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CHI AMA IL VINO E PER CHI VUOLE CONOSCERLO
Anno XIV - n. 85 - Euro 5 - Aprile 2016
L A R IVISTA DEL V INO E DEL B UON B ERE
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Santa Margherita
Prosecco Star Giusti Wine
L’ora della Recantina
Aaldering, Sud Africa - Durello, debutto in Francia - Cantina di Soave, i nuovi progetti - Champagne La Borderie - Challenge Euposia, tutti i vincitori - Cantina di Quistello - Uruguay - Lambrusco, battaglia a Bruxelles Pantelleria - Olio La Contarina - Biere de Miel - Gorgonzola e frutta BIMESTRALE - "Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1 NE/VR"
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s o m m a r i o
PRIMO PIANO 10
10-11 Giusti Wine L’ora della Recantina 16-19
Aaldering Nouvelle vogue in Sud Africa
DEGUSTAZIONI 20
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Lessini Durello Nativo per definizione
34-37 Champagne La Borderie Sostenibilità prima di tutto 86-87 Biere de Miel Dupont La birra belga di tradizione
TERRITORI E FOCUS 34 86
28-33 Challenge Euposia Tutti i vincitori dell’Ottava Edizione 49 Argentina Bodega Iaccarini
54-59 Pantelleria Una perla dal mare
49 I NOSTRI RIFERIMENTI Tel. - Fax 045 591342 - redazione@euposia.it Per inviare cartelle stampa o materiale informativo: Nicoletta Fattori: fattori@euposia.it Per inviare bottiglie da inserire nelle degustazioni cieche: Redazione Euposia - Via Prati 18 37124 Verona (Vr)
News CHIARETTO VALTÉNESI: IL ROSÉ DEGLI INNAMORATI l Chiaretto Valtènesi è un vino che rappresenta la bandiera di un territorio e le cui origini risalgono ad una lontana storia d’amore nel 1885 tra la nobildonna gardesana Amalia Brunati e il senatore veneziano Pompeo Molmenti . Un racconto che è stato rievocato a Milano per iniziativa del Consorzio Valtènesi in Galleria Vittorio Emanuele presso il ristorante “Il Salotto” per la riscoperta del “nettare di Bacco” denominato Chiaretto. L'eccellente rosato di derivazione provenzale, per norme statutarie deve essere venduto a partire dal giorno di San Valentino, il 14 febbraio, una data non scelta a caso, perché il vino è conosciuto anche come vino dell’amore. La zona interessata per la produzione del vino è la Valtènesi compresa tra il Lago di Garda e le colline moreniche in provincia di Brescia che oltre alla bellezza del paesaggio lacustre e collinare non chè al richiamo turistico è famosa per la produzione del vino e di olio. In essa sono compresi sia comuni rivieraschi, come Padenghe sul Garda,Moniga del Garda, Manerba del Garda e San Felice del Benaco, sia comuni collinari come Puegnago del Garda, Polpenazze del Garda e Soiano del Lago. Per sintetizzare: le colline tra Salò e Desenzano. La doc Valtenesi prevede due tipologie di vino basate sul Groppello che deve essere presente in una percentuale compresa fra il 50 e il 100% e i due vini sono il Valtènesi (inteso come vino rosso
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anche se “rosso” non si scrive in etichetta) e il Valtènesi Chiaretto, vino che è espressione in chiave moderna e innovativa della tradizione enologica del Garda. Il nuovo disciplinare del Chiaretto è stato riconosciuto nel 2011 e le prime bottiglie sono state vendute dal febbraio 2012, festa di San Valentino, seguite dopo alcuni mesi dal “rosso”. E’ da segnalare l’impegno fondamentale di molti produttori per l’ottenimento della massima qualità sia nella fase di impianto o ristrutturazione dei vigneti per ottenere aromi speziati, colore ed equilibrio. Il segreto del Valtènesi Chiaretto (tipologia che viene prodotta anche nelle Doc Garda Classico e Garda Bresciano) è tutto nelle poche ore di contatto tra il mosto e le bucce delle uve rosse vendemmiate a settembre nel corso della svinatura notturna per catturare in poco tempo la freschezza ed il temperamento del territorio e a garanzia del prodotto, come previsto dal disciplinare, le bottiglie vengono messe in commercio solo a partire dal 14 febbraio dell’anno successivo alla raccolta delle uve. Il presidente del Consorzio Valtènesi che rappresenta un centinaio di associati – Alessandro Luzzato – ha annunciato che quest’anno sono in programma numerosi eventi “in rosa” che avranno come protagonista il Chiaretto che ha toccato nel 2015 nelle sue tre denominazioni una produzione di 1.107.243 bottiglie.
(Nella foto: il Presidente del Consorzio Alessandro Luzzato) Euposia Aprile 2016
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News BERLUCCHI: IL NUOVO “61” ebutto per il nuovo Millesimato di casa Berlucchi che va ad ampliare la '61 - composta da Brut, Satèn e Rosé - la collezione che porta nel nome l'anno di nascita del primo Franciacorta, creato nel 1961 nelle secolari cantine Berlucchi. “Berlucchi '61 Nature” è frutto della vendemmia 2009, un millesimo particolarmente felice. Le uve da cui nasce Berlucchi ‘61 Nature 2009 provengono da vigne di proprietà situate nei comuni di Corte Franca e Provaglio d’Iseo: Arzelle, Rovere e San Carlo – coltivate a Chardonnay - e Ragnoli – coltivata a Pinot Nero, tutte con 15 anni d’età, quindi perfettamente mature per dare “uve da Millesimato”. I vigneti sono allevati ad altissima densità 10mila ceppi per ettaro - a cordone speronato permanente e condotti secondo regole agronomiche rispettose dell’ambiente. Importante anche l’aspetto pedologico: mentre vigna Arzelle cresce su terreno morenico profondo, che conferisce uve per vini base di ottima struttura, il suolo di San Carlo e di Rovere, composto da depositi fini, garantisce ottima acidità e freschezza alle basi; l’equilibrio
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NATURE 2009
d’insieme è invece assicurato dalle uve di vigna Ragnoli, da terreni di origine fluvioglaciale. Le alte fittezze d’impianto aiutano a enfatizzare le caratteristiche varietali delle uve, sia in termini di maturità fenolica che tecnologica. Nel primo caso, le uve sono mature dal punto di vista dei polifenoli e dei precursori aromatici varietali: ciò si traduce in grande potenziale aromatico e strutturale. Quanto alla maturità tecnologica, le uve presentano caratteristiche organolettiche desiderate in un vino base Franciacorta, buona acidità e pH basso, garanzie di importante potenziale evolutivo. Le componenti del Franciacorta ‘61 Nature 2009 provengono esclusivamente dalle primissime frazioni di pressatura, il cosiddetto mosto fiore, pari per quest’annata a 36 litri ogni 100 chili di uva. Una parte del vino base ha avuto un passaggio in barrique di secondo e terzo passaggio, senza svolgere la malolattica. Cinque anni di affinamento sui lieviti e sei in bottiglia dopo il degorgement. La cuvée è composta da Chardonnay (80%) e Pinot Nero (20%), affinata sui lieviti almeno 5 anni e proposta in versione Nature, ossia priva di sciroppo di dosaggio: una decisione audace quella di Arturo Ziliani, AD ed enologo Berlucchi. «Berlucchi '61 Nature Millesimato incarna la più pura espressione del territorio - racconta Ziliani unisce infatti la carnosità dello Chardonnay alla mineralità del Pinot Nero. Non solo: essendo proposto senza il beneficio dello sciroppo di dosaggio, ne descrive anche l'anima più vera, schietta». Un Franciacorta da provare a tutto pasto, secondo il suo creatore: «La componente olfattiva, molto complessa, insieme alla verticalità e alla persistenza, ne fanno un Millesimato dallo stupefacente equilibrio dinamico, che può accompagnare piatti ricchi e importanti come quelli proposti dal grande chef Anthony Genovese al ristorante Il Pagliaccio». Berlucchi '61 Nature 2009 sarà disponibile da inizio aprile in enoteche e ristoranti selezionati; il prezzo orientativo in enoteca del formato bottiglia sarà di 29 euro.
News
UN SORPRENDENTE SYRAH DA MILLE METRI alla Tenuta San Giaime, si trova nei pressi della cittadina di Gangi, in provincia di Palermo, nel cuore delle Madonie siciliane, a 1.000 metri di altitudine, nasce il Syrah (o Shiraz), un vino tutto da scoprire e degustare con attenzione, perchè solitamente è la pianura a dare i natali a questo importante vino. Oggi, Gangi ha circa ottomila abitanti ed è un borgo di grande fascino: nel 2014 è stato inserito nella lista dei Borghi più belli d’Italia (attestazione che condivide con altri diciassette borghi siciliani) e, dal 2012, è entrato a fare parte dei Comuni “Gioiello d'Italia”, unico comune siciliano a fregiarsi di questo riconoscimento, che viene assegnato dalla presidenza del Consiglio dei Ministri e dall'Anci. In questo contesto, dove uomo e natura vivono in perfetto equilibrio, crescono le viti e gli ulivi della Tenuta, trasferendo al vino e all’olio che vi si producono colori, profumi e sapori di un magico territorio, tutto da scoprire.
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La Tenuta San Giaime si estende su un territorio complessivo di circa 18 ettari, coltivati a vigneto, uliveto, ortaggi e seminativo. Ma vediamo come viene fatto lo Syrah.
In cantina, l'affinamento avviene in serbatoi tronco conici in cemento e in parte in barrique di secondo passaggio per nove mesi, completandosi poi in bottiglia per altri tre mesi. La bottiglia è una bordolese tronco, conica, di colore scuro antico per evitare l’ossidazione e a spalla alta per fermare, al versamento del vino, gli eventuali residui. I tappi sono
monopezzo in sughero per permettere l’ossigenazione, la maturazione e la garanzia di tenuta del prodotto, adatto a vini di qualità superiore. Si presenta di colore rosso intenso, all’olfatto vi sono chiare note di frutta rossa, frutta sciroppata, frutta secca ed in particolare mandorle leggermente tostate, ma anche un sottofondo di freschezza e di mineralità. Al gusto è rotondo e molto piacevole e sul finale esprime ancora la medesima freschezza e mineralità del primo impatto olfattivo. Poi c'è la speziatura tipica del vitigno, che apre la strada a una gradevole tannicità, in grado di offrire piacevolezza sin da giovane. Da abbinare a tutto pasto e in particolare con carni rosse alla griglia o in tegame, arrosti, selvaggina e formaggi stagionati. I mille metri di San Giaime sono tutti da scoprire, ma senz'altro sorprende l'eleganza di questo vino che sprigiona sapori e profumi della Sicilia. (E.R.) Euposia Aprile 2016
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CHÂTEAU DAUPHINÉ-RONDILLON, LOUPIAC, OVVERO I GRANDI BIANCHI DI BORDEAUX oupiac è una piccola "appellation" della regione bordolese - Entre-deux-mers come area di riferimento più ampia - specializzata in vini bianchi: quaranta chilometri a sud della capitale girondina, sulla riva destra della Garonna, di fronte a Bersac (denominazione comunale ammessa nei Sauternes). L'attenzione ai vini dolci prodotti con semillon, sauvignon blanc e muscadelle è antica e la qualità, sebbene non riconosciuta come a Sauternes, è anch'essa alta. Un esempio arriva da Château Dophiné-Rondillon di proprietà, da ben otto generazioni, della famiglia Darriet. In pratica, questi "vignerons indipendant" hanno iniziato quando il regime del Terrore era appena terminato e da allora questa famiglia ha sempre proseguito nell'attività aggiungendo man mano vigneto a vigneto. Oggi alla famiglia fanno capo 20 ettari a Loupiac; 25 ettari a Cadillac Premières Côtes de Bordeaux per i vini rossi; altri 8 ettari di vini bianchi sempre a Cadillac Premières Côtes de Bordeaux ; tre ettari di rossi e uno di vini bianchi nelle Graves. La coltivazione è sostenibile, cercando di rispettare l'ambiente eliminando la chimica, ma senza estremismi. Il suo mercato è globale: per farsi capire dai consumatori giapponesi ha realizzato un “product placement” in un fumetto manga. La sua comunicazione sta in quattro (4) foto: suolo, grappolo aggredito dalla muffa nobile, château e una coccinella su un acino: terroir, specificità produttiva, tradizione e ambiente. Comprensibile anche dai crashtest-dummies. I risultati qualitativi non sono mancati: nel 1935 il millesimo 1931 dello Château Dauphiné-Rondillon venne venduto allo stesso prezzo dello Château Pétrus e nel 1952 Château Dauphiné-Rondillon
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venne inserito nella cantina dell'Eliseo, la residenza del Presidente della Repubblica francese e ancor oggi si conserva il menù del banchetto offerto da Charles de Gaulle nel luglio di quell'anno alla Regina Giuliana d'Olanda: in tavola andò il millesimo 1937 assieme allo Château d'Yquem 1939. La tradizione, insomma, non è un optional. A Vinisud, Euposia ha assaggiato alcuni dei suoi vini: Château de Rouquette, Sauvignon blanc 2015; Château Moutin, Graves 2013; Château DauphinéRondillon Loupiac Cuvée 2001 e 2009; Loupiac Cuvée d'Or 2009. Queste le nostre note: CHÂTEAU DE ROUQUETTE, SAUVIGNON BLANC 2015 Avviata nel 1740 questa proprietà è entrata a far parte del patrimonio della famiglia Darriet nel 1962. In questa zona, famosa da secoli per i suoi vini dolci e la muffa nobile, la coltivazione della vite deriva direttamente dalla colonizzazione romana. Il terreno è ciottoloso alluvionale; il clima è oceanico. Questo Sauvignon blanc, autoctono di Bordeaux, viene lavorato esclusivamente in acciaio. L'impatto al naso è al tempo stesso potente ed aggraziato; note erbacee vegetali, ortica, agrumi. Il palato è molto fresco, assai piacevole, tipico. In degustazione: 95/100 CHÂTEAU MOUTIN GRAVES 2013 Al Sauvignon blanc si aggiunge una percentuale (10%) di semillon e l'affinamento avviene in legno. Alla maggiore rotondità del vino fanno da contrappeso note aggrumate e più vegetali. Bella spalla acida che mantiene molto fresco il tutto. Di grande bevibilità e piacevolezza in bocca. In degustazione: 92/100
genti. Invita ad una seconda beva. In degustazione: 93/100 CHÂTEAU DAUPHINÉ-RONDILLON LOUPIAC CUVÉE 2009 Due anni in più ed i sapori si fanno più pieni, la frutta diventa più matura, la pesca gialla, l'ananas, un tropicale che vira verso una leggerezza più marcata. Ma la bevibilità resta eccezionale, e non è mai stucchevole. In degustazione: 95/100 CHÂTEAU DAUPHINÉ-RONDILLON LOUPIAC CUVÉE 2011 Semillon principalmente, con un'aliquota (anche importante, sino al 30% a seconda dell'annata) di sauvignon blanc. Diciotto mesi sui lieviti, lavorazione esclusivamente in acciaio. E' un vino dolce, ma niente a che vedere con la tradizione italiana. Fresco, in perfetto equilibrio grazie ad una eccezionale acidità, senza note zuccherose residue, con un finale di frutta fresca, albicocca, pesca a pasta bianca, tropicale. Al naso i profumi sono intensi, avvol-
CHÂTEAU DAUPHINÉ-RONDILLON LOUPIAC CUVÉE D'OR 2009 L'oro arriva dal muscadelle (al 5% dell'uvaggio) e dall'affinamento di diciotto mesi in barrique. Profumi di arancia, vaniglia, albicocca e miele. Il palato è più grasso, ampio, maturo. Le note aggrumate si confondono con l'ananas e l'albicocca candita. Una nota più vegetale sul finale, un ultimo sussulto di freschezza. Appagante. Eccezionale. Per chi passa da Bordeaux nei prossimi mesi una cantina da visitare assolutamente. In degustazione: 96/100 Euposia Aprile 2016
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Ta s t i n g
GIUSTI WINE, L’ORA DELLA RECANTINA ecuperare i vitigni autoctoni del Montello, ricostruendo la storia vitivinicola di uno degli angoli dimenticati e segreti del Veneto del vino: questo il nuovo challenge per Giusti Wine che al Vinitaly presenta i frutti del suo lavoro sulla Recantina. Questo vitigno a bacca rossa, presente sino all’Ottocento nella marca trevigiana è stato via via messo in un angolo dalla diffusione dei bordolesi come merlot e cabernet subentrati, per gusto e per necessità dopo la filossera, nei vigneti veneti. Una certa facilità a cedere ad alcune malattie, aveva ulteriormente messo in difficoltà la Recantina che, alla fine, era rimasta in pochi vigneti isolati e abbandonati. Un’opera di recupero e di studio dei vitigni originari ha portato alla sua riscoperta ed all’avvio dei primi, nuovi, reimpianti. Oggi in provincia di Treviso - nella zona del Montello, essenzialmente - ce ne sono poco più di cinque ettari, la metà dei quali in due tenute collinari di Giusti a settentrione dell’abitato di Nervesa: in “Tenuta Aria Valentina”, vicina all’Abbazia, e nella “Tenuta Emily”, la più recente acquisizione, circondata da boschi di querce e castagni a preservarne la biodiversità, entrambe su terreni ricchi in ferro. Estensioni comunque piccole, poco più di una una testimonianza, «Ma è la testimonianza di un savoirfaire secolare che dev’essere riproposto oggi se vogliamo che questa parte più “esclusiva” della Marca venga finalmente valorizzata e riconosciuta nel mondo» sottolinea Ermenegildo Giusti. Con l’enologo Mirco Pozzobon, la Recantina dopo un periodo di sperimentazione (e di maturazione dei vigneti) è andata finalmente in produzione sia in una versione in purezza sia come “marcatore territoriale” di un nuovo taglio bordolese che affianca il capostipite “Umberto I°”. Presentati al Vinitaly i due vini non saranno in commercio prima dell’autunno, in modo da dare compiutezza alla elevazione in bottiglia. Euposia li ha degustati, in anteprima, per voi. Ermenegildo Giusti ha voluto mantenere la tradizione
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Ermenegildo Giusti, a destra, nella barriccaia di Tenuta Abbazia con Mirco Pozzobon, enologo di Giusti Wine
di dedicare i suoi vini alle figure “fondanti” della famiglia: in questo caso, il primo vino è dedicato al padre; il secondo ad uno zio, il primo ad indicargli la lunga strada verso il Canada... Queste le note di degustazione: “AUGUSTO” RECANTINA DOC MONTELLO 2014
Ta s t i n g Vendemmia a fine ottobre; vinificazione in rosso con quindici giorni di contatto bucce/mosto; segue la fermentazione in botti di Slavonia grandi per dodici, quattordici mesi; malolattica svolta. Nel bicchiere il colore è scuro, con riflessi violacei e un’unghia brillante. Impatto olfattivo immediato e potente, con note di prugna e frutti neri di bosco. Il floreale è vivace, con note più mature di sottobosco e tabacco. Il palato è pieno, molto coerente col naso; tornano le note più fruttate, con una vena di ciliegia e mora. Estremamente elegante, con una lunga vena di morbidezza; bella acidità - che lascia presagire una buona capacità di invecchiamento - con un finale sapido ed asciutto. “ANTONIO” ROSSO VENETO IGT Le uve provengono tutte, sebbene di vitigni diversi, dalla stessa Tenuta, “Aria Valentina” ; il blend è fatto di merlot, cabernet sauvignon, cabernet franc e, appunto, recantina. La raccolta dei grappoli avviene in più passaggi - da settembre a fine ottobre - iniziando col merlot per finire coi cabernet e l’autotctono. Vinificazione separate in acciaio, con 15 giorni di macerazione sulle bucce. Segue l’affinamento in legno con malolattica: in questo caso si tratta di barrique di terzo e quarto passaggio, dove è stato a elevare l’Umberto I°, per almeno un anno. Segue un ulteriore periodo di affinamento in bottiglia, almeno sei mesi, prima della commercializzazione. Al naso emergono con forza le note fruttate - frutti di bosco e ciliegia - e speziate dolci, con note più calde. Il palato è sorretto da una bella spalla acida, ritornano le note di frutta rossa matura con sentori di tabacco dolce. Molto pulito, coerente, di grande bevibilità ed abbinabilità. Euposia Aprile 2016
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RITRATTI
Il Gruppo Vinicolo fondato da Gaetano Marzotto continua nella sua fase espansiva e rafforza, anche visivamente, il suo ruolo in terra del Prosecco. Accelerati gli investimenti in Italia e negli Usa
< Sessantadue vendemmie, è questo il palmares di Santa Margherita in terra del Prosecco: una scommessa lanciata e vinta nei primi Anni Cinquanta puntando sulla qualificazione di un vitigno e le sue potenzialità attraverso la spumantizzazione; un savoir-faire acquisito col tempo; un rapporto consolidato con gli agricoltori-conferitori e una presenza diretta crescente tanto nella zona Doc che nella Docg Conegliano-Valdobbiadene. Anche da queste considerazioni nasce la volontà di rendere palese questo ruolo fondante del polo vitivinicolo di Fossalta di Portogruaro attraverso un profondo restyling della linea Docg: Valdobbiadene Superiore Brut, Valdobbiadene Superiore Extra-dry; Cartizze. Santa Margherita ha scelto di agire tutto all'interno della propria struttura mettendo in campo anche il know-how della Zignago Vetro (storica azienda del Gruppo) e lavorando su un progetto di sviluppo innovativo. Partendo dalla forma stessa della bottiglia, una
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elaborazione originale: una "francese" rimodellata, dalle spalle più basse, dal colore brunito a preservare il vino, che pone in evidenza, al centro del suo lato anteriore, il logo della famiglia Marzotto (fondatrice col conte Gaetano jr di Santa Margherita nel 1935) ed il suo motto: “ Sua texit labor fata” (il lavoro tesse i destini). La piena rivendicazione della scelta compiuta alla metà del secolo scorso, quando sulle colline di Treviso erano davvero in pochi disposti a credere su un futuro di successo. Si è proseguiti poi con l'etichettatura e la scelta delle carte e dei colori - tortora per la versione Brut, giallo per quella Extra-dry e bronzo per il Cartizze - che sono stati individuati per similitudine con le caratteristiche sensoriali e il terroir di provenienza dei diversi vini. Così il colore tortora vuole sottolineare la forza e l'immediatezza del Brut; il giallo la rotondità e i profumi più caldi della versione Extra-dry; il bronzo la specificità della più piccola area produttiva, appena 106 ettari sui 6mila totali della
SANTA MARGHERITA
FORGIATA DALLA TRADIZIONE
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RITRATTI
In alto, Luca Marzotto (a sinistra), Ettore Nicoletto e Gaetano Marzotto; nella pagina a destra, in alto Stefano Marzotto e Ivan Capelli, ex-pilota della Ferrari F1, che disputerà la prossima Milla Miglia con la Scuderia Santa Margherita
DOCG, dove nasce il più raffinato ed elegante dei Prosecco. La scelta del lettering e della forma geometrica elle etichette vuole inoltre evidenziare il valore intrinseco della DOCG che è oggettivamente al vertice della piramide qualitativa del grande “ fenomeno ” Prosecco e che, per questo, deve essere immediatamente percepibile anche dal consumatore, soprattutto quello con la minore familiarità con le classificazioni del vino italiane. Mantiene ancora l'attuale identità la linea "52" varata per ricordare l'anno di nascita del primo Prosecco Santa Margherita che comprende, appunto, il Valdobbiadene Superiore 52 Extradry; il "Rive di Refrontolo" - ovvero col Cartizze il massimo della specializzazione, dell'identità e della complessità del Prosecco, realizzato attraverso lavorazioni obbligatoriamente a mano, in terreni di ripida collina (circa mille ore/anno ad ettaro), in pochi cru registrati - e il Rosé Extra-dry, originale blend di Glera e Malbech. Non un window-dressing, insomma, ma una piena rivendicazione di ruolo e di responsabilità.
