PIEMONTE Periodico monografico di politica, economia, arte, cultura e turismo - Anno VII n.20 - â‚Ź 5,00
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PIEMONTE Periodico monografico di politica, economia, arte, cultura e turismo - Anno VII n.20 - € 5,00
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Regioni d’Italia è un periodico della Casa Editrice S.E.I. registrato presso il Tribunale di Roma al n.175/10. Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione totale o parziale della pubblicazione senza la preventiva autorizzazione della Casa Editrice. Il contenuto della rivista non comporta responsabilità alcuna per involontari errori o inesattezze o per l’uso corretto delle fonti di informazione a cui l’Editore ha attinto. Manoscritti e foto non pubblicati, non sono soggetti a restituzione. La Casa Editrice si scusa se,per cause indipendenti dalla sua volontà, abbia omesso o erroneamente citato qualche fonte iconografica. Un particolare ringraziamento viene rivolto a tutti gli Uffici Stampa che hanno contribuito alla realizzazione di questo numero monografico.
Museo Nazionale dell’Automobile “Avv. Giovanni Agnelli”
F
ondato nel 1932, il Museo Nazionale dell’Automobile è uno dei musei di carattere tecnico-scientifico più famosi al mondo. Nel 2011 ha subìto un’importante ristrutturazione architettonica che ha reso il suo volto contemporaneo e avveniristico, ma che soprattutto ha contribuito a posizionare in modo dinamico e interattivo la nuova realtà museale all’interno del panorama culturale italiano. Nel 2013 il quotidiano inglese The Times lo ha inserito nella classifica dei 50 migliori musei del mondo, valorizzandone l’impostazione educativa e scientifica. Oggi, grazie all’utilizzo delle nuove tecnologie digitali, alla rete Wi-Fi aperta e gratuita e ad una app dedicata, il Mauto mette a disposizione dei visitatori un patrimonio di dati - raccolti e indicizzati nel corso degli ultimi due anni - approfondimenti storici, immagini d’archivio, schede tecniche sulle vetture e sui carrozzieri che saranno consultabili, durante la visita, attraverso smartphone personali, totem multimediali o Ipad in dotazione. La sua splendida collezione è tra le più rare e interessanti nel suo genere, con quasi 200 automobili originali di 80 diverse marche, dalle prime vetture a vapore del 1769 fino alle più recenti. Il percorso di visita si articola su tre piani: L’automobile e il Novecento, L’uomo e l’automobile e L’automobile e il design. Le vetture che non trovano posto nel percorso espositivo sono invece visitabili (su prenotazione) nel rinnovato Garage che accoglierà anche l’officina e la scuola di restauro, grazie alla quale si potranno coinvolgere operativamente professionisti del settore delle auto d’epoca, artigiani ed esperti che affiancheranno giovani allievi per promuovere un passaggio intergenerazionale delle competenze. La sezione dedicata al Design è stata completamente riallestita con spettacolari approfondimenti finalizzati a promuovere una più ampia conoscenza del car design e della sua evoluzione storica. All’esposizione museale si aggiungono un’area mostre temporanee, uno spazio eventi, un centro congressi, il centro didattico, il bookshop e la caffetteria-ristorante. Il Centro di Documentazione, tra i più preziosi in Europa per la singolarità delle sue collezioni, è aperto al pubblico ed è attiva la consultazione online del catalogo sia della parte libraia che di quella archivistica. Museo Nazionale dell’Automobile “Avv. Giovanni Agnelli” Corso Unità d’Italia 40 – 10126 Torino Italia www.museoauto.it – info@museoauto.it Tel. 011 677666/7/8 – Fax 011 6647148
Sommario
Torino
Valsesia (VC) - credit regione piemonte - assessorato al turismo
L’isola dei Pescatori, Lago Maggiore
Le Langhe del Monferrato
Fossano
Il Palio di Asti
009
Editoriale
010
Piemontesi Famosi
012
Una storia Sabauda
016
Personaggi
022
Politica
026
Il Territorio
028
Le Montagne
034
I Parchi
042
I Laghi
046
Il maestoso Po
048
Le Langhe
052
Le Valli
056
I Borghi
062
Torino
068
Il Museo Egizio
070
Il Salone del Libro
072
Ville e Castelli
076
Alessandria
080
Asti
085
Biella
088
Cuneo
092
Novara
096
Verbano-Cusio-Ossola
098
Vercelli
103
Industria & Commercio
114
A chi (non) piace la TAV ?
116
Il Sistema Sanitario
120
Una terra a vocazione sportiva
122
Eredità Olimpica
124
Istruzione
127
Tradizioni
132
Turismo & Hotellerie
137
L’eccellenza in tavola
142
I grandi vini piemontesi
148
Elenco Hotel 5 stelle
150
Elenco circoli di golf
152
Il Passatempo 7
Vista panoramica del Ponte Vittorio Emanuele I e della Chiesa della Gran Madre di Dio
Editoriale
P
arlare del Piemonte è un po’ come parlare delle nostre origini, del nostro dna, come si direbbe oggi. Le origini a cui facciamo riferimento sono naturalmente quelle storiche, quelle cioè che hanno dato vita alla nostra nazione. I fatti sono ben noti, avendoli studiati sui libri di scuola, ma ciò che dovremmo ricordare non sono tanto le date delle guerre d’indipendenza, quanto i valori e le idee che hanno permeato l’epopea risorgimentale, nonché i sacrifici che i nostri antenati hanno sopportato per fare dell’Italia un unico paese, sotto una sola bandiera. Tutto questo ha avuto origine nella Torino sabauda, quando i Savoia erano di ben altra levatura rispetto agli attuali rappresentanti della casata. C’è da chiedersi però, cosa sia rimasto in noi di quel periodo, di quegli ideali, visto che il raffronto fra le due epoche è a dir poco abissale. E’ pur vero che, da allora, tanta acqua è passata sotto i ponti del Po, provocando profondi mutamenti nell’animo della gente: le due guerre mondiali, il fascismo, la ricostruzione e le lotte sociali hanno fatto dimenticare certi ideali, come l’amor di patria e soprattutto l’onestà, che non è più scontata, proiettati come siamo alla ricerca spasmodica del denaro a tutti i costi. E qui il pensiero corre alle vicende del leghista Cota, ex-Presidente della Regione, che in quanto ad onestà non ha certo brillato, lui che invece avrebbe dovuto dare il buon esempio. Ma, nonostante tutte le storture dell’odierna politica, dobbiamo ricordarci delle nostre origini ed esserne orgogliosi, come di una cosa pura, non inquinata, rendendo omaggio al Piemonte e a Torino in particolare.
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piemontesi Famosi
Gianni Agnelli (Torino) Industriale, fra i più noti Italiani al mondo.
Giorgio Bocca (Cuneo) Giornalista e scrittore.
RitaLevi-Montalcini(Torino) Giuliano Amato (Torino) Scienziata Premio Nobel per la Politico, già Presidente del Consiglio, e più volte Ministro. medicina nel 1986.
Umberto Eco (Alessandria) Carlo Alberto Dalla Chiesa Oscar Luigi Scalfaro (Novara) PrimoLevi(Torino)Scrittore, Scrittore, saggista e accademi- (Saluzzo) generale e prefetto, Politico e magistrato, è stato il famoso per aver descritto i campi nono Presidente della Repubblica. di sterminio nazisti. co, autore di alcuni best seller ucciso a Palermo.
Giuseppe Saragat (Torino) Luigi Einaudi (Carrù) Giovanni Giolitti (Mondovi) Cesare Pavese (S. Stefano Belbo) politico, fu il quinto Presidente Economista, è stato il secondo Statista, più volte Primo Ministro, Scrittore, tra i massimi esempi della Repubblica Italiana. tra fine ‘800 e primi del ‘900. Presidente della Repubblica. della letteratura italiana.
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piemontesi Famosi
Silvio Pellico (Saluzzo) Camillo Benso di Cavour Patriota e scrittore. Famoso (Torino) Politico, artefice il suo libro “Le mie prigioni”. dell’Unità d’Italia.
Luigi Cadorna (Pallanza) Vittorio Alfieri (Asti) Generale comandante dell’eser- Scrittore e drammaturgo, autore cito Italiano nel 1914. di tragedie, prose e commedie.
Massimo D’Azeglio (Torino) Guido Gozzano (Torino) Mario Soldati (Torino) Scrittore e regista. Famoso il suo nel 1849 fu Presidente del Con- poeta, esponente del crepu“Viaggio lungo la valle del Po”. siglio del Regno di Sardegna. scolarismo.
Galileo Ferraris scienziato, inventore del motore elettrico a corrente alternata.
Piero Gobetti (Torino) giornalista antifascista, erede della tradizione liberale italiana.
Cesare Balbo (Torino) politico, fu Presidente del Consiglio del Regno di Sardegna.
Pietro Micca (Sagliano) fu protagonista della resistenza di Torino all’assedio francese.
Norberto Bobbio (Torino) giurista e filosofo, è considerato il massimo teorico del diritto.
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Un quadro raffigurante la battaglia di Novara
una storia sabauda Dal Conte Biancamano ad Umberto di Savoia ultimo Re d’Italia
L
a storia del Piemonte e di Torino in particolare, è strettamente legata alla dinastia sabauda che ha regnato per ben nove secoli su questo territorio, sin dall’inizio dell’anno 1000 quando il Conte Umberto Biancamano, considerato il capostipite dei Savoia, prende possesso di alcune terre comprese fra le Alpi occidentali, il lago di Ginevra, il Rodano e l’Isère. Un piccolo dominio feudale che poi si ingrandirà a dismisura nei secoli successivi. Abilità e fortuna vollero che il Biancamano riuscisse a controllare i valichi alpini che dalla Francia conducono in Italia, imponendo a chiunque transitasse ( eserciti, mercanti, pellegrini ) un pedaggio che, unito all’offerta di alloggio e cibo, consentì un notevole accumulo di ricchezza e di potere. L’aver stretto poi alleanza con Corrado II nella lotta vittoriosa che costui aveva ingaggiato per la successione al Regno di Borgogna, rappresentò un
Carlo Alberto firma lo Statuto
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fortunato legame che assicurò al Conte vantaggi di carattere territoriale, oltre che di grande prestigio. Ebbe così inizio il dominio dei Savoia, radicato sui valichi delle due arterie che, attraverso il Moncenisio e il Gran S. Bernardo, convergevano dalla Francia verso l’Italia. Poi, col lento trascorrere del tempo, il feudo sabaudo della Val d’Aosta si ingrandì notevolmente anche per merito di alcuni felici matrimoni che, all’epoca, rappresentavano il mezzo più semplice e proficuo per acquisire nuovi territori, come avvenne all’erede del Biancamano che sposando la contessa di Torino, ebbe mano libera sul corridoio che dalla Pianura Padana conduceva in Francia. Intelligenza e intuizione politica quindi, ma anche saggezza nell’aver saputo scegliere le alleanze giuste al momento giusto e, non ultimo, il fatto di essersi accattivati la simpatia delle autorità ecclesiastiche
Carlo Alberto durante la battaglia di Pastrengo
dell’epoca, con cospicue donazioni a canonici, abbazie e monasteri, nel delicato periodo della lotta per le investiture. Il consolidamento territoriale avviene soprattutto nella Savoia da cui appunto avrà origine, nel corso del XIII secolo, il titolo di Conti di Savoia, al posto del meno noto Conti di Moriana, come erano chiamati in precedenza, gli eredi di Umberto Biancamano. La particolare collocazione geografica, unita ad uno spregiudicato uso della diplomazia e dell’arte bellica, garantisce ai Savoia non solo autonomia ma anche potere per i primi tre secoli della loro storia, fino a quando, a metà del 1400, inizia un periodo molto critico per la dinastia sabauda che vede ridimensionare i propri territori a vantaggio della Francia. La Savoia, il lago di Ginevra, Torino e la Val di Susa diventano francesi, mentre il
contro eserciti dotati di mezzi e attrezzature moderne. Ma la situazione cambierà poi ancora in positivo, grazie alla capacità di alcuni principi sabaudi nel saper tessere le alleanze più profittevoli con i potenti dell’epoca e nell’aver intrapreso importanti battaglie vittoriose. A questo riguardo, non si può non citare il Conte Verde (1334–1383) al secolo Amedeo VI, il di lui figlio Amedeo VII (1360–1391) passato alla storia col nome di Conte Rosso e il terzo Amedeo VIII (1383–1451) Il Pacifico, così appellato in quanto poco amante delle imprese militari, ma incline piuttosto ad ottenere successi sullo scacchiere europeo, attraverso una sottile quanto abile e astuta diplomazia. A lui si ascrive il titolo di duca conferitogli dall’Imperatore Sigismondo di Lussemburgo il 9 Febbraio del 1416.
STORIA
Il passo del Moncenisio da cui ebbe origine la fortuna dei Savoia
Piemonte orientale passa sotto il dominio spagnolo. Vi è anche da considerare che, mentre Francia, Inghilterra, Spagna e Germania, erano già monarchie nazionali ben consolidate, la dinastia sabauda era ancora a carattere regionale e non disponeva di grandi ricchezze, necessarie per l’ammodernamento e il mantenimento delle milizie. I Savoia non avevano i mercanti, i banchieri, gli artigiani e i navigatori che negli altri Stati foraggiavano i sovrani, ma al contrario potevano far leva solo su un territorio montano, aspro e povero di risorse naturali. La posizione geografica che all’inizio veniva considerata il fondamento della loro fortunata crescita, adesso diventava una ragione di estrema debolezza in quanto territorio indifendibile
Da quel momento non si parlerà più dei Savoia come Conti, bensì come Duchi: un salto di qualità formale non indifferente. Sul piano territoriale, le acquisizioni non sono meno significative dei titoli, poiché, grazie ai tre Amedeo, la dinastia si consolida come non mai. Purtroppo però, a questi successi e a queste glorie fanno seguito avvicendamenti meno fortunati, per non dire infausti. Il secolo successivo, come dicevamo poc’anzi, vede un decadimento della dinastia sabauda che durerà per cento anni, durante i quali il ducato attraverserà una lunga crisi, sia per la perdita di grandi porzioni di territorio, sia per la diminuita influenza politica. Questo processo di decadenza è dovuto in parte all’inettitudine di alcuni duchi, nonché al fatto 13
che i Savoia non riuscirono a tenere il passo con la trasformazione politica che nei secoli XV e XVI contraddistinse la nascita dell’Europa moderna. Ma chi più di tutti riuscirà a sollevare le sorti della dinastia sabauda sarà, più tardi, Emanuele Filiberto (1528–1580) restaurando i precedenti domini con le relative prerogative. Figlio del duca di Savoia Il castello di Chambery, prima capitale del Regno Sabaudo Carlo II, a soli 17 anni, Emanuele Filiberto parte da Vercelli per la Germania dove a Worms si tiene la Dieta dell’Impero. Il commiato dalla casa paterna è malinconico e triste, in quanto lo Stato sabaudo si è ormai disgregato, spartito tra Francia e Spagna. La partenza del giovane Emanuele Filiberto rappresenta quindi l’ultima chance per recuperare il prestigio perduto presso l’Imperatore. Di bell’aspetto, ma piuttosto piccolo, viene istruito alla tradizione politico-militare di casa Savoia, senza tuttavia trascurare le materie umanistiche, con particolare inclinazione verso i libri di storia e di filosofia, e gli esercizi ginnici. Sicuro di sé, socievole e brillante conversatore, già a diciassette anni riesce con tratto regale a muoversi bene in mezzo all’alta aristocrazia europea, sfoderando arguzia e intelligenza, compostezza e cordialità, nonostante le ristrettezze economiche in cui si dibatte. L’Imperatore, che è suo zio materno, lo apprezza e lo aiuta, prendendolo a ben volere e nominandolo comandante della guardia imperiale, oltre ad affidargli altri incarichi di fiducia che lo pongono sempre più in alto fra i grandi dignitari di corte. Nel 1553, con la nomina a comandante supremo dell’esercito, Emanuele Filiberto compie il salto di qualità decisivo vincendo i francesi nella battaglia di San QuintiUmberto di Savoia ultimo Re d’Italia no, sgominando le forze subalpine che lasceranno sul terreno più di cinquemila morti. Per merito di questa vittoria, il duca sabaudo si afferma come uno dei più grandi condottieri del suo tempo ed anche come uno degli uomini più influenti dello scacchiere politico. Il suo prestigio è all’apice: apprezzato e rispettato come uno dei più valenti uomini d’arme da tutte le corti europee, non gli resta adesso che far valere la restaurazione del ducato di Savoia. Col trattato di Cateau-Cambrésis, i francesi restituiscono le terre occupate mentre gli spagnoli abbandonano il Piemonte, conservando Asti e Vercelli. Appendice del trattato è anche il matrimonio di Emanuele Filiberto con Margherita di Valois, sorella del re di Francia Enrico II, più vecchia di cinque anni, ma donna colta, saggia e intelligente. Non è certo un’unione d’amore, tanto che il duca, dopo la nascita dell’erede, lascia libero sfogo alla sua esuberanza sessuale, disseminando figli illegittimi che vengono poi allevati a corte a sue spese. Il regnante severo diventa così l’amante lussurioso che di
Nel 1860, Annecy divenne capoluogo dell’Alta Savoia
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notte frequenta bordelli e case di campagna, ma la storia lo consacra come un sovrano straordinariamente abile e come l’uomo di cui il ducato aveva bisogno per risorgere. Da notare anche la sua lungimiranza nell’aver trasferito nel Febbraio del 1563, la capitale da Chambéry a Torino, città dall’aspetto ancora medioevale con soli 14 mila abitanti. Il duca muore, nefritico, il 30 Agosto 1580, a cinquantadue anni, lasciando al figlio Carlo Emanuele appena diciottenne, un’eredità di grande valore, che saprà valorizzare in mezzo a mille difficoltà, guerre e altalenanti alleanze. Un principe, Carlo Emanuele, che regnerà per mezzo secolo dal 1580 al 1630 passando alla storia anche per la fastosità della sua corte, per il lusso e il mecenatismo. Con una politica accorta, ambiziosa e ambigua, farà sì che il Piemonte assurga a Stato negli equilibri europei, scrollandosi di dosso quella patina di provincialismo che lo relegava in secondo piano. Tutto questo, però, costerà molto caro a Carlo Emanuele perché dovrà lasciare al figlio un territorio in gran parte occupato dalle truppe francesi. Gli succede Vittorio Amedeo, un duca che regnerà per soli sette anni dal 1630 al 1637 e per la sua morte si avanzerà il sospetto di un avvelenamento.
STORIA
Il Forte di Exilles, chiave di volta delle contese tra Savoia e Francesi
Lascia due figli in tenera età, di cinque e tre anni, per cui la reggenza passa alla moglie Cristina, donna assai bella, scaltra, intelligente, ambiziosa, disinvolta, cresciuta a Parigi da dove importerà fasto ed esibizione. Cristina, pur avendo governato per 15 anni in piena subordinazione politica alla Francia, riesce tuttavia a conservare l’unità territoriale in un ducato indebolito da guerre e in declino finanziario a causa delle enormi spese sostenute. Vittorio Amedeo II, che succede alla guida del ducato sabaudo, gioca una partita importante fra la Francia di Luigi XIV e l’Imperatore asburgico e passerà alla storia come il vincitore della battaglia di Torino del 1706, quando insieme al cugino Principe Eugenio, riesce a sconfiggere i francesi su tutto il fronte piemontese. Inoltre, con la pace di Utrecht del 1713 che sancisce il passaggio dall’egemonia spagnola a quella asburgica in Italia, Filippo V di Spagna cede ai Savoia la Sicilia per cui Vittorio Amedeo II diventa Re. Poi la Sicilia passerà all’Austria che nel 1720 concede al Re sabaudo la Sardegna. Da quel momento i Savoia diventano Re di Sardegna, titolo che conserveranno fino al 1861, quando assumeranno il titolo ben più importante di Re d’Italia.
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Gianni Agnelli
L
’avvocato, così era chiamato Gianni Agnelli, è stato per Torino come un autentico re. Era il simbolo della ricchezza, della potenza, del lusso, dello charme. Quando si avvidero che portava l’orologio sopra il polsino della camicia, il fatto divenne di colpo un cult. Lui dettava la moda, anticipava le tendenze, scopriva località nuove che venivano subito prese di mira dalla borghesia. I fotografi andavano a caccia di ogni minimo particolare che potesse suscitare ammirazione e lo immortalavano sui rotocalchi di tutto il mondo. Impossibile vederlo sempre nello stesso posto: oggi a Torino, poi a New York, in Costa Azzurra, sulla Costa Smeralda, a Saint Moritz, a Gstaad, al Sestriére, a Roma nella sua residenza accanto al Quirinale. Lui, che si poteva permettere qualunque stranezza, amava essere libero da convenzioni e da luoghi comuni. Una volta, infischiandosene, venne ripreso mentre si tuffava nudo da una delle sue barche e la foto fece il giro dell’universo. Con la sua erre moscia, era invidiato per la scioltezza del dialogo 16
Personaggi
e con il suo sorriso affascinante era desiderato da moltissime donne. Poco trapelava della sua vita privata a Villar Perosa e quel poco lo raccontava lui, spontaneamente. Diceva di alzarsi molto presto e dopo una colazione frugale a base di fette biscottate e marmellata, andava in Corso Marconi guidando l’utilitaria, lui che possedeva elicottero, aereo e barche. Sapeva essere anche modesto perché non ostentava mai opulenza, né esibiva la sua fortunata classe sociale. Una volta, una signora di Milano scrisse una vibrata lettera alla sua attenzione, lamentandosi che la vettura da lei acquistata non funzionava bene: lui rispose personalmente, invitando la signora ad andare alla filiale Fiat più vicina dove le avrebbero cambiato la macchina, dandogliene una nuova. L’avvocato era così: imprevedibile, gioviale, riservato. Ma c’è anche chi lo descrive egoista, superficiale, capriccioso. Un personaggio che ha fatto la cronaca del novecento, a capo di una vera e propria dinastia aristocratica, qual era ritenuta quella degli Agnelli. Il jet set internazionale se lo contendeva e i paparazzi lo ritraevano vicino a Kennedy, a Onassis, ai reali d’Inghilterra, e di Spagna, ai Grimaldi e ai Baldovino, a Rockefeller e Rothschild. Intervistato dalle più prestigiose riviste del mondo, si poteva permettere battute spesso ciniche e ironiche sul mondo politico e industriale. Era l’ambasciatore del capitalismo italiano, proprietario oltre alla Fiat, di giornali, alberghi, autostrade, compagnie di assicurazione, banche, grandi magazzini, costruzioni, fabbriche di locomotive, camion, aerei e naturalmente della sua squadra del cuore, la Juventus. Al tempo stesso era il portavoce di un paese ricco di storia, di tradizioni, monumenti, arte e cultura. Non a caso Francesco Cossiga lo nominò senatore a vita, per i suoi meriti sociali. Muore a 82 anni dopo una lunga malattia. Questo era l’Avvocato. 17
camillo benso di CAVOUR Alla sobrietà dello statista, fa riscontro in privato una vita spericolata
S
in dall’età scolastica, studiando sui libri gli atti e l’opera del Conte Camillo Benso, lo idealizziamo, anche in base all’iconografia ufficiale, come una figura, non solo molto importante, ma seria, austera, dedita solo al dovere. La storia ce lo tramanda così e i ragazzi imparano a memoria le date, le guerre, i personaggi che, insieme a lui, fanno da sfondo alle vicende europee come Napoleone III, gli Asburgo e il Re di Sardegna con i suoi Ministri. L’immagine che ne deriva, di Cavour, non può che essere, quindi, quella di un nobile tutto d’un pezzo. Ma non è così. Cavour aveva infatti i suoi vizietti, insomma era un essere umano con tutte le sue debolezze che, a ben vedere, ce lo fanno diventare più simpatico, come una persona normale, anziché soltanto come un genio risorgimentale. Prima di diventare un eccellente diplomatico e un grande statista, Cavour, nonostante una innata propensione per la politica, si è dedicato sorprendentemente ad altre professioni che lo hanno fortificato, rendendolo più sicuro di sé. Già a nove anni manifestava una certa esuberanza e una grande vivacità, nonché una precoce inclinazione verso il cosiddetto sesso debole che troverà poi conferma nelle avventure sentimentali della giovinezza. A dieci anni, nel Maggio del 1820, entra all’Accademia militare, com’era tradizione delle nobili famiglie piemontesi, in quanto assicurarsi un buon posto nell’esercito poteva significare 18
iniziare la carriera con buone speranze di successo. Il padre, marchese Michele, godeva la simpatia del principe ereditario Carlo Alberto che lo nomina paggio di corte, ma proprio questo episodio sarà all’origine della rottura fra i due che durerà per molti anni ancora. Il giovane Cavour disprezza infatti la livrea che i paggi dovevano indossare e all’uscita dell’Accademia, orgoglioso e puntiglioso com’era, avrebbe maldestramente pronunciato la frase: “Non vedo l’ora di togliermi questa divisa da lacché” incorrendo così nelle ire del principe di Carignano. Nonostante l’insofferenza per la disciplina militare, Camillo diventa ufficiale ma nel 1831, pochi mesi dopo l’ascesa al trono sardo di Carlo Alberto, considerando le difficoltà insorte a causa delle sue idee liberali ormai di pubblico dominio, offre le sue dimissioni abbandonando così il servizio militare. Ecco che allora, a 21 anni, decide di dedicarsi all’allevamento del bestiame e alla coltivazione dei campi nella tenuta di famiglia di Grinzane, un piccolo borgo delle Langhe, ottenendo al contempo da Carlo Alberto, la nomina a Sindaco del paese. Ma la sua innata irrequietezza lo porta sempre più spesso a Torino dove impara il vizio del gioco che lo perseguiterà per parecchio tempo ancora, facendogli perdere ingenti somme di denaro. Nel frattempo i rapporti con la famiglia si logorano al punto che col fratello Gustavo quasi non si parlano più.
Personaggi
Ne consegue un senso di delusione, di amarezza, di depressione che lo spingono a desiderare la morte. “ Pregherò il cielo affinché mi mandi una buona polmonite che mi porti all’altro mondo” scrive nel suo diario, ma poi si rinfranca e si distrae piacevolmente con un’antica fiamma, l’amica Nina Giustiniani che non vedeva da due anni. Quelli rimasero giorni indimenticabili e fra i più felici della vita di Camillo, anche se poi si consolerà con la dolce marchesa Clementina Guasco che, sedotta dal fascino del conte, gli si dona nel bel mezzo di un bosco. Segue un intenso susseguirsi di viaggi all’estero: prima Ginevra, poi a Parigi per due anni e mezzo e infine l’Inghilterra, dove rimane profondamente impressionato dalla politica, dalla società civile e industriale di quel paese che gli dà la misura dell’arretratezza in cui ancora versava il Piemonte. Tanto è affascinato dall’Inghilterra che, al ritorno a Torino gli affibbiano il soprannome di “Lord Camillo” per le tante citazioni a favore del sistema di vita inglese. Ma ecco, nel 1837 riaffacciarsi un nuovo grande amore, una passione travolgente per Emilia di Pollone, di cui Camillo è innamorato cotto, come scrive il fratello Gustavo. E Camillo ammette nel suo diario “Mi sono capitate molte avventure in questi ultimi tre mesi…” Poi riparte per Parigi e ricomincia a giocare, perdendo cospicue somme, tanto che il fratello Gustavo gli telegrafa “Ti spedisco oggi una cambiale garantita di 2.200 franchi”. Ma oltre al tavolo verde che gli faceva passare notti insonni per la tensione provocata dalle perdite troppo forti, Camillo si
butta in un gioco ancor più pericoloso: la Borsa. “Una specie di delirio s’impadronì di me, al punto che non ero più io” scriverà. Il gusto del gioco e la passione per le donne, lo accompagnerà per tutta la vita, anche se, dopo molte delusioni, riuscirà a dominarsi, raggiungendo la pace interiore. Oltre al gioco in borsa, Camillo si occupa anche di affari, comprando e rivendendo grano, sigari ed altre mercanzie. Nel 1839 dirige una compagnia ferroviaria che deve raccordarsi con la Francia e due anni dopo diviene tesoriere degli Asili di infanzia a Torino e consigliere dell’Associazione agraria. Nel ’42 ritorna a Parigi, che egli definisce la capitale intellettuale del mondo e frequenta i salotti più importanti della capitale, conoscendo uomini politici di varie tendenze che gli faranno capire il vero spirito di una società libera. Al suo ritorno in Piemonte, inizia la sfolgorante carriera politica in cui metterà a frutto le esperienze acquisite nei suoi lunghi viaggi, le conoscenze e i rapporti intessuti con i grandi personaggi della sua epoca, fino a tessere con pazienza e devozione, la tela che unirà l’Italia. Tutti i personaggi del Risorgimento, da Garibaldi a Mazzini lo hanno stimato come un uomo dedito al bene della patria e tale lo hanno riconosciuto anche oltrealpe, soprattutto in Inghileterra. Morirà a 51 anni nella sua Torino, lasciando un vuoto incolmabile. La città ammutolita per il diffondersi della notizia della sua morte, rimane a lutto, come paralizzata, conscia di aver perso con Camillo non solo il più grande statista di tutti i tempi, ma anche un uomo buono, cordiale, onesto.
