamponi, note di lievito e di frutta esotica. Il palato è appagante, ricco di sensazioni, con un finale sapido molto invitante. Grande.

AGRO DE BAZAN D.O. CAVA MAS DE BAZAN Agro de Bazan è uno dei leader galiziani dell’albarino, ma verso Valencia ha acquistato un possedimento a circa 700 metri sul livello del mare dove produce questo Cava. Il blend vede lo chardonnay affiancare macabeo e xarel-lo. Al naso note fruttate varietali tipiche che si fondono con la frutta tropicale matura e note aggrumate ben marcate. Il palato è complesso, con note di crosta di pane e ritorno del fruttato, con un finale sapido. Gradevole .


FREIXENET

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SEGURA VIUDAS

Giù il cappello, siamo in presenza di uno dei più grandi gruppi della spumantistica mondiale, con una storia che risale al 1889 e che ha portato nel mondo - con Codorniù - il nome e l’immmagine complessiva del cava spagnolo. Fondata da don Pedro Ferrer e da sua moglie dona Dolores Sala, Freixenet negli anni ha realizzato diverse realtà produttive in Argentina, Australia, Messico e California; ha rilevato gli impianti del gruppo francese Chandon in Catalogna (accettando così di accogliere pinot nero e chardonnay dopo una tenace difesa dell’autenticità del cava)e possiede una maison di champagne Henri Abelé - e i brand catalani Castellblanch, Casa Sala e Segura Viudas. Chi lo conosce soltanto per la Carta Nevada e il Cordon Negro è pregato di mettere mano ai suoi Cava più complessi e scoprirà il suo, personale, nuovo Mondo senza dover attraversare un Oceano. BRUT VINTAGE RESERVA Il blend è quelloo storico, i tre autoctoni catalani; vendemmia manuale in casse da 25 chili, pressatura soffice dei grappoli entro due ore dalla vendemmia, 24 mesi di affinamento. Chi vuole capire il cava deve partire da qui. Ricco, complesso, si può bere senza affanni oppure si può cercare di capirlo a fondo. In entrambi i casi, riserva piacevoli sorprese. BRUT BARROCCO RESERVA Solo nelle migliori annate, con un perfetto bilanciamento nel blend dei tre autoctoni. Profumi aggrumati e di nocciola, con note di tostatura e crema pasticcera. Un rapporto qualità/prezzo senza pari. ELYSSIA PINOT NOIR Prodotto nei 92 ettari di Mas Bernich, questo rosé vede pinot noir e una piccola aliquota di trepat proveniente da vigneti vicino a Tarragona. Uno dei migliori Freixenet per fragranza, freschezza, facilità di beva eppure complessità al palato.

SEGURA VIUDAS BRUT RESERVA Fondata nel 1959, Segura Viudas è il brand premium di Feixenet. Ha una lettura rigorosa del cava, senza cedimenti, tanto da sembrare a volte scontroso. Ma non bisogna arrendersi e bisogna cercare di comprenderlo al meglio. Note di nocciola tostate, di cedro, palato fresco e sapido. GRAN RESERVA HEREDAD Dalla riconoscibilissima bottiglia, bellissima, che ne fa un oggetto di raro pregio. Dalla personalità così forte, da risultare a volte di difficile comprensione. Grande impegno per la sostenibilità e la valorizzazione della biodiversità nei vigneti. Solo macabeo (67%) e parellada. Si utilizza il solo mostofiore e sui lieviti la permanenza è di trenta mesi. Il blend vede la fusione di nove vini base lavorati separatamente. Profumi di frutta secca, di sottobosco, uniti a frutta gialla matura e al cedro. Palato di corpo, complesso e ricco. Richiede attenzione perchè non è un vino banale. Tuttt’altro. Grande. Grandissimo. Euposia Dicembre-Gennaio 2014

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GRUPPO DOMAINE PAUL MAS Jean-Claude Mas è uno dei più valenti imprenditori della Linguadoca controllando diversi brand delle denominazioni Languedoc-Roussillon e Limoux. Questo grazie alla capacità della sua cantina, dalla quale escono prodotti di assoluto valore, ma anche ad uno spirito imprenditoriale non privo di ironia: sua è, ad esempio, l’etichetta “The arrogant frog” ovvero la “rana arrogante” prendendo così in giro l’aanglosassone luogo comune sulle abitudi alimentari dei “cugini”. Oppure, il metodo charmat che utilizza un autoctono e che non ha paura di spiegare che sì, è fatto come il prosecco. In fin dei conti piace anche ai Francesi...tanto vale chiamare le cose col loro nome. A questo si unisce un ristorante ed un impegno non indifferente verso l’enoturismo facilitato dal clima, dalla vicinanza col mare (e che mare!), dalle memorie storiche del territorio che ha visto di tutto e di più, in grado così di rispondere alle più disparate richieste turistiche. Euposia ha provato una ampia selezione dei metodo classici Paul Mas (anche lo charmat, ma ne leggerete nel prossimo numero e sarà una sorpresa!). CHATEAU MARTINOLLES PRIMA PERLA BLANQUETTE D.L. Lo Chateau prende il nome dal ruscello Matinollet che attraversa macchie di gariga, vigneti e uliveti. Prima perla perchè nelle vicinanze c’è l’abbazia du St Hilaire, dove i benedettini - appunto - scoprirono la magia della fermentazione in bottiglia. Mauzac al 90% più chardonnay e chenin blanc. Al naso profumi di pesca bianca, intensi, e di fiori. Palato fresco ed equili-

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brato. PRIMA PERLA CREMANT DE LIMOUX Il mauzac va in coda, al 10%, preceduto da chardonnay, pinot nero e chenin. Nove mesi sui lieviti. Naso intenso, molto fine, con profumi di miele, di acacia e di agrumi. Palato pieno, importante, con un perfetto equilibrio fra acidità e zuccheri. Sul finale tornano le note più fruttate. PRIMA PERLA CREMANT DE LIMOUX ROSÉ Esce dal blend il mauzac e il pinot nero è al 10%. Il colore scelto dall’enologo è un buccia di cipolla molto leggero. All’olfatto le sensazioni migliori: fiori e frutta candita, note di miele che si fondono con pesca ed albicocca. Il palato è leggero con belle note frutatte.


COTE MAS MÉTHODE ANCESTRALE Qui la regola cambia: non avviene una seconda fermentazione, ma si tratta della prosecuzione della prima sui propri lieviti, con una presa di spuma naturale che viene fermata con la filtrazione dei lieviti; l’imbottigliamento avviene alla terza luna del marzo successivo alla vendemmia. E’ un mauzac in purezza cui non viene aggiunto alcun liquer de expedition e la pressione, di

solito, non supera le tre atmosfere. Profumi fruttati e molto floreali, palato con aromi di frutta gialla, ancora fiori e miele. Finale in dolcezza. L’EGLISE ST MARTIN BLANQUETTE DE LIMOUX Altro riferimento storico, alla chiesa del dodicesimo secolo ubicata nel centro di Limoux in questa terra dove fortissima è la caratterizzazione religiosa. Mauzac, chardonnay e chenin blanc come “d’uso”; nove mesi sui lieviti. Una Blanquette rigorosa, precisa, con profumi intensi al naso di pera e mela verde con note floreali silvestri. Il palato è fresco e croccante. Di grande soddisfazione. VERGNES CARTE NOIRE BLANQUETTE DE LIMOUX Antoine Vèrgnes fu il fondatore nel 1926 di Domaine de Martinolles. A questa tradizione è dedicata l’etichetta nera che riprende il tradizionale uvaggio delle Blanquette della maison Paul Mas. Almeno nove mesi sui lieviti. VERGNES BDL ROSÉ Quindici mesi sui lieviti, il blend si conferma chardonnay, pinot noir e chenin blanc. Naso importante, caprifoglio, pesca ed albicocca. Al palato note di pompelmo e di agrumi maturi. Assai interessante. Euposia Dicembre-Gennaio 2014

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GÉRARD BERTRAND BLANC CRÉMANT DE LIMOUX AOC

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GÉRARD BERTRAND ROSÉ CRÉMANT DE LIMOUX AOC

Gerard Bertrand in gioventù è stato un valente giocatore professionista di rugby sino a diventare capitano, nel 1993, dello Stade Francais di Parigi (oggi al suo posto c’è il capitano della Nazionale Italiana, Sergio Parisse); nel mentre è diventato un valente imprenditore vinicolo riuscendo ad arrivare a 410 ettari di proprietà nel volgere di una dozzina d’anni. Oggi è il produttore biologico leader per dimensioni in Francia sebbene acquisti uve da altri produttori e cooperative e non tutta la sua produzione sia certificata. I suoi vigneti sono nelle vicinanze di Carcassone, in pieno territorio cataro, ed hanno un’altitudine compresa fra i 250 ed i 500 metri sul livello del mare: i più alti fra quelli della Haute Vallée del fiume Aude. Protetti dai rilievi montuosi, questi vigneti godono di un clima più continentale che mediterraneo, con piogge più regolari e forti escursioni termiche. La vendemmia è rigorosamente manuale e avviene in leggero anticipo sulla perfetta maturazione naturale allo scopo di preservare la migliore acidità possibile degli acini. Il Pinot noir 2011 di Gerard Bertrand è stato classificato da Decanter come il miglior PN al mondo e la sua maison è stata proclamata “European Winery of the year” . CRÉMANT DE LIMOUX BLANC La scelta dello chenin blan nei Cremant serve a dare vivacità al vino e a garantire

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GÉRARD BERTRAND CODE RED, BLANC DE BLANCS CRÉMANT DE LIMOUX AOC

una migliore longevità, lasciando allo chardonnay il compito di essere “garante” della finezze delle bolle. Questo GB Blanc presenta all’olfatto note di fiori bianchi e profumo di miele e mela verde che si fondono col pane tostato. Palato di bella struttura. CRÉMANT DE LIMOUX ROSÉ Vendemmia più attenta alla perfetta maturazione, soprattutto del pinot noir. Poche ore di permanenza sulle bucce per evitare di avere troppo colore. Il blend vede lo chardonnay in predominanza. Al naso, fragole e lampone con note di pane tostato e una bella persistenza aromatica. Palato complesso con note più speziate sul finale. Probabilmente, il più convincente Rosé del Midi. CODE RED BLANC DE BLANCS La maglia dello Stade Francaius è blu e rosa: colore che stride con la maschia fierezza di questo sport. Ma il colore è anche marketing e (anche) qui i “cugini” ce ne danno di santa ragione. E’ un blanc de blancs - quindi ottenuto da sole uve bianche - ma la bottiglia è rossa. Chi si aspetta un Rosè è avvisato: rien-afaire! All’olfatto il bouquet è floreale con note di pera, agrumi e frutta fresca. Il palato è fresco e minerale dove tornano eleganti note fruttate. La forza in un guanto di velluto. Allez, les Bleus!