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Che arriva in un anno già ricco di determinazioni. A partire dall'accelerazione sui lavori di potenziamento della cantina storica di Fossalta dove si sta realizzando un polo produttivo in grado di reggere i volumi costantemente in crescita richiesti dal mercato. Un upgrade architettonico e tecnologico, dalla vinificazione all'imbottigliamento, che favorirà e supporterà l'espansione del Gruppo. Si tratta di 6,750 milioni di euro specificamente investiti nel biennio 2015-16 che portano ad oltre 100 milioni il totale degli investitimenti dal 2008 ad oggi. «Questo dato ci rende particolarmente orgogliosi - sottolinea Gaetano Marzotto, presidente di Santa Margherita - se consideriamo il "peso" del mercato italiano - stabilmente al 36% del fatturato - grazie ad una crescita in valore del 7.5% nonostante un clima certamente non espansivo, parliamo di uno striminzito più 1% del Pil nazionale. Per una Cantina italiana, presente coi propri terreni nelle più belle regioni vinicole, che continua ad investire in Italia e che fa dell'italianità il suo tratto distintivo nel
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Il nuovo volto della cantina di Fossalta, al centro di profonde trasformazioni
Santa Margherita conferma la propria presenza alla “corsa più bella del mondo”, la Mille Miglia 2016 (19-22 maggio prossimi). La Scuderia SM schiererà ben cinque equipaggi con una forte presenza della famiglia Marzotto e con Ivan Capelli a bordo di una Mercedes 300 Sl “Ali di Gabbiano”. Il pilota lombardo (quasi 100 Gran Premi disputati in carriera) è il “volto” della Formula 1 sulle reti Rai e, oltre ad essere il presidente dell’Automobil club di Milano, è imprenditore in un settore ad alto contenuto tecnologico. La scelta di affiancare la Mille Miglia come "main sponsor wine" vuole ricordare e riannodare il legame della famiglia Marzotto con le competizioni: un legame nato negli Anni Cinquanta quando quattro figli di Gaetano Marzotto - Giannino, Umberto, Vittorio e Paolo - vinserono le più prestigiose corse dell'epoca.
mondo è un motivo di profonda soddisfazione e grande orgoglio». Del resto, anche l'ultimo esercizio ha generato ricavi per oltre 118 milioni con una crescita sul 2014 di oltre 7 punti percentuali, quasi 20 milioni di bottiglie vendute in 85 Paesi del mondo; negli Usa la crescita è stata di oltre il 5% arrivando a sfiorare la soglia psicologica dei 50 milioni di vendite realizzate. Una soglia che verrà superata già in questo esercizio grazie anche al lavoro di Santa Margherita USA Inc, con base a Miami, che dal primo gennaio ha assunto la responsabilità dell'importazione diretta e della distribuzione negli Stati Uniti del brand Santa Margherita e di tutto il portafoglio produttivo del Gruppo. Fra i mercati che meglio performano, Canada e zona Caraibica: oltre il 15% grazie all'impegno per la piena sostenibilità delle produzioni Santa Margherita. Il Pinot grigio che sbarca nella terra dell'acero è certificato “ carbon neutral ” già da tre anni attraverso numerosi interventi diretti nell'ecosistema canadese e italiano. Per Ottawa, che guarda con allarme agli effetti del climate chancing, una scelta etica che non è passata inosservata. >
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GIOIELLO D’AFRICA
< Che il Sud Africa sia terra di ottimi vini è cosa nota; che non siano di così facile reperibilità in Italia, altrettanto; che i produttori sudafricani stiano lavorando su un approccio al vino molto moderno, molto attento al consumo fuori-pasto ed alla facilità di beva, in una logica molto “italiana” è palese in alcuni vignerons che stanno conquistando posizioni di rilievo. Per cui non sorprendono i risultati di una maison
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come Aaldering, a Stellenbosch, incontrata al Prowein e che ha da poco iniziato a sondare il mercato italiano attraverso l’importatore Winedow di Parma. Una casa vinicola giovane - è stata avviata appena nel 2004 da Marianne e Fons Aaldering, imprenditori olandesi che hanno acquistato 24 ettari nella Devon Valley di uno dei luoghi-icona del vino mondiale.
AALDERING
Devon Valley, Stellenbosch: ha qui sede una giovane Cantina che si vuole imporre per un stile fresco, moderno, senza dimenticare il suo grande territorio di Beppe Giuliano (ha collaborato Jacqueline Ntombentle Mpongoshe)
I 24 ettari poggiano su terreni di argilla rossa, con presenza di sabbia, molto drenanti. La politica aziendale sulle coltivazioni punta sulla piena sostenibilità di tutte le lavorazioni, con le prime certificazioni Enviro Wines e dell’ente sudafricano sul con-
trollo della sostenibilità e della integrità ottenute sin dalla vendemmia 2010. Impegni importanti anche sul versante della responsabilità sociale d’impresa, con diversi interventi in più settori a sostegno della comunità locale.
In cantina le responsabilità sono affidate all’enologo Guillaume Nell. Tutti i vini degustati al Prowein mostrano caratteristiche qualitative superiori, con un’ottima pulizia e una grande freschezza. Con l’aiuto d i Jacqueline
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Ntombentle Mpongoshe, dell’Ambasciata della Repubblica del Sud Africa in Roma e di Janine Smink, responsabile export di Aardering, Euposia ha potuto provare i vini delle annate più recenti destinate, fra gli altri, al mercato italiano. Queste le nostre note di degustazione: S AUVIGNON B LANC 2015 Potrebbe essere un vero e proprio benchmark su come dovrebbe essere un suavignon blanc: i tre ettari e mezzo di vigneto (100 metri slm, rivolti a sud ovest, su un terreno granitico disciolto), sono alla quarta vendemmia. I grappoli sono raccolti a mano, di prima mattina, e portati immediatamente in vinificazione abbattendone la temperatura. Da sei a nove mesi sui lieviti, per arrivare ad una maggiore cremosità, lavorazione in solo acciaio. Il risultato? un vino molto fresco, molto bevibile, ricco di profumi al bicchiere e di calda potenza in bocca. Molto intrigante. In degustazione: 95/100 C HARDONNAY 2015 Quinta vendemmia anche per questo Chardonnay; doppio passaggio in vendemmia all’inizio di febbraio per portare in cantina soltanto i grappoli migliori; attenta selezione anche degli acini eliminando tutte le possibili imperfezioni. Dopo la vinificazione in acciaio, la fermentazione procede per metà in acciao e per l’altra metà in barrique di 1°, 3° e 4° passaggio; nei primi
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due mesi avviene il batonage, tanto in legno che in acciaio, due volte la settimana. La permanenza sui lieviti dura complessivamente sei mesi. Anche in questo caso un vino molto pulito, senza imperfezioni, dai profumi netti e convincenti, con fiori gialli e tropicali al naso; palato pieno, ancora molto fresco - è immaginabile una buona capacità di invecchiamento - dove tornano note fruttate su un finale minerale dominato da sentori di pesca. In degustazione: 93/100 PINOTAGE B LANC DE N OIR 2015 La vendemmia verde viene fatta ad ottobre e lì si eliminano tutti i grappoli che non danno fiducia già in pianta; la vendemmia vera e propria inizia tre settimane prima della perfetta maturazione ed avviene in due successivi passaggi. Classica vinificazione in bianco, con zero contatto mosto-buccia, poi immediata fermentazione in solo acciaio cui segue un veloce imbottigliamento per mantenere il più possibile la freschezza. Un vino che si mette in competizione col Pinot grigio per versatilità di utilizzo, note fruttate e floreali al naso, freschezza e sapidità al palato. Molto convincente, dai sapori molto marcati al palato. Assai invitante. In degustazione: 96/100 PINOTAGE ROSÉ 2015 Beh, che ci sia tanta attenzione al vitigno-sim-
AALDERING I ROSSI PIÙ COMPLESSI
P INOTAGE 2012 Vintage contraddistinto da una lunga stagione fredda e di pioggia nella prima parte dell’anno, cui ha fatto seguito un periodo caldo e secco. Una sfida per il winemaker che l’ha risolta alla grande. Malolattica svolta in acciaio, due anni in barrique francesi, Imbottigliate solo magnum e doppiemagnum. Molto complesso al palato, rotondo, ricco di frutta rossa matura. Tannini setosi e bella sapidità. Grande potenziale di invecchiamento. Di grande coerenza olfatto-palato. In degustazione: 96/100 C ABERNET SAUVIGNON -M ERLOT 2012 Vendemmia, vinificazione e affinamento in legno separati per le due partite che verranno assemblate soltanto alla fine dei due anni di affinamento in botte; la percentuale del blend viene decisa alla fine di tutto, in questo caso 60 per cabernet sauvignon e 40 per il merlot. Potente, con note iniziali di mora, prugna, ribes e poi sensazioni mentolate, di agrume e tabacco. Di gran stoffa. In degustazione: 98/100
bolo della nuova enologia sudafricana non lascia stupiti; interessante questa volontà di “sfruttarlo” in tutte le maniere possibili dimostrando una versatilità del vitigno non indifferente. Va ricordato che la vendemmia 2015 in Sud Africa è stata una delle più secche mai registrate con un generale anticipo della vendemmia. Di tre settimane per il Pinotage. Breve passaggio mosto/bucce, sei mesi in barrique per conferire struttura e complessità. Ne deriva un Rosé molto convincente, dal perfetto equilibrio, un bellissimo colore nel biccheire, un naso ricco di piccoli frutti rossi e floreale; un palato sapido, fruttato e gradevolmente speziato sul finale. Molto, molto, convincente. In degustazione: 98/100 PINOTAGE “L ADY M” 2014 Dedicato alla proprietaria della cantina, questo Pinotage è la rappresentazione perfetta di cosa attendersi da questo vitigno. Sette mesi sui lieviti, fermentazione in solo acciaio. Malolattica svolta. Un vino complesso ma molto elegante, con note di mirtillo, ciliege, tannini setosi, palato lungo e finale minerale. In degustazione: 98/100 >
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FOCUS
AUTOCTONO NATURA
PER
La manifestazione francese Vinisud ha confermato il potenziale delle bollicine “native” dei Monti Lessini, protagoniste alla sparkling lounge < Alla pari con Cava, Cremant e Blanquette di Limoux: in una delle patrie del metodo classico di Francia - la rassegna Vinisud di Montpellier che raccoglie la grande produzione del Midi francese, Spagna e bacino del Mediterraneo - le bollicine dei Monti Lessini fra Verona e Vicenza hanno riscosso più di un interesse. Per la freschezza dei vignerons presenti, per lo story-telling originale del Durello, per le caratteristiche di un vino che sta crescendo a livello qualitativo in maniera evidente e significativa. Una bella eredità che il nuovo presidente del Consorzio di Tutela - Alberto Marchisio, Dg di Vitevis, affiancato da Giovanni Tessari e Matteo Fongaro - si troverà a gestire per il prossimo triennio. La doc del Lessini Durello, che negli ultimi anni ha vissuto notevoli cambiamenti a cominciare dalla modifica del disciplinare, si conferma oggi in forte crescita. La denominazione, da poche cantine e da 70.000 bottiglie iniziali, annovera oggi 18 aziende all'interno del Consorzio per una produzione annua che supera le 700.000 bottiglie. «Il Durello - sottolinea Alberto Marchisio - va proposto con decisione non solo sulle tavole dei ristoranti veronesi e vicentini. Si tratta di uno spumante diverso da tutti gli altri, e proprio per
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il suo vincente rapporto tra qualità, territorio, originalità, va promosso e fatto conoscere su larga
scala. Proprio per questo continueremo la nostra presenza alle principali fiere nazionali ed estere per un contatto diretto col consumatore». Non sono mancati a Montpellier, in questo senso, ampie testimonianze delle potenzialità della denominazione e delle sue bollicine, tanto charmat che metodo classico. Tanto che, ed è un segnale di forza, nuove cantine importanti del Vicentino come Dal Maso si stanno affacciando alla denominazione.>>
LESSINI DURELLO SPARKLING
AZ.AGR. CASAROTTO RISERVA 36 MESI Una classica storia veneta: azienda partita negli Anni Cinquanta che vigneto dopo vigneto, passa alla produzione di qualità. Oggi, arrivata a 15 ettari, ed alla alla terza generazione, è entrata nel Durello - il vigneto è a Vestenanuova a circa 400 metri d’altitudine - con una Riserva che spicca per forza, note agrumate mitigate da un floreale importante. La tipica crosta di pane non riesce a celare la profonda mineralità di queste bollicine.
SANDRO DE BRUNO DURELLO M.C. 36 MESI Sandro Tasoniero (figlio di Bruno) ha lasciato la sua attività imprenditoriale nell’industria tessile per tornare alla terra. Lo ha fatto scegliendo vigneti sul Monte Calvarina a 600 metri slm, 12 ettari in una sorta di paradiso che ha deciso di dedicare alle produzioni del territorio, senza tralasciare di fare qualche escursione (ad esempio un Pinot nero in purezza che ha trovato una propria dimensione e su cui torneremo presto). Il suo Durello è un po’ come lui, gli assomiglia molto: forte, di carattere, ma aperto, disponibile. E’ uno spumante che non ha paura di confrontarsi, che fa delle freschezza e della vivacità i suoi punti di forza.
SACRAMUNDI CLASSICO 36 MESI E’ una delle ultime realtà imprenditoriali sbarcate nel mondo del vino, ma si è imposta velocemente grazie ad un attento lavoro in vigna ed in cantina. Al Challenge 2015 ha convinto tutti i giurati, ottenendo il titolo di “Campione del mondo” nella sezione “autoctoni” . Già questo basterebbe. Sacramundi è il toponimo dove sorge la cantina nella valle del fiume Chiampo, in territorio berico, sul basalto. Un metodo classico di razza, con un grande potenziale di invecchiamento, ricco di note fruttate. Complesso ed elegante.
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FOCUS
CANTINA DI MONTEFORTE METODO CLASSICO BRUT Fondata oltre sessant’anni fa, la Cantina di Monteforte “presidia” un tratto molto bello e dolce del Veronese, le colline dove nascono alcuni dei migliori vini scaligeri. Questo metodo classico nasce da uve selezionate e raccolte manualmente: ha bollicine fini e persistenti, profumi complessi e molto netti, un palato fresco, vigoroso, dal retrogusto gradevolmente amaro.
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LESSINI DURELLO SPARKLING
CANTINA DI GAMBELLARA LESSINI DURELLO CHARMAT Questa Cantina è stata per decenni un fedele testimonial della garganega di Gambellara con le sue ampie possibiità di lavorazione. Questo spumante sta nella linea “Valfonda” della Cantina ed è realizzato attraverso la rifermentazione in autoclave. Nel recente passato, era assai difficile trovare un Durello che - nella versione Charmat - avesse nella spuma caratteristiche qualitative di un certo livello. L’esplosione del Prosecco nei consumi ha costretto i produttori a lavorare con maggiore attenzione a questo aspetto, con risultati oggi alla pari degli standard qualitativi richiesti. E’ così anche per lo charmat di Gambellara che ha un ottimo perlage; profumi ampi e netti al naso con fiori bianchi, agrumi e lievito. Palato fresco; di grande piacevolezza.
COLLI VICENTINI TORRE DEI VESCOVI L.D. Colli Vicentini e Cantina di Gambellara fanno parte del super-consorzio Vitevis, mantenendo linee e tipicità delle diverse esperienze e tradizioni. Questo Charmat nasce in vigneti di alta collina; ha profumi ampi di fiori bianchi, una leggera nota erbacea, mela verde. Ottimo il perlage. Al palato ha una bella struttura; tornano le note fruttate più tipiche dell’uva durella. Bella spalla acida, invitante.
Ta s t i n g VITEVIS, DEBUTTO AL VINITALY PER IL GAMBELLARA CLASSICO “MONOPOLIO” vviato lo scorso anno dalla partnership fra Cantina Colli Vicentini, di Gambellara e della Val Leogra, il nuovo polo berico del vino si presenta al Vinitaly con diverse novità: in primis un nuovo Gambellara Classico “Monopolio” firmato dalla “specialista” del territorio, la cantina dell’omonimo Comune che da oltre sessant’anni è fra le realtà più significative della garganega vicentina. Euposia ha avuto il privilegio di tastare una prova di botte del “Monopolio” nel corso di Vinisud, nel febbraio scorso. Queste le note di degustazione.
A
CANTINA DI GAMBELLARA GAMBELLARA CLASSICO DOC “MONOPOLIO” 2015 Il riferimento è alla vecchia stazione di controllo doganale nel Comune vicentino. Già il packaging rivela la volontà di presentare un bianco di grande importanza; taglio molto francese con estrema attenzione al dettaglio grafico ed al lettering. Stessa attenzione in vinificazione. Solo acciaio per mantenere intatta la freschezza. Al naso si presenta con note di fiori bianchi e frutta non compiutamente matura. Una sottile sensazione di erba appena tagliata. Il palato è impressionante: spalla acida importante, torna il fruttato tipico della garganega con note più marcate di pera e di granny smith. Ancora una sensazione più vegetale; molto minerale e lungo sul finale che è di grande persistenza. Di gran classe e mancavano ancora un paio di mesi di affinamento in bottiglia, che proprio non guastano. Col “Monopolio” , Euposia ha provato anche altri due vini che rappresentano lo stato dell’arte del gruppo berico. CARLO V° ROSSO VENETO IGT 2013
E’ uno dei vini più premiati nel portafoglio di Vitevis; un taglio bordolese di merlot e cabernet sauvignon che proviene da alcuni vigneti selezionati. La vendemmia è manuale con scelta dei singoli grappoli lasciati surmaturare in pianta, per acquisire più morbidezza. Dopo la vinificazione in rosso, la fermentazione prosegue per un anno in botti grandi e barrique. Il blend vede il cabernet sauvignon al 40%, con il merlot nella aliquota predominante. Il nome fa riferimento a Carlo d’Asburgo-Borbone, primo imperatore spagnolo (quello sul cui regno non tramontava mai il sole) che durante un trasferimento in Italia soggiornò nel Vicentino, mettendo mano a non poche botti di vino locale. Cupo nel bicchiere, profumi profondi ed intensi, maschi, con frutta rossa, tabacco e cuoio. Palato altrettanto importante. Finale morbido. TORRE DEI VESCOVI PINOT NERO IGT VENETO 2014 Uve di collina, classica vinificazione in rosso con un anno di affinamento fra acciaio e legno. Vitigno difficile, risultato estremamente piacevole, di grande bevibilità, molto appagante al palato. Tutto molto pulito e diretto. Piccoli frutti rossi, note speziate, un bel floreale. Cos’altro chiedere? Euposia Aprile 2016
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INTERVISTA
CANTINA DI SOAVE 1OO MILIONI IN PISTA
< Bruno Trentini prende in mano l’ultimo bilancio della Cantina di Soave, prima realtà cooperativa del vino italiano, anche se i numeri li sa a memoria: «Beh, qui spendiamo alla fine un centinaio di milioni. E sono tutti soldi nostri; è tutto il cash flow generato negli ultimi anni, vedi? non chiediamo niente a nessuno. Anzi, il contrario: qui è un continuo chiedere. Le opere sociali in compensazione in quella che è un’opera essenziale
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Euposia Aprile 2016
per la crescita non soltanto di Soave hanno comportato un impegno notevole. Siamo a una decina di milioni buoni. Per carità, ci fa piacere sistemare l’ingresso alla nostra città, però...». Senza amor di polemica, ma per trovare 100 milioni di investimenti il premier Renzi è dovuto volare sino a Boston, qui erano già disponibili. «Non solo. Altri investimenti di questa portata nel sistema produttivo locale non si vedevano da
BRUNO TRENTINI
Due anni di lavori cambieranno il volto tecnico e produttivo della più grande cooperativa italiana. Un investimento totalmente autofinanziato che ne rafforzerà il ruolo sul mercato internazionale
anni, direi più di un decennio. Se siamo orgogliosi? Certo, ovvio. Qui nascerà una realtà che sosterrà un comparto di diverse migliaia di produttori per più di una generazione». Sul piazzale della Cantina si muovono già i caterpillar per
lo sbancamento del terreno dove sorgerà il nuovo accoglimento delle uve; poco oltre una fila di case anni sessanta sul Viale della Vittoria che meriterebbero la dinamite... «Beh, c’è un limite anche a quello che possiamo fare» si smarca il direttore generale
che ha cambiato il volto della Cantina di Soave. «Con questi investimenti realizzeremo 27mila metri quadrati di nuova superficie, una nuova linea ricevimento delle uve, una linea di imbottigliamento che ci permetterà di sviluppare in-house tutte le
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L’ULTIMO MUNDUS VINI 3 Gold Medal: - Rocca Sveva Amarone della Valpolicella Riserva 2011 - Cchia Vino Spumante Durello - Rocca Sveva Valpolicella Ripasso Superiore 2011 (che ha vinto anche lo speciale riconoscimento "best of show" come miglior vino della sua categoria). 2 Silver Medal - Cadis Amarone della Valpolicella 2013 - Rocca Alata Amarone della Valpolicella 2013
lavorazioni che oggi prendono altre stade...» In effetti, ci si chiede come sosterrete questo sforzo nel tempo? «Lo abbiamo già sostenuto, con la liquidità che abbiamo prodotto e produciamo ogni anno e che è andata a riserva e non stata distribuita ai soci, i quali comunque hanno ricevuto liquidazioni annue ad ettaro superiori alla media. Eppoi, guardi che non debbo andare a cercare nuovo lavoro per far funzionare la “nuova” Cantina di Soave. Oggi imbottigliamento 30 milioni di bottiglie, il 20% del vino che produciamo. Inoltre, l’andamento dell’ultimo decennio registra la crescita delle produzioni col nostro marchio ed il rapporto con le private label ( Trentini riapre il bilancio e cerca il grafico). Ecco: dal 2000 al 2015 il valore dell’imbottigliato è passato da 4,7 a 25 milioni di euro; il rapporto private label/etichette proprie è passato da 85-15 a 20 -80 . Insomma ora molte di queste lavorazioni siamo costretti a farle fare fuori, vuol dire vendite di vino sfuso con ridotto margine. Ecco, un investimento come questo ci permetterà di mantenere sul territorio tutte le lavorazioni e creare qui nuovi margini. Il nuovo impianto, una volta realizzato, permetterà alla Cantina di realizzare circa 80 milioni di bottiglie l'anno, vale a dire tra il 50 e il 60% dell'intero conferito dei soci, in altre parole quasi tre volte l'imbottigliato attuale. Questo vuol dire denominazione più forte, maggiore tutela e maggiore reddito per i produttori e - fondamentale salvaguardia della qualità». Qualcuno vi vede già come uno squalo in piscina, bello, ma pronto a mordere, penso
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alla Valpolicella... «Ma no, che assurdità. Io sono convinto che il nostro ruolo sia stato, e lo sia come uno dei principali player della denominazione, quello di tutelare e far crescere il reddito. Quando abbiamo rilevato recentemente una nota Cantina sociale abbiamo dovuto declassare ettolitri ed ettolitri di Valpolicella, non li voleva nessuno! Adesso questo non è nemmeno immaginabile. Qualcosa di buono lo avremo pur fatto, no? Pensi soltanto a che fine hanno fatto gli altri vini bianchi “testimonial” dell’Italia del vino 10, 20 anni fa...spariti». Come vede il futuro di un’altra denominazione che le sta a cuore, la Lessini Durello? «Siamo partiti da una posizione di marginalità, adesso vedo un numero crescente di produttori, una crescita delle bottiglie prodotte e un innalzamento costante della qualità. Il potenziale c’è tutto, il mercato in generale dimostra un grande favore per le bollicine, a maggior ragione se sono di qualità ed hanno una narrazione vera da raccontare. Mi preoccupa un po’ - in prospettiva futura per il Durello, ma anche per altre denominazioni scaligere - il livello dimensionale delle nostre imprese, là fuori la competizione è forte e bisogna attrezzarsi, bisogna poterlo fare. Con produzioni limitate di bottiglie i margini che oggi rendono possibile la vita di queste realtà potrebbero risultare non sufficienti. Mi rendo conto che è un discorso complesso, che investe le proprietà, ma un’ottica di crescita del sistema non può prescindere da un rafforzamento delle imprese». >
C HALLENGE E UPOSIA CONCORSO INTERNAZIONALE RISERVATO AI VINI SPUMANTE METODO CLASSICO
9ツー EDIZIONE BARDOLINO, VERONA, AQUALUX HOTEL SPA & SUITES 18, 19 NOVEMBRE 2016 PARTNER: GRAND JURY EUROPテ右N VINISUD MONTPELLIER & SINGAPORE AMERICAN CHAMBER OF COMMERCE IN ITALY, MILANO DESA, DEUTSCHLAND SOMMELIER ASSOCIATION THE ITALIAN WINE JOURNAL AQUALUX HOTEL SPA & SUITES
8° CHALLENGE EUPOSIA
D E S AINT G ALL , LA R EVANCHE L’ottava edizione del nostro Concorso internazionale vede il ritorno sul tetto del mondo di uno Champagne francese, De Saint Gall. Ma punteggi molto ravvicinati e il grande exploit degli Autoctoni caratterizzano la competizione
8° CHALLENGE
EUPOSIA
< La cronaca è entrata prepotentemente nell’ottava edizione del nostro Challenge internazionale che si è fermato per un minuto di silenzio per le vittime dell’attentato di Parigi del novembre scorso e che ha visto così due giurati internazionali impossibilitati a raggiungere l’Aqualux di Bardolino, sede della competizione. Bloccata la Francia e bloccato il Brennero per l’emergenza migranti che ha sospeso in quei giorni il regolare servizio delle ferrovie austriache. Due momenti che nessuno avrebbe voluto vivere, e che hanno costretto i giurati - non pochi quelli internazionali - a guardare in faccia una realtà divenuta improvvisamente ostile. Quindi, il riveder tornare in Francia il nostro Challenge - a tre anni di distanza dall’ultima affermazione transalpina - è sembrato un po’ alla fine una sorta di nostra “partecipazione” , di nostra vicinanza, al dolore di un’intera Nazione e dell’Europa. Degustazioni ovviamente alla cieca - sotto l’occhio attento (ma non severo) del presidente, Alessandro Scorsone, e del past-president e delegato GJE, Severino Barzan - per circa duecento campioni provenienti da tutti i Continenti per quello che rimane l’unico concorso specificamente dedicato al solo metodo classico. Un’ottava edizione caratterizzata da una estrema vicinanza qualitativa e dall’emergere con forza dei vitigni autoctoni che dalla passata edizione si sono conquistati sul campo il diritto ad avere un proprio “campione del mondo” sia nei bianchi che nei rosé: la classifica generale dei metodo classici, italiani, ad esempio si è giocata all’interno di una forchetta 92/100 - 84/100; quella dei rosé (degustazione unica fra tutti i rosati presenti) fra 90/100 - 85/100. Ancora più chiusa la forbice fra i rappresentanti francesi (92/100-89/100) e internazionali (92/10088/100). Quindi, se il vertice qualitativo non cambia, una leggera differenza si registra in basso, fra i metodo classici che hanno incassato i giudizi meno ampi. E gli autoctoni? La forchetta sta fra 90/100 e 86/100, quindi stanno a due centesimi di punto dallo Champagne de Saint Gall e da Cà del Bosco, per citare alcuni degli over 92/100 del Challenge.
