euro26 Rivista 3-2013

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EDITORIALE

Tour de Suisse Ciao – Salut – Hallo D op o aver at t r aver s ato il Sud a mer ic a e l’Eu r op a neg l i u lt im i due nu mer i del l a r iv i s t a , que­ s t a volt a r i m a n ia mo s u l lo c a le, pr op onendov i u n a s or t a d i Tou r de Su i s s e. A nc he i n que s t a o c c a sione, v i pre s ent ia mo u n a s er ie d i r it r at t i d i p er s one pr oven ient i d a a mbit i e re g ion i d iver si . L’appu nt a mento er a s empre nel luogo prefer ito del l a p er s on a i nter v i s t at a , c he v i h a i nc ont r ato g ior n a l i s t i e fotog r a f i emergent i . P er e s empio, il g iov a ne at tore K ac e y Mot te t-K lei n c i h a r ac c ont ato del mondo dei f il m e dei s uoi pr og r a m m i p er il f ut u r o i n u n a p a n i note c a del c ent r o d i L o s a n n a , l a s t il i s t a A n n i n a A r ter c i h a ac c olt i nel s uo l ab or ator io d i S a n Ga l lo p er p a rl a re dei s uoi d i s eg n i , c he s ono g ià s t at i u s at i a nc he p er le c rea z ion i d i C h a nel . A bbia mo rea l i z z ato u n r it r at to i n og n i c it t à , e c c e t to a Gi ne v r a , dove abbi a mo c h iac c h ier ato c on d iver s e p er s one. Gl i s t r a lc i biog r a f ic i s ono ac c omp ag n at i d a s tor ie, c on sig l i s u e vent i , c onc or si e s u g ger imen­ t i p er ac qu i s t i pre s s o i no s t r i p a r t ner. Ci s embr a c he que s to sia u n nu mer o b en r iu s c ito, p er c u i c i fa piac ere p oter c ond iv iderlo c on voi .

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Let’s talk   about Ginevra, baby! Te s t o : R em o B i t z i & A rc i F r i ede , f o t o : G abr i el B alag u é

Il DJ e proprietario di una label André Joye aka Schnautzi

All’estremità sud occidentale della Svizzera troviamo la città di Ginevra – per la maggior parte dei ticinesi e degli svizzero

Skater nello skatepark di Plainpalais

Mori Memorial Foundation di Ginevra – il livello di qualità della vita è altissimo.

tedeschi un’enclave della Francia in territorio elvetico. O, in altre parole, un’altezzosa isola che funziona a modo suo. Si fa così torto alla città sul Lemano? euro26 ha cercato di scoprirlo nell’arco di una giornata.

In una tiepida mattina di ottobre, sulla terrazza di un piccolo bar del quartiere Grottes, poco distante dalla stazione centrale, il fotografo ginevrino Gabriel Balagué ci parla della sua città natale. Racconta della ricca offerta culturale, dei molti amici interessanti provenienti dalla scena artistica e DIY, della mancanza di contatti con gli expat, ben rappresentati in città, dell’isolamento dal resto della Svizzera e del sentimento di comunque farne parte, ma anche dei problemi quotidiani della città, come per esempio la carenza di alloggi. «Senza conoscenze è praticamente impossibile trovare un appartamento. Gli affitti sono così cari, che molti si possono permettere solo un monolocale oppure si trasferiscono oltre frontiera, in Francia, dove la vita è meno cara.» Non ci sorprende granché, visto che Ginevra è spesso menzionata fra le 3 città più care al mondo, insieme a Tokyo e Zurigo. D’altra parte – almeno stando alle stime della società di consulenza Mercer, della rivista Monocle e del Global Power City Index del

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A ciò contribuiscono in modo importante le banche, l’industria dei beni di lusso e le organizzazioni internazionali. Più tardi, in un bar nella Jonction, il musicista, dj e proprietario di una label André Joye aka Schnautzi riferisce di come molti artisti biasimino queste istituzioni: «Sono proprio loro ad avere fatto di Ginevra un posto così costoso, rimproverano in molti.» Allo stesso tempo, tuttavia, «molti artisti e istituzioni culturali stanno direttamente o indirettamente attaccati al capezzolo di questa gente», osserva André. Uno che questa dipendenza indiretta la riconosce è Yann Reversy, costruttore di tavole da surf e da wakeboard fatte a mano. «Certo che in Francia, negli Stati Uniti o in Australia avrei avuto un mercato più vasto. Ma il mondo è in crisi. Noi svizzeri invece stiamo ancora bene, qui si è al sicuro.» Yann, che attualmente espone una selezione delle sue creazioni alla Square Galerie, parla con grande enfasi di progetti già realizzati e futuri. E non mette in alcun modo in discussione la Svizzera come punto di partenza. Poiché non solo ne apprezza la stabilità economica e politica, ma anche una certa esclusività, di cui gode in Svizzera: «Qui, in un raggio di diverse centinaia di chilometri, sono l’unico nel mio campo.»


A sinistra: negozio nella Rue de l'Arquebuse. A destra: Museo d'arte contemporanea.

Sopra: Yann Reversy è uno dei pochi costruttori di surf e wakeboard della Svizzera.

R I T R A T T O   GE   G I N E V R A

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Sopra: il collettivo rap Coffee Shot

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Al centro: Ginevra lungo il Rodano Sotto: Florence Halazy sul balcone del club Le Zoo

Pure a favore della Svizzera si dichiarano i ragazzi che stanno dietro il collettivo rap Coffee Shot – anche se, nel miglior stile odd-future, non si considerano solo un gruppo rap. Secondo loro, grafica e video sono importanti tanto quanto beats e flow. All’incontro, nello skatepark sulla Plaine de Plainpalais rinnovato nel 2012, il trio rivela le proprie ambizioni. «Vogliamo sfondare in Svizzera. Chi ha successo qui fa un mucchio di soldi, abbastanza da viverci. Stelle del rap francesi come Booba sono dei poveracci in confronto a Stress.» Di conseguenza, cercano di creare contatti in Svizzera con chi ama lo stesso genere musicale. Da un lato, ciò accade online, ma anche ‹di persona› – per esempio agli eventi presso l’Usine. Arthur aka prodjection, responsabile per la parte visiva delle esibizioni in pubblico dei Coffee Shot, racconta fra l’altro dell’incontro con i due juke-producer neocastellani Mr. Pigman e Shake It Maschine. «Hanno fatto una serata all’Usine, organizzata da miei amici. Da allora siamo rimasti in contatto.» Florence Halazy è co-responsabile per il programma del centro culturale sul Rodano. Le piace che si parli dell’Usine come di un luogo di scambio. Mentre parliamo sul balcone del club Le Zoo, situato nel sottotetto dell’Usine, ci spiega anche quale sia il rapporto fra il centro e Ginevra: «Dopo l’evacuazione e la chiusura degli edifici occupati, veri bastioni della cultura alternativa, la città sprofondò in un sonno profondo. Per molti anni, l’Usine fu l’unico luogo di incontro per i giovani che volevano fare qualcosa durante il weekend. Da alcuni anni però, Ginevra si è data una mossa: l’offerta aumenta, le iniziative private si affacciano sulla scena. È un bene per tutti.» Che a tutta questa nuova offerta servisse un mezzo di comunicazione era evidente. Facile arrivare alla conclusione, che il lancio lo scorso anno della rivista culturale Go Out! sia stata la logica conseguenza. Mina Sidi Ali, redattrice della rivista mensile, tuttavia ci contraddice: «Al momento, l’offerta culturale di Ginevra non è più grande, bensì solo più visibile. Di conseguenza ecco il nostro compito: rendere consapevoli i giovani, ginevrine e ginevrini, della ricca e variegata offerta di danza, teatro e arte contemporanea come pure di musica sperimentale e classica.» I dubbi, le preoccupazioni, le gioie e le speranze evidenziati dai nostri interlocutori ginevrini non ci suonano nuovi. Anche a Zurigo, Berna e Basilea si sentono le stesse cose, o simili, quando si parla con i giovani. L’animazione notturna e la creazione di adeguati spazi aperti è diventato un tema nazionale; globale quello degli affitti esorbitanti nei centri delle città. Ciò che rende Ginevra tanto speciale è la posizione. I centri che fungono da punto d’accesso a un Paese o a un continente marciano a un ritmo diverso. New York è più cosmopolita della maggior parte degli altri Stati, conservatori e tradizionalisti, Amburgo è una città tedesca dal tocco britannico e la mediterranea Marsiglia è più arabeggiante delle turistiche coste della Tunisia. Tutte queste città sono porte sull’ignoto; simboleggiano la fine di quel mondo che conosciamo e comprendiamo.