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SIEUR D’ARQUES PREMIERE BULLE # 1BRUT BLANQUETTE DE LIMOUX AOC

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PREMIERE BULLE #1 BLANQUETTE DE LIMOUX Diciotto mesi sui lieviti e già dal packaging un grande numero uno fucsia - dichiara la sua modernità. Pensato per un pubblico giovane o femminile fra della leggerezza il suo punto di forza. Non che sia privo di contenuti, però: al naso note di fiori di campo, note più silvestri che si fondono in note più evolute di frutta secca, tostato e di brioche. TOQUES ET CLOCHERS CRÉMANT DE LIMOUX Un’edizione limitata, un vino superbo per fattura e complessità, una bella scoperta che

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SIEUR D’ARQUES TOQUES ET CLOCHERS CRÉMANT DE LIMOUX AOC

La Cave des Vignerons du Sieur D’Arques è la cooperativa dei produttori di Limoux: ad oggi controlla 1100 ettari nella zona della denominazione, e altri 1200 esterni, con quasi 290 viticoltori associati, avendo come sede Aimery. Fondata nel 1946 ha raggiunto un fatturato nel 2012 superiore ai 45 milioni di euro; controlla il 65% della produzione complessiva di Blanquette e Crémant di Limoux con 6,7 milioni di bottiglie vendute e con 4,8 milioni di bottiglie colloca il 60% della produzione di vini fermi della Aoc catara. I vigneti arrivano sin o a 500 metri sul livello del mare, e Sieur D’Arques è stata antesignana nelle lavorazioni parcella per parcella, diversificando la gamma dei vini prodotti e puntando moltissimo sulla qualità.

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SIEUR D’ARQUES AIMERY, LA GRANDE CUVÉE 1531 BLANQUETTE DE LIMOUX AOC

conferma l’alto livello di tutta questa regione che ha abbandonato le produzioni massificate del passato. Realizzato con la collaborazione di Denis Dubordieu, noto professore d’enologia a Bordeaux e winemaker, con 36 mesi di permanenza sui lieviti. Al naso sono immediate e potenti le note di agrumi e di tostatura. Il palato è pieno, complesso, dove tornano le note aromatiche e fruttate. Finale minerale. Di grande soddisfazione alla beva, molto invitante ed appagante. AIMERY LA GRANDE CUVÉE 1531 BLANQUETTE DE LIMOUX Oramai, è chiato: 1531 è l’anno fatidico cui fa rimento l’intera denominazione. A buona ragione, ovviamente. Questo è un vino pluripremiato che vede il tradizionale blend mauzac (al 20%), chenin blanc e chardonnay - e affina sui lieviti per almeno due anni. Molto fresco e piacevole, lavora sulla leggerezza e l’eleganza con al naso profumi immediati di acacia, pera bianca, macchia mediterranea. Eppoi brioche, lievito e crema pasticcera. Al palato però l’equilibrio dolcezza-acidità è perfetto; il vino non risulta quindi mai stucchevole e tornano belle note fruttate. Finale sapido e minerale. Si fa bere in un lampo, ma non è affatto semplice. Anzi, studiandolo un po’ si scoprono tante “cose” nuove...


SIEUR D’ARQUES AIMERY, BLANC DE BLANCS BLANQUETTE DE LIMOUX AOC Dalle bollicine fine ed eleganti, di grande complessità eppure al palato così piacevole ed elegante. Mauzac in forte predominanza, come impone la denominazione, diciotto mesi sui lieviti. Naso di fiori d’acacia, di pere bianche e mele più mature, con sentori cetrini di pompelmo. Il palato è minerale, molto fesco, con una grande spalla acida dove tornano le note floreali e fruttate, con sensazioni più calde di crema pasticcera e di crosta di pane. Note più tropicali - ananas e banana - con un finale di nocciola. Molto gradevole, importante. Un altro bell’esempio della qualità raggiunta da questi vignerons. Chapeaux!

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News

“A I C ACCIATORI ” DI C AVASSO N UOVO È LA MIGLIOR TRATTORIA i Cacciatori di Cavasso Nuovo è la miglior trattoria dell'area di Alpe Adria. A decretarlo, la Guida Magnar Ben 2014 - Best Restaurants, Wines & Food of Alpe Adria, che ha assegnato al locale di Danel e Angelina Corte il riconoscimento di Best of Alpe Adria Restaurants Awards 2014. “Trattoria di grande atmosfera, cucina, ospitalità, cultura. Un pranzo o una cena in questo luogo ai piedi delle vallate pordenonesi rappresentano un viaggio nella friulanità vera e nel territorio a km 0, alla scoperta dei grandi sapori intensi e raffinati”: queste le motivazioni del premio, secondo Maurizio Potocnik, enogastronomo curatore della guida, e i suoi collaboratori, i giornalisti Cristiana Sparvoli e Francesco Lazzarini. Giunta alla sua XVIII edizione, la Guida Magnar Ben seleziona quest'anno 410 ristoranti e 208 vini e assegna nelle varie categorie Awards internazionali alle migliori cucine e vini. Una guida per chi ama viaggiare, scoprire, vivere l'enogastronomia di qualità di un territorio bellissimo tra Italia, Austria, Slovenia e Croazia. Oltre alla “Trattoria Ai cacciatori,” la Guida Magnar Ben segnala anche altri ristoranti delle Valli Pordenonesi e delle Dolomiti Friulane: “Mr. Gredy” ad Arba, “Rifugio Vallata” a Barcis, “Ciasa de Gahja” a Budoia, “Ai Mulinars” e “Il Furletto” a Clauzetto, “Osteria dei Cippi” a Frisanco, “La Stella” a Meduno, “Ivana e Secondo” a Pinzano al Tagliamento, “Al Marescial” a Travesio.

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ew entry in Friuli Venezia Giulia Via dei Sapori: Al Gallo di Pordenone è stato infatti cooptato dagli associati ed ora fa parte del gruppo dei “Magnifici Venti” ristoranti portabandiera del livello di assoluta eccellenza della gastronomia del Friuli VG. Locale storico di Pordenone (la sua apertura risale infatti al 1850, quando era la prima osteria che s'incontrava - superato il ponte sul Nocello - entrando in città), nel 2009 è stato riaperto dopo un'attenta ristrutturazione dallo chef Andrea Spina e da sua moglie Diletta Pitton, che in breve tempo ne hanno fatto uno dei punti di riferimento della ristorazione cittadina. Cucina di pesce è quella proposta da Andrea, affinata dall' intensa esperienza fatta Grado, isola celebre, oltre che per la sua laguna e le sue spiagge, anche per la sua cucina marinara. Nei suoi piatti si mescolano con garbo e buon gusto il pesce dell'Alto Adriatico e i prodotti della Pedemontana pordenonese, in un sapiente gioco di colori-profumi-sapori. «Costruisco il piatto - racconta cercando di esaltare l'ingrediente di base, il pesce, e manipolandolo il meno possibile: attorno a lui definisco la ricetta». Interessante la cantina, fra cui spiccano le grandi etichette del Friuli e un'accurata selezione di produttori di fuori regione.

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CROAZIA

L’ UVA D ’ ORO DEL Q UARNERO L’autoctona Vrbnicka Zlahtina regala un vino bianco ed un metodo classico di cui sentiremo parlare sempre più spesso Testo di Carlo Rossi, foto di Alessandra Pezzutti

< La Croazia produce vino in due grandi macroregioni: Hrvatsko Primorje (Croazia Costiera) a nordovest, e che include tutte le isole del Quarnero, e la seconda detta Croazia Continentale . Tutti conosciamo le isole del mito, Kvarner, che Italia chiude e i suoi termini bagna. Tutti conoscono le acque color cobalto del Golfo del Quarnero, una meta imperdibile sia per le spiagge attrezzate sia per i forti legami con l’Italia. Krk è l'isola mediterranea piu' vicina all'Europa centrale e occidentale, un mondo di mondi, incrocio di terra e mare. Si incontra nel lato est del golfo del Quarnero, ed è la seconda

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isola piu’ ampia dell’Adriatico, con le su misure che vanno dai 38 km di lunghezza, ai 18 km di larghezza, sino alla sua cima di 568 metri. E' congiunta alla terraferma con un bellissimo ponte, vanto dell’ingegneria croata. Ma forse vale la pena recarsi a Krk, o, per noi, isola di Veglia, alla scoperta di una delle eccellenze che la Croazia regala al suo giovane ingresso in Europa, la nobile uva Zlahtina. Le viti a Krk occupano la gran parte del suolo agricolo coltivabile e disponibile dell’isola, caratterizzata da una grande varietà di terreni, a testimoniare dell’importanza che i veglioti attribuiscono a quest’uva.