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Vogliamo dire che sono al livello dei best-in-class? Diciamolo. E non era semplicissimo destreggiarsi fra Durella, Vermentino, Nebbiolo vinificato in bianco e in rosso, Verdicchio, Pigato, Glera, Nuragus e Vernaccia soltanto per citarne alcuni... E che dire di Sangiovese, Aglianico, Sorbara, Cannonau, Corvina e Rondinella, Gattinara sino al Neretto di San Giorgio che trova habitat sostanzialmente su un’unica collina. Appare evidente la volontà dei produttori italiani di sfruttare a pieno il patrimonio ampelografico a disposizione e, soprattutto, un costante miglioramento della tecnica produttiva che porta a metodo classici sempre più puliti, eleganti, ricchi di sfumature, mai banali e omologabili. I numeri, certo, del metodo classico italiani sono ancora lontano dai player del mercato delle bollicine (Champagne, Prosecco, Cava), ma si conferma la volontà di fare vini di qualità e pregio che abbiano un vero e duraturo posizionamento sul mercato e non siano soltanto un temporaneo completamento di gamma. Per gli autoctoni il passaggio delle consegne è avvenuto fra Gramona - icona del Cava - e la berica Sacramundi, una new entry nel già giovane panorama del Lessini Durello. Nei Rosè, invece, il panorama degli autoctoni - tutti italiani nelle prime posizioni - attraversano alcuni vitigni che sono la stroia dell’enologia italiana: Lambrusco, Sangiovese ed Aglianico, dal nord al sud la qualità e la personalità la fanno da padrone. L’ottava edizione del Challenge Euposia ha presentato anche alcune conferme: Hambledon Vineyard, dall’Hampshire, bissa il successo già ottenito nel 2014; Zamuner raddoppia il suo palmares; Cà Rovere raggiunge Camel Valley al vertice delle Cantine che più hanno ottenuto riconoscimenti in questi anni, ben tre. Cà Rovere e Dal Cero - inoltre - continuano a sfidarsi per il titolo di migliore metodo classico del Veneto: non è cosa da poco se si considerano i nomi, e i “pesi massimi” che si fronteggiano in questo segmento di prodotto. Ma che i piccoli abbiano stoffa da vendere lo testimonia la classifica qui a fianco: in Franciacorta, Massussi, ad esempio, si porta al livello di Cà del Bosco e Guido Berlucchi; in Trentodoc, Moser (che dire? un nome
CAMPIONE
DEL
MONDO 2015
CHAMPAGNE DE SAINT GALL, BRUT SELECTION PREMIER CRU BLANC
DE BLANCS
2012
MIGLIOR METODO CLASSICO D'ITALIA 2015 CA' DEL BOSCO, FRANCIACORTA DOCG, CUVÉE ANNAMARIA CLEMENTI 2006
MIGLIOR METODO CLASSICO INTERNAZIONALE 2015: HAMBLEDON, HAMPSHIRE-UK, PREMIÈRE CUVÉE NV
MIGLIOR SW
DI
FRANCIA 2015:
CHAMPAGNE JACQUART, BRUT MOSAIQUE, S.A.
MIGLIOR SW
DEL
VENETO 2015,
EX-AEQUO:
CA' ROVERE, COLLI BERICI, BLANC DE BLANC 2010 DAL CERO, RONCÀ, CUVÉE AUGUSTO 2010
CAMPIONE
DEL MONDO
2015
DA VITIGNI AUTOCTONI:
SACRAMUNDI, LESSINI DURELLO DOC, RISERVA 36, 2010
MEDAGLIA D'ARGENTO 2015
DA VITIGNI AUTOCTONI.
QUARTOMORO, SARDEGNA, "Q" BRUT 2009
MEDAGLIA DI
BRONZO
CIECK, PIEMONTE, ERBALUCE
2015 DI
DA VITIGNI AUTOCTONI:
CALUSO DOC, CALLIOPE BRUT 2010
I MIGLIORI ITALIANI
ED
AUTOCTONI
MASSUSSI, FRANCIACORTA DOCG, RISERVA "CURTEL" EXTRA BRUT 2009 CESARINI SFORZA, TRENTODOC, AQUILA REALE RISERVA BRUT 2008 CANTINE MOSER, TRENTODOC, 51,151 BRUT CESARINI SFORZA, TRENTODOC, RISERVA EXTRA BRUT 2008 BELLENDA, VSQ VENETO, SAIPH TALENTO BRUT N.V. MARCATO, LESSINI DURELLO DOC, 60 MESI 2008 ANTICA CASCINA CONTI ROERO, VSQ PIEMONTE, SAN GIOVANNI EXTRABRUT VILLA RINALDI, VSQ VENETO, IMPERIALE BRUT RISERVA MILL.TA 2007 VILLA RINALDI, VSQ VENETO, RINALDI SUPREME EXTRABRUT RISERVA R.D. 2003 SANTA MARGHERITA, SUD TIROLO, PINOT GRIGIO MC BRUT 2012 CEMBRA, TRENTODOC, OROROSSO EXTRABRUT RISERVA 2010 CANTINA DI ALDENO, TRENTODOC, ALTINUM BRUT 2011 ZENATO, LUGANA DOC BRUT 2013 CA' RUGATE, LESSINI DURELLO DOC, RISERVA AMEDEO2011 COLONNARA, VERDICCHIO DOC, UBALDO ROSI RISERVA 2008 FRANCESCO BELLEI & C., VSQ EMILIA ROMAGNA, EXTRA CUVÉE BRUT N.V. Euposia Aprile 2016
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8° CHALLENGE
EUPOSIA
LA GIURIA 2015 ALESSANDRO SCORSONE, PRESIDENTE SEVERINO BARZAN, PAST-PRESIDENT (G.J.E.) _______________________________ GORAN AMNEGARD (SVEZIA) SAMANTHA LINTNER, UK ALESSANDRO SPERI (ARGENTINA) PATRICIA GUY (USA) MAGDA BEVERARI (FRANCIA) HELMUTH KNALL (AUSTRIA) SOFIA BIANCOLIN (DE.S.A.) LUCIANO RAPPO, G.J.E. ALBERTO UGOLINI BERNARDO PASQUALI, L’ACINO PARLANTE COSTANTINO GABARDI, GAMBERO ROSSO PAOLA GAMBINI, FISAR STEFANIA BELCECCHI, CUCINA & VINI STEFANO CURONE, RAI SARA VALITUTTO, CORRIERE VINICOLO ELISA COSTANZO, L’ARENA DI VERONA FRANCA BERTANI, AIS ENRICO GARNERO, LETTORE EUPOSIA DANTE PERETTI, LETTORE EUPOSIA CARLO ROSSI, EUPOSIA BEPPE GIULIANO, EUPOSIA
abituato a correre e lottare...) sta già al livello di brand storici e consolidati. La Giuria ha poi assegnato alcuni premi speciali: - Le Marchesine, Franciacorta Docg: secondo riconoscimento consecutivo ottenuto dalla maison di Loris Biatta per la costante qualità e lo standing raggiunto e confermato in tutte queste edizioni; - Alla carriera: Silvano Piacentini, primo sommelier di Verona, il professionista che ha aperto la strada a più di una generazione e che ha contribuito a far conoscere i grandi vini veronesi nel mondo; - Dino Marchi alla sostenibilità: dopo Santa Margherita nel 2014, quest’anno il premio che ricorda il presidente dell’Ais Veneto, amico e maestro per molti di noi, è andato alla maison Louis Roederer, Champagne. Un premio lo merita l’Istituto professionale Luigi Carnacina di Bardolino: i suoi professori ed allievi hanno sperimentato “sul campo” all’Aqualux Hotel Spa & Suite la teoria appresa in aula; il loro servizio come sommelier e come giovani chef ed assistenti di sala dimostra come la scuola italiana sappia valorizzare un capitale umano di prima classe. Buttati nel “mare in tempesta” del Prowein del marzo scorso quegli stessi allievi si sono confermati - allo stand DESA Euposia - dei veri professionisti. Li ritroveremo a breve in ruoli di responsabilità nel mondo del lavoro, chapeaux! CHI È IL CAMPIONE DEL MONDO Champagne de Saint Gall nasce ad Avize nel 1966 dall'unione di tre cooperative; oggi ne fanno parte 2mila viticoltori innamorati del loro territorio e che si avvalgono di tredici centri di produzione situati nei più prestigiosi villaggi della Champagne. De Saint Gall trae il suo principale orgoglio della sua posizione impareggiabile sulla famosa Côte des Blancs, il più elegante dei terroir della Champagne. I villaggi Premiers Grands Crus e si susseguono su una bella terra in cui lo Chardonnay è re che qui raggiunge qui le sue espressioni più sublimi, garantendo Champagne dal lungo potenziale di invecchiamento. Cinque villaggi, tra i più rinomati della Montagna di Reims, completano questa identità fornendo rotondità e cremosità . Complessivamente si tratta di ben 1260 ettari di vigneti: di questi 760 ettari classificati "Grand cru" e non meno di 370 ettari sono classificati "Premier cru".
Il Challenge Euposia si è svolto in collaborazione con American Chamber of Commerce in Italy, Consorzio Lessini Durello Doc, Istituto Alberghiero "Luigi Carnicina" di Bardolino (VR), Aqualux Hotel Spa & Suites di Bardolino (VR). Il Challenge Euposia utilizza in esclusiva gli speciali bicchieri da degustazione realizzati da Andrea Maschi, vetreria di Caldiero. >
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Euposia Aprile 2016
CAMPIONE
DEL MONDO
ZAMUNER, VENETO, ROSÉ
BRUT
ROSÈ 2015:
RISERVA LA MATTARANA 2006
MEDAGLIA D’ARGENTO ROSE’ CHAMPAGNE JACQUART, FRANCIA, BRUT ROSÉ NV MEDAGLIA DI BRONZO, ROSE’ WRAXALL VINEYARD, SOMERSET-UK, SOMERSET ROSÉ 2013 CAMPIONE
DEL MONDO
2015 ROSÉ
DA VITIGNI AUTOCTONI.
QUINTOPASSO, EMILIA ROMAGNA, QUINTOPASSO ROSÉ MEDAGLIA D'ARGENTO 2015 ROSÉ
BRUT
2012
DA VITIGNI AUTOCTONI:
CASTELLO DI CACCHIANO, TOSCANA, BRUT ROSÈ 2011 MEDAGLIA DI
BRONZO
ROSÉ 2015
DA VITIGNI AUTOCTONI.
SAN SALVATORE 1988, CAMPANIA, JOI BRUT ROSÉ 2012 I MIGLIORI ROSÉ
DEL
2015
ENDRIZZI TRENTODOC BRUT ROSÉ MILL.TO PIAN
DEL
CASTELLO 2008
MONTE SALINE, VENETO, ROSÉ BRUT NATURE 2009 CAMEL VALLEY, CORNWALL-UK, PINOT NOIR ROSÉ
BRUT
2013
GUIDO BERLUCCHI, FRANCIACORTA DOCG, 61 ROSÉ N.V. MARCATO,
VSQ
VENETO, CUVÉE MAFFEA ROSÉ 2011
CESARINI SFORZA, TRENTODOC, BRUT ROSÉ 2009 CASTEL FAGLIA, FRANCIACORTA DOCG, CUVÉE MONOGRAM ROSÉ CARVINEA, VSQ PUGLIA, BRUT ROSÉ, 2012 LE MARCHESINE, FRANCIACORTA DOCG, ROSÉ MILLESIMATO 2010 VENAGOTA, VSQ VENETO, ROSÉ BRUT 2013 ANTICA CASCINA CON.TI ROERO, VSQ PIEMONTE, MARIA TERESA BRUT ROSÉ Euposia SAprile 2016
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RITRATTI
IL DOMAINE DELLA SOSTENIBILITÀ
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Euposia Aprile 2016
CHAMPAGNE LA BORDERIE
Marie e Simon Normand portano avanti le scelte del padre Jean-Louis, capofila della tutela ambientale in Champagne. Con risultati davvero eccezionali di Daniela Scaccabarozzi
< Dopo il lancio avvenuto in Patria a metà dell’ottobre 2015, un nuovo brand di champagne si appresta a farsi conoscere sul mercato italiano. “Domaine La Borderie”, situato nella Cote des Bares, verrà presentato al grande pubblico in concomitanza del Vinitaly di quest’anno, dal loro distributore italiano “Silenzi di terra” che debutterà lui stesso in questa occasione. Il marchio è nato nel 2013, dall’idea dei fratelli Marie e Simon Normand di mettere a frutto la pluriennale esperienza genitoriale, per dare vita
ad un loro champagne dallo stile personale ed improntato all’eccellenza. La vigna di famiglia, che si compone di 11 ettari, è stata fino a due anni fa gestita dal padre, JeanLouis, il quale cominciò nel lontano 1974 a produrre uve che sono sempre state destinate alle cooperative locali, nonché a prestigiosi marchi come Taittinger, Veuve Clicquot, Perrier-Jouet. Nel corso degli anni egli si dedica alla sperimentazione, tanto da far diventare il suo terreno una coltura pilota in viticoltura sostenibile nel 1990.
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Nel 2010 assume poi la presidenza dell’AVC (Associazione Viticola dello Champagne), dove vi resterà per quattro anni. Nel 2013 si guadagna la certificazione di “Alto Valore Ambientale”, alla quale si aggiunge quella di “Viticultura sostenibile in Champagne” nel settembre dello scorso anno, divenendo la prima cantina della regione ad essere insignita di questo titolo. Un vigneto di tutto rispetto quindi, coltivato nel nome del rigore e della cura in tutti gli stadi della lavorazione dello champagne, che qui viene considerato come un prodotto di eccezione che impone molti vincoli e responsabilità. «Questo concetto risponde inoltre al desiderio dei consumatori che sono sempre più alla ricerca della qualità, dell’autenticità e della rarità» dichiara convinta Marie. D’altra parte il brand nasce per creare vini con le migliori uve, avendo però il minor impatto possibile con l’ambiente. L’architettura contemporanea della cantina ben si integra nel bel paesaggio circostante, attorniato dagli alberi. L’edificio risponde inoltre ai criteri di sostenibilità. L’uso dell’energia è infatti molto basso, l’acqua piovana viene recuperata e riutilizzata. La cantina semi-interrata conserva una temperatura ideale intorno agli 11°C grazie al fatto che si colloca in una conca naturale, direttamente nel terreno. Gli acini sono poi pressati al piano terra ed il mosto scorre per gravità fino alle vasche di fermentazione e stoccaggio tini del piano sottostante. La cantina per l’invecchia-
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mento dei vini si trova ad un livello ancora più basso. Degli undici ettari, solo uno, al momento, è dedicato ai prodotti del “Domaine La Borderie”, mentre i restanti rimangono assegnati alle cooperative ed ai grandi marchi citati prima. In questo ettaro di terra Marie e Simon hanno scelto di creare e valorizzare degli champagnes che si rivolgono ad un mercato di nicchia e con una produzione che si varia tra le 6.000 e le 10.000 bottiglie all’anno. Persino il nome “domaine” (che nel dialetto locale significa piccola casa-piccola fattoria) è piuttosto raro in questa zona, in quanto i disciplinari di produzione dichiarano che i vini commercializzati sotto questa definizione devono provenire esclusivamente da uve prodotte nella proprietà e che l’intero processo di elaborazione avvenga all’interno della tenuta stessa. Le viti sono coltivate per ¾ con pinot nero, ma si trovano poi un ettaro di pinot bianco, un ettaro e mezzo di chardonnay e mezzo ettaro di pinot meunier. Hanno inoltre un’età media che va dai 30 ai 50 anni e possono beneficiare di tutte le esposizioni solari. «Noi non usiamo erbicidi o insetticidi, non tocchiamo le siepi intorno alla vigna, lasciamo che l’erba cresca tra i filari ed abbiamo piantato dei fiori sugli appezzamenti incolti, tutto ciò per occuparci dell’ambiente e per promuovere la biodiversità» spiega Simon. «Vogliamo dare il nostro contributo alla reputazione ed all’immagine della regione Champagne
CHAMPAGNE LA BORDERIE SCHEDE TECNICHE
“T ROIS CONTRÉES ” Uve: 70% pinot nero, 23% chardonnay e 7% di pinot bianco Dosaggio: 8 gr/lt. Naso: floreale ed elegante con una leggera nota di speziatura. Frutta secca. Bocca: Acidulo, ampio, fruttato e nervoso. Abbinamenti consigliati: tartare di salmone, mousse di asparagi, foie gras. “D OUCE FOLIE ” ROSÉ Uve: 100% pinot nero Dosaggio: 6 gr/lt Naso: espressivo e delicato. Note floreali di violetta, lampone, ciliegia, ribes. Bocca: Attacco morbido, elegante, effervescente e cremoso. Carnoso ed acidulo, abbastanza vinoso e molto fruttato (ciliegia, scorza d’arancia candita, mandarino). Abbinamenti consigliati: Pesce crudo, gamberi, triglie alla griglia, petto d’anatra, prosciutto crudo.
e non puoi proporre un vino che fa sognare senza che il tuo lavoro sia basato su forti valori etici ed ambientali» aggiunge Jean-Louis. Gli champagnes commercializzati in Italia sono due, per il momento. “Trois Contrées” è un brut ottenuto da tre appezzamenti che si trovano in tre paesi diversi ed ognuno ha un’esposizione diversa rispetto al sole. E’ anche un “blended” di pinot nero, chardonnay e pinot bianco. Quest’ultimo proviene da una vigna piantata nel 1954, che è anche la più vecchia che possiedono. «Il 5% delle uve di pinot nero sono vinificate in fusti per arrotondare l’assemblaggio ed enfatizzare il vino. L’obiettivo però non è quello di renderlo “legnoso”, ma quello di apportare una nota speziata. Vorremmo aumentare il tempo di invecchiamento di questa cuvée, che attualmente è di 18 mesi, portandolo a 30 mesi» spiega Simon. “Douce folie” invece, che prende il nome dal lotto dal quale hanno origine i grappoli utilizzati per fare questo extra brut rosé, è ottenuto dalla macerazione delle sole uve di pinot nero che provengono da un'unica area, da viti di cinquant’anni e con esposizione sud-ovest. «Si tratta di un rosé realizzato solamente in occasione di annate che permettono uno stato sanitario perfetto ed una maturazione ottimale degli acini. La macerazione dura circa 48 ore in vasche inox ed è interrotta solo quando otteniamo il colore desiderato. Facciamo partire la fermentazione alcolica durante la macerazione, in modo da estrarre degli aromi molto fruttati insieme ad un po’ di vinosità. Il metodo della macerazione è raro in Champagne, perché è molto “tecnico” e richiede tempo e precisione. La maggior parte degli champagnes rosés vengono fatti invece per assemblaggio delle uve bianche con una piccola parte di quelle rosse» continua Simon. Ci sono inoltre un Blanc des Blancs millesimé 2014 ed un Blanc des Noirs millesimé 2015 che stanno invecchiando nelle cantine e che non saranno messi in commercio rispettivamente prima del 2018 e del 2019. E dato che all’interno della tenuta è possibile soggiornare presso i due alloggi di proprietà per poter godere delle bellezze del luogo e dei dintorni, direi che questa potrebbe essere una buona occasione per ritornare a trovare la famiglia Normand. >
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INTERVISTA
IL GRAN LOMBARDO Le sfide, le ambizioni, la forza di volontà del Lambrusco mantovano che cresce nell’interesse dei consumatori. Grazie alla scelta di qualità di Enzo Russo
< Quistello, Quistèl in dialetto basso mantovano, è un comune di 5.893 abitanti della provincia di Mantova, dista dal capoluogo 30 km e da Milano 210. Il paese, molto bello è costruito a misura d'uomo, sorge sulle rive del fiume Secchia. Per chi ama la natura, Quistello offre un interessante percorso ambientale e naturalistico nel Parco delle golene , che dal fiume Secchia arriva sino al Po, e un eccellente patrimonio gastronomico di prodotti tipici come il famoso salame mantovano, il Parmigiano Reggiano e una ricca e variegata gastronomia che si fanno accompagnare da un partner importante, Lambrusco Mantovano Dop. Un vino allegro e moderno dalle bollicine fresche e profumate, poco alcolico con moderata acidità, il colore è accattivante, è facile da bere ed è generoso negli abbinamenti. Il “ mitico ” Lambrusco inizia ad essere prodotto 87 anni fa nella Cantina Sociale Cooperativa di
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Quistello, il cui Presidente è oggi Luciano Bulgarelli che incontriamo durante la vendemmia mentre è intento a controllare l'arrivo dei trattori con i cassoni pieni uva e il suo convogliamento nella camera di diraspatura. Il profumo intenso delle uve lambrusche arriva subito al naso con poderosità e poi c'è il vociare delle persone che invitano a stare attenti durante il lavoro di svuotamento, operazione che si ripete più volte nell'arco della giornata. I vigneti sono sparsi un po' ovunque in tutto il comprensorio. Il Presidente è molto contento di come si presenta la vendemmia, “ sembra sia un ottima annata, sia per qualità sia per quantità ”, ci dice mentre c'invita in ufficio. Prima di iniziare a parlare della cantina e dei vini, Bulgarelli fa arrivare un tagliere con salame mantovano e Parmigiano accompagnati da una bottiglia di Lambrusco Mantovano doc fatto con uve
Maestri, Salamino e Ancellotta: si presenta con un colore rosso rubino e mentre lo degustiamo arriva al naso un profumo di ciliegia e viola, in bocca è moderatamente tannico con una lieve acidità. E' un piacere berlo. Con questo promettente avvio, iniziamo a parlare dell'azienda e dei vini che escono dalla cantina, dove è preponderante la produzione di Lambrusco. «Dal 2005, sono il Presidente della Cantina Cooperativa di Quistello. E' un azienda storica nata il 27 giugno del 1928 con una lunga e interessante storia.