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Un panino con   Kacey Mottet Klein Te s t o : L e o R amse y er , f o t o : P h i l i ppe C u endet

R I T R A T T O   VD   K ace y M o ttet K le i n

Kacey Mottet Klein colpisce per la sua modestia e i modi riservati. A soli 14 anni, tuttavia, ha già recitato in diversi lungometraggi ed è pure stato nominato al premio César nella categoria ‹Miglior attore esordiente›. A partire dal 2008 incarna i suoi ruoli con facilità e disinvoltura, in particolare quello di Serge Gainsbourg bambino nel poetico e trasognato film di Joann Sfar Gainsbourg, ‹l’homme qui aimait les femmes›.

Come sei arrivato al cinema? Hai seguito dei corsi di recitazione? Ti sei presentato alle audizioni? Oppure, al contrario, è il cinema ad avere trovato te?  Dunque, è successo tutto per puro caso. È stata un’audizione spontanea. Ero per strada a Ouchy, stavo passeggiando, e lì c’era una responsabile del casting di ‹Home› alla ricerca di bambini per un’audizione. Mi ha semplicemente proposto di presentarmi, ho fatto l’audizione e ho subito ottenuto la parte.

Ha anche fatto parte del cast di diversi lungometraggi della regista svizzera Ursula Meier, fra questi ‹Home› e ‹L’enfant d’en haut›, vincitore dell’Orso d’argento alla Berlinale del 2012. Ci presenta il Monopole, uno dei ristoranti fast food, nonché paninoteca, più rinomati di Losanna dove, con maestria tutta napoletana e per il piacere dei sensi, vengono serviti panini, burrito e caffè freddo.

E dopo questa prima opportunità hai cominciato a prendere lezioni di recitazione oppure interpreti un ruolo, partendo sempre da un approccio istintivo?  No, non prendo nessuna lezione – né per il teatro né per il cinema. Le uniche lezioni che seguo sono quelle a scuola. La scuola viene per me al primo posto, prima del cinema, perché con il cinema non si sa mai… tutto

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R I T R A T T O   VD   K ace y M o ttet K le i n

una figura davvero incredibile, estroversa. Non conosco veramente bene tutta la vita e l’opera di Gainsbourg; comunque poi mi sono documentato un po’ e ho finito per convincermi che questo personaggio è una specie di santo. E mi meraviglia sempre ancora che per interpretarlo abbiano scelto uno svizzero. Ad un certo punto del film, il giovane Lucien è nel bosco e disegna. Si immagina allora di essere in compagnia di una modella e per fare colpo su di lei, le recita una poesia di Baudelaire. Te la ricordi?  Sì, me ne ricordo benissimo. Fa così: Tes yeux où rien ne se révèle, de doux ni d’amer, sont deux bijoux froids où se mêlent, l’or avec le fer. A te voir marcher en cadence, belle d’abandon, on dirait un serpent qui danse, au bout d’un bâton. Sous le fardeau de ta paresse, ta tête d’enfant, se balance avec la mollesse, d’un jeune éléphant... Notevole! E dell’ambiente durante le riprese cosa ne pensi? Beh, quando si gira devo dire che è una cosa piuttosto strana. È particolare. Durante una giornata di lavoro di dodici ore si aspetta, si aspetta, non si fa altro che aspettare, e per finire si recita effettivamente solo una mezz’ora o tre quarti d’ora. Il resto del tempo si passa ad aspettare. Sei spesso in viaggio, in giro per la Svizzera e la Francia. Come ti senti quando torni di nuovo a Losanna?  Accidenti, effettivamente è una cosa un po’ folle, soprattutto perché io non sono un grande amante di Parigi. Parigi è una città estremamente stressante. Quando torno a Losanna, dove ci sono tutti i miei amici, dove rivedo tutti, provo ogni volta una grandissima gioia, è bellissimo ritornarci. Quali sono i tuoi progetti futuri e in quali ruoli ti vedremo prossimamente?  Ho appena preso parte al lungometraggio ‹Gemma Bovery› di Anne Fontaine, con Fabrice Luchini. Le riprese termineranno fra un mese, ciò significa che il film dovrebbe uscire nelle sale fra un anno. Ma ho avuto solo una piccola parte. Finito questo, non considero alcun nuovo progetto perché ho ancora la scuola. E per me la scuola viene veramente al primo posto. Hai deciso di presentarci il Monopole. Raccontami qualcosa di questo posto!  Ho molti ricordi legati al Monopole. Qui ho fatto uno stage di una settimana che mi ha permesso di vedere come funziona e cosa succede dietro le quinte, con i clienti, la pizzeria, la gestione degli acquisti ecc. Ma soprattutto ho incontrato Rosario Varricchione, il famoso Ross, che è un pazzo, uno fuori di testa, è semplicemente incredibile: un vero e proprio maniaco del lavoro. È sempre concentrato sul lavoro, è la sua droga e io rispetto pienamente il suo atteggiamento. Ce l’ha fatta, è riuscito ad imporsi con il suo fast food. Si è conquistato una posizione di prestigio a Losanna, lui, che era partito con una cosa piccolissima ed è arrivato fino in cima. Lo rispetto moltissimo. E poi è diventato per me come un fratello. Di pomeriggio ci vado spesso fra una lezione e l’altra, la mia scuola è proprio lì, a due passi. Mi piace il viavai continuo di tanta gente e Ross, che crea una bella atmosfera. E poi il cibo è ottimo. Andare al Monopole è sempre un piacere.