Sala del Parlamento Subalpino - Torino
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Personaggi
LUIGI Einaudi
I
l Piemonte è senza dubbio profondamente legato a una figura cardine della storia italiana, colui che più di ogni altro è riuscito a riunire sotto un’unica bandiera un popolo intero: Luigi Einaudi. Esponente del pensiero liberista, Einaudi parlava di trasparenza dello stato e società libera ma, soprattutto, fu uno dei primi a immaginare un’Europa solida dove politica economica, sociale e militare fossero riunite sotto un’unica immagine, una federazione dotata di profonde libertà. Non è per questo un caso se oggi, a Torino, sorge il Campus Luigi Einaudi, un prestigioso polo di Scienze giuridiche, poco tempo fa incluso dalla CNN International tra i dieci edifici universitari più belli del mondo. La sua vita si svolge tra il Piemonte e Roma: da Carrù, dove nasce nel 1874, si trasferisce a Dogliani dopo essere rimasto orfano di padre. Gli studi lo portano naturalmente a Torino, al Convitto nazionale Umberto I e poi a frequentare l’università e il Laboratorio di economia politica del de Martiis, dove otterrà la laurea in giurisprudenza. Da questo momento in poi inizia a diventare un punto di riferimento accademico, coprendo la cattedra di Scienza delle finanze dell’Università di Torino e, contemporaneamente, anche l’incarico di Legislazione industriale al Politecnico e di Scienze delle finanze all’Università Bocconi di Milano. Tutto ciò verrà bruscamente rallentato
dall’avvento del Fascismo; Einaudi infatti dovrà scappare in Svizzera riuscendo comunque a mantenere i contatti con Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi. Prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale aumenta, infatti, il suo interesse verso la politica che lo porta a discutere e confrontarsi con le migliori menti del tempo. Con la fine delle ostilità diventa Governatore della Banca d’Italia e, successivamente, entra a far parte dell’Unione Democratica Nazionale. Il Senato della Repubblica lo accoglie a braccia aperte nel 1948 e, da questo momento in poi, Einaudi inizierà ad aumentare il suo peso specifico nel dibattito politico italiano: prima come Vice Presidente del Consiglio nel Governo De Gasperi, poi come Ministro delle Finanze e, successivamente, del Bilancio. È strano pensare che una sola persona possa guidare le sorti di un popolo intero, ma con Luigi Einaudi succede proprio questo perché il boom economico degli anni cinquanta e sessanta è il frutto della sua pianificazione economica dei dazi doganali e con la diminuzione della tassazione interna. Riconosciuto da tutti come un punto di riferimento inamovibile nella politica italiana, l’11 maggio 1948 arriva il riconoscimento più importante di tutti: al quarto scrutinio, con 518 voti su 872, viene eletto Presidente della Repubblica Italiana dopo aver “battuto” Carlo Sforza, dato da tutti come il favorito. 21
Politica
Matteo Renzi, Presidente del Consiglio dei Ministri
Renzi, bravo o fortunato?
C
’è da augurarsi che alle prossime elezioni gli italiani lancino un messaggio chiaro e forte a tutta la classe politica, divenuta ormai insopportabilmente inadeguata e screditata. Tutti parlano con frasi fatte, ad effetto, senza riuscire ad esprimere un concetto preciso, se non quello, scontato, di volere il bene del paese. Persone come Alfano, ad esempio, che ricoprono ruoli di grande responsabilità, non sono in grado di guidare un dicastero importante quale il Ministero dell’Interno. Lo si è visto anche in occasione della guerriglia scatenata a Roma dai tifosi olandesi che hanno messo a ferro e fuoco piazza di Spagna senza che la Polizia avesse previsto un simile evento tutt’altro che difficile da prevedere, data la nota violenza degli hooligans. Dopo lo sfascio, è seguito il solito scaricabarile fra Sindaco, Questore e Prefetto, come avviene ormai da copione italiano. E non è certo un caso isolato. Troppo spesso, ad esempio in occasione delle alluvioni che immancabilmente devastano il nostro territorio, si ripete la solita commedia alla ricerca dei responsabili che non si individuano mai.
Angelino Alfano, Ministro degli Interni
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L’errore fondamentale è che i Ministri vengono scelti come sappiamo, non per provata competenza come invece dovrebbe avvenire, ma per una spartizione di poltrone fra i partiti che compongono la maggioranza di governo. Sono perciò i partiti, una volta stabilita la quota di poltrone da occupare, che indicano i nomi per la nomina a Ministro o Sottosegretario. E poco importa al partito se i nomi prescelti abbiano o meno la competenza per dirigere un dicastero: quello che conta per il partito sono i voti che il prescelto rappresenta. Ma c’è un altro aspetto fra i tanti mali della partitocrazia che andrebbe estirpato. Si tratta della questione morale che vede politici indagati e in alcuni casi condannati, sedere tranquillamente a Montecitorio o a Palazzo Madama. La corruzione sta dilagando anche nel bel mezzo dell’emiciclo parlamentare, con la sfrontatezza e l’arroganza di chi sa di rimanere impunito. Il risultato è che nessuno si degna di dare le dimissioni. Il malaffare poi investe tutta una serie di “appoggi e raccomandazioni” per favorire amici e parenti, ottenere cariche, consulenze, prebende e agevolazioni. Poi c’è il problema, meno grave ma scandaloso, dei Berlusconi con Dell’Utri privilegi di cui godono i deputati rispetto agli altri cittadini, come quello di non essere sottoposti alle normali procedure di arresto previste dalla Magistratura, che deve ottenere l’autorizzazione a procedere da parte della Camera. Ma lo spettacolo della politica è reso ancor più deprimente se si osserva la continua lotta fra le varie correnti di partito per assurgere a leader, come sta accadendo in Forza Italia ormai ridotta allo sfascio. Il fatto poi di creare un proprio partito per ottenere il finanziamento da parte dello Stato, è diventata una moda tutta italiana. Si dirà che da che mondo è mondo, è sempre esistita la corruzione, gli scandali, i voti di scambio, il tradimento delle alleanze ed altre simili nefandezze. Ma è dunque questa la democrazia con cui dobbiamo convivere? La democrazia, è noto, porta con sé i germi dell’imperfezione, come una malattia virale contro la quale non ci sono vaccini o mediBerlusconi con Verdini camenti che la possano far guarire.
Berlusconi con Scajola
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un vitalizio da eliminare Alcuni fra i più noti (ex) parlamentari, percepiscono ogni mese un ricco vitalizio nonostante siano stati condannati per diversi reati
finanziamento illecito ai partiti
Frode fiscale
8.000al mese€
6.062 € al mese Silvio Berlusconi
arnaldo forlani
Finanziamento illecito ai partiti
corruzione e finanziamento illecito
5.517al mese€
6.062 € al mese Gianni de michelis
giorgio la malfa
concorso esterno in ass. mafiosa e frode fiscale
finanziamento illecito ai partiti
5.175 € al mese
4.400al mese€ marcello dell’utri
corruzione in atti giudiziari
Finanziamento illecito AI PARTITI e corruzione
4.235al mese€
4.013 € al mese cesare previti
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renato altissimo
Francesco De Lorenzo
Politica
Ma esiste un antidoto contro i mali della democrazia e cioè il voto degli elettori: ecco perché dicevamo poc’anzi che gli italiani dovrebbero darsi una mossa alle prossime elezioni. Far capire alla classe politica che il sistema è sbagliato e che qualcosa deve cambiare. Nel frattempo abbiamo un Premier certamente non peggiore dei suoi predecessori, per dirla con chi lo critica abbastanza benevolmente. Renzi ce la sta mettendo tutta, dobbiamo dargliene atto, considerando la sua giovane età che non gli consente di avere molta esperienza alle spalle. Gestire il potere, si sa, è cosa tutt’altro che facile, soprattutto quando si deve combattere contro le faide interne al partito che mal digeriscono la sua leadership. A questo si aggiunga la difficoltà di dover risanare un’economia a pezzi e un mondo del lavoro
ancora tremendamente appiedato. Poi c’è l’annoso problema di rendere credibile agli occhi dell’Europa, il piano di rigore che la Cancelliera tedesca ci richiede attraverso Bruxelles. Quindi, tutto sommato, il nostro Premier se la sta cavando abbastanza bene. Tutto merito suo? Non proprio. Dalla sua c’è la componente “fortuna” che lo sta aiutando, visto il lento ma progressivo disfacimento della destra che non è più in grado di fare un’opposizione degna di questo nome. Restano Grillo e Salvini ma entrambi per motivi opposti non sembrano avere grandi chances per impensierire il PD. La legislatura si avvia quindi verso un periodo relativamente calmo e forse, se non avverranno cambiamenti epocali, potrà arrivare al fatidico 2018 con un voto, questa volta, meno passionale e più meditato.
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Le Montagne
toso Po
I Parchi
I Laghi
Il maestoso Po
Le Langhe
Le Valli
I Borghi
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Assietta, Val di Susa In Piemonte, dove fu combattuta la battaglia fra Francesi e Piemontesi
Il territorio
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l Piemonte, terra sabauda, savoiarda, provenzale e occitana. Terra di cultura, ma anche regione di confine, zona in cui l’uomo da secoli si confronta con la natura e con la sua immensità. La grandezza dei massicci montuosi, le sterminate vallate verdi, le località sciistiche di richiamo, il contatto con la natura in vere aree ‘selvagge’, tutto questo è il Piemonte che va al di là del suo assetto urbano, della sua storia politica e culturale. Sulle montagne del Piemonte da tempo immemore l’uomo versa sangue per la guerra, per la Resistenza, per il divertimento. Eppure il fascino di questi territori incontaminati, delle vette innevate e dei prati in fiore qui è l’elemento preponderante, che incarna spirito di una regione nella regione, quella rurale che non arriva alle città, quella delle langhe, del Monte Rosa, del Gran Paradiso, e anche di un appennino, quello ligure, che sfiora i confini di una terra poliedrica e antica. Tutto questo è il Piemonte, ma scopriamolo attraverso le sue altezze, le sue valli e le sue caratteristiche territoriali.
Il Forte Centrale, Colle di Tenda
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Il rifugio Oberto-Maroli al passo di MonteMoro
Le montagne di Andrea Amoroso
P
iemonte significa “ai piedi dei monti” va da se dunque, che la regione sia costituita per il 43,3% del suo territorio da montagna, una montagna aspra e imponente, che dalle alte vette discende ripida verso la pianura, infatti non v’è presenza di prealpi a differenza di tutte le altre regioni alpine. Il territorio montano alpino ricade interamente nelle province di Torino e Cuneo ad ovest ed in quelle di Verbania, Biella e Vercelli a nord, mentre l’Appenino Ligure nasce nella provincia di Alessandria a sud. Numerose sono le cime dei massicci che superano i 3.000 metri, la più alta delle quali e la Punta Norden (4.609 m) massima elevazione regionale nonché seconda cima più alta del Monte Rosa. Il massiccio del Monte Rosa è il più grande d’Europa, secondo in altezza soltanto al Monte Bianco, si trova nelle Alpi Pennine. E proprio alle pendici di questo monte, nella Val d’Ossola, che si trovano i giacimenti auriferi e argentiferi più grandi d’Italia, sfruttati fin dal tempo dei Romani e dei Celti. Ora la più importante di queste miniere è un museo, la prima miniera d’oro delle Alpi aperta ai turisti e si trova nel comune di Mucugnaga. Altro massiccio che supera i 4.000 metri è il Gran Paradiso nelle Alpi Graie, la cui vetta si trova in Valle d’Aosta ma la cui sezione 28
meriodionale è tutta in Piemonte ed è qui che nel 1922 venne istituito il Parco Nazionale del Gran Paradiso, il più antico d’Italia. La montagna più alta delle Alpi Cozie, con i suoi 3.842 m, è invece il Monviso, detto anche il Re di Pietra, noto per la sua forma piramidale ben visibile già dalla pianura padana, dalle sue pendici nasce il Po, il fiume più lungo d’Italia. Dal maggio del 2013 è patrimonio dell’Unesco come riserva della biosfera. Altri imponenti massicci superano con le loro vette i 3.000 metri, tra cui l’Uia di Ciamarella, il Rocciamelone e l’Argentera, quest’ultima la vetta più alta delle Alpi Marittime, tuttavia si parla sempre di massicci, non di vette isolate come il Cervino, parliamo dunque di una corona orografica che circonda il Piemonte, montagne abitate, temute e sfidate, sfruttate e protette dalla popolazione locale fin da tempi antichissimi, menzionarle dunque singolarmente, non parlando della connessione con le realtà locali, delle vallate che le separano ed al tempo stesso interconnettono, non rende loro giustizia. Le montagne piemontesi sono il luogo ideale per rilassarsi e divertirsi. Nella stagione invernale l’arco alpino si trasforma nella “Galassia bianca”, un grande sistema dedicato agli amanti degli sport della neve, in grado di offrire agli appassionati dello sci oltre mille chilometri di piste e strutture di accoglienza d’avanguardia. Chi pratica lo sci nordico può programmare una traversata alla scoperta delle valli alpine, grazie ai numerosi percorsi di raccordo che mettono in comunicazione le diverse valli. 29
Un viaggio che parte dalle pendici delle Alpi Marittime e che termina sulle vette delle Alpi Lepontine nel Verbano Cusio Ossola. Nella stagione estiva cambiano i colori. Abbandonato il bianco uniforme, le valli si coprono di piante multicolori, profumano di fiori e frutti selvatici che spesso attirano animali di ogni specie. In ogni valle si possono seguire numerosi percorsi a difficoltà variabile; chi invece desidera un trekking completo lungo le Alpi piemontesi, può seguire il percorso della Via Alpina: circa 1.000 chilometri di sentieri e mulattiere con rifugi tappa attrezzati, che vanno dal Monviso alla Val Formazza. Le Alpi costituiscono anche un percorso culturale importante, che conserva testimonianze storiche significative come la Fortezza di Fenestrelle, tra la Val Chisone e la Val Susa, un sistema di difesa interamente visitabile, conosciuto come “la muraglia cinese” per via dei suoi tre chilometri di lunghezza. Alle migliaia di turisti che ogni anno frequentano le 53 stazioni sciistiche piemontesi, per rilassarsi e dedicarsi agli
Valsesia (VC) - credit regione piemonte - assessorato al turismo
sport invernali, la “galassia bianca” non offre soltanto sport ma anche l’opportunità di conoscere le valli dell´arco alpino con le loro tradizioni di enogastronomia e prodotti tipici. Le montagne che hanno ospitato i XX Giochi Olimpici Invernali 2006 offrono infatti mille modi di vivere la neve. Oltre a sciare si può praticare lo sleddog - l´uscita con cani da slitta - o arrampicare sulle cascate di ghiaccio della Valsesia, lanciarsi lungo le valli facendo free riding, oppure “cavalcare” la neve come se fosse l´oceano in equilibrio su una tavola da snowboard. Per gli amanti della montagna pura ci sono le vette e i ghiacciai lontani dal turismo di massa della Valsesia o della Valsusa che possono essere raggiunti con l´eliski. Per chi invece voglia seguire i movimenti degli stambecchi e delle lepri bianche, basta indossare un buon paio di scarponi e racchette da neve e camminare. Cime alpine che possono superare i 4.000 metri, splendidi percorsi fluviali, sentieri immersi nella
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natura e un sistema di parchi e riserve naturali che copre una superficie di 160.000 ettari. Ed è anche per questo che moltissimi turisti italiani e stranieri scelgono ogni anno questa regione per praticare sport all’aria aperta. L’offerta è molto articolata: dalle passeggiata a cavallo alle arrampicate su parete, dalle escursioni giornaliere ai percorsi di trekking. Sono circa una sessantina le tappe piemontesi della Grande Traversata delle Alpi che si snoda lungo otto paesi europei, offrendo un´avventura di viaggio che è insieme scoperta di splendidi paesaggi e contatto con la cultura del territorio. Ma il Piemonte è anche terra di pedalate. Nel 1876 nasce la Milano – Torino, prima corsa ciclistica al mondo e per i ciclisti più attenti alle novità ci sono impegnativi percorsi di free ride, down hill e trial. Infine, per gli amanti del golf, il Piemonte vanta un sistema di eccellenza: una quarantina di circoli, di cui alcuni figurano nella top ten dei migliori d´Italia. È vero che il golf solitamente è uno sport che non viene accostanto alla montagna,
ma in Piemonte accade anche questo: qui c´è il 18 buche più alto d´Europa, quello di Sestriere. Abbiamo accennato ai parchi e alle riserve naturali, un patrimonio che racchiude, nel più importante sistema montuoso europeo, le Alpi, ben due parchi nazionali: il Gran Paradiso, istituito nel 1922, e la Val Grande, creato nel 1992. Notevole la rete dei Parchi regionali: dall’Appennino alle Alpi Lepontine, dalle Capanne di Marcarolo all’Alpe Devero. Punti di eccellenza del territorio regionale, non oasi chiuse, ma luoghi ideali a sperimentare ed “esportare” uno sviluppo sostenibile delle aree montane. Rilevante la varietà di ambienti, natura e paesaggio. Dal Parco delle Alpi Marittime, regno del granito, al Parco Alte Valli Pesio e Tanaro, caratterizzato da un esteso sistema calacareo. Dal Parco Orsiera Rocciavré, oasi di natura selvaggia a due passi da Torino, ai Sacri Monti, dove la natura si fonde con arte, architettura e devozione.
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Benvenuti nel meraviglioso mondo dell’Hotel
“lo Scoiattolo”
L’eccellenza dell’ospitalità nel cuore della Valle d’Aosta
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ressoney - La Trinité è una località sciistica della Val D’Aosta, posta alla base della Valle del Lys, dove scorre l’omonimo torrente. Situata ai piedi del magnifico Monte Rosa è meta turistica molto apprezzata, perché sa coniugare perfettamente la modernità con la sua tradizione walser, che caratterizza il villaggio alpino anche nella sua architettura. E’ il cuore del comprensorio del Monterosa Ski, dove poter godere l’incanto della vera montagna, con impianti e piste di ultima generazione.
Nel contesto di questo paesaggio incantevole è localizzato l’Hotel lo Scoiattolo, un **** che propone ai suoi clienti diverse tipologie di sistemazione, tra camere ed appartamenti, per garantire un soggiorno confortevole ed unico. Le camere, contraddistinte per la loro peculiarità e cura dei particolari, sono suddivise in 5 diverse tipologie, al fine di soddisfare ogni richiesta di soggiorno. Gli appartamenti, dotati di tutti i servizi necessari sono invece la soluzione ideale per le famiglie e per coloro che desiderano trascorrere un momento d’incontro lontano dalla frenetica vita quotidiana. Oltre al relax ed al comfort delle camere, chi sceglie di soggiornare all’Hotel lo Scoiattolo, ha il piacere di scoprire tutti i servizi dell’hotel, quali: la ristorazione, un connubio di eccellenza e tradizione valdostana, per godere al meglio dei profumi e dei sapori del luogo dopo una passeggiata rigenerante tra le Alpi. Dopo aver pregustato l’eccellenza gastronomica ed aver soddisfatto i peccati di gola, il centro benessere è pronto a nutrire corpo e mente, in luogo dove poter godere di relax e benessere assoluti. Sauna, bagno turco, idromassaggio, doccia scozzese, percorso Kneipp e tanto altro ancora per farsi coccolare
Tuttavia chi sceglie questo meraviglioso hotel ha la possibilità di vivere dei momenti indimenticabili all’insegna di una vacanza attiva e di numerose attrazioni da non perdere. Non appena il candore della neve lascerà spazio ai paesaggi verde smeraldo, gli ospiti potranno sbizzarrirsi con il trekking, le arrampicate, il Downhill per chi ama le discese adrenaliniche, la pesca, per chi vuole rilassarsi e tanto altro ancora per non annoiarsi mai e vivere una vacanza a 360° all’insegna della natura.
Hotel Lo Scoiattolo Loc. Tache, 6 - 11020 Gressoney La Trinité (AO) Tel. 0125.366313 - Fax 0125.366220 E-mail: info@htlscoiattolo.com - www.htlscoiattolo.com
Il Santuario di San Besso,Val Soana
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Il Parco nazionale del Gran Paradiso
I Parchi
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’Italia, si sa, è una regione verde. In questa definizione, tuttavia, devono rientrare doverose precisazioni, dovute principalmente all’estrema etereogeneità ambientale dello stivale. Il Piemonte, forse insieme all’Abruzzo, è tra le regioni con più parchi e riserve in assoluto, dove la tutela della natura è qualcosa di più di un mero foglio di carta. È infatti qui che nasce, nel 1922, il Parco nazionale del Gran Paradiso, il primo in assoluto insieme, non a caso, al Parco nazionale d’Abruzzo. Il Gran Paradiso è costituito da oltre 70.000 ettari di terreno montagnoso e, è bene specificarlo, si trova a cavallo di Piemonte e Valle d’Aosta. Sebbene siano più presenti sul lato valdostano, i ghiacciai sono una caratteristica nodale di questo parco, che ne ospita nella fascia più alta (oltre 4000 metri) quasi 60. Le Alpi piemontesi sono prive di zone prealpine, motivo per cui i torrenti che solcano questi paesaggi mozzafiato si trasformano fin troppo spesso in vere e proprie cascate. Il parco del Gran Paradiso, oltre a essere meta turistica naturale per la particolare attrattiva
Valle Sessera, Biella
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Torrente San Bernardino dal Ponte Romano di Cossogno, Parco nazionale della Val Grande
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Parco del Monviso
paesaggistica, è spesso scelta come meta di gite scolastiche grazie all’ampio apparato didattico presente nei centri d’attrazione e, più in generale, su tutto il territorio. La storia del Parco è legata allo stambecco, che è anche il simbolo di queste valli e dell’Ente Parco, preda per secoli di una caccia spietata che l’ha condotto, agli inizi del Novecento, al pericolo di estinzione. Il parco fu fondato in epoca fascista proprio per difendere l’ambiente montano adeguato alla sopravvivenza della capra ibex. Decisamente più recente il Parco nazionale Val Grande: istituito nel 1992, si estende tra la val d’Ossola, la val Vigezzo e il lago Maggiore. In questi territori la natura ha riconquistato il suo spazio, tant’è che si tratta dell’area selvaggia più vasta d’Italia e, più in generale, una
Parco nazionale del Gran Paradiso
Parco dell’Alta Valsesia
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delle più significative d’Europa dal momento che comprende un’intera valle della provincia del Verbano-Cusio-Ossola. Il parco offre al visitatore una natura incontaminata, fitti boschi, canyon, dirupi, gole nascoste. In questi luoghi ci sono le celebri cave di Condoglia, molto vicine al parco, che nei secoli hanno fornito il marmo per tutta l’Italia settentrionale – nello specifico per la realizzazione del Duomo di Milano. L’abbandono di alpeggi e del disboscamento ha avuto qui come diretta conseguenza il ritorno alla ‘wilderness’, rendendo il Parco di Val Grande un vero e proprio museo all’aria aperta difeso da una struttura impervia e valli ombrose piene zeppe di animali timidi e angoli misteriosi.
Il Parco naturale dell’Alta Valsesia, invece, è un’area protetta regionale, la più alta d’Europa, dove viene ospitato anche l’Ecomuseo della Valsesia. Quest’area del vercellese, ben distante dal suo capoluogo di provincia, ospita il bacino del Sesia e soprattutto la punta Gnifetti, che con i suoi 4550 metri è una delle vette più alte del Monte Rosa. La zona è fortemente caratterizzata dalla cultura walser, una popolazione di origine germanica emigrata in queste valli nell’Alto Medioevo. Anche l’Ecomuseo a cui accennavamo prima, che è di fatto un sentiero tra vari poli museali all’aperto e al chiuso, è principalmente incentrato sulla cultura walser, che ha lasciato nella zona nord del Piemonte una traccia indelebile. Nell’Ecomuseo è presente anche una sezione
Parco dell’Alta Valsesia
dedicata alla cultura contadina, con laboratori artigianali e anche un cenno ai luoghi della lotta partigiana condotta nella bassa Valsesia. Anche il Parco naturale delle Alpi Marittime è tra le più estese aree protette d’Italia, con numerose cime oltre i 3.000 metri, laghi, praterie, piccoli ghiacciai che costituiscono un patrimonio ambientale unico. Una delle caratteristiche più singolari di questo parco è che ha quasi la metà dei confini adiacenti al Parco nazionale del Mercantour francese, con cui è gemellato dal 1987. Questa continuità territoriale ha un’ovvia quanto positiva ricaduta sugli aspetti faunistici e floristici del parco, che per questo motivo risulta tra i più ricchi in assoluto.
Chiesetta a Riale, Formazza Val d’Ossola
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Per questo motivo nel 1993 è stato insignito del Diploma europeo delle aree protette, riconoscimento che con il tempo è diventato un vero e proprio attestato di prestigio. Sono davvero molte le aree protette del territorio piemontese, che è protetto per circa l’8% da un centinaio tra parchi naturali regionali e provinciali, oasi naturalistiche, riserve naturali statali e dai due parchi nazionali di cui abbiamo parlato (Gran Paradiso e Val Grande). Le aree protette coprono per gran parte la montagna, e solo un terzo è dedicato a pianura e collina (come il Parco naturale di Stupinigi). Pionera in Italia, la Regione Piemonte è stata la prima a varare una legge-quadro (1975) e ad approvare un piano regionale delle aree protette (1977), permettendo l’istituzione concreta dei primi parchi e riserve naturali. Nel 1995 si è arrivati alla classificazione e alla tutela dei biotopi. Recentemente è stato istituito il Parco della fascia fluviale del Po, che interessa il tratto dal Monviso fino al confine lombardo. È infine previsto un ulteriore espandersi delle aree protette: dopo aver individuato 168 siti di importanza comunitaria e 41 zona di protezione speciale, sembra che ben presto la superficie oggetto di tutela aumenterà al 12%. Il Piemonte è dunque una vera e propria regione verde, che non rinuncia al proprio patrimonio paesaggistico, ma che cerca di espanderlo il più possibile, per preservarlo e tramandarlo fattivamente.
La Valle Vigezzo
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i laghi L’isola dei Pescatori, Lago Maggiore
I
l Piemonte è una regione di raro fascino. Ricca di storia, ma ben più nota per le bellezze naturali. In Piemonte si trovano infatti alcuni degli scenari alpini più suggestivi e, al degradare dei monti, si scovano vasti paesaggi collinari celebri per i colori e i vigneti. Essa è anche una regione ricca di laghi e, anzi, proprio il distretto dei laghi è una delle zone più incantevoli e memorabili. I laghi piemontesi possono essere paragonati a gioielli incastonati in paesaggi maestosi e poetici. Il distretto turistico dei laghi rappresenta un punto di partenza unico per scoprire il Piemonte e le sue vie d’acqua. Il Lago Maggiore e il Lago d’Orta sono i più noti e da sempre meta di turismo colto e raffinato, attratto dalla ricca vegetazione, dai tesori artistici, dalla cornice delle montagne e da quel romantico miraggio costituito dalle isole, simili a bouquet fioriti cullati dalle acque. Più a occidente però anche i laghi meno noti di Viverone, Candia e Avigliana offrono bellezze tutte da scoprire. Una corona di montagne abbraccia il Lago Maggiore, per estensione il secondo lago italiano dopo quello di Garda. Il lago si suddivide tra la Lombardia, il Piemonte con le province di Novara e VerbanoCusio-Ossola e, nella sua parte più settentrionale, la Svizzera.