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La Zlahtina bianca è infatti l’uva portabandiera di un’isola che ha mille anni di storia. Da un punto di vista geologico, si fa risalire la nascita dell’isola al periodo Cretaceo superiore Mentre è antropizzata da epoca remotissima, dato che sono state ritrovate tracce risalenti al IV secolo avanti Cristo di una citazione latina "splendidissima Civitas Curictarum", la magnifica Citta dei Curicti: popolazione di stirpe illirica, . La Vrbnicka Zlahtina, è l’ “uva d’oro” che regala un vino bianco e uno spumante metodo classico unici nel loro genere. Si, perché la Zlahtina dà il meglio di sé solo a Krk, isola spazzata dalla bora in


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REPORTAGE

CROAZIA

inverno, come del resto tutto il Quarnaro sino a Trieste. E l’ambiente di Krk è caratterizzato da grande varietà, partendo dal mare, da golfi e altopiani, da foreste e corsi d’acqua e aree carsiche. Qui andiamo a scoprir Vebrenico, Vrbnik. La “casa” dell’uva d’oro. Unica la posizione della città vegliota, soggetto di numerose canzoni, che si distende su un promontorio a cinquanta metri sul livello del mare, rappresentando uno dei piu’ antichi insediamenti. Sui bei vigneti a guyot, matura l’uva di Zlahtina, vigneti che si distendono principalmente in un piccolo fazzoletto di terra, nell’altopiano di Vrbnik. Ancora poche sono le informazioni a disposizione circa l’origine della Zlahtina. Comunque si ritiene sia proprio nativa di Krk, o, al piu’, proveniente dalla costa. Il suo nome deriva dall’aggettivo slavo Zlahten, che significa “nobile”. Uva che si sviluppa e cresce dunque solo in questa piccolissima zona e in qualche micro appezzamento in Istria. Ed è vero che, come abbiamo avuto modo di costatare, parlare di Zlahtina evoca subito Krk, e Vrbrink. L’uva matura tradizionalmente tra la seconda metà di settembre e la prima quindicina di ottobre. Grazie alla dedizione, alla passione, all’attaccamento alle tradizioni dei “vigneron” di Krk, la Zlahtina è diventato uno dei piu’ importanti, o forse il piu’ importante, vino degli ultimi 15 anni in Croazia. Cinque sono le principali “griffes” vitivinicole dell’isola: KUCA VINA, KATUNAR, VINARJIA SIPUN, NADA, PZ

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GOSPOJA,e , ultima ma forse prima per importanza, PZ VRBNIK, la Cooperativa che ha fatto la storia di Krk. E partiamo proprio da quest’ultima, descrivendo i vigneti che occupano la parte piu’ favorevole di Vebrenico. Vrbnicko poljie, la piana di Vbrnik, copre un totale di 211 ettari, dei quali 100 in produzione. Si tratta di un’area racchiusa da basse colline da est, ovest e nord, mentre a sud è protetta da

Mali Hlam, che raggiunge i 446 metri sul livello mare. Un territorio ristretto, che riveste il carattere della sacralità attribuito dalle antiche popolazioni di quest’isola. In questo ambiente, alla francese, terroir, uomini come Marinko Vladic, orgoglioso capo enologo della famosa winery dell’isola, la cooperativa Agricola di Vrbnik contribuiscono a perpetuare il mito di una leggendaria cavalcata, oggi in pieno e rigoglioso sviluppo, che dura dal 1892, anno della

sua prima fondazione. Pare che la Zlahtina abbia una certa parentela con la francese chasselas , appartenendo ad un gruppo di uve nobili del ceppo zlahtno/plemenito anticamente menzionate da Plinio il Vecchio a proposito dell'Istria. Piu’ di cento anni della storia di Vrbnik sono stati fecondati dal positivo apporto della Cooperativa agricola. Nel marzo 1904 si trasformò in Associazione Economica e Commerciale di

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Vrbnik. Poi, dal 1954 la storia recente inizia con un’unica COOPERATIVA AGRICOLA DI VRBNIK, basata principalmente sulla Zlahtina. Nel 2004 il management è cambiato con la nomina di Slavko Zahija, attivo nella cooperativa sin dall’esordio, e con Marinko Vladic si assiste ad una accelerazione della crescita qualitativa. Nascono in particolare i due brand di metodo classico: lo spumante affinato sotto il mare di Vrbnik, nella “cantina di Nettuno”. Abbiamo assaggiato la vendemmia 2007, un vero “grand cru” affinato in una cantina speciale. Bollicine finissime, sapore intenso e pieno, spuma eterea. Un packaging superbo che ne fa un prodotto da grandi estimatori, come la gloria nazionale Davor Suker. La leggenda della Zlahtina di Vrbnik, il piu’ amato tra i vini bianchi autoctoni croati, trae origine proprio da questa cooperativa, che raggruppa oltre 10 viticoltori i quali raccolgono annualmen-

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te 950 tonnellate d’uva di grande qualità. Abbiamo visitato anche la bella cantina NADA, che offre un sito web prezioso anche con informazioni in italiano, simbiosi tra una superba winery dotata della piu’ moderna tecnologia, un prestigio-

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so ristorante con un’ampia offerta gourmet, due suggestive taverne e due case per turismo. Grande accoglienza e una vocazione alla ricerca della perfezione della famiglia Juranic, fanno di Nada un luogo speciale dove godere al meglio una vacanza nell’Insula aurea. Infine merita un assaggio anche GOSPOJA, la Cooperativa agricola dell bella famiglia Toljianic, fondata nel 1995, dieci ettari propri, un “recoltant manipulant” di razza. Quando, nel 2004, Ivan Katunar, decise di seguire la sua vocazione, fondò la casa vinicola omonima, e si impose subito all’attenzione ottenendo ottime valutazioni dagli esperti croati. Bouquet fruttato, fresco, spiccato spirito imprenditoriale, ne hanno subito caratterizzato l’impostazione di cantina. >


CROAZIA KVARNER GOURMET rk ospita normalmente circa 950 abitanti, che per la maggior parte sono dediti alla viticoltura ed ad attività connesse con l’economia turistica. 'isola di Krk si trova nel golfo del Quarnero e con la sua superficie di 409,9 kmq è la maggiore isola dell'Adriatico. Il rilievo insulare è carsico con formazioni morfologiche interessanti: grotte e caverne, vallette e crepacci. La parte centrale dell'isola è ricoperta da fertili campi (Omišalj, Dobrinj,Vrbnik e Baška). La costa si articolata in numerose baie, rade, insenature e spiagge ghiaiose naturali, tra cui quelle maggiori sono Soline (fango curativo) e Puntarska draga. Il clima è mediterraneo, piacevole e mite. I venti principali sono la bora, lo scirocco e il maestrale. Considerato il numero delle ore di insolazione annua l'isola è una delle zone più solatie dell' Europa. La Bora disegna il territorio, dove soffia impetuosa assai più frequente nei mesi invernali. Raffiche fino a 230 chilometri all'ora sul ponte, quando tutto si ferma, meno che da Zusic. Un altro grande autore della sinfonia del gusto del Quarnero. Nella Casa del saporito prosciutto di Krk, a Vrk, che vuol dire cima, la Macelleria Zuzic, apre le finestre della stanza di affinamento dei suoi prosciutti Dop, per far entrare la Bora. I prosciutti si asciugano così secondo un prezioso metodo naturale. Grandi occasioni di godimento sono offerte dalla cucina del Quarnero, in una felice combinazione tra terra e mare, dove allignano eccellenze assolute. E’ il caso dell’olio d’oliva, dei tartufi, della carne, del formaggio, del pesce ma, soprattutto, dei mitici scampi, che fanno bella mostra di sé in ogni ristorante di Krk, come da Rivica, punto d’eccellenza gastronomica sin dal 1934 (ottanta anni al servizio della qualità) della famiglia Lesica) di fronte al mare, in compagnia di uno staff preparato ed accogliente. Semplicemente eccellente. Ma, soprattutto, merita una visita in terraferma, attraversando il grande ponte, per andare ad incon-

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trare a Kastav, bella cittadina medioevale dalla storia antichissima, il Kukuriku, luogo d’incontro e di piaceri intensi della tavolozza di Neno Kukurin, alfiere sin dal 1967 della “fusione” tra tradizione e modernità croata. «Kukuriku racconta l’arte dell’ospitalità con 120 anni di tradizione. La mia famiglia ha aperto il primo ristorante à la carte a Abbazia ed ha deciso di chiamarlo Kukuriku. Hanno avviato un ristorante di successo e riconosciuto anche grazie al logo distinguibile e il nome risonante. Mio padre, per allora, era molto all’avanguardia, sempre avanti, egià nel 1967 nel ristorante c’era una vasca per astici; direi che fosse molto innovativo e straordinario. Il fatto che ho vissuto 6 anni all’estero e accumulato molta esperienza internazionale m’ha aiutato molto nell’aprire il ristorante. Ho avuto un gran desiderio di riportare il ristorante alla città di Castua, di cui ne sono innamorato, e l’ho fatto. Quando abbiamo aperto il ristorante, ci siamo resi conto che dobbiamo essere un po’ diversi, distinguibili eperciò ci siamo decisi per lo slow-food» mi racconta Neno. Euposia Dicembre 2013 - Gennaio 2014

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News G IUSEPPE Z AMBONI C OL “G USTO DELLA T RADIZIONE ” C ONQUISTA LE TAVOLE DEI B ERICI a ristorazione vicentina si rinnova puntando su piatti unici che offrono la possibilità di vivere una vera e propria degustazione. Una sorta di viaggio nei sapori con il vantaggio di un costo più contenuto rispetto alle tradizionali pranzi o cene con più portate. Con questa filosofia di fondo, l'Associazione provinciale ristoratori Confcommercio ha scritto una nuova “puntata” del “Piatto Nuove Idee”, una sfida tra cuochi dalla quale esce, ogni stagione, un piatto unico che viene poi proposto nei ristoranti della provincia. Dopo l'esordio dell'autunno scorso che ha decretato il successo del piatto unico autunnale Il Vegetariano (realizzato da Monica Gianesin della Trattoria "Isetta" di Grancona), arriva ora il "Piatto Nuove idee" per l'inverno, che è stato scelto da una giuria di giornalisti, foodblogger ed esperti dell'enogastronomia tra ben sette diverse ricette, tutte elaborate dagli chef de "Le Buone Tavole dei Berici", storico gruppo della ristorazione vicentina, nato oltre trent'anni fa da un' idea di Severino Trentin (oggi sono sette i ristoratori che sono diventati alfieri della tradizione e della cultura enogastronomica del territorio). A spuntarla nel cooking show tenutosi all'Università del Gusto di Creazzo la proposta denominata “Il gusto della tradizione”. Il piatto selezionato è stato costruito dallo chef Giuseppe Zamboni della Trattoria Zamboni di Lapio, che ha sottolineato l'ispirazione alla tradizione gastronomica del territorio, inserendo al contempo nuovi abbinamenti in un equilibrato rapporto qualità-prezzo. E’ composto da uno strudel di radicchio di Asigliano e mozzarella su fonduta di Grana Padano Dop, abbinato ad una crema di porri e patate arricchita da nastri di porro stufati e cubetti di erborinato di capra, insieme a filetto di maiale avvolto in speck su crema di broccolo fiolaro. I locali aderenti all'iniziativa esporranno una locandina appositamente creata, e saranno inseriti in una speciale sezione del sito www.ristoratoridivicenza.it.

