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Veneto Periodico monografico di politica, economia, arte, cultura e turismo - Anno VI n.17 - â‚Ź 6,50

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Giancarlo Galan, ex Governatore del Veneto

Editoriale

U

na volta si definiva il Veneto come il favoloso nord-est dell’Italia, a somiglianza di una locomotiva che agganciava le altre regioni verso il benessere, ma oggi purtroppo non è più così. La recessione che ormai attanaglia tutta l’Europa, ha avvolto anche il Veneto nella spirale della crisi, producendo guasti irrimediabili soprattutto nelle piccole e medie imprese, tanto da creare un preoccupante tasso di disoccupazione. Ma il Veneto è una regione dalle mille risorse con una popolazione dedita caparbiamente al lavoro, senza mai arrendersi alle difficili vicissitudini della vita. Città come Verona, Padova e Vicenza stanno reagendo bene alla recessione economica, e possono così difendere il loro primato nelle industrie manifatturiere, nel settore agricolo e nel turismo, di cui Venezia resta regina incontrastata. Questi sforzi vengono però offuscati dalle recenti notizie che riguardano la corruzione nel tessuto istituzionale con arresti eccellenti e indagini che coinvolgono personaggi fino a ieri insospettabili. Le vicende giudiziarie legate al Mose, turbano gli animi onesti, mentre una parte della politica, ancora una volta, ha dato prova di essere indegna di un paese civile. Il Parlamento, se vuole tornare ad essere un organo privo di macchie, deve affrontare con energia questo problema, mettendo in pratica gli strumenti necessari affinchè non si abbiano a ripetere episodi del genere. Lo chiede la gente perbene, lo urlano i cittadini onesti che pagano le tasse anziché depredare lo Stato, lo esige quella parte della politica che non intende essere accomunata ai malfattori. Tutto il Paese, di destra o di sinistra, invoca pulizia a ché i vari Mose non si ripetano.

Giancarlo Galan con Giovanni Mazzacurati

Giorgio Orsoni, già Sindaco di Venezia

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L’EMOZIONE SI TRASMETTE A COLORI.

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Il Presidente della Regione Veneto, Luca Zaia

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Sommario

Basilica di Santa Maria della Salute, Venezia

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POLITICA CULTURA ECONOMIA TURISMO TERRITORIO

Piazza dei Signori, Treviso

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STORIA - POLITICA - PERSONAGGI - TERRITORIO - ARTE & CULTURA ECONOMIA - TURISMO - TRADIZIONI - ENOGASTRONOMIA - SPORT

Panoramica del lago di Garda

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Veneti Famosi Editoriale La Serenissima Repubblica di Venezia La parola al Presidente Zaia Politica Personaggi Il Terriotorio Veneto La laguna Le Terme Venezia b Musei veneziani Ville & Palazzi Misteri veneziani Un evento da non imitare??? La Biennale A Teatro Padova Rovigo Belluno Cortina d’Ampezzo Vicenza Verona Treviso Le tradizioni Il carnevale La regata storica Industria & Commercio Turismo & Hôtellerie Trasporti Sport La salute non deve attendere Le strade del vino Veneto in cucina Elenco Hotel 5 stelle Elenco Circoli di Golf Il Passatempo Rubrica Mostre 11


storia

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La Serenissima

REPUBBLICA DI VENEZIA

elle varie forme politiche che l’Europa ha visto nascere, Venezia occupa un posto a parte, in quanto la sua creazione è fra le più straordinarie e originali istituzioni che la storia abbia mai visto. La sua costituzione con un governo aristocratico ha resistito per quasi mille anni, generando un grande impero coloniale fondato sulla prosperità economica e commerciale. Non è un caso se ancor oggi in tutto il Mediterraneo si possono riscontrare le impronte di quella che un tempo fu la dominatrice incontrastata dei mari, dalla Dalmazia ai Dardanelli. La città di San Marco, sorta nel fango delle lagune e divenuta poi la più grande potenza che il Medioevo abbia conosciuto, deve la propria grandezza ad un insieme di valori che vanno dalla devozione allo Stato, alla volontà di perseguire solo gli interessi della patria con abnegazione e orgoglio.

I primi insediamenti di quella che un giorno diventerà Venezia, risalgono addirittura al primo secolo dell’impero romano ma solo più tardi, con le invasioni barbariche del V secolo da parte dei Goti, degli Unni e infine dei Longobardi, le popolazioni decisero di trasferirsi nelle isole della laguna per proteggersi dalla furia devastatrice dei barbari che avevano seminato rovina e terrore sulla terraferma. I primi abitanti furono così costretti a vivere nelle paludi, scavando canali e costruendo dighe fatte di graticci, consolidare il suolo, offrire riparo alle barche, piantare palafitte e capanne col legname offerto dalle grandi foreste della zona. Da quel momento, i veneziani diventano un popolo di navigatori che sfruttano la ricchezza di pesce, muovendosi e vivendo in pratica sulle acque. E mentre il gruppo di isolotti della laguna, fra i quali la splendida Torcello, si

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avviano ad una lenta e inesorabile decadenza, Venezia, sfruttando le rivalità dei suoi vicini, accoglie le famiglie dell’aristocrazia esiliate dalle varie città, formando così il primo nucleo di quello che diventerà il patriziato dominante della città di San Marco. Venezia, a quell’epoca era una delle province di Bisanzio, sottomessa all’autorità dell’Esarca di Ravenna e tale rimarrà per molti anni, dal VI° fino alla metà del IX° secolo, retta da un duca eletto dai tribuni e dal clero della città con l’avallo dell’Imperatore di Bisanzio. In seguito i duchi di Venezia resero ereditario il proprio potere, associando i figli alla loro autorità e costituendo così delle vere e proprie dinastie monarchiche. La storia di questo periodo è piena di cospirazioni e rivolte, scaturite anche contro lo strapotere tirannico di alcuni fra i primi dogi, come Candiano che, verso la fine del ‘900 venne massacrato insieme al figlio e i loro cadaveri gettati al macello: una tragedia che suonava come un monito per quanti avessero voluto governare con la tirannia. Nel frattempo, i veneziani avevano compreso che il loro futuro era sul mare, tanto che già

spezie dall’India, insieme a tessuti, pietre preziose, oro, avorio e ambra. Tutti questi prodotti venivano venduti in Germania, Francia e Italia, generando un flusso di denaro incredibile. Ma il doge che riuscì, più di tutti, a completare il grande impero coloniale fu Enrico Dandolo che, quasi ottuagenario, si mise alla testa della quarta crociata conquistando finalmente Costantinopoli nel 1204 e consolidando così il potere della Repubblica con l’acquisizione di un quarto dell’Impero come bottino di guerra, fra cui vanno ricordati i cavalli di bronzo di Lisippo posti come trofeo di Bisanzio sopra il portale della basilica di San Marco. Un altro uomo, altrettanto coraggioso, darà a Venezia un impulso commerciale senza eguali: Marco Polo, il primo europeo a penetrare in Cina attraverso l’Asia, annotando nel suo libro i prodotti e le località da scoprire, tanto da diventare battistrada per quanti, dopo di lui, decideranno di seguire le sue orme. Fra i veneziani che hanno fatto la storia, occorre ricordare il doge Marino Falier, appartenente ad una delle famiglie più illustri di Venezia, che nel 1355 cospirò contro i consigli

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Punta della Dogana, Venezia

ai tempi di Carlo Magno le loro navi arrivavano in Oriente e ritornavano cariche di stoffe di seta, tappeti, tessuti pregiati e pellicce. Poi, col passare del tempo, le navi divennero sempre più grandi, protette da una flotta da guerra che era in grado di assicurare loro una navigazione sicura, mentre i trattati stipulati con l’Imperatore, concedevano a Venezia notevoli vantaggi sui diritti di dogana insieme alla possibilità di attraccare le loro navi nei porti greci, rendendo così impossibile la concorrenza da parte di Bari. In pratica Venezia era diventata l’unica intermediaria fra Oriente e Occidente e fu il doge Pietro Orseolo l’artefice principale della sua grandezza, conquistando nell’anno 1000 con una flotta da guerra tutte le principali città dell’Adriatico e reso sicura la navigazione dei vascelli mercantili dall’attacco dei pirati che infestavano il mare. Venezia a quel punto, appariva ricca, sontuosa e potente, temuta e rispettata quale regina incontrastata dei commerci con l’Oriente: importava i frutti esotici dalla Siria, i pesci dal Mar Nero, il grano dalla Russia, i vini dall’Asia Minore, i datteri dal Libano e le 14

aristocratici nell’intento di aggiudicarsi un potere assoluto, tirannico. La congiura però fallì e il doge tratto in arresto e giudicato colpevole di alto tradimento, venne decapitato. Enorme fu l’impressione che l’episodio suscitò in tutta Italia, rappresentando un’evidente lezione per chi avesse avuto intenzione di farla da padrone, anziché servire fedelmente la Repubblica. Nel 1400 Venezia era una delle meraviglie d’Italia e tutti i visitatori ne riportavano un’identica impressione di città lussuosa e magnifica. In piazza San Marco, davanti alla Basilica e al Palazzo Ducale, lo straniero rimane come estasiato e rapito da tanta bellezza ed eleganza e tesse le lodi della città come unica al mondo. All’inizio del 1500 Venezia contava poco meno di duecentomila abitanti, di cui buona parte provenienti dalle più disparate nazioni: c’erano turchi, greci, francesi,tedeschi, tartari, albanesi e naturalmente schiavi. La città era all’apice della sua gloria, ricca, splendida, elegante, invidiabile. Quello che oggi possiamo ammirare 15