Isola Bella, Lago Maggiore
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A dominare lo scenario la catena dell’arco alpino e il massiccio del Monte Rosa. Se ci si allontana dalle rive del lago vale la pena visitare le numerose località collinari e montane che, oltre a regalare panorami mozzafiato, custodiscono un prezioso patrimonio di folklore, storia e antiche tradizioni. Affascinanti sono i percorsi e le escursioni che si possono intraprendere: la Val Formazza, con la sua Cascata del Toce; la Val Vigezzo, soprannominata “Valle dei Pittori”; la Valle Anzasca, che culmina con l’abitato walser di Macugnaga e la Valle Antrona, punteggiata da affascinanti laghetti alpini. Tra questi scrigni della natura, nell’area dell’Alto Lago Maggiore, si trova il Parco Nazionale della Val Grande, una delle aree selvagge più estese del centro Europa. Costeggiando il lago, reso famoso anche dalla presenza delle caratteristiche Isole Borromee, si incontrano altri numerosi punti di interesse: le sontuose
Pella sul Lago d’Orta
ville e gli splendidi giardini costruiti tra Ottocento e Novecento lungo la sponda piemontese come i giardini Borromeo, Villa Taranto e Villa San Remigio. Il vicino Lago d’Orta contribuisce ad aumentare il fascino di quest’area turistica. Esso, chiamato anche Lago Cusio dal nome della zona in cui si trova, è situato a ovest del Lago Maggiore da cui lo separa solo il monte Mottarone. Questo specchio d’acqua ospita l’incantevole Isola di San Giulio. Da Omegna, punto di riferimento per tutto il Cusio, si sale poi in Val Strona, celebre per la produzione di manufatti in legno (tra cui il Pinocchio di Collodi) e per la produzione di strumenti musicali a fiato in ottone. In un’altra zona del Piemonte, tra Biella, Vercelli ed Ivrea, si trova il Lago di Viverone dove, sul lato sud, anatre, germani reali e gabbiani si muovono fra boschi e canneti come in un’oasi naturale, mentre le rive nord sono costellate 43
L’isola di San Giulio, Lago d’Orta - credit regione piemonte - assessorato al turismo
Verbania sul Lago Maggiore
Isole Borromee sul Lago Maggiore - credit regione piemonte - assessorato al turismo
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Sponda piemontese del lago Maggiore
di alberghi, camping, ristoranti, spiagge e cantine dove si produce l’Erbaluce, il famoso vino bianco. La caratteristica di questo lago è che non ha immissari esterni, ma l’acqua arriva da sorgive che sgorgano dal fondo lacustre. Tra i laghi che costellano il territorio regionale, a pochi chilometri da Torino, vi è anche il Lago di Avigliana. Suddiviso in Lago Piccolo, che conserva intatte le sue caratteristiche naturali, essendo circondato da prati, boschi e canneti, e Lago Grande, intorno a cui si è sviluppato invece un fiorente commercio e sono sorti alberghi, ristoranti, discoteche, birrerie e cremerie per soddisfare il turista che vuole godersi un po’ di relax immergendosi in un ambiente unico dal punto di vista di bellezze paesaggistiche e storico-architettoniche. Vale anche la pena di citare il Lago di Mergozzo, circondato da boschi e dominato dal Monte Orfano, a pochi metri dal Lago Maggiore e dal Lago d’Orta. Lungo poco più di due chilometri e largo uno, con una profondità massima di 74 metri, è un lago piccolo, ma bellissimo per i paesaggi che presenta intorno.
Il Lago superiore di Roburent
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Il Po con lo sfondo della Mole Antonelliana
IL MaestOSO Po
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otto un grosso masso, in Località Pian del Re, prende vita sua maestà il Po, il fiume più grande d’Italia sia per lunghezza sia per portata che, insieme ai suoi numerosi affluenti, costituisce l’unico e vero sistema fluviale della penisola. Il suo ecosistema è fondamentale per l’economia italiana di tutte le regioni settentrionali, data anche l’alta concentrazione di popolazione, industrie ed attività commerciali collocate lungo i suoi argini. Se dalle Alpi nascono i suoi 141 affluenti, dalle terre che lo accompagnano nel suo lungo viaggio, nascono oasi e parchi considerati spesso riserve naturali per la quantità e la qualità delle risorse che offrono in termini di flora e fauna. Il tragitto che il Po compie, attraversando boschi, risaie e paludi non è semplicemente uno scorrere d’acqua, ma un susseguirsi di antiche storie, tradizioni e paesaggi mozzafiato.
Vista del fiume Po a Torino
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Il Po è natura e città, tradizione e futuro. È un testimone della storia che ha unito l’uomo al fiume in modo indissolubile. A sancire questo legame ci pensa Torino, l’unica grande città a essere bagnata dal fiume, il quale, scorrendo sotto i suoi famosi ponti lambisce anche il Parco Del Valentino dove, lungo il suo argine è stato costruito il meraviglioso Castello da cui prende nome il parco. Il fiume è ricco di episodi che sono entrati a far parte della storia d’Italia ed anche di episodi curiosi come la piccola Tamisana Repubblica di Bosgattia. Su un isolotto che il grande fiume formava a Panarella di Papozze, dopo l’incile tra il Po di Venezia e il Po di Goro, il professor Giuliano Salvini, slavista di fama mondiale, costituì, alla fine degli anni ’30, una repubblica autonoma, appunto la Repubblica di Bosgattia, fondata sul rispetto e sulla solidarietà reciproca,
dove i pochi abitanti dell’epoca erano tutti impegnati al mantenimento di questa piccola comunità. Della pseudo - repubblica sono rimasti alcuni reperti, come i francobolli, le monete ed i permessi di soggiorno. Il Po nel 2001 ha accolto sul suo letto anche un ospite d’eccezione, l’Enrico Toti, il primo sommergibile italiano del dopoguerra che, dopo anni di onorata carriera ha intrapreso il suo ultimo viaggio verso il Museo Nazionale delle Scienze e della Tecnica di Milano. Il fiume però è come una moneta dalle due facce. Se da un lato mostra tutto il suo splendore e la sua eleganza, dall’altro è in grado di mostrare tutta la sua forza, a volte anche devastatrice. Nel 1951 in seguito ad intense precipitazioni il Po ruppe i tre argini portanti: Vallice di Paviole, Bosco e Malcantone, riversando 12.800 m3/s di acqua sulle terre del Polesine. Circa i due terzi
dalle fabbriche che rilasciano nel fiume la maggior parte delle acque nere e dall’agricoltura che con un uso spropositato di diserbanti, fertilizzanti chimici. Molto si è fatto negli ultimi anni per ridurre l’inquinamento, ma per un problema che viene risolto ne sorge un altro diverso. Il continuo disboscamento riduce la capacità di trattenimento delle acque piovane e questo comporta un progressivo aumento della portata del fiume, causando spesso delle piene. Il pericolo più grande è rappresentato dalle cave che estraggono sabbia dal fondo del fiume modificando la velocità di scorrimento e quindi anche la sua capacità erosiva. Per risolvere questo “inconveniente” sono stati collocati dei blocchi di cemento lungo tutte le sue sponde, facendo perdere al paesaggio quel suo fascino innato. Lungo i suoi argini è possibile svolgere molteplici attività sportive, quali canottaggio,
della portata del Po invece di riversarsi nel mare terminò la sua corda sulle campagne e sui paesi, allagando circa il 52% del territorio del Polesine. La furia del Po provocò la morte di ottantaquattro persone e circa 180.000 profughi. Per evitare il ripetersi di questi eventi catastrofici nel 1955 fu istituita l’autorità del Magistrato per il Po, che nel 2002 è stata sostituita dall’Agenzia Interregionale per il fiume Po (AIPO), la quale ha il compito di assicurare una corretta manutenzione del fiume, e l’Autorità di Bacino del Fiume Po (AdBPo), la quale ha invece il compito di progettare gli interventi e gestire i corsi d’acqua. Purtroppo però il “quadro clinico” del Po è abbastanza compromesso. Le sue acque sono degradate dagli scarichi delle città che non possiedono un depuratore,
canoa e kayak, rafting. Il corso del Po si presta anche a suggestive passeggiate a cavallo. Per questo, l’ente che gestisce il Parco Fluviale del Po Torinese, in collaborazione con l’associazione “Il Cavalcavalli”, ha individuato un itinerario percorribile a cavallo, denominato “Ippovia del Po”. Il percorso, lungo 150km, attraversa l’intero tratto torinese del Parco del Po, offrendo agli sportivi scorci indimenticabili. L’argine del Po è stato anche inserito all’interno dell’Eurovelo 8, uno dei percorsi ciclabili più importati d’Europa. Tutto il corso del Po di pertinenza del territorio piemontese è stato inserito all’interno del Piano Parchi a cura della Regione, con la speranza che questo diventi in un futuro a breve termine un parco naturale e che quindi sia protetto in modo efficace.
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Paesaggio del basso Piemonte
le langhe
N
ella zona del basso Piemonte, tra l’Appennino ligure, le Alpi marittime e il Monferrato esiste un paesaggio unico per le sue molteplici caratteristiche geomorfologiche che, da pochi mesi, è addirittura entrato a far parte dei beni naturali protetti dall’Unesco: le Langhe. Qui le dolci colline ospitano da sempre nobili vigneti che spesso nascondono borghi medievali mozzafiato. Dalla sponda sinistra del Tanaro troviamo il Roero, l’area più “giovane”, con poggi emersi cinque milioni di anni fa, contraddistinto da suggestive rocche e ripide pareti che, da lontano, sembrano veri e propri squarci nel paesaggio. La sponda destra, invece, ospita colline lunghe, emerse in un’epoca ancora più antica, quelle che noi oggi chiamiamo proprio Langhe. Grazie alla continua azione degli agenti atmosferici, le colline oggi appaiono morbide, ricordano quasi le onde del mare e ospitano l’elemento fondamentale legato a questa terra: la vite, che con i suoi filari ordinati ci ricorda un altro motivo che ogni anno attira una moltitudine di turisti da tutto il mondo, il vino. Si passa dunque dalla Langa del Barolo, piuttosto piccola e circoscritta, a quella del Barbaresco, del Dolcetto e della Nocciola, con il comune di Cortemilia che s’innalza sul paesaggio come a controllarne e difenderne la vite. Altrettanto celebre è il Tartufo bianco di Alba, per il quale ogni anno si tiene nell’omonima città una fiera appositamente dedicata al prodotto di
Paesaggio del Monferrato
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Il Monferrato
Colline Piemontesi
Paesaggio delle Langhe
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Paesaggio del Monferrato
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questa terra che richiama numerosissimi visitatori, e i formaggi Dop, tra cui spicca la Robiola di Roccaverano. Le Langhe sono sì un luogo fisico ma soprattutto uno spazio narrativo nel quale sono state ambientate le storie d’importanti scrittori italiani come Cesare Pavese, Beppe Fenoglio e Davide Lajolo. Quindi non possono essere percepite come importanti solo per la cultura alimentare italiana o per il panorama che concedono. Tra queste dolci colline, infatti, c’è di più: a Pollenzo, per esempio, sorge un complesso residenziale voluto da Carlo Alberto come esempio di tenuta agricola modello del tempo, diventato oggi prima Accademia del Gusto in Italia. Nelle vicinanze sorge il Castello di Serralunga d’Alba, già proprietà dei Falletti di Barolo, un castello nato come difensivo e poi tramutato in confortevole residenza signorile, caratterizzato soprattutto dal suo sviluppo verticale. Rimanendo in tema, bisogna poi nominare le torri di Barbesco, e il castello di Murazzano, risalente al tredicesimo secolo e costruito su un colle che permette una vista mozzafiato. Camillo Benso fu uno dei primi a capire la ricchezza di queste terre ed è grazie alla sua visione se oggi il Castello Cavour di Grinzane domina ancora i vigneti diventati poi un centro di produzione dei più grandi vini della zona. Cesare Pavese definiva queste colline come “il mare dei Sargassi” della sua
Le Langhe del Monferrato
giovinezza e proprio qui sorge il Castello di Barolo, notevolmente riplasmato, definito nella sua conformazione attuale nel corso dell’Ottocento e che dal 2009 ospita il museo del vino. Viceversa, il Castello di Govone presenta nelle sua sale e nei suoi giardini i tratti di una residenza regia, ampiamente segnata dal soggiorno sovrano. Capiamo quindi quali sono i motivi per i quali le Langhe sono diventate il cinquantesimo sito Unesco d’Italia: oltre al vino, al cibo e ai castelli, questo angolo di Piemonte ospita tra i più bei campi da golf di tutta Europa. Grazie a quest’area profumata di meno di 100 chilometri quadrati, circoscritta tra specchi d’acqua, calli e vigne, il golf qui è considerato terapeutico, un ottimo elemento per combattere lo stress della città. Il quinto ed ultimo motivo che riteniamo interessante per fotografare meglio le Langhe sono sicuramente i colori. A partire dalla seconda metà di agosto, infatti, l’atmosfera subisce un forte cambiamento; non appena l’estate allenta la presa, il verde si trasforma in una sinfonia di arancio, zafferano, rame ed oro le cui sfumature variano impercettibilmente ora per ora cullando il viaggiatore verso alle prime vendemmie. È proprio in questo periodo dell’anno che questa terra riceve il maggior numero di turisti curiosi, attirati fin qui da tutto questo: pace, odori e colori. 51
La Val Formazza
le valli di Andrea Amoroso
L
a Val di Susa, con i suoi 80 chilometri di lunghezza ed una popolazione di 90.000 abitanti, è sicuramente tra le più importanti valli piemontesi nonché la più estesa, sono stati rinvenuti insediamenti stabili risalenti al quinto millenio a. C.; sfruttata anche in epoca romana per i suoi valichi soprattutto per scopi militari, si tramanda che proprio da uno di questi valichi, quello del Monginevro, sia transitato l’esercito di Annibale nel 218 a.C.; ancora oggi il traforo ferroviario del Frejus, inaugurato nel 1871 e quello stradale inaugurato nel 1980 rappresentano le maggiori vie di comunicazioni tra la Francia ed il Piemonte. è proprio attraverso la Val di Susa che passerà la nuova linea ferrovviaria Torino-Lione (NLTL) che tante polemiche e proteste, anche violente, ha fatto sorgere in seguito all’approvazione del suo progetto da parte dei governi francese e italiano. Le esigenze sovranazionali in termini di sviluppo dei trasporti - la tratta ferroviaria Torino-Lione non sarebbe altro che un segmento della direttrice che vorrebbe congiungere Lione a Budapest e ancora di più la Spagna
Il lago di Dévero o Codelago, all’interno del Parco Naturale dell’Alpe Veglia e dell’Alpe Devero
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Il Pian della Mussa nella val d’Ala
all’Ucraina - qui si scontrano con le minuscole ma orgogliose realtà locali che temono di veder depredato e svalutato il loro patrimonio naturalistico e storico. Un’altra valle dall’enorme valore storico e turistico è la Val Chisone, confinante ad ovest con la Val di Susa. Sul fianco sinistro della valle si trova il complesso fortificato di Fenestrelle, una fortezza immensa, non a caso detta la grande muraglia piemontese. Progettata nel XVIII con funzioni di protezione del confine italo-francese venne terminata soltanto un secolo dopo; nel 1999 divenne il simbolo della provincia di torino e nel 2007 il World Monuments Fund l’ha inserita nella lista del 100 siti storico-archeologici di rilevanza mondiale più a rischio. Un progetto di recupero tuttora in corso, iniziato nel 1990 dopo decenni di sostanziale abbandono, ha portato il complesso alla riapertura al turismo. La Val Chisone inizia a Pinerolo e termina a Sestriere, piccolo comune di meno di 1.000 abitanti che con i suoi 2.035 m s.l.m. risulta il comune italiano posto ala maggiore altitutine. Sestriere, più che per questo mero dato statistico è famoso per il suo comprensorio sciistico detto della via Lattea, che consta di 146 piste, servite da 92 impianti di risalita, per una lunghezza di 400 km, 120 dei quali innevati artificialmente.
Laghi d’Autaret, Val di Viù
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La val d’Ala
La Val d’Ossola
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Nel 1997 qui si svolsero i campionati del mondo di sci alpino. Le montange piemontesi d’inverno si trasformano in una vera e propria Galassia Bianca un grande sistema dedicato agli amanti degli sport della neve, in grado di offrire agli appassionati dello sci oltre mille chilometri di piste e strutture di accoglienza d’avanguardia. Chi pratica lo sci nordico può programmare una traversata alla scoperta delle valli alpine, grazie ai numerosi percorsi di raccordo che mettono in comunicazione le diverse valli. Un viaggio che parte dalle pendici delle Alpi Marittime e che termina sulle vette delle Alpi Lepontine nel Verbano Cusio Ossola. Nella stagione estiva cambiano i colori. Abbandonato il bianco uniforme, le valli si coprono di piante multicolori, profumano di fiori e frutti selvatici che spesso attirano animali di ogni specie. In ogni valle si possono seguire numerosi percorsi a difficoltà variabile; chi invece desidera un trekking completo lungo le Alpi piemontesi, può seguire il percorso della Via Alpina: circa 1.000 chilometri di sentieri e mulattiere con rifugi tappa attrezzati, che vanno dal Monviso alla Val Formazza. Un complesso di valli molto caratteristico è quello delle tre Valli del Lanzo, sono la Val Grande di Lanzo, la Val d’Ala e la Valle di Viù, le quali si congiungono in una presso il paesino di Lanzo Torinese da cui prende il nome il complesso. Sono valli chiuse, nel senso che non presentano valichi alpini di facile collegamento con la Francia e sono contornate da alcune delle maggiori vette della regione, tra cui i già citati Uia di Ciamarella e Rocciamelone ma anche il gruppo del Levanna, Punta d’Arnas e Croce Rossa, tutte superiori ai 3.500 metri. La val Gesso, si trova in provincia di Cuneo, e fa da cerniera tra i due tratti, quello est-ovest, e quello nord-sud, delle Alpi Marittime. Qui sono presenti le cime più alte di questo tratto delle Alpi, il più meridionale, tra le quali il già citato Monte Argentera; attualmente la valle non presenta valichi percorsi da strade carrozzabili, è dunque anche questa una valle chiusa che però offre diverse opportunità al turista,
dalle terme di Valdieri a diverse grotte, dal momento che il territorio presenta interessanti fenomeni carsici per finire con il parco naturale delle Alpi Marittime, parco presenta notevoli spunti di interesse naturalistico e paesaggistico tra questi, una particolarità è costituita dalla Riserva naturale speciale Juniperus Phoenicea della rocca San Giovanni, a nord dell’abitato di Valdieri. Questa zona ha un microclima particolare, analogo a quello delle coste mediterranee. Dalla Val d’Ossola nella provincia più a nord del Piemonte, quella di Verbano-Cusio, alle Valli di Lanzo e alla Val Susa in provincia di Torino per finire con la Val Gesso nella provincia più a sud, ovvero Cuneo, occorre rendere omaggio ad un paesaggio vallivo immenso e variegato, e non si può, in quest’ottica, non menzionare la Val Sesia, in provincia di Vercelli, tipica non solo in quanto ha visto l’insediamento di alcune comunità walser (popolazione di origine germanica che abita le regioni alpine attorno al massiccio del Monte Rosa) ma soprattutto perché è riconosciuta come la valle più verde d’Italia. Oltre a questo sulla valle si affaccia il Sacro Monte di Varallo, il più antico Sacro Monte piemontese con più di 500 anni di vita e dal 2003 inserito dall’Unesco nella Lista del Patrimonio Mondiale. Le valli ed i monti piemontesi sono così diverse le une dagli altre per geografia, storia, cultura, lingua, economia, eppure così intimamente legate, accomunate da identità ben delineate ed orgogliosamente difese. Dal turismo, sia estivo che invernale, ai prodotti tipici che mutano di valle in valle, dai paesaggi, rocciosi come boschivi (in maggioranza faggeti e castagneti rispetto alle conifere che dominano il resto delle Alpi), ai parchi e alle riserve naturali alle dighe e agli impianti idroelettrici, dai sentieri millenari e i valichi chiusi alle autostrade e le nuove ferrovie ad alta velocità, tutto questo è e molto altro è la montagna piemontese, un mondo a parte che si chiude e si offre al visitatore a seconda di come questi voglia e sappia approcciarlo.
La val Veglia
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Macugnaga, panorama sul gruppo del Monte Rosa con la chiesa vecchia ed il tiglio monumentale
i borghi
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orghi, ruscelli e paesaggi mozzafiato: è questo il Piemonte conosciuto ai più che però, grazie ad un’estensione di oltre venticinquemila chilometri quadrati, riesce a nascondere alcuni tra i più particolari luoghi in Italia. Questo nostro breve viaggio inizia a Isella, una frazione di Macugnaga, un paesino a pochi minuti dal confine Svizzero e dalla Valle d’Aosta, rimasto come congelato nell’XI secolo. La particolarità di questo borgo sono le case Blockbau, in legno a incastro e con i fienili che poggiano sulla pietra – tecnica antichissima che permetteva di arieggiare meglio gli interni. Il forno è la vera chicca di questo posto: qui, un tempo, veniva servita tutta la comunità montana della zona, che oggi però è molto ridotta a causa della scelta delle nuove generazione di trasferirsi a vivere nelle città. È però ancora possibile, incrociando la gente del luogo in piazza, ascoltare il tich, la lingua walser. I Walliser, sono una popolazione di origine germanica che abita le regioni alpine intorno al Monte Rosa; proprio da Isella è possibile raggiungere il cammino verso il famoso ghiacciaio. Rimanendo in zona, ci spostiamo a Quarna Sotto, un comune di circa quattrocento abitanti della provincia di Verbano, che sorge a pochi chilometri dal Lago d’Orta. Il nome deriva da “Locus Carnium” che significa luogo dei carnii, il paese sarebbe stato il rifugio di genti provenienti dalla Carnia in epoca romana.
L’antico Borgo Walser di Macugnaga
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Oltre alla Chiesa di San Nicolao, di cui però non conosciamo la data di costruzione, e alla Gròta dla Madòna di Mourdes, dove scorre un ruscello ed è presente una statua dell’Immacolata, Quarna Sotto è famosa per la sua produzione di strumenti musicali a fiato, tanto da essere chiamato “il paese della musica”. Per i musicisti probabilmente Quarna Sotto è un punto di riferimento importante mentre per tutti gli altri potrebbe rappresentare sicuramente una meta caratteristica da includere in un planner di viaggio. Spostandoci nella provincia di Torino, volgiamo lo sguardo verso la Val Cenischia dove sorge Novalesa. Costruita sul colle del Moncenisio, il valico alpino che porta in Francia, rappresentava nel XIX secolo una tappa fondamentale di ristoro per i viaggiatori che, per questo, ne decretarono la fortuna economica. Oltre ai viandanti, Novalesa accoglieva anche artisti che cercavano fortuna in Europa e, per questo, è stata nel tempo anche luogo di raccolta di numerose opere pregiate di varia natura. La vecchia locanda, chiamata Casa degli affreschi, è visitabile ancora oggi - identificata con la Locanda della Croce Bianca citata nei documenti del XIV secolo. Sulla facciata presenta affreschi con gli stemmi delle regioni europee di provenienza e di destinazione degli avventori e, ancora oggi, sui muri interni sono osservabili alcune scritte lasciate dagli avventori del tempo. A pochi passi da Novalese sorge l’omonima abbazia benedettina, citata da Umberto Eco ne “Il nome della rosa” in quanto dotata di una ricchissima biblioteca.
Veduta della frazione Pecetto
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Pontechianale in provincia di Cuneo
Ricetto di Candelo in provincia di Biella
L’affresco dedicato a S. Eldrado, nell’abbazia di Novalesa
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Ma la sua ricchezza non si ferma qui: la cappella più piccola della costruzione, costruita nell’XI secolo è dedicata a S. Eraldo, abate di Novalesa, e ospita due cicli di affreschi dedicati a San Nicola di Bari, tra i primi esempi conosciuti in Occidente con questo stile. L’abbazia ha una storia particolare: da sempre associata all’ordine benedettino, venne però abitata dai cistercensi fino al 1798, fino a quando vennero espulsi dal Governo provvisorio piemontese. Nel 1802 Parco del Ponte del Diavolo di Lanzo Torinese Napoleone affidò ai monaci trappisti di Tamié la gestione della struttura e dell’ospizio del valico del Moncenisio, per assistere le truppe francesi in transito. Dopo la caduta di Napoleone e, successivamente, con la legge di soppressione del 1855 da parte del governo piemontese, i monaci furono costretti ad abbandonare l’abbazia. Gli edifici vennero trasformati in albergo per cure termali e tutte le opere artistiche e la biblioteca trasferiti nell’archivio di Stato di Torino. Solo nel 1972 il complesso venne affidato ai monaci benedettini. Per ultimo, all’interno della Riserva naturale orientata delle Baragge, sorge Candelo, un comune di ottomila abitanti che custodisce nel suo centro storico l’omonimo ricetto medievale. Il ricetto è una struttua fortificata che veniva costruita all’interno di un borgo dove si accumulavano beni della popolazione o dove si ritirava direttamente la popolazione in caso di attacchi dall’esterno. In questa zona, oltre alla vita, il bene più grande era rappresentato dalle riserve di cibo, vino e granaglie. Ecco perché verso il XII secolo sorse questa enorme dispensa fortificata proprio a Candelo, formata da 200 case-magazzino una in fila all’altra, unite da piccole strade in un’architettura che ha dello streIl castello dalle rosse torri di Ivrea pitoso. Al posto delle botti di vino e dei sacchi di grano, oggi sorgono le piccole botteghe degli artigiani tra cui spicca un caramellaio, meta prediletta dei bambini del luogo. Il Ponte del Diavolo o Ponte del Ròch, venne costruito nel 1378 per collegare Lanzo con Torino, evitando il passaggio nei territori controllati dai Marchesi del Monferrato, ostili ai Savoia. Il ponte, costruito a schiena d’asino, si trova in una stretta gola con le pareti a precipizio scavata dalle acque della Stura in tempi preistorici. Nel 1564 venne costruita una porta che veniva chiusa allo scoppiare di epidemie (come la peste) per impedire il passaggio dei forestieri e preservare il borgo. Il nome deriva dalla leggenda secondo la quale fu il diavolo in persona a costruire il ponte dopo che per due volte ne era stato edificato uno, ma era sempre crollato. In cambio il diavolo avrebbe preso con sé l’anima del primo a transitare sul ponte, e per questo venne fatto passare un cagnolino. Il diavolo, adirandosi, avrebbe sbattuto violentemente le sue zampe sulle rocce circostanti formando le caratteristiche “Marmitte dei Giganti” considerate le pentole in cui il diavolo avrebbe cucinato la minestra necessaria ai suoi aiutanti per la costruzione dell’adiacente ponte.
Santuario della Madonna della Gurva, Calasca-Castiglione
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C.U.FR.OL. Frantoi Oleari Umbri, con sede a Spoleto, nasce nel 1988, dallo spirito associativo di alcuni imprenditori titolari dei più antichi frantoi dell’Umbria,tra i quali il Frantoio Gradassi, attivo dal 1639, che vanta una tradizione familiare centenaria in questo settore, e Tiziano Scacaroni che si occupa, grazie alla notevole esperienza ed all’eccezionale palato, della gestione tecnica dell’Azienda. La passione di questi imprenditori per l’olio extra vergine di oliva li ha spinti ad unire le loro forze, creando così una struttura centrale di imbottigliamento e stoccaggio al servizio della loro migliore produzione, nel rispetto delle più antiche tradizioni umbre. C.U.FR.OL. è presente nei più famosi ristoranti stellati Michelin, con il “premium brand” Gradassi; nella distribuzione qualificata, in Italia e all’estero, con biologici e DOP; nel Travel Retail all’interno dei negozi duty e tax free dei principali aeroporti italiani (Bergamo, Firenze, Milano, Palermo, Roma, Torino, Treviso e Venezia) e nel catering aereo, nelle first e business class delle più prestigiose linee aeree internazionali (Alitalia, Dragon Air, Finnair, Scandinavian airlines, Thai e Tam) È inoltre, già da tre edizioni, sponsor ufficiale per l’olio extravergine d’oliva, di Masterchef, il più famoso e seguito programma di cucina in Italia e nel Mondo.
C.U.FR.OL. SRL S.S. Flaminia km 135 06049 Spoleto (Pg) Umbria | ITALY T. +39.0743.275819 cufrol@cufrol.com www.cufrol.com
BRUNO BARBIERI TESTIMONIAL DI CUFROL CON LA LINEA TERRE FRANCESCANE
Le province Torino
Alessandria
Asti
Biella
Cuneo
Novara
Verbania
Vercelli
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Palazzo Madama
TORINO
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chi osservi dalla collina il panorama di Torino, noterà che la città giace in prevalenza sulla riva sinistra del Po, tutta percorsa da strade ampie, rettilinee, che s’incrociano ad angolo retto e tutte alberate, con lo stesso controviale e con lo stesso schema di siepi e panchine. Alla fine non è raro che all’osservatore ne scaturisca un senso di malinconica monotonia. Palazzi severi e tetri, chiese e caserme che ai bordi dei draconiani rettifili suscitano un senso di ordine, di malcelata freddezza. Eppure questa città barocca, nordica e ferrigna nei suoi edifici secolari, appare al tempo stesso regale nella sua monumentale bellezza quando s’affaccia sul Valentino o quando scopre la meravigliosa piazza San Carlo. La vecchia Torino, dai balconi di pietra e dagli androni monumentali, dai lunghi porticati e dalle ville patrizie, non smentisce la sua caratteristica natura di capitale sabauda, aristocratica e austera, creata da un piano regolatore rigido e ortodosso.
Il Belvedere Superiore della Villa della Regina
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Non v’è dubbio che la città respirasse l’aria sabauda in ogni sua componente. Ne è prova la Chiesa della Gran Madre di Dio eretta all’indomani del 1814, in occasione della restaurazione monarchica in tutti gli Stati d’Europa, quando Vittorio Emanuele I tornò in Piemonte dall’esilio sardo. Per commemorare questo atteso evento, Torino edificò appunto questa imponente basilica sul modello del Pantheon di Roma. Nelle pagine che seguono, il lettore potrà ammirare le immagini della Torino capitale d’Italia, con le sue regali e maestose residenze che ne fanno una delle città più interessanti per il turista. Ma, venendo ad oggi, la città rivela la sua vocazione di città industriale ricca di grandi imprese in ogni settore manifatturiero, che danno lavoro a centinaia di migliaia di operai, molti dei quali provenienti dalla provincia e dal meridione d’Italia. Il carattere del torinese, avvezzo da secoli all’ubbidienza militare, appare intriso di grigiore, di riservatezza e di tenace operosità, poco incline com’è ad una vita comoda, facile e allegra.