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LE BUONE TAVOLE

DEI

BERICI

* Antica Trattoria "Al Sole" di Castegnero (Vi) - chef Roberto Berno * Trattoria "Zamboni" di Lapio (Vi) chef Giuseppe Zamboni * Antica Osteria" Penacio" di Soghe di Arcugnano (Vi) - chef Imera Gianello * Vecchia Ostaria "Toni Cuco" di Grancona (Vi - chef Martino Zanella * Antico Ristorante "Primon" di Noventa (Vi) - chef Angelo Primon * "Piccolo Mondo" Ristorante da Gino di Zovencedo (Vi) - chef Gino Gasparella * Trattoria "Isetta" di Grancona (Vi) chef Monica Gianesin

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GIRO D’ITALIA

Modena vuole cogliere le opportunità dell’Expo 2015 presentando tutte assieme le proprie specialità Dop e Igp: una produzione che vale un miliardo l’anno e che oggi è finalmente a sistema. Intervista a Pierluigi Sciolette, Presidente del Palatipico di Modena di Enzo Russo

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I SAPORI “UNICI”

DI

MODENA

PIACERE SENZA LIMITI

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GIRO D’ITALIA

< Dal prosciutto di Parma al Lambrusco, dall'aceto balsamico di Modena al prestigioso Parmigiano Reggiano, l'Emilia Romagna è tutta una miniera dei migliori sapori della tradizione enogastronomica della regione, ma è Modena e la sua Provincia che ne rappresentano la parte più importante nel panorama agroalimentare, non solo per il numero delle produzioni a denominazione di origine, ma anche per la qualità dei prodotti. Il piacere della tavola, del buon bere e buon mangiare, fa un po' parte del DNA dei modenesi che ne vanno fieri di questa tradizione. E proprio per questa loro passione che a Modena, non poteva essere diversamente, è stato ideato un progetto “Piacere Modena”,

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I SAPORI “UNICI”

per promuovere e divulgare tutte le eccellenze del territorio. Ne parliamo con Pierluigi Sciolette, Presidente del Palatipico di Modena e del Consorzio di tutela del Lambrusco di Modena, che si è sempre adoperato nella ricerca di nuove forme di promozione in Italia e all'estero. «Il Palatipico di Modena è nato per promuovere tutto l'agroalimentare modenese, realizzando un marchio “Piacere Modena”, che si completa con territorio, turismo e ristorazione. Dove intendiamo per territorio, i prodotti dell'agroalimentare Dop e Igt e per quanto riguarda il turismo e ristorazione, sono due complementi che insieme ai prodotti, aiutano a promuovere un area modenese molto interessante,

DI

MODENA

tenendo conto che la provincia modenese se pur non estesa ha il maggior numero di Dop, Doc, Igp e Igt d'Italia». In quale anno nasce? «Nel 2010 e nel 2011 viene costituita la Fondazione Agroalimentare Modenese e poi per operare il Palatipico». Dall'ora a oggi, quali risultati? «Sono stati notevoli. Anzitutto siamo riusciti a riunire tutti i Consorzi nella sede di Viale Virgilio 55. Oggi chi viene a Modena trova gli uffici di tutti i Consorzi e questo consente di sfruttare al meglio tutte le sinergie che ci possono essere, sia far risparmiare denaro sia essere più efficienti nelle promozioni in Italia e all'estero». Questo vi permette di presentarvi tutti assieme e promuovere l'immagine di Modena con i suoi profumi e sapori con un beneficio collettivo? «Esatto. Poi abbiamo aperto un sito di vendita online delle nostre eccellenze per cui i nostri interlocutori possono acquistare direttamente nel nostro circuito, dove abbiamo inserito i nostri prodotti di altissima qualità». Quali sono i più richiesti? «Nell'ambito delle dop abbiamo il Parmigiano Reggiano prodotto a Modena, Prosciutto di Modena, l'aceto Balsamico tradizionale di Modena, un prodotto che deriva da un lunghissimo invecchiamento da un minimo di 12 fino ai 25 anni e poi il Lambrusco. Questi sono i prodotti più conosciuti, sia in Italia sia all'estero. Abbiamo anche gli Igt, come l'aceto balsamico di Modena più


adatto alla cucina ma sempre a valenza internazionale. Ci sono lo Zampone e il Cotechino, le confetture di Amarene brusche di Modena. Tutto quello che è il punto di forza dell'agroalimentare si sta consorziando in questa nostra iniziativa». Come nasce l'idea di riunire tutte le eccellenze in unica sede? «Da un progetto. Mi sono trovato ad esaminare alcune cose fatte negli anni passati, dove noi avevamo fatto in modo sporadico e anche abbastanza costoso le fiere, come Lambrusco Mio, l'aceto balsamico ed altro, tutte iniziative molto costose che durano tre giorni e alla fine tutto finisce. La mia idea è stata quella di mettere a punto un sistema e delle iniziative che fossero vive e presenti tutto l'anno. Da qui l'idea di mettersi tutti assieme con la finalità ultima, oltre ad ottenerne dei vantaggi, di realizzare a Modena in un unica sede, grazie anche al determinante contributo della Camera di Commercio di Modena che ci ha seguiti fin dall'inizio, un Centro di accoglienza in grado di accogliere i visitatori, come i media, i bayer e addetti ai lavori, nel quale si potesse fare ospitalità, conoscenza, degustazioni, acquisti, studi. Tutto quanto è inerente all'agroalimentare del territorio. La struttura sarà pronta per l'Expo 2015 e sarà permanente, aperta tutto l'anno. Noi pensiamo che i nostri prodotti abbiano delle grandi valenze in termini di qualità, quindi dobbiamo farli conoscere al meglio ai

nostri consumatori e a coloro che s'interessano di alimentazione. L'evento di Milano è improntato proprio sul tema della nutrizione, quindi diventa imperativo il nostro impegno per promuovere le nostre eccellenze per migliorare la cultura di una sana e corretta alimentazione e la conoscenza del nostro territorio». Chi ha partecipato alla realizzazione del progetto? «I consorzi delle Dop e in più abbiamo tre aziende con finalità consortili, che sono Modenatur che si occupa di turismo, il Consorzio Modena a Tavola della ristorazione, la società Artest della certificazione di qualità e di formazione professionale. Nella nuova struttura che andremo a realizzare ci sarà anche lo spazio per la ristorazione in modo da poter creare e studiare la cucina in termini moderni, tenere corsi ed altre iniziative gastronomiche. Ci sarà poi un area, che era quella dell'informazione, basata tutta su effetti speciali di grande impatto emotivo che farà fare al visitatore una full immersion nella nostra realtà produttiva facendone apprezzare la qualità dei prodotti. I risultati non mancano, già oggi quando si parla dell'agroalimentare modenese non si parla più del singolo prodotto ma del paniere dei prodotti che ha un peso anche da un punto di vista economico che vale al consumo circa 1 miliardo di euro». Nei prossimi anni cosa vi aspettate da Piacere Modena? «Siamo sicuri che si affermi, sia in Italia sia all'estero, e che i nostri produttori possano avere dei van-

taggi economici e d'immagine, ci aspettiamo un valore aggiunto ai prodotti del nostro territorio, ma non solo, pensiamo che questo possa funzionare anche da calamita per attirare visitatori che possano godere oltre che dei nostri prodotti, anche della ricchezza del nostro territorio in termini di cultura, storia, gastronomia e turismo». A quali iniziative pensate per far conoscere questa nuova realtà? «Partecipazione a fiere in Italia ed estero, incontri con il mondo dell'informazione e poi stiamo mettendo a punto una serie di appuntamenti e manifestazioni in occasione dell'Expo, un momento importante per noi, visto che siamo a pochi chilometri da Milano, per invogliare i turisti a vedere Modena e d'intorni che vedrà il coinvolgimento dei nostri Consorzi, delle Aziende e delle strutture pubbliche». Piacere Modena, quali risultati sta dando all'estero? «In termini di vendite, non lo sappiamo - dice Sciolette con ampio sorriso, sicuro nella strada intrapresa - è poco tempo che operiamo sui mercati esteri, ma una cosa certa che abbiamo costatato e che certamente nei prossimi anni darà i suoi frutti, è stato il positivo impatto con gli operatori esteri. Presentarsi con un paniere di eccellenze modenesi tutti uniti in un unica comunicazione, abbiamo dimostrato e confermato, se ce n'era bisogno, la nostra forza, la serietà con cui operiamo nella produzione di prodotti di alta qualità». > Euposia Dicembre-Gennaio 2014

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V ICENZA : E' I NIZIATO I L M ASTER 2014 DELLA C UCINA I TALIANA orte dell'esperienza e dei risultati conseguiti lo scorso anno ha preso il via ieri il Master della Cucina Italiana 2014, un percorso di alta formazione di cucina che prepara alla professione di chef, fornendo stimoli culturali ed estetici, conoscenze scientifiche, leve motivazionali. Il programma, che si svolgerà in 5 mesi tra aule, cucine e laboratori del Centro Formazione Esac (Creazzo -VI) più 4 mesi di stage, è stato messo a punto da un pool di professionisti d'eccezione, ad iniziare da coloro che formano il comitato scientifico del Master: lo chef Massimiliano Alajmo, il manager