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Venezia, uno scorcio del Campanile di San Marco

navigando sul Canal Grande o camminando in piazza San Marco non è che una pallida testimonianza della vita veneziana dell’epoca. Se i palazzi patrizi offrivano uno spettacolo grandioso, ostentando lusso e ricchezza, le feste popolari non erano da meno con i loro giochi, i tornei, i costumi sfavillanti e le regate. In piazza si poteva assistere al combattimento di tori attaccati da cani feroci, mentre sui ponti privi di parapetto, i giovani davano prova di esuberanza fisica affrontandosi con pugni e bastoni fino a cadere nel canale. Di particolare bellezza era – e lo è ancora – il Carnevale di Venezia, fastosa ricorrenza ricca di magnifici costumi, di gioielli e stoffe raffinate che impreziosivano i sontuosi abiti delle dame. In questa città ricca e mondana, non mancavano la corruzione e gli schiavi dai facili costumi, le cortigiane e le stregonerie a base di incantesimi e filtri d’amore, tanto da essere portata ad esempio fra le capitali più corrotte dell’epoca. In questo medioevo veneziano, già si annidano i germi della incipiente decadenza e si avverte un senso di funesto presagio, di rovina. I secoli successivi saranno colmi

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La Basilica di San Marco a Venezia

di guerre e di disgrazie, di umiliazioni e di scorrerie da parte dei vascelli ottomani che riusciranno a conquistare tutte le terre e le isole dove prima sventolava la bandiera di San Marco, come successe a Corinto nel 1714 e ad Argo dove i turchi dimostrarono tutta la loro efferatezza: il Gran Visir, per incoraggiare il massacro, aveva promesso 30 scudi per ogni cristiano ucciso e così avvenne. Le cittadelle veneziane cadevano una dopo l’altra, provocando la fine dell’impero faticosamente costituito. Quando nel 1789 venne eletto doge il friulano Ludovico Manin, si gridò : “ La Repubblica è finita “ e mai grido fu più profetico. Il resto è storia prima francese e poi austriaca. Napoleone dichiara guerra alla Serenissima facendo decadere il Maggior Consiglio mentre la stessa Costituzione veniva abolita. Venezia moriva così miseramente, perdendo ogni dignità. Il Governo provvisorio durò appena qualche mese, a causa del trattato di Campoformio con cui i francesi cedevano Venezia all’Austria : il 18 Gennaio 1798 le truppe asburgiche entravano a piazza San Marco dove rimarranno fino alla nascita dello Stato italiano. 16

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La parola al Presidente Zaia

Il Presidente della Regione Veneto Luca Zaia

Luca Zaia nasce a Conegliano nel 1968 e nel ‘95 viene nominato Capogruppo della Lega. Nel 2005 viene nominato Vicepresidente della Regione del Veneto, con delega all’agricoltura e al turismo. Sono gli anni in cui lancia le prime battaglie sulla lingua e sull’identità veneta. Nel maggio 2008 lascia l’incarico in Regione e viene nominato Ministro dell’Agricoltura, fino alla primavera 2010 quando, alle elezioni regionali, viene eletto Governatore del Veneto con una percentuale di consensi superiore al 60%.

Presidente Zaia, cosa significa “Turismo” per il Veneto? Un turista ogni sei che pernottano nel nostro Paese, lo fa nel Veneto, dove l’economia turistica rappresenta la più grande industria del territorio, forte di un fatturato (valutabile attorno ai 17 miliardi di euro) e di circa mezzo milione di addetti, tra fissi e stagionali, direttamente nel settore o nell’indotto. Gli arrivi registrati nelle strutture ricettive del Veneto nel corso del 2013 sono stati 15.984.972, dei quali il 65,5 per cento stranieri, con una crescita dell’1,1 per cento rispetto all’anno precedente. Le presenze complessive registrate sono state 61.533.281, delle quali il 66,4 per cento generate da ospiti provenienti dall’estero. Questa è la cornice generale di un turismo vincente, che primeggia in maniera assoluta in Italia, che crea reddito e lavoro, che non è delocalizzabile come altri tipi di impresa e che fa della valorizzazione e della tutela del territorio un obiettivo primario. Questo turismo è merito di una straordinaria classe di imprenditori, che si è creata principalmente nel secondo dopoguerra, si è formata ed è cresciuta sul campo, non è mai rimasta in attesa di soluzioni miracolistiche e alle istituzioni ha solo chiesto regole semplici, chiare, univoche, ragionevoli. E noi, come Regione, siamo stati al loro fianco per accompagnarli nel migliore dei modi durante questo percorso, in un sistema sinergico che saputo anche affrontare le conseguenze dei drastici tagli dei trasferimenti statali per il settore. Lo Stato, purtroppo, è stato ed è altra cosa. C’è voglia di centralizzazione, che viene predicata bene ma praticata malissimo o senza effetti pratici o provocando guai e costi aggiuntivi: dai canoni demaniali alle case mobili trattate fiscalmente come villette, alle tasse di soggiorno autorizzate ma non finalizzate, ad una aliquota IVA tra le più alte d’Europa e via dicendo. Le presenze di turisti che visitano il Veneto si attestano a poco meno di 20 milioni di persone. Come viene ripartita questa cifra fra mare, montagna e città d’arte? La gran parte dei turisti che scelgono come meta il Veneto pernotta nei Comuni balneari. In pratica, prende contatto con la nostra ospitalità attraverso le spiagge. Questo vale per oltre il 40 per cento delle presenze. Il perché è presto detto: le spiagge attrezzate del Veneto sono “solo” sette: Bibione, Caorle, Eraclea, Jesolo, Cavallino-Treporti, Venezia, Sottomarina di Chioggia, Rosolina e Delta del Po, ma si estendono per circa 140 km. Il dato delle spiagge marine è corroborato anche dai numeri che registra la sponda veneta del Lago di Garda, anche quest’anno in crescita nonostante l’inclemenza del tempo nei mesi estivi. Sulle rive del grande lago registriamo infatti un altro 18 per cento di presenze, per oltre l’85 per cento di turisti stranieri, in assoluta maggioranza tedeschi. Al secondo posto per presenze, in ogni caso, si collocano le città d’arte, con oltre il 29,5 per cento del totale. Seguono la montagna con circa il 7,5 per cento, e il bacino termale euganeo, il più grande d’Europa, con il 4,6 per cento. Ogni turista ha insomma la possibilità di spaziare senza problemi da un tipo di offerta all’altro.

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Ed è un’offerta sempre rinnovata e arricchita ogni anno da ulteriori proposte, che spaziano dai parchi tematici ai percorsi equestri, dalle piste ciclabili al pescaturismo, dal wedding alle Ville Venete e agli itinerari religiosi, per arrivare ad una proposta più recente recente, Roar in Veneto, dedicata specificamente agli amanti della moto. In tutto questo l’ospite trova relax, servizi di qualità, cultura ed eccellente enogastronomia.

Politica Politica

A proposito di turismo, qual è la situazione in merito all’accessibilità da parte di anziani, bambini e disabili? Abbiamo fatto dell’accessibilità una delle nostre principali bandiere. Accessibilità per noi non significa, solo e semplicemente, eliminazione della cosiddette barriere fisiche ma turismo per tutti, compresi coloro che hanno una disabilità qualsiasi, che può essere fisica, e tra questi metto ad esempio le persone anziane, ma anche sensoriale: persone con problemi di udito o di vista, di assistenza sanitaria continua come i dializzati, i bambini piccoli che si muovono con i genitori in carrozzina, coloro che hanno una intolleranza anche di tipo alimentare. Diventare regione accessibile non significa dunque applicare le norme sulle barriere architettoniche, che spesso producono orrori funzionali ed estetici, ma anche situazioni ghettizzanti o assurde, come il bagno per disabili a norma, salvo che lo specchio è all’altezza di una persona in piedi e non in carrozzella. Il Veneto con i suoi 140 km di spiaggia, offre un’ampia scelta per chi intende soggiornare al mare. Quali sono i vantaggi che favoriscono le località venete? Le sette spiagge del veneto, ciascuna lunga parecchi chilometri, fanno un’estensione di circa 140 km di litorali di sabbia finissima, ottimamente serviti, facilmente accessibili, attrezzati, sicuri, infrastrutturali. Nessuna altra realtà italiana ha una simile estensione di spiagge, che sono anche molto larghe, oltre che lunghe, e i cui fondali digradano molto dolcemente nel mare e sono quindi molto adatti ai bambini. Quando penso alle nostre spiagge mi fanno sorridere le “graduatorie” che spesso vengono Luca Zaia, Presidente della Regione Veneto fatte con l’annuale assegnazione delle cosiddette bandiere blu: la tal regione ne perde una, quell’altra è prima con 14 bandiere e via dicendo. Noi ne abbiamo avute quest’anno sei, ma per ogni bandierina c’è una spiaggia capace di contenere in abbondanza tutte quelle di intere regioni. E dietro le spiagge non c’è il deserto, ma c’è vita, ambiente, cultura, economia, opportunità, sicurezza. Se ad un turista capita qualcosa, sa di poter disporre di un sistema di soccorso e sanitario tra i migliori d’Europa, che presto potrebbe divenire esso stesso un ulteriore fulcro di attrazione a se stante. Le Dolomiti sono la grande attrattiva per gli amanti della montagna. Quanto è importante amministrare un patrimonio naturalistico che il mondo ci invidia? Le Dolomiti sono un patrimonio ambientale dell’umanità. E per il 60 per cento sono in territorio veneto, le cui amministrazioni locali governano da sempre con saggezza e pignoleria il territorio. Oltre alle istituzioni “moderne”, qui operano alcune delle proprietà collettive più antiche d’Italia, come le Regole d’Ampezzo, alle quali non a caso abbiamo affidato la gestione del parco regionale appunto delle Dolomiti ampezzane. Noi stiamo valorizzando la nostra montagna, con la collaborazione primaria di chi ci vive e lavora e di chi la ama. Purtroppo, in un mondo che corre, la montagna si trova sempre più spiazzata rispetto al territorio “comodo”. Risiedere sulle Dolomiti, dedicarsi ad attività imprenditoriali antiche, come l’agricoltura, o moderne,