Il Borgo e la Rocca medievali
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Il castello del Valentino
Panorama notturno con la Mole Antonelliana e le Alpi
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Il Cavallo di Bronzo, monumento equestre ad Emanuele Filiberto, opera di Carlo Marochetti, collocato in piazza San Carlo
La basilica di Superga
Il ponte Principessa Isabella sul Po
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Il Duomo
La chiesa della Gran Madre di Dio
La Galleria Subalpina
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Il Teatro Regio di Torino
Così ci viene proposto dalla cinematografia del dopoguerra, che ne traccia un quadro di grande compostezza, tutta protesa al lavoro con dedizione e serietà. La tradizione vuole poi che il torinese venga soprannominato bogia nen cioè un tipo caparbio che sa affrontare le difficoltà della vita con fermezza e determinazione, come quei 4.800 soldati austro-piemontesi che nella battaglia dell’Assietta nel Luglio del 1747 non si mossero di fronte all’avanzata di 40.000 francesi. Questo episodio fa da degna cornice alla tradizione militare piemontese formatasi nel corso dei secoli e che regna ancor oggi nello spirito della Scuola di Guerra di Torino. Alla vita economica fa degno riscontro, infine, la vita intellettuale, l’arte e la letteratura. Le opere che oggi possiamo ammirare a Torino sono frutto di una schiera di artisti provenienti da disparate regioni, come il grande architetto Filippo Juvarra che dette ai palazzi, fastosamente decorati, quel carattere di severa signorilità che contraddistingue la tradizionale bellezza della città.
Una veduta aerea di Piazza Castello
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Fondazione Museo Egizio di Torino
IL MUSEO EGIZIO
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a strada per Menfi e Tebe passa da Torino. Così disse Champillon nel 1824 visitando il Museo Egizio di Torino. Costruito su modello di quello del Cairo, il museo ha da sempre rappresentato un vanto per la città di Torino, in quanto è l’unico muse dedicato esclusivamente all’arte e alla cultura dell’Egitto antico. Esso rappresenta uno dei più importanti beni culturali di tutta Italia, sia per la quantità che per la qualità degli oggetti esposti. Il primo oggetto entrato a far parte della collezione è stato la Mensa Isiaca, una tavola d’altare realizzata a Roma intorno al I secolo d.C. per il tempio di Iside. La tavola venne acquistata da Carlo Emanuele I di Savoia nel 1630. Sempre in quell’anno venne acquistato un altro reperto importantissimo, che formò poi il primo nucleo della collezione archeologica dell’Università di Torino, il Gabinetto di curiosità dei Gonzaga. Nel 1724 Vittorio Amedeo II di Savoia fonda il Museo della Regia Università di Torino. Nel 1757, invece, Carlo Emanuele III di Savoia incaricò il professor Donati di andare in Egitto e di acquistare quanti più monili, manoscritti potesse, in modo da poter aumentare ed espletare meglio
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il significato della tavola. Il Regio Museo nasce ufficialmente nel 1824, quando Carlo Felice di Savoia acquista una collezione di circa 5.000 pezzi da Bernardino Drovetti, il quale aveva seguito Napoleone durante alcune sue campagne militari. Drovetti riuscì a portare in Europa la collezione grazie alla sua grande amicizia con il vicerè d’Egitto. La collezione comprendeva statue, papiri, mummie amuleti ed oggetti della vita quotidiana. Il Museo vanta reperti acquisiti a seguito degli scavi condotti in Egitto durante la Missione Archeologica Italiana, condotta tra il 1900 ed il 1935. Importantissima è stata l’acquisizione del Tempietto di Ellesija, donato dalla Repubblica Araba d’Egitto nel 1970 all’Italia, per il grande supporto fornito durante la campagna di salvataggio dei monumenti nubiani. Passando da una sala all’altra si ha davvero la sensazione di viaggiare nei secoli e di riscoprire questa civiltà, con i suoi capolavori, le sue curiosità, i suoi protagonisti ma anche le sue emozioni. Oggi il museo espone circa 6.500 reperti e più di 26.000 sono depositati nei magazzini per la loro conservazione.Il Museo Egizio è da sempre uno dei più noti e amati di Torino, tanto da essere oggi uno dei musei più importanti del nostro paese, pur non avendo un carattere italiano.
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il SAlone internazionale del libro Torino lingotto fiere 14-18 maggio 2015
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l Lingotto di Torino è una vera e propria ‘macchina da fiere’. Attivo in tutti i periodi dell’anno, ospita alcuni tra gli eventi più importanti a livello nazionale e internazionale. Uno di questi è il Salone Internazionale del Libro di Torino, massima fiera dell’editoria in cui si raccolgono, in un grande contenitore come il Lingotto, le realtà editoriali più disparate, dalle più blasonate case editrici alle nuove scoperte, che cercano faticosamente di stare al passo in un mercato sempre più spietato. L’evento, che si tiene ogni anno nel mese di maggio, è suddiviso in numerosissimi stand, ognuno dei quali si raduna nei pressi di una delle sale conferenze allestite e sparse nell’immensa struttura che un tempo ospitava gli stabilimenti Fiat. È su queste basi che il Salone del libro si trasforma il più delle volte in qualcosa di più di una gigantesca libreria: diventa il simbolo degli eventi culturali italiani e un luogo dove radunarsi per discutere e riflettere. Oltre alle sale sono allestiti infatti dei veri e propri piccoli teatri in cui convergono scrittori italiani, stranieri, e persino personalità del mondo della politica e dell’economia, tavole rotonde in cui discutere a tu per tu con il pubblico. Il Salone, che ha cambiato nome più volte dalla fondazione (1988), con i suoi oltre 50.000 metri quadri di superficie espositiva è la seconda fiera più grande d’Europa dopo la Buchmesse di Francoforte, altro 70
importantissimo evento dedicato al settore editoriale, sebbene, è il caso di ricordalo, come presenze è prima da svariati anni (parliamo di oltre 300.000 partecipanti). Ma il Salone non è soltanto un punto di incontro tra editori e lettori, bensì anche una fiera dedicata ai professionisti del settore e ai ragazzi, con iniziative didattiche degne di nota e ingressi organizzati con le scuole. Dedicato ai ragazzi è il Bookstock Village, giunto all’ottava edizione, una grande area del Salone sostenuta dalla Compagnia di San Paolo e dedicata a bambini e ragazzi fino ai 20 anni, con fumetti, graphic novel, e manifestazioni che coinvolgono i settori ‘più vivaci’ dell’editoria nazionale. Il tema della prossima edizione del Salone, le meraviglie d’Italia, si collega in maniera diretta al vicino Expo 2015 di Milano. È quasi superfluo specificare, infatti, che la vicinanza delle due città ospitanti (Torino e Milano) e il parallelismo che una fiera la cui tematica principale è dedicata all’Italia, non potrà che portare a un aumento spropositato dei partecipanti, che probabilmente sfrutteranno l’occasione dell’Expo per visitare il Salone (e forse, in alcuni casi, anche viceversa). Ogni anno il Salone del libro nomina un paese ospitante, e nell’anno di ‘Torino Incontra Berlino’ – manifestazione che celebrerà l’incontro tra le due culture con eventi, spettacoli, concerti e appuntamenti
durante l’intero anno solare - il paese ospite d’onore non poteva che essere la Germania, presente con un grande stand interattivo nel Padiglione 3 e oltre venti autori che presenteranno le loro opere pubblicate in Italia: ci saranno i rappresentanti dei generi letterari più diversi, dal thriller al saggio, dal libro illustrato all’epopea famigliare. La corposa delegazione tedesca che si presenterà al Lingotto è arricchita da personalità di spicco, uomini e donne che scrivono in tedesco, ma che arrivano da altri paesi, come l’ucraina Katja Petrovskaja. Hanno già confermato la loro presenza due narratori tra i più noti e apprezzati, come Daniel Kehlmann e Ingo Schulze, ma ci saranno anche filosofi come Markus Gabriel e importanti divulgatori scientifici, autori per bambini e di graphic novel, tutti appartenenti al mondo tedesco. Regione italiana ospite d’onore è invece il Lazio, a sua volta presente con autori ed editori scelti a rappresentarla. Essere la regione ospite d’onore nell’anno delle meraviglie dell’Italia (e dell’Expo) significa dare valore alle meraviglie del Lazio attraverso le attività dell’assessorato alla cultura e politiche giovanili.
Ogni giorno presso lo stand della regione ci saranno incontri ed eventi, oltre a un ricco calendario in collaborazione con le biblioteche, i musei, gli istituti culturali e i teatri del Lazio che si racconteranno al grande pubblico. Tutte le sere, inoltre, ci saranno aperitivi-reading a base di libri e prodotti enogastronomici offerti dall’Agenzia regionale per lo sviluppo e l’innovazione dell’agricoltura del Lazio. Importante, infine, la presenza al salone dell’Ibf, l’Internazional book forum, vera e propria ‘area business’ della fiera: si tratta di un evento nell’evento giunto alla quattordicesima edizione, principalmente dedicato agli addetti ai lavori, in cui si dà il via a un vero e proprio scambio di diritti editoriali per la traduzione e non solo. Questo forum è un punto di incontro tra editori e agenti letterari di tutto il mondo, che qui si radunano e incontrano per concludere i loro affari. Il Salone Internazionale del libro, dunque, è un evento per tutti, dalle famiglie ai professionisti del settore, una delle fiere editoriali più floride del vecchio continente, tappa obbligatoria per chiunque voglia dare un nuovo valore alla cultura. Stefano di Pino
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Il Gran Ballo della Venaria Reale
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Castello Reale di Racconigi
Ville e castelli di Stefano di Pino
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ell’immaginario collettivo, il Piemonte è la regione monarchica per eccellenza e gran parte di essa era inclusa nella Contea, e poi Ducato, di Savoia. Per questo motivo il territorio è tappezzato da un cospicuo numero di castelli, ville e palazzi più o meno reali, reminiscenze di un passato che ancora si respira nell’aria Torino. Questi fantastici luoghi, ristrutturati e tenuti in grande considerazione dall’ente turistico piemontese, nella stragrande maggioranza dei casi sono stati convertiti in musei, o più semplicemente in luoghi visitabili. L’Unesco, che in fatto di antichità è quasi una garanzia, ha così esteso su gran parte delle residenze storiche piemontesi l’ombra della sua ala protettrice. È quanto avvenuto, ad esempio, per la celebre Reggia di Venaria Reale. Nel Seicento sabaudo le battute di caccia erano delle vere e proprie istituzioni, momenti di svago dei sovrani e allo stesso tempo occasioni diplomatiche durante le quali accogliere dignitari e ambasciatori del resto del mondo. Carlo Emanuele II di Savoia commissionò la costruzione di questa reggia proprio perché fosse punto di partenza per le battute di caccia nella brughiera piemontese. La costruzione della reggia richiese più di 20 anni e alla fine divenne un punto di ritrovo anche per il popolo: fu così che si venne a creare un agglomerato di case attorno alla reggia, fino a dar vita a quello che oggi è il comune di Venaria Reale, un po’ come accadde per la più celebre Reggia di Versailles. Come succede in molti casi, l’invasione
Il Palazzo Reale di Torino - credit regione piemonte - assessorato al turismo
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napoleonica della penisola provocò la trasformazione della reggia in un edificio militare; questa destinazione d’uso si protrasse fino alla fine degli anni ‘70 del Novecento, accentuando il peso gravoso dei 300 anni di storica struttura. È così che, nel 1978, la reggia venne salvata dal lento ma inevitabile degrado verso il quale si avviava, passando sotto la tutela della Sovrintendenza, per il restauro. I lavori, tuttavia, non iniziarono che Il castello di Pavone Canavese vent’anni dopo, nel ‘98, mentre l’Unesco dichiarava la serie delle ‘Residences of the Royal House of Savoy’ patrimonio dell’umanità. Dopo quasi dieci anni il complesso aprì i battenti al pubblico, entrando con il tempo nei primi cinque musei italiani più visitati. Nelle scuderie della Reggia, inoltre, si trova uno dei principali centri di restauro italiani. Appena precedente, ma ugualmente aderente alla serie dell’Unesco dedicata alle dimore dei Savoia, il Palazzo Reale, edificio storico di grande interesse insieme al limitrofo Palazzo Madama, entrambi situati nella celebre Piazza Castello, nel centro storico della capitale sabauda. Il Palazzo Reale è stato progettato - dopo la morte del primo architetto Ascanio Vittozzi, che si è occupato della Piazza già citata - da Carlo di Castellamonte, padre di Amedeo, progettista della Reggia di Venaria. La proficua collaborazione tra la dinastia dei Savoia e i Castellamonte ha portato dunque alla creazione di una splendida serie di residenze reali che seguono lo stesso stile architettonico, pur con differenze sostanziali. Il Palazzo Reale non è una casina di caccia, bensì la principale residenza della famiglia reale, teatro politico del Ducato per oltre tre secoli. Il vicino Palazzo Madama, invece, ha una storia più complicata e antica. Proprio nel luogo in cui sorge oggi il palazzo, un tempo vi era la porta di accesso alla città che costeggiava Palazzina di caccia di Stupinigi le rive del Po. Sempre qui all’epoca dell’Impero Romano d’Occidente, fu collocato un forte – non a caso oggi il nome esteso della residenza è Palazzo Madama e Casaforte degli Acaja, in onore del ramo cadetto della famiglia Savoia che rimaneggiò il castello in epoca rinascimentale. In tempi più recenti l’edificio è stato sede di comandi militari, di un osservatorio astronomico, sede del Senato Subalbino e addirittura della Corte di Cassazione. Oggi ospita il Museo civico d’arte antica di Torino che, articolato in 35 sale sviluppate su 4 piani, ospita importanti opere di arte gotica, rinascimentale e barocca. Più tardiva, ma sempre appartenente alla serie delle Residenze Sabaude, la Palazzina di caccia di Stupinigi è il capolavoro di Filippo Juvarra, completata nei primi anni ‘30 del Settecento. La zona di Stupinigi, assai vicina a Torino, era anch’essa, come Palazzo Madama, proprietà del ramo cadetto dei Savoia-Acaja, ma il castello che sorgeva in queste zone per difendere Moncalieri era ben diverso. La Palazzina è stata costruita decisamente a posteriori, quando Vittorio Amedeo II di Savoia, tornando in possesso della struttura dopo anni di passaggi di proprietà tra l’Ordine Mauriziano e la famiglia reale, decise di rendere questa struttura adatta a ospitare la famiglia reale. La costruzione ha richiesto non più di un lustro, ma per l’inaugurazione ufficiale La Sala degli Scudieri, Palazzina di caccia di Stupinigi
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e la completa decorazione di tutte le stanze reali si è dovuto attendere fino al 1739, cogliendo l’occasione della visita del Granduca di Toscana Francesco di Lorena. Con la costruzione di Stupinigi, la Reggia di Venaria venne elevata al grado di residenza stabile. Infatti la famiglia reale soggiornava nel palazzo di Torino solo alcuni mesi, e poi si spostava in tutte le strutture a rotazione. Se dapprima Venaria era la casina da cui Il Castello ducale di Agliè partivano le battute di caccia, Stupinigi la sostituì, divenendo dunque non un vero e proprio Palazzo Reale, bensì un luogo deputato alla caccia e all’ozio di campagna. Oggi il palazzo è diventato un importante polo museale, ospitando mostre itineranti di livello internazionale e un museo stabile dedicato all’arredamento d’epoca. Il castello del Valentino, a dispetto del suo nome, non ha nulla a che vedere con il figlio di Alessandro VI, Cesare Borgia. Sembra avere un maggiore legame, invece, con la storia di San Valentino, le cui spoglie sono conservate in una teca nella vicina chiesa di San Vito, sempre all’interno di quello che viene chiamato Parco del Valentino, un affascinante angolo di verde nel centro della città sabauda. Il castello, il cui nucleo è molto antico, è stato ristrutturato nel Seicento, ancora una volta dai Castellamonte, impegnando questa volta sia il padre che il figlio. La forma attuale è stata ideata sulla base dei desideri di Cristina di Borbone, principessa di Francia. Ciò non stupisce se si considerano i singolari aspetti architettonici, e lo stile di questo palazzo, che richiama in maniera ineludibile i palazzi dell’Ancien Régime francese. Nel 1860 questa struttura è stata salvata dal degrado dall’Università di Torino e oggi ospita la facoltà di architettura, sede distaccata del Politecnico di Torino; cionondimeno resta uno degli edifici più Il Castello Dante di Stresa importanti della serie Residenze Reali, bene protetto dall’Unesco. È nella provincia di Cuneo, sulla sponda sinistra del fiume Tanaro, che si apre lo scenario del Roero, luogo di confine tra il cuneese e le Langhe. Qui, a Govone, si staglia l’omonimo Castello Reale, attorno al quale si svilupparono già in tempi remoti numerosi centri abitati. In queste zone sorgeva in epoca medioevale una fortezza, la cui presenza è attestata già intorno al 990, ed è proprio attorno al forte di Govone che si è radunato un assembramento di case per cercare protezione all’ombra delle sue solide mura. La struttura che vediamo oggi è frutto della ricostruzione rinascimentale operata da Guarino Guarini su commissione dei Conti Solaro, signori di Govone già dal XIII secolo. Nel 1792, alla morte di Amedeo Lodovico Solaro che non aveva diretti discendenti, il castello e tutti i beni dei Solaro passarono allo Stato e quindi ai Savoia. Fu così che il castello divenne dimora estiva dei regnanti. Oggi è un’ambita meta turistica, dal 2007 parte del progetto ‘Castelli Doc’ insieme ad altri, tra cui il Castello Serralunga d’Alba. I castelli e le ville piemontesi, dunque, hanno tutti subito l’effetto catalizzatore dei Savoia, che hanno sfruttato nel corso dei secoli quasi tutte le strutture presenti sul territorio, contribuendo a mantenere vive le tradizioni remote che ruotano attorno a esse.
Una stanza del Museo Civico d’Arte Antica a Palazzo Madama
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L’interno del Duomo
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Alessandria
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isandria (così viene chiamata Alessandria dai piemontesi) si trova esattamente al centro del cosiddetto triangolo industriale formato da Torino, Milano e Genova. Fin dall’antichità, quindi, questa terra ha ricoperto un ruolo fondamentale per le comunicazioni tra la costa e le montagne e oggi i servizi di trasporto per raggiungerla sono molto articolati. La città, infatti, è divenuta nel tempo un importante snodo, su ferro e gomma, con scalo merci e un transito complessivo di passeggeri che sfiora i sette milioni l’anno. Questo via vai di gente, però, ha avuto un impatto negativo sulla qualità della vita visto che i dati emersi dallo studio “Treno Verde” di Legambiente ci raccontano di come le polveri sottili continuino a soffocare i centri urbani e la salute dei cittadini di tutta Italia e, in particolare, proprio di Alessandria. Ciclicamente sono tre le città italiane che superano i limiti annuali di polveri sottili e, tra queste, la seconda è proprio Alessandria che vede superare i limiti per ben quarantacinque giorni l’anno. Ciò che in molti denunciano è il poco impegno delle amministrazioni per affrontare e superare il problema educando, come prima cosa, i comportamenti dissennati dei cittadini in fatto di traffico e uso dell’auto. Secondo gli stessi abitanti sta diventando sempre più pericoloso camminare lungo le strade del centro a causa del grande traffico e il problema maggiore risiederebbe, secondo molti, in un poco efficace sistema di mezzi pubblici che, in prima battuta, alleggerirebbero sicuramente il caos e consentirebbero, successivamente, di vivere in una città meno inquinata.
Il palazzo del Municipio
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Il Duomo, o cattedrale dei Santi Pietro e Marco
Grazie alla sua invidiabile posizione, Alessandria è sede di una delle più importanti università italiane. Nel libro History of the University in Europe, Jaques Verger parla proprio dell’Università degli Studi del Piemonte Orientale, collocando la sua fondazione intorno al 1200 quando una delegazione di studenti fondò lo Studium vercellese. Da questa esperienza, iniziò un percorso nato qualche tempo prima a Bologna, che diede il via alla creazione di borse di studio per i tanti studenti che scelsero il Piemonte come luogo di formazione. La storia moderna dell’Università del Piemonte Orientale vede un suo snodo cruciale quando l’Ospedale Maggiore di Vercelli e la Facoltà di Medicina di Torino consentirono l’approvazione di corsi paralleli proprio ad Alessandria. Oggi questo centro di formazione ha visto crescere il numero d’immatricolazioni grazie all’altissima preparazione dei docenti e all’offerta di programmi di ricerca avanzata; tutto ciò colloca l’università al terzo posto di produttività tra i piccoli Atenei italiani. Ma questa vocazione verso le arti e il sapere si respira anche nel centro della città visto che dagli anni ’80, presso il Teatro Comunale, viene organizzata la Biennale di Poesia. L’obiettivo è quello di contribuire a ricostruire realmente un pubblico della poesia attraverso tavole rotonde, spettacoli di poeti e cantautori italiani e internazionali che raggiungono Alessandria per partecipare a questo particolarissimo evento da ogni parte d’Europa. Alessandria è riconosciuta da molti anche come terra di gusti e sapori. Qui ogni anno viene organizzato il Salone del Biscotto Piemontese, la principale manifestazione regionale del settore; l’evento è dedicato alla scoperta dei sapori regionali attraverso l’opera di grandi e piccoli artigiani del settore. Oppure Alè Chocolate, manifestazione ideata per promuovere e rilanciare il cioccolato dell’industria dolciaria, che ha l’obiettivo parallelo di tenere alto il buon nome del settore, ormai secolare di questa provincia.
Palazzo Ghilini
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La Torre Comentina, Asti
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Asti, Palazzo Medici del Vascello e la Torre Comentina
Asti & dintorni di Camilla Spinelli
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sti è, dopo Torino, la principale città d’arte del Piemonte in quanto custode di un ricco patrimonio artistico ed architettonico. La città presenta il più vasto patrimonio architettonico basso-medievale della regione, a memoria di quello che fu il più potente comune piemontese. Sono numerose infatti le torri, le case-forti, le chiese e i palazzi ancora integri e presenti su tutto il suolo cittadino. Asti è anche famosa in tutto il mondo per i suoi vini dolci: il Moscato Bianco o di Canelli, l’Asti spumante, il Brachetto dell’alto Monferrato e per quelli rossi come il Barbera, la produzione più diffusa sul territorio. Per tutti questi motivi, nell’immaginario comune, la città di Asti viene vista come un comune prospero e rigoglioso, dove si conduce una vita sana. Purtroppo però ultimamente i dati sconfessano un po’ questa idea: nel solo 2013 Asti ha perso ben ventotto posizioni nella graduatoria sulla qualità della vita stilata da “Italia Oggi Sette” e occupa l’ultimo posto a disposizione nella categoria “accettabile” prima del purgatorio della “qualità scarsa”. Lo studio, realizzato dall’Università La Sapienza, prende in considerazione nove parametri: Affari & Lavoro, Ambiente, Sicurezza, Disagio sociale, Servizi Finanziari, Salute, Tempo Libero. Per quanto riguarda la prima voce, non era di certo necessario uno studio per accorgersi che le cose fossero peggiorate, ormai da qualche anno in maniera quasi irreversibile. Sono infatti quindici le ditte fallite nei soli primi sei mesi dello scorso anno in tutta la zona del Monferrato, e soprattutto nell’area di Asti. In genere si tratta di ditte di artigiani, negozi o imprese edili oppure attività di storica memoria, che nel tempo sono diventate una vera e proprio istituzione della città. Recessione, aumento delle tasse e taglio dei posti di lavoro sono solo alcune delle conseguenze della crisi economica che si è abbattuta anche in questa zona, riconosciuta da molti come una delle storicamente più floride di tutta Italia. Il Duomo di Asti
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asti
Stupisce invece come sia scarsa la qualità dell’ambiente. Grazie alle sue morbide colline e ai borghi storici che colorano la provincia di Asti, nel 2014 il Monferrato è entrato nella lista dei beni del Patrimonio dell’Umanità. Questo però, evidentemente, non è bastato a dare un’impressione “pulita” di Asti e provincia: pesa sicuramente la presenza massiccia di polveri sottili e le pochissime isole pedonali e ciclabili, tanto richieste dai cittadini, che ancora non sono state ampliate. Naturalmente senza la proposta di una vera alternativa all’utilizzo delle automobili è impensabile che i livelli dell’inquinamento possano diminuire; ma senza una rete sviluppata di piste ciclabili come si può spingere i cittadini a lasciare a casa la macchina privata? E’ un circolo vizioso dal quale si può uscire solo attraverso degli investimenti a tappeto. Ciò che stupisce però è anche la voce della Sicurezza, visto che, tra le 110 città prese in esame, solo diciotto risultano essere più “violente” di Asti. Il numero dei furti in appartamenti è considerevolmente aumentato così come le rapine in banca o negli uffici postali. L’ultimo in ordine di tempo è la rapina del tabaccaio di Corso Alba, del dicembre scorso, che ha
Nizza Monferrato
causato la morte del titolare. L’Astigiano è famoso anche per la raccolta del mais ma, ultimamente, le cose non vanno bene neanche qui. Energia a costi salati, problemi di logistica e stoccaggio, perdite finanziarie per gli agricoltori e seria possibilità di abbandono dei terreni coltivati meno vocati, quelli cioè più a rischio di dissesto idrogeologico: sono questi i maggiori problemi che gli esperti del settore devono oggi affrontare per risollevare anche il comparto agricolo. Confagricoltura Asti ha sottolineato come a fronte di un aumento delle produzioni del mais del 20%, il calo del prezzo della granella sia del 30%; questo significa per l’agricoltore una perdita netta del 10%. Ai contraccolpi del mercato però si aggiungono i tagli, decisi per il secondo anno consecutivo, delle assegnazioni di carburante agricolo per l’essicazione del mais. Il risultato quindi è che i cerealicoltori non hanno sufficiente gasolio per essiccare il proprio prodotto e sono costretti a svenderlo per più di un’annata. Per tutti questi motivi, alcuni agricoltori stanno valutando se seminare ancora o lasciare i terreni a riposo; a rischio sono sia le aree marginali che quelle non marginali visto che gli agricoltori non avranno la liquidità per acquistare sementi e concimi. 83
IT’SNOW
Panoramica della “Fabbrica della ruota”, Pray Biellese
Biella & dintorni
L
a città di Biella ha origini antichissime perché proprio nei dintorni dell’attuale nucleo cittadino furono ritrovati nel 1959 attrezzi da lavoro e monili risalenti addirittura all’età del ferro. Bisogna però aspettare l’ottavo secolo dopo Cristo per veder comparire per la prima volta il nome della città in un testo ufficiale. Si tratta di un contratto di cessione di quell’insediamento urbano da parte di Carlo il Grasso alla Chiesa di Vercelli. Dal secolo X in poi la città fu dominata da Alemanni, Longobardi e Franchi a cui si deve però il merito di aver costruito le mura. Di tutte le opere di questo periodo rimangono intatte purtroppo solo il Battistero e il campanile del Duomo cittadino. Oggi il cuore della città è il Piazzo, il borgo medievale da dove si ammirano piazza Cisterna e la chiesa di San Giacomo. Questa zona è collegata al resto della città con numerosi camminamenti oppure, più semplicemente, con una funicolare. Nell’Ottocento, dopo secoli di dominazione francese e dei Savoia, venne costruito proprio qui il primo lanificio moderno, con una lavorazione della lana che continuava una tradizione risalente a più di cinquecento anni prima; nel 1245, infatti, erano già presenti sul territorio il Collegio dei Lanaioli e quello dei Tessitori. Fu proprio a cavallo tra Ottocento e Novecento che l’attività degli uomini cominciò a modificare anche il paesaggio intorno a Biella, costellandolo di enormi edifici a più piani accompagnati da svettanti ciminiere. Intorno a questi, furono costruiti anche canali di derivazione, condotte forzate e
Panorama di Biella da Chiavazza
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Santuario di Oropa, chiesa nuova complesso
centrali elettriche; microcosmi che, secondo gli esperti (e facendo anche le dovute proporzioni) ricordano la città di Manchester e che quindi rappresentano quasi un unicum nella realtà italiana. Gli antichi lanifici si possono oggi esplorare seguendo il percorso di archeologia industriale che unisce Biella a Borgosesia, importante mercato lungo la Strada della Lana. Alcune di queste strutture sono state trasformate in musei d’arte contemporanea, o in archivi sulla storia dell’industria tessile italiana, con centinaia di migliaia di campioni di tessuto, tra cui quello usato per confezionare il famoso cappotto di Audrey Hepburn in “Vacanze Romane”. Oggi Biella viene scelta come meta turistica non solo per la sua Strada della Lana ma anche per il suo Santuario mariano, situato a pochi chilometri dal suo centro e meta di pellegrinaggi durante tutto l’anno. Oppure grazie alla sua basilica di San Sebastiano, risalente al 1504, che conserva ancora oggi pitture intatte di artisti piemontesi come Rodolfo Morgari. Il chiostro di San Sebastiano ospita il Museo del Territorio, in cui sono esposti reperti di una necropoli romani, ceramiche e quadri dell’Ottocento. L’altra particolarità di Biella, però, è anche la natura incontaminata che abbraccia simbolicamente il nucleo cittadino; situata ai piedi della Alpi biellesi, la zona offre scenari mozzafiato e paesaggi suggestivi in qualsiasi stagione. Proprio qui sorge l’Oasi Zegna, un’area naturalistica di cento chilometri quadrati che abbraccia ben quindici comuni montani. L’oasi nasce dal genio di Ermenegildo Zegna che promosse un lavoro di riforestazione delle pendici della montagna con 500mila tra conifere, rododendri e ortensie, e la costruzione della “Panoramica Zegna”: una strada che consente alla
Riserva Naturale del Parco Burcina
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Santuario di Oropa
popolazione locale e ai turisti di godere dell’ambiente naturale montano. L’Oasi è il primo esempio italiano di mecenatismo ambientale che ha come obiettivo la tutela e la valorizzazione del territorio, comunicando con i visitatori attraverso un innovativo sistema segnaletico di “alfabeto visivo” che descrivi gli animali, le piante e i minerali che popolano questo territorio. Grazie alla conformazione naturale e alle infrastrutture ecocompatibili, l’Oasi Zegna è un vero e proprio laboratorio all’aria aperta dove è possibile praticare una serie di attività sportive come il trekking, l’equitazione e gli sport invernali. Ma l’amore per il verde e la sua conseguente salvaguardia ha portato negli anni il comune di Biella a diventare proprietario di un’altra riserva naturale, quella del Parco della Burcina. L’area è di circa 57 ettari e presenta un’escursione altimetrica di più di trecento metri sul livello del mare. Il parco è oggi raggiungibile attraverso le principali vie di comunicazione che conducono anche a Biella e ospita alcune tra le primissime piante esotiche ad essere impiantate in Italia, come le grosse sequoie. Da questo parco è possibile osservare un panorama a centottanta gradi che si estende dal complesso collinare morenico della Serra di Ivrea fino alla pianura del biellese. Il bosco fa da sfondo mentre il giardino è stato progettato volutamente in maniera informale proprio per esaltarne la spettacolarità naturalistica. All’interno della Riserva si trovano alcuni edifici che ricalcano la struttura architettonica delle tipiche case contadine della provincia di Biella e della vicina Valsesia. Si tratta di cascine dai nomi curiosi (Emilia, Merlo, Casa Blu, Bigatta …) adibiti alla custodia dei materiali per la manutenzione dell’esteso giardino.