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euro26      Museo Svizzero dei Trasporti

DI MONTAGNE E GALLERIE   ELICOIDALI

Da Erstfeld al Naxberg

Il viaggio in treno comincia alla stazione di Erstfeld in direzione di Amsteg, attraversando il ponte del Kerstelenbach, il più grande della linea del Gottardo, e quello della Intschireuss. Nella zona di Wassen, si passano le gallerie elicoidali di Pfaffensprung, Wattinger e Leggistein, fino al Naxberg, dove il treno viene inghiottito dalla montagna. Questo impressionante percorso tra la Svizzera centrale e il Ticino esiste anche sotto forma di modellino al Museo Svizzero dei Trasporti. Dieci chilometri a settimana

Era il 1957 quando le FFS chiesero all’associazione Modell- und Eisenbahnfreunde Luzern (EMBL) di montare un modellino per il museo. I soci dell’EMBL ci hanno

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messo oltre 30 000 ore di olio di gomito e nel 1959, in occasione dell’apertura del Museo dei Trasporti, l’installazione era pronta. Particolarmente ammirevoli sono i dodici ponti a doppio binario sui quali transitano ogni ora treni passeggeri e merci, storici e moderni. Ogni locomotiva percorre dieci chilometri reali a settimana.

Entrata gratuita   al Museo Svizzero   dei Trasporti

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Scorciatoia

Non è solo a causa della riduzione in scala che questi trenini macinano molti meno chilometri dei loro cugini in grandezza naturale, ma anche perché il modellino prevede una scorciatoia. Una volta spariti nelle viscere del Naxberg, i convogli in miniatura imboccano una galleria elicoidale e tornano a Erstfeld, da dove il circuito può ricominciare.

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QUANDO SI   HA LA STOFFA Te s t o : Dav i d G ad z e , f o t o : T i ll F o rrer

Il pavimento di legno scricchiola, la luce è soffusa, disegni e dipinti ornano le pareti. Nell’atelier, posto proprio di fronte al suo appartamento, Annina Arter nel tempo libero dà sfogo alla sua creatività. Qui, all’ultimo piano di un vecchio edificio del quartiere Langgass di San Gallo, disegna i modelli delle decorazioni che dovranno poi passare dalla carta alla stoffa.

«La mia vita privata è condizionata dal mio lavoro, i due vanno di pari passo», dice la 26enne. Il suo non è un lavoro che termina una volta chiusa la porta dell’ufficio, la sera, al momento di tornare a casa. Il suo lavoro la segue ovunque, o quasi. Quello che per molti sarebbe una maledizione è per lei una benedizione: «È il lavoro che sognavo.» Dallo schizzo all’abito Dior

Da oltre due anni, Annina Arter lavora a San Gallo come disegnatrice tessile presso Jakob Schlaepfer, fabbricante di stoffe pregiate richieste in tutto il mondo. Grandi case di moda come Chanel, Dior, Louis Vuitton o Marc Jacobs sono sulla lista clienti. L’azienda fu fondata agli inizi del ventesimo secolo, quando la città del monaco Gallo conobbe la sua epoca d’oro.

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Pizzi e merletti sangallo erano il più importante prodotto d’esportazione della Svizzera, due terzi dell’intera produzione mondiale provenivano da San Gallo. Industria e commercio fiorivano, la capitale della Svizzera Orientale divenne la più ricca città d’Europa, addirittura una delle più ricche al mondo e venne soprannominata ‹il sobborgo di New York›. La prima guerra mondiale e la crisi economica del 1929 fecero collassare quasi completamente il commercio del ricamo; ma grazie al marchio di moda Akris o a ditte come Forster Rohner, Bischoff, Union o appunto Jakob Schlaepfer, San Gallo ancora oggi è un riferimento importante sulla mappa mondiale del tessile. Annina Arter progetta e elabora disegni per le stoffe. «I clienti scelgono fra le stoffe esistenti o ordinano dei bozzetti su un tema specifico, anche in base ai loro disegni o direttive particolari. Per me questo si traduce in una piacevole combinazione di disegno libero e realizzazione di mandati concreti», afferma. Talvolta i bozzetti rimbalzano fra committente ed esecutore per una settimana o più e poi, per finire, non se ne fa nulla. Allora, naturalmente, si sente delusa. «Fa parte del gioco. Come designer bisogna saper controllare la propria suscettibilità.» Occorre inoltre


R I T R A T T O   S G   A nn i na A rter

disporre di una capacità creativa molto ampia e diversificata ma porre in secondo piano i gusti personali. Le piace anche stare all’aria aperta, nella natura, spesso per scattare foto e trarre da esse nuova ispirazione. Dalla carta regalo alle stoffe di lusso

Ha sempre amato disegnare e dipingere. «Da piccola adoravo la carta regalo e quella per le copertine dei quaderni. Mi affascinavano i motivi raffigurati, perfino quelli brutti.» Dopo la maturità ha frequentato il corso propedeutico di grafica alla scuola di arti visive di San Gallo. «All’ultimo momento però decisi di studiare design tessile a Lucerna», racconta Annina Arter. Le avrebbe offerto maggiori opportunità. «Disegni ne posso fare tanti, ma è quando si tratta di metterli su stoffa che inizia il vero divertimento.» Questa professione è anche più vicina al suo modo di essere e al suo linguaggio artistico. I suoi motivi sono spesso molto colorati e fantasiosi. La sobrietà non fa per lei. «E neanche per i tessuti di Jakob Schlaepfer, che si distinguono per la magnificenza delle decorazioni.» Terminati gli studi, nel 2011 fece immediato ritorno a San Gallo. «Non era esattamente quello che avrei voluto in quel momento», ammette Annina Arter che allora avrebbe preferito trasferirsi a Zurigo. Non per cogliere le innumerevoli opportunità della vita zurighese diurna e notturna, bensì per la sensazione trasmessa da una grande città, il senso di ampiezza che ne irradia. Ma proprio appena conseguita la laurea, presso Jakob

Schlaepfer si liberò un posto di lavoro. «Sapevo da un pezzo che avrei voluto lavorarci. Nel campo del design tessile, Jakob Schlaepfer è l’azienda più stimolante di tutta la Svizzera.» E così «prima di quanto volessi» si ritrovò a San Gallo. Nel frattempo molti dei suoi amici erano partiti. Ma ora si è riconciliata con la città, come dice lei. «San Gallo diventa sempre meglio, più vivace.» Da Katmandu a San Gallo

Annina Arter è nata a Katmandu, la capitale del Nepal. I genitori vi lavoravano, impegnati nella cooperazione allo sviluppo. Il padre, ingegnere meccanico, seguiva la costruzione di impianti idroelettrici. Ad un anno e mezzo, Annina fece ritorno in Svizzera con i genitori e i due fratelli maggiori. Dapprima la famiglia visse a Engelburg, un sobborgo di San Gallo, per poi trasferirsi nella capitale cantonale. «Il dialetto zurighese l’ho ereditato dai miei genitori – e l’ho conservato.» Fra un paio d’anni l’opzione Zurigo potrebbe essere ripresa in considerazione. A quel momento, in ogni caso, vorrei mettermi per conto mio, dice Annina Arter. «Per adesso è più una vaga idea che un obiettivo concreto. Ma potrei benissimo immaginare di collaborare con una disegnatrice di moda. A volte sarebbe bello avere maggiore voce in capitolo sull’impiego di una stoffa.» La attirerebbe trasferirsi dal ’sobborgo di New York’ in una delle grandi metropoli della moda come Milano, Parigi o la ’vera’ New York? «Dovrei sapere esattamente cosa ci faccio. Altrimenti mi perderei.»