In quel periodo risultava essere la più importante del mantovano e della Lombardia, perché si parlava di 12 mila quintali di uva vinificata, oggi sembra una cosa ridicola, ma in quegli anni erano tanti, visto che i vigneti e l'uva sono stati considerati una cosa marginale fino all'inizio degli anni '80. Dopo si è capito l'importanza del settore. Sono sorte aziende vinicole e anche la nostra cantina si è trasformata. C'è stata un’evoluzione di tutto il settore e oggi siamo attrezzati con i migliori macchinari, facciamo uso delle
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INTERVISTA
CANTINA
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QUISTELLO
migliori tecnologie per produrre vini di qualità che competono a pari grado con altri vini blasonati”. Dopo tutti questi cambiamenti e innovazioni, oggi la cantina cosa e quanto produce? «Attualmente la cantina vinifica circa tra i 55 mila e i 60 mila quintali di prodotto, dipende dalle annate, tutto conferito da soci. Le uve arrivano al 100% dal territorio lombardo-mantovano. Il 50% del vino viene commercializzato da noi, l'altra metà viene ceduto agli imbottigliatori”. E per quanto riguarda la produzione di Lambrusco? «Circa 50 mila quintali, il rimanente è dato da altre uve bianche di diverse tipologie». Quanti sono i soci? «Attualmente sono 160». E per quanto riguarda i controlli? «C'è un controllo su tutti i vigneti da parte dei nostri tecnici di come vengono fatti i trattamenti. Siamo stati una delle prime cantine ad adottare la lotta integrata che risale agli anni '90, abbiamo aderito ai primi progetti regionali, diciamo che tutta la filiera produttiva è seguita con attenzione in tutte le sue varie fasi. La cantina fa tutti i con-
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trolli possibili, appena arriva l'uva vengono prelevati dei campioni per la tracciabilità del prodotto e una attenta sorveglianza per verificare se tutto quanto dichiarato dal produttore corrisponde alla realtà». Per quanto riguarda la produzione di Lambrusco, quanto ne viene imbottigliato e quanto ne viene venduto sfuso? «Attualmente produciamo un milione di bottiglie, circa 8 mila ettolitri di vino e altrettanto viene commercializzato in damigiana vendendolo a privati che vengono a comprarlo per imbottigliarselo a casa. Sono tante le persone che vengono in cantina, sia dalla provincia mantovana sia da altre regioni, tutti appassionati del fai da te ma, soprattutto del brioso e spumeggiante Lambrusco mantovano, un vino che sembra fatto apposta per un consumatore moderno. E circa 16 mila ettolitri sono comprati dagli imbottigliatori». A proposito di imbottigliatori, qual è il vostro rapporto con loro, visto che siete impegnati a produrre un vino di qualità. C'è un controllo sul vino venduto e imbottigliato da terzi? «Il controllo non lo facciamo noi direttamente, ma è demandato al Consorzio vini mantovani, che tutela il prodotto e quindi essendoci una denominazione c'è una commissione che svolge tutti i controlli a che il vino non venga snaturato, facendo dei prelievi di bottiglie sugli scaffali dei punti vendita». Il Lambrusco Mantovano costa di più o meno del Lambrusco Emiliano o Modenese? «All'ingrosso costa il 5% in meno, prima il divario era maggiore, poi con il passare degli anni si è ridotta la differenza che poi sostanzialmente
Luciano Bulgarelli, presidente della Cantina sociale di Quistello (MN)
I VINI DELLA CANTINA 80 Vendemmie Rosato Lambrusco Rosato di Quistello I.G.P. Frizzante 80 Vendemmie – Rosso di Quistello I.GT. Frizzante Tre tipologie: Banda Blu, Banda Rossa, Banda Viola di Lambrusco Mantovano D.O.C. Frizzante GranRosso del Vicariato Rosso di Quistello I.GT. Frizzante Bianco di Quistello Chardonnay I.G.T. Frizzante Dolce del Vicariato Bianco di Quistello I.G.T. Frizzante Vin Còt Mosto cotto ottenuto da uve Lambrusco Ruberti della zona tipica quistellese . Bianco di Quistello Trebbiano I.G.T. Frizzante
è dovuta al colore del vino, alla struttura, e alla sapidità. Sono queste le tre caratteristiche, con in più la frizzantezza, che distinguono il nostro Lambrusco dagli altri. Infatti all'Expo, proprio per questo, il Lambrusco Mantovano ha avuto un grande successo, si è fatto conoscere e apprezzare proprio per le differenti caratteristiche organolettiche». Siamo quasi alla fine dell'incontro e il Presidente fa portare un altra bottiglia altrettanto impegnativa: “80 Vendemmie, Rosso di Quistello I.G.T.” Fatto con uve Lambrusco Grappello Ruberti. Appena la stappa e versa il vino nel bicchiere, è bello vedere la schiuma che sale e schiopetta, arriva quasi subito al naso il profumo della viola e della mora. Il colore è rosso rubino brillante e in bocca lo si sente corposo e strutturato. Con il formaggio si esaltano i sapori e il palato ne trae immenso piacere. Un Lambrusco di ottima fattura senza nessun difetto che ci obbliga a fare l'ultima domanda a Bulgarelli: come vede il futuro del suo Lambrusco Mantovano? «In questi anni abbiamo fatto un lavoro poco pubblicizzato creando tutti i presupposti per dare al Lambrusco quel valore aggiunto che gli mancava. Oggi ci sono tutte le premesse per l'identificazione del prodotto di questo territorio, questo è il primo problema che mi sono posto, perché il vino è sempre più ambasciatore di un territorio e di una cucina e il Lambrusco in questi anni è stato sempre più nobilitato, non è più un vino di carattere dozzinale, le aziende si sono attrezzate, con le nuove tecnologie fanno più ricerca per scoprire le potenzialità di queste uve ancora inespresse, la composizione del terreno, quando e come vendemmiare e poi c'è molta attenzione e cura su tutta la filiera produttiva, dalla vigna fino all'imbottigliamento. Tutte cose che fino a qualche anno fa erano inimmaginabili. Per esempio, noi a Quistello abbiamo una filosofia, facciamo i Lambruschi che rappresentano le uve da cui provengono. Questo è molto importante perché soltanto così si riesce a dare una connotazione precisa al vino valorizzando contemporaneamente il territorio». >
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ORA LATINA Crescono considerazione e peso del vino argentino nel mercato italiano. Ed ora si aprono nuovi spazi anche per quelli uruguagi. Parola di Guido Favaro (Wof) di Carlo Rossi
< Dal 2005 Guido Favaro, owner e founder di World Of Flavours, importa il meglio dall'Argentina: è uno dei maggiori esperti di America Latina operanti in Europa, che nel 2010 ha creato un gruppo attivo sull'asse Italia-Olanda. Come è cambiata nel tempo la considerazione per i prodotti del paese Albiceleste? «L'Argentina è una realtà ormai consolidata e assolutamente rilevante nel panorama vitivinicolo mondiale. La patria del Malbec e del Torrontés
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appartiene ormai al ristretto club di paesi produttori di vino presenti sugli scaffali e nelle cantine di tutto il mondo. In particolare, in Italia la percezione che hanno i consumatori del vino argentino è più che positiva: nell'immaginario collettivo l'Argentina appare come un territorio vasto ed incontaminato ed il suo vino risulta essere espressione di un know-how originato dagli emigranti europei, in molti casi italiani, che seppero adattarlo egregiamente ai terroir
presenti nelle diverse regioni». Come sta cambiando l’economia, dopo le elezioni presidenziali? «Durante la campagna elettorale, l'argomento più discusso è stato il rapporto di valore fra il peso argentino e il dollaro. Ormai da troppo tempo
manca una svalutazione della nostra moneta che porti ad un allineamento con quello che è il passo dell'inflazione, vicina al 30% annuo. Di conseguenza i costi di produzione sono cresciuti in maniera preoccupante. Gli analisti danno per scontato un aggiustamento del valore del peso
come diretta conseguenza delle elezioni di Ottobre, il che porterebbe ossigeno finanziario soprattutto alle cantine di piccole e medie dimensioni. In Europa quest'anno si è aggiunto il problema della perdita di valore dell'euro nei confronti del dollaro: ciò ha
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INTERVISTA
Guido Favaro, a destra, con Jorge Riccitelli, enologo dell’anno 2012 per Wine Enthusiast
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GUIDO FAVARO (WOF)
creato un'ulteriore difficoltà per le cantine argentine - la cui produzione è vincolata alla valuta statunitense - su entrambe le sponde atlantiche, dove perdono competitività rispetto ai produttori europei». Non solo effetto Papa Francesco, dunque, sull'America Latina. Ma ora questa positiva influenza sta riverberando effetti anche sui vicini di casa, come l'Uruguay. Che cosa hai "scoperto" di buono nella nazione scelta dall'Economist nel 2014 come Paese dell'anno? «L'Uruguay è ancora un piccolo produttore di vino, fuori dai riflettori dei mass media, che inizia a farsi strada grazie al suo vitigno bandiera, il Tannat. Nonostante la vicinanza con l'Argentina, l'Uruguay ha un clima ed un paesaggio molto diversi, e naturalmente ciò si riflette anche sulle caratteristiche dei vini. Le principali regioni vitivinicole si trovano nel sud del paese: godono di notti fresche e di una notevole influenza del mare, il che conferisce ai vini un'invidiabile freschezza. Contrariamente ai vini di Madiran (sud-ovest della Francia, zona originaria di questo vitigno), i Tannat uruguaiani sono piacevoli da bere relativamente giovani ed hanno una notevole finezza». Puoi tratteggiare una
mappa della viticoltura argentina di oggi? «Mendoza continua ad essere la regione dove si producono oltre il 70% dei vini, ed è la terra alla quale si associa il miglior rosso del paese, cioè il Malbec. Non per questo è diventata una regione statica: oggi a Mendoza si continuano a scoprire nuove zone di produzione di altissima qualità, soprattutto all'interno della Valle de Uco. Le aree di produzione di Salta e del nord della Patagonia sono piccole, ma consolidate e ormai famose. La regione di San Juan è stata per anni zona di produzione di vini di bassa qualità, oggi invece il livello si è praticamente allineato con quello garantito dai vini di Mendoza. Oggi si stanno sviluppando diverse nuove regioni produttive, tra le quali spiccano le provincie di Cordoba, Entre Rios, Buenos Aires e La Pampa. E' vero che la viticoltura argentina continua ad essere legata alle performance (e alle mode internazionali) che in questi anni hanno premiato vitigni come il Malbec e il Torrontés, ma è altrettanto vero che sono stati fatti passi avanti molto importanti, con l'obiettivo di portare sullo stesso livello di riconoscimento vitigni come la Bonarda ed il Cabernet Franc».>>
Ta s t i n g BODEGA IACCARINI, RILANCIO DELLA TRADIZIONE DI MENDOZA ondata nel 1903 da Pasquale Iaccarini, immigrato napoletano, la Bodega che porta il suo nome - la prima mai avviata a San Rafael ha iniziato nel 2009 una nuova stagione della sua centenaria storia con un nuovo azionista, la famiglia di imprenditori Méndez Collado, che ha l’intenzione di portarla davvero in alto. Don Pascual, infatti, non avendo eredi lasciò la sua Bodega ad una cooperativa di coltivatori dopo aver finanziato la prima scuola enologica della provincia mendocina diventando così una sorta di leggenda locale. Di mano in mano, però, le fortune della Bodega Iaccarini non decollarono. I Méndez Collado hanno iniziato il turn-around apportando nuovo management soprattutto in vinificazione dove è arrivata inizialmente Gabriela Celeste (che in Argentina rappresenta la Eno.Rolland) che ha fissato i protocolli delle tre linee produttive attualmente in essere: Cavas Don Nicastro, Bodega Iaccarini e Via Blanca. La cantina adesso è affidata all’enologo Léo Borsi che si divide fra Mendoza e il “Vieux Télégraphe” di Chateauneuf-du-Pape. Bodega Iaccarini può contare su 50 ettari di proprietà nella piana desertica ai piedi delle Ande, fra i fiumi Diamante e Atuel: 25 gli ettari vitati, con piante che arrivano sino ai 25 anni di età, ad un’altitudine di 800 metri slm. Ai vitigni internazionali - che permettono anche la produzione di un Metodo classico con 24 mesi sui lieviti - si aggiungono il malbec e la bonarda che sta diventando un altro “tratto distintivo” della produzione argentina. Con Léo Borsi, Euposia ha degustato alcuni vini della Bodega.
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Bodega Iaccarini Chardonnay 2014 E’ uno dei vini più premiati della cantina, 100% chardonnay, ha sei mesi di affinamento in legno francese e americano. Il risultato è un vino perfetto per il gusto dei mercati del Nord, cercando poten-
za e grassezza a scapito della freschezza. I profumi però sono potenti, con belle note di frutta gialla matura, vaniglia e tostatura. Palato caldo, potente, fruttato. Tutto molto corretto, molto ben fatto. In deg. 94/100 Don Nicasio Malbec 2013 Dai vigneti più vecchi, con almeno un anno di affinamento in botti. La linea è il top di gamma e vuole ricordare il sogno del fondatore. Estrema qualità, estrema pulizia. Profumi al naso profondi: prugna, mora, tabacco, una nota silvestre. Nel bicchiere è cupo, con un’unghia brillante. Il palato è impressionante per forza, classe, eleganza dove tornano note di marmellata di ciliegie, di frutta rossa, con sensazioni di tostatura come cacao e caffè. Superiore, in tutto. In deg. 98/100 Euposia Aprile 2016
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INCHIESTA
< Il Lambrusco gode di un meritato successo, sia in Italia sia all'estero. Lo scorso anno ne sono state prodotte circa 200 milioni di bottiglie di cui 45 milioni di dop, il rimanente è igp. Lo spumeggiante rosso tiene il mercato perchè indubbiamente ha alcune valenze importanti, caratteristiche uniche e poi il rapporto prezzo qualità. Gli sforzi dei produttori che hanno portato il Lambrusco nelle enoteche e nella grande ristorazione è frutto di una grande modifica fatta sui vigneti, perchè è da essi che nasce il buon vino. Sono stati ristrutturati con nuovi sistemi di alleva-
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mento, nuovi cloni per cui oggi abbiamo un uva molto buona da cui si ottiene, grazie alle tecniche che sono migliorate, un ottimo vino. Produrre Lambrusco è come produrre spumante, occorre una tecnologia molto importante: macchine a tenuta di pressione, perchè è un vino frizzante, serbatoi stagni e tante altre tecnologie di alto livello. Oggi il Lambrusco è veramente un ottimo prodotto, lo dicono i consumatori, il mercato mondiale e i riconoscimenti. Ma una nuvola grigia che si sta aggirando sull'
LA BATTAGLIA DEL LAMBRUSCO Una Commissione Europea “distratta” sul vino è al centro delle manovre di produttori di pochi scrupoli, così politica e Consorzi italiani si alleano per contrastarli. E immaginano un lavoro comune che salvi un sistema che vale miliardi e migliaia di posti di lavoro di Enzo Russo
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INCHIESTA
ultra secolare distretto del Lambrusco, sembra prevedere tempesta, visto le notizie che arrivano da Bruxelles. La Commissione Agricoltura ha in progetto la liberalizzazione dell'uso dei nomi oggi riservati ad alcuni vini, a rischio sono ovviamente quelli che prendono il nome dal vitigno e non dal luogo di produzione. Le Tutele ci sono , ma sembra non siano sufficienti a difendere il Lambrusco. Una riunione fra produttori, Consorzi di tutela, parlamentari europei ed il Governo italiano si è svolta nei giorni scorsi in Emilia. Euposia era presente e queste sono le interviste realizzate. «Il convegno che si è svolto ad Arceto , con la partecipazione del Ministro Martina, Paolo De Castro della Commissione Agricoltura dell'Europarlamento e parlamentari dell'Emilia - ci dice Ermi Bagni, direttore del Consorzio Tutela del Lambrusco di Modena - è stato molto importante perché in quella sede le Istituzioni si sono impegnate a sostenere a Bruxelles i produttori in questa importante battaglia. Infatti i risultati non sono mancati. Sembra sia stata accettata la proposta di “ ritiro da parte del direttore generale Joost Korte dell'atto delegato sul vino ”. Se venisse confermato, sarebbe
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un importante decisione e un volano per dare il via a nuovi progetti per il comparto. Ma a questo punto dobbiamo agire tutti assieme: la provincia di Modena, di Reggio Emilia, di Parma e di Mantova che storicamente sono sempre state terre del Lambrusco, che si contraddistinguono con dieci denominazioni d'origine, dop e igp. Oggi abbiamo un presupposto tecnico giuridico e la spinta politica per rendere possibile un progetto che dia una distintività definitiva, con il riconoscimento della dop Lambrusco. Tutti sappiamo che Lambrusco è il nome del vitigno e del vino, sappiamo anche che la normativa europea dice che una denominazione tradizionale utilizzata per identificare una denominazione d'origine è parificata al nome geografico. Quindi se dal 1° Maggio del 1970, il prossimo saranno 46 anni di lavoro continuativo, le denominazioni doc, all'epoca si chiamavano Lambrusco Salamino di Santa Croce, Lambrusco di Sorbara e Lambrusco Grasparossa di Castelvetro, sono state riconosciute le denominazioni d'origine, quindi proprietà intellettuali dello Stato membro e hanno presente nella loro denominazione il nome Lambrusco, vuol dire che abbiamo sempre rispettato la norma legislativa dell'Unione Europea.
LAMBRUSCO
I produttori non devono far altro che preparare un documento storico e tecnico e richiedere al Ministero e all'Unione Europea il riconoscimento della dop Lambrusco. Abbiamo già un marchio internazionale depositato, sia a Ginevra sia in 8 Paesi extra UE, a questo punto il percorso è già iniziato. Ora bisogna raccogliere la volontà dei produttori per sapere se vogliono percorrere questa strada oppure altre. Un dato, oggi un ettaro di vigneto a Lambrusco dop ha un valore economico tra i 60.000 e i 70.000 euro, dipende dalla posizione. Se non fosse dop il valore si aggirerebbe attorno ai 20.000 euro per ettaro. Tra Modena, Reggio E., Parma e Mantova ci sono 16.000 ettari di terreno coltivati a Lambrusco dop. Più di un miliardo di euro, in valore. E' un enorme valore a cui poi bisogna aggiungere le migliaia di persone che ci lavorano, la valorizzazione del territorio, il turismo enogastronomico e tutto l'indotto. E' con questo patrimonio che bisogna ragionare e dare impulso a tutto il distretto». Per voi il Lambrusco vuol dire export, vendite e posti di lavoro e già questo vi deve impegnare maggiormente per difendere l'autoctono per eccellenza, tenendo presente
Nella foto al Prowein: sopra, Luciano Bulgarelli, presidente Consorzio Vini Mantovani; qui sotto, da sinistra il vice presidente di Emilia Wine Renzo Zalvini, Pasquale Pettinato della Casali Viticultori e Davide Frascari presidente del Consorzio di Tutele Vini Emilia. A fondo pagina, la sede di Emilia Wine con il presidente Frascari e la nuova DS5.
che c'è anche l'altro fattore, il "lambrusco taroccato", che crea enormi danni, sia economici sia d'immagine. Su questo versante come pensate di difendervi? «Già da alcuni anni stiamo lavorando con il Consorzio Tutela Vini Emilia. Abbiamo un incidenza di spesa per la Tutela e la Salvaguardia della denominazione che va dai 150.000 ai 200.000 euro l'anno. Ma ne servono di più, perchè quando si fanno delle azioni di Tutela legali in ambito extra comunitario, come in Russia, negli Stati Uniti, centro e Sud America si parte sempre da 10/15.000 dollari in su. E questo è soltanto l'inizio perchè l'iter non è semplice e nemmeno breve, quindi i costi sono onerosi e ricadono sui produttori. E' il motivo per cui si sta pensando a un progetto per il deposito del marchio Lambrusco in tanti Stati in modo da poter ottenere un finanziamento dal Ministero dell'Agricoltura come tra l'altro avviene già per alcuni prodotti come il Grana Padano, il Parmigiano Reggiano e l'Aceto Balsamico perché, anche il Lambrusco fa parte a pieno titolo del made in Italy, è il vino italiano più venduto nel mondo. Per esempio, stiamo iniziando tre cause, Messico, Stati Uniti e Russia, solo per iniziare 50.000 euro». Nei mesi scorsi è "apparsa" una bottiglia di Lambrusco prodotta in Australia, lei ne sa qualche cosa? «In Australia non potrebbero etichettarla con il nome Lambrusco, possono produrre l'uva, come stanno già facendo. C'è un accordo bilaterale che gli australiani potevano utilizzare il nome Lambrusco fino al 31 dicembre 2012. Loro hanno continuato a venderlo promuovendolo e veicolandolo attraverso internet, ed essendo un continente lontano le difficoltà per intervenire sono molte. E' già difficile risolvere il contenzioso con i Paesi Comunitari, figuriamoci con l'Australia, dove le lungaggini burocratiche si possono protrarre a Euposia Aprile 2016
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INCHIESTA
Anselmo Chiarli, no alla competizione al ribasso
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el panorama delle aziende vitivinicole modenesi, la Chiarli è certamente quella più storica, è stata una delle prime a produrre il vino lambrusco. La sua storia è iniziata nel 1860. Oggi siamo alla quinta generazione, d'allora molte cose sono cambiate, modo di coltivare la vite, la selezione severa delle uve, la vinificazione e poi i notevoli passi in avanti fatti per migliorare la qualità. Incontriamo Anselmo Chiarli nella sede storica di Modena, per parlare non propriamente del suo Lambrusco, ma delle notizie che arrivano da Bruxelles sull'idea di liberalizzare l'uso dei nomi riservati ad alcuni vini come quelli che prendono il nome del vitigno e non dal luogo di produzione. Sembra una grandinata a ciel sereno per i produttori del distretto del Lambrusco. Cosa fare per difendere il "mitico" e la sua identità che vuol dire anche cultura e storia. «Fortunatamente la proposta di liberalizzazione è stata sospesa, non si sa per quanto, ma per ora tiriamo un forte sospiro di contentezza. Se questo non fosse avvenuto, purtroppo alla Euposia Aprile 2016
Comunità Europea verrebbe data la possibilità ai Paesi produttori di vino di produrre il Lambrusco a costi inferiori che hanno questi Paesi, Spagna e Portogallo, con il rischio che arrivino sul mercato delle quantità di prodotto chiamato Lambrusco, sebbene in assenza della sia qualità e tipicità, a prezzi così bassi che andrebbero a deprimere il nostro lavoro che svolgiamo da secoli e sul quale abbiamo costruito la Denominazione. In Italia e all'estero,. Tutti sanno che il Lambrusco è un vino italiano e tutti sanno che viene fatto in una zona specifica che è l'Emilia. Questo è un dato inconfutabile». Perché il Lambrusco non si è sviluppato al di fuori del vostro distretto? «E' un vitigno antico, una varietà autoctona vera perché è nata e si è sviluppata e adattata qui alla condizioni ambientali del nostro territorio assumendo le caratteristiche uniche del vino Lambrusco prodotto in zona. Un vigneto di Lambrusco non coltivato in Emilia, può dare anche un buon vino ma non come il nostro che ha caratteristiche uniche conosciute in tutto il mondo. Questa sarebbe una competizione al ribasso della qualità che nelle quotazioni di mercato andrebbero a deprimere la nostra economia. Quindi un risultato grave e molto dannoso per tutto il comparto». E per quanto l'Azienda Chiarli? «Noi da sempre abbiamo all'interno del mondo del Lambrusco una situazione che vede la Denominazione di vitigni che hanno la doc e l'igt e da sempre abbiamo la problematica di far coesistere questi due livelli di qualità e d'immagine sul mercato. La nostra azienda ha sempre cercato di sviluppare le proprie vendite nelle fasce alte perché una volta conquistate, la differenziazione di qualità e il marchio, trovano una loro difesa naturale dal prodotto più scadente».