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La statua di Giuseppe Barbaroux a piazza Galimberti, Cuneo
cuneo & dintorni
C
’è poca fantasia nell’origine del nome di questo capoluogo piemontese, decimo per altitudine in Italia. O forse molta. Sta di fatto che il suo nome, senza troppi rimandi etimologici, si deve alla singolare forma triangolare del territorio sul quale è stata costruita la città in origine, punto di confluenza dei corsi d’acqua Stura e Gesso. La vicinanza con l’acqua, la centralità, ma soprattutto la sua salubre posizione rialzata, utilissima in termini militari quanto in termini di qualità di vita, sono fattori che hanno favorito lo sviluppo di questa città, le cui più remote origini sono pressoché sconosciute. I primi documenti degni di nota, infatti, sono della fine del XII secolo, quando Cuneo si affermò come comune, liberandosi dal giogo delle marche settentrionali (Torino,
Chiesa Parrocchiale di San Vittore a Pollenzo
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Genova, etc.); la storia delle origini di questa città, ancora avvolta nel mistero, è stata più volte legata all’altrettanto sconosciuta Auriate, città carolingia di confine che a seguito di una sortita saracena sembra sia stata letteralmente spazzata via. Non tutti gli storici ne sono persuasi, e qualcuno sembra invece convinto che Auriate possa essere proprio Cuneo: il che giustificherebbe il mancato ritrovamento della prima e l’assenza di informazioni circa l’antichità e le origini della seconda. Un’altra particolarità del capoluogo sta proprio nel suo assetto urbanistico: la sua posizione rialzata e la consistente cinta muraria che la circondava ha fatto sì che la città non si sviluppasse al di là dei limiti storici e naturali, almeno finché Napoleone non la conquistò e con la sua amministrazione decretò l’eliminazione delle mura. Da allora la città si è espansa, soprattutto dal dopoguerra ad oggi, e il riassetto urbanistico ha dato alla luce Piazza Galimberti: lo stile neoclassico, con colonne in rilievo sui muri dei palazzi circostanti e i portici sono segno indelebile dell’architettura neoclassica, conferendo alla piazza, che con i suoi 24.000 metri quadrati è la più grande d’Europa per la sua tipologia, l’impronta dell’epoca napoleonica che la vide aprirsi in un punto in cui all’epoca sorgevano le mura. Lo sviluppo demografico della città ebbe inizio proprio a partire dalla demolizione delle mura e dalla conseguente espansione
dei confini cittadini nel lato sud-ovest del borgo. La città oggi ha molto da offrire ai suoi cittadini. Certo, di sicuro non si parla di una metropoli, ma la Granda, come viene chiamata dai piemontesi la provincia di Cuneo, è la provincia più vivibile della regione, costantemente in alto nelle classifiche della qualità della vita. L’occupazione è favorita dallo sviluppo e dalla prosperità di numerosissime industrie locali, mentre in termini di sicurezza la provincia è tra le prime in Italia: a Cuneo, o così risulta dai dati statistici, si dorme sereni. Buoni anche i servizi, tra i quali spicca Biblioincittà, rete cittadina che riunisce le ben 17 biblioteche sparse nel territorio. Nel capoluogo piemontese, inoltre, è molto forte la cultura della Resistenza, e a tal proposito è stato costituito l’Istituto Storico della Resistenza e della Società contemporanea, importante istituto di ricerca storica per la conservazione della memoria. Cuneo, d’altronde, è medaglia d’oro al valore militare ed è stato centro di grande importanza strategica per la lotta contro il regime nazifascista; a tal proposito può vantare di aver dato i natali a Duccio Galimberti, patriota e figura più importante della Resistenza piemontese. Cuneo e il suo territorio circostante, fino a includere l’attuale provincia, è da sempre stato un luogo di incontro e di mercato, nello specifico per il settore tessile, agricolo e zootecnico. Oggi nel territorio provinciale trovano sede alcune tra le più affermate ditte nel settore tecnico agricolo, di altri settori come quello dei laminati plastici, o aziende che si occupano della produzione di tessuti, come la Miroglio. Il vero e proprio settore principe della provincia, però, è senz’altro
quello dolciario. Maina e Balocco, Ferrero e Baratti & Milano, Venchi, sono i nomi più celebri dell’industria dolciaria italiana e sono tutte aziende leader di settore che hanno sede proprio nella provincia di Cuneo. Sono cuneesi anche ditte specializzate nella produzione di vini e liquori, come Cinzano, o Fontanafredda. Il territorio provinciale di Cuneo condivide, assieme alla provincia di Asti, le celebri Langhe, riconosciute nel 2014 come patrimonio dell’umanità dell’UNESCO assieme a Roero e Monferrato. Qui, come in tutta la Granda, la produzione dei vini e il valore gastronomico attirano un nuovo tipo di turismo dedicato alla riscoperta della campagna e al rinnovato interesse per il mondo agreste. Castelli, cascine e antichi casolari sono stati ristrutturati, spesso con capitali esteri, e riconvertiti in agriturismi, bed and breakfast e musei di vario tipo. Gli investimenti e le produzioni agricole d’eccellenza sono dettate da un diffuso sentimento di straniamento rispetto alle realtà cittadine e industriali del Piemonte, caratteristica esclusiva della regione, che grazie allo sviluppo industriale di città come Torino hanno fatto della regione sabauda un vero e proprio esempio nell’Italia del dopoguerra. Nel cuneese, però, è stato superato il degrado e la desolazione che a cavallo tra il XIX e il XX secolo hanno portato all’accentramento demografico nelle città ed è rimasto il genuino attaccamento a una cultura più isolata, autonoma e indipendente, tipica di una regione nella regione che nel corso dei secoli non ha perso le proprie tradizioni e le proprie caratteristiche culturali.
Piazza Duccio Galimberti, la piazza principale di Cuneo
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fossano
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Prospettiva della cupola e della Basilica di San Gaudenzio
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Una veduta di Novara
Novara
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onostante Novara sia la città più popolosa della regione dopo Torino con più di 100.000 abitanti, la sua posizione è molto decentrata e si colloca sul confine tra la regione sabauda e la Lombardia. Questa collocazione rende Novara un importante asse viario, punto di incontro tra le due regioni e luogo di passaggio di numerose strade che scendono verso la riviera ligure e salgono verso le grandi autostrade d’oltralpe. Non a caso è sede del Centro Intermodale Merci, centro di smistamento ferroviario dal quale partono i grandi carichi per il nord Europa. A conti fatti, il cittadino di Novara che abbia necessità di recarsi in una grande città trova ben più comodo spostarsi a Milano, ad appena 49 km di distanza, che a Torino, che dista quasi il doppio. Non solo, la città è ancora più vicina al lago maggiore, meta turistica privilegiata. Anche nella storia di città si ritrovano le tracce di un dualismo che segna la città sotto molti aspetti: fino all’annessione al regno sabaudo, infatti, la storia di Novara è stata a lungo travagliata a causa delle continue lotte tra la chiesa e l’imperatore per il dominio su di essa. Qui i due schieramenti hanno preso i nomi di “sanguinea”, ovvero la corrente a tendenza guelfa, e “rotonda”, ossia Il cortile interno del Broletto di Novara filo-imperiali ghibellini. Come molte città italiane, anche Novara è dominata da una cupola, quella della chiesa di San Gaudenzio. Quest’ultimo, figura storica di grande spessore, era in stretto contatto con Sant’Ambrogio, fu primo vescovo di Novara ed è stato il principale responsabile dell’evangelizzazione del novarese. Se in alcune zone della città è ancora possibile vedere i resti della romanità che contraddistinse i primi anni della storia di Novara (tra tutte piazza Cavour), il suo valore artistico, apprezzabile nel piccolo centro storico, è caratterizzato da tracce medioevali, rinascimentali e barocche. 93
Tutto, però, lascia il passo allo stile ottocentesco della città che, sulla scia di quanto è possibile osservare in altre città del regno sabaudo (come Torino), è ad oggi la vera essenza di Novara. L’incrocio tra Corso Italia e Corso Mazzini, è il vero cuore pulsante della città, dove ancora oggi i novaresi si radunano, luogo di svago privilegiato, tra portici, negozi e passeggiate lastricate di sampietrini, scorci molto diffusi in tutta la zona settentrionale dell’Italia, che durante le festività diventano vere e proprie ‘vasche’ per cittadini, turisti e pendolari. L’Ottocento fu un’epoca di grandi cambiamenti per la città di Novara, e questo è testimoniato dal Duomo di Novara, ossia la Cattedrale di Santa Maria Assunta, importante edifico in stile Neoclassico che negli anni ‘60 del diciannovesimo secolo ha preso il posto dell’omonima chiesa romanica datata 1132 che lì sorgeva. Oltre alla chiesa di San Gaudenzio, che custodisce le spoglie del santo, un altro edificio di importanza capitale per la città piemontese è il suo castello. La struttura, di chiara matrice sforzesca, ha in realtà una storia ben più remota di quanto si possa pensare: se c’è chi sostiene che in questa zona si radunassero addirittura le popolazioni celtiche in epoca preromana, è lampante che il castello sorga su un angolo delle antiche mura romane. Novara è una città ricca di festività e ricorrenze, dove si rincorrono feste, sagre, mercatini. La più importante è senz’altro quella del patrono, San Gaudenzio, che prolunga le festività natalizie con un gennaio pieno di caratteristiche bancarelle. Ci sono poi almeno altre tre fiere annuali in città degne di nota: quella di marzo, quella di agosto e quella di novembre, tutte nelle vie e piazze del centro storico. Quest’ultima è accompagnata dalla festività di San Martino, in occasione della quale oltre 400 espositori di merci varie addobbano il centro cittadino, diventando occasioni d’incontro e richiamo turistico. Importante anche il mercatino dell’antiquariato, che richiama decine di espositori piemontesi e lombardi ed è ormai diventato una reLa cupola e il campanile della Basilica di S. Gaudenzio altà tradizionale della città. La città piemontese è diventata negli ultimi anni un centro molto importante per la letteratura: oltre alla Settimana novarese della letteratura, dal 2006 è stato dato il via a un festival letterario, che ha visto la partecipazione di scrittori del calibro di Daniel Pennac e Luis Sepulveda. A livello musicale, poi, oltre al Novara Jazz, da segnalare il NovaAria, festival celtico che celebra il passato remoto della città e le tradizioni celtiche del nord Italia. Novara, dunque, nonostante le dimensioni ristrette è una città molto attiva sotto il profilo culturale. Novara, tuttavia, è stata recentemente eletta come capitale della crisi del nord Italia, trattandosi della terza provincia d’Italia a risentire della flessione della crisi iniziata ormai nel 2007. Tra i dati presi in considerazione ci sono disoccupazione, sistema creditizio, il valore degli immobili, quantità di rifiuti prodotti, numero di laureati e spesa per i medicinali, che sembra abbassino notevolmente l’indice della qualità di vita della città. Novara è anche sede della Casa Circondariale, carcere cosiddetto “duro”, ovvero caratterizzato dal 41 bis. Nello specifico la sede di Novara ha ospitato in passato e ancora ospita pericolosi criminali, mafiosi, come Bernardo Provenzano.
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TOSI COMUNICAZIONE
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Verbano-Cusio-Ossola
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erbania sorge su un promontorio che affaccia sul Lago Maggiore circondato dal monte Rosso a est e a nord dal Parco Nazionale della Val Grande. Il comune ha una storia recente visto che venne ufficialmente istituito solo nel 1939 dalla fusione di Intra e Pallanza e, solo cinque anni dopo, fu scenario dell’eccidio di quarantatré partigiani fucilati dalle SS tedesche. In memoria di quest’atto di folle violenza rimane oggi il Parco della Pace, un’area monumentale di 16mila metri quadri. Verbania però, vanta dei record nel campo ambientale che vengono invidiati un po’ in tutta l’Europa: in base agli ultimi studi portati avanti da Legambiente, per esempio, Verbania risulta essere la migliore città italiana in campo “verde” grazie ai miglioramenti nella raccolta differenziata e nel rapporto di emissioni di CO2 per passeggero del trasporto pubblico. Questa cura dell’ambiente cittadino si osserva anche uscendo fuori dal centro nevralgico della città: proprio alle sue porte sorge la Riserva naturale speciale Fondo Toce, istituita nel 1990 e che prende il nome dalla foce del fiume omonimo. La zona è molto umida e ospita numerose specie di uccelli migratori, anche rare, e vegetali tra cui la rarissima castagna d’acqua del Verbano. Nella parte nordorientale della città invece sorge Villa Taranto, un giardino terrazzato che copre un’area di 16 ettari, percorso da ben sette chilometri di viali e che viene riconosciuta da molti esperti come il giardino più bello del mondo. La sua ideazione è frutto del genio di uno scozzese, Neil McEacharm, che nel 1928 tornò in Italia dopo esserci stato in gioventù con l’obiettivo di
Lungolago di Cannobio
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Stresa, Lago Maggiore
costruire un grande giardino botanico. I lavori iniziarono nel 1931, durarono ben nove anni e alcune delle specie floreali custodite ancora oggi tra le mura della villa sono tra le più rare al mondo: parliamo delle grandi ninfee Victoria cruziana, le conifere Metasequoia e le felci Dicsonia antarctica. Il virtuosismo della città si nota anche nel campo della sperimentazione: nel 2013 è infatti iniziato un ambizioso progetto contabile-informatico di controllo della spesa che permetterebbe allo Stato di tenere sotto controllo la finanza pubblica. Verbania vi ha aderito con entusiasmo risultando una delle città più operose. Il lavoro, così su due piedi, sembra oscuro ma ha lo scopo di assecondare le richieste dell’Unione europea in tema di controllo dei conti pubblici. Ebbene, al termine della sperimentazione, e alla luce dei risultati, si è evidenziato il dimezzamento degli obiettivi del Patto di stabilità e la disponibilità immediata di liquidare i crediti che le grandi e medie imprese vantavano con il Comune per lavori pubblici regolarmente eseguiti, conclusi e collaudati. Verbania sembra quindi essere una delle città con la più alta qualità della vita in Italia anche se, negli ultimi anni, i cittadini devono combattere sempre più spesso con l’aumento di piccoli reati e furti. Questi ultimi, nel solo 2014, sono stati mille e ottocento, di cui 406 in abitazione, con un aumento del 6% rispetto al passato. Tra le curiosità però c’è da sottolineare la quasi totale scomparsa delle rapine in banca o alle poste: una nel 2012, una del 2013 e zero nel 2014. Almeno questa brutta consuetudine possiamo quindi dirla ormai archiviata. Camilla Spinelli
Lungolago di Suna
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La basilica di Sant’Andrea, Vercelli
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Il Duomo di Vercelli
Vercelli
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ulla sponda destra del fiume Sesia, in pianura, sorge Vercelli che con i suoi circa 47.000 abitanti è soltanto l’undicesima città della regione per dimensione demografica. Il modesto numero di abitanti non impedisce a Vercelli di essere una città di grande importanza, infatti detiene - a ragione - l’appellativo di capitale europea del riso: in città hanno sede una stazione sperimentale di risicoltura e la borsa azionaria del riso, la più importante d’Italia. A Vercelli sono presenti industrie tessili meccaniche chimiche e alimentari, nonché la più lunga tradizione di artigianato dell’argento. Ma al di là dei vari settori industriali cittadini, se l’Italia è il primo produttore europeo di riso, buona parte del merito si deve proprio a Vërsèj (in lingua piemontese) e alla sua provincia a vocazione agricola ed enogastronomica. A dare impulso a questa coltivazione nella provincia di Vercelli contribuì notevolmente il canale Cavour, un’opera idraulica di notevole portata costruita tra il 1860 e il 1866, voluta dallo stesso Cavour. Lungo 82 chilometri nasce dal Po presso Chivasso e termina nel Ticino presso Galliate, approvvigionando la pianura piemontese dell’acqua fondamentale per le risaie.
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Tipico di queste zone è il famoso riso di baraggia, a cui nel 2007 è stato riconosciuto a livello europeo il marchio DOP. Il centro abitato di Vercelli ha origini molto antiche, parliamo addirittura dell’età del Bronzo, anche se poi i Celti ne fecero una vera e propria rocca, fino ad arrivare ai Romani che la resero un municipio nel 49 a.C. E la Piazza Cavour con la torre dell’Angelo dotarono di strade e infrastrutture; tra altalenanti periodi di autonomia quasi assoluta, Vercelli passò infine al Ducato di Milano e fece parte della Lega Lombarda sul finire dell’Alto Medioevo. Nel XV secolo passò sotto i Savoia sotto la cui ala protettrice rimase fino all’unità d’Italia. Le risaie vercellesi tra l’altro, ebbero un ruolo fondamentale proprio durante il periodo unitario. Durante la seconda guerra d’Indipendenza nel 1859, quando gli austriaci marciavano verso Torino, per far loro perdere tempo in attesa che arrivasse l’esercito francese a dar loro manforte, i piemontesi allagarono le risaie, ottenendo l’effetto di ritardare l’avanzata delle truppe imperiali, che vennero poi ripetutamente sconfitte dall’esercito franco-piemontese. La città è anche una delle tappe della via Francigena e Dante la menziona nella Divina Commedia descrivendone un paesaggio naturale armoniosamente composto, capace di suscitare sentimenti intensi, elementi questi che contribuiscono a sottolineare il carattere storico, culturale e geografico della piccola quanto antica cittadina piemontese. Vercelli è, insieme ad Asti, la seconda città d’arte del Piemonte. Il suo patrimonio è notevole e nonostante abbia subito ingenti danni durante la seconda guerra mondiale, il centro storico ha carattere prettamente medievale, con le sue torri, le sue chiese e i suoi palazzi, è tutt’oggi un gioiello che merita di essere visitato. Basti pensare che la costruzione dell’imponente duomo iniziò nell’anno 300 e soltanto nel 1860, dopo le più svariate vicissitudini, venne completata la cupola. Se di certo non mancano chiese mirabili, Vercelli non lesina piazze assolutamente uniche da offrire ai suoi visitatori: Piazza del Palazzo Vecchio, fino a poco fa adibita ad area mercatale e oggi restaurata, ma sicuramente quella dove palpita il cuore della città è piazza Cavour, che sorge sull’antico forum romanum ed è il centro della vita pubblica e mondana vercellese. Il suo aspetto medievale, con i portici e la Torre dell’Angelo che la domina, la rendono un vero gioiello. In ultimo, tra i beni artistici vercellesi non si può non menzionare il castello Visconteo che, edificato nel 1290 per volere di Matteo I Visconti, non è una semplice fortificazione ma presenta tutte le caratteristiche della dimora signorile L’interno della chiesa di San Cristoforo
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rinascimentale atta a rappresentare la potenza politica del signore. Attualmente è la sede del Palazzo di Giustizia. Vercelli, come altri centri piemontesi, è molto ricca di biblioteche, anche molto antiche, tra cui la Biblioteca Capitolare dove è conservato il molto probabilmente più antico testo scritto in lingua inglese, il famoso Vercelli book, un manoscritto redatto nel X secolo che presenta una serie di opere a carattere religioso, parte in versi e parte in prosa. Vercelli è solo al 60° posto nella classifica della qualità della vita tra i capoluoghi di provincia italiani, ma gli indici negativi che influiscono sulla posizione finale non edificante sono principalmente quelli inerenti alla scarsezza della popolazione, quindi servizi come la banda larga, le sale cinematografiche, oppure il tasso migratorio o l’indice climatico mentre gli indici positivi sono il patrimonio familiare, i consumi per famiglia, il tasso di occupazione. A Vercelli sono ubicati gli uffici amministrativi, il rettorato e il dipartimento di studi umanistici dell’università del Piemonte Orientale Amedeo Avogadro che comprende anche Alessandria e Novara, certamente poco, specie sentendo anche il parere dei giovani vercellesi, per donare alla città una connotazione di città giovanile e universitaria. Molti giovani proprio per questo preferiscono emigrare nelle vicine Torino e Milano dove non solo l’offerta universitaria è ben maggiore ma dove possono anche trovare la vita notturna e gli svaghi che il piccolo capoluogo non offre. I locali sotto i portici di piazza Cavour sono ottimi per un dolce tipico ed una cioccolata, per una chiacchierata o per leggere il giornale, ma dopo l’orario di cena Vercelli si chiude nella sua dimensione di città tranquilla e matura, come molti degli altri capoluoghi piemontesi del resto. L’evento più mondano della città è il festival musicale G. Viotti che si tiene ogni mese presso il teatro civico, ma anche in questo caso la fascia d’età del pubblico che maggiormente lo apprezza è piuttosto alta. Una menzione d’onore spetta alla storica squadra di calcio della Pro Vercelli che, fondata nel lontano 1892, è una delle più antiche d’Italia nonché una delle più titolate poiché vinse ben sette scudetti tra il 1908 e il 1922. Tra le sue fila giocò il mitico Silvio Piola (ancor oggi il giocatore con più gol segnati in serie A) al quale è intitolato lo stadio cittadino. Vercelli è una città antica, ordinata, che mantiene una sua dimensione storica ben definita, un’economia ricca ed una tranquillità invidiabile, meta di un turismo colto e maturo ma non certo polo d’attrazione per i giovani in cerca di divertimenti e vita notturna.
La basilica di Sant’Andrea
L’interno della chiesa di San Michele
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economia & imprese
Giudica il tuo successo da ciò a cui devi rinunciare per poterlo ottenere
Dalai Lama
Sergio Marchionne, e a destra John Elkann, i due massimi responsabili del Gruppo FCA
industria & commercio di Stefano Di Pino
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atria della Fiat, del riso, del vino, ma anche delle maggiori industrie meccaniche e siderurgiche, il Piemonte è una regione molto attiva sotto il profilo industriale, tanto da diventare, nel panorama italiano del boom economico e ancora oggi, uno dei motori essenziali per l’intera penisola. Le ragioni sono allo stesso tempo sociali, economiche, politiche, ma anche territoriali. È stata, durante il Risorgimento italiano, la regione italiana più sviluppata, più europea. Ma se il riso, ad esempio, è uno dei prodotti più apprezzati della regione, ciò è dovuto alla conformazione territoriale della regione. Nello specifico, il riso è tra i prodotti che maggiormente incarna la realtà del settore primario piemontese: Vercelli e Novara, province d’eccezione, producono un quantitativo di riso sufficiente a rendere il Piemonte il maggiore produttore italiano. Qui le ultime propaggini della pianura padana ricreano un ambiente perfetto per la crescita di questa pianta erbacea, ma nell’ottica della produzione intensiva del riso, così importante da rendere Vercelli un vero e proprio mercato internazionale, è necessario citare la città di Chivasso, letteramente il motore delle risaie vercellesi: qui è stato costruito un
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poderoso impianto di pompaggio che devia le acque del Po, attraverso il canale Cavour, per inondare i campi tra Novara e Vercelli. Ma il Piemonte è una regione versatile, un territorio eterogeneo che ospita anche montagne e soprattutto colline. Soprattutto colline perché è su questi dolci declivi che vengono prodotti alcuni tra i vini più pregiati d’Italia, come il Barolo, il Barbaresco, il Barbera d’Asti o i vini delle Langhe. Rimanendo nel settore gastronomico, e nello specifico nel campo dell’eccellenza, il Piemonte è patria, grazie alla prolifica zona di Alba, di alcuni dei prodotti dolciari più famosi al mondo. Oltre al celebre tartufo d’Alba, infatti, qui è nata e continua a vivere la Ferrero, colosso dell’industria dolciaria mondiale, genitore dell’inossidabile Nutella, uno dei prodotti italiani più conosciuti – e venduti – in Italia e all’estero. Ma il cioccolato, di qualsiasi tipo, è il fiore all’occhiello dell’industria dolciaria piemontese: tra Novi Ligure e Torino, infatti, la produzione di cioccolato raggiunge quantità significative, svariate decine di migliaia di tonnellate che si riversano sul mercato mondiale. A tal proposito oltre a Pernigotti e
Novi, fenomeni decisamente più commerciali e diffusi, citiamo Baratti & Milano, che partendo dal Caffè storico in Piazza Castello ha raggiunto il mercato d’elite del cioccolato affermandosi, con la sua gianduja, in collaborazioni d’eccezione, ad esempio con il romano Castroni per la produzione di torroni. Lasciando da parte il pur importante settore agroalimentare, la più grande realtà economica piemontese è la Fiat, che ha letteralmente rivoluzionato il campo industriale italiano e ancora oggi, nonostante le delocalizzazioni, gli investimenti esteri e i cambiamenti dell’asset strutturale, è la realtà economica più ‘pesante’ dell’intero paese. La Fiat nasce a Torino sul finire del XIX secolo, in Corso Dante, dove 150 operai lavoravano senza sosta per la produzione dei primi veicoli. Il vero boom si ebbe, però, nel dopoguerra, quando i soldi del Piano Marshall hanno innervato gli stabilimenti, dando vita ad alcuni dei modelli automobilistici più affascinanti mai prodotti, come la Fiat Nuova 500, o la Fiat 600 Multipla, prima monovolume prodotta in Italia. È attorno alla Fiat e a società similari che è nato il mito operaio italiano del 104
dopoguerra, che ha attirato nelle città la forza lavoro non solo della regione sabauda, ma anche delle zone meridionali, storicamente più arretrate. È così che negli anni ‘70 Torino raggiunge la maggiore densità demografia e - complice una comprensibile incapacità di gestione di questo boom – il maggiore grado di congestione mai raggiunto prima. Le campagne si svuotarono in favore della provincia torinese, dove l’ampia disponibilità d’acqua e la presenza dei capitali esteri e italiani favoriva lo sviluppo delle industrie, fonti inesauribili (si pensava) di lavoro e di salari, che garantivano un tenore di vita apparentemente più elevato rispetto alle desolate campagne del sud afflitte dalla crisi agraria. Oggi Torino è ancora sede di Fiat, ma se della gloria del passato resta il Lingotto - colossale sede di produzione ora dismessa e riutilizzata a fini culturali - la Fiat è molto cambiata e le sedi di produzione sono inferiori rispetto al passato; nonostante tutto Fiat è ancora sinonimo di economia e produzione italiana e tutte le notizie che la riguardano sono destinate ad avere una forte risonanza mediatica nel Belpaese. Il Piemonte, e nello specifico la
Una inquadratura del film “Tempi moderni” interpretato da Charlie Chaplin
zona di Ivrea, è stata anche la terra dell’elettronica e dell’informatica, dove nacque la più importante azienda italiana per la produzione di macchine da scrivere e calcolatori, la Olivetti. Oggi, a più di cento anni dalla sua fondazione, Olivetti è una realtà importante – anche se non come negli anni ‘60 e ‘70 – nel settore informatico, con un fatturato che sfiora i 390 milioni di euro. Il Piemonte, dunque, è stata una realtà fondamentale per la rinascita dell’Italia dalle ceneri del conflitto mondiale e ancora oggi è un vero e proprio polmone per l’economia d’Italia, culla dell’industria siderurgica, metallurgica e meccanica, capace di produrre un PIL di quasi 130.000 milioni di euro. La crisi dei settori industriali trainanti come quello tessile e delle macchine da scrivere, però, ha indubbiamente creato dei disagi alla regione, avanzando il problema di un passaggio a un’economia inevitabilmente post-industriale: le istituzioni stanno cercando di ovviare al diffuso problema della crisi industriale attraverso il contratto di insediamento, ovvero una politica di incentivi dedicati alle imprese estere che intendono investire in Piemonte. 105
Sede di Torino - Corso Stati Uniti, 29 Pal la Marmora - Banca Fideuram
Il gruppo Banca Fideuram in Piemonte Il gruppo Banca Fideuram è leader di mercato nella consulenza finanziaria: • è presente in Italia con più di 5.000 private banker, appartenenti alle due reti di distribuzione Fideuram e Sanpaolo Invest; • amministra una ricchezza finanziaria di 90 miliardi di euro per conto dei suoi 636 mila clienti. Fideuram offre un servizio di consulenza finanziaria evoluto e ha una gamma prodotti sempre al passo con l’evoluzione delle esigenze della clientela. Nel risparmio gestito collabora con le più prestigiose case di asset management internazionali, in una logica di architettura aperta. Nel risparmio amministrato offre servizi bancari completi e di private placement. Offre servizi fiduciari tramite una società dedicata, Fideuram Fiduciaria, oltre a servizi di consulenza fiscale, legale e immobiliare, grazie a importanti partnership con le principali società specializzate.