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Up There With   Fanny Smith Te s t o : L e o R amse y er , f o t o : P h i l i ppe C u endet

Fanny Smith, 21 anni, è l’astro nascente dello skicross svizzero e brilla in questa disciplina che unisce divertimento, compe­ tizione e spettacolo. Dopo averci regalato una grande sorpresa nel 2010 con il suo settimo posto ai Giochi olimpici di Vancouver, ha vinto numerose medaglie, fra le quali un bronzo agli X-Games di Aspen nel 2011 e il titolo di campionessa del mondo, conquistato quest’anno a Voss, in Norvegia. Attualmente si sta allenando per i Giochi olimpici di Sochi, in Russia.

Ti sei organizzata da sola la formazione e il tuo allenamento? Quando decisi di iniziare con lo skicross non esisteva alcuna struttura. Non c’era niente di niente. Tramite amici ho allora trovato il mio allenatore, Guillaume Nantermod, ex campione del mondo di boardercross e così, passo dopo passo, ho potuto costruire una struttura. Così ci si accorge che i giovani intenzionati a praticare lo skicross sono molti ma che le infrastrutture per questo tipo di sport non sono ancora molto diffuse.

Fanny, originaria di Villars, ci presenta il Restaurant Miroir d’Argentine di Solalex. Questo ristorante, circondato da impressionanti massici rocciosi, deve il suo nome a una parete di roccia che all’ora del tramonto assume un colore argenteo.

Spiegami per favore cos’è lo skicross!  Lo skicross è, potremmo dire, come il motocross. Solo che lo si fa sulla neve e con gli sci. Un’altra differenza sta nel modo di gareggiare, sempre in gruppi di quattro. Quattro sciatori si preparano contemporaneamente alla partenza, partono nello stesso preciso istante e scendono lungo il percorso il più rapidamente possibile. Ci sono curve paraboliche, dossi e salti. I migliori due di ogni discesa si qualificano per il turno successivo.

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Lo skicross è più diffuso in altri Paesi che in Svizzera?  A dire il vero, malgrado tutto in Svizzera lo skicross è piuttosto avanti. Insieme a Germania e Francia, la Svizzera è addirittura fra le migliori nazioni in questa disciplina. Lo skicross piace a tantissimi giovani. Per loro si organizzano corsi e si costruiscono numerose nuove strutture per l’allenamento. Penso che lo skicross sia una disciplina con un grande futuro, poiché unisce il divertimento alla competizione. Tu partecipi agli X-Games. Puoi raccontarmi qualcosa sull’atmosfera che regna a questa competizione?  Gli X-Games sono


R I T R A T T O   VD   Fann y S m i th

un evento a sé. Per me vengono prima i Giochi olimpici. E poi anche gli X-Games. Se fai skicross devi accettare che sia considerato uno spettacolo. E gli X-Games sono uno show unico. Spendono apposta milioni per farli diventare uno spettacolo che possa piacere ai telespettatori. Io sono completamente d’accordo con questa scelta, perché così i percorsi sono più impressionanti, i salti più alti e la discesa è ancora più divertente… E le Olimpiadi?  Le Olimpiadi sono più autentiche. Ogni sportivo nel corso della propria carriera vuole parteciparvi, perché queste competizioni sono veramente riconosciute a livello mondiale. Tutti vogliono vincere le Olimpiadi. Io in ogni caso non ci vado tanto per andarci. Sono felice al pensiero di aver potuto prendere parte ai Giochi olimpici di Vancouver perché si è trattato di un mega evento. Le nazioni ti fanno molta pressione quando ti presenti al via da favorito. A Vancouver non lo ero, fui piuttosto una sorpresa. Ma adesso so come funziona. Di conseguenza l’allenamento fisico diventa abbastanza duro. Devi veramente dare il 200%. E nella preparazione tecnica per lo sci si è già andati così lontano da poter lavorare ancora solo sulle ultime finezze. Io cerco di essere sempre al top della forma e reattiva, negli allenamenti come in gara. Visto che per le competizioni viaggi dappertutto, che rapporto hai con Villars, tuo luogo d’origine?  Questo è il posto dove mi posso rilassare completamente, ritrovare me stessa. Ci sono nata e sono sempre stata qui, fra le montagne. Qui c’è la mia famiglia; ci sono i miei amici. Quando avevo 16 anni ho iniziato a viaggia-

re in tutto il mondo e mi sono detta che anche il Canada o altri Paesi mi sarebbero potuti piacere molto. Ma alla fine mi sono resa conto di vivere in un luogo meraviglioso, con montagne che non esistono in nessun altro posto al mondo. Ci troviamo al Restaurant Miroir de l'Argentine. Mi sapresti dire cosa ti piace di questo posto?  Questo è il miglior ristorante della zona. È molto accogliente, molto familiare. La cucina è eccellente, squisita, e poi ci sono i dessert di Martine. I proprietari sono gentilissimi. Mi conoscono fin da quando ero piccola. Mi hanno vista imparare a sciare. Qui si viene accolti come a casa propria. Ogni anno ci veniamo con la famiglia per festeggiare i compleanni e ogni anno tutti i presenti cantano con noi. Di solito a Solalex organizziamo delle grigliate in riva al fiume. Poi facciamo una passeggiata, su fino ad Anzeindaz e il giro verso il Grand Muveran. C’è sempre qualcosa da fare. È veramente un luogo dove trascorrere piacevolmente il tempo, specialmente con la famiglia. Questo posto è proprio idilliaco. Sei già salita sul Miroir d’argentine?  No, mai. Malgrado io faccia arrampicata e parapendio. Amo la velocità e tutto quello che ti dà una scarica di adrenalina, ma ho un po’ paura del vuoto. Mi piace fare parapendio, ma preferisco un volo tranquillo, giusto per alzare un pochino il battito cardiaco. Mi piace anche l’arrampicata, perché so di avere io il controllo. Salire in vetta con gli sci in spalla per poi farsi una bella discesa fuoripista è un vero divertimento, e il Miroir d’Argentine… una volta o l’altra ci salgo di sicuro, perché mi piace andare oltre i miei limiti.

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NOBODY   LOOKS LIKE LUCA Te s t o : Fab i enne S chm u k i , f o t o : D o m i n i k H Odel

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R I T R A T T O   ZH   L u ca D u ran

‹Look Like› suona un po’ come ‹uno uguale a tanti›. Nel

L’adolescenza nel Kreis 4

caso di Luca Duran il nome d’arte è però ingannevole:

Luca ha preso la carnagione scura dal padre, originario del Sudamerica. I genitori erano registi teatrali, la sua famiglia ha viaggiato molto quando lui era ancora molto piccolo, racconta Luca. Ha trascorso i suoi primi dodici anni a Ginevra e la sua lingua madre è il francese. Parla però anche italiano, spagnolo e tedesco. Con tutta questa internazionalità – cosa ci fa Luca a Zurigo?