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LAMBRUSCO
lungo».
Nella foto il direttore del Consorzio del Lambrusco, Ermi Bagni con la fedele compagna di viaggio DS5, che ci ha accompagnati nel mondo del Lambrusco. La nuova DS5 della Citroen 180 CV diesel con cambio automatico a 6 rapporti e sequenziale è una gran bella macchina che fa sognare, specialmente per chi ama una guida dinamica con una forte personalità. Guardandola di profilo si ha subito la sensazione di un auto sicura, compatta che invoglia a farsi guidare. Basta vedere l'abitacolo, le finiture in pelle sono fatte con cura e raffinatezza. Sedendosi alla guida, sembra di trovarsi in una cabina di pilotaggio dell'aereo, il conducente si ritrova i principali comandi riuniti indue console centrali, una bassa e una nel sottotetto, con push, rotelle e toggle switch specifici, mentre il cockpit è suddiviso in tre porzioni. Completa la dotazione hi-tech, la piattaforma interattiva gestibile dal Touch Pad a colori da 7 pollici che accentra la stragrande maggioranza delle funzioni della vettura. Ma vediamo alcune dotazioni importanti. Appena si schiaccia il tasto Start, l'head up display si alza trasparente tra gli occhi e la strada, molto importante per chi guida, permette di controllare la velocità in un batter d'occhio. Poi c'è il sistema di sorveglianza dell'angolo morto che si aggiunge all'avviso di superamento involontario della linea di carreggiata, la commutazione automatica degli abbaglianti, i proiettori direzionali che insieme alla funzione Cornering Light dei fendinebbia ottimizzano l'illuminazione, la partenza assistita su pendenza, il controllo della traiettoria e la funzione antipattinamento intelligente, la telecamera di retromarcia e il sistema Color Head Up Display. Tanto per citare i principali. Il sistema Stop&Start permette di risparmiare carburante. I consumi a velocità moderata con percorso misto è di circa 18 km.l.
«Innanzitutto - sottolinea Davide Frascari, presidente di Emilia Wine - ri tengo che il Convegno sia stato un momento importante per tutta la filiera. L'idea di questo evento nasce assieme alla senatrice Pignedoli, vice presidente della Commissione Agricoltura al Senato, al Comune di Scandiano e altri. Un grande successo che ha visto la presenza dell'Assessore Regionale all'Agricoltura dell'Emilia Romagna, diversi sindaci del territorio. E poi la numerosa partecipazione di tutta la filiera del Lambrusco, oltre 500 persone, che su questo problema si è dimostrata unita e compatta. Le Istituzioni si sono impegnate e hanno risposto. Nell'arco di pochi giorni da Bruxelles è arrivata la notizia che probabilmente ci sarà la sospensione sulla proposta di liberalizzazione di alcuni vitigni, tra cui il Lambrusco. Davvero un grande risultato». Finalmente la politica si è mossa con tutto il suo peso e autorità. «Si è fatta sentire nella Commissione Agricoltura dell'Europarlamento con argomentazioni inattaccabili sotto tutti i punti di vista. Ma oltre agli esponenti nazionali, anche la politica locale con i territori si è mossa. Sono state prese delle delibere da tutti i Consigli comunali dell'area del distretto del Lambrusco, dimostrando che difendere il Lambrusco, non è difendere gli interessi di qualcuno, ma la difesa di un bene comune, un patrimonio della collettività. E' per questo che tutti si sono mossi ai vari livelli agendo in sintonia per difendere il vitigno Lambrusco che in questo territorio vuol dire lavoro per migliaia di persone che ogni giorno si adoperano per farlo sempre più buono e di qualità e che tutto il mondo ci invidia e ci imita. Comunque come Consorzi, abbiamo il dovere di fronte ai produttori e a tutta la filiera che rappresentiamo di portare avanti un progetto che dia una tranquillità definitiva». Pensate d'incontrarvi e concordare un programma comune? «Certamente, il progetto c'è, deve essere solo approvato dai vari consigli d'amministrazione dei Euposia Aprile 2016
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INCHIESTA
Consorzi. Si tratta di proporre il riconoscimento della denominazione d'origine “Lambrusco” che comprenda tutte le varie sotto zone, quindi Modena, Reggio Emilia, Sorbara, Santa Croce, Castelvetro, Colli di Scandiano e Canossa, Mantova, Parma., mantenendo l'identità dei singoli territori per esaltare le caratteristiche del Lambrusco, perché il Lambrusco non è il nome di un vitigno ma il cognome di una famiglia di vitigni, pertanto è giusto che i nomi, l'area e distretto siano esaltati con una certa tipologia di prodotto, perché questa è storia e nessuno la può cancellare. Però abbiamo la necessità di avere un minimo comune denominatore che è la denominazione d'origine che è il Lambrusco in quanto è in grado di dare distintività al territorio d'origine e nel contempo riunire tutte le sotto zone. E' un progetto ambizioso che noi intendiamo percorrere tutti assieme con determinazione». Il progetto avrà anche il fine di contrastare le imitazioni i taroccamenti? «Questo aiuterà molto l'attività di tutela della Denominazione d'origine, perché noi oggi riceviamo più di una segnalazione al giorno di imitazioni del Lambrusco, uno dei prodotti italiani più esportati e venduti nel mondo. Il 63% del Lambrusco viene esportato in 52 Paesi ed è per questo che è definito l'ambasciatore del vino italiano nel mondo, per la facilità di abbinamento con i cibi, per il rapporto prezzo qualità e per la fragranza delle bollicine che vanno sempre di moda. Certamente l'iter che abbiamo intrapreso ci darà molti strumenti per difendere la qualità e l'originalità del Lambrusco, un vino sempre al passo con i tempi che viviamo oggi, domani e sempre». Luciano Bulgarelli è il presidente del Consorzio Vini Mantovani: spiega: «Il Consorzio Vini Mantovani da sempre condivide dei buoni rapporti con i consorzi emiliani, condividendo la stessa tipologia di denominazione ( Lambrusco mantovano) è già in tempi non sospetti ci siamo adoperati per tutelare e vigilare la contraffazione del Lambrusco a livello mondiale facendo una azione di deposito del marchio Lambrusco proprio per una maggiore incisività d'azione. Quindi è un risultato naturale muoversi in sin-
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tonia con gli altri Consorzi del Lambrusco emiliano in una azione di contrasto in accordo con le varie istituzioni e a vari livelli sull'ipotesi della DG agricoltura della comunità europea sulla liberalizzazione dei nomi dei vitigni come il Lambrusco. Ma aldilà di questo, l'ipotesi della creazione di un distretto del Lambrusco del destra po dove si produce Lambrusco, dando una vera identità geografica e non solo. Può e potrà essere una ulteriore tutela di produzione di un vino che coinvolge parte dell'economia che si sviluppa in questa area padana. Questo però senza intaccare ogni singola identità, veri punti di forza del mondo del Lambrusco». La vendemmia 2015 come è andata? «Visto il grande caldo e siccità che è continuato fino alla metà di agosto, si è registrata una produzione in leggero calo rispetto la vendemmia precedente registrando nelle due aree produttive, oltrepo mantovano e colline moreniche manto-
LA BATTAGLIA
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LAMBRUSCO
Lambrusco spagnolo? No, vera “Guaranà” made in Gattinara...
vane, una diminuzione di circa il 10% su tutte le varietà coltivate. Il calo si è attenuato per un forte recupero delle piante da dopo la metà di agosto con temperature miti e le irrigazioni di soccorso messe in atto dai viticoltori, le forti escursioni termiche tra il giorno e la notte ha fa si di avere un fissaggio dei profumi e degli aromi molto accentuati nelle uve, lasciando intendere di una ottima produzione di vino. La produzione di Lambrusco mantovano si è attestata sugli 80.000 hl,mentre per le altre denominazioni Garda colli Mantovani sui 30.000 hl, a cui vanno aggiunte le varie Igp per altri 40.000 hl. Sicuramente numeri non altisonanti ma ricchi di grande qualità ed eccellenza che fanno della zona viticola mantovana la terza in Lombardia. E' una grande varietà di prodotti e di tipologie che collocano la provincia di Mantova hai primi posti proprio per tipologie di prodotti, dagli spumanti al frizzante Lambrusco ai vini fermi bianchi e rossi della collina, ai barricati senza dimenticarci delle sovra maturazioni e dei passiti». >
Hai voglia a combattere le contraffazioni internazionali quando anche in patria è un susseguirsi di furbi e furbastri... Questa volta i “furbetti del Lambrusco” hanno colpito con un incredibile mix con guaranà, una bevanda da cocktail o sangria - immaginiamo - senza alcun rispetto per una storia millenaria, per la tutela e la ricchezza del territorio e la salvaguardia di migliaia di posti di lavoro. Immaginiamo certamente anche un ricco dividendo (sic!) da un’operazione come questa documentata dagli Ispettori del Consorzio di tutela che ogni giorno inseguono molti casi come questo evidenziato dalla foto a destra. Il fatto che questa truffa al consumatore sia nata in Italia fa ancora più rabbia: che credibilità possiamo avere nei confronti dell’estero se siamo noi per primi a taroccare il made in Italy? Misteri che speriamo vengano sanzionati al più presto...
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Siamo tornati a Pantelleria, grazie a Passitaly, per scoprire un terroir diventato oggi patrimonio dell’Umanità, segnato dal sacrificio di generazioni di panteschi, che ha dato al mondo uno dei suoi vini più preziosi, il Passito di Alessandra Piubello
< La seconda edizione di Passitaly a Pantelleria fa il punto sulla valorizzazione delle risorse naturali dell'isola, disegnando poi il futuro con progetti innovativi. Asserzione inconfutabile, emersa dai numerosi incontri in quest'isola di terra: il passito, prodotto tipico di Pantelleria, va indissolubilmente legato al suo paesaggio unico e al peculiare sistema di allevamento ad alberello. Tre elementi indivisibili, che vanno tutelati e conservati. L'inserimento della vite ad alberello pantesco tra i
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beni immateriali diventati Patrimonio dell'Umanità è stato un importante riconoscimento «Ma dobbiamo lottare per mantenerlo nel tempo - afferma il sindaco Salvatore Gabriele - e per dargli ulteriore linfa. Occorre che tutti facciano la loro parte, il nostro futuro passa dalla capacità di esprimere una nuova consapevolezza del valore della nostra identità rurale, culturale e del paesaggio». Pantelleria può diventare un riferimento per gli studi sui paesaggi del mediterraneo, essendo prati-
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camente intatta. Bisognerebbe avviare uno studio antropologico sull'agricoltura di Pantelleria, prima che si perdano le ancora integre caratteristiche secolari. Un esempio, è l'itinerario della Strada della vite ad alberello. Un percorso di trentasette chilometri che consente un approfondimento sul territorio, che si snoda tra le varie contrade dell'isola, studiato per far comprendere la ricchezza, la varietà del paesaggio e la peculiarità del sistema vitivinicolo pantesco. L'obiettivo è quello di tesorizzare il riconoscimento Unesco intercettando una domanda qualificata del turismo d'interesse culturale ed enologico. Salvatore Murana, storico piccolo produttore dell'isola, evoca il mito: « Il passito è un vino di mitologia e di storia che lascia profumi e sapori unici nella memoria. Produrlo è qualcosa di ancestrale e Pantelleria è molto più di un'isola, è un'oasi in cui gli uomini hanno lavorato duramente, spietrando, per ricavare terra coltivabile. Oggi tutta quella fatica può incantare il mondo ». Per Giacomo Rallo di Donnafugata, da trent'anni impegnato a produrre sull'isola, il riconoscimento Unesco all'alberello di Pantelleria « E’ la santificazione dell'opera del contadino pantesco nel corso dei secoli. L'attenzione oggi quindi va posta sia alla cultura sia al mercato per comunicare la bontà delle caratteristiche organolettiche dell'alberello, frutto del binomio indissolubile tra natura e uomo. L'alberello rappresenta la biodivers ità avanzata tra passato e futuro».
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A LBERELLO E VIGNE Un popolo che crea un paesaggio, che a Pantelleria diventa opera d'arte. E nel mosaico delle colorate e silenziose tessere paesaggistiche la principale è l'alberello. L'unico sistema di allevamento dello Zibibbo pantesco è l'alberello, impalcato bassissimo, in conche del terreno (buche profonde che nei terreni più sciolti, derivanti da residui di pietra pomice, chiamati “ sochi sochi ”), per proteggere la pianta e il frutto dalla calura estiva e dai venti. Perché Pantelleria è percorsa dai venti, per circa trecentoquaranta giorni all'anno con una velocità media di venti chilometri all'ora (ma con raffiche anche a 150 km/h); i dominanti sono il maestrale e lo scirocco (però soffiano anche il libeccio e il grecale, non manca nulla). Ciò che colpisce è la perenne volubilità dei venti, la vocazione naturale a mutare direzione, anche solo per poche ore. Adagiati nelle conche, i tralci si abbracciano e i grappoli guadagnano prossimità all'humus vulcanico. Ne risulta peraltro custodito, anzi amplificato, il calore topico, che consente agli acini di fare ancor più arrossare la propria superficie esterna e di arricchire la concentrazione zuccherina della polpa. I muriccioli di pietra che sostengono le vigne terrazzate (se ne contano per 8.000 chilometri), mostrano il duro lavoro e l'amore dell'uomo nei confronti di un così dolce frutto della natura. Testimonianza del-
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l'audace e tenace intraprendenza dei vignaioli panteschi, che hanno conquistato la roccia palmo a palmo per creare un terreno destinato al vigneto. I vini a denominazione d'origine controllata di quest'isola sono merito di una agricoltura ancora eroica: basta considerare che, nelle suddette terrazze delimitate dai muretti in pietra lavica, le pratiche di coltivazione sono ancora tutte manuali. Le vigne sono sparse in tutta l'isola, le aree più note sono, da nord a sud: Bugeber, Bukkuram, Sibà, Mueggen, Monastero, Piana di Ghirlanda, Serraglio, Martingana. Le aziende vinicole sono una ventina (solo una in biologico, Salvatore Ferrandes). L'età del vigneto supera gli ottant'anni, con alcune vigne prefilosseriche. Le vecchie signore non sono soggette al mal dell'esca, ma quelle giovani purtroppo subiscono il suo attacco, che è in crescita (forse all'inizio è stato sottovalutato, non essendo mai comparso precedentemente sull'isola). T ERRENI E ZONAZIONE L'isola ha origine vulcanica, con un terreno sciolto, tendenzialmente sabbioso e con buona porosità. Di media profondità, consente un'espansione radicale in profondità e ciò favorisce una buona resistenza alla siccità estiva. Un progetto di zonazione, supportato dall'Università di Milano, ha suddiviso il territorio in quattro zone a differente precocità che mostrano il diverso comportamento dello
Passitaly 2015 è stato promosso dal Comune di Pantelleria, dal Ministero delle Politiche Agricole, sostenuto dal Libero Consorzio dei Comuni della Provincia di Trapani, del Gac delle Isole, dell'Assessorato Regionale all'Agricoltura e sponsorizzato dalle aziende Dietro L'Isola, Salvatore Murana, Coste Ghirlanda, Donnafugata, Marco De Bartoli Bukkuram e Azienda Agricola Emanuela Bonomo.
Zibibbo in relazione all'aerea di coltivazione. I parametri più influenzanti risultano essere l'altitudine, la capacità esplorativa delle radici in relazione alla tipologia e profondità del suolo, l'esposizione, la tessitura dei terreni e la loro capacità di accumulare acqua. Zone molto precoci e precoci Sono quelle che in primavera trattengono meno l'acqua in superficie e si riscaldano quindi più rapidamente. Sono in generale quelle esposte a sud, sud-ovest, che dispongono quindi di una maggiore radiazione per unità di superficie, situate sotto i 100 m. s.l.m. Le disamine hanno individuato delle zone molto precoci in differenti aree dell'isola. La prima aerea comprende le località San Marco e Kharuscia (zona nord-nord ovest), la seconda, la località Penna ad ovest dell'isola. Queste zone danno origine ad uve con concentrazioni zuccherine elevate (22-24° Babo) e acidità medio-basse. Le zone precoci invece, sono la maggior parte, e comprendono i siti di Khamma Fuori,
Bugeber, Kufurà, Ghirlanda, Bukkuram, Khadiuggia, Gadir. Le uve presentano caratteristiche zuccherine abbastanza alte (20° Babo) e riescono a mantenere una buona acidità anche nella vendemmia più tardiva. Le zone molto precoci e precoci forniscono vini più equilibrati e di elevata tipicità, con le maggiori note di agrumi, fruttato, frutta tropicale, frutta secca e vegetale fresco. Zona media Comprende le località, poste in differenti punti dell'isola, di Monastero, Kuddia Attalora, Barone. La loro ubicazione risulta comprendere una fascia che circonda interamente Montagna Grande, la cima più alta dell'isola, e si trovano ad un'altitudine media di 300 m.s.l.m. Le uve hanno gradazioni zuccherine di 19,5° Babo. Zona tardiva E’ caratterizzata da due località ben distinte, Sibà e Mueggen. Le zone più tardive sono quelle che hanno terreni con una maggiore capacità idrica, con esposizioni meno favorevoli o nelle zone di pianura, Euposia Aprile 2016
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spesso nelle valli e sopra i 250 m. s.l.m. La gradazione zuccherina è intorno ai 17° Babo. Queste differenze di precocità si traducono in una differenza di circa trenta-quaranta giorni tra le aree molto precoci e quelle tardive. Le zone a media precocità si caratterizzano per una più spiccata nota floreale, mentre le zone tardive esprimono note olfattive più modeste ma una più elevata persistenza aromatica. Incredibile come anche in un ambiente di dimensioni ridotte e apparentemente omogeneo dal punto di vista climatico, come Pantelleria, con clima caldo e con un vitigno molto aromatico come lo Zibibbo, le condizioni pedoclimatiche del mesoclima possono avere influenze determinanti sulle caratteristiche del vino prodotto. Può sembrare paradossale, per un'isola mediterranea, affermare
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che questi differenti comportamenti del vitigno nei vari ambienti siano influenzati soprattutto da una diversa precocità nelle fasi fenologiche alla base della quale vi sono uve con un potenziale aromatico molto diverso per intensità e caratteristiche. Contrariamente alla gran parte della viticoltura mondiale, a Pantelleria le vendemmie delle zone più precoci sono quelle che interessano le uve più mature e più ricche di terpeni. Lo sviluppo di una nuova viticoltura dell'isola non dovrebbe prescindere da una pianificazione degli impianti in funzione delle caratteristiche pedoclimatiche dei siti, per la loro capacità di modificare la precocità di maturazione delle uve. LO Z IBIBBO Lo Zibibbo sull'isola di Pantelleria secondo alcuni autori, risale alla dominazione araba
(835 d.c.), il nome discenderebbe da Capo Zebib in Africa. Altro più probabile etimo è la parola araba “ Zabib ” che significa “ uva essiccata ”. Altri autori affermano sia stato introdotto dai Fenici. Il vitigno in realtà è il Moscato di Alessandria, ma sull'isola viene conosciuto come Zibibbo. Lo Zibibbo, pur presente in loco da molto tempo, conobbe ampia diffusione alla fine del Settecento, grazie alla sua triplice attitudine come uva passa, da tavola e da vino. Nel tempo però ha subito una progressiva contrazione: per esempio nel 1975 gli ettari erano 5.200 con una produzione annua di duecentocinquantamila quintali, ad oggi siamo intorno ai 650 ettari, con una produzione di circa 25.000 quintali. D'altronde, la notizia che abbiamo avuto sul posto è che l'uva viene pagata 25 euro al quintale, (non tutti sborsano così poco per
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fortuna, ma di solito è così). E siamo di fronte ad un lavoro totalmente manuale, fatto in condizioni difficili, che richiede un monte ore di lavoro triplo rispetto agli altri vigneti. Lo Zibibbo è una varietà con un'elevata ed eterogenea popolazione di biotipi, quello più diffuso presenta un grappolo grande, molto spargolo e poco compatto; l'acino è grosso, di colore giallo-verde, spesso dorato, polpa croccante di sapore aromatico. Il sesto d'impianto utilizzato a Pantelleria è di 2x2 metri (2.500 piante/ettaro), dove possibile, altrimenti bisogna adattarsi agli spazi del terrazzamento con le distanze permesse dalla conformazione: una densità decisamente più bassa degli altri contesti viticoli. La produzione, variabile negli anni, oscilla dai 40-50 quintali per ettaro nelle zone costiere e più basse e fino ai 100 quintali (previsti dal disciplinare) per ettaro nelle zone interne. Lo Zibibbo è molto soggetto alla colatura (la perdita dei fiori), anche per la presenza continua del vento. A Pantelleria lo Zibibbo trova la sua vocazione nel passito. L’ APPASSIMENTO L'appassimento al sole prevede che le uve siano disposte negli stenditoi all'aperto, in condizioni di soleggiamento buone. I grappoli vengono girati più volte per consentire un appassimento omogeneo. Questo sistema è l'unico consentito per il passito naturale. Esistono poi gli appassimenti in tunnel, ovvero delle strutture metalliche fisse coperte con
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spessi teli di nylon che proteggono le uve in caso di temporali o condense di rugiada. Un sistema che consente di abbreviare la durata dell'appassimento utilizzando temperature più elevate (che però non sono favorevoli alla qualità del prodotto). A Pantelleria viene anche utilizzato l'appassimento in pianta. Nella produzione del passito c'è l'apporto importantissimo delle uve fresche, nel cui mosto l'uva passa viene messa a macerare e aggiunta progressivamente, almeno in tre o quattro volte, per evitare un blocco di fermentazione. Nel bicchiere il colore, oro liquido, sembra esprimere in nuce il carattere di questo nettare che non ama dimorare in legno, ma cerca presto la sua casa trasparente e cristallina: il vetro. Il passito, con tutti i suoi profumi complessi, inebrianti e seducenti, può infatti fare a meno dell'apporto del legno. Nella bottiglia si conserva per tantissimi anni, essendo il “ pantesco” assai longevo, e acquisisce così morbidezza, rotondità, un'opulente ricchezza da memoriale. Un vino di fatica, di passione. Capace di ritemprarci, con quella sua energia indomita che deriva da secoli di accudimento instancabile. Un nettare prezioso dagli effluvi di miele, spezie, iodio, albicocca, nocciola, caramello e che provoca un piacere intenso, complesso e persistente. L' ISOLA Pantelleria, forse di origine cartaginese, fu nota sotto i Romani
con il nome di Cossyra ( “ la piccola ”), probabilmente ribattezzata dagli Arabi Bent el Rion (“ figlia del vento ”), anche se su questa variante non ci sono fonti accertate. Quando si mette piede su quest'isola contadina, si resta colpiti emozionalmente a vita. Un paesaggio tormentato, a volte apocalittico, plasmato dal fuoco, dal vento e dalla saggezza contadina. Le notti possono essere inquietanti per l'oscurità che risalta il cielo d'Africa (siamo più vicini alla Tunisia che all'Italia) e per il silenzio assordante. Una terra vulcanica in cui convivono due tipologie magmatiche: una acida, più antica e rilevante, marchiata dal nero delle rioliti; l'altra basica, più arida e brulla, tinta dal fuoco che l'ha generata. Un microcosmo, un'isola-continente in continuo alternarsi di coste, di creste (Montagna Grande e del Gibéle), di rilievi (le kuddie) e fertili valli, fra macchia pantesca e vigneti. Un territorio che nel tempo si è ritirato dal mare (forse non essendo abbastanza pescoso, forse per le continue invasioni e saccheggi subiti nel tempo), ripiegandosi su se stesso e volgendogli sempre più le spalle, privilegiando l'agricoltura. Il clima di Pantelleria è di tipo arido, con meno di 60 giorni di piovosità effettiva. Ma è ricco di microclimi. Una terra circondata dall'acqua, eppure senza fiumi né sorgenti. Nonostante quest'atavica sete, Pantelleria sa sorprendere per la sua rigogliosa vegetazione: specchio di una terra ricca di diversità e contrasti.. >
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LA “ROSSA” CHE DETTA LEGGE Sergio Lovrinovich da tre anni guida il team di osservatori che, sguinzagliati per il Bel Paese, decidono fortune e sfortune di chef e ristoranti. «Siamo creativi, ma non dobbiamo cedere alla tentazione della visibilità a tutti i costi» spiega ad Euposia di Alessandra Piubello
< Dal primo giugno 2013 Sergio Lovrinovich è il capo redattore della Guida Michelin Italia. Nato a Milano nel 1976, Sergio Lovrinovich ha una formazione professionale nel campo della ristorazione, iniziata con gli studi presso l’Istituto Professionale Servizi per l'Enogastronomia e l'Ospitalità Alberghiera Carlo Porta di Milano e proseguita con il conseguimento del diploma di sommelier nel 1995. Prima di entrare in Michelin Italia, nel 2012, aveva maturato una quasi ventennale esperienza presso grandi strutture alberghiere e ristoranti stellati in Italia, Inghilterra e negli Stati Uniti, ricoprendo vari ruoli. Inizia la sua carriera presso il ristorante Gualtiero Marchesi a Erbusco (BS) e per nove anni assume
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tra Londra e New York vari ruoli di responsabilità sino a quello di Restaurant General Manager del “Giardinetto” di Mayfair, seguendone l’apertura e l’avviamento. Rientrato in Italia, è stato direttore ristorante in due strutture prestigiose a Milano e Capri e, successivamente, responsabile eventi per un grande hotel di lusso nel cuore di Milano. Lovrinovich dall’inizio del suo mandato ha sempre mantenuto l’anonimato, elemento per lui fondamentale. «La stella Michelin nasce dalla Guida e ha la sua stessa vocazione. La storia inizia nel 1900, da un’idea dei fratelli Édouard e André Michelin per aiutare le poche migliaia di automobilisti francesi
alle prese con un viaggio che era spesso aleatorio o addirittura avventuroso. La Guida Michelin, da allora, è la guida per e di chi viaggia. Come ogni prodotto, servizio e tecnologia Michelin, è al servizio della mobilità. Per Michelin la stella è nel piatto, ma non si ferma lì. Da sempre, le stelle orientano il viaggiatore. Un ristorante su cui brillano tre stelle “vale il viaggio”, due stelle “merita una deviazione”, una stella è “un’ottima cucina”. Funziona come una macchina fotografica. Il conferimento della stella, per quanto ambito, è
l’istantanea di quell’anno. Brilla grazie alla qualità della cucina, ma, proprio come le stelle, non è di proprietà. La macchina fotografica non cambia il panorama una volta scattata la foto, la stella non cambia la cucina». Come vede la ristorazione italiana oggi? La ristorazione del nostro paese è ricca di stimoli. Lo ha dimostrato Expo, che ha portato alla ribalta mondiale la creatività e la straordinaria ricchezza della nostra cucina, in tutte le sue varianti regionali. Come sappiamo, i nostri stel-
lati stanno aprendo molti locali all’estero, significativo di quanto il Made in Italy, in tutte le sue varianti culturali e tradizionali, sia sempre più diffuso in tutto il mondo. Abbiamo dalla nostra una straordinaria qualità e varietà di materie prime grazie a un territorio fertile e generoso e una infinita ricchezza di tradizioni e ricette tramandate e vive nella nostra cucina regionale. Tra le debolezze, intravedo più che altro un rischio, quello di cedere alla tentazione della visibilità a tutti i costi. Inseguire idee per stu-
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INTERVISTA LE “NUOVE” STELLE Dolce Vita a Naturno in provincia di Bolzano, Alpen Royal a Selva di Valgardena in provincia di Bolzano, L'argine a Vencò a Dolegna del Collio in provincia di Gorizia, I due buoi ad Alessandria, Acquerello a Fagnano Olona in provincia di Varese, Armani a Milano, Seta by Antonio Guida a Milano, Tukuyoshi a Milano, Aqua Crua a Barbarano Vicentino, Aga a San Vito del Cadore, Oro a Venezia, Dopolavoro a Venezia, La Tana ad Asiago, Meo Modo a Chiusdino in provincia di Siena, Borgo San Jacopo a Firenze, Vespasia a Norcia, Enoteca al Parlamento a Roma, Osteria Arbustico a Valva in provincia di Salerno, Re Mauri a Salerno, Don Geppi a Sant'Agnello in provincia di Napoli, Bacco a Barletta in provincia di Bari, Cielo di Ostuni, Signum di Salina in provincia di Messina, Shalai di Linguaglossa in provincia di Catania.