Fideuram e Sanpaolo Invest in Piemonte
Banca Fideuram è presente in Piemonte con 428 private banker e 17 manager che operano presso 12 sportelli bancari e 30 uffici di promotori finanziari. I promotori Fideuram amministrano nella regione una ricchezza finanziaria di 10,8 miliardi di euro per conto di circa 67 mila clienti. Sanpaolo Invest è presente in questa regione con 177 promotori e 6 manager che amministrano in Piemonte una ricchezza finanziaria di 2,8 miliardi di euro per conto di più di 15 mila clienti.
Sede di Torino - Corso Re Umberto,18 - SanPaolo Invest
Il modello di consulenza
Banca Fideuram, pioniera sul mercato italiano per aver offerto la consulenza finanziaria in modo gratuito a tutti i suoi clienti, garantisce in ogni momento la massima assistenza nelle scelte di investimento e il massimo livello di tutela previsto dalla normativa vigente attraverso un modello di consulenza scalabile che include: il servizio di “consulenza base” e il “servizio di consulenza evoluta Sei”, quest’ultimo anche nella versione dedicata alla clientela Private. Il servizio di “consulenza base”, offerto gratuitamente a tutti i clienti, prevede la profilatura finanziaria e l’analisi preventiva di adeguatezza – in termini di rischiosità, liquidabilità, concentrazione ecc. – di ogni singola operazione rispetto all’intero portafoglio detenuto dal cliente. L’ampiezza dei criteri presi in considerazione dal modello posizionano il servizio di consulenza base ai vertici del mercato. Ai clienti con esigenze più complesse è dedicato il “servizio di consulenza evoluto Sei”, che: • permette un’allocazione delle risorse patrimoniali nelle sei aree di bisogno della clientela: protezione, liquidità, riserva, investimento, previdenza ed extra-rendimento; • consente il controllo ex ante ed ex post dei principali fattori di rischio, sia in relazione al patrimonio gestito presso Banca Fideuram, sia per le risorse detenute presso altri intermediari. I riscontri ottenuti dalla clientela sono molto positivi: Fideuram ha raggiunto più di 25 miliardi di masse sotto consulenza Sei e più di 60 mila clienti hanno sottoscritto il servizio.
I clienti private
Sede di Torino - Corso Cairoli, 1 - Banca Fideuram
Fideuram presta particolare attenzione al segmento dei clienti private, per i quali l’assistenza, oltre ad un supporto nella pianificazione finanziaria, va estesa anche a bisogni non strettamente finanziari, quali ad esempio l’ottimizzazione fiscale, le tematiche successorie legate al passaggio generazionale, i servizi fiduciari e di asset protection, la tutela del tenore di vita. Questi temi, validi per molti clienti, lo sono ancor di più per un cliente private in quanto al crescere dell’importanza del patrimonio queste esigenze di protezione diventano prioritarie. Fideuram conta oggi più di 33 mila clienti private e 42 miliardi di euro in gestione per questo segmento. A clienti singoli o gruppi familiari con una ricchezza finanziaria superiore ai 2,5 milioni di euro è dedicata la Service Line Private, con centri a Torino, Milano, Brescia, Padova, Bologna, Firenze, Roma e Catania. A partire da aprile 2013 Banca Fideuram è poi disponibile Sei Private, una versione potenziata del servizio di consulenza evoluta, personalizzato sulle specifiche caratteristiche della clientela private.
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Passaggio generazionale: soluzioni Quello del passaggio generazionale è un tema sul quale Banca Fideuram punta con grande decisione. La ragione è semplice. Basti pensare che nel nostro paese ogni anno sono circa 80 mila le imprese a controllo familiare coinvolte in un ricambio generazionale, che due aziende su tre non sopravvivono a questo passaggio e che i problemi di successione costituiscono la seconda causa di cessazione di un’attività imprenditoriale. Questo perché gli imprenditori si focalizzano spesso sull’attività della loro impresa, sottovalutando la fase successoria e contando sul buon senso degli eredi. Per proteggersi dai rischi è quindi necessaria una corretta pianificazione. Gli strumenti a disposizione sono tanti e ciascuno ha vincoli e vantaggi. La priorità resta il testamento e, almeno nelle situazioni più semplici, si può optare per prodotti assicurativi, patti di famiglia o donazioni: basti pensare che la combinazione efficiente di due o tre strumenti tra quelli elencati risolve l’80% delle successioni; per i casi più complessi occorrono soluzioni più articolate, quali trust e holding. Per far fronte al passaggio generazionale Banca Fideuram offre ai clienti un servizio di analisi e supporto gratuito. Restano in carico al cliente solo le spese notarili e per consulenze fiscali legate ai prodotti assicurativi.
Sede di Torino - Corso Cairoli, 1 - Banca Fideuram
Fideuram Mobile Solution Fideuram Mobile Solution fornisce in mobilità gli strumenti di supporto alla consulenza. Questo vuol dire flessibilità, risparmio di carta, riduzione degli inserimenti manuali, maggiore velocità e semplicità nella finalizzazione delle operazioni. Una volta predisposta una proposta commerciale approvata dal cliente, un unico ambiente applicativo consente al private banker di completare le verifiche di adeguatezza e mandare in esecuzione gli ordini. Il tutto senza utilizzo di carta poiché, se il cliente lo desidera, può apporre la sua firma elettronica con gli strumenti già utilizzati per l’operatività online. Il successo di questa novità è dimostrato dal crescente gradimento da parte clienti e promotori.
Voluntary disclosure In una fase così delicata della vita dei clienti, che si devono confrontare con la complessità della normativa sulla Voluntary disclosure, come da tradizione Banca Fideuram si è attivata subito per dare delle risposte concrete alle loro esigenze informative. Questo con due modalità: da un lato verso i clienti stessi e, dall’altro, attraverso specifici interventi info-formativi per i dottori commercialisti, che sono l’unico soggetto autorizzato a presentare la pratica di emersione alle autorità tributarie italiane. La Banca propone ai clienti che lo desiderino una selezione di grandi studi di commercialisti che li potranno assistere; si tratta di strutture che per dimensione, dislocazione geografica, internazionalità, solidità e metodi applicativi sono in grado di garantire un eccellente livello del servizio. In collaborazione con lo studio Ceppellini, Lugano & Associati, la Banca offre invece ai commercialisti che lo richiedano un primo momento formativo, con un programma di eventi sul territorio, e successivamente un percorso che comprende dei continui aggiornamenti. Al momento Banca Fideuram ha fissato 22 eventi sul territorio nazionale, con una concentrazione particolare nella parte settentrionale del paese. Nella città di Torino l’evento si è svolto alla fine del mese di gennaio.
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21047 SARONNO (VA) ITALY - Via Parma, 14 a TCI di Saronno è una electronic based company fondata 25 anni fa e Tel.+39.02.964161 - Fax.+39.02.9608247 leader mondiale nel settore dell’elettronica per l’illuminazione. La sua www.tci.it ampia gamma di prodotti viene fornita in tutto il mondo alle più grandi
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aziende produttrici di illuminazione. Il principale mercato di riferimento è quello tedesco ma anche nei Paesi Arabi ed in generale nei Paesi emergenti TCI è presente fornendo le proprie apparecchiature per i più prestigiosi impianti di illuminazione in aeroporti, strade, ospedali, case di cura, scuole, musei, uffici e case private. In questo momento storico dove il Led rappresenta la nuova frontiera della tecnologia per l’illuminazione, TCI si distingue per essere un’azienda fortemente innovatrice ed attenta alle differenti richieste del mercato. Ogni anno il fatturato del gruppo TCI aumenta di circa il 10 per cento, attestandosi nel 2014 a circa 100 milioni di euro, con un margine operativo lordo ampiamente superiore alla media del settore.
La solidità economica e finanziaria permette all’azienda di attuare una incisiva politica di investimenti in ricerca e sviluppo che gli permette di essere riconosciuta come leader mondiale nel proprio settore. TCI è presente ogni anno alle più importanti fiere di settore in tutto il mondo; terminata da poco la fiera in Iran, TCI sarà presente durante il mese di marzo alle fiere di Dubai e Tokio, dove presenterà un nuovo catalogo, il più aggiornato e completo per il mercato dell’illuminazione specificatamente indirizzata alla regolazione della luce per ottenere risparmio energetico, minore impatto ambientale e qualità e atmosfere personalizzate per il vivere ed il lavoro quotidiano. Le novità sostanziali che TCI presenterà a Dubai sono il sistema di illuminazione stradale Smart cities per il controllo dell’illuminazione e della sicurezza stradale e delle situazioni ambientali, climatiche, meteorologiche e di viabilità; la regolazione di luce senza fili; i driver per Led a 300 watt e i driver per Led con componenti privi di sostanze pericolose per la salute e per l’ ambiente. Inoltre la TCI presenterà nelle prossime presenze internazionali i lavori di design e ambientazione delle nuove frontiere dei Led, gli OLED, realizzati insieme alla più prestigiosa Università tecnologica e di design italiana L’ headquarter della TCI è a Saronno,
in provincia di Varese, Italia, dove è stabilizzata la produzione europea di tutti i prodotti del catalogo. Per il mercato del Far East la TCI si avvale della produzione dell’azienda ITC, di cui è partner insieme ad una prestigiosa azienda leader tedesca, con la quale sviluppa una produzione di drivers con componenti europei e manodopera cinese, dedicati specificatamente al mercato di Cina, Singapore, Thailandia, Corea, Giappone, Indonesia. Oltre al risparmio energetico ed alla qualità della luce per gli ambienti, TCI si occupa di city e monumental beautification valorizzando in tutte le città del mondo monumenti, opere d’arte ed immobili storici.
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Buon compleanno Lancia Ypsilon ! Nasce la nuova serie Ypsilon “30th Anniversary” con cui Lancia celebra una lunga storia di successi.
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el 1985 al Salone dell’Automobile di Ginevra viene presentata alla stampa internazionale la Y10, una vettura elegante e innovativa che ha rivoluzionato la categoria delle city-car. Oggi per celebrare una delle storie più longeve e affascinanti del panorama automobilistico, Lancia presenta al Salone di Ginevra 2015 la nuova serie speciale “30th Anniversary”. Si arricchisce così la gamma dell’unica “fashion city car” della categoria che continua ad affascinare con il suo stile sofisticato e la sua classe anticonvenzionale. Sotto questo raffinato vestito “Made in Italy”, tutta la sostanza di una vettura che offre sia il meglio nel campo delle motorizzazioni, in termini di emissioni e consumi, sia nell’ambito del comfort grazie a contenuti di valore quali il Magic Parking, il climatizzatore automatico e il sistema Blue&Me con comandi al volante. Fin dal lancio, e con l’ultima generazione ancora di più, il modello Ypsilon ha stretto un legame molto forte con l’universo femminile. Con quattro generazioni alle spalle e oltre 2,7 milioni di unità vendute in tutta Europa, Ypsilon ha saputo evolvere in questi 30 anni diventando una vera e propria icona dello stile Lancia. Quando nel 1985 debutta la capostipite stupisce il pubblico sia per la sua innovativa linea a cuneo tronco, sia per l’ampia gamma colori che prevede, qualunque sia la tinta scelta, l’abbinamento con il raffinato portellone posteriore nero. Passano dieci anni di successi commerciali e nel 1996 viene presentata la Lancia Y, una vettura ancora più elegante, con una forte personalità che rafforza il concetto di “lusso su misura”. Si arriva poi al 2003 con il debutto della terza generazione che vede Lancia Ypsilon portare nel mondo delle city-car la tecnologia e la “classe” finora esclusive di vetture di segmenti superiori.
Lo stesso avviene nel 2011 quando il testimone viene raccolto dalla quarta generazione che continua ad affascinare con il suo stile sofisticato e la sua classe anticonvenzionale ma cresce e si fa più trasversale. Infatti, per la prima volta, la Ypsilon viene proposta con 5 porte per accogliere con maggiore comodità gli amanti dello charme e dell’unicità stilistica Lancia. Per celebrare la sua storia di successo il marchio presenta al Salone di Ginevra 2015 la nuova serie speciale Ypsilon “30th Anniversary” che andrà a completare la gamma con una nuova declinazione di stile. Contraddistinta da un badge celebrativo sul montante, appositamente creato dai designer del Centro Stile, e da una raffinata livrea Blu Oltremare, colore esclusivo realizzato per la serie limitata, la nuova “30th Anniversary” propone su richiesta l’abbinamento con il portellone posteriore nero, proprio come il primo modello lanciato nel 1985. Il tutto reso ancora più accattivante dai cerchi in lega da 15’’ in tinta nera con effetto diamantato. All’interno spiccano il volante con i comandi radio, il sistema Blue&Me e l’elegante rivestimento in tessuto e castiglio di colore nero o beige che sottolinea l’esclusività di una vettura che saprà certamente conquistare gli estimatori dell’eleganza e dello stile Lancia. Con la nuova “30th Anniversary”, la gamma Ypsilon si arricchisce dunque di una nuova protagonista che si inserisce tra la versione più accessibile “Elefantino” e l’alto di gamma “ELLE”, entrambe lanciate nel corso del 2014 confermando l’attitudine di Lancia al continuo aggiornamento sempre in linea con i trend e le mode del momento.
Lancia Ypsilon 30 anni di successi YpsilonTellers, 30 anni di ricordi Tra le numerose attività in programma per i festeggiamenti dei trent’anni del modello si segnala “YpsilonTellers”, l’iniziativa ideata dalla digital agency Bitmama in collaborazione con Feltrinelli e grazie al supporto del media network Maxus. Obiettivo: celebrare le persone che dal 1985 a oggi hanno scelto e amato Ypsilon. Dalla Y10 alla Ypsilon: “piace alla gente che piace” Nel 1985 la Y10 segna una vera e propria rivoluzione non solo nel campo automotive ma anche in quello della comunicazione. Infatti, a una vettura così innovativa non poteva che accompagnarsi una campagna di lancio altrettanto originale e inconsueta come la campagna “Y10 Piace alla gente che piace”. Ma la scelta di legare il modello Lancia a personaggi famosi del jet set non si ferma certo alla Y10. In molti ricorderanno il filmato con l’affascinante Eva Herzigova che trasformava l’eleganza in trasgressione con un tocco di ironia. Ypsilon Elle, Parfaite pour ELLE La Ypsilon “ELLE” è la serie speciale che nasce dalla partnership con il magazine ELLE. All’esterno si contraddistingue per tre nuovi colori tra cui l’esclusivo Cipria Glam. Il tutto impreziosito dalle finiture dark chrome e dai cerchi in lega da 15” diamantati o da 16” diamantati color Cipria. Sui montanti spiccano il logo “ELLE” in dark chrome e l’esclusiva grafica a Pied De Poule. La forte personalizzazione si ritrova anche all’interno come dimostra la selleria specifica dei sedili in pelle e Alcantara, un grande “classico” dell’eleganza con cui Lancia fece il suo debutto nel lontano 1984.
a chi (NON) piace la TAV ? di Andrea Amoroso
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l Piemonte ospita sul suo territorio ben 2000 chilometri di rete ferroviaria, la più estesa di tutta Italia, ed è anche dotato di ben ventisei scali aeronautici ma solo un aeroporto, il Sandro Pertini di Torino-Caselle, ha rilevanza internazionale. A detta dei viaggiatori, la rete autostradale, che si estende per quasi trentamila chilometri, è efficiente anche se non fittissima in confronto all’estensione della regione ma riesce a garantire tutti i collegamenti necessari. Il Piemonte è anche la regione italiana con la più alta densità di autoveicoli in rapporto agli abitanti – per la precisione, si tratta di un’automobile per 2,7 abitanti. Parlare del trasporto in questo angolo d’Italia ci obbliga però ad affrontare il tema del progetto ferroviario che sta dividendo in due l’opinione pubblica del nostro paese: la ferrovia Torino-Lione. Il progetto è finalizzato alla realizzazione di una nuova linea internazionale di 235 chilometri di alta velocità rivolta sia al trasporto merci che passeggeri proprio tra l’Italia e la Francia. La tratta entrerebbe a far parte di un progetto molto più ampio, e più ambizioso, che ha lo scopo di collegare l’Europa da ovest a est, da Lisbona a Kiev, con il conseguente abbattimento dei tempi di percorrenza nei collegamenti
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trasporti
europei e un radicale miglioramento ambientale, grazie alla riduzione dell’inquinamento causato dal trasporto su gomma. L’idea ha, dai suoi inizi, avuto sempre un forte sostegno bipartisan sia al Parlamento europeo che in quello dei singoli Stati. Per quanto riguarda il tratto italiano, ad oggi è presente un collegamento tradizionale che dal capoluogo piemontese giunge fino a Modane, in Francia, attraversando proprio la Val di Susa, per poi arrivare a Lione. Questo percorso venne costruito durante gli anni cinquanta del XIX secolo e negli anni ’90 arrivò a movimentare ben sette milioni di tonnellate di merci. Oggi con la fine dei lavori di adeguamento si è ipotizzato che grazie alla linea storica ammodernata si possano togliere dalle strade alpine della Val di Susa e della
Chiusa San Michele per poco più di un chilometro, per poi rientrare in galleria a Orsiera fino a Bussoleno. La pendenza massima del tunnel ammonterebbe al 12,5%. Il costo totale dell’opera attualmente previsto è di circa 24 miliardi di euro, che verranno suddivisi tra Italia, Francia e Unione Europea, ma il dibattito che si è scatenato soprattutto nel nostro paese concerne l’impatto che questo progetto avrà sull’ambiente. Fra i problemi principali vi è la grande quantità di roccia da scavare, anche se i dati sono ad oggi fortemente ridimensionati perché si stima che la sezione di materiale possa essere riutilizzata (almeno in una buona parte) per produrre i conci di rivestimento delle gallerie. Esiste poi il problema uranio presente nelle rocce del massiccio D’Ambin che richiederebbe
Val d’Isère, circa trecentomila camion l’anno. Da non dimenticare poi che la linea storica è una linea di montagna che costringe i treni ad una salita di 1250 metri di quota e che passa attraverso una galleria dove non entrano i containers oggi in uso per il trasporto merci. Secondo gli esperti si tratta di un tracciato, ad oggi, fuori mercato. Il nuovo progetto, invece, prevede la costruzione di un tunnel di base di cinquantasette chilometri che dovrebbe essere realizzato tra Bussoleno e San Giovanni di Moriana; i treni passeggeri viaggerebbero ad una velocità massima di 220 km/h mentre quelli merci ad un massimo di 120 km/h. Nella tratta italiana, la linea sarà in galleria per l’84%, ipotizzando un lungo tunnel sotto la tangenziale nord di Torino che esce all’aperto solo a
un alto tasso di ricambio d’aria nelle gallerie, anche se secondo gli esperti il problema sarebbe facilmente risolvibile. L’altro grande problema è rappresentato dal drenaggio delle falde acquifere che potrebbe rallentare gli scavi sotterranei. In Italia la nuova linea ha il sostegno di larga parte del mondo politico, sia locale che nazionale. In molti, infatti, sottolineano l’utilità dell’opera e l’importanza che essa ha per la crescita del nostro paese, rappresentando il futuro del trasporto ferroviario italiano. I contrari, invece, sottolineano come la vecchia linea non sia così obsoleta e, soprattutto, molto sottoutilizzata rispetto alle analisi effettuate dai pro Tav. Secondo questa parte di opinione pubblica, non sussiste un traffico passeggeri e merci tale da giustificare l’investimento.
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il sistema sanitario
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l Piemonte ha una buona sanità: lo dicono molte indagini di autorevoli istituti e centri di ricerca a livello nazionale. L’ultima in ordine di tempo, quella del Crea, il Consorzio per la ricerca economica applicata in sanità, dell’Università Tor Vergata di Roma. Una performance che tiene conto di numerosi indici, dalla prevenzione delle malattie e della promozione della salute, alla rete dei servizi territoriali, all’appropriatezza delle cure, agli esiti, ai parametri economico-finanziari. Anche i dati annuali del Programma nazionale esiti di Agenas e le griglie dei Lea (livelli essenziali di assistenza) certificano che il Piemonte è tra le prime regioni in Italia. Tutto ciò, nonostante il Piemonte da anni sia alle prese con un piano di rientro che condiziona non poco la gestione ordinaria e soprattutto rappresenta una pesante ipoteca per gli investimenti futuri, sul fronte dell’edilizia sanitaria e della manutenzione delle strutture. I risultati sono principalmente il frutto del lavoro e dell’impegno dei 56.000 lavoratori della sanità regionale; medici, infermieri, operatori socio-sanitari che ogni giorno con impegno ed abnegazione si occupano della salute di 4 milioni di persone. Il blocco del turnover, legato ai vincoli posti dal rispetto delle stringenti regole del piano di rientro, ha creato indubbiamente problemi: in questi mesi si è lavorato per sbloccare la situazione e consentire l’assunzione del personale
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medico ed infermieristico necessario per garantire un servizio efficiente alla popolazione. Fondamentale anche l’apporto degli oltre 3000 medici di famiglia e dei pediatri di libera scelta che rappresentano il primo contatto del cittadino con il mondo della sanità. Il Piemonte dispone di una rete di 63 ospedali e 10 presìdi Irccs, con 19 aziende sanitarie: senza contare il privato, accreditato e convenzionato, che nelle intenzioni della nuova Giunta deve integrarsi con il servizio pubblico, completando l’offerta complessiva. Il budget complessivo per il 2014 è stato pari a 8 miliardi: per il 2015, vista la situazione di bilancio, la Regione dovrà garantire il servizio esclusivamente con le risorse del Fondo sanitario nazionale. Sono numerose le strutture di eccellenza, nel
della chirurgia ortopedica e traumatologica: è Trauma center di riferimento per il politrauma ed è sede dell’Unità Spinale Unipolare, centro di riferimento per la cura e la riabilitazione dei pazienti mielolesi. L’Ospedale San Giovanni Bosco è divenuto uno dei primi reparti d’Italia, in particolare per il trattamento dei tumori urologici (rene, vescica, prostata, apparato genitale) con oltre 1600 interventi l’anno. L’azienda ospedaliera universitaria San Luigi Gonzaga con sede ad Orbassano è centro di riferimento regionale per la cura della sclerosi multipla. L’Ospedale Mauriziano di Torino è specializzato negli interventi in artroscopia del ginocchio. L’Amedeo di Savoia, sempre a Torino, è specializzato nella cura delle malattie infettive ed è uno dei cen-
capoluogo e su tutto il territorio regionale. La Città della Salute e della Scienza di Torino è il polo sanitario più grande a livello nazionale ed europeo, con 12.000 dipendenti: azienda ospedaliera universitaria, è centro di riferimento nazionale per i trapianti, all’avanguardia per la ricerca nella lotta Sla, per la dialisi polmonare e nella cura di molte patologie complesse. Le Molinette sono il terzo ospedale d’Italia per dimensioni, il primo per indici di complessità dell’attività sanitaria. L’ospedale ostetrico ginecologico Sant’Anna è centro di riferimento per i parti, l’ospedale infantile Regina Margherita per la cura delle malattie pediatriche. Il Cto, centro traumatologico ortopedico, con l’ospedale Maria Adelaide è presidio di alta specializzazione nei campi
tri di riferimento nazionale per la cura del virus Ebola. In provincia di Torino vi sono altri ospedali che si segnalano per la loro attività, come Rivoli che ha ottenuto riconoscimenti per la telemedicina e la continuità assistenziale o i nosocomi di Ivrea e Ciriè. Nel resto del Piemonte, l’ospedale Maggiore di Novara è all’avanguardia per la cura dei tumori al polmone e per l’insufficienza cardiaca. L’ospedale di Alessandria da anni si segnala per la sperimentazione della chirurgia robotica e l’utilizzo della tecnica laparoscopica: apprezzato è l’ospedale infantile Cesare Arrigo. Anche l’ospedale Sant’Andrea di Vercelli è tra i primi, a livello nazionale, per la chirurgia laparoscopica. Il Santa Croce e Carle di Cuneo è un’eccellenza nel campo degli interventi di
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Ăˆ un dispositivo medico CE. Leggere le avvertenze. Autorizzazione Ministeriale del 16/12/2013.
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colecistectomia, per il trattamento dei tumori al colon e per la diagnosi precoce del tumore polmonare. L’ospedale di Savigliano ha sviluppato una nuova tecnica chirurgica urologica che è stata presentata di recente in un simposio internazionale. Il Cardinal Massaia di Asti, altra struttura di recente edificazione, si segnala, a livello nazionale, per il reparto di cardiologia, all’avanguardia per gli interventi di ablazione cardiaca. Biella ha inaugurato da poche settimane il nuovo ospedale, moderno e tecnologicamente avanzato: la struttura è di rilievo nazionale per il prelievo ed il trapianto di organi e tessuti. A Candiolo, in provincia di Torino, ha sede la Fondazione del Piemonte per l’oncologia, altro centro particolarmente qualificato per la cura dei tumori e per la ricerca scientifica. Le reti cliniche per l’oncologia, l’infarto, l’ictus cerebrale, la dietologia e la nutrizione clinica, per le cure palliative, sono un’altra caratteristica del sistema sanitario piemontese che da tempo unisce le forze e mette in rete le esperienze per dare risposte sempre più adeguate alla domanda di salute.