Il musicista e produttore zurighese ha uno stile tutto suo, inconfondibile. Un nottambulo con le idee chiare

Luca Duran ama la vita notturna e i locali. Perciò nessuna meraviglia che fra i suoi luoghi preferiti di Zurigo menzioni espressamente il Longstreet Bar e l’Hive. Dopotutto si esibisce regolarmente in entrambi – e per lungo tempo è stato il musicista più giovane mai esibitosi all’Hive. Proprio presso il Longstreet Bar, in settembre Luca ha festeggiato il battesimo del suo primo disco. ’Radio Lova’, LP pubblicato con il suo nome d’arte ’Look Like’, è stato celebrato con una festa memorabile durata tutta la notte. I cento pezzi in vinile sono già esauriti. Mentre sorseggia il suo succo d’arancia, alle 9.30 del mattino, Luca parla lentamente e in modo schietto. I capelli neri pettinati all’indietro, la mano destra ornata da un vistoso anello con una pietra blu. Il 23enne abita con le due sorelle di 8 e 16 anni nel Kreis 3 di Zurigo. Forse la maturità di Luca deriva dal doversi occupare delle sorelle più giovani. Il musicista infatti non è un nottambulo perdigiorno, né un ragazzo ingenuo che insegue il sogno di fare il DJ. Luca fa autocritica, è ambizioso, disciplinato. E ha un piano.

Zurigo è la mia patria, dice il giovane musicista. «Amo questa città, qui mi sento bene. Quando a dodici anni sono arrivato a Zurigo ho frequentato la scuola Wengi, nel cuore del Kreis 4. Per me la Langstrasse è sempre stata come una seconda casa. In nessun altro luogo sto bene come in questo quartiere.» Inoltre Zurigo offre un’eccitante scena notturna, un fantastico line-up, buoni impianti nei club e una promozione musicale che funziona. La dimensione internazionale

Luca è uno che si alza presto. E lavora anche in settimana. Dal lunedì al giovedì è nel suo studio e produce musica per sé o per altri, elabora dei remix o musica da film. Durante i weekend si esibisce con i suoi brani davanti al pubblico dei vari club. «Questa è la prova del fuoco: dopo la performance so quali pezzi funzionano bene e quali meno. Allora torno in studio e mi rimetto al lavoro.» I feedback del pubblico nei locali sono diretti e sinceri – non esiste banco di prova migliore.

Produttore autodidatta

«A 18 anni, subito dopo la maturità, mi sono dato alla produzione musicale», spiega Luca, allora impegnato al giradischi qua e là con il progetto a due ’Stereo Youth’. Da oltre due anni si presenta come solista. Porta il nome ’Look Like perché ricorda il suo vero nome e anche perché esprime una certa internazionalità e atemporalità.

Anche se Luca ama i viaggi, il pubblico delle altre città, le vibrazioni positive nei diversi club e gli incontri fatti in tutto il mondo grazie alla sua attività, torna sempre volentieri a Zurigo. «Ultimamente ero a Colonia e quando sul volo di ritorno la hostess mi ha salutato con un ’Grüezi’ mi si è scaldato il cuore», ammette Luca.

Dopo due anni di studio da autodidatta, Luca sentì di possedere le competenze necessarie per presentarsi all’esigente comunità virtuale: mise alcuni dei suoi brani su SoundCloud, «tempo fa, quando SoundCloud era più trasparente», afferma ripensando ad allora. Entrò presto in contatto con producer di tutto il mondo con le medesime preferenze musicali. E i feedback da Francia, USA, Svezia e Inghilterra non tardarono ad arrivare.

Nella primavera 2014, Luca ha intenzione di sostenere l’esame d’ammissione alla ZHdK (Zürcher Hochschule der Künste) per studiare cinematografia. Grazie ai suoi genitori ha la passione per la regia nel sangue. Inoltre ha già prodotto alcuni videoclip per i suoi brani. «Il sogno più grande sarebbe naturalmente combinare la cinematografia con la mia musica», dice Luca entusiasta. Anche se la Svizzera non è un Paese conosciuto per l’industria musicale né per quella cinematografica, Luca non si fa troppi problemi. E aggiunge convinto: «Quando quello che si fa è fatto in modo coerente, mettendoci ogni giorno coscienziosità e ambizione, alla fine funziona.»

«Mi oriento alla scena londinese e francese piuttosto che a quella di Berlino», dice Luca. Una vera rarità a Zurigo: nella sua città, oltre l’80% dei producer e DJ pare si ispiri alla scena berlinese. Ama una musica variata, non attribuibile unicamente a un genere specifico «Può essere un vantaggio, se un produttore si esprime attraverso i più disparati stili musicali: hip-hop, jazz, musica latino-americana», dice Luca, commentando le sue alte aspettative nei confronti dei colleghi – e di sé stesso.

Links: http://soundcloud.com/looklikemusic https://facebook.com/looklikemusic

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R i tratt o   GR   S am u el G u erra

Powerplay alla   ticinese a Davos Te s t o : K arl B renner , f o t o : M a x i m i l i an L ederer

Guerra non è un nome che si legge spesso sulle maglie dei giocatori di hockey su ghiaccio, dove dominano quelli americani, tedeschi, franco-canadesi o russi. «Sono cresciuto in Ticino», spiega Samuel Guerra, giocatore professionista dell’HC Davos. «Mio padre è un tifoso sfegatato dell’Ambrì e ha portato me e mio fratello – pure lui giocatore professionista – a tante partite.» La passione per lo sport è nata in tenera età. Samuel viene messo sotto contratto dall’HCD già da juniores e da allora è rimasto fedele alla compagine grigionese. Quando gli chiediamo quali sono le principali differenze tra il suo Cantone di origine e la sua nuova casa, risponde semiserio: «Il clima». Ciò nonostante, Davos gli piace. Ama le montagne, ma anche il paese. La maggior parte del tempo, tuttavia, la trascorre sulla pista di ghiaccio, impegnato nella sua carriera. «Con l’ingaggio presso il Davos, si è realizzato un sogno. Ho però un obiettivo ancora più ambizioso: il Nordamerica.»

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A fine dicembre, Samuel e i suoi compagni di squadra hanno la possibilità di misurarsi con giocatori di spicco, anche provenienti da oltre oceano, in occasione dell’87 a Coppa Spengler che si tiene nello stadio del Davos. La competizione nata nel 1923 è diventata nel corso del tempo l’evento hockeistico più prestigioso al di fuori dei campionati mondiali, europei, di lega nazionale e, ovviamente, delle Olimpiadi. Ogni anno, la squadra di casa ne invita cinque tra le migliori al mondo: per il Team Canada, la Coppa Spengler è un appuntamento fisso dal 1984, mentre le altre compagini cambiano ogni anno. A causa delle convocazioni per il Mondiale under 20, Samuel vi ha potuto partecipare una volta sola, per cui gli fa particolarmente piacere poter confrontarsi con i giocatori di punta quest’anno: «Da un lato, è un onore. Dall’altro, la Coppa Spengler è e resta una competizione che voglio vincere».

UBS e la Coppa Spengler Dal 1985, UBS sostiene la Coppa Spengler. Anche quest’anno, uno speciale evento consente a giovani appassionati di hockey di allenarsi insieme ai giocatori professionisti delle squadre partecipanti.