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pire non basta a proporre un piatto di qualità. Le regioni più forti sono Lombardia, Campania, Veneto e Piemonte. La situazione fotografata dalla nostra guida è però molto dinamica anche all’interno delle regioni. Tra le provincie, Napoli è al primo posto, con venti ristoranti stellati, Roma al secondo, con diciannove ristoranti stellati, a pari merito con Bolzano, e poi c’è Milano, con quindici ristoranti stellati. Possiamo comunque dire che il denominatore comune di ogni area geografica è l’attenzione assoluta alla qualità della materia prima. Al nord e al centro la situazione economica migliore aiuta le tante buone realtà. Si può ottenere e mantenere la stella anche proponendo una cucina genuina a prezzi contenuti. Dietro il mondo attraente degli chef, da tempo sulla ribalta televisiva e quindi di grande visibilità, c’è molto lavoro e molta passione, perché i sacrifici che questa professione richiede sono tanti. Sono sempre più numerosi i giovani, l’età media degli chef si è notevolmente abbassata. Tra i trentenni non sono pochi quelli che possono già contare su un’esperienza decennale in contesti internazionali. La gavetta esiste, come in tutti i lavori, e porta molti di loro a riversare quotidianamente creatività, passione, impegno e tenacia in una cucina di alta qualità, che non esisterebbe se non venissero coltivati questi valori. L’attuale visibilità degli chef contribuisce a spingere i giovani che scelgono la scuola alberghiera ad ambire ad un posto in cucina. Nel futuro, ci si potrebbe trovare nella situazione di avere molti cuochi disoccupati e pochi camerieri. È importante che si comunichi ai ragazzi quanto possa essere appagante e nobile il lavoro in sala. Parlo per esperienza personale. Quali suggerimenti dare agli stellati in questo momento di crisi? Più che suggerimenti, constato che già molti si muovono per capire le esigenze del cliente e venirgli incontro, con menu light o piatti unici a mezzogiorno, vino al bicchiere e materie prime di qualità, ma meno care. È una tendenza sempre più diffusa, che tutti apprezziamo. La stella Michelin non decreta il successo del ristorante, ma ne riconosce la qualità. È compito del ristoratore proporre, con costanza nel tempo, una cucina di qualità e un servizio attento. Questo può essere una barriera anticrisi.
PARLA S ERGIO L OVRINOVICH LE “ALTRE” STELLE
Lei ha deciso di mantenere l’anonimato, ci spiega perché? L’anonimato consente di vivere la “prova tavola” come un normale cliente. Inoltre, operare nell’anonimato è una scelta che aiuta anche gli chef e il personale di sala a lavorare più serenamente. Le mie passate esperienze maturate in importanti alberghi e ristoranti internazionali mi hanno spinto in questa direzione. Ricordo ancora l’effetto che aveva sullo staff sapere di essere sotto ispezione. Vorrei evitarlo. Quali sono i segreti per prendere la stella Michelin? Nessun segreto. Le stelle vengono assegnate in base a cinque criteri: qualità degli ingredienti, gusto e abilità nella preparazione dei piatti e nella combinazione dei sapori, cucina rivelatrice della personalità dello chef, rapporto qualità/prezzo e costanza nel tempo. Le stelle vengono comunque attribuite sulla base di una decisione collegiale degli ispettori. Vorrei inoltre precisare che l’attribuzione della stella non cambia la cucina, ne riconosce la qualità. Quali sono le doti per essere un bravo ispettore Michelin? La passione, che comprende tutto: competenze specifiche, conoscenza delle materie prime e del territorio, lavoro di squadra e visione internazionale. Il team degli ispettori comprende sia donne sia
uomini. Essere uomo o donna non costituisce né un valore aggiunto, né può essere una discriminante. Solo i criteri e la collegialità sono la base del nostro lavoro, non il genere. C’è turn over fra gli ispettori o restano in organico per anni? I valori dell’azienda e l’ambiente di lavoro creano un forte senso di appartenenza tra i dipendenti, che difficilmente la lasciano. Il turn over degli ispettori riguarda essenzialmente le zone di assegnazione, che cambiano ogni anno. Si è mai pentito di avere assegnato una stella Michelin? No, anche perché il giudizio è formulato dopo aver testato più volte la cucina, e il conferimento della stella è frutto di una decisione condivisa. >
Le stelle sono trecentotrettaquattro distribuite lungo tutto lo Stivale, facendo dell’Italia il secondo Paese più stellato del mondo (dopo la Francia, ça va sans dire). Non ci sono nuovi tristellati, che sono i soliti otto, Piazza Duomo ad Alba, Da Vittorio a Brusaporto, Dal Pescatore a Canneto Sull’Oglio, Reale a Castel di Sangro, Enoteca Pinchiorri a Firenze, Osteria Francescana a Modena, La Pergola a Roma e Le Calandre a Rubano. Mentre sono ventiquattro le nuove stelle (tra queste dieci sono assegnate a chef sotto i trentacinque anni). Sono soltanto due i nuovi ristoranti due stelle, il Gourmet Stube Einhorn di Mules Bolzano e il Casa Perbellini di Verona. Napoli conquista il podio di provincia italiana più stellata con venti ristoranti. La Campania, con tre new entry per un totale di trentasette ristoranti stellati, si posiziona sul secondo gradino del podio tra le regioni, seconda solo alla Lombardia che conferma il suo primato con cinquantotto ristoranti. Al terzo posto fra le regioni il Piemonte e il Veneto a pari merito, con trentasei ristoranti stellati.
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LA QUALITÀ DELLA FILIERA ITALIANA Latteria di Soligo conferma la vocazione alle produzioni dall’altissimo valore qualitativo, basate su un latte prodotto secondo la migliore tradizione. Formaggi abbinabili perfettamente col meglio dell’enologia, il Quintopasso Brut ad esempio di Enzo Russo
< E' un vero gioiello di tecnologie “arredato” con macchinari all'avanguardia. Ogni giorno i 350 soci dislocati nelle diverse provincie del Veneto e del Friuli Venezia Giulia, gli conferiscono 2.000 quintali di latte di alta qualità che viene lavorato dai professionisti dell'arte casearia con amore e passione. Stiamo parlando della Latteria di Soligo, una delle più antiche e importanti aziende lattiero-casearia veneta, situata nella provincia di Treviso sulle pendici del colle di Soligo a pochi chilometri da Conegliano. Fondata nel 1883 da alcuni allevatori, la Latteria è da sempre un importante punto di riferimento
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per la produzione dei formaggi e di altri derivati dal latte, che sono l'espressione più autentica dell'arte casearia veneta. «Noi facciamo tutti i giorni formaggi buonissimi dice il Presidente della Latteria di Soligo Lorenzo Brugnera - perchè da sempre prestiamo attenzione a tutta la filiera produttiva, dall'alimentazione delle bovine fino alla trasformazione in caseificio. Siamo impegnati affinchè la filiera cresca, sia in valore sia in efficienza, mirando ad un aumento considerevole della produzione di latte di Alta Qualità grazie anche al supporto tecnico scientifico che ci viene fornito dall' Università di Padova».
Alla completa gamma di latte (compresi il Latte Alta Digeribilità, il Biologico e il Latte a marchio QV, un latte di qualità superiore ricco di preziosi Omega 3) si unisce una ricca gamma di formaggi: dai freschi, tra cui spiccano la Casatella Trevigiana DOP, incoronata miglior formaggio fresco d'Italia per il biennio 20142016 nel corso dell'ultimo Alma Caseus al Cibus di Parma; la Mozzarella STG ad una ricca scelta di formaggi stagionati e affinati. «In questi anni - continua il presidente - la Latteria è riuscita ad esprimere, attraverso ricerche e sperimenta-
zioni, formaggi di alta qualità che oggi fanno parte del nostro patrimonio lattiero-caseario. Sono venduti nelle più importanti “piazze” italiane ed estere e sono gustati dai palati più raffinati, nei ristoranti e nelle principali boutique dei formaggi. Nella nostra azienda vengono fatti 30 tipicità di formaggi, come l'Asiago dop, il Montasio dop, il Soligo selezione Oro , il Formajo inbriago, lo Stracchino e tanti altri prodotti, come il latte fresco, lo yogurt, la
panna e altre specialità che quotidianamente vengono consumate nel nostro territorio e fuori. I nostri tecnici, oltre a controllare la qualità dei formaggi, sono sempre alla ricerca di “nuovi formaggi” per allargare la sfera dei consumi. E' questa la politica della Latteria di Soligo, perché noi pensiamo che i mercati, sia nazionali sia esteri, vanno conquistati anche con “prodotti” innovativi che vanno incontro ai gusti del nuovo consumatore».
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LE PREALPI
INCONTRANO IL
SORBARA
RINGRAZIAMENTI Latteria di Soligo sas Via I° settembre 32 31020 Soligo (Tv) Telefono 0438.985111 Fax 0438.980322 info@latteriasoligo.it www.latteriasoligo.it
Si ringrazia per la degustazione dei vini Azienda Agricola Sozzigalli Via Canali 267 Soliera (Mo) Ufficio commerciale: Via Manin 15 Modena Telefono 059.3163311 info@quintopasso.com www.quintopasso.it
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Vediamone alcuni di questi “celebri” formaggi che da regionali sono diventati nazionali/internazionali soddisfacendo molti palati raffinati, buon gustai che amano avere il cacio a tavola. Sono formaggi che donano al palato sapori unici. Barricato al Pepe (medaglia d'oro al Caseus Veneti 2013 e 2014). La lunga vicinanza al pepe (almeno dodici mesi), insieme alla particolare temperatura e umidità che si creano nel buio della barrique di stagionatura, donano a questo formaggio la sua bella crosta color grigio antracite e un carattere unico. In un tagliere di formaggi può essere un'eccellente chiusura, magari abbinato ad una mostarda, ma può essere utilizzato anche per donare sapore e carattere unico ad un piatto. La Mozzarella Soligo. Si caratterizza per qualità tecnica e bontà organolettica, il segreto consiste nella scelta della materia prima (latte fresco) e nella metodica: tecnologia basata sulla tradizionale coagulazione presamica (con caglio naturale) e non con acido citrico; motivo per cui si è ottenuto
nell'anno 2009 il riconoscimento del marchio europeo di qualità STG (specialità tradizionale garantita). In virtù della coagulazione presamica del latte fresco la Mozzarella Soligo consente al maestro pizzaiolo di ottenere risultati eccellenti alla cottura. Attenta alle esigenze dei clienti, all'inizio degli anni Novanta la Latteria Soligo introduce la Mozzarella tagliata a cubetti con molteplici vantaggi: la resa qualitativa (assenza di siero sia in fase di stoccaggio che in fase di cottura), la praticità d'uso dimostrata dall'ottimizzazione dei tempi (non è necessario “preparare” il prodotto cubettato) e il dosaggio (inferiore di circa il 10% rispetto al prodotto tagliato al momento). Oggi il tipo cubettato è affiancato dal tipo Julienne. La mozzarella Soligo è ottenuta nel caseificio di Soligo. S OLIGO S ELEZIONE O RO E' un formaggio a pasta cotta dove il latte viene riscaldato oltre i 42° e rappresenta la tipica produzione di formaggi della latteria trevigiana. Si conserva nel tempo ed è di media e lunga stagionatura. Le forme pesano Kg. 5,500. Il formaggio fresco si può assaporare dopo 60 giorni, poi c'è quello mezzano che va dai 6 agli 8 mesi il cui
sapore è più sapido, i profumi sono più intensi e la pasta è più consistente ed infine, la "Selezione oro", che va dai 12 fino ad arrivare ai 24 mesi, ha caratteristiche quasi da grattugia e una forte personalità nei sapori, non diventa piccante è profumato e si può gustare a fine pasto accompagnato da fresche insalate, oppure da un miele al castagno, dall'Aceto Balsamico di Modena o da una marmellata di pesche. VINO E FORMAGGIO Il formaggio è come la calamita, attrae a sé il vino e difficilmente lo lascia, anzi lo coinvolge perdutamente fino alla fine. Una "fine" trionfale, perché tutti e due donano al palato sapori unici. L'importante è che siano fatti uno per l'altro, che abbiano caratteristiche e contrapposizioni che li uniscano. A volte, sono proprio il palato del degustatore e l'esperienza che rivoluzionano gli abbinamenti tradizionali, creandone di nuovi più stimolanti e provocanti. In questo caso, per gustare nel modo miglio-
re le "tre eccellenze" bisogna scegliere con molta attenzione il vino da abbinare. In questo caso vi consigliamo Quintopasso Rosè Brut Metodo Classico, un vino che nasce da uve Sorbara in purezza che si è classificato campione del mondo tra i vini autoctoni rosè nella recente manifestazione del Challenge Euposia. Vendemmia 2011, 24 mesi sui lieviti con due sboccature, gennaio e luglio 2014. La bottiglia, elegante e trasparente evidenzia il rosa tenue del prodotto, etichetta storica rivisitata - l'originale fa parte dell'archivio della famiglia - con lettering autentico dell'epoca. Questo Rosè Brut Quintopasso è il primo di una gamma di Spumanti Metodo Classico che nei prossimi anni contribuirà ulteriormente alla valorizzazione degli altri vitigni del territorio modenese. Quintopasso è un vero e proprio omaggio al Sorbara. E' un progetto della famiglia Chiarli che nasce in una delle loro aziende, Tenuta Sozzigalli di Soliera (Mo), 25 ettari, la zona più vocata alla produzione del Sorbara, infatti da queste terre è partita la lunga attività di studio e selezione dei fratelli Chiarli che ha portato alla messa in produzione di antichi cloni unici, capaci di produrre uve di altissima qualità che danno vini molto gentili di colore tendente al rosato, sapidi e dotati di un delicato e persistente couquet floreale. E' qui nella Cantina di produzione di Castelvetro che nel 2014 Quintopasso prende “forma e vita”. Nella vecchia scuderia ristrutturata e arredata con macchinari di ultima generazione è stato ambientato l'innotavativo processo di fermentazione per la presa di spuma che, con l'utilizzo esclusivo della parte dolce naturale contenuta negli acini dell'uva, consente di evitare ogni aggiunta di zuccheri di altra provenienza. Il concetto di filiera corta produttiva è diventata realtà. Il nome è dedicato alla quinta generazione rappresentato dai cinque cugini: Carlo, Giorgio, Stefano, Giovanni e Tommaso. Ma anche ai cinque principali artefici del progetto che hanno Euposia Aprile 2016
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realizzato "l'eccellenza": Anselmo e Mauro Chiarli, il direttore commerciale e marketing Roberto Saletta, l'enologo Franco De Biaso con il consulente Gianni Gasperi.
QUINTOPASSO ROSÉ BRUT Denominazione: Modena Rosé Spumante D.O.C. Vitigno: Sorbara in purezza da cloni selezionati dalla azienda stessa. Caratteristiche organolettiche: Si presenta con un colore rosa tenue Al naso si sentono, nitidi e ben definiti, agrumi, frutti rossi, e note leggermente speziate Sapore: gusto dominato dall'acidità ricca di note minerali, scintillante e affilata, ma equilibrata dalla morbidezza del frutto e dalla ricchezza aromatica come solo il particolare terroir della sponda sinistra del Secchia sa dare. Il finale, dagli aromi quasi speziati, si distende senza mai perdere tensione. Vinificazione: la pressatura soffice avviene immediatamente dopo la raccolta dei grappoli, eseguita a mano in cassette, andando ad estrarre solo la polpa dell' acino, dove risiedono l'acidità e la salinità che si ritrovano poi nel mosto fiore. Fermentazione in bottiglia “sur lattes” a temperatura costante per oltre 20 mesi prima della sboccatura finale. >
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News VALLE DEL SAVUTO, TESORO TUTTO DA CONOSCERE a Calabria è una Regione tutta da scoprire e da visitare, si va dal mare alla montagna, dove non c'è che l'imbarazzo della scelta per trascorrere una vacanza diversa. E' tutta da scoprire, come la Valle del Savuto in provincia di Cosenza e facilmente raggiungibile lungo l'autostrada SalernoReggio Calabria oppure in aereo. Dall'aeroporto di Lamezia Terme sono circa mezzora di autostrada per “innamorarsi” della Valle del Savuto, un territorio incontaminato ricco di vegetazione e bellezze naturali che offrono all'occhio un panorama unico nel suo genere. Sono venti i Comuni della Valle e ognuno di essi offre al turista delle piccole perle sotto il profilo artistico, archeologico, naturalistico, urbanistico, religioso e paesaggistico. Tra le tante meraviglie da vedere, eccone alcune: il Monastero di San Francesco di Paola a Paterno, la chiesa di Santa Liberata a S. Stefano di Rogliano, il Museo di Arte Sacra di Rogliano (principale paese della Valle, il cui centro storico è ricco di palazzi signorili, chiese, musei), il ponte di Annibale a Scigliano, testimone di storici eventi nel corso dei secoli. Da non mancare la visita del lago Arvo in Sila, nella parte che ricade nel comune di Aprigliano, e fare una sosta nell'agriturismo I due Fuochi, dove si possono
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degustare ottimi salumi e formaggi accompagnati da un buon bicchiere di vino. “Nella Valle del Savuto ogni amico è benvenuto!” E il primo benvenuto arriva con i sapori e profumi antichi della tradizione con i salumi di maiale, come il capicollo, la salsiccia, la soppressa , la pancetta e il saporito prosciutto crudo assieme alle conserve di verdure sottolio, come i funghi o le olive oppure gli ortaggi che sono anche i protagonisti nella preparazione della pasta fatta in casa. Altre prelibatezze da non perdere sono le confetture di sughi, creme, salse e marmellate proposte dall'azienda Scalco che vengono fatte senza conservanti. Infine gli ottimi vini delle aziende Antiche Vigne e Colacino (Savuto doc, Calabria igt). Tutte queste eccellenze è possibile apprezzarle in una serata tranquilla in compagnia, al ristorante Carlo Magno di Paterno, non la dimenticherete. Insomma per i buon gustai, gli amanti del turismo e dell'arte, non c'è che l'imbarazzo della scelta per “gustare” un pezzo di Calabria «La valle in cui scorre il fiume Savuto, spiega Lucia Nicoletti, Presidente del Gruppo Azione Locale (GAL) Savuto, è una delle zone più belle della Calabria interna e si presta magnificamente per escursioni e per soggiorni di vacanza». (E.R.) Euposia Aprile 2016
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< L'evoluzione dei consumi alimentari che si è verificata nel corso di questi anni si sarebbe dovuta uniformare al mutamento degli stili di vita. E tenuto conto dell'opera d'informazione e di educazione alimentare condotta soprattutto dai mass media, i consumi avrebbero dovuto rispondere in modo abbastanza preciso ai bisogni nutritivi. Il che, in linea di massima, è avvenuto. Infatti, se dal punto di vista calorico i consumi
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alimentari si sono adeguati ai bisogni nutritivi, dall'altro, questa "modernitĂ " ha fatto insorgere squilibri dovuti ad un'alimentazione scorretta, per due motivi: l'errato rapporto tra nutrienti e l'assunzione di alimenti a calorie vuote. Secondo ricerche fatte da eminenti nutrizionisti, i procedimenti di lavorazione, di conservazione e di stoccaggio che sono alla base dell'industria alimentare, privano in parte gli alimenti delle vita-
Il formaggio più famoso e più imitato al mondo nasconde grandi virtù e proprietà utili per una corretta alimentazione. Soprattutto, per aiutarci ad affrontare le sfide della vita quotidiana di Enzo Russo
DAL VERO GRANA PADANO UN PIENO DI VERA ENERGIA
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mine e anche dei minerali. I pregi dell'alimentazione moderna, che garantiscono l'igiene e la qualità e i progressi dell'industria alimentare che ha sconfitto la scarsità di cibo assicurando a tutti il fabbisogno calorico quotidiano, sono purtroppo pagati, alcune volte, con perdita della genuinità e della freschezza dei cibi, condizione essenziale per l'apporto delle vitamine e dei minerali. C'è poi da aggiungere che l'abuso d'alcool e di tabacco, le diete dimagranti, l'assunzione prolungata di certi farmaci come i diuretici, i lassativi, la pillola e l'inquinamento atmosferico sono anche loro in grado di provocare deficit vitaminici che non vengono certamente compensati attraverso l'assunzione di alimenti a calorie vuote. Da tutto questo derivano le nuove patologie che sono all'origine di quegli stati di malessere, di stanchezza psicofisica, di stress che caratterizzano la vita moderna. Ecco perché, senza demonizzare nessun alimento, oggi più che mai è molto importante scegliere cibi che abbiano caratteristiche nutritive benefiche, perché una sana ed equilibrata alimentazione, ci aiuta a mantenere in forma il nostro fisico e a prevenire alcuni malesseri e malattie, come l'osteoporosi e l'aterosclerosi. Uno degli alimenti che oggi è in grado di soddisfare tutte queste nostre necessità e che può fornire al nostro corpo
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l'apporto necessario di “ carburante ” che quotidianamente il nostro fisico richiede, è il Grana Padano, un formaggio nato circa dieci secoli fa e che sembra fatto apposta per i nostri tempi dove è cambiato il modo di alimentarsi. I monaci cistercensi quando iniziarono a produrlo nella zona di Lodi, non immaginavano neanche lontanamente che " quel formaggio di grana " sarebbe diventato il Grana Padano DOP, uno degli alimenti indispensabili della nostra tavola e che potesse contribuire ad una sana ed equilibrata alimentazione, avendo un elevato contenuto proteico, una consistente concentrazione energetica, ricchezza di vitamine e minerali come il ferro, fosforo e soprattutto calcio. E non immaginavano che sarebbe diventato il formaggio più imitato al mondo. Lo chiamano gradano, grana pardano, grana americano con la bandiera italiana, danis grana, ecc. Sono questi alcuni nomi che vengono usati all'estero per vendere un falso Grana Padano. Sono contraffazioni che oltre a creare un enorme danno alla nostra economia e immagine del made in Italy, diffondono sui mercati degli pseudo formaggi che nulla hanno a che fare con la qualità e la tradizione del nostro millenario Grana Padano Dop che continua ad essere prodotto nella secolare tradizione.