Il centro traumatologico ortopedico “CTO” di Torino
Su tutto il territorio è presente capillarmente il servizio 118, che gestisce le situazioni di emergenza e urgenza: verrà ulteriormente rafforzato e potenziato nei prossimi mesi. Per quanto riguarda i tempi d’attesa delle prestazioni, sono nella media nazionale: si lavora per ridurre alcuni picchi, mettendo in rete le agende delle varie strutture pubbliche e private. La Giunta regionale, insediatasi nel giugno dello scorso anno, ha lavorato in questi mesi soprattutto sul riordino della rete ospedaliera e territoriale, sul potenziamento della continuità assistenziale e dell’assistenza territoriale. Entro giugno sarà presentato al Ministero anche il piano per la continuità assistenziale, indispensabile perché la sua attuazione dovrà procedere di pari passo con la revisione della rete ospedaliera. Il piano definisce il percorso virtuoso che passa da una minore ospedalizzazione ad una maggiore assistenza domiciliare in tutto il Piemonte. Tra i progetti sui quali si sta lavorando, il fascicolo sanitario elettronico e la ricetta dematerializzata che dovranno portare ad una sensibile riduzione dei costi, con vantaggi per l’utenza. 119
una terra a vocazione sportiva
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alle Olimpiadi e Paralimpiadi del 2006 e Universiadi 2007, il Piemonte ha imparato che lo sport può essere anche uno straordinario volano per il turismo; negli ultimi dieci anni i flussi sono cresciuti del 60%, raggiungendo oggi quasi 13 milioni di presenze. La regione è anche al secondo posto della classifica nazionale del turismo sportivo, un settore che muove ogni anno circa 2,8 milioni di italiani, con un giro d’affari (tra praticanti e spettatori) di oltre 6 miliardi di euro. Da una parte un territorio che offre infinite opportunità per gli sportivi di ogni dove: vette che accolgono 53 stazioni sciistiche, 300 impianti, 12 snowpark e 1300 chilometri di piste sui comprensori del Cuneese, della Valsesia, del Biellese, dell’Ossola e, naturalmente, sulle vette dei Giochi Invernali di Torino 2006. Ma anche più di 300 percorsi inventariati per gli appassionati di cicloturismo e poi, ancora, arrampicate e pattinaggio su ghiaccio, trekking, rafting, hydrospeed e canoeing. Le cime piemontesi sono anche la patria dei parchi protetti, dal Gran Paradiso alla Val Grande, e delle ascensioni che hanno fatto la storia dell’alpinismo, come i ghiacciai del Monte Rosa o i pendii del Monviso. Un paradiso per tutti gli amanti dello sport e della natura. Il Piemonte è anche la patria del golf italiano, con il maggior numero di campi, più di 50, in tutto il Paese. Impianti sportivi e green prestigiosi incastonati in una cornice unica: una terra ricca di bellezze artistiche e culturali, di eccellenze enogastronomiche, ma anche di suggestioni naturalistiche e del benessere. Dall’altra parte, poi, ci sono i grandi
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eventi sportivi, che negli ultimi anni hanno avuto un ruolo molto importante nella valorizzazione turistica del territorio. Il Piemonte gode, oggi, di una stima e una fiducia riconosciuta internazionalmente alle sue professionalità e alle sue infrastrutture. Torino e il Piemonte, un territorio a vocazione sportiva volta a organizzare grandi opportunità. Eccellenze valorizzate con l’organizzazione di grandi eventi che hanno fatto crescere la capacità organizzativa di altre realtà di minor valore sportivo ma di grande impatto partecipativo. Lo sport è un veicolo di promozione del territorio dove il Piemonte si distingue grazie alle sue caratteristiche territoriale e per i suoi impianti di alto livello. In occasione di Torino Città Capitale Europea, il Piemonte è pronto a mettere in campo grandi eventi di respiro nazionale ed internazionale.
gli eventi sportivi del 2015 Maggio 23-24 Campionato serie A Twirling 28 Giro d’Italia tappa n. 18 (Arrivo a Verbania) 29 Giro d’Italia tappa n. 19 (Partenza Gravellona con Arrivo in Valle d’Aosta) 30 Giro d’Italia tappa n. 20 (Partenza dalla Valle D’Aosta con arrivo a Sestriere) 31 Giro d’Italia tappa n. 21 (Partenza da Torino per la tappa di chiusura a Milano) Giugno 10-30 Campionati italiani Tennis Tavolo (normodotati e diversamente abili) 12-15 Campionati Italiani Nuoto Pinnato 12-15 Campionati Italiani Scherma luglio 1 Swimming cup – Meeting Nuoto 24-25 Campionati Italiani Atletica Leggera Agosto 3-8 Trofeo Nazionale Mole Tennis Carrozzina 22 Rugby Test Mach Italia – Scozia Settembre 7-13 Campionato Mondiale sci Nautico a Recetto (NO) 25-27 Campionati Italiani Tiro con l’arco 25-27 Campionati Italiani Ginnastica Artistica ottobre Europei Maschile Pallavolo 4 Turin Marathon
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Eredità Olimpica
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ueste due parole hanno accompagnato un intero territorio prima, durante e dopo i XX° Giochi Olimpici Invernali di Torino 2006. Ma cosa significa eredità olimpica per le vette del Piemonte? Il primo pensiero è senza dubbio il più concreto, legato alle strutture logistiche, ricettive e sportive. E poi ancora nuovi impianti di risalita, di innevamento programmato assieme al rinnovamento di quelli già presenti. Un patrimonio dal grande potenziale sportivo Per far nascere sul territorio ritiri pre campionato per la preparazione in quota, non solo per le discipline olimpiche invernali ma anche per quelle estive sfruttando gli indubbi benefici dell’allenamento in altura. Non a caso sono molte le squadre di diverse discipline che hanno scelto le Montagne Olimpiche per preparare grandi appuntamenti. Oltre alle nazionali degli sport di neve e ghiaccio hanno svolto ritiri anche le nazionali di calcio, nuoto, nuoto sincronizzato, triathlon, corsa e corsa in montagna La Regione Piemonte con il progetto “Ritiri pre-campionato in Piemonte” vuole mettere in luce le caratteristiche peculiari delle nostre località che si prestano in modo ottimale ad un’impegnativa preparazione tecnico-fisico e accrescere la visibilità e la conoscenza della località ospitante, che ha così occasione di mettere “in vetrina” su grandi spazi di comunicazione la propria qualità ambientale e le proprie strutture ricettive. Il turismo degli eventi sportivi
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si basa sulla partecipazione ad uno “spettacolo” in cui l’approccio visivo è fondamentale. Si tratta di un settore del turismo sportivo in grado di generare una comprovata ricaduta economica diretta sul territorio e di costituire una buona opportunità per gli operatori turistici locali. Altrettanto importante è l’eredità olimpica “astratta” o se vogliamo a lungo termine, scaturita dal ritorno di immagine di un territorio che da allora ha preso il nome di Montagne Olimpiche Piemontesi. Un’area che racchiude valli e montagne che da Pinerolo salgono in Val Chisone sino al Colle del Sestriere per poi ridiscendere sino a Susa percorrendo l’omonima valle. Non c’è spot al mondo capace di garantire eguale visibilità in termini di contatti. Ecco che oltre a Torino e Sestriere, l’attenzione si è spostata su Pinerolo, Prali, Pragelato, Cesana Torinese, Claviere, Bardonecchia, Sauze d’Oulx, Chiomonte, Susa località coinvolte a vario titolo nell’evento. Negli anni a seguire l’area delle Montagne Olimpiche Piemontesi ha beneficiato di quest’eredità olimpica in termini di turismo con milioni di visitatori, soprattutto stranieri, per una notevole ricaduta economica. Un’eredità astratta che diventa concreta a livello finanziario e occupazionale grazie al considerevole flusso turistico. Ciò che succede sulle montagne olimpiche è un laboratorio di buone prassi da replicare sull’intero territorio regionale per arrivare a un sistema montagna Piemonte.
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Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo
Istruzione di Stefano Di Pino
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’offerta culturale piemontese è una delle più complete d’Italia, grazie a un’attenta gestione del territorio, la diffusione di numerosi istituti pubblici e privati, università d’eccellenza e anche un’università del gusto istituita da Slow Food in provincia di Cuneo. Anche le biblioteche, grazie alla presenza, in passato, della famiglia sabauda, rappresentano un elemento molto importante, e in città come Torino ci sono importanti poli dedicati alla cultura e alla ricerca. Ma, si sa, l’istruzione parte dal basso, dai primi anni, quelli più delicati. E qual è la situazione in Piemonte circa i tristemente noti asili e scuole materne, veri e propri pomi della discordia in Italia? Uno dei problemi principali in tutta la penisola è quello del sovraffollamento degli asili nido, che costringe migliaia di genitori a marcire in infinite liste d’attesa nella speranza di poter condurre il proprio figlio a scuola. In Piemonte la situazione è altalenante e, in alcune provincie, persino controversa. Se in molte città i genitori non riescono a iscrivere i propri figli negli asili nido, infatti,
ci sono posti, in Piemonte, in cui ci si lamenta dei posti lasciati vuoti. Accade a Vercelli dove, non molto tempo fa, su 131 posti disponibili ne erano impegnati solo un centinaio. Il motivo? Rette troppo alte e orari impossibili per i genitori, problemi che hanno letteralmente impedito, laddove molti vorrebbero e non possono, di perfezionare l’iscrizione. Che conseguenza ci può essere, se non un ulteriore taglio del personale, questione che è già di per sé un problema? Una situazione, questa, che cozza con il quadro delle richieste da parte dei genitori in quasi tutte le altre città piemontesi e italiane. Infatti non è un mistero che di questi tempi iscrivere il proprio figlio in una struttura pubblica è operazione di una difficoltà imbarazzante. In Piemonte sulla base di dati dell’anno scolastico 2011/2012, e prendendo come famiglia tipo una di tre persone (genitori e figlio 0-3 anni) con reddito lordo annuo di 44.200 euro e relativo Isee di 19.900 euro, si è calcolato che il costo medio di una retta è di 370 euro mensili. Non si tratta della regione
Auditorium Crusà Neira, Savigliano CN
Università di Alessandria “Amedeo Avogadro”
più cara, che resta la vicina Valle d’Aosta, ed è doveroso sottolineare che ci sono dei primi segnali di avvicinamento alle famiglie da parte delle istituzioni, con una politica delle risorse educative più attenta alle esigenze delle famiglie. Ci prova in primis il capoluogo a riguadagnare la fiducia nelle famiglie torinesi alle prese con asili nidi e scuole materne. L’assessore alla Risorse Educative, Maria Grazia Pellerino, ha annunciato l’introduzione di nuovi orari d’uscita dei bambini e un graditissimo sconto per la retta mensile. A partire da gennaio ci saranno dei cali dal 18% in meno dell’asilo al 25% della materna. L’idea è quella di invogliare nuovamente i genitori a iscrivere i propri figli alle scuole comunali, dopo che, per questioni economiche, molte famiglie hanno preferito tenerli a casa con i nonni o gestirli con turni più flessibili sul lavoro. Questa soluzione apparentemente innocua, infatti, ha ripercussioni
invece di 39, o 80 invece di 107 in base alla fascia di appartenenza. Questi cambiamenti influenzano anche le tariffe per le mense, abbassate secondo l’adeguamento Istat dell’1,5%, mentre alle elementari verrà introdotto il pasto a consumo, con un certo risparmio, seppur minimo. Lasciando da parte la scuola dell’obbligo, il Piemonte è terra di una delle eccellenze italiane in termini universitari: il polo torinese è uno dei principali del paese, composto dall’Università degli Studi di Torino e dal celebre Politecnico. Quest’ultimo è un ateneo pubblico dedicato esclusivamente alle facoltà di ingegneria e architettura, e intrattiene rapporti di collaborazione con alcune tra le più importanti università al mondo. Oltre ai vari istituti di istruzione superiore, Torino vanta nelle sue mura la presenza di uno dei cinque campus europei della prestigiosa business school ESCP Europe (gli altri sono a Parigi, Londra,
Il Campus Universitario Luigi Einaudi di Torino
sulla formazione dei bambini, oltre che sullo stress dei genitori; un orario d’uscita a metà tra quello normale e il tempo prolungato, invece, andrebbe nella direzione di agevolare i genitori che lavorano. Da gennaio, dunque, per i 3000 bambini torinesi che frequentano gli asili, ci sarà la possibilità di uscire non più alle 13,30 o alle 17,30, ma anche alle 15,30. Per quanto riguarda le materne, invece, che coinvolgono circa 14mila piccoli studenti, oltre ai consueti orari delle 16,30 e del pre e post scuola, si aggiungerà anche l’uscita alle 14. Venendo all’aspetto economico, lo sconto applicato dipenderà dal reddito dei genitori: per coloro inseriti nella fascia più bassa la tariffa per il nido si abbasserà di dieci euro, per lo scaglione intermedio si passerà dai 76 euro attuali a 62, mentre per la fascia più alta il risparmio sarà di 34 euro al mese. Per le materne la riduzione del 25% vorrà dire sborsare 29 euro al mese
Berlino e Madrid), famosa per il suo master in Management, che nel 2010 si è classificato come il migliore al mondo secondo la rivista Financial Times. Oltre al Castello del Valentino, la sede del Lingotto e altre sparse nella città di Torino, il Politecnico ha anche sedi dislocate in tutto il Piemonte dedicate a importanti attività di ricerca, come Alessandria, Biella, Mondovì, Vercelli e anche a Verrès, in Valle d’Aosta. Torino è un polo scientifico di grande spessore, grazie alla presenza sul suo territorio dell’Accademia di Scienze, dell’Accademia di Medicina, dei Telecom Italia Lab e di altri importanti centri di ricerca. Menzione d’onore anche per lo spessore didattico a livello cinematografico: oltre a ospitare un importante museo del cinema, Torino è sede del Centro ricerche e innovazione tecnologica Rai e del Centro sperimentare cinematografico afferente alla Scuola nazionale di cinema.
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Figuranti al Palio di Asti
tradizioni
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uando parliamo di tradizioni piemontesi non si possono non nominare il Palio di Asti, il Carnevale storico di Santhià, il Falò dell’Abbondanza o la battaglia delle arance di Ivrea. Il primo è una festa tradizionale che ha radici medievali e che culmina con una corsa di cavalli montati a pelo. La particolarità di questa festa è che si svolge ininterrottamente dal XII secolo. La gara si disputa all’interno di un percorso ogni terza domenica di settembre e, dal 1988, a ospitarla è piazza Alfieri, il centro di Asti. La corsa è citata in tutti i trattati, in tutte le alleanze e in tutti i capitoli delle convenzioni con i vari reggenti, padroni o dominatori e la prima notizia certa risale al 1275. Fino alla metà del XIV secolo la corsa si svolse “alla tonda”, un percorso circolare demaniale corrispondente alle attuali piazza Alfieri e Libertà. Nel 1936 e fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale, per intervento diretto di Mussolini che riconobbe alla sola Siena il privilegio di chiamare la propria manifestazione col nome di Palio, arrivò l’ordine di modificare la denominazione in “certame cavalleresco”.
La battaglia delle arance
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Il Palio di Asti
Sbandieratori
Sfilata al Palio di Asti
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La prima edizione del dopoguerra vide la partecipazione di 100mila spettatori, 600 figuranti e 14 Borghi, Rioni e Comuni astigiani. Il Carnevale Storico di Santhià è una manifestazione allegorica, riconosciuta da tutti come il carnevale più antico del Piemonte. L’arco temporale della festa è compreso tra il giorno dell’Epifania e l’alba del Mercoledì delle Ceneri e si compone di riti e cerimonie, di antica e incerta origine. Durante queste giornate sfilano i carri allegorici durante il giorno e viene organizzata una sfilata notturna e la città di Santhià è impegnata nello svolgimento delle Pule: ogni compagnia carnevalesca è titolare di una parte di territorio urbano o extraurbano; i componenti si fanno accompagnare da alcuni musicisti di casa in casa per ricevere una questua che va a costituire il patrimonio per l’organizzazione del Carnevale stesso. Nella domenica sera di Carnevale si svolge per le vie cittadine il Girone Infernale, un serpentone musicale che si snoda nelle vie del centro storico dove la gente si esibisce nei balli tradizioni e dove si possono gustare dolci e zabaione. Il numero dei partecipanti è altissimo: sono un migliaio quelle che partecipano alla sfilata dei carri allegorici e delle maschere, ma il numero sale di molto se si somma l’afflusso di tutti i tre giorni di festa. Il falò dell’abbondanza invece è un fuoco che si svolge la sera del 24 dicembre sul sagrato della chiesa di Sant’Orso a Rongio Superiore di Masserano. La preparazione della festa inizia addirittura ad ottobre quando avviene la raccolta delle felci aquiline che poi vengono divise in fasci e adagiate nel sottotetto dell’ex casa parrocchiale di Rongio al fine di seccarle per dicembre. La mattina della Vigilia viene acceso un fuoco e si inizia a cuocere il vin brulé e le frittelle di pane, che vengono distribuite tramite offerte. Un ontano gigante viene tagliato e trasportato davanti alla scalinata del sagrato della chiesa del paese dove viene incastrato in un buco apposito che serve per farlo tenere in piedi e addobbato. Su ogni ramo vengono attaccati pezzi di corteccia di ciliegio, raccolti precedentemente dai bambini nel bosco antistante la chiesa, imbevuti di petrolio. Alla conclusione della messa vengono accesi i rami, che legati uno ad uno, oltre a prendere fuoco si muovono con il vento creando uno spettacolo particolarmente suggestivo.
Lentamente il fuoco, oltre ad avvolgere i rami, arriva a bruciare anche il tronco e l’incredibile calore prodotto da questo falò obbliga gli spettatori a seguire lo spettacolo da lontano. L’Abbondanza venne preparata fino agli anni precedenti alla Seconda Guerra Mondiale e, a causa di questo terribile evento, fu sospesa fino al 1957. Il nome nasce proprio dalla Il Carnevale Storico di Santhià tradizione che si vuole raccontare: se le faville prodotte dal fuoco sono spinte verso est significa che l’anno seguente si avrà abbondanza di pane e vino. Se invece vanno verso ovest sarà un anno di miseria. Risale addirittura al 1808 lo storico carnevale di Ivrea in cui le protagoniste sono le arance. Insieme ai coriandoli, ai lupini e ai fiori, si racconta che tra Ottocento e Novecento fossero le ragazze ha lanciare le arance dai balconi, mirando le carrozze del corteo carnevalesco della città. Anno dopo anno il gesto si trasformò in un vero e proprio duello e, successivamente, in un vero e proprio testa a testa tra lanciatori dai balconi e lanciatori in strada. Solo dal secondo dopoguerra la battaglia assunse i connotati attuali seguendo delle regole ben precise. Ancora oggi infatti lo scontro si svolge nelle principali piazze della città e vede impegnati equipaggi a cavallo contro le squadre degli “aranceri” a piedi. Questo è sicuramente il momento più spetGran Ballo della Venaria Reale tacolare della manifestazione che ben evidenzia la lotta per la libertà, simbolo del carnevale eporediese. Insieme a tutti gli altri eventi storici presenti nella manifestazione di Ivrea, la battaglia costituisce un’incredibile patrimonio culturale e goliardico. La particolarità è che tutti possono partecipare al lancio, semplicemente iscrivendosi in una delle nove squadre a piedi oppure diventando equipaggio di un carro. La battaglia poi ha per teatro le principali piazze della città, snodandosi tra i carri del carnevale che passano al seguito del corteo. Una speciale commissione osserva, nei tre giorni di svolgimento, l’andamento della battaglia e assegna un premio alle bande a piedi e ai carri da getto che, par ardore, si sono maggiormente distinte. Aggiungiamo comunque che, per gli sprechi e per i feriti che alla fine della “guerra” fanno ricorso al pronto soccorso cittadino, la battaglia ha da sempre generato qualche polemica. Militaria Sabauda a Torino il 2 Giugno
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Turismo & Hotellerie
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l territorio del Piemonte è riconosciuto da tutti come sinonimo di relax e benessere. Hotel, pensioni, residence, bed & breakfast, agriturismi, rifugi e baite accolgono i turisti in ogni stagione dell’anno assicurando un soggiorno confortevole e piacevole sotto tutti i punti di vista. Qui l’ospitalità presenta un’offerta di qualità, capace di soddisfare al meglio le esigenze di tutti coloro che scelgono la regione come meta delle proprie vacanze. Molte di queste strutture hanno deciso di puntare su un turismo verde ed ecosostenibile, accessibile a tutti e quindi all’avanguardia. I turisti - soprattutto quelli stranieri, da sempre più abituati a vivere esperienze di questo tipo - scelgono proprio quel tipo di ospitalità che presenta marchi di qualità ecologica, con servizi con un minor impatto sull’ambiente e sulle persone, e che mantengono comunque elevati standard prestazionali. L’offerta piemontese si realizza attraverso alcuni requisiti fondamentali, come la cortesia, l’efficienza, la pulizia ed il rispetto per l’ambiente. La particolarità è che questi elementi sono verificati direttamente da alcuni ospiti inattesi che visitano le strutture senza nessun tipo di preavviso, a garanzia di una maggiore attendibilità della struttura. Vacanze esclusive e rilassanti, tra tessuti mobili e d’epoca, a passeggio nei parchi oppure in un terrazzo con una vista mozzafiato: i castelli e le ville d’epoca sono, per esempio, una delle tipologie più scelte dai turisti. Dal 2000 ad oggi, qui l’offerta ricettiva è aumentata dell’89%, con più di cinquemila esercizi e 185 mila posti letto complessivi. Nel 2011 il continuo aumento dei visitatori, ha confermato, ancora una volta,
Relais San Maurizio
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dal validità del “prodotto Piemonte”, che registra incrementi per quasi tutti i mesi dell’anno, ma in particolare da giugno a settembre. Naturalmente è la montagna a farla da padrona, ma questo non significa che il turismo qui sia solo rivolto ai più tecnici, anzi. Il Parco Naturale della val Troncea, per esempio, offre rifugi raggiungibili grazie a tranquilli itinerari che conducono verso la vista sul Delfinato e il Monviso. D’inverno i fondisti e i ciaspolatori possono addentrarsi nel fondovalle fino alle sorgenti del Chisone, mentre l’estate la passeggiata può includere anche l’incontro con qualche inusuale animale selvatico. Su questo sentiero sorgono il rifugio Troncea, famoso in tutto il Piemonte per la sua cucina, la Capanna Mautino affacciata verso il bellissimo Pic de Rochebrune e il Rifugio Levi Molinari, uno dei luoghi più magici di tutta la regione, un altopiano idilliaco con un magnifico bosco di larici con, alle spalle, montagne che sfiorano i 3400 metri di quota. Ma l’offerta non finisce qui visto che la regione è famosa anche per la sua ospitalità religiosa. Sono infatti molti i monasteri che accolgono, per brevi periodi dell’anno, tutti quei viaggiatori alla ricerca non solo di un momento di relax e scoperta ma anche di una pace interiore. Il Monastero di Oropa, per esempio, è un imponente complesso barocco composto da diciannove cappelle sparse nel Sacro Monte, dove al loro interno sono custodite statue in terracotta a grandezza naturale raffiguranti la Madonna. Il Monastero ha attuato, ormai da qualche anno, un progetto chiamato “Oropa Meeting”
Il Boscareto Resort & Spa
che permette di ospitare e accogliere eventi all’interno dell’area della chiesa e anche i viaggiatori, grazie alla presenza di ben duecento stanze, arredate con mobili d’epoca, divise in tre tipologie, per un totale di settecento posti letto. Dal sacro al profano, in Piemonte sorgono varie strutture di lusso che prevedono la presenza di spa o centri benessere. Il Relais San Maurizio, per esempio, è un luogo unico e indimenticabile, nato dalle ceneri di un monastero che sovrastava il paesaggio di Santo Stefano Belbo. Gli stessi monaci introdussero qui la coltivazione della vite la produzione del vino, scavando maestose cantine nei sotterranei. Nel 1997, ciò che rimaneva del monastero venne restaurato e riportato all’antico splendore come luxury hotel. L’albergo è circondato da un parco secolare pieno di conifere, ulivi, faggi e olmi e tutte le sale comuni si affacciano su un chiostro interno. Proprio dove un tempo venivano custoditi i pregiati vini dei monaci, oggi sorge una spa chiamata Grotta del Sale. Si tratta di un anfratto di roccia in cui viene utilizzata una diversa miscela di acqua fortemente mineralizzata con del sale che arriva dalle saline di Cagliari che aiuta la circolazione cardiovascolare. Come il San Maurizio, da citare troviamo anche il Boscareto, a Serralunga d’Alba e il Villa Sparina a Monterotondo. Tutte queste strutture vengono ricordate per la loro altissima qualità nei servizi offerti, per la loro posizione e per l’amore che si percepisce osservando il modo in cui tutto viene curato fino nei minimi dettagli. 133
La Trattoria Omens Nell’omonimo villaggio valdostano Il paesino, frazione nel Comune di Verrès, è costituito da poche case costruite in pietra. Queste“Maijon” costruzioni tipiche dell’architettura rurale Valdostana s’affacciano su una corte comune, ove sono ancor presenti al piano terra, le antiche stalle, munite di mangiatoie in legno, nelle quali il lavoro è svolto interamente a mano. Il caratteristico locale è situato tra verdi pascoli e suggestivi boschi di castagni secolari. Sullo sfondo s’intravedono imponenti le becche del Mont Avic comprese nell’omonimo Parco Regionale. Un bellissimo paesaggio naturale, ricco di colori, profumi e di belle passeggiate, offre ai turisti piacevoli e rilassanti momenti all’aperto.
Fiera delle proprie tradizioni la Trattoria Omens propone piatti e prodotti tipici della cucina tradizionale Valdostana. Cibi genuini, gustosi, preparati utilizzando materie prime locali, fresche e selezionate come castagne, salumi tipici, patate, carni e cacciagione. Specialità da oltre 40 anni è la Polenta Concia, preparata con Fontina, formaggi e burro autoctoni, mescolata secondo tradizione a mano, nel “bron” ( il paiolo ) su fuoco a legna. Le verdure dell’orto ed il miele sono autoprodotti e biologici. I piatti sono presentati in forma semplice e casalinga, garantendo sapori deliziosi ed alta qualità. I proprietari del locale offrono una calda e familiare accoglienza, unita a cortesia e gentilezza assicurando ai loro clienti un’ indimenticabile esperienza. Trattoria Omens Loc.Omens, 1 - Verrès (Ao) Info e prenotazioni 0125.929410 - 347.4775334 www.trattoriaomens.com
l’eccellenza IN TAVOLA di Stefano di Pino
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a cucina piemontese è senz’altro una delle più famose, colorite, ricche e tipiche d’Italia. All’infinita varietà di ricette e alla storicità delle medesime, infatti, si affianca una vera e propria tradizione gastronomica per la produzione di materie prime uniche che oggi sono probabilmente tra le più esportate al mondo. Il Piemonte è una regione in cui i prodotti che hanno ottenuto dall’Unione Europea i marchi di qualità DOP (Denominazione Origine Protetta) e IGP (Indicazione Geografica Protetta). Le DOP, marchio di qualità che viene concesso a quegli alimenti la cui qualità dipende dal territorio in cui vengono prodotti, sono vari e celebri in tutta Italia; solo tra i formaggi ricordiamo il castelmagno, il taleggio, la robiola di Roccaverano, la toma piemontese, la raschera, il murazzano, il Bra, il gorgonzola e anche il grana padano. Ma anche il riso vercellese, esportato in tutto il mondo, e il riso di Baraggia Biellese, o anche i salamini alla cacciatora e, per concludere con il pesce, la Tinca Gobba Dorata Pianalto di Torino. L’IGP, dal suo canto, è invece il marchio di qualità di quei prodotti naturali la cui qualità è legata in maniera specifica non solo a una zona geografica, ma anche di coltivazione ed elaborazione precise.
Grissini fatti in casa
Toma Piemontese Dop
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Qui si entra un po’ più nello specifico, con la castagna delle valli cuneesi, fragola e mela rossa sempre di Cuneo, la nocciola tonda piemontese, chiamata tonda gentile delle langhe. Anche se può sembrare quasi autocelebrativo parlare di questi numerosissimi prodotti tipici, è in realtà d’obbligo quando si parla di gastronomia piemontese, perché la stragrande maggioranza delle ricette sono Le castagna delle valli cuneesi basate su prodotti tipici come quelli che abbiamo appena citato. Le ricette regionali sono dunque rese uniche dall’impiego di alcuni prodotti come il tartufo, la Barbera, il Barolo e i formaggi. Risotti e paste fresche vengono spesso arricchiti dal tartufo, come i ravioli del Plin col tartufo, i bolliti di carne come il brasato alla barbera o al barolo e il ris in cagnon (risotto al formaggio fuso), senza dimenticarci degli gnocchi al castelmagno. In Piemonte troviamo però anche altri prodotti caratteristici che rendono squisita e unica la sua cucina. Tra questi citiamo forse uno dei più elementari, ma anche uno dei più esportati in assoluto a livello mondiale: il grissino. Il nome grissino deriva da quello della ghërsa, il classico pane piemontese di forma allungata, e la sua nascita si attribuisce al fornaio di corte Antonio Brunero, che sotto le indicazioni del medico lanzese Teobaldo Pecchio, inventò questo alimento nel 1679 per poter nutrire il futuro re Vittorio Amedeo II, di salute cagionevole ed incapace di digerire la mollica del pane. Una piccola digressione su questo prodotto è fondamentale, perché al contrario di quanti molti possano credere, il grissino è sinonimo di prodotto tipico italiano all’estero ed è uno Il gianduiotto di Torino dei più esportati in assoluto. Per quanto riguarda i primi piatti, i re della tavola piemontese sono forse gli agnolotti: pasta ripiena tradizionale, tipica del triangolo Alessandria-Asti-Monferrato. I ripieni, rigorosamente di carne, possono essere vari. Tra i tanti ricordiamo anche una variante ‘straniera’, quella pavese, a base di stufato. Gli agnolotti si abbinano praticamente con qualsiasi tipo di ricetta, dal sugo al brodo di carne, passando per il semplicissimo ‘burro e salvia’. Caratteristica delle langhe è la variante degli agnolotti ‘del plin’, meno quadrati e più affusolati (potremmo dire ‘pizzicati’). I tagliolini sono un’altra pasta molto famosa, diffusa in Italia e nel mondo, che ha origini piemontesi. A dire il vero il Piemonte condivide la paternità di questa pasta con il Molise, ma la variante piemontese, quella dei Tajarin, è forse la più esportata in Italia e non solo. Simili agli spaghetti, hanno una sezione piatta e sono unici se conditi con i funghi. Tra i piatti tipici della cucina sabauda ricordiamo gli gnocchi alla bava, ovvero gnocchi piemontesi con panna, Toma piemontese e fontina. Molti sanno, anche se pochi ci pensano, che la paternità dei savoiardi, i biscotti più detestati e allo stesso tempo amati al mondo, è sabauda.
Il cuneese al rum
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Margara Il vero riso vercellese La nostra Azienda ha l’obiettivo di assicurare ai consumatori un prodotto di alta qualità, coltivato e lavorato portando avanti una tradizione centenaria radicata nella provincia di Vercelli. Le nostre varietà sono una selezione del riso prodotto dalle migliori aziende agricole vercellesi, tra cui la nostra “Tenuta Stara”. Grazie alle ottime varietà del riso vercellese potrete gustare direttamente sulla vostra tavola il prodotto che più caratterizza con la sua storia e tradizione la nostra provincia di Vercelli al punto da essere soprannominata “provincia europea del riso”.