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Raffaele Alajmo, il medico Mauro Defendente Febbrari, il presidente di Esac Formazione Sergio Rebecca. Il Master consente infatti una preparazione a tutto campo “per aprire la mente”, non essendo solo una scuola di cucina, ma “un corso di studi che eleva il pensiero. E che tramite il pensiero migliorerà l'azione”. Alla base una serie rigorosa di lezioni di cucina e un'ampia sezione di approfondimenti con alcuni degli chef più noti del panorama nazionale e “Cavalieri della Cucina Italiana”, come Massimiliano Alajmo, Heinz Beck, Andrea Berton, Massimo Bottura, Moreno

Cedroni, Chicco Cerea, Gennaro Esposito, Norbert Niederkofler, Giancarlo Perbellini, Giovanni Santini, Ciccio Sultano, Mauro Uliassi. A queste ore di cucina, 360 in tutto, va aggiunto un ricco programma di lezioni di pasticceria, panetteria e gelateria e lo studio della sommellerie e degli abbinamenti enologici. Il filo conduttore per programma di studio 2014 saranno gli ingredienti nella cucina italiana. Per tale obiettivo il Master 2014 potrà contare sull'eccezionale contributo formativo di Aimo Moroni, il grande cuoco milanese, conside-


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rato il massimo esperto sul tema. A lui, infatti, si deve la scoperta e la valorizzazione di tantissimi dei più apprezzati prodotti culinari italiani. E saranno, appunto, le varie eccellenze enogastronomiche italiane a fare da trait d'union tra le varie materie inserite nel piano di studi, poiché - come ha affermano Moroni, che ha partecipano all'avvio delle lezioni - «Non esiste una cucina ricca o una cucina povera, ma solo una buona cucina, basata sulla qualità, sulla stagionalità, sulla profonda conoscenza degli ingredienti. Il valore aggiunto per un cuoco è quello di entusiasmarsi ogni volta davanti ai fornelli, così come di fronte a quei cibi che permettono di fare grandi cose. L’Italia in questo dispone di un enorme patrimonio di specialità, che non ha eguali in nessuna altra parte del mondo0187.

Aimo Moroni, durante lo svolgimento del Master, sarà protagonista di una serie di approfondimenti, compresa una “lectio magistralis” a fine corso. Al Master 2014 partecipano 20 allievi, provenienti da tutta Italia e con alle spalle un diploma di scuola alberghiera o una precedente esperienza lavorativa nel settore della ristorazione. Due di loro possono frequentare il corso perché destinatari delle borse di studio istituite dalla Banca Popolare di Vicenza e da Fipe (Federazione Italiana Pubblici Esercizi) - Confcommercio. Il piano di studi si completa con materie quali: storia e cultura della cucina italiana; nutrizione e igiene; chimica e fisica degli alimenti; zootecnia, agraria e ittica; analisi sensoriale; arte ed estetica; food cost e management aziendale; fino a capi-

re le leve emotive e le tecniche motivazionali del team building così come quelle della comunicazione. «Il Master della Cucina Italiana ha specificato Raffaele Alajmo - si distingue da altre proposte di specializzazione, sia per la formula del programma, sia per la straordinarietà dei nomi coinvolti nella docenza. L'esperienza primaria che vi consentirà di fare questo Master - ha detto lo chef Massimiliano Alajmo alla platea degli allievi - è di capire se la cucina, che è una possibilità espressiva che va al di là della preparazione tecnica, è la scelta che vorrete per voi. Se invece questo percorso vi porterà a fare qualcosa di diverso, non ha importanza: ciò che conta sarà aver messo a frutto la nostra esperienza per voi, per far aderire quello che volete essere a voi stessi». Euposia Dicembre-Gennaio 2014

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BIRRA ARRIBAL

BIRRA IN CUCINA A KM ZERO Nel cuore del Chianti debutta un nuovo birrificio artigianale che rilancia le produzioni tipiche del territorio: dalle castagne dell’Amiata al miele di San Gimignano. Puntando sulla bevibilità testo di Francesca Lucchese

< Dal kit per neofiti alla produzione casalinga il passo è stato breve. Prima la sperimentazione home made tra pentole e termometri, poi un paio d’anni di transizione utilizzando impianti a noleggio. Finalmente nel 2010 nasce il marchio Arribal (da leggere al contrario per capirne immediatamente il significato) e con esso il primo microbirrificio nell’area

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toscana della Valdelsa. Qui, circondati dalle colline della provincia di Siena, Luca, Jacopo e Sandro scelgono di fare della birra artigianale la loro professione. Con un obiettivo ambizioso: creare una birra da sposare con la cucina italiana. Non solo un boccale da sorseggiare in ogni occasione, ma anche una bevanda alimentare, a tutti gli effetti compatibile con gli

abbinamenti culinari tipici mediterranei. Si parte dalla scelta delle materie prime: i malti provengono da Belgio e Germania, ma il sogno di Luca, mastro birraio, è quello di riuscire a disporre prima o poi di malti italiani. Quella di credere nel territorio è una filosofia talvolta abusata nel comparto enogastronomico, ma Arribal ne fa un assoluto punto


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BIRRIFICIO ARRIBAL

fermo, investendo cocciutamente sui produttori locali per le forniture, in particolare quelle destinate alle birre speciali. Un esempio? Il miele biologico di San Gimignano (SI), la farina di castagne Igp del Monte Amiata (GR), il farro biologico del Casentino. In corso anche una sperimentazione con un piccolo coltivatore umbro per la produzione del luppolo. Il rapporto diretto con i clienti, rigorosamente libero da ogni mediazione, e la collaborazione stretta con i fornitori segnano fortemente l’identità di questo microbirrificio toscano, in sintonia certamente con le dimensioni della piccola realtà produttiva, ma anche e soprattutto con la natura stessa della mission aziendale. L’omaggio al territorio è un caposaldo della produzione e persino della cura dell’immagine, a partire dai nomi delle sei etichette, tutte dedicate a varie tipologie di

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razze di volpe. L’idea del logo, infatti, non a caso riporta la coda dell’animale richiamando volutamente l’antico Castello di Strozzavolpe situato a Poggibonsi, lungo l’antica Via Francigena. Se poi ti lasci guidare dal giovane mastro birraio in un assaggio attento e prolungato, Luca racconta con generosità di particolari quelle che non a caso definisce le “ricette giuste” che compongono le creature Arribal. E non tralascia, manco a dirlo, le potenzialità degli abbinamenti a tavola. NOTE DI DEGUSTAZIONE CHAMA. Bionda classica, 100% malto d’orzo. Note fruttate, corpo accentuato, erbacea, speziata. Versatile e ideale per ogni occasione. FENNEK

Strong Ale, ambrata chiara dove i malti la fanno da padrone. Il corpo è pronunciato e rotondo. Un doppio malto dal sapore fruttato. RUPPEL E’ la rossa della famiglia Arribal. Note di nocciola e biscotto. Il malto tostato conferisce un colore rosso rubino e il gusto intenso la rendono perfetta con le carni rosse. ZELDA La birra speciale al farro biologico del Casentino è molto beverina, con una gradazione alcolica di 4,7% e scarsa corposità. La presenza di arancia amara e spezie di Toscana la rende croccante e non dolciastra. I luppoli danno aromi citrici ed erbacei, la schiuma ha una buona persistenza. Una birra molto apprezzata dalle donne. Ottima con fritture, carni bianche, pesce e come aperitivo.


autunnali, soprattutto con i funghi. GRISES Decisamente bevibile questa birra speciale al miele di castagno biologico di San Gimignano (SI). Il luppolo non è invasivo, in perfetto equilibrio con il miele. L’aggiunta di arancia amara garantisce una birra rotonda e non stucchevole. Adatta ai formaggi stagionati, alle frolle e ai cantuccini tipici toscani. CORSAK Qui il sottobosco esplode grazie alla farina di castagne Igp del Monte Amiata. Retrogusto intenso con note affumicate, calde e avvolgenti. Il suggerimento è per un consumo invernale legato alla stagionalità del prodotto da cui ha origine. Bene con i cibi

INFO Birrificio Artigianale Arribal Loc. Fosci, 24/O Poggibonsi (Siena) www.birrificio-arribal.it

Come raccontano le note di degustazione le birre Arribal sono pensate soprattutto per il consumo a tavola, in abbinamento ai piatti tipici della tradizione toscana e mediterranea. Nel frattempo l’incontro con il comparto food è già in atto per stuzzicanti sinergie del gusto da cui nascono, ad esempio, il gelato alla birra e il panettone di produzione artigianale locale a lievitazione naturale, con impasto e crema di farcitura a base di birra. Il lancio è previsto in occasione delle prossime festività natalizie. Intanto si lavora a nuovi progetti, su tutti l’uscita di due nuove etichette nel 2014. BLACKOUT Malto decisamente scuro, color ebano. L’aggiunta di semi di canapa e fave di cacao conferisce sentori di caffè e cioccolato. Piacevole aroma di nocciola per una birra decisa e asciutta. IBU Bionda extraluppolata, decisamente amara anche se i luppoli sono delicati e non preponderanti. Alta concentrazione di luppoli d’aroma, tendenza a note di agrume. Schiuma densa e persistente. Buona bevibilità. > Euposia Dicembre-Gennaio 2014

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News LUIGI D'AMELIO È IL BIRRAIO DELL'ANNO 2013 Luigi D'Amelio del Birrificio Extraomnes di Marnate (VA) ad aggiudicarsi l'ambito titolo di “Birraio dell’anno 2013”, un riconoscimento ideato e organizzato dal network Fermento Birra che premia ogni anno eccellenza e costanza qualitativa dimostrata nel corso dell'anno appena concluso. Una sorta di Pallone d'Oro del mondo della birra artigianale italiana che ha visto coinvolti oltre cinquanta giurati, un squadra distribuita in maniera omogenea sul territorio nazionale formata da degustatori professionisti ed esperti del settore, chiamati ad esprimere il proprio personale podio di gradimento. Luigi D'Amelio si è imposto su birrai blasonati, nonostante la giovane età produttiva (2010), grazie a birre di personalità firmate con uno stile che attinge alle migliori moderne espressioni del panorama belga come De Dolle, De Ranke, De La Senne. Birre intriganti, complesse, contraddistinte sempre da una freschezza di fondo, dall'immancabile secchezza finale e da una pericolosa scorrevolezza. Avviato nel 2010, il birrificio si trova a Marnate nel varesotto all'interno dell'azienda di caffè El Mundo, entusiasta promotrice del progetto Extraomnes. Sono una quindicina le etichette tra fisse e stagionali, imbottigliate nel formato da 33cl, tutte ad alta fermentazione di stampo belga. In produzione Luigi D'Amelio è affiancato da fidato Stefano Zandalini e Stefano Celora. 1000hl la birra prodotta annualmente con un impianto da 10hl e una cantina da 170hl. Il premio, giunto alla quinta edizione, nasce con l'intento di riconoscere il lavoro di un birraio svolto nel corso di un intero anno. A differenza dei classici riconoscimenti, non intende valutare la bontà di una birra in un preciso momento, ma piuttosto la bravura tecnica del birraio nel suo complesso, la sua filosofia, la costanza qualitativa dei prodotti. Un approccio fondato sull'intimo legame tra birra artigianale e il produttore, che ha permesso di superare alcuni limiti di molte competizioni dedicate alle birre artigianali.