Infatti, il Consorzio per la Tutela del Grana Padano per garantire la genuinità, la qualità e le insostituibili proprietà nutrizionali di questo “prezioso alimento”, patrimonio dell'Italia e ambasciatore del made in Italy in tutto il mondo, ha stabilito delle regole ferree che vengono scrupolosamente osservate ogni giorno in tutta la filiera produttiva dalle migliaia di persone che vi lavorano. E' questa la grande forza vincente di tutta la filiera produttiva, perché alla fine vince sempre la qualità. C OME VIENE PRODOTTO Le fasi di produzione del Grana Padano seguono oggi lo stesso rito iniziato nei secoli scorsi e poi dell'arte del casaro - perché non basta la tecnica, ci vuole la sensibilità - occorre saper individuare tante piccole sfumature che nessuna scuola al mondo non potrà mai insegnare. Si tramandano il mestiere di padre in figlio e sanno conservare, valorizzare tutta la fragranza, i sapori e i profumi genuini continuando a farlo allo stesso modo, " all'antica", ossia, con due mungiture: il latte della sera viene fatto riposare tutta la notte in apposite vasche per permettere il naturale affioramento della panna e la scrematura, prima di esser unito alla mungitura del mattino. Questa parziale scrematura permette al Grana Padano di avere un contenuto di grassi
GRANA PADANO, ENERGIA VERA
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Per le degustazioni si ringraziano: Consorzio per la Tutela Del Formaggio Grana Padano Via XXIV Giugno 8 San Martino della Battaglia 25015 Desenzano del Garda (Bs) Telefono 030.9109811 Fax 030.9910487 info@granapadano.it www.granapadano.it Azienda Agricola Le Marchesine Via Vallosa 31 25050 Passirano (Bs) Telefono 030.657005 info@lemarchesine.com www.lemarchesine.com Nelle foto: Loris Biatta e il figlio Andrea (al centro) mentre viene premiato al Prowein dal direttore di Euposia, Beppe Giuliano (a sinistra). Il premio speciale della giuria dell'8° edizione di
Challange è stato dato all'Azienda Le Marchesine per il Franciacorta docg Secolo Novo dosage zero Riserva 2008 per la costante alta qualità mantenuta nel tempo.
molto contenuti. Poi Viene messo in grandi recipienti di rame, dove il fuoco porta il latte a una temperatura di 31° - 33° ed infine viene aggiunto il caglio di vitello per la coagulazione. Ottenuta cosi la massa caseosa lasciata riposare fino ad un massimo di 70 minuti, questa viene estratta dalla caldaia con un telo (schiavino), la sollevano all'interno della caldaia e la tagliano in due parti uguali, le "forme gemelle" che vengono quindi introdotte in apposite fascere (prima di materiale plastico e poi in acciaio) dove assumono l'aspetto caratteristico del Grana Padano. Le forme vengono poi immerse in particolari vasche nelle quali inizia la salatura per un periodo che varia dai 14 ai 30 giorni. Dopo l'asciugatura inizia la stagionatura da un minimo di 9 a oltre 20 mesi. dove la temperatura e il grado d'umidità sono rigorosamente controllati.
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GRANA PADANO,
Ogni singola forma viene scrupolosamente controllata nelle sue diverse fasi di stagionatura, rigirata più volte e pulita (prima veniva fatto manualmente, oggi ci sono delle macchine che svolgono il faticoso lavoro), da esperti del caseificio e tecnici del Consorzio. L'esame finale, inappellabile, è affidato ad un élite di tecnici gelosi della propria professionalità e gli strumenti usati sono semplicissimi: il martello e un semplice ago a vite. Sono poi l'udito, il tatto e l'odorato, affinati da anni ed anni di esperienza a dover dire l'ultima parola. Ogni forma viene percossa su tutta la superficie dal tecnico "battitore". Il martellio cadenzato serve ad individuare la presenza di qualche cavità interna, segno di non perfetta stagionatura, e a far scartare la forma. Segue il controllo per mezzo di un ago di acciaio. Dalla resistenza alla penetrazione e soprattutto dalle particelle di formaggio che vi rimangono aderenti all'estrazione,
l'esperto trae informazioni sull'aroma, il sapore e la fragranza del formaggio. Solo se le prove danno un risultato positivo si passa alla marchiatura a fuoco, sotto l'occhio dei funzionari del Consorzio di tutela e su disposizione dell'ente certificatore (CSQA) che ne certifica il raggiungimento dello standard qualitativo richiesto dal disciplinare di produzione. U N FELICE ABBINAMENTO Vino e formaggio sono un ottimo abbinamento perché riescono a esaltarsi l'un l'altro e poi hanno anche una storia in comune. Li unisce l'appartenenza ad un territorio ben specifico che determina le loro caratteristiche. Inoltre sono entrambi sottoposti a un processo di trasformazione: la fermentazione alcolica per il vino e la cagliatura per il formaggio. Poi c'è la maturazione, la stagionatura per il formaggio e l'invecchiamento per il vino. Per gustare nel modo migliore il Grana Padano bisogna scegliere con molta attenzione il vino da abbinare. In questo caso vi proponiamo delle bollicine che nascono in Franciacorta, dell'Azienda Agricola Le Marchesine Passirano (Bs). E' una delle più importanti del territorio, ricca di vigneti che ogni anno donano milioni di bollicine agli appassionati del buon bere. Dalla Cantina escono ogni anno circa circa 500.000 bottiglie doc e docg, fatte riposare sui lieviti per oltre 30 mesi. Con gli amici, in compagnia quale migliore occasione per
IL
PIÙ IMITATO
offrire una coppa di Franciacorta che sa donare anche, assieme all'allegria, una perdurante gradevolezza al palato e al cibo, perché le fantastiche bollicine che sollecitano la vista, sollecitano il naso e puliscono la bocca preparandola al boccone successivo. Il Grana Padano di 12-15 mesi è ideale abbinarlo al F RANCIACORTA DOCG B RUT B LANC DE B LANCS , un millesimato di ottima fattura, elegante e prezioso per il gusto frizzante che scioglie in bocca la leggera patina lasciata dal formaggio. Fatto con uve Chardonnay, si presenta con colore giallo di buona carica e riflessi verdolini, perlage finissimo e persistente. Aroma fine e complesso, sapore asciutto, secco con vena acidula. Con il Grana Padano oltre 20 mesi, un sicuro abbinamento ed esaltante per il palato, è il F RANCIACORTA DOCG S ECOLO N OVO B RUT M ILLESIMATO , un vino importante che sa donare sapori unici incontrando il saporito formaggio. Nasce da selezioni clonali di uve Chardonnay con vendemmia a mano. Le bottiglie vengono accatastate in locali di affinamento per almeno 36 mesi che lo portano ad assumere un particolare profumo e sapore con un lungo e finissimo perlage. Si presenta di colore giallo paglierino brillante con riflessi oro-verde. Al naso si percepisce la nocciolina tostata, note mentolate e di cedro candido. Avvolgente e rotondo al gusto e grande equilibrio tra acidità e sapidità. E' un vino elegante e dalle grandi occasioni. >
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COL GORGONZOLA FRUTTA E VINO
< Durante la seconda guerra mondiale Winston Churchill fece segnare la cittadina di Gorgonzola con un cerchietto rosso sulle carte per evitare che venisse bombardata in quanto produttrice del formaggio di cui era ghiotto. E negli anni '40 i quotidiani dell'epoca riportavano che l'italianissimo gorgonzola era il formaggio più consumato nel ristorante della Camera dei Comuni di Londra.
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Sono due dei tanti aneddoti che arricchiscono la storia di questo formaggio molle, a pasta cruda, che appartiene alla categoria degli “erborinati” e che ha sulle spalle più di mille100 anni di storia, essendo la prima traccia documentale di questo “gran lombardo” risalente all’879. Nel 1870 vennero avviati i primi stabilimenti di stagionatura e un secolo dopo venne varato il Consorzio di tutela che negli ultimi quarant’anni
Il terzo piĂš venduto formaggio vaccino italiano, amato da Winston Churchill, può offrire spunti gastronomici dâ&#x20AC;&#x2122;assoluto interesse. Basta saperli cercare...
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ha disciplinato e guidato la produzione del Gorgonzola Dop. Oggi i numeri dicono che la strada intrapresa allora è stata profittevole. Infatti, oggi: - il gorgonzola è il 3° formaggio di latte vaccino per importanza nel panorama dei formaggi DOP italiani, dopo i due grana; - 4.501.237 forme è stata la produzione globale di gorgonzola nel 2015 da parte delle circa 3000 aziende agricole e 38 aziende associate dislocate nel territorio consortile; - 550 milioni di euro circa è il giro d'affari del gorgonzola al consumo oggi. In Italia le vendite si suddividono per il 65% nel nordovest, 19% nel nord-est, 9% nel sud e nelle isole e il 7% al centro. Il 31% della produzione è destinato all'esportazione, prevalentemente nell'Unione Europea (con la Germania e la Francia che assorbono più del 50% dell'esportazione totale), ma anche negli Stati Uniti, in Canada e in Giappone, paese in cui il consumo di formaggi
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italiani è in forte crescita. Il Gorgonzola Dop - partner allo stand Euposia-DESA dell’ultimo Prowein dove è stato protagonista di numerose degustazioni - è un formaggio molto versatile che si adatta agli abbinamenti più originali. Chi ama le preparazioni più semplici è solito accostarlo alle verdure crude che, essendo ricche di acqua, bilanciano alla perfezione la forte personalità del gorgonzola. Lo stesso discorso può essere fatto con la frutta che aggiunge in più una nota dolce. E questi sono alcune delle potenzialità di abbinamento con frutta e vino - che Euposia vi consiglia (sulla App “Gorgonzola” si trovano moltissime altre ricette firmate da chef famosi ad illustrare il grandissimo potenziale di questo nobile formaggio). C ROSTATINE CON UVA E GORGONZOLA (Dosi per quattro persone) Gorgonzola dolce 150 g Burro 100 g Farina 200 g Panna fresca da cucina 1 dl
Sedano n. 1 cuore Uova n. 1 Uva Rosata n. 20 acini Zucchero 40 g Sale quanto basta Difficoltà: media Preparazione: 50 minuti Vino consigliato: Moscato di Sardegna o Versate nel mixer la farina, il burro a dadini, una presa di sale e 1/2 dl di acqua fredda. Quando ottenete una palla di pasta omogenea, avvolgetela in un foglio di pellicola e lasciatela riposare in frigorifero per 30 minuti. o Stendete la pasta su un piano infarinato e tagliatela per rivestire 8 stampini da tartelletta del diametro di circa 7 centimetri. o Amalgamate nel mixer il gorgonzola, la panna, l'uovo, un pizzico di sale e il sedano tagliato a fette sottili. o Suddividete il composto nelle tartellette e cuocetele nella parte bassa del forno per 25 minuti. o Sciogliete lo zucchero in un padellino con un cucchiaio di acqua e cuocetelo a fiamma media fino a quando si cara-
GORGONZOLA
l'aiuto di uno scavino. In una bacinella amalgamate con una frusta il gorgonzola con la ricotta fresca, condite con un trito di finocchietto, sale e pepe bianco, montate per almeno 5 minuti e riponete in frigorifero per circa 10 minuti. Con l'aiuto di una sacca da pasticcere o di una siringa farcite con la mousse di gorgonzola gli acini d'uva, posizionateli su un letto di spinaci novelli tagliati a julienne e semi germogliati di soia.
mella. Unite gli acini d'uva e rigirateli rapidamente nel caramello. Spegnete subito il fuoco e mettete un acino su ogni tartelletta. o Servite quando tutto è ormai freddo. ACINI D ' UVA FARCITI ( CON MOUSSE AL GORGONZOLA ) Ingredienti per 4 persone: 20 acini d'uva rosata 100 gr. Gorgonzola dolce 80 gr. Ricotta morbida Finocchietto fresco 40 gr. Spinaci novelli 70 gr. Germogli di soia Sale e pepe bianco Difficoltà: facile Preparazione: 20 minuti Vino consigliato: Chardonnay Lavate ed asciugate gli acini d'uva. Con l'aiuto di un coltello affilato, eliminate la calotta da ogni singolo acino e create la base per fare rimanere in piedi l'acino, denocciolateli con
F ICHI CON CREMA DI GORGONZOLA Ingredienti per quattro persone Fichi 4 Gorgonzola dolce 130 g Mascarpone 120 g Aceto balsamico di Modena 6 cucchiai Aglio 2 spicchi Burro 10 g Erba cipollina 1 cucchiaio Olio di oliva extravergine Terra di Bari quanto basta Pane casereccio 4 fette Zucchero 10 g Pepe quanto basta Difficoltà: media Peparazione: 25 min. Vino consigliato: Chianti classico o Mettete nella ciotola il gorgonzola e il mascarpone. Lavorateli amalgamando erba cipollina e pepe. o Mettete il burro nella padella, unite lo zucchero, l'aceto balsamico, portate ad ebollizione mescolando finché la salsa si sarà ristretta, aggiungete quindi i fichi tagliati a spicchi nella padella con la salsa e continuate la cottura (circa 1/2 minuto per lato). Sgocciolate i fichi e teneteli da parte, conservando anche la salsa. o Spennellate le fette di pane con pochissimo olio e mettetele nel forno, fino a quando diventano dorate. Strofinate su entrambi i lati con l'aglio, solo se piace. Suddividete il composto di formaggio a cucchiaiate sulle fette di pane. o Disponete quindi gli spicchi di fichi, irrorate ciascuna fetta con 1 cucchiaino di salsa e servite le bruschette, dopo averle scaldate al grill. Completate, a piacere, con steli di erba cipollina. > Euposia Aprile 2016
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SAPORI
< Il primo sole di primavera scioglie le ultime rugiade mattutine, tra le fronde argentee degli olivi secolari. Passeggiare tra le balze e le radure in mezzo al bosco è un’esperienza che riconcilia l’uomo con la sua essenza. Un’esperienza di abbandono alla bellezza e alla piacevolezza della vita. Una sensazione che Maurizio prova ogni volta che si inoltra attraverso le sue proprietà, sulle colline della Valle di Mezzane. La Contarina è il suo sogno. Un frantoio che diventa sintesi di una vita dedicata alla terra e alla cura dell’olivo. Un fran-
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toio di eccellenza scelto per elevare l’olio e tutto ciò che la pianta ha conservato per mesi. Un progetto che esce dagli schemi e propone una visione di qualità all’ennesima potenza. Il trasferimento di emozioni vissute ad emozioni da vivere per chi lo usa in cucina. I L CASALE DI PIETRA Un antico casale di pietra del 1700 che Maurizio Tamellini ha sapientemente restaurato, eliminando le rughe dei secoli, mantenendo intatta l’anima della storia. Una proprietà dei Dogi Contarini di
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TERRA, L’OLIVO, L’OLIO… LA CONTARINA
Il sogno di un uomo innamorato della vita e della natura della Valle di Mezzane di Bernardo Pasquali foto di Giò Martorana
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SAPORI
Venezia che sulle terre veronesi avevano proprietà di campagna per rifornirsi di materie prime e di eccellenze, già ai tempi della Serenissima Repubblica. Oggi dimora della sua famiglia e sede del frantoio. Sulle mappe napoleoniche il casale è segnato nettamente e ciò che sorprende è il disegno a lato di un piccolo oliveto. La testimonianza scritta dell’antico oliveto che si estende dietro la proprietà, alla sommità della collina. Vecchi Trepp di circa trecento anni attorcigliati alla storia tra terra e cielo. L A TERRA L’oliveto poggia le sue radici nella vallata di Mezzane. Un’oasi naturale di bellezza tra marne affioranti e arenaria. Terra antica rimasta appesa al filo della storia che respira le brezze dei Monti Lessini e si adagia dolcemente verso l’Adige. Una piccola valle stretta, un ecosistema controllato, scrigno di bellezza e qualità per il suo olio. Querce, frassini, noccioli, carpini, pungitopo, betulle e piccoli rovi mantengono inalterato da secoli l’ecosistema della vita. Olivi che respirano l’energia vitale dal bosco che li circonda, l’intimo respiro di una natura incontaminata che racconta l’antico e intimo rapporto tra l’uomo e il suo destino. Tra gli olivi e il bosco la notte vive la presenza selvatica e silenziosa di daini e caprioli, volpi e , un mondo che rinasce e le da fiato. L’ OLIVETO I 600 olivi de La Contarina si
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OLIO LA CONTARINA
estendono lungo l’antica via Cara romana. Grignano, Perlarol, Favarol, Maurino, Pendolino, Trepp. Escono dal bosco e si intervallano alle vigne della Valpolicella. Un ambiente incontaminato dove si pratica una rigorosa agricoltura biologica da sempre. Maurizio vive la natura come un dono e il significato del rispetto lo si sperimenta camminando lungo le strade di pietra raccolte tra le fronde delle querce e i cespugli dei pungitopo. L’incontro con un ecosistema incontaminato sapientemente conservato che diventa un’armonia orchestrale tra terra, olivo e uomo. Qui la pietra è fusa tra radici secolari di olivi ed estetica rinnovata dalla sapienza dell’uomo. La Contarina non è solo Olio ma un viaggio tra emozioni e bontà. I L FRANTOIO Per preservare integralmente gli sforzi dell’olivo, si deve spremere il frutto con una pratica conservativa che elevi tutto il buono già costruito dalla pianta. Raccolta da precoce a media, invaiatura con olive verdi e striature debolmente violacee. Molitura separata delle varie cultivar dopo massimo tre ore dalla raccolta. Molitrice in linea continua a martello della prestigiosa azienda italiana, Officine Meccaniche Toscane; una macchina che viene prodotta con criteri artigianali che garantiscono estrazioni polifenoliche e aromatiche essenziali. Un processo che lascia il prodotto
freddo durante tutte le operazioni senza perdita di profumi. Una garanzia assoluta per oli eleganti e decisamente equilibrati come La Contarina. M AURIZIO Maurizio non ha mai smesso di sognare. La Contarina è il suo atto d’amore verso questa valle antica e silenziosa che nasconde un’anima grande per chi la sa ascoltare con umiltà e sacrificio. L’olivo, l’olio, la sacralità della vita, l’essenzialità della natura. Una visione estetica della terra, un’attenzione incondizionata al significato di elevazione della qualità del prodotto nel rispetto profondo della terra e dei suoi frutti. L’ approccio nobile e fiero di chi vive la terra da contadino e sa di far parte di un’orchestra che deve regalare emozioni. Tutto questo è il suo olio. >
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LA SCHEDA DELL’ANNATA 2015
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LA CONTARINA
annata 2015 si può considerare di pregio in quanto le fasi climatiche durante la maturazione si sono predisposte in maniera ideale, con giornate di sole soprattutto nel primo periodo di ottobre con temperature anche oltre la media stagionale. Un ottimo scambio termico, nella Valle di Mezzane, ha contribuito ad una invaiatura lenta che ha accentuato il valore della frazione insaponificabile polifenolica. Una debole pioggia nella seconda settimana di ottobre ha permesso di ottenere valori linfatici regolari e ottimali per l’inizio della raccolta. L’olio “La Contarina” ha beneficiato di questo clima e soprattutto di una sanità delle olive tendente alla perfezione. Un millesimo storico che è suggellato da un prodotto dotato di grande espressività ma, allo stesso tempo, di ottimo equilibrio. Cultivar. Grignano 70% Favarol 10% Trepp 5% Perlarol 5% Maurino 5% Pendolino 5%
freddo a due fasi seguito da filtrazione su frantoio Officina Meccaniche Toscane
Periodo di raccolta Precoce seconda decade di ottobre a inizio invaiatura Zona di Produzione Oliveti in Valle di Mezzane tra località Montecurto e Monte Guala nei comuni di Mezzane di Sotto e Illasi sulle colline orientali della provincia di Verona.
PROFUMO Fruttato medio. Sensazione di oliva fresca molto piacevole con sensazioni verdi di carciofo, foglia verde di pomodoro e verde maggese appena tagliato. Sensazioni di erbette aromatiche come rosamarino e timo con una elegante percezione di mela verde e latte di mandorle nel finale. I profumi evolvono con il passare dei minuti, mantengono una piacevole sensazione complessiva verde che si allunga con una componente leggermente balsamica.
Sistema di allevamento Vaso policonico Tecnica di raccolta. Brucatura manuale in cassette forate Tempo di Raccolta – Frangitura Max 3 ore Molitura Lavorazione a ciclo continuo a
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Conservazione Contenitori in acciaio inox stabilizzati a 15°C +/- 2 Confezione Bottiglia 0,50 lt Dati analitici primari Acidità 0,14 % Acido Oleico Perossidi 6,24 meqO2/kg K232 1.62 Assorbimento K270 0,14 Assorbimento Polifenoli 397.35 ppm Tocoferoli 257.07 ppm Acidi grassi Saturi 16.56% Acidi Grassi Monoinsaturi 75.09% Acidi Grassi Polinsaturi 8.76% CARATTERISTICHE ORGANOLETTICHE ASPETTO Limpido e brillante Colore Verde con riflessi dorati dopo i primi mesi dalla spremitura. Stabile con un’accentuazione della componente dorata dai mesi di febbraio – marzo. Rimane comunque stabile la presenza verde tipica delle cultivar delle colline veronesi.
SAPORE Armonico, ben equilibrato ed elegante nella sua componente frutta-
ta che si fonde con sentori di frutta e di erbette aromatiche fresche. Tendenza amarognola netta che si compendia con piacevolezze più dolci di mallo di noce nel finale. Piccante con una gentile stimolazione del nervo trigemino. Persistente e stabile al palato. Con l’evolversi della maturazione in bottiglia assume sensazioni gustative leggermente agrumate tipiche della cultivar Grignano.
IN CUCINA Si tratta di un olio dotato di grande versatilità grazie al suo fruttato medio e alla sua scorrevolezza. Ottimo equilibrio gustativo con una bella componente amara e verde che termina in un piccante gentile e netto. Buona sapidità che offre maggiore intensità e complessità ai piatti sia a crudo che in cottura. Olio ottimo per cruditè di pesce di mare, per insalate di mare di molluschi. Per guarnire mitili e condimenti tipici alla venenziana con canocie, vongole e moeche. Eleva il sapore di zuppe e vellutate di verdure come carote, zucca, zucchine, asparagi, cavolo nero e patate. Piacevole su insalate di verdure e lattuga fresca. Ideale per guarine piatti anche da un punto di vista estetico per il suo colore verde brillante. Sui secondi piatti spazia da battute di carne rossa al coltello a carni bianche cotte sino ad arrosti più complessi. Si abbina anche con formaggi a latte crudo vaccini, caprini e pecorini, a pasta semidura. Lo consigliamo anche per la preparazione di dolci lievitati in quanto la sua componente fruttata lascia una sensazione fresca e piacevole a fine cottura. Inoltre è curioso e delizioso come guarnitura di gelati fiordilatte o alla vaniglia. Da provare su cioccolato Criollo o Chuao fondente.