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Con la loro consistenza friabile e spumosa, sono l’ingrediente di base per il tiramisù, una delle ricette di dolce più famose e amate. Tra i numerosissimi insaccati tipici di questa fantastica regione, vera e propria miniera d’oro per gli amanti della gastronomia, ricordiamo la doja, una salsiccia ricoperta da strutto fuso che si prepara in un canestro di terracotta chiamato, per l’apIl Tartufo Bianco d’Alba punto, doja; il fidighin, mortadella di fegato, immancabilmente accompagnata da purè di patate e Barbera brulè; il Meiron’d crava, ovvero capra in salamoia affumicata; i salami di cavallo o d’oca, e la gallina bianca piemontese; la testa in cassetta, un salume di frattaglie in cui vengono mescolate gola, lingua, testa e grasso del sottogola del suino. Infine la bresaola d’Ossola, con carne di vitello e aromi vari (tra cui cannella e chiodi di garofano), talvolta presente anche nella variante equina. Tortonesi doc, per tornare ai dolci, sono i ‘baci di dama’, ottimi con un Chiaretto di Monferrato, o i cosiddetti ‘bicciolani’, biscotti speziati dal sapore deciso. Infine, impossibile non citare i gianduiotti, invenzione torinese costituita da una pasta a base di cacao, zucchero, burro di cacao e nocciole del Piemonte, così chiamati in onore della maschera della commedia d’arte piemontese, Gianduja. Piemontese è anche la ricetta del torrone di nocciola, forse il più amato dai bambini, famosissimo nella variante che vede la gianduja sposare le nocciole intere, prodotto altrettanto tipico di alcune regioni del Piemonte, come le langhe. Il Piemonte è letteralmente la capitale del gusto Il Riso di Baraggia Biellese e Vercellese italiano, non a caso è qui che si tiene ogni due anni, in ottobre, il Salone del Gusto, che ha luogo nel Lingotto di Torino. L’evento, organizzato da Slow Food, dalla Regione Piemonte e dal comune di Torino, accoglie i più importanti produttori e artigiani dell’agroalimentare di qualità provenienti da tutto il mondo. Anche Slow Food, un movimento culturale di grande spessore votato alla promozione dell’enogastronomia come piacere, è un’idea piemontese, nata a Bra quasi 30 anni fa. Con il tempo è diventato sinonimo di qualità e organizzazione promotrice dei maggiori eventi culturali culinari a livello globale. Proprio a Bra (più precisamente a Pollenzo), Slow Food ha organizzato la prima Università di Scienze Gastronomiche, in collaborazione con l’Emilia-Romagna e, presto, con Genova, che ospiterà il corso di laurea specialistica dedicato al settore ittico. Il Piemonte, dunque, è una delle regioni più celebri del Belpaese non solo per il suo passato monarchico, o per la spinta che diede all’unità nazionale, ma anche per la sua sconfinata cultura gastronomica e per l’attenzione rivolta alla qualità agroalimentare, prima che alla quantità. Gli agnolotti al plin
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i grandi vini piemontesi “Al ris al nasa nl’acqua e l’mora ‘n tal vich”
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l riso nasce nell’acqua e muore nel vino. Così recitava un antico detto della tradizione piemontese, e così è tutt’oggi. D’altronde, non poteva essere diversamente nella terra del nebbiolo, dai cui vitigni nascono il Barolo e il Barbaresco, ambasciatori del Piemonte nel mondo. La produzione vitivinicola subalpina ha origini molte antiche: furono i Greci i primi a portare vini di qualità nella regione, scaricando anfore di vino nei porti liguri e penetrando nel territorio per piantare i vigneti. Già Plinio il Vecchio, nella sua enciclopedica “Naturalis Historia”, narrava delle botti lignee usate nella zona “circa alpes”, e nel Codex Astiensis, redatto in epoca medioevale, si leggeva di Asti, città “fornita di vino buono e ottimo”. Senza dubbio, il periodo di maggior fermento vitivinicolo è stato l’Ottocento, grazie alla figura del conte di Cavour che si dedicò con passione ai primi studi ampelografici, trascorrendo il suo tempo libero nella vigna a potare e vendemmiare. Lungo le colline del territorio savoiardo si contano 51.437 vigneti e oltre 30.000 aziende vinicole.
Ogni anno sono prodotti milioni di ettolitri di pregiato vino DOCG, che viene esportato in tutto il mondo. Le tecniche di produzione più diffuse sono il guyot e la controspalliera, suddivise su “ronchi”: dei lunghi terrazzamenti orizzontali, resi necessari dai forti pendii collinari. I vitigni più coltivati sono quelli a bacca rossa, principe di tutti il nebbiolo, accompagnato da uve barbera, moscato e brachetto. Per conoscere da vicino i profumi e i sapori del nettare degli Dei, ci si può incamminare lungo una delle “Strade del vino”: dei percorsi enogastronomici che attraversano le colline del Monferrato, delle Langhe e dell’astigiano, alla scoperta delle etichette DOCG e DOC più apprezzate. Un viaggio che inizia sulle Colline Novaresi e Vercellesi dove il nebbiolo, qui chiamato spanna, viene imbottigliato nel rosso Gattinara: un vino che, grazie al substrato particolarmente acido e ricco di ferro su cui viene impiantato, racchiude profumi di spezie, funghi secchi, sottobosco e cuoio. Gli stessi vitigni si trovano nel Canavese, in una zona al confine con la Valle d’Aosta, dove già nel Cinquecento il Carema era conosciuto e apprezzato, al punto che il medico Andrea Bacci, nel suo “De naturali vinorum Historia de Vinis Italiae”, lo collocava tra i migliori vini dell’epoca, ricordando che veniva servito ai pasti del duca di Savoia.
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Proseguendo il cammino si arriva nella fiorente zona del Monferrato e dell’astigiano: è questa l’area che dà il maggior contributo produttivo vitivinicolo. La scarsità delle piogge favorisce una composizione del terreno molto varia in sabbia-limo e argilla, condizionando la coltivazione di vitigni anche molto diversi tra loro, che vanno dal bianco cortese ai rossi grignolino, dolcetto, freisa e barbera. In questo panorama vitivinicolo si affaccia timidamente un’etichetta DOCG a bacca bianca: il Cortese di Gavi. A differenza dei suoi compagni rossi, caratterizzati da vendemmie assai lunghe, questo vino regala tutta la sua freschezza in poco tempo. Poco strutturato, ha delicati profumi di frutta fresca, che lo rendono assai gradevole al momento dell’aperitivo. Per quanti amano accompagnare un buon calice a una pietanza leggera e di facile preparazione, è consigliato degustarlo con dei freschi involtini di bresaola, caprino e rucola: le sensazioni trasmesse da questo cibo sono equilibrate da quelle del vino, donando al palato una leggera acidità/sapidità che rende l’abbinamento armonioso.
Ma che questa piccola pausa di gusto non offuschi i sapori dei vitigni a bacca nera, che lungo i pendii del Monferrato trasudano il Barbera. La coltivazione di questo vitigno è stata documentata per la prima volta nel 1798, e probabilmente deve la sua origine a un incrocio spontaneo di semi di vitigni più antichi, tanto da essere stato considerato per anni un vino popolare, che ben si sposava con lo spirito canterino delle osterie. Riconosciuta come etichetta DOCG dal 2008, ha tempi di affinamento lunghi, un minimo di 14 mesi, ma la piacevole asprezza che trasmette al palato ne vale l’attesa. Per bilanciare tale acidità, le colline dell’alto Monferrato si addolciscono con il Dolcetto d’Alba. Riconosciuto vino DOC dal 1974, è maturato in DOCG negli ultimi anni e conta una produzione di circa 8.000 hl annui. Deve il suo nome al termine piemontese dosset: una collina non particolarmente alta sulle cui pendici si vendemmia l’uva dolcetto. Nonostante il suo nome, non è un vino dolce, ma un vino rosso profumato di viola, molto apprezzato anche nei secoli passati, tanto da essere 144
uno dei principali oggetti di scambio enogastronomici con la Liguria. Con le papille gustative ancora inebriate di Dolcetto, non si può fare a meno di soffermarsi nell’astigiano, patria del vino spumante, la cui produzione è seconda solo a quella del Chianti: si pensi che da solo ricopre 1/3 di tutto il contesto spumantistico nazionale. Su queste colline il Moscato d’Asti e il Brachetto d’Acqui fan da padroni. Non si conoscono con certezza le origini del Brachetto d’Acqui, ma la leggenda vuole che già ai tempi di Cleopatra la zona di Acqui fosse nota per la produzione di un vino ritenuto essere afrodisiaco. Le prime testimonianze certe risalgono al 1817, quando il naturalista Gallesio lo definì un “vino celebre” e, nel 1922, venne classificato ufficialmente da Garino Canina che lo definì un vino “con profumo speciale, moderatamente alcolico e zuccherino, non molto colorito che per lo più si consuma spumeggiante”. I vigneti a brachetto hanno rischiato di estinguersi nel XIX secolo, a causa dei flagelli dell’oidio, della peronospora e della fillossera, che determinarono decenni di profonda crisi fino alle soglie della seconda guerra mondiale. Ma il più celebre spumante dolce italiano è il Moscato d’Asti: nel piemontese il moscato bianco ha trovato la nicchia ideale in cui dare i frutti
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migliori, caratterizzati da grappoli ad acini piccoli e dorati. L’Asti, nella sua caratteristica bottiglia con il tappo raso di sughero, è dolce, morbido e fruttato, e si abbina perfettamente con la classica torta di nocciole delle Langhe. È proprio qui, nelle Langhe, che prosegue l’itinerario alla scoperta dei due più grandi vini subalpini: il Barolo e il Barbaresco. Grazie al clima prevalentemente secco, gli acini hanno una forte concentrazione zuccherina che assicura una produzione qualitativamente prestigiosa. I vigneti a nebbiolo usati per il Barolo sono coltivati in terreni diversi che, in base alla composizione, conferiscono a questo vino caratteristiche diverse. Il suo nome incute un certo rispetto e richiama le immagini delle colline sabaude irrorate dal sole nel periodo autunnale. Il Barolo è uno dei capisaldi della produzione vitivinicola italiana nel mondo, ma non è un vino facile da ottenere: ad esempio è bene impiantare dei cloni di nebbiolo ad acino piccolo, che garantiscano una decisa pigmentazione e un’ottima carica di gusto. Anche la vendemmia di queste uve avviene con modalità diverse: chi punta sulla tradizione, preferisce un vino più
robusto e tannico, da maturare a lungo in grandi botti, lasciando che il lento scorrere del tempo affini tutte le sue caratteristiche; mentre chi punta sull’innovazione, utilizza botti piccoli per produrre un vino un po’ più morbido e gentile, apprezzabile in tempi più brevi. Anche per il Barbaresco le caratteristiche cambiano in base alla zona di produzione, che comunque si concentra lungo le pendici collinari sulle rive del Tanaro. Questo vino, già noto ai Romani, nei secoli ha migliorato la sua fama, fino a quella attuale, che lo consacra come una delle migliori realtà vitivinicole mondiali. Ha un colore rosso granato tipico del nebbiolo da cui si ottiene, con splendide sfumature aranciate: riposa per lunghi mesi in grandi botti e si esprime in un sapore morbido e vellutato, in grado di soddisfare anche i palati più esigenti. Caratteristiche, queste, che gli hanno assicurato la denominazione DOC fin da 1966 e la DOCG dal 1980. Arricchiti di questa nuova cultura enogastronomica, non resta che sedersi in un’osteria per scaldare i cuori e i palati con un saporito bollito alla piemontese, accompagnato da un calice di corposo rosso subalpino. 147
HOTEL 5 stelle dove trovare Regioni d’Italia
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Strada Bagno Vignoni - 53027 S. Quirico d’Orcia (Si) Via Collegio, 33 - 31011 Asolo (Tv) Via Aldrovandi, 11 - 00197 Roma Via Cedrare, 78 - 37020 Corrubbio (Vr) Fondamenta Madonna dell’Orto, 3500 - 30121 Venezia Corso Matteotti, 4/6 - 20121 Milano Piazza Italia, 12 - 06100 Perugia Via Privata Fratelli Gabba, 7/b - 20121 Milano Via Roma, 43 - 06066 Piegaro (PG) Via Senato, 5 - 20121 Milano Via Capriglione, 147 - 84011 Amalfi Strada Spicciano, 7 - 50028 Tavarnelle Val di Pesa (Fi) Dorsoduro, 173 - 30123 Venezia Via Hans-v.-Perthaler, 11 - 39030 Valdaora P.zza Duca d’Aosta, 9 - 20124 Milano Via San Michele di Pagana, 8 - 16035 Rapallo (Ge) Località Terme, 1 - 53040 San Casciano dei Bagni (SI) Via del Gesù, 6/8 20149 Milano Via Arcivescovado, 18 - 10121 Torino Piazza Strozzi, 11/r - 50123 Firenze P.zza Unità Italiana, 6 - 50123 Firenze Piazza della Minerva, 69 00186 Roma Corso Umberto I, 67 28838 Stresa (No) Via Manzoni, 29 - 20121 Milano Via Emanuele Gianturco, 19 - 80077 Ischia (Na) Via Indipendenza, 8 - 40121 Bologna Via Milite Ignoto, 30 16038 S. Margherita Ligure (Ge) Via dei Villini, 7 03015 Fiuggi (Fr) Via Frescobaldi, 5 00198 Roma Corso Vittorio Emanuele, 135 - 80121 Napoli Via del Corso, 126 - 00186 Roma P.zza Armando Diaz, 3 - 20122 Milano Parco Federico Fellini 47921 Rimini Via Arsenale di terra, 5 - 16126 Genova Salita Belmonte, 43 - 90142 Palermo Via il Prato, 42 - 50123 Firenze
0577-889000 0423-951332 06-3221429 045-685555 041-2208111 02-77679611 0755-732541 02-8058051 075-8358040 02-77077 089-8131333 055-806470 041 34281 0474-496191 02-67851 0185-230666 0578-57241 02-77081 011-5512111 055-287860 055-23580 06-695201 0323-938938 02-805081 081-991522 051-225445 0185-287013 0775-5081 06-854421 081-7612474 06-69921111 02-8555 0541-56000 010-27721 091-6312111 055-2381331
Grand Visconti Palace Hilton Molino Stucky Hotel Augustus Hotel Bernini Bristol Hotel Byron Hotel Cà Sagredo Hotel Cristallo Hotel De La Ville Hotel Eden Hotel Gladiatori Hotel Helvetia & Bristol Hotel Il Salviatino Hotel l’Antico Pozzo Hotel La Scalinatella Hotel La Perla Hotel Lord Byron Hotel Majestic Hotel Melia Milano Hotel Melia Roma Hotel Metropole Hotel Park Hyatt Hotel Principe di Savoia Hotel Raphael Hotel Splendid Royal Hotel The Grey Hotel Villa Aminta Il Saraceno Grand Hotel Imperiale Hotel Palace La Meridiana - Albergo in Garlenda L’Albereta Relais & Chateaux
Viale Isonzo, 14 - 20125 Milano Giudecca, 810 - 30133 Venezia Via E. Morin, 169 55042 - Forte dei Marmi (Lu) P.zza Barberini, 23 - 00187 Roma Viale A. Morin, 46 55042 Forte dei Marmi (Lu) Campo Santa Sofia 4198/99 - 30121 Venezia Via R. Menardi, 42 - 32043 Cortina d’Ampezzo (Bi) Via Hoepli, 6 - 20121 Milano Via Ludovisi, 49 00187 Roma Via Labicana, 125 00184 Roma Via dei Pescioni, 2 50123 Firenze Via del Salviatino, 21 50137 Firenze Via San Matteo, 87 53037 S. Gimignano (Si) Via Tragara, 8 - 80073 Capri Str. Col Alt, 105 - 39033 Corvara (Bz) Via G. Dè Notaris, 5 00197 Roma Via Veneto, 50 - 00187 Roma Via Masaccio, 19 20149 Milano Via Aldobrandeschi, 223 00163 Roma Riva degli Schiavoni, 4149 - 30122 Venezia Via Tommaso Grossi, 1 - 20121 Milano P.zza della Repubblica, 17 - 20124 Milano Largo Febo, 2 00186 Roma Via di Porta Pinciana, 14 00187 Roma Via San Raffaele, 6 - 20121 Milano Via Sempione Nord, 123 28838 Stresa (No) Via Giovanni Augustariccio, 33 - 84011 Amalfi (Sa) Via Pagana, 19 16038 S.Margherita Ligure (Ge) Via dei Castelli, 17033 Garlenda Via Vittorio Emanuele II, 23 20530 Erbusco (Bs)
L’Orto degli Angeli - Residenze d’Epoca Marriot Grand Hotel Flora Miramare e Castello Miramonti Majestic Grand Hotel Mont Blanc Hotel Village NH Jolly President Palazzo Alfani Palazzo Arzaga Hotel Palazzo Capponi all’Annunziata Palazzo Leti - Residenze d’Epoca Palazzo Niccolini Park Hotel Argento Radisson Blu Hotel Milano Radisson Blu Hotel Roma Relais&Chateaux La Posta Vecchia Relais San Maurizio Royal Hotel San Biagio a Colle - Residenze d’Epoca St George St Regis Grand Hotel Star Hotel Rosa Grand Terme di Saturnia The St. Regis Firenze The Westin Excelsior The Westin Palace Torre Almonte – Residenze d’Epoca Town House Una Hotel Century Villa Cimbrone Villa d’Este Villa Le Maschere Villa Milani – Residenze d’Epoca Villa Olmi Villa Orso Grigio Villa Lattanzi Villa Tolomei
Via Dante Alighieri, 1 - 06031 Bevagna (PG) Via Veneto, 191 00187 Roma Via Pontano, 5 - 80077 Ischia Via Peziè, 103 - 32043 Cortina d’Ampezzo (Bi) Località La Croisette, 36 - 11015 La Salle (Ao) Largo Augusto, 10 - 20122 Milano Via Ricasoli, 49 50122 Firenze Via Arzaga, 1 25080 Cavalgese della Riviera (Bs) Via Gino Capponi, 26 - 50121 Firenze Via degli Eremiti, 10 - 06049 Spoleto Via dei Servi, 2 50122 Firenze Via per Sant’Anna, snc – 19015 Levanto (SP) Via Villapizzone, 24 - 20156 Milano Via F.Turati, 171 00185 Roma Palo Laziale - 00055 Ladispoli (Rm) Località San Maurizio, 39 12058 S. Stefano Belbo (Cn) Corso Imperatrice, 80 - 18038 Sanremo (Im) San Leo Bastia, 1 - 06012 Città di Castello (PG) Via Giulia, 62 00186 Roma Via Vittorio Emanuele Orlando, 3 00185 Roma Piazza Fontana, 3 - 20122 Milano Loc. Follonata - 58014 Saturnia (Gr) Piazza Ognissanti, 1 - 50123 Firenze Piazza Ognissanti, 3 - 50123 Firenze P.zza della Repubblica, 20 - 20124 Milano Frazione Frontignano, 1 – 06059 Tosi (PG) Via Silvio Pellico, 8 - 20121 Milano Via Fabio Filzi, 25/B - 20124 Milano Via S.Chiara, 26 - 84010 Ravello (Sa) Via Regina, 40 - 22012 Cernobbio (Co) Via Nazionale, 75 50031 Barberino del Mugello (Fi) Località Colleattivoli, 4 – 06049 Spoleto (PG) Viale Europa, 200 50126 Firenze Via Regole, 12 - 38010 Ronzone (Tv) Torre di Palme - Fermo Via S. Maria a Marignolle, 10/B - 50124 Firenze
Le Dimore di San Crispino – Residenze d’Epoca Via Sant’Agnese, 11 – 06081 Assisi (PG)
02-54069504 041-2723311 0584-787200 06-488931 0584-787052 041-2413111 0436-881111 02-867651 06-478121 06-77591380 055-26651 055-90411 0577-942014 081-8370633 0471-8310000 06-3220404 06-42144705 02-44406 06-665441 041-5205044 02-88211234 02-62301 06-682831 06-421689 02-7208951 0323-933818 089-831148 0185-288991 0182-580271 030-7760550
075-8155124
0742-360130 06-489929 081-991333 0436-4201 0165-864111 02-77461 055-291574 030-680600 055-27266800 0743-224930 055-282412 0187-801223 02-3631888 06-444841 06-9949501 0141-841900 0184-5391 336-635785 06-686611 06-47091 02 88311 0564-600111 055/27161 055-27151 02-63361 075-8852560 02-70156 02-675041 089-857459 031-3481 055-88881 0743-225056 055-637711 0463-880559 0734-53711 055-3920401
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Circoli di Golf dove trovare Regioni d’Italia
GOLF club indirizzo telefono
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ASD Golf Promotion
Via Cadriano, 17 - 40127 Bologna
393-2332199
CUS Golf Ferrara
Via Gramicia, 41 - 44123 Ferrara
0532-708535
CUS Parma
V.le Usberti, 95 - 43100 Parma
0521-905571
Golf 8 Molino Valle A.S.D.
Via Molino Valle, 8 - 41100 Campogalliano (Mo)
333-8495136
Golf Cesenatico A.S.D.
Via Canale Bonificazione, 122 - 47042 Cesenatico (Fc)
0547-81305
Golf Club Giardino Carpi
S.S.468 Motta, 39 - 41012 Carpi (Mo)
059-680283
Modena Golf & Country Club A.S.D.
Via Castelnuovo Ranfone, 4 - 41050 Colombaro di Formigine (Mo) 059-55482
Rimini Verrucchio Golf Club A.S.D.
Via Molino Bianco, 109 - 47826 Villa Verrucchio (Rn)
0541-678122
Golf Club Grado
Via Monfalcone, 27 - 34073 Grado (Go)
0431-896896
Acquapendente Golf Club A.S.D.
Strada Provinciale Campo Morino - 01021 Acquapendente (Vt) 366-5025421
Real Golf Club
Via Licio Giorgieri, 50 - 00165 Roma
06-66411585
Terme Golf Sporting Club A.S.D.
Via del Baiardo, 390 - 00189 Roma
06-33225274
Garlenda Golf Club
Via del Golf, 7 - 17033 Garlenda (Sv)
0182-580012
Circolo Golf Napoli
Via Campiglione, 11 - 80078 Arcofelice (Na)
081-5264296
Fossadalbero Golf & Country Club
Via Chiorboli, 366 - 44100 Fossadalbero (Fe)
0532-755835
Golf Club Salerno
Via Lago Trasimeno, 11 - 84098 Pontecagnano (Sa)
089-200300
Adriatic Golf Club Cervia
Via Jelenia Gora, 6 - 48016 Cervia - Milano Marittima (Ra)
0544-992786
Golf Club La Rocca
Via Campi, 8 - 43038 Sala Baganza (Pr)
0521-834037
Golf Club Molino del Pero S.S.D.
Via Molino del Pero, 323 - 40063 Monzuno (Bo)
051-6770506
A.S. Marediroma Golf Club
Via Enna, 30 - 00040 Marina di Ardea (Rm)
06-9133250
Archi di Claudio Golf Club A.S.D.
Via Gamiana, 45 - 00178 Roma
06-7187550
Golf Club Lignano A.S.D.
Via Casabianca, 6 - 33054 Lignano Sabbiadoro (Ud)
0431-428025
Golf Siepe Lunga A.S.D.
Via Siepelunga, 56/4 - 40141 Bologna
051-477977
Golf Club Bologna
Via Sabattini, 69 - 40050 Chiesa Nuova di Monte San Pietro (Bo) 051-969100
Golf Parco di Roma Resort SSDRL
Via dei Due Ponti, 110 - 00189 Roma
06-33653396
Parco di Roma Golf & Country Club
Via dei Due Ponti, 110 - 00189 Roma
06-33653396
Golf Club Le Querce
SS N.2 Cassia Km 44.500 - 01015 Sutri (Vt)
0761-600789
Royal Park Golf & Country Club I Roveri
Rotta Cerbiatta, 24 - 10070 Fiano (To)
011-9235500
Royal Golf La Bagnaia
SS. 223 Siena-Grosseto km.56 (53016) Loc. Bagnaia-Murlo (Si)
0577-813000
La Pinetina Golf Club
Via al Golf, 4 - 22070 Appiano Gentile
031-933202
Golf Club Padova
Via Noiera, 57 - 35030 Galzignano Terme
049-9130078
Golf Club Parco dè Medici
Viale Salvatore Rebecchini 37 - 00148 Roma
06-65287345
Golf Club Faenza “Le Cicogne” ASD
Via S. Orsola, 10/A - 48018 Faenza
0546-622410
Golf Club Bergamo L’Albenza ASD
Via Longoni, 12 - 24030 Almenno San Bartolomeo (BG)
035-640028
Castello di Tolcinasco Golf & Country Club Località Tolcinasco - 20090 Pieve Emanuele (Mi)
02-90428035
Montelupo Golf Club
Via Le Piagge, 4 - 50056 Montelupo Fiorentino (Fi)
0571-541004
Oasi Golf Club
Via Cogna, 3/5 Via Nettunense Km 26,400 - 04011 Aprilia (RM) 06-92746252
Riolo Golf Club La Torre SSD srl
Via Limisano, 10 - 48025 Riolo Terme (RA)
0546-74035
Golf Club Villa Condulmer
Via Croce, 3 - 31021 Zerman di Mogliano V.to (TV)
041-457062
Asolo Golf Club
Via dei Borghi, 1 - 31034 Cavaso del Tomba (TV)
0423-942211
Golf Club Margara
Tenuta Margara, 7 - 15043 Fubine (AL)
0131-778555
Country Club Castelgandolfo
Via S. Spirito, 13 - 00040 Castel Gandolfo
06-9312301
Golf Fiuggi Terme & Country Golf
Via Superstrada Anticolana, 1 - 03014 Fiuggi (FR)
0775-515250
Golf Club Matilde di Canossa ASD
Via del Casinazzo, 1 - 42123 San Bartolomeo (RE)
0522-371295
Circolo del Golf Roma Acquasanta
Via Appia Nuova, 716/A - 00178 Roma
06-7803407
Pevero Golf Club
Loc. Cala di Volpe - 07020 Porto Cervo (OT)
0789-958000
Circolo Golf Torino - La Mandria
Via Agnelli, 40 - 10070 Fiano Torinese (TO)
011-9235440
Vicopelago Golf Club
Loc. Vicopelago - 55100 Lucca
0583-1712714
Cà del Moro Golf Club ASD
Loc. Casa Corvi - 54027 Pontremoli (MS)
349-6275249
Elba Golf Club dell’Acquabona
Loc. Acquabona Strada del golf, 8 - 57037 Portoferraio (LI)
0565-940066
Circolo del Golf dell’Ugolino
Via Chiantigiana, 3 - 50015 Grassina (FI)
055-2301009
Golf Club Garfagnana
Loc. Braccicorti - Pontecosi - 55036 Pieve Fosciana (LU)
349-0706281
Circolo Golf L’Abbadia
Loc. La Badia, 14/A - 53034 colle di Val d’Elsa (SI)
0577-984153
Punta Ala
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Il passatempo Scopri quanto sei colto risolvendo 20 quiz 1) 2) 3) 4) 5) 6) 7) 8) 9) 10) 11) 12) 13) 14) 15) 16) 17) 18) 19) 20)
Da quale opera è tratta l’aria nota come “il lamento di Federico” Ha scritto “Anna Karenina” Dipinse “La primavera” Il premio Nobel 2013 per la letteratura La capitale del Paraguay Il fiume che attraversa Lisbona L’attuale Presidente del Cile L’imperatore che venne fucilato in Messico La baronessa grande amore di Rodolfo d’Asburgo Il poeta de “Il passero solitario” Il padre della regina Elisabetta II Il regista del film “Sabrina” Inventò la pila L’attuale Sovrintendente alla Scala di Milano A lei si deve la chiusura dei bordelli Napoleone vi sconfisse austriaci e russi nel 1805 E’ composto da 34 capitoli che descrivono la storia degli Ebrei nel Sinai Lo stato americano del Parco Nazionale di Yellowstone La ferrovia più famosa del Nord America Il recordman mondiale dei 100 metri piani in 9”58
Il Nobel 2013 per la letteratura
Il fiume che attraversa Lisbona
Il recordman dei 100 metri
Il padre della regina Elisabetta II
Dipinse “La primavera”
Il poeta de “Il passero solitario”
Risposte 16) Austerlitz 17) Deuteronomio 18) Wyoming 19) Amtrak 20) Usain Bolt 11) Giorgio VI 12) Billy Wilder 13) Alessandro Volta 14) Alexander Pereira 15) sen. Lina Merlin 7) Michelle Bachelet 1) L’Arlesiana
8) Massimiliano d’Asburgo
2) Lev Tolstoj
3) Sandro Botticelli
9) Maria Vetsera 4) Alice Munro
10) Giacomo Leopardi 5) Asuncion
6) Tago 152
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