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I must del turismo veneto città d’arte - lago - montagna - Mare Il ponte di Rialto a Venezia

come il manifatturiero tecnologico o il turismo, è più difficile e costoso che altrove. Il gap concorrenziale vede la montagna sfavorita in partenza da maggiori costi. Se a questo aggiungiamo le disparità che riscontriamo con gli abitanti delle Dolomiti che però godono di uno statuto speciale, la differenza diventa ancora più evidente e il divario più difficilmente colmabile. Questo si riverbera anche sul turismo, dove i nostri operatori, quelli veneti, hanno meno opportunità economiche ad investire e a gestire il loro territorio rispetto ai loro colleghi sudtirolesi, trentini e friulani.

Politica Politica

Le stazioni termali sono sicuramente una risorsa importante per il turismo veneto. La Regione come intende valorizzare questo importante settore? Noi intendiamo accompagnare gli operatori economici nel percorso di ripresa di un settore, quello termale, che oggi ha probabilmente bisogno di nuove opportunità e di nuove proposte complementari, ma diversificate rispetto alla tradizionale proposta di tipo sanitario e terapeutico. Le terme euganee hanno proprietà benefiche confermate in millenni di frequentazione, certificate dalla scienza moderna, esaltate da una sistema di ospitalità e di cura consolidato, con pratiche termali che coprono una molteplicità di esigenze terapeutiche. Oggi questa proposta da sola non sembra essere sufficiente, anche per effetto delle restrizioni imposte dal sistema sanitario nazionale. Sono però convinto che dovremmo puntare di più sul termalismo come benessere e qualità della vita, guardando anche ad una clientela giovane e sana che non deve curarsi ma che ha cura di sé. Quale situazione economica si trova a dover affrontare oggi il Veneto, che una volta veniva definito il “favoloso nord-est italiano”?

Panoramica del lago di Garda

Un paesaggio Dolomitico Lido di Jesolo

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Il Nord Est italiano è qualcosa di più del Veneto, ma abbiamo molte radici comuni: storiche, economiche, culturali e sociali. Non so quando questa parte d’Italia sia stata favolosa dopo i secoli di splendore della Serenissima, ma so che noi lo siamo sempre, favolosi, anche nella difficile situazione di oggi, con una società intrisa di cultura del lavoro, dell’imprenditorialità e della solidarietà che, cerca di reagire e di guardare positivamente al futuro, affiancata da istituzioni che si sforzano di essere funzionali e parsimoniose e che sono d’esempio nel mondo in tutti i settori. In Veneto governare bene è forse più difficile che nel resto del Nord Est, che gode di una specialità normativa che si traduce in più autonomia e maggiori risorse e tutele. Di fatto siamo una delle quattro regioni italiane che mantengono le altre 16, e che vede destinate altrove tasse per una ventina di miliardi l’anno, pagate dai veneti, che escono dal nostro circuito economico e non rientrano nel nostro territorio, ma soprattutto servono per coprire buchi e diseconomie altrui piuttosto che a creare ricchezza. Essere in Italia come Regione a statuto ordinario per noi non è facile. Non fa parte della nostra cultura chiedere il supporto e l’intervento statale. Siamo abituati a rimboccarci le maniche e a fare. Ma la situazione nella quale ci troviamo significa subire tasse per pagare debiti che non facciamo, con aliquote che ci portano fuori mercato e senza una concreta e visibile prospettiva di miglioramento; significa inoltre avere un sistema economico asfissiato da burocrazia, lacci, cavilli, spese che invitano a cercare migliore futuro imprenditoriale e lavorativo all’estero. Ma significa anche avere una giustizia lenta, un sistema di trasporti incerto e via dicendo.

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Politica

Matteo Renzi e Diego Della Valle

AMICI NEMICI

è

dai tempi del Duce che non si vede un Presidente del Consiglio osannato da una folla oceanica, neppure all’epoca dello strapotere democristiano quando i vari Premier si avvicendavano di anno in anno, incuranti dell’opposizione comunista. Basti ricordare qualche nome di questi balenotteri bianchi, come De Gasperi, Fanfani, Andreotti, Moro e Rumor solo per citare i presidenti più tenaci, abbarbicati alla poltrona di Palazzo Chigi. Ma anche la stagione socialista con Craxi presidente, non è stata esente da perigliosi percorsi, pur avendo conseguito con l’onda lunga del garofano, un insperato successo. Dunque si potrebbe dire che è nello spirito della politica italiana combattere aspramente con tutti i mezzi possibili chi sta al Governo, qualunque sia il nome che lo guida e il partito di appartenenza. E’ curioso anche notare che le critiche e gli sgambetti avvengono perlopiù fra i componenti della stessa maggioranza politica, anziché dallo schieramento avverso, come sarebbe logico che avvenisse. Ciò è la conseguenza della sfrenata lotta che corrode l’animo dei più ambiziosi, tutti proiettati a conquistare il seggio più alto e prestigioso che conferisce potere e privilegi. Così come non è raro assistere a pugnalate alla schiena da parte dei colleghi più stretti, quelli cioè che si presume debbano essere amici fidati.

Diego Della Valle

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Matteo Renzi

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Politica

Matteo Renzi

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Ma si sa che la nostra storia è piena di aneddoti e vicende di questo genere: Giulio Cesare docet. Ora, venendo ad oggi, non passa giorno in cui il povero Renzi non venga attaccato dal suo partito, oltre che naturalmente dall’opposizione, dai Sindacati, dalla Confindustria e persino dai Vescovi. Lungi dall’idea che Renzi sia infallibile e che abbia governato in modo perfetto, pur tenendo conto del breve periodo di potere, ma è anche vero che qualunque cosa dica o faccia viene sistematicamente avversato. In questo senso, il personaggio che più di tutti si è rivelato a dir poco critico, è stato Diego Della Valle che si sta accanendo con inaudita veemenza contro Renzi. Il patron della Tod’s, o lo “ scarparo “, come lo ha apostrofato Marchionne, si è esibito in televisione facendo una specie di conferenza pre-elettorale con la quale si autocandida, in modo patetico, a guidare il paese. Renzi non ha capito nulla, dice in buona sostanza Della Valle, e soprattutto non ha fatto nulla per migliorare la precaria situazione della nazione. “Italiani svegliatevi!” sembra dire il marchigiano al popolo televisivo, ecco il salvatore della Patria che vi ridarà orgoglio, credibilità e lavoro. Questo virulento attacco al Presidente del Consiglio, dimostra che non c’è limite al desiderio di potere e che Della Valle vuole anche lui, come fece Berlusconi nel ’94, scendere in campo per risolvere i problemi del Bel Paese. Non è dato sapere come il Della Valle intenda applicare la sua ricetta, ma invita Renzi a scrivere sulla lavagna i compiti da fare, scimmiottando il “contratto con gli italiani” di berlusconiana memoria. Venendo al giovane Matteo, come tutti i poteri forti lo chiamano per farci notare che gli danno del tu, va considerato che non ha il dono di fare miracoli, risollevando il paese da una situazione disastrosa, ma si deve dargli atto che ce la mette tutta anche se a volte esagera nel voler suonare troppi tasti del pianoforte. D’altra parte chi altri avrebbe potuto guidare il governo fra i papabili del PD ? Alcuni della vecchia guardia come Bersani, D’Alema, Veltroni, Epifani, Marini o Emma Bonino ? Non si può più guardare al passato….. Insomma, se è vero che la storia dell’Italia ci deve insegnare qualcosa, bisognerebbe smettere di essere “ Bastian contrario “ a tutti i costi. Molti fra i politici dicono di volere solo il bene del paese, ma è veramente credibile questa asserzione, quando invece i fatti dimostrano che viene anteposto il loro interesse personale, come scrive Della Valle in una lettera aperta a pagamento pubblicata su alcuni quotidiani ?

veneti Famosi

Francesco Guardi (Venezia) pittore noto per i suoi quadri su Venezia.

Andrea Mantegna (Piazzola sul Brenta) pittore. Nel riquadro “Francesco Gonzaga”

Tintoretto (Venezia) grande esponente della scuola artistica veneziana.

Guido Piovene (Vicenza) scrittore e giornalista.

Diego Della Valle

Bayer

Giambattista Tiepolo (Venezia) famoso pittore del Settecento veneziano.

Antonio Canova (Possagno) scultore e pittore; esponente del Neoclassicismo.

Giorgione (Castelfranco Veneto) pittore, Canaletto (Venezia) pittore noto come vedutista. esponente dell’arte iconografica.

Ippolito Nievo (Padova) scrittore e patriota, sue “Le confessioni d’un italiano”.

Andrea Palladio (Padova) architetto famoso per aver ideato le ville venete

Tiziano Vecellio (Pieve di Cadore) pittore di fama mondiale, suoi i capolavori “Pentecoste” e “Annunciazione”.