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I DIECI MIGLIORI MASTRI BIRRAI 1) Luigi “Schigi” D'Amelio Birrificio Extraomnes di Marnate (VA) 2) Giovanni Campari Birrificio del Ducato di Roncole Verdi di Busseto (PR) 3) Nicola Perra Birrificio Barley di Maracalagonis (CA) 4) Riccardo Franzosi, Birrificio Montegioco di Montegioco (AL) 5) Gino Perisutti Birrificio Foglie d'Erba di Forni di Sotto (UD) 6) Fabio Brocca Birrificio Lambrate di Milano 7) Valter Loverier Birrificio Loverbeer di Marentino (TO) 8) Enrico Dosoli e Marco Valeriani Birrificio Menaresta di Carate Brianza (MB) 9) Francesco Mancini e Carlo Franceschini Birrificio del Forte di Pietrasanta (LU) 10) Agostino Arioli Birrificio Italiano di Limido Comasco (CO)


News L A FABBRICA DI P EDAVENA LANCIA UNA NUOVA SPECIALITÀ , B IRRA D OLOMITI N ON F ILTRATA rosegue l’impegno di Birra Pedavena per una produzione sempre più specializzata, coltivando con passione un pubblico sempre più specializzato e coinvolto, nonchè favorendo lo sviluppo dell’agricoltura di montagna favorendo la crescita delle produzioni autoctone di cereali. La Fabbrica di Pedavena lancia così una nuova specialità, Birra Dolomiti non filtrata, birra a bassa fermentazione rifermentata in bottiglia, nata dall'antica cultura artigianale della Fabbrica di Pedavena. Birra Dolomiti non Filtrata si presenta con un colore oro caldo dai riflessi ambrati, un aspetto torbido caratteristico delle birre non filtrate e rifermentate in bottiglia, con una schiuma cremosa e persistente. È una birra che va assaporata lentamente per riuscire ad apprezzare appieno i sentori aromatici , coglierne i profumi e l'aroma di vaniglia, mandorla e frutti rossi. Un'etichetta importante e raffinata, dallo sfondo nero e con un bordo dorato che contribuisce ad impreziosire quest'edizione esclusiva e i momenti speciali a cui è dedicata. Con la sua gradazione alcolica medio alta (6.2% vol), e un gusto equilibrato e rotondo, Birra Dolomiti Non Filtrata è infatti ideale per accompagnare i pasti delle grandi occasioni o dei piacevoli momenti di relax. Con questo nuovo progetto birrario Fabbrica di Pedavena riesce a dare voce alla sua eccezionale tradizione e al suo spirito innovato-

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re. Birra Dolomiti è un progetto unico di filiera integrata locale, nato nel 2006, e rivolto alla produzione di una birra con anima legata al territorio, perché prodotta nel rispetto dell'ambiente circostante e con l'utilizzo di materie prime locali. Il

cuore del territorio delle Dolomiti è racchiuso in Birra Dolomiti, non solo come parte delle materie prime, ma anche come saperi, tradizioni e gusto per la qualità, tanto che dal 2010, i territori coltivati con l'orzo presente in Birra Dolomiti, sono diventati presidio Slow Food. La linea Birra Dolomiti è in continua crescita, infatti negli ultimi due anni non solo ha avuto un restyling dell'etichetta, ma si è anche arricchita di 3 nuove referenze: Birra Dolomiti Speciale, Birra Dolomiti Rossa Doppio Malto e l'ultima novità, Birra Dolomiti Non Filtrata, tutte in formato da 75 cl, con tappo meccanico, come da tradizione.

LA SCHEDA Contenuto alcolico: 6.2 % vol Schiuma: cremosa Aspetto: torbido Colore: oro caldo con riflessi ambrati Intensità olfattiva: elevata Finezza olfattiva: gradevole Frizzantezza: media Corpo: rotondo Amaro: discreto Equilibrio gustativo: giusto Ricchezza retrolfattiva: normale Persistenza retrolfattiva: discreta

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DEGUSTAZIONI

L’A RISTOCRAZIA DELLA VODKA < Chi l’ha detto che le vodka sono tutte uguali? e che, soprattutto, nessuna di loro vanta qualità superiori, essendo frutto di una massifccia produzione industriale? Non può essere infatti soltanto marketing se la vodka ha spesso superato, nei suoi mercati di esportazione, nei consumi i superalcolici tradizionali clamoroso il sorpasso nel 1975 in piena Guerra Fredda sul borboun negli Stati Uniti - : le prime leggi “di purezza” che disciplinano la produzione della vodka risalgono in Polonia e in Russia al 1500 con decreti imperiali firmati dagli Zar nei due secoli successivi. Sono gli effetti della Rivoluzione d’Ottobre a rendere la vodka popolare in Europa prima (grazie ai produttori russi fuggiti dalle Guardie Rosse e di nuovo

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in attività come Smirnoff, Keglevitch e Romanoff ) e poi nel nuovo mondo, dal secondo dopoguerra dove ha ottenuto risultati insperabili. Arriva ora in Italia la Vodka Beluga - brand del gruppo JSC Synergy, uno dei colossi russi del settore delle bevande alcoliche nonché terzo produttore di Vodka al mondo - che viene prodotta nello stabilimento siberiano di Mariinsky, fondato nel 1900: «Noi crediamo che la vera vodka russa non possa che nascere nel cuore della Russia, usando le sue materie prime» spiegano in Beluga. Distillata per la prima volta nel 2002, Beluga è diventata in breve tempo leader del segmento Super Premium - Ultra Premium; sui mercati occidentali è presente a partire dal 2009, ed è oggi venduta in oltre 50 Paesi del mondo. >


BELUGA

VODKA BELUGA NOBLE Categoria: Vodka Ultra Premium. Provenienza: Russia (stabilimento di Mariinsk, Siberia, lontano centinaia di chilometri da qualsiasi insediamento industriale). Materia prima: cereali russi maltati della massima qualità. Acqua: proveniente da pozzi artesiani a 300 metri di profondità. Additivi: solo fermenti e additivi naturali, nessun additivo di sintesi. Controlli di qualità: ad ogni fase della lavorazione. Produzione: distillazione multipla in alambicchi continui, rettificazione in cinque passaggi, filtrazione in due passaggi su carbone attivo di betulla. Affinamento: 30 giorni prima della messa in commercio. Esame visivo: aspetto cristallino brillante. Esame olfattivo: bouquet fresco, in cui spiccano fragranti accenni floreali e note di cereali. Esame gustativo: palato pieno, ricco, equilibrato, al tempo stesso sofisticato e profondo. Sensazioni finali: retrogusto vibrante e molto piacevole.

VODKA BELUGA GOLD LINE Categoria: Vodka Ultra Premium. Provenienza: Russia (stabilimento di Mariinsk). Materia prima: cereali russi maltati della massima qualità. Acqua: da pozzi artesiani a 300 metri. Additivi: solo fermenti e additivi naturali. Controlli di qualità: a ogni fase della lavorazione. Produzione: distillazione multipla in alambicchi continui, rettificazione in cinque passaggi, filtrazione in tre passaggi su carbone attivo di betulla, ulteriore filtrazione su quarzo. Affinamento: 90 giorni prima del commercio. Esame visivo: aspetto cristallino brillante. Esame olfattivo: naso fresco, pulito, con note delicate di grano, di malto e di erbe di montagna. Esame gustativo: morbido, avvolgente, texture cremosa al palato, di grande morbidezza e armonia. Sensazioni finali: retrogusto nobile e lunghissimo. Confezione: bottiglia numerata, assemblata interamente a mano, con astuccio in pelle e con dotazione di un martelletto (per rompere il sigillo di cera sul tappo) e di una spazzola in setole di tasso (per rimuovere i frammenti del sigillo). L'etichetta è metallica, con uno storione tridimensionale fissato a essa.

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DEGUSTAZIONI

LA MAUNY. RHUM DAL 1749 < Sbarcano finalmente in Italia i Rhum Agricole della Martinica firmati da La Mauny. Il nome La Mauny deriva da quello di Ferdinand Poulain, Conte de La Mauny, che nel 1749 acquistò le piantagioni di canna da zucchero nella parte più meridionale dell'isola della Martinica. La distilleria, che oggi appartiene al gruppo francese BBS, si trova nelle immediate vicinanze delle piantagioni; il succo può essere estratto dalla canna da zucchero il giorno stesso del raccolto, per poi proseguire con la fermentazione e la distillazione.