In palio 6 x 2 biglietti per la   Coppa Spengler 2013 U B S e d euro26 met tono in palio 6 x 2 b i g l i e t t i p e r l a C o p p a Sp e n g l e r . P a r t e c ip a z i o n e a l s i t o w w w.e u r o 2 6 .c h / w i n . Te r m i n e d i p a r t e c ip a z i o n e : 1 1 .1 2 .20 13



Eventi autunnali

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Ellie   Goulding

Poni Hoax

The   Fratellis

10.02.14, Maag Halle, Zurigo

23.11.13, Rocking Chair, Vevey

07.12.13, Komplex 457, Zurigo

Non che interrompere gli studi sia sempre una buona idea, anzi, ma nel caso di Ellie Goulding, visti i risultati, non si può rimproverarle nulla. Scoperta grazie ai suoi concerti nei pub di Londra nel 2009, è sta-

Gli anni Ottanta sono tornati in voga da tempo e l’influenza di David Bowie e compagnia è evidente nei Poni Hoax. L’album di debutto del 2006 con la canzone Budapest – diventata un piccolo tormentone da di-

Sull’etimologia del nome di questo gruppo scozzese non c’è un consenso unanime. Sarà un omaggio al film culto I Goonies di Richard Donner? Oppure un riferimento al nome da nubile della mamma del bassista?

ta messa sotto contratto dalla Polydor. Poco dopo, era già ospite di Jools Holland, un’apparizione televisiva che le ha aperto le porte della fama. L’album di debutto Lights del 2010 è subito arrivato in testa alle classifiche nel Regno Unito, l’omonimo singolo ha avuto un successo folgorante a livello internazionale. L’anno scorso, è uscito il secondo disco, Halcyon, che ha confermato i consensi del pubblico: i concerti della tournée primaverile erano tutti esauriti. Ellie Goulding è cantautrice, suona lei stessa la maggior parte degli strumenti e co-produce i propri dischi. Insomma, niente male per una che oltretutto ci sa fare anche dal vivo. Estraiamo 3 x 2 biglietti per il suo spettacolo alla Maag Halle di Zurigo.

scoteca – non ha condotto il quintetto francese a sfondare, ma due anni più tardi è uscito l’LP Images of Sigrid, seguito da quattro concerti tra cui uno come spalla dei Franz Ferdinand a Londra. Tornato il silenzio, il cantante Nicolas Ker si è dedicato a progetti personali (p.es. Aladdin con Gilb’r), poi, in febbraio 2013, è stato lanciato il disco A State of War con la nuova etichetta Pan European Recording. I Poni Hoax non hanno certo rivoluzionato la musica contemporanea, rimanendo fedeli al loro stile eclettico di rock, disco, darkwave ed elettronica. Chi li conosce bene sa però che la loro forza sta nelle esibizioni dal vivo e noi mettiamo in palio 2 x 2 biglietti per il loro concerto al Rocking Chair di Vevey.

Poco importa: il trio formatosi nel 2006 ha dato prova delle sue indubitabili qualità nel campo della musica rock e punk. Il gruppo ha sfondato in Gran Bretagna l’anno stesso con il singolo Henrietta, che ha fatto scatenare le piste da ballo. Pur constatando una somiglianza stilistica col gruppo The Libertines di Pete Doherty, che era emerso in Inghilterra poco prima dei Fratellis, il profilo è decisamente particolare, indipendente dalle tendenze momentanee e degno di nota proprio nel contesto britannico, in cui è difficile distinguersi nell’attuale marea di musica indie rock. L’ispirazione viene anche da complessi d’importanza storica, come i Beatles, i Led Zeppelin e i Clash. Dopo alcuni anni di pausa, i Fratellis lanciano in ottobre 2013 il loro terzo album We Need Medicine. Ospiti a inizio dicembre del Komplex di Zurigo, li si potrà vedere vincendo 3 x 2 biglietti!

3 x 2 Biglietti

2 x 2 Biglietti

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Papa Roach

Steff   la Cheffe

Jake Bugg

21.11.12, Komplex 457, Zurigo

29.11.13, Selig Tanzbar, Coira

6.12.13, Maag Event Halle, Zurigo

Sono già sette gli album dei Papa Roach, giunti alla notorietà internazionale nel 2000 con il brano Last Resort. Nel corso della sua evoluzione musicale, il gruppo si è gradualmente allontanato dal nu metal per imboccare la strada del rock alternativo. Finita l’esperienza di contaminazione rap, nel 2008 è arrivato un nuovo batterista, Tony Palermo, che infonde una spinta più percussiva all’atmosfera sonora della band. Benché il successone dell’album Infest del 2000 – che aveva piazzato i Papa Roach nelle classifiche internazionali – non si sia ripetuto, la loro musica è rimasta di eccellente qualità, come dimostra anche il nuovo The Connection. Dopo il tutto esaurito del concerto dell’anno scorso, i Papa Roach tornano al Komplex 457 e ci sono in palio 3 x 2 biglietti!

Affermata artista della scena hip hop svizzera, la bernese Steff la Cheffe ha scompigliato un mondo prevalentemente maschile. In realtà, non le piace nemmeno che si evidenzi questo aspetto e lo fa sapere con i suoi versi dialettali, per esempio in Ha ke Ahnig o in Herr Dokter. Certo, il suo talento non va ridotto all’eterno confronto tra maschietti e femminucce: la giovane rapper è già stata premiata con uno Swiss Music Award (categoria ‹Best Talent›), con la distinzione del miglior demo (categoria ‹Urban›) al festival m4music ed è vice campionessa mondiale di beatboxing. Non intendendo certo riposare sugli allori, Steff è attualmente in tournée con il nuovo album Vögu Zum Geburtstag e il 29 novembre si esibirà al Selig Tanzbar di Coira, concerto per il quale mettiamo in palio 3 x 2 biglietti.

Ha appena vent’anni, ma con il suo album di debutto dell’anno scorso Jake Bugg ha già fatto irruzione nel mondo degli affari della musica. Questo ragazzo inglese che ha cominciato a suonare la chitarra grazie a una puntata dei Simpson è considerato un bambino prodigio. Chi si sta dicendo ‹uff, l’ennesimo gruppo indie inglese!› fa un torto a questo musicista che dà l’impressione di essere cresciuto in braccio a Jimi Hendrix e ai Beatles. Nel 2011, solo cinque anni dopo i primi tentativi con la chitarra, è già stato catapultato sul palcoscenico del leggendario Glastonbury Festival, esibizione che gli è valsa un contratto discografico per quattro album. Nel frattempo, si è fatto conoscere anche da noi: il singolo Two Fingers è rimasto nelle classifiche svizzere per oltre tre mesi. Nell’attesa dell’uscita del suo secondo disco (al quale sta già lavorando), vi diamo la possibilità di vederlo dal vivo a Zurigo!