Giacomo Matteotti (Fratta Polesine) politico e antifascita.

Francesco Hayez (Venezia) pittore, noto per l’opera “Il Bacio”.

Giovanni Paolo I (Canale d’Agordo) 263° Papa, ultimo Pontefice italiano.

Antonio Fogazzaro (Vicenza) scrittore e poeta, scrisse “Piccolo Mondo Antico”.

Daniele Manin (Venezia) patriota e politico.


Giacomo Casanova

Cittadino del mondo” e “gentiluomo veneziano”, così veniva raccontato Giacomo Casanova, scrittore e avventuriero ma soprattutto dongiovanni e seduttore, nato nella Repubblica di Venezia nel 1725. Anche se rimane una produzione letteraria molto vasta, viene oggi principalmente ricordato come colui che fece del proprio nome il sinonimo di seduttore. È infatti nella sua opera più famosa, “Histoire de ma vie” che Casanova si mette a nudo mostrando oltre al suo lato più frivolo anche i suoi tormenti più profondi raccontati attraverso i suoi viaggi e le sue avventure in giro per l’Europa. Innumerevoli sono le relazioni in cui è coinvolto, tra cui quella con Teresa, ragazza povera che si finge uomo castrato per poter cantare nei teatri dello Stato della Chiesa, teatri al tempo chiusi alle donne; o quella con Adelaide de Gueidan, conosciuta anche con lo pseudonimo di Henriette, probabilmente il suo più grande amore. Lo pseudonimo nascondeva probabilmente l’identità di una nobildonna di Aix-en-Provence. Su questa e su altre identificazioni, gli studiosi si sono accapigliati per decenni; in linea di massima, i personaggi citati nelle Memorie sono reali. Spesso però, trattandosi di donne sposate, alcune sono citate con le iniziali o con nomi di fantasia; in generale però le persone sono identificabili e anche i fatti riferiti sono risultati corretti e riscontrabili. Molto spesso però le sue relazioni sono state pericolose visto che la maggior parte delle donne frequentate, come detto, erano sposate con uomini ricchi e potenti; questo lo ha costretto a viaggiare molto e a cambiare spesso città. A causa di questa sua vita sregolata, non si contano più le volte in cui è stato rinchiuso nelle varie prigioni d’Europa. Famosa la sua fuga dal carcere dei Piombi: passando dalla cella alle soffitte del carcere attraverso un foro nel soffitto praticato dal suo compagno di cella, uscì sul tetto 28

per poi riscendere di nuovo all’interno del carcere. In compagnia di un complice passò attraverso varie stanze, finché non venne notato da un passante che lo scambiò per un visitatore rimasto chiuso dentro l’edificio. Casanova non solo trovò la libertà ma creò non poco imbarazzo a tutti coloro che facevano parte del comparto amministrativo della giustizia di Venezia. L’autobiografia del Casanova è un importante documento per la storia del costume perché ci ha permesso di conoscere la vita quotidiana nell’Europa del ‘700. Una rappresentazione che fotografa principalmente le classi dominanti dell’epoca, la nobiltà e la borghesia, senza però limitarne l’interesse visto che anche i personaggi di contorno vengono rappresentati in maniera vivissima. Venezia e Casanova sono come due innamorati legati da un filo sottile che, nonostante le avversità, non si spezzerà mai. Memorabile l’episodio verificatosi all’Opera di Parigi quando conobbe Madame Pompadour, la potente favorita di Luigi XV, riuscendo ad ammaliarla con i racconti sulla sua Venezia. Questo incontro gli assicurò l’ingresso nella società parigina che conta e fra corti e salotti Casanova conobbe molti fra i grandi del suo tempo come Rousseau, Voltaire, Mozart, Caterina II di Russia, Federico II di Prussia. Un episodio che segna profondamente la vita di Giacomo è il duello con il Conte Branicki. Durante un litigio in casa della ballerina Binetti, il conte aveva definito Casanova un “poltrone veneziano”. Giacomo prese quell’affermazione Ritratto di Giacomo Casanova, attribuito a Francesco Narici come un’offesa e, benché non fosse ricco né potente, sfidò lo stesso il conte ad un duello con la pistola, consapevole che anche la vittoria lo avrebbe portato alla morte per mano dei fedelissimi del Conte. La buona stella però non abbandonò Casanova, il quale riuscì a ferire in modo non grave il Conte, il quale però chiese ai suoi protettori di lasciarlo andare. Questo e molti altri episodi hanno dato alla sua vita un ritmo teatrale: il suo comportamento e la sua eloquenza lo confermarono un eccellente attore che ha avuto per palcoscenico l’intera Europa. Ciò che Casanova ha sempre preferito fare durante tutta la sua vita è quello di recitare un ruolo, lasciandosi trasportare dall’improvvisazione e di vivere l’esistenza come un continuo gioco scenico. “Histoire de ma vie” assorbì tutte le energie di Casanova; scriverla significò per lui anche ripercorrere una vita assolutamente irripetibile, tanto da riuscire a creare l’immagine che tutt’oggi è ancora viva nella nostra mente.

Personaggi

Camilla Spinelli

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Personaggi

Ritratto di Carlo Goldoni

Dopo aver terminato il suo compito di console, iniziò a vagabondare per il centro Italia. Accolto festosamente a Pisa iniziò a esercitare la professione di avvocato, continuando comunque a scrivere le sue opere. Di questi anni è la celebre commedia Il servitore di due padroni. Dopo soli quattro anni decise però di rispondere alla chiamata del capocomico Medebach tornando a Venezia e decidendo finalmente di dedicarsi totalmente al teatro. La vedova scaltra, Il cavaliere e la dama, La bottega del caffè, Il bugiardo, La locandiera, sono solo alcune delle opere che riuscì a scrivere e a mettere in scena proprio in questi anni. Nel 1753 decise di abbandonare Medebach per firmare un contratto con Vendramin, proprietario del teatro di San Luca. Questa decisione portò Medebach ad assumere l’abate Chiari e, questo momento, sancì la nascita di due partiti teatrali: i chiaristi e i goldoniani. Il pubblico però non sapeva che Chiari cercasse continuamente di rubare alcune opere di Goldoni o che copiasse alcuni drammi raffazzonati da romanzi francesi e inglesi. Ogni carnevale Goldoni portava sul palcoscenico una commedia veneziana. E in quel mondo di gondolieri, lavandaie, merciai e di rivendugliole si dispiega proprio la sua arte. Ormai la gloria era assicurata: le edizioni delle sue commedie si esaurivano

Personaggi

Carlo Goldoni

C

arlo Goldoni, considerato uno dei padri della commedia moderna, mostrò molto presto la sua forte inclinazione per il teatro, componendo già a nove anni una commediola e prediligendo nelle sue letture gli autori comici. Laureato in studi legali a Padova, non iniziò mai veramente a lavorare in questo campo perché preferì buttarsi sulla scrittura. In questo periodo scrisse un almanacco satirico e un melodramma (Amalasunta, 1732). Dopo un periodo di viaggi tra Lombardia ed Emilia, incontrò a Verona la compagnia veneziana del teatro di San Samuele con la quale s’impegnò a scrivere alcune opere teatrali. Il suo primo trionfo scenico arrivò nel 1734 col dramma popolare Belisario mentre, due anni dopo, si innamorò di Nicoletta Connio che sposò a Genova. Dal 1741 al 1743 ebbe anche l’incarico di console della repubblica di Genova a Venezia, che però lo ingolfò di molte noie e lo allontanò per un attimo dalla scrittura. Proprio nel 1743 terminò il dramma giocoso La Contessina e La donna di garbo, la prima commedia che scrisse interamente.

Una scena tratta da “La locandiera”

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Una scena tratta da “Il bugiardo”

rapidamente, si cominciava a tradurle e recitarle anche all’estero. Il periodo più importante però fu quello dal 1759 al 1762 quando, mentre molti piccoli autori cercavano la gloria continuando a copiare le sue opere, lui creò le altre famose commedie, tra cui alcuni capolavori come Gl’innamorati, I rusteghi, Un curioso accidente, La casa nuova, Le baruffe chiozzotte). Tutto ciò lo portò a ricevere la chiamata di Parigi dove gli si chiese di risollevare le sorti del teatro della Comédie-Italienne, che andava decadendo. Anche lì dovette lottare contro i comici che non volevano imparare le commedie scritte e col pubblico affezionato al gioco buffonesco delle maschere. Successivamente ottenne l’incarico di insegnante di lingua italiana della figlia di Luigi XV, dal quale ricavò una modesta pensione che però non riuscì mai a riscuotere. Morì quindi nella miseria e, solo il giorno dopo la sua morte, un decreto della Convenzione gli restituì troppo tardi la sofferta pensione. Ancora oggi, nella sua arte si riflettono gli echi della profonda crisi che travagliava la società settecentesca, sia che egli mettesse in scena le consuetudini e i contrasti delle diverse classi sociali, sia che raccontasse la vita della sua Venezia e dei costumi del suo popolo. 31