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Durante la stagione della raccolta, La Mauny ritira e lavora circa 10.000 tonnellate di canna da zucchero sui 120 ettari di proprietà, mentre altre 18.000 tonnellate sono acquistate dai produttori locali. La Mauny è una delle poche distillerie che tosta ancora i barili prima di assemblarli; grazie alle particolari condizioni climatiche locali, l'invecchiamento dei suoi Rhum è molto più rapido, con effetti fino a tre volte più accentuati rispetto all'invecchiamento nel continente europeo. Da questo gennaio, La Mauny viene importata da Fratelli Rinaldi, di Bologna. >


RHUM AGRICOLE

RHUM AGRICOLO BIANCO A.O.C. MARTINIQUE Esame visivo: colore trasparente e cristallino. Esame olfattivo: note iniziali di fiori e di canna da zucchero. Seguono sentori speziati di pepe e di lime. Esame gustativo: di buona struttura, trasforma gradualmente le note di canna da zucchero in sensazioni piĂš speziate. Sensazioni finali: rhum rotondo e aromatico, decisamente morbido. Suggerimenti d'uso: ideale in miscelazione.

RHUM AGRICOLO AMBRATO 1749 A.O.C. MARTINIQUE

RHUM AGRICOLO VO A.O.C. MARTINIQUE

Esame visivo: colore leggermente ramato, con riflessi dorati. Esame olfattivo: note dominanti di zucchero, spezie e vaniglia. Esame gustativo: morbido e rotondo al palato, svela sentori di zucchero, di toffee e di vaniglia. Sensazioni finali: chiusura decisamente fruttata, con note franche ed eleganti di vaniglia. Suggerimenti d'uso: può essere consumato liscio o in miscelazione.

Esame visivo: colore leggermente ramato, con riflessi dorati. Esame olfattivo: note iniziali di canna da zucchero e di legno. Seguono sentori di pepe e di spezie. Esame gustativo: tonico al palato, rivela note di banana alla fiamma e di fragranze speziate. Sensazioni finali: lunga persistenza gustativa, con fresche note minerali unite a ricordi di legno. Suggerimenti d'uso: distillato da meditazione.

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DEGUSTAZIONI

RHUM AGRICOLE

RHUM AGRICOLO VSOP A.O.C. MARTINIQUE

RHUM AGRICOLO XO A.O.C. MARTINIQUE

SPICY MAUNY

Esame visivo: colore dorato intenso. Esame olfattivo: note dominanti di vaniglia e di fiori secchi. Esame gustativo: rotondo, morbido e strutturato al palato, ha sentori di zucchero, spezie e arancia, intessuti a ricordi di confettura di frutta. Sensazioni finali: Di lunghissima persistenza, morbido e aromatico, ha grande personalità. Suggerimenti d'uso: distillato da meditazione.

Esame visivo: colore dorato, con intensi riflessi ramati. Esame olfattivo: all'inizio si sprigionano aromi di frutta secca, nocciola, pepe, toffee e pan di zenzero. Seguono note di fiori fané e di tabacco. Esame gustativo: potente, ricco e aromatico al palato, è un modello di forza ed eleganza. Sensazioni finali: di lunghissima persistenza, coniuga raffinatezza e intensità. Suggerimenti d'uso: distillato da meditazione.

Esame visivo: colore ambrato intenso. Esame olfattivo: bouquet ampio e profondo di spezie della Martinica. Esame gustativo: al palato si colgono distintamente note di cannella, di moscato e di vaniglia. Sensazioni finali: retrogusto gradevolissimo di caramello e di agrumi. Suggerimenti d'uso: liscio on the rocks o con l'aggiunta di acqua tonica o cola.

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News P ORTEGNAC 9: ell’ormai lontano 1987, il giovane Bruno Pilzer venne spedito da un illustre professore di Viticoltura e di Enologia, di nome Attilio Scienza, in Francia, nelle zone di Cognac e Armagnac, con il preciso compito di imparare la distillazione del vino e i segreti dell’invecchiamento del distillato. Naturalmente il tutto era da farsi in pochi giorni. Potrebbe sembrare oggi una favola, o una pazzia, ma è proprio così che Pilzer imparò l’arte della distillazione del vino; anzi imparò anche qualche piccolo segreto in più sulla preparazione del vino base, ricevendo in aggiunta preziose informazioni sull’ invecchiamento. In effetti la missione fu compiuta nel migliore dei modi - compreso lo sforzo straordinario sostenuto dal…fegato del giovane distillatore, nell’arco di 12 giorni di assaggi incalzanti, e ininterrotti, di distillati. Un’esperienza bellissima, che tuttavia non ha avuto seguito fino a quando la vecchia distilleria Pilzer, dal centro del paese, si è trasferita nella località di Portegnago - che in dialetto locale, da sempre, è pronunciata come “Portegnac”. Nel momento stesso della costruzione della nuova distilleria è nata la voglia di realizzare quel desiderio concepito in Armagnac, e di fare così un grande distillato di vino invecchiato a Portegnac, nel bel mezzo delle Alpi italiane. Sembrava un sogno pensare al Cognac e all’Armagnac stando a Portegnac, in Valle di Cembra, in mezzo a una natura bellissima ma completamente fuori del mondo. Un sogno, una follia, quasi un affronto alla Grappa, regina incontrastata della storia della verdissima

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valle trentina… Ma l’assonanza era troppo forte, e le recenti esperienze nel mondo della distillazione del vino troppo vive per lasciare andare tutto quanto. Così, dopo aver fatto un nuovo corso di aggiornamento all’ Università francese di Segonzac, Bruno Pilzer - il cosiddetto “orso Bruno” - era pronto… Nell’autunno del 2003, spronati dal papà, Bruno e il fratello Ivano si sono messi all’opera selezionando i grappoli di Lagarino, uva bianca particolarmente acida, e hanno optato per una fermentazione molto delicata e molto lunga. Poi, via con la distillazione, seguendo i dettami della migliore scuola d’Oltralpe in merito anche al periodo ottimale - il gennaio successivo a quello della vinificazione. La distillazione è stata fatta con l’alambicco discontinuo a bagnomaria, e molti sono stati gli accorgimenti tecnico - empirici adottati per l’occasione. Il risultato conseguito è stato eccezionale. A questo punto è entrato in scena l’invecchiamento, curato da Ivano: questi, ancora fresco di studi, ha deciso di riprendere una sua ricerca fatta sulle componenti aromatiche, che ha poi incrociato col parere di un autorevole ricercatore dell’ Istituto Agrario di San Michele all’Adige (diventato poi uno dei migliori esperti nell’ uso del legno), il dottor Mattivi. L’invecchiamento ha così avuto finalmente inizio il 14

UN

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maggio 2004. Il tempo ha fatto il resto. Nell’ottobre 2013 la botte numero 10, contenente metà della quantità iniziale di distillato, è stata svuotata, con tanto di certificazione dell’ Agenzia delle Dogane di Trento. Un momento emozionante. Una grande soddisfazione - l’ultima soprattutto per papà Pilzer, che tanto aveva desiderato realizzare quel distillato. Ha fatto appena in tempo ad assaggiare l’ambrata acquavite, entusiasmandosi, prima di trasferirsi fra gli angeli del cielo. D’ora in poi, toccherà a Bruno e a Ivano portare in Italia e nel mondo il nome e l’altissima qualità di Portegnac 9 – il Brandy così ribattezzato dal toponimo dialettale e dal numero di anni del suo invecchiamento. L’avverarsi di un sogno lontano. (p.v.) Euposia Dicembre-Gennaio 2014

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VIAGGI & SAPORI

E CCEZZIUNALE V ERAMENTE

Diego Abatantuono, e un grupo di amici, apre il paradiso della polpetta a Milano: una nuova idea di ristorazione tipica italiana con format Usa. E in tavola... Di Daniela Scaccabarozzi

< Ubicato in Via Vigevano 20, a due passi dai frequentatissimi Navigli milanesi, troviamo il nuovo ristorante "The meatball family" fondato da una cordata di imprenditori già attivi sulla piazza di Milano sia nel settore del food che in quello dell'intrattenimento. Tra questi spicca il nome del famoso attore Diego Abatantuono il quale è stato ben felice di partecipare a questo progetto, realizzando così un suo sogno mai espresso. Amante da sempre della buona

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cucina, Abatantuono ha deciso di metterci anche la faccia, nel vero senso della parola, la quale campeggia sul logo tricolore del ristorante in una delle sue più riconoscibili espressioni dei tempi di “Eccezziunale”. Il locale, pur essendo piccolo, è curato ed accogliente e si trova all'interno di un vecchio palazzo milanese dagli alti soffitti a volta e con i mattoni a vista. Anche la cucina è a vista, dietro una grande ed alta vetrata. L'arredamento è invece di impronta newyorkese, con sedie


MEATBALL FAMILY

e tavoli bianchi in stile minimal e “divanetti” con schienali in pelle trapuntati di colore rosso. Alle pareti, piccoli quadretti delle varie interpretazioni di Abatantuono nei suoi films di maggiore successo. Bello il bancone bar che presenta moltissime bottiglie sia di vino che di liquori, dove vengono serviti gli aperitivi serali, accompagnati da piccoli assaggi di

“meatballs”. A fare da contrasto con il design è invece l'offerta culinaria, che si fonda su un unico elemento: la polpetta. Semplicità, italianità e tradizionalità, ecco i concetti che questo alimento esprime e sui quali questo ristorante ha puntato. Considerato da sempre un piatto di riciclo, la polpetta qui viene riabilitata,

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VIAGGI & SAPORI

utilizzando tanti ingredienti e spezie provenienti anche da altre culture per dare vita a nuove ricette, dove la fantasia dello chef può spaziare incontrastata. L'unico comune denominatore è rappresentato dalla qualità delle materie prime utilizzate. La carne, ad esempio, è solo piemontese (proveniente dagli allevamenti Oberto di Alba), mentre la salsiccia è IGP e viene da Bra (CN). Il tonno invece è siciliano. Questo pesce è usato per la preparazione della polpetta “Sashball” fatta con sashimi di tonno, salsa teriyaki, mandorle a lamelle ed alga nori. Per noi è stata la migliore che abbiamo assaggiato, oltre che la più originale. Segnaliamo poi la “melanzane e menta”, con melanzane tritate, menta, patate, pecorino e mozzarella. Una polpetta molto morbida, consigliata ai vegetariani. La “TMF” con fassona piemontese, grana padano, pane al latte, tuorlo d'uovo, patate e melanzane fritte è risultata invece tenera e gustosa. O ancora il curioso binomio della “pollo e

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MEATBALL FAMILY

zola” con pollo, noci tritate e gorgonzola, che abbiamo trovato molto saporita. In tutto ci sono ventidue tipi di singole "meatballs" diverse in carta, che fra l'altro variano di tanto in tanto e che possono essere fritte, in umido, al forno, crude o saltate in padella e che vi verranno servite con diverse salsine (da quella verde a quella bianca con i funghi, dalla BBQ alla spicy yogurt). Sono anche riportati dei “menu” già studiati, che non sono altro che dei mix di polpette presentati in maniera ludica ed originale, come il “biliardo” ad esempio, ovvero un tavolo da biliardo formato da un letto di insalata sminuzzata, quindici meatballs in un triangolo di pasta sfoglia, una polpetta bianca e due grissini a fare da “stecche”. Oppure le “biglie”: otto polpette assortite, posizionate su dune di riso allo champagne, solo per fare due esempi. Il tutto è accompagnato da una lista di vini interessante, nella quale sono rappresentate tutte le regioni d'Italia (nessuna esclusa) e dalle birre del birrificio Angelo Poretti.