3 x 2 Biglietti

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Baby­ shambles

Sportfreunde Bullet for Stiller My Valentine

08.12.13, x-tra, Zurigo

22.-25.01.14, Basilea, Lucerna, Berna, Zurigo

12.02.14, Komplex 457, Zurigo

Pete Doherty, il leader dei Babyshambles, è purtroppo più noto per i suoi eccessi che non per le doti musicali. Abbandonato dalla top model Kate Moss – approdata alla tranquilla vita matrimoniale con Jamie Hince –, non sembra essersi liberato delle sue brutte abitudini: attacchi d’ira, controlli alla dogana, cliniche di disintossicazione. Eppure, continua anche a far musica. I Babyshambles hanno attraversato la Manica nel 2007 con Shotter’s Nation e il singolo Delivery. Due anni dopo, è arrivato l’album Grace/Wastelands con Pete (che insisteva però a farsi chiamare Peter) come solista, un lavoro senza dubbio ben riuscito. Tornato con il gruppo, ha lanciato il nuovo disco Sequel to the Prequel in settembre. L’8 dicembre, i Babyshambles lo presentano all’x-tra di Zurigo e noi estraiamo a sorte 1 x 2 biglietti.

Sono tornati! Dopo quasi sei anni di astinenza, il trio tedesco noto per la sua ‹musica calcistica› è riemerso con il singolo Applaus, Applaus e nel nuovo album New York, Rio, Rosenheim continua a rockeggiare come sempre. Oltre al tema del pallone (vedi le canzoni Lauth anhören, oppure ‘51, ‘74, ‘90, 2006 o ancora Unser Freund ist aus Leder), ce ne sono anche altri, basti pensare a brani quali Auf der guten Seite e 7 Tage, 7 Nächte. D’altronde, che gli Sportfreunde non fossero esclusivamente fissati col tifo da stadio l’ha dimostrato anche la serie di concerti ‹MTV Unplugged›. Se incontrano tanta approvazione, è anche grazie alla simpatia che sprigionano con i loro testi sinceri e con la vicinanza al pubblico. Per convincersene, basta ascoltarli dal vivo tra il 22 e il 25.1.2014 a Basilea, Lucerna, Berna e Zurigo. Estraiamo a sorte 4 x 2 biglietti.

Il radar della scena metalcore ha rilevato i Bullet For My Valentine nel 2005, quando il gruppo gallese ha debuttato con il mix di screamo-thrash-heavy metal-hard rockspeed metal dell’album The Poison. Il disco ha però raccolto consensi anche da parte del pubblico più generale, raggiungendo il ventunesimo posto nelle classifiche britanniche. Sono seguite tournée con i Metallica, i Guns N’ Roses e altri grandi nomi. Nel 2008, è uscito il secondo album Scream, Aim, Fire e i Bullet For My Valentine sono definitivamente ascesi all’Olimpo dei metallari, occupando il quarto posto nelle classifiche USA. Al gruppo è andata più che bene anche con i lavori successivi e con i concerti. In Svizzera, ne abbiamo apprezzato tutta la carica esplosiva l’ultima volta al Greenfield Festival, ma chi li avesse mancati può ora rifarsi al Komplex 457 di Zurigo. Mettiamo in palio 3 x 2 biglietti.

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UNA VITA SU DUE ASSI E   QUATTRO RUOTE Te s t o : C ar o le B armettler , f o t o : N i c o las G y s i n

Trovare la strada per lo skatepark di Basilea Port Land è una vera impresa per chi non è pratico della zona.

Al tragitto in tram in direzione di Kleinhüningen, segue un bel pezzo di strada da fare a piedi – fra vecchie rotaie del tram, a fianco di gigantesche chiatte a vapore. Dopo la passeggiata lungo le rive del Reno, appare lontano, fra i vecchi vagoni dai tetti arrugginiti, un piccolo faro rosso e bianco: allora ecco dov’è la mecca basilese degli skater. Dall’ameno Toggenburgo all’urbana Basilea

Si intuisce appena che Ivo Weibel non è cresciuto a Basilea. Ci si è trasferito tre anni fa, proveniente dalla Svizzera Orientale. «Volevo vedere qualcosa di nuovo e avevo sempre trovato Basilea una città simpatica. Quando da una ditta basilese ricevetti la conferma per un posto di lavoro, fu chiaro dove sarei andato a vivere», così spiega Ivo la scelta della città. La sua professione da sogno sarebbe stata, come lui stesso afferma, la perfetta combinazione fra hobby e lavoro. Ma non doveva andare così, come disegnatore di strutture e rampe per lo skate: Ivo litiga con il capo e già dopo un anno cambia, diventando disegnatore edile. «Ora posso gestire da solo il mio tempo, ho un capo fantastico e un buon reddito», racconta Ivo mentre osserva i due skater nella vasca, intenti a provare instancabilmente le loro evoluzioni nella luce della sera. ‹Do It Yourself› era il credo

Gestire liberamente l’orario di lavoro fu particolarmente vantaggioso per Ivo durante la costruzione di Port Land. Il precedente punto di ritrovo della scena skate di Basilea presso l’nt-Areal era stato raso al suolo a causa di un contratto di concessione d’uso giunto a scadenza. Si doveva perciò pensare a un nuovo impianto per poter continuare a praticare l’hobby su quattro ruote. L’iniziatore originario di Port Land fu Oli Bürgin, ‹leggenda vivente dello skate›, puntualizza Ivo. Grazie a raccolte fondi e a una donazione del fondo della lotteria, si raccolse il denaro necessario per il nuovo impianto che pure si trova in una zona industriale in disuso. Molti volontari, fra i quali anche Ivo, sacrificarono l’intera estate 2012 per la sua realizzazione. «In Svizzera, un simile

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do-it-yourself-park è finora senza precedenti. In Europa però piano piano si sta sviluppando una scena skate intenzionata a costruire da sé i propri park», spiega il circa 25 enne. In viaggio? – Finora sempre con lo skateboard

Una volta l’anno, Ivo parte per una settimana di vacanza con un gruppo di appassionati skater di tutta la Svizzera. In auto si va da uno skatepark all’altro, preferibilmente strutture DIY come Port Land. «L’apice dell’anno! Questi viaggi me li filmo perfino», racconta radioso il ragazzo del Toggenburgo. Quest’anno sono stati in Belgio: fra gli altri parchi al Mechelen Park. Che è fra i preferiti di Ivo – insieme al park di Basilea, naturalmente. Ma quest’anno, per la prima volta, non ha fatto solo vacanze sullo skate: è andato alle Hawaii e in Messico. Lo skateboard era nel bagaglio, ma non era al centro dei miei giorni liberi. «Per una volta volevo qualcos’altro», così Ivo giustifica la novità. ‹Port Land è quasi il mio giardino di casa›

Quando Ivo non è fuori dai confini nazionali è di sicuro al Port Land. D’estate, ogni settimana, ci passa dalle 15 alle 20 ore. «C’è un gruppo fisso che d’estate viene qui ogni sera. Il park unisce, si conoscono sempre nuove persone. Tutti sono benvenuti, sia gli skater esperti, sia i principianti», spiega il patito di bowl e minirampa. Tre mesi fa, dall’altro capo della città dove risiedeva, si è addirittura trasferito nelle vicinanze. Con un largo sorriso commenta: «Port Land è quasi il mio giardino di casa. Per svagarmi mi basta venire qui. Durante il weekend ci si sta spesso fino alle 2 o 3 del mattino. Grazie ai fari si può andare in skate anche a notte fonda.» Ma anche chi non pratica lo skateboard si sente a proprio agio in questa zona, lungo la riva del fiume: di fianco alla pool ci sono molti vecchi vagoni che ospitano piccole attività innovative. Fra queste, gente con l’hobby dell’orto che offre il proprio raccolto sotto forma di menu all’ora di pranzo o il bar MARINA che, a due passi dal Reno e fra una vegetazione rigogliosa, invita a prendere l’aperitivo. Alla domanda, se a Basilea oltre a questa mecca dello skate vi siano altri luoghi a lui cari, Ivo non sa bene cosa rispondere. Si vede chiaramente: questo cuore batte per lo skateboard e per tutto quello che gli gira attorno.