Personaggi

il viaggio di Marco Polo

Niccolò, Matteo e Marco, ma si lasciarono persuadere quando videro l’enorme quantità di insoliti oggetti preziosi di fattura assolutamente estranea che questi riportarono a Venezia. È stato un cinese, Yang Chih-chiu, a porre definitivamente una pietra sopra le controversie, con un volume sulla storia della Cina che nella metà degli anni ottanta ha decretato la prova definitiva della presenza di Marco Polo in Cina durante il regno di Khubilai Khan; il “Grande Cane” che, secondo il racconto dell’esploratore, si sarebbe alzato in piedi alla presenza della famiglia Polo, ammirato dalla presenza di quel ragazzo così giovane. Recentemente è stato inoltre sventato un tentativo di furto di paternità da parte della Croazia, che ha tentato, con

sui preziosi e su tutto ciò che suo padre Marco le aveva lasciato. Il Milione, il più grande lascito di Marco Polo, è ad ogni modo un libro che una volta letto lascia non poche perplessità. Partendo, infatti, dal presupposto che non fu scritto dalla mano di Polo, ci sono numerosi passaggi che, oltrepassando il limite della prosa, raggiungono elevato livello di fantastico. È infatti un testo che racconta anche e soprattutto storie e tradizioni, oggi più utile per cogliere le i costumi dell’estremo oriente medievale che reali dettagli geografici o storiografici. Tra tutti stupisce forse l’episodio del Grifone, di cui Marco Polo sostiene d’aver visto una penna riportata al Gran Khan da un suo guerriero e che, sebbene secondo Polo appartenga a un uccello del tutto simile a un’aquila gigante –

È

sul finire di un grande secolo, il Duecento, che Marco Polo, imprigionato dopo la battaglia di Curzola, incontra un uomo destinato a magnificare la sua vita, al punto che questa ispirerà i più grandi esploratori di tutti i tempi. Rustichello da Pisa, questo è il nome di quel compagno di prigionia che “fosse in prigione da quattordici anni o vi venisse come libero frequentatore, fu quasi sicuramente lui a dare forma scritta alle memorie del veneziano”. Polo era un patrizio, un nobile della Serenissima, nato quando il secolo aveva già superato il suo giro di boa: aveva diciassette anni quando Niccolò e Matteo Polo, rispettivamente padre e zio, dopo essere tornati dai loro viaggi in Cina decisero di ripartire, e questa volta di portarlo con loro. Questi saranno per il giovane Polo diciassette anni di duri viaggi alla scoperta di un mondo diverso, quasi al rovescio, che prenderà vita nella lingua d’oil (antico francese), grazie all’aiuto di Rustichello e di una prigionia desolante nelle carceri di Genova. L’influenza di Marco Polo nell’immaginario collettivo non è da ricercarsi unicamente nell’immediato passato, ma anche nel futuro più remoto: Cristoforo Colombo, ispirato dai viaggi di Marco Polo, immaginò a tal punto l’Asia da spingersi alla ricerca dei suoi lembi più orientali attraverso l’occidente. Furono proprio la forza e il prestigio della figura del veneziano a far sì che Colombo continuasse a credere di essere arrivato in Catai fino alla sua morte. Non solo. Le descrizioni di Polo e la carica suggestiva del suo Milione hanno guidato la penna del monaco camaldolese fra Mauro, che intorno alla metà del XV secolo si è dedicato alla realizzazione di un planisfero con il quale è stato definito il mondo alla vigilia della scoperta dell’America. Oggi il nome di Marco Polo è l’effige dell’aeroporto di Venezia, di un asteroide, e la sua leggenda ha ispirato e ispira chiunque guardi all’orizzonte alla ricerca di un briciolo di evasione. Forse è proprio per questo che intorno alla sua figura sono nate numerose controversie - ad oggi definitivamente sfatate grazie a un certosino lavoro storiografico. Per lungo tempo, infatti, è circolata l’idea che Marco Polo potesse non essere mai arrivato in Cina. Gli stessi parenti più vicini non vollero credere all’incredibile viaggio di

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Un’immagine tratta dal “Libro delle Meraviglie”, mostra Marco Polo a 17 anni, tra suo padre e suo zio, al momento della partenza da Venezia

tesi che sono state abilmente fugate, a sostenere che il padre di tutti i viaggiatori fosse nativo dell’isola di Curzola (l’odierna Korčula croata), dove invece Marco viene esclusivamente catturato dai genovesi a seguito della sonora sconfitta veneziana del 1298. Le peripezie che costellarono la sua vita imposero a Polo un matrimonio tardivo, in età più che avanzata: nel 1300 si unì a Donata Badoer, ricca e “patriziata” figlia di mercanti veneziani dalla quale ebbe tre figli. Fantina, la primogenita, trascorse la sua vita riproponendo in termini legali il tormento dell’immaginifico viaggio del padre: il marito, Marco Bragadin, la privò di tutti i beni del padre e solo alla sua morte Fantina riuscì, peraltro appellandosi alla magistratura veneziana, a riottenere il possesso

e non quindi al grifone mitologico -, il veneziano sostiene misurasse ben novanta palmi umani. Marco Polo, con quel volto barbuto meditabondo che dal 1982 al 1995 ha firmato le diffusissime banconote da mille lire, è stato dunque un esploratore, un viaggiatore, un ispiratore ma - e questo forse grazie al contributo di Rustichello - anche una sorta di “protosociologo” capace di portare nell’occidente uno spaccato degli usi e dei costumi di una società remota come quella orientale. Polo è un personaggio indelebilmente legato alla grandezza e all’idea di magnificenza che ispirava e tuttora ispira la Repubblica di Venezia del tardo medioevo, quando il suo prestigio richiamava nella penisola italica viaggiatori e mercanti da tutto il mondo.

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Personaggi

Personaggi

Ritratto di Antonio Vivaldi

Antonio Vivaldi

A

ntonio Vivaldi, il prete rosso dell’arte musicale italiana, è uno dei compositori italiani più celebri a livello mondiale, ma allo stesso tempo si tratta di un personaggio e di un italiano la cui biografia presenta numerosi punti oscuri e momenti di profondo decadimento. Uno dei misteri della vita di Vivaldi è senz’altro rappresentato dalla sua sconosciuta malattia. Lo stesso Vivaldi l’ha definita a più riprese una “strettezza di petto”, probabilmente ricollegabile alla ‘strictura pectoris’ nei termini in cui la definiva la medicina dell’epoca. Il compositore veneziano era quasi certamente affetto da una forma di asma al tempo sconosciuta, che ha profondamente segnato la sua vita. Antonio Vivaldi, comunque, fu un prete nel vero senso della parola: ordinato nel 1703, a questo virtuoso membro del clero italiano dalla folta capigliatura rossiccia è stato affibbiato il nomignolo di ‘rosso’. Eppure è proprio il suo misterioso deficit a impedirgli l’esercizio del ministero, al punto da spingerlo a dedicarsi alla sua più grande passione, la musica, iniziata sotto l’egida del padre, un violinista della cappella di San Marco, e del suo maestro di cappella Legrenzi. La sua vita artistica è stata profondamene legata all’Ospedale della Pietà, una delle quattro scuole veneziane di musica dedicate a pulzelle orfane e bastarde. È l’Ospedale il punto di contatto con Rousseau, che nelle Confes-

sioni elogia l’istituzione veneziana dell’Ospedale, luogo in cui queste ragazze potevano dedicarsi esclusivamente alla musica sotto l’ala protettrice dei migliori maestri in circolazione. La disinformazione su Vivaldi è grande, anche a causa di una svalutazione messa in atto dalla sua stessa città in epoca a lui contemporanea. Eppure al di là dei suoi 443 concerti, egli è anche compositore di arie, cantate, composizioni sacre e una cinquantina di opere teatrali. Il Vivaldi operista non sarà mai completamente accettato nella sua città, nonostante nel periodo di maggior successo del compositore, Venezia sia la patria dell’opera. Intorno agli anni ‘20 del Settecento, dunque, il prete rosso diede il via a un periodo piuttosto movimentato della sua vita, durante il quale diresse cappelle prestigiose e si esibì addirittura a Roma alla presenza del papa. Tra il ‘24 e il ‘25 c’è l’ennesimo mistero della vita di Vivaldi: il compositore sparì da Venezia e dai registri dell’Ospedale e di lui si perse ogni traccia. Il vero dramma, a ogni modo, si consumò negli anni a venire, fino all’apogeo negativo del 1740, quando lasciò Venezia per Vienna, dove morì l’estate dell’anno successivo. Qualche mese prima della partenza il politico e filosofo Charles de Brosses incontrò Vivaldi e trasse da quegli episodi l’impressione di un talento straordinario con ancora tanto da donare al mondo; ma in alcune settimane di permanenza a Venezia de Brosses realizzò il processo di svalutazione di Vivaldi in atto nella laguna, un processo che investiva la stessa città. Tutto era cambiato, Venezia preferiva musici di moda come Hasse, o quanti erano pronti a scrivere per il pubblico e per la piazza. Vivaldi invece scriveva nella sua ‘strettezza di petto’ e questi si percepì anche quando, a 62 anni, si diresse a Vienna dove avrebbe ricevuto il riscontro grato di Carlo VI. Un altro legame, oltre a quello con personaggi come Rousseau o de Brosses, è quello che legò a doppio filo Vivaldi e Johann Sebastian Bach, uno dei maggiori responsabili del successo dei concerti di Vivaldi a livello internazionale. Eloquente a tal proposito la lacuna di Bach, che tralasciò di scrivere il nome Vivaldi in tanti, troppi concerti, trascritti per clavicembalo e altri strumenti. La questione e l’ingiustizia nei confronti del compositore italiano arrivarono al punto che mentre Bach venne ritenuto profondo dalla critica, il prete rosso rimase per lungo tempo un minore, italiano, provinciale, superficiale. L’apoteosi di questa linea critica esplose con Wilhelm Joseph von Wasielewski, violoncellista e critico ottocentesco, il quale sostenne che Bach, pur copiandolo, nobilitò Vivaldi. Vivaldi partì e abbandonò la Pietà proprio quando ormai l’Ospedale aveva raggiunto il vertice e a Venezia era notorio che qui vi fossero le migliori musiciste. Lasciò una città presa dalle mode che non lo riconosceva più, che non ne intendeva la scrittura, le centinaia di concerti, il contributo dato alla formazione di tanti giovani. Venezia non riconosceva più se stessa.