Terminiamo infine con i desserts, dove ritroviamo il contrasto italo-americano, dato che la proposta è focalizzata principalmente sulle cheesecakes, ma realizzate con ingredienti nazionali. Il risultato? La “Key lime” assaggiata era di dimensioni italiane, cioè bassa, molto cremosa, strutturata, ricca nel gusto e priva dei grassi che le cheesecakes americane invece contengono. Il locale è frequentato da una clientela eterogenea, anche se con prevalenza giovanile e sono molti anche gli stranieri. Dopo questo primo format milanese e dato che il locale sta andando molto bene, nonostante il difficile periodo di crisi, l'idea è di aprirne altri sul territorio nazionale e, forse, persino all'estero. La formula adottata e cioè essere di nicchia ad un prezzo moderatamente contenuto (circa Euro 25,00 a pasto), evidentemente funziona. Il locale è aperto tutti i giorni sia a pranzo che a cena fino a tarda ora, escluso il lunedì e la domenica a pranzo (ma da aprile si potrà pranzare invece anche di domenica). Segnaliamo infine una politica dei titolari degna di nota, vale a dire che tutto ciò che non viene consumato è donato tutti i giorni all'associazione “Pane quotidiano” in beneficenza, per aiutare le persone in difficoltà. Un motivo in più per frequentare questo posto. >



VIAGGI & SAPORI

IL GUSTO RITROVATO Torna la grande qualità nell’offerta gastronomica di Napoli: dalla fusion fra store e ristorazione alla superba pizza di Ciro Salvo

< Il gusto ha trovato casa a Napoli; di fronte al porto dove attraccano scintillanti navi da crociera e a ridosso del centro storico, dedalo di vicoli e chiese, e patrimonio Unesco. Al civico 5 di via Nuova Marina, in un palazzo di ferro e vetro c'è Grangusto: un unico, grande spazio dove poter mangiare, acquistare, conoscere il cibo e i vini di alta qualità. È bar, ristorante, enoteca, pizzeria, mercato di prodotti di consumo e vetrina gourmandise: un mondo dedicato al cibo come incontro, cultura, piacere, consumo quotidiano. A Grangusto si fa la spesa, si mangia una vera pizza napoletana, si fa la prima colazione consultando internet o leggendo un quotidiano e si

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cena a la carte. In una location strategica (di fronte al molo di imbarco per le isole del golfo, a 10 minuti dalla Stazione Centrale) è aperto sette giorni su sette, dalla mattina alla sera tardi. Aperto in sordina nell'inverno 2012, è diventato nel giro di un anno la mecca dei buongustai che qui trovano autentiche rarità come la carne di Kobe Wagyu o il poulet di Bresse, il grand cru dei volatili che arriva dalla regione rurale dell'Ain; il burro in coccio della Normandia e divertissement gastronomici come i migliori paté francesi, il fois gras o i grandi caviali russi. Il Mercato, aperto tutti i giorni dalle 8.30 alle 22, e articolato su due livelli, è il cuore pulsante dello spa-


NAPOLI

zio: accanto a prodotti di consumo quotidiano ci sono tantissime chicche per intenditori, dalla pasta Verrigni trafilata all'oro alle ampie selezioni di tè, sali e acque minerali dal mondo. Non mancano i prodotti biologici e quelli certificati senza

glutine. ma anche una vasta gamma di prodotti provenienti da aziende certificate bio. Il banco salumeria offre salumi e formaggi Dop d'Italia, ma anche il pregiato Jamon iberico. Fiore all'occhiello è la panetteria, dove lavorano i maestri

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VIAGGI & SAPORI

NAPOLI

50 KALO’: LA PIZZERIA DI CIRO SALVO A SANNAZARO iro Salvo arriva a Napoli. 50 kalò è il nome della pizzeria che a febbraio 2014 apre in piazza Sannazaro, a pochi passi dal molo di Mergellina e dal lungomare, in una delle piazze più storiche e belle della città. La pizzeria nasce dalla radicale ristrutturazione dei locali che, per oltre mezzo secolo, hanno ospitato il ristorante Al Sarago. Il progetto nasce da un'idea di Maurizio Cortese e dalla volontà di portare a Napoli uno dei più rappresentativi interpreti della autentica pizza napoletana: Ciro Salvo, maestro dell'impasto e appassionato cultore degli ingredienti che fanno della pizza un capolavoro indiscusso. Da qui la scelta del nome della pizzeria: 50 kalò, che racchiude in sé storia e tradizione e che, in una sola espressione, racconta il lavoro di Ciro Salvo. 50 Kalò, nel gergo non scritto usato da secoli dai pizzaioli, vuol dire "impasto buono". I pizzaioli usano infatti dire kalò per indicare qualcosa di buono e skatà per dire cattivo; parole di origine greca (kalos in greco significa bello, buono) che nel corso dei secoli hanno incontrato le infinite sfumature di suoni e parole del dialetto partenopeo. Il 50 infatti nella cabala e nella smorfia partenopea è il pane e i pizzaioli sono maestri dell'arte bianca, si sa. 50 kalò è dunque l'impasto, il panetto buono, da cui nasce una pizza buona, condita con i migliori ingredienti. Dall'esperienza di Maurizio Cortese è nato il menu di 50 Kalò basato su selezione delle materie prime, stagionalità e ricerca del buono: ecco allora l'olio extravergine d'oliva da agricoltura biologica de Le Peracciole, la tenuta agricola a Punta della Campanella del Don Alfonso 1890; i pomodorini del piennolo del Vesuvio dop; il pomodoro San Marzano Dop; il Fior di Latte di Agerola, la Mozzarella di bufala campana Dop ed altri latticini da caseifici selezionati; il raro Conciato Romano Predisio Slow Food; il Parmigiano Reggiano Dop 24 mesi di stagionatura; ed ancora la cipolla ramata di Montoro, l'aglio dell'Ufita, le acciughe di Cetara, i capperi di Salina, la 'nduja artigianale di Spilinga. L'obiettivo è offrire pizze della tradizione e pizze d'autore, buone, fatte come tradizione comanda, dove ogni passaggio - dall'impasto al forno, al condimento finale -, ogni più piccola scelta, è frutto di una ricerca attenta e di una passione antica. Dal menu che varierà con le stagioni, non mancheranno le pizze fritte, altra grande passione di Ciro Salvo.

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fornai di San Sebastiano al Vesuvio, località rinomata per la millenaria tradizione dell'arte bianca. Il forno, rigorosamente a legna, è alimentato da ciocchi biologici di puro faggio; le farine sono di alta qualità come anche tutti gli ingredienti che concorrono a fare oltre settanta varietà di pane -integrale, al latte, con le noci, le olive, ai cinque cereali, ai funghi, alle scarole - sfornate tre volte al giorno. Se la Macelleria propone carni con pedigree che vengono frollate in un'apposita cella con pareti rivestite di sale himalayano, l'enoteca non è da meno con oltre 1200 etichette nazionali ed estere ed una champagne room climatizzata che sembra un caveau. Due sommelier di rango illustrano i vini agli avventori, consigliando le etichette giuste per qualsiasi occasione o abbinamento. Il ristorante è sullo stesso piano, come anche la pizzeria, e vale la pena ricordare un servizio unico che Grangusto offre: ciascuno può richiedere al tavolo il prodotto - la carne, il pesce o altro - che ha visto sui banchi del mercato o sugli scaffali. È un po' come fare la spesa con lo chef e sedersi al tavolo secondo la voglia del momento. >


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Impaginazione: ConTesto editore scarl grafici@euposia.it Si ringrazia per il materiale fotografico Cristina Fattori, Archivio Meatball Family, Francesca Lucchese, Alessandra Pezzutti - Giulio Bendfeldt Copertina: Cristina Fattori Concessionaria per la pubblicità: Contesto Editore Scarl Per i siti www.euposia.it e www.italianwinejournal.com info@vinoclic.it

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Degustazioni: Sparkling di Sua Maestà Lessini Durello Doc Castelcerino, la verticale Nino Franco Montepulciano d’Abruzzo Franciacorta: -Vigna Dorata -La Montina - Antica Fratta - Massussi - Lo Sparviere Miolo: fascino carioca SPECIALE PROWEIN E VINITALY

Stampa: Tieffe Sansepolcro (Ar) Distribuzione per le edicole Sodip Spa, via Bettola, 18 20092 Cinisello Balsamo Prezzo della rivista: 5 euro Arretrati: 8 euro + spese di spedizione Per informazioni: tel. 045.591342 Editore: Contesto Editore Scarl Via Frattini, 3 - 37121 Verona Iscr. Roc n. 12207 del 02/XI/2004 Registrazione Tribunale di Verona n. 1597 del 14/05/2004

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