R I T R A T T O   B S   Iv o W e i bel

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© Stéphane Schmutz / stemutz.com

N ell’ i mmag i ne   F R   C lara

Clara si è divertita molto durante il periodo di volontariato al Fri-Son.

Andata e ritorno per il Fri-son, per favore!  Te s t o : F l o rence S av i o z

Clara, una ragazza spagnola, ha lavorato sei mesi come volontaria nel locale friborghese Fri-Son e ci racconta di quanto l’esperienza sia stata positiva.

Clara, una ragazza spagnola di venticinque anni, ha trascorso mezzo anno lavorando per la sala concerti e discoteca Fri-Son di Friborgo nell’ambito di un programma del Servizio Volontario Europeo. Allegra e sorridente, tira le somme di quest’esperienza, che l’ha toccata così profondamente da farle mancare le parole. A metà gennaio 2013, temperature di meno cinque gradi attanagliavano la cittadina medievale e pesanti lingue di nebbia ne invadevano le vie. Clara era appena approdata al Fri-Son per lavorare con il personale fisso e i circa duecento volontari del noto locale. Nel corso del suo periodo di volontariato, si è occupata un po’ di tutto: decorazione della sala, servizio al bar, accompagnamento degli artisti, amministrazione e comunicazione, organizzazione di serate cinema, stand del Fri-Son al festival Bad Bonn Kilbi di Düdingen. Il dinamismo e la flessibilità della giovane squadra e la varietà dei compiti hanno reso l’esperienza memorabile.

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Amici, stelle e dive

Ogni settimana trascorsa a Friborgo è stata entusiasmante, con tutti quegli incontri con gli artisti di cui si doveva occupare. Tra i più emozionanti, Clara ricorda quello con i Parov Stellar e gli WE// ARE//ANIMAL, due gruppi particolarmente simpatici e alla mano. C’è stato anche un gruppo metal con cui la collaborazione non è stata delle più semplici. Oltre a un pacchetto di cicche alla cannella, a camicie per il concerto e a una macchina per il caffè, i musicisti avevano preteso una bottiglia di vino difficilissima da procurarsi. Ma dopo lunghe ricerche nei negozi della regione, Clara ha trovato pure quella, racconta ridendo. Una per tutti, tutti per una

Clara si è integrata velocemente, gli altri volontari sono diventati presto amici e il Fri-Son una seconda casa. I due coinquilini, più vecchi di lei, erano come fratelli adottivi e, poiché si sono subito sentiti tutti pienamente a loro agio, Clara è rimasta lì per tutto il suo soggiorno, benché all’inizio doveva essere una soluzione provvisoria. Anche la squadra del Fri-Son l’ha apprezzata tantissimo e ha già deciso che ripeterà l’esperienza con un’altra volontaria nel 2014. In questi sei mesi, Clara ha acquisito nuove competenze: «Sono maturata e ho imparato a rispettare gli appuntamenti e gli impegni presi. Ho maggiore fiducia nella gente e mi concentro di più sulle qualità di ognuno». Sono qualità importanti quando bisogna convivere con altri e, sebbene non possano essere evidenziate in un curriculum, figurano nello Youthpass di Gioventù in Azione.


euro26     Fondazione ch

Sostenere i soggiorni di volontari L’International Cultural Youth Exchange (ICYE) ha organizzato il soggiorno di Clara come volontaria e richiesto i fondi necessari al programma Gioventù in Azione. Il denaro contribuisce alle spese di viaggio, vitto, assicurazione e consente di avere una paghetta mensile. Il programma europeo Gioventù in Azione promuove l’educazione non formale dei giovani finanziando progetti ai quali fornisce anche consulenza, incoraggiando la creazione di reti di contatti e la formazione continua, sostenendo le politiche giovanili a livello europeo e nazionale. Le persone interessate a un volontariato possono rivolgersi a organizzazioni come l’ICYE. Le istituzioni che desiderano accogliere o inviare all’estero giovani volontari possono contattare la Fondazione ch per la collaborazione confederale, che offre programmi come Gioventù in Azione. Il Servizio Volontario Europeo (SVE) offre alle persone tra i diciotto e i trent’anni di tutta Europa la possibilità di sviluppare competenze linguistiche e interculturali per rafforzare la solidarietà, l’impegno civile in Europa e la comprensione reciproca. I servizi prestati devono inoltre portare un valore aggiunto all’organizzazione che accoglie i volontari, affinché ambo le parti ne traggano beneficio. Anche gli Svizzeri possono prestare un servizio SVE. Alla fine del volontariato, ai partecipanti di Gioventù in Azione è data la possibilità di ottenere un certificato Youthpass con indicate le competenze acquisite all’estero, un documento utile da allegare ai futuri dossier di candidatura.

«Lavorare in   un’altra lingua mi ha fatto crescere» Te s t o : T i b o r B au der

Gioventù in Azione e Servizio   Volontario Europeo (SVE)

«Quando sono andata a lavorare nella Svizzera romanda, all’inizio mi sono sentita un pesce fuor d’acqua, ma in retrospettiva è stata un’esperienza eccezionale.» In maggio 2013, Maria, apprendista del commercio al dettaglio di Soletta, ha vissuto e lavorato quattro settimane a Montreux. «Dovevo parlare francese per forza. I primi giorni sono stati difficili. Tutto era nuovo e mi sentivo perduta», ricorda. Ma la determinazione a rimanere è stata ripagata: «I colleghi correggevano i miei errori di lingua e ho fatto rapidi progressi». Ora, Maria ha meno paura di parlare il francese, lingua che apprezza molto più di prima. Ma ci sono stati progressi anche a livello professionale e personale: nel negozio che l’ha accolta ha imparato a conoscere prodotti nuovi, ad adattarsi a un ambiente estraneo e a essere più indipendente. «Consiglio vivamente a qualsiasi persona in formazione – purché ami le lingue – di fare un’esperienza del genere.»

www.ch-go.ch/evs

Informazioni sugli scambi per apprendisti:

Contatto e informazioni:

International Cultural Youth Exchange Svizzera www.icye.ch info@icye.ch, 031 371 77 80

www.ch-go.ch/jugend-in-aktion

www.ch-go.ch/lehrstellentausch

www.ch-go.ch/youthpass

Offerte per chi ha finito una formazione, ma non ha un impiego:

yia@chstiftung.ch, 032 346 18 18

www.ch-go.ch/offenestellen

Tour de Suisse  |  www.euro26.ch  45





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