Riccardo Muti

Il concerto di Vivaldi “le Quattro Stagioni”

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Lago di Misurina, Auronzo di Cadore (BL)

il Territorio veneto

Notturno dolomitico

I

l territorio del Veneto è costituito principalmente da pianure, che coprono più della metà della sua estensione, e da zone montuose, visto che sono proprio i contrafforti alpini a chiudere il suo confine a nord. Proprio qui, spiccano i gruppi montuosi alti più di tremila metri come il Cristallo, le Tofane, le Tre Cime di Lavaredo e la Marmolada. La fascia prealpina si estende con continuità dal Garda fino al confine con il Friuli, mentre il passaggio da questa zona a quella costituita dalla pianura è segnato da una fascia più o meno larga di rilievi collinari che si trasforma poi in area pianeggiante, per vasti tratti interessata da zone lagunari, soprattutto verso la costa, dove sfociano il Po e il Tagliamento. Oltre alla suggestiva bellezza del paesaggio lagunare però, c’è anche da sottolineare il prorompente sviluppo industriale a cui si accompagnano i due maggiori problemi ambientali della regione. Il primo è quello sicuramente “storico”, cioè della salvaguardia della Laguna Veneta. L’altro, molto più recente, è quello del deterioramento del paesaggio rurale della pianura, a causa della congestione edilizia, il traffico e l’inquinamento. È per questo motivo che, in anni recenti, si è posta la necessità di una rigorosa tutela del territorio che ha portato all’istituzione del Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi, di alcuni parchi regionali a tutela delle diverse zone ambientali (come i Colli Euganei, il delta del

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Isola di Garda

Po, le Dolomiti d’Ampezzo, il fiume Sile) nonché la creazione di riserve naturali statali. Ciò nonostante, il territorio protetto corrisponde solo al 5% di tutta la superfice regionale, una proporzione che risulta inadeguata se si tiene conto della ricchezza di ambienti naturali diversi che la regione presenta, di grande importanza anche a livello nazionale. Il Veneto racchiude anche molti specchi d’acqua: dai più piccoli come quello di Santa Croce, del Mis, del Corlo passando per il Lago di Misurina fino ad arrivare al Garda. Sono dei veri e propri paradisi per la vela, il parapendio, il windsurf ma anche per il trekking e il nordic walking, e offrono anche interessanti scorci paesaggistici e attrattive socio-culturali oppure, come nel caso di Misurina e grazie alle particolari caratteristiche climatiche, vengono scelti da chi soffre di patologie respiratorie. Proprio nei pressi del Lago di Misurina si trova l’unico centro in Italia per la cura dell’asma infantile. Quello del Garda è però il più famoso grazie alla presenza di un paesaggio dolce dominato dai borghi che sorgono lungo la sponda orientale e che sembrano avvolti da un’atmosfera quasi malinconica e sognante. Una terra questa che profuma del verde degli ulivi e del giallo dei limoni. Il Parco del Delta del Po costituisce la più vasta area umida d’Italia (dichiarata dall’Unesco patrimonio dell’umanità), dove s’incontrano acque dolci e marine, formate dalle

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Dolomiti, Gran Lagazuoi e Le Tofane

varie sedimentazioni del fiume e fortemente segnata dall’opera dell’uomo, che nei secoli ha tentato di irreggimentarne le acque e bonificarne i terreni. Alla valorizzazione del patrimonio naturale sono preposte anche le comunità montane, che spesso contribuiscono alla salvaguardia della cultura tradizionale. Quella dell’Alpago, per esempio, è particolarmente attiva nella conservazione della caratteristica edilizia rurale e dei tipici villaggi un tempo abitati dai Cimbri; mentre la Comunità Montana della Lessinia gestisce dal 1990 l’omonimo Parco Regionale. In particolare, le Dolomiti bellunesi hanno ottenuto nel 2009 il riconoscimento Unesco di Patrimonio dell’Umanità perché considerati tra i paesaggi di montagna più spettacolari del mondo. Estese su una superficie di 141 ettari dove si concentrano ben diciotto vette oltre i tremila metri. Queste Dolomiti devono il loro prestigioso riconoscimento alla combinazione di valori geomorfologici e geologici che ne fanno un luogo di importanza mondiale. Pareti verticali, profonde rupi, lunghe valli, pinnacoli e ghiacciai contraddistinguono questi luoghi formatisi in seguito a intensi processi dinamici. Merito delle nevicate eccezionali degli ultimi due inverni che hanno lasciato un bilancio glaciologico estremamente positivo a fine estate 2014. Sono questi i primi dati della campagna condotta dalla Regione Veneto per aggiornare il

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“catasto” dei ghiacciai che ha permesso, tra le altre cose, anche di catalogare e descrivere con foto aeree ben ottanta siti glaciali. È anche per questo motivo che le vette sono la meta preferita di esperti alpinisti ma anche di semplici amanti della montagna grazie, soprattutto, ai servizi di prim’ordine offerti dagli incantevoli rifugi nascosti tra i picchi. Per esempio, tra le Dolomiti ampezzane citiamo il Rifugio Croda da Lago, situato ai piedi del versante orientale dell’omonimo monte sulle sponde del lago Fodera. Il rifugio fu costruito nel 1901 ed è attualmente gestito da una famiglia del luogo che accoglie i viaggiatori da giugno a settembre e nei fine settimana invernali. Si raggiunge facilmente con gli sci o le ciaspole in inverno, oppure a piedi o in mountain bike d’estate, ed è anche tappa dell’Alta Via 1, uno dei percorsi trekking più famosi della zona. A pochi chilometri da Moena sorge il Rifugio Fuciade molto gettonato soprattutto grazie al suo lato gastronomico, apprezzato sia dai veneti che dai turisti. Il panorama qui è degno di nota, visto che la struttura è circondata su due lati dalle rilucenti cornici dolomitiche. L’ambiente interno è naturalmente caratteristico ma, come dicevamo, è la cucina a farla da padrona in questo gioiello ai piedi del Monte Uomo: rispettosa della tradizione ma, allo stesso tempo, ricercata. Della sua storia si sa che venne costruito negli anni ’60 da tre sacerdoti che lo avevano dato in gestione affinché fosse adibito a piccolo ristoro alpino per chi passava di là nei mesi estivi. Oggi la struttura è gestita dal nipote di uno di questi sacerdoti che ha saputo trasformare il rifugio in qualcosa di unico. Proprio il Veneto custodisce gelosamente le Tre Cime di Lavaredo, le cime più famose delle Alpi, nelle Dolomiti di Sesto, considerate tra le meraviglie naturali più note nel mondo dell’alpinismo. Le prime ascensioni delle tre vette avvennero fra il 1869 e il 1881 lungo i più articolati versanti meridionali, che si specchiano nel lago di Misurina. Il primo salitore fu il viennese Paul Grohmann, che legò il suo nome anche alle ascensioni delle altre due vette e in particolare della Cima Piccola. Negli anni precedenti alla Prima Guerra Mondiale, Angelo Dibona e Paul Preuss furono i protagonisti di alcune memorabili imprese di ascensione. Ma quella più emblematica fu quella del 1933 ad opera del triestino Emilio Comici e dei cortinesi Giuseppe e Angelo Dimai che portarono a termine il percorso sulla strapiombante parete nord della Cima Grande, per lungo tempo ritenuta inaccessibile.

Lago di Misurina

Lago di Garda, Punta San Vigilio

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territorio

L

a laguna di Venezia, la cui formazione risale addirittura all’era glaciale, è stata per molto tempo, e per certi versi è ancora, una regione molto instabile. Il livello del mare, allora come adesso, era soggetto a pericolose variazioni che hanno cancellato le tracce di quelli che, secondo molti esperti, erano i numerosi insediamenti della zona. La particolarità della laguna consiste principalmente nel fatto che, trovandosi al limitare settentrionale di un mare chiuso, questa è soggetta a sensibili variazioni del livello dell’acqua, con conseguenze come l’acqua alta, o persino fenomeni di bassa marea che possono rendere impraticabili alcuni canali.La laguna di Venezia è un importante sito che dal 1987 ricade sotto il patrocinio dell’UNESCO come patrimonio mondiale dell’umanità. Questo significativo lembo di costa adriatica, la cui giurisdizione ricade quasi esclusivamente sulla provincia di Venezia, è gestito attraverso le bocche di porto, un tempo assai numerose ma ridotte nel corso dei secoli a tre: Lido-San Nicolò, Malamocco e Chioggia. L’uomo ha da sempre operato modifiche sul territorio lagunare, a partire dall’antichità fino ad arrivare