Vino & motori RENAULT CLIO SPORTER DUEL: AGILE E SCATTANTE CON TANTA VOGLIA DI CORRERE di Enzo Russo
embra un giovane leprotto la nuova Renault Clio Sporter Duel, con tanta voglia di correre. Colpisce subito il design molto particolare che la rende slanciata con quel piglio di sportività che non guasta mai. Bravi i progettisti nel curare anche i piccoli particolari come i profili cromati dei fendi nebbia, dei cerchi in lega 17” diamantati black e dei retrovisori. Anche l'abitacolo è bello, confortevole ed elegante, arredato con le decorazioni definite Diamond, ispirate alla forma dei diamanti, che riguardano le modanature delle portiere e le bocchette d'areazione, il pomello del cambio in alluminio, sedili in pelle riscaldabili e vetri privacy. E poi la tecnologia. Oltre al climatizzatore automatico, Clio vanta anche il sistema d'infotainment R-Link Evolution, sistemato al centro della plancia campeggia lo schermo touch del sistema multimediale, semplice ed intuitivo da gestire, (radio MP3 Bluetooth USB Aux-In con comandi al volante,navigatore e ouchscreen da 7”). La Clio Sporter Duel è facilissima da guidare, anche se non è piccola per le dimensioni ma nemmeno
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enorme, si parcheggia facilmente, un buon aiuto è lo schermo con la camera e i sensori che indicano perfettamente le manovre. Alla guida si dimostra agile e scattante, in strada è ben salda e dimostra tutta la sua potenza, in montagna si dimostra grintosa e ben aderente e sicura nelle curve, non è rumorosa e il comfort è notevole. I sedili sono molto comodi anche per lunghi viaggi. La Clio ha il magico potere di instaurare immediatamente un feeling con il pilota al primo contatto con il volante, perché immediatamente trasmette sicurezza. Il suo comportamento risulta sempre rassicurante, grazie ad uno sterzo preciso, ad una frenata sicura e ad una tenuta di strada che garantisce una grande stabilità. In sostanza è una vettura molto pratica e dinamica. Sembra fatta per i giovani. La Renault Clio Sporter Duel 1.5 dCi da 90 CV S&S euro 6 con cambio automatico a 6 rapporti, non è assetata di carburante, considerando le prestazioni, i suoi consumi sono molto contenuti, 5 litri per 100 Km e anche meno se si guida bene e non si ha il piede pesante. Euposia Aprile 2016
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Birre
DUPONT, LA “CLASSICA” AL MIELE di Giuliana Guadagnini
i avviciniamo alla “Biere de Miel” della Dupont, una doppio malto ad alta fermentazione con una gradazione alcolica di 8 gradi, con la golosa curiosità per l'artigianalità e l'aroma che la contraddistingue che si indovina già dall'etichetta. Come tutte le saison ben maturate, è piacevolmente rustica al naso, caratterizzata da una secchezza percettibile e da una lieve acidità che contribuisce ad assicurare un'ottima bevibilità. Lo stile Saison ( alla stagionalità , infatti, è legata la produzione: la fermentazione tradizionalmente avviene in autunno o in inverno, la mescita verso fine estate) che la contraddistingue si indica uno stile birrario tipico della Vallonia, regione meridionale del Belgio. La birra nasce verso la fine dell'ottocento nelle campagne dell'Hainaut come bevanda destinata a ristorare i contadini durante il lavoro dei campi. Qualità comune nelle Saison era dunque la freschezza dei profumi, la capacità di dissetare e la leggerezza alcolica.
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Lo stile Saison nacque prima dell'invenzione della refrigerazione quando i birrai belgi erano costretti a fare fermentare la birra in autunno o in inverno per impedire che il processo di fermentazione fosse danneggiato dal calore estivo. La saison prodotta in anticipo può essere mescolata con quelle dell'autunno precedente o mescolata con birre lambic per aumentarne l'acidità: il mescola-
Birre mento può ridurne il contenuto alcolico. Nonostante sia descritta come stile di birra vallone, viene da poco prodotta in tutto il mondo. Ci troviamo davanti ad una birra che sa di antico e tradizionale, è una biologica blonde. Va servita tra i 9 e 12 gradi, sicuramente versata a 15cm dal bordo del bicchiere per una perfetta rottura …il bicchiere consigliato è un "tulipano" ad ampio respiro. Alla vista è di un biondo opalescente, un oro antico carico di riflessi arancio, con una schiuma consistenza pannosa color crema mediamente persistente, fine e senza occhiature che ricama il bicchiere con merletta-
andolo e buccia di banana dolce e matura. Beviamo una birra piena dal corpo leggero quanto vellutato con media carbonazione Al gusto dapprima acida con note di frutta matura ed una punta di sapidità minerale che sul finale appare in realtà connotato di una morbida dolcezza. L'abbinamento consigliato è per un piatto che manifesta una tendenza vagamente dolce o una certa grassezza quindi per aperitivi leggeri a base di formaggi o dolci a fine pasto. Consigliati quindi i tipici formaggi Dupont a pasta dura con scorza: Moinette jeune - Moinette con malto
Una tradizione che risale al 1759
ture a trama larga. Il tipo di malto usato per la produzione determina il colore della Saison: la maggior parte presenta colore dorato scuro anche se alcune di queste birre hanno colore ambrato rossastro dovuto all'utilizzo di malti maggiormente tostati. Appena abbordiamo il bicchiere veniamo sorpresi da un'aroma di miele d'acacia cristallizzato e zuccherino che poi si trasforma in un miele mille fiori fino ad accompagnare l' olfatto ad un bouquet di fiori bianchi, e lascia retrogusto di luppolato cori-
e luppolo - Moinette vieux, dove cui una birra come questa non andrà a sovrastare ma sarà in armonica alternanza di sapori. Altrettanto interessante accostamento lo possiamo realizzare con una Robiola piemontese, insalate gourmet al cucchiaio, …. Per i dolci l''associazione si potrebbe tenere con delle cheesecake o dolci secchi alla frutta secca come cantucci o neutri come le brasadele di Verona o le broade della Valpolicella ( tipico dolce della tradizione pasquale scaligero) o della sfoglia senza crema.
miele. Nel 1945, Louis Dupont, non avendo figli cedette la Brewery Dupont alla nipote Sylva Rosier che lavorò con suo figlio Marc Rosier: oggi Dupont è guidata ancora dalla famiglia, esattamente dal nipote Olivier Dedeycker.
Nel 1920, Louis Dupont, agronomo, iniziò a considerare l’idea di trasferirsi in Canada rilevando una fattoria. Pur di dissuaderlo, suo padre Alfred, gli comprò il birrificio con annessa società agricola Rimaux-Deridder, fondato ancora nel 1759. Louis rinnovò la fattoria iniziando la produzione di birre Saison e al
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News
CASTELLO DELLE REGINE, COSÌ É RISORTO UN GIOIELLO l suo nome lo deve alla "valle delle Regine", tra Narni ed Amelia, in quel lembo di territorio sul confine con il Lazio e la Toscana dalla straordinaria bellezza. Dal Castelluccio Amerino, fortezza del 500 che domina i quattrocento ettari della tenuta, nelle giornate più limpide si gode di una vista mozzafiato. L'anno ufficiale della nascita di Castello delle Regine è il 2000; al “timone” Livia e Paolo Nodari (nella foto a destra) «Verso la metà degli anni 80 - spiega Paolo, avvocato milanese - mi sono stabilito sul limitare dell’attuale proprietà in una azienda nella quale passavo molti periodi di vacanza. Fu così che la conobbi e la acquistai agli inizi degli anni 90; era in gran parte incolta, salvo alcuni vecchi vigneti di Sangiovese grosso e Merlot in stato di semi abbandono. Cominciai da lì, restaurando i vigneti esistenti; ne piantai di nuovi fino a raggiungere l’attuale superficie vitata di circa 70 ettari. I "nuovi" impianti derivano dalla riproduzione di nuove piante da quelle storiche, mantenendo gli stessi cloni, e ripiantate dopo anni di studio dei terreni fatti dall'enologo-consulente Franco Bernabei e dall'agronomo aziendale Fabio Massani. Gli impianti nuovi sono ad alta densità, con un “encépagement” di vitigni bianchi fatto da Chardonnay, Sauvignon, Pinot Grigio e Riesling per la produzione del “Bianco delle Regine” e di Trebbiano, Grechetto e Malvasia per la produzione del “Poggio delle Regine Bianco”. Nei vitigni rossi oltre ai già citati Sangiovese Grosso e
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Merlot, contiamo uve di Cabernet Sauvignon (che rientra nel blend del “Princeps”), Montepulciano e Syrah. In questi anni ho restaurato, creandone di nuove, le strade aziendali, l’edificio principale e molti altri casali che ora fanno parte del “Relais Podernovo”, che comprende un ristorante omonimo. Successivamente ho reintrodotto l’allevamento della chianina, poiché in azienda questa razza era presente allo stato brado da qualche secolo; l’allevamento attuale, in regime DOP, è allo stato semibrado, godendo di 100 ettari fra prati e boschi. Al momento dell’acquisto, esistevano anche circa 2500 olivi plurisecolari, piantati fra il 500 ed il 600, in parte di qualità raio. Li ho curati e nel contempo ho piantato diverse altre migliaia di olivi ( circa 5mila) delle varietà tradizionali (leccino , frantoio e moraiolo)». «Quanto alle ragioni, mi ero innamorato di questo meraviglioso territorio, fin dai tempi degli Etruschi dedito alla coltivazione della vigna, dell’ulivo ed all’allevamento della chianina, così ricco di boschi di leccio e di quercia con alberi plurisecolari. La presenza di questi boschi dà all’azienda il vantaggio di un microclima particolarmente adatto alla coltivazione della vigna, perché mantiene una forte escursione termica fra notte e giorno. I terreni, ricchi di argilla e sabbia, conferiscono ai vini una forte mineralità e sentori complessi. I 400 ettari circa che compongono l’azienda sono coltivati in regime di eco sostenibilità, grazie all’ampia superficie boschiva ed all’utilizzo di energia da fonti
rinnovabili ( fotovoltaico e biomassa), nonché dai pozzi e dal laghetto artificiale , dove vengo convogliate le acque piovane, e dal regime di basso uso di fitofarmaci. I vigneti vengono lasciati volutamente inerbiti. Questa attenzione alla sostenibilità prosegue anche in vinificazione dove usiamo i solfiti in misura minima». «Castello delle Regine - prosegue Paolo Nodari produce attualmente cinque diversi vini rossi, suddivisi tra vini giovani, medio corpo e da lungo invecchiamento. Si produce anche un rosato da uve Montepulciano d’Abruzzo, nonché due vini bianchi: uno, più leggero, da uve grechetto e malvasia; il secondo, più strutturato, da uve Chardonnay, sauvignon e riesling renano. Infine un particolare passito da uve sangiovese. La cantina è attrezzata con vasche d'acciaio a temperature controllate, di varie dimensioni che vanno dai 25 ai 110 hl. Questo per poter seguire la tracciabilità di ogni singola parcella e poter effettuare la vinificazione separata di ogni singolo vitigno. Per i bianchi è prevista la crio-macerazione, ovvero la permanenza a freddo del mosto a contatto delle bucce, con lo scopo di una più ampia estrazione aromatica. I vini rossi sono vinificati con un sistema di follatura automatica interna alle vasche al fine di evitare ai vini lo “stress” dovuto ai rimontaggi. Tutte le fermentazioni alcoliche sono svolte spontaneamente, senza l'uso di lieviti selezionati, così come le malolattiche per i rossi svolte soltanto attraverso la regolamentazione delle temperature. Castello delle Regine produce anche un olio monocultivar moraiolo ed un DOP a base leccino, frantoio, moraiolo e raio». Euposia Aprile 2016
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OYSTER OASIS, COSÌ NASCE LA PASSIONE PER LE OSTRICHE di Carlo Rossi
noi non abbiamo altro motivo di trovarlo ridicolo che quello di non esser nati ostriche anche noi» scrivere quel “diavolo” di Giovanni Verga in “Vita dei Campi”, nella novella Fantasticheria, Milano, Fratelli Treves, 1880, quasi premonitore e anticipatore dei risultati della ricerca pubblicata nel 2012 sulla rivista Nature. Si dice che della varietà delle strutture corporee e dei processi fisiologici delle diverse specie, ciascuna delle quali ha una sua storia di vita e di morte, storia che resta scritta nel suo genoma, ve n'è moltissima. Ma, come ha scritto la rivista Nature in uno studio di qualche anno fa e uscito sul Corriere, nelle ostriche ci sono delle novità dato che pare possiedano parecchi geni uguali ai nostri; e si tratta dei geni più importanti, quelli che mettono in fila le diverse parti del corpo, dalla testa ai piedi. Durante lo sviluppo embrionale questi geni, chiamati Hox, controllano l'esatta successione delle parti del corpo lungo l'asse principale, quello che va appunto dalla testa alle estremità inferiori. Sono presenti solo i primi cinque, quelli “anteriori”, che controllano la testa, il collo e il torace, giù giù fino alla cintola. Oyster Oasis è l'azienda leader in Italia ed una delle piu' importanti d'Europa per la commercializzazione e la conoscenza di questo grande regalo della dispensa di Nettuno, con oltre duecento tipi commercializzati. In occasione dell'uscita del nuovo catalogo abbiamo
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intervistato Armando Tandoi , classe 1982, ceo e founder, come direbbero gli anglosassoni, di questo bellissimo progetto italo-francese. Alcune specie sono ormai notissime come l'ostrica “Regal”, che forgia e accresce la sua meravigliosa madreperla a West Port nel nordovest dell'Irlanda, esattamente nella Clew Bay dove troviamo un habitat unico. “Ideale” di David Herve è la massima espressione qualitativa del territorio di Marennnes Oleron. La Maison David Hervè ha di proprietà e concessione 40 ettari di questi bacini dedicati e può concedersi il lusso di mettere meno di una ostrica per metro quadro ad affinare per oltre otto mesi. L'ostrica “Tarbouriech” viene allevata nella laguna di Thau, in Linguadoca. La famiglia Tarbouriech ha realizzato un sogno che in quel territorio sembrava oramai inarrivabile: un'ostrica del prestigio di quelle della costa atlantica. L'ostrica sale e scende in acqua grazie ad un congegno alimentato da pannelli fotovoltaici che riproduce l'effetto marea dell'Atlantico. La “Utah Beach” di Jean Paul Guernier ha un livello di pienezza ineguagliabile grazie alle correnti e al grande apporto di fitoplancton e “La Speciale” di San Teodoro rappresenta l'eccellenza dell'ostricoltura italiana. Nello splendido scenario del parco marino di Tavolara, vicino Olbia, il produttore Alessandro Gorla alleva le sue ostriche a ciclo completo (partendo dal
seme) con grande sacrificio e dedizione con la metodologia delle lanterne, piccole gabbie fluttuanti contenenti le ostriche. Da dove nasce e come si sviluppa la tua passione per le ostriche, Armando? E' una passione di famiglia. A casa
siamo tutti amanti delle ostriche. Ho gestito per qualche anno un ristorante specializzato in questi prodotti e dopo un po' insieme ad alcuni miei collaboratori abbiamo avuto l'idea di creare una selezione di eccellenza da distribuire ai migliori ristoranti d'Italia. Il sogno
era quello di portare la cultura delle ostriche nel Bel Paese perchÊ noi non ci limitiamo alla mera fornitura ma offriamo al cliente anche un servizio di consulenza e formazione. Oyster Oasis è nata solo nel 2014 ma possiamo vantare un'esperienza
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ormai decennale nel settore. Con Armando sfatiamo anche il mito delle “r” dato che le ostriche sono buone sempre. Quali sono i consigli da dare ai neofiti? Come si riconosce la freschezza di un'ostrica? Il mito delle “r” nasce dai mesi che in francese contengono la “r”, in pratica i mesi più freddi. Infatti nei mesi caldi le ostriche producono un liquido lattiginoso che è sgradevole al palato, quanto meno al palato degli italiani. Negli anni '90 l'Ifremer (istituto francese per la ricerca marina) ha creato un incrocio tra due tipi di ostriche a cromosomi differenti (diploidi e tetraploidi) dando vita all'ostrica triploide che è sterile e che non produce latte. La triploide non è un ogm ma un ibrido sterile, come il mulo che è un incrocio tra un asino stallone e una cavalla. Molti hanno paura a consumare frutti di mare vivi perché non certi della loro freschezza. Il primo consiglio che mi sento di dare è di acquistare ostriche in imballaggi originali dei produttori con etichetta sanitaria che certifica la tracciabilità. Secondo le direttive sanitarie italiane, molto più restrit-
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tive di altri Paesi, le ostriche devono essere vive e vitali al momento del consumo. Nello specifico devono essere ben chiuse; se le si tocca sul bordo del mantello (bordo esterno del frutto) questo deve ritrarsi. Come si mangiano, si scelgono e si preparano questi molluschi incredibili per i quali sono nati termini come "merroir" e "oyster-tecture? Le ostriche andrebbero consumate al naturale, senza limone o salse e a temperatura non inferiore ai 10 gradi (quindi niente ghiaccio). Molti pensano che aprire un'ostrica sia molto complicato, in realtà è tutta una questione di tecnica: basta entrare con la punta del coltello a ore due avendo la cerniera rivolta verso se stessi e andare a tagliare il muscolo adduttore che si trova in quella posizione, raschiando la valva superiore e facendo in modo che il mantello resti attaccato al frutto. Il modo migliore per gustare a pieno un'ostrica è tenere il frutto in bocca per qualche secondo e masticarlo nella parte destra ossigenandolo socchiudendo leggermente le labbra. Per scegliere un'ostrica bisogna
conoscere i territori più vocati come Marennes Oleron nella Charente, Utah Beach in Normandia per quanto riguarda la Francia, ma anche l'Irlanda e le lagune del Mediterraneo solo per citarne alcuni. E' vero che il sapore di un'ostrica può essere così diverso da quello di un'altra? Assolutamente sì. In base alla carnosità, al territorio di provenienza e alla tecnica di allevamento l'ostrica può essere più o meno iodata, dolce e presentare persistenze vegetali, minerali, di frutta secca e tante altre sfumature. Si possono allevare le ostriche in modo sostenibile e quali sono i tipi di ostriche possiamo trovare in vendita in Europa e in Italia? Le ostriche sono sostenibili proprio perché si nutrono di fitoplancton e non necessitano di mangimi. A livello scientifico le ostriche in commercio sono di due specie: la crassostrea gigas (ostrica concava) e la ostra edulis (ostrica piatta). Di queste due specie esistono migliaia di sfumature qualitative sulla base dei territori e della metodologie usate per l'allevamento del prodotto.
Spirits DALLA CINA LA GRAPPA MOUTAI: IL DISTILLATO PIÙ ANTICO DEL MONDO di Enzo Russo
l Gruppo Kweichow Moutai China ha presentato a Milano, in occasione delle celebrazioni dei 100 anni della medaglia d'oro della grappa Moutai, il liquore cinese più venduto al mondo con 2000 anni di storia. Dopo Mosca è stata Milano a celebrare l'antica bevanda simbolo del patrimonio cinese, un distillato che ha ricevuto riconoscimenti internazionali con 16 medaglie d'oro, di cui, la più recente, presso l'Esposizione internazionale PanamaPacifico nel luglio 2014. Per l'occasione è stata allestita anche una mostra delle coloratissime bottiglie dal packaging originale: 42 bottiglie create da artisti cinesi per ognuna delle Esposizioni Internazionali universali, pack speciali da collezione a rappresentare le diverse annate a partire da 35 fino 80 anni di invecchiamento con valori che partono da 100 per arrivare a diverse centinaia di Euro. La grappa Moutai prende il nome dal suo luogo di origine e viene prodotta con cereali di frumento e sorgo lungo il fiume Chishui nella città di Moutai, nella provincia di Guizhou. Moutai è il rappresentante del fragrante liquore del koji Jiang cinese e costituisce il “liquore nazionale”. Da un secolo, Moutai ha condiviso il titolo di
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“World's Top Three Distilled Liquors” con il Cognac francese e Scotch whisky. Ha una lunga storia. Nel 135 aC, il suo predecessore, il liquore Jujiang prodotto nei pressi dell'attuale città Moutai fu scelto come tributo imperiale. Nel 1915 vince l'oro al "Panama Pacific International Exposition". China Kweichow Moutai Distillery (Group) Co. Ltd con sede principale a Moutai, nel nord della provincia del Guizhou, è un'impresa statale con oltre 30.000 dipendenti. I settori di attività includono la produzione di acquavite cinese, liquori medicinali, vini, ma anche titoli azionari, banche, assicurazioni, ricerca scientifica, logistica, turismo, trasporti, formazione, mercato immobiliare. I l principale prodotto del Gruppo è il liquore Kweichow Moutai, che insieme al cognac e allo scotch whisky, fa parte dei tre più importanti liquori (distillati) del mondo e costituisce l'antenato e l'esempio tipico dell'acquavite di malto (daqu maotai) aromatica. È l'unico marchio del settore che utilizza prodotti sostenibili, biologici e con indicazione geografica per quest'acquavite che rappresenta un patrimonio culturale immateriale della Cina. Euposia Aprile 2016
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Spirits DEBUTTA LA “RESERVA LIMITADA 2015”
rriva in Italia “Reserva Limitada 2015” il blend in un'edizione speciale limitata di Ron Zacapa. Ispirato ai tradizionali riti maya, questo rum artigianale a lungo invecchiamento è un'autentica espressione del patrimonio e della cultura guatemalteca. Dopo il lancio di “Reserva Limitada 2013” e “2014”, la Master Blender Lorena Vasquez (nella foto in alto) prosegue nella creazione di miscele speciali - ormai diventate veri oggetti da collezione - selezionate da una varietà di rum riserva con caratteristiche diverse, invecchiate da 6 a 24 anni. Prodotto nel lussureggiante territorio del Guatemala, questo rum ultra-premium prende vita da una combinazione unica di terreno, clima e materiali naturali, da un'attenta distillazione e da uno speciale processo di invecchiamento ad alta quota. A differenza di molti rum distillati dalla melassa, Zacapa è prodotto con la prima spremitura della canna da zucchero, quella che dà il succo più dolce, chiamato il “miel virgen de caña de azúcar”. Invecchiato nella “Casa Sopra le Nuvole”, a un'altitudine di 2.300 metri sul livello del mare, il rum Zacapa nasce dal classico processo di invecchiamento Solera, che prevede l'affinamento del rum in botti che hanno già ospitato bourbon, sherry e vini Pedro Ximenez; nel caso della serie XO, la fase finale di affinamento avviene in barrique da cognac in rovere francese. Nella fase finale del processo di maturazione, i
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barili di rovere sono stati affumicati a mano con livelli diversi di intensità per esaltare l'aroma e il gusto di vaniglia. La complessità di Reserva Limitada 2015 è frutto di un lungo processo e dell'invecchiamento "in altura”, dove il tempo rallenta per dare alla luce uno dei migliori rum al mondo. La complessità del gusto va ricercata nella sua provenienza e nella sapiente attenzione rivolta ai dettagli in ogni aspetto della sua produzione: dalla canna da zucchero coltivata sugli altopiani all'ombra del vulcano, al processo di invecchiamento fino alla fascia decorativa – chiamata petate - intrecciata a mano che avvolge ogni bottiglia secondo la tradizione guatemalteca. Al naso note di vaniglia con sentori di cioccolato, albicocca, legno e frutta caramellata. Al palato è strutturato e complesso. Si distingue dagli altri rum della stessa gamma per i sentori di cioccolato e vaniglia che gli conferiscono un perfetto equilibrio con note di frutta e mandorle tostate. Euposia Aprile 2016
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