perpendicolarmente per favorire la formazione di bassifondi e di tratti di spiaggia. A partire dal 2003, invece, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, di concerto con l’amministrazione veneta, sta lavorando a una soluzione ‘definitiva’ dell’annoso problema dell’acqua alta, attraverso una mastodontica opera di geoingegneria, l’ormai famoso progetto Mose (MOdulo Sperimentale Elettromeccanico). L’idea centrale del Mose è quella di proteggere la laguna attraverso la realizzazione di una serie di paratoie mobili a scomparsa in corrispondenza delle tre bocche di porto attualmente operative. L’obiettivo è isolare la laguna dal mare durante l’alta marea per evitare i fenomeni di acqua alta attraverso il continuo monitoraggio dei livelli e del riempimento della laguna. Si tratta di un intervento di rinforzo del litorale a grande impatto, che si prevede possa resistere a maree fino a 3 metri. I cantieri, attivi ormai da oltre dieci anni, dovrebbero aver raggiunto ormai la fase conclusiva dei lavori, ma l’inchiesta anticorruzione che ha travolto l’amministrazione veneziana ha imposto una battuta d’arresto. Nonostante tutto, sembra che il Mose sarà

territorio Politica

la Laguna ai giorni nostri, il che non risulta strano se si pensa che nella parte marittima della laguna, e quindi lontano dalla terraferma, vivono ad oggi circa 120.000 abitanti suddivisi tra il centro storico di Venezia, quello di Chioggia e tutte le isole che costellano con le loro singolari strutture il territorio lagunare. Oltre alla gestione delle bocche di porto, che di fatto regolano l’accesso del mare nella laguna, nel Settecento in tutta la laguna sono state edificate delle scogliere artificiali, i murazzi, che hanno dato vita a una diga in pietra d’Istria di grande importanza non solo per la difesa della laguna, ma anche come habitat per numerose specie flogistiche come il finocchio marittimo, o per molluschi e crostacei. I murazzi, nonostante il loro valore storico, hanno dato segno nel corso del tempo di non poter arginare definitivamente il problema del livello dell’acqua: vennero danneggiati dalle numerose mareggiate del 1825, ma anche e soprattutto da quelle del 4 novembre 1966, quando cedettero e si verificò un’eccezionale acqua alta che sommerse la città di Venezia. Recentemente, infatti, sono stati integrati con una serie di pannelli frangiflutti, posti 42

operativo a partire dal 2017, a 14 anni, dunque, dal suo inizio. Le grandi opere di salvaguardia della laguna vanno oltre lo sbalorditivo aspetto paesaggistico che ha attirato nei secoli scorsi pittori, scrittori e artisti da tutto il mondo: nella laguna il tempo e le particolari condizioni ecologiche hanno dato vita a un ecosistema unico, ben diverso da quello presente nel mare aperto, che ha permesso lo sviluppo di specie come la schìa, un gamberetto lagunare molto ambito a livello gastronomico. Ormai celebre nell’immaginario collettivo la barena, sedimenti di limo e argilla molto caratteristici e diffusi in tutta la laguna, che emergono dall’acqua e sono attraversate dai ghebi, fitti canali ricoperti da una vegetazione bassa. La striscia di terra che protegge la laguna è uno scrigno che racchiude numerosi segreti e un numero considerevole di isole che hanno reso celebre questo splendido specchio d’acqua marittima tra i più vasti di tutta Europa e, senza ombra di dubbio, uno dei più singolari dell’intero globo, tanto da attirare un numero spropositato di turisti ogni anni e da vantare un altrettanto importante numero di tentativi di imitazione. 43


prima dell’avvento della civiltà romana; grazie ad una presenza capillare e di alta qualità di alberghi, Abano Terme è in grado di accogliere un notevole afflusso di turisti attratti anche da quello che viene descritto da molti, grazie alla presenza di un paesaggio mozzafiato, come il “paradiso del trekking”. Lo stesso si può dire di Montegrotto, una ridente località situata nel Parlo Regionale dei Colli Euganei. Le acque qui sgorgano dalle sorgenti ad una temperatura di 85 gradi e sono del tipo salsobromoiodiche radioattive. Ogni hotel qui dispone di un proprio centro termale con un reparto di fangobalneoterapia. Ciò significa che l’ospite accede al centro in accappatoio direttamente dalla propria camera, con ascensore dedicato, senza dover uscire dall’hotel. La balneoterapia termale è particolarmente indicata per la stimolazione della circolazione sanguigna mentre le terapie inalatorie hanno spiccate capacità riparatorio e normalizzanti contro i disturbi dell’apparato respiratorio grazie all’acqua salso-bromo-jodica. A pochi chilometri da Abano e Montegrotto, più appartate ma non meno accoglienti, ci sono poi Galzignano Terme e Battaglia Terme, due località dove relax e sport

le Terme

…Il suolo molle ansima e racchiusa sotto la pomice ribollente l’onda scava vie screpolate. Nel mezzo come un mare che ribolle per largo tratto, si estende un lago azzurro, con grandissimo giro, che occupa un enorme spazio…” Descriveva così le Terme Euganee Claudio Claudiano, poeta di origine alessandrina. Fin dall’antichità, infatti, le esalazioni sulfuree di questa terra venivano considerate un dono divino, essendo addirittura venerate con offerte. Fu solo con l’arrivo dei Romani che il lago di Montegrotto perse la sua aurea sacra per trasformare il piccolo villaggio circostante in una grande località termale. I primi studi scientifici sulle potenzialità curative e sulla composizione delle acque avvennero però in epoca moderna, a partire dal 1700, quando il loro utilizzo a scopo terapeutico portò all’inserimento di queste terme nel novero delle più famose ed apprezzate in tutta Europa. La loro tradizione è quindi invidiabile grazie anche alla qualità dei servizi offerti: le Terme Euganee infatti, racchiudono anche Abano Terme, Montegrotto Terme, Battaglia Terme e Galzignano Terme. La prima è una famosa località in provincia di Padova che deve tutto al potere benefico delle sue sorgenti. Da queste sgorgano acque ipertermali conosciute e apprezzate ancor

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diventano l’abc di ogni singolo soggiorno. Qui le acque, grazie al calore e alle proprietà benefiche, agiscono sul benessere globale del corpo e vengono raccolte nelle più grandi piscine, interne ed esterne, di tutta Europa. Ad ovest delle Terme Euganee, in provincia di Verona, troviamo le Terme di Colà Laziese, inserite nello splendido contesto del Lago di Garda. Nell’immenso Parco della Villa dei Cedri le acque termali di Lazise hanno la particolarità di sgorgare esattamente alla stessa temperatura del corpo umano e di venire smistate in piscine termali e piccoli bacini molto caratteristici. Questa veloce fotografia delle terme venete ci porta infine alle Terme di Recoaro, che sfruttano le acque bicarbonato-alcaline provenienti dalle pendici delle Piccole Dolomiti, mentre al capo opposto del Veneto, in provincia di Venezia, sono da segnalare le Terme di Bibione, inserite tra la Laguna e una vasta distesa di pini. Com’è noto, Bibione è anche una notissima località balneare e quindi molto appetibile per chi vuole approfittare di un soggiorno termale completo e rilassante da abbinare alla visita della magia Serenissima. 45


Le province Venezia

Padova

Rovigo

Vicenza

Treviso

Belluno

Verona

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Venezia

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49 Venezia, Isola di San Giorgio


Basilica di San Marco

venezia

N

on basterebbero tutti gli aggettivi del mondo per descrivere la bellezza di Venezia, la più affascinante città che esiste sulla terra. Dire che è fantastica, splendida e magnifica, non è sufficiente. Bisogna vederla per riuscire ad apprezzarla. Sotto il sole cocente dell’estate o nella fredda bruma dell’inverno, con la nebbia o con la neve, di sera dopo il tramonto con la luna che si riflette nelle acque dei canali, Venezia ti darà mille sensazioni diverse ma tutte ugualmente vibranti, emozioni che rimarranno per sempre impresse nella memoria. E’ una città unica al mondo, così elegante, raffinata e dolce, come solo lei riesce ad esserlo: è Venezia. Tutti questi eccitanti sentimenti si possono notare negli sguardi dei viaggiatori che vi approdano per la prima volta. Rimangono incantati, increduli, estasiati di fronte a tanta meraviglia, quando dalla stazione di Santa Lucia o dal piazzale Roma s’imbarcano sul vaporetto per il Canal Grande. La visione è surreale: solo per il fatto di essere in una città priva di automobili, di parcheggi, di semafori, di rumori assordanti, ti fa rimanere incredulo. E poi la scoperta di San Marco, del Palazzo Ducale, della Basilica e delle lunghe Procuratie Nuove: c’è di che rimanere abbagliati da tanta bellezza. Ma anche il camminamento attraverso le strette calli, mentre una coppia in gondola scivola sull’acqua sfiorando i piccoli ponti, non è privo di fascino: è la Venezia più autentica, di chi vive e abita nella città lagunare. Purtroppo l’enorme afflusso di turisti nel periodo estivo, la soffoca, la insudicia e la logora. Per questo motivo, Venezia è molto più bella d’inverno, con le calli e i campielli pressoché deserti, con la nebbia che la avvolge in un magico silenzio o col vento pungente che attraversa indisturbato la grande piazza San Marco.

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Venezia, Punta della Dogana

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venezia

Tutto il mondo deve contribuire a salvaguardare Venezia, come un’opera d’arte preziosa da lasciare integra alle future generazioni. Oggi la città si spopola a causa delle difficoltà dovute alla lentezza dei trasporti e alla mancanza dei servizi che mal si conciliano con la vita frenetica dei nostri giorni. Per questo motivo, le giovani famiglie hanno scelto di vivere a Mestre, la città veneziana di terraferma, dove tutto è più semplice e facile. In laguna, i palazzi patrizi e le ville sono rimasti come fantasmi che testimoniano, in modo malinconico e romantico, quella che un tempo fu la Venezia gioiosa, allegra e spensierata del secolo diciottesimo, quando per la frivolezza dei suoi costumi e per l’attrattiva del suo famoso carnevale, tutto era occasione di feste. La processione del Corpus Domini era impareggiabile per la ricchezza dei costumi, la profusione dei fiori, la quantità di ceri, il riflesso dei colori.

Venezia, la Sala del Maggior Consiglio a Palazzo Ducale

Venezia, veduta notturna della Chiesa della Salute con la Punta della Dogana

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Durante le feste e i balli, i palazzi erano decorati con tappezzerie straordinarie e sontuosi broccati di velluto e oro. I patrizi facevano a gara a stupire gli invitati col lusso degli abiti e dei gioielli, mentre una febbre che oggi definiremmo del “sabato sera” pervadeva tutta la città intera. Un tale gusto del piacere, una ricerca così raffinata dell’edonismo, non poteva che sfociare in una profonda corruzione morale, cominciando dal vizio del gioco e dalla frequentazione delle numerose cortigiane. Cosa rimane di tutto questo? La testimonianza dei pittori che hanno saputo ritrarre la vita fastosa della Serenissima, come tanti scatti fotografici dell’epoca, e degli scrittori che hanno amabilmente descritto questa città meravigliosa. Ancor oggi, visitando Venezia, è come tuffarsi indietro nel tempo, tanto è rimasta intatta l’atmosfera del bel tempo che fu.

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Venezia, museo di Storia Naturale

MUSEI veneziani

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l Veneto è una terra ricca di sfumature, colta e semplice, agricola e industriale, montana e marina, dalle Alpi bellunesi alla laguna di Venezia, dai vigneti del trevigiano al Polesine di Rovigo, offre paesaggi e caratterizzazioni estremamente variegati. Conquistatrice, al tempo della Repubblica marinara di Venezia, conquistata, sotto l’Impero Asburgico fino alla Grande Guerra. La sua storia, i suoi contrasti, la sua forza, i suoi paesaggi la rendono una terra unica che merita di essere ben che visitata solamente, vissuta. I suoi musei, storici e stravaganti, moderni e originali, sono uno strumento efficace e puntuale per chi voglia conoscere veramente questa regione. Dal Sud al Nord ci sono numerose strutture di rinomato interesse museale. Tra queste senz’altro il Museo dei Grandi fiumi, a Rovigo: situato in un ex monastero è dedicato all’evoluzione di una civiltà sorta tra le sponde dei due più grandi fiumi italiani (Po ed Adige) in quello spicchio di terra paludosa dall’ecosistema unico chiamato Polesine. Riporta analogie con le evoluzioni delle popolazioni europee sviluppatesi sulle rive dei grandi fiumi nel vecchio continente. Città come Verona, poi, sono veri e propri musei a cielo aperto. La città, considerata patrimonio dell’umanità dall’UNESCO, è famosa anche come palcoscenico per le tragiche vicende di Montecchi e Capuleti di Shakespeariana memoria, quanto per il suo anfiteatro romano ed è proprio a lato dell’anfiteatro che, nella sede quattrocentesca del convento dei Gesuiti, si trova il Museo Archeologico del teatro

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romano che offre una vasta esposizione di reperti archeologici di epoca romana, etrusca e del bronzo. Vale la pena di visitare questi luoghi anche soltanto per il convento che lo ospita, degno oltremodo di una visita. Impossibile non citare Padova, città universitaria per eccellenza, famosa per il suo Santo protettore che dà il nome alla splendida basilica del XIII secolo. Proprio la monumentale basilica ospita il Museo Antoniano, ricco di dipinti, sculture e capolavori del Mantegna. Merita una visita, specie da parte dei più giovani (ma anche dei loro genitori) il Museo del Giocattolo: sempre aperto, gratuito, offre una vasta collezione di giocattoli da fine ‘800 agli anni ’50, di alto valore artistico e artigianale. Con le console più moderne, dell’ultimo ventennio, è possibile una esperienza interattiva solitamente molto gradita ai più giovani. A Nord c’è Vicenza, la città del Palladio, autore di numerose architetture disseminate per la città nel tardo rinascimento, peculiarità insigne questa, poiché rende Vicenza città patrimonio dell’umanità dell’UNESCO.

Venezia, Cà Rezzonico

Tra i tanti luoghi di interesse storico e architettonico svetta poi il Museo del Risorgimento e della Resistenza, situato sul colle Ambellicopoli nella Villa Guiccioli, è circondato da un vasto giardino all’inglese. Il museo è ricco di documenti e memoriali di personaggi che hanno fatto la storia d’Italia e anche d’Europa. C’è aria di cultura anche nella vinicola e industriale provincia di Treviso, città dall’altissimo tenore di vita. Gradevole e tranquilla, visitandone il centro non si può tralasciare il Complesso di Ca’ da Noal, un assembramento di edifici medievali al cui interno sono state ricreate le antiche ambientazioni. Bombardati nel ’44, sono stati ricostruiti e restaurati, ora ospitano anche mostre d’arte. Muovendoci verso est, giungeremmo infine a Venezia, capoluogo della regione e città unica al mondo. Il più classico dei musei en plain air, con i suoi canali, le sue calle, la Basilica di San Marco e la Giudecca, il suo ponte di Rialto e il suo Canal Grande. La scelta di musei da visitare qui è più vasta che altrove ma uno tra i più 56

Venezia, Scuola Grande di San Marco

imperdibili è sicuramente il Ca’ Rezzonico, il più famoso palazzo di Venezia. Si affaccia direttamente sul Canal Grande, iniziato nel 1667 venne terminato dopo varie peripezie, soltanto nel 1758, quasi un secolo dopo; sede del Museo del settecento veneziano, oltre a ricostruire ambienti dell’epoca dei Dogi, ospita anche importanti opere pittoriche. Belluno, il più piccolo dei capoluoghi del Veneto, è uno scrigno prezioso; unica è la sua provincia che ospita Cortina d’Ampezzo e altri meravigliosi gioielli incastonati nelle Alpi. I suoi Musei civici sono il giusto compendio alla visita di una città che è già museo storico se stessa per connotazione naturale. In ultimo vogliamo consigliare, nel nostro ipotetico viaggio per i musei veneti, tra gli innumerevoli non menzionati ma ugualmente meritevoli di essere visitati, il Museo dell’Automobile Luigi Bonfanti-Vimar a Romano d’Ezzelino (ma attenzione, tra due anni, verrà trasferito nella vicinissima Bassano del Grappa): unico in Europa con mostre monotematiche riguardanti le automobili che ogni sei mesi rinnova totalmente i temi espositivi.

Venezia, Cà Rezzonico

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Palazzo Ducale, Venezia

Ville & Palazzi

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i rado un palazzo o una villa sono rappresentativi di una regione e, più estesamente dell’intero nord-est, quanto le ville palladiane e i palazzi veneziani lo sono del Veneto. Le ville palladiane sono un insieme di costruzioni concentrate per la maggior parte nella provincia di Vicenza, progettate e costruite per la maggior parte intorno alla metà del cinquecento dall’architetto Andrea Palladio come residenza per le famiglie più importanti del luogo, aristocratici ed esponenti dell’alta borghesia del tempo. Ventiquattro di queste ville sono state addirittura inserite, tra il 1994 e il 1996, nella lista dei patrimoni dell’umanità stilata dall’UNESCO. Le ville palladiane, a differenza delle ville romane e toscane, non erano destinate unicamente allo svago dei proprietari, ma erano sostanzialmente dei complessi produttivi, in pratica autosufficienti. Circondate da vaste estensioni di campi coltivati e vigneti, le ville comprendevano anche magazzini, stalle e depositi. Di norma presentano ali laterali, le “barchesse” (una sorta di edifici di servizio e divisione), destinate a contenere gli ambienti di lavoro, dividendo razionalmente il corpo centrale, destinato ai proprietari, da quello dei lavoratori, in modo da non sovrapporre le diverse attività. Grazie anche alle descrizioni e ai dettagliati disegni del Palladio presenti nel trattato “i quattro libri dell’architettura” del 1570, le ville palladiane divennero per secoli oggetto di studio per gli architetti europei, che

Villa Pisani, Stra

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si ispirarono ad esse. Spesso negli ultimi anni le opere del Palladio sono state però minacciate dal cemento che non sembra fermarsi neppure di fronte a tanta bellezza e tanta storia: basta ricordare le petizioni dei cittadini che si sono schierati contro l’edificazione di una serie di costruzioni vicinissime a un complesso di ville nei pressi della cittadina di Negrar o contro la costruzione della Superstrada Pedemontana Veneta nei pressi della meravigliosa Villa Agostini Tiretta. Per ora le battaglie sembrano vinte da chi ha a cuore le ville, speriamo possa essere lo stesso di fronte alla costruzione di opere enormi come il possibile collegamento futuro Orte-Mestre. È altresì impossibile parlare dell’architettura veneta senza citare i favolosi palazzi del suo capoluogo, soprattutto quelli che affiancano il più grande e più importante dei suoi canali: il Canal grande. Questi edifici maestosi per la maggior parte edificati nei secoli tra il XII e il XVIII sono uno dei simboli dello sviluppo economico e culturale della Repubblica di Venezia. Inizialmente, prima delle contaminazioni dovute principalmente ai commerci e all’adozione di stili bizantino, gotico e barocco, le costruzioni sul canale erano pensate come case-fondaco, cioè costruzioni in grado di essere sia l’abitazione del mercante che il suo magazzino. La costruzione delle stesse avveniva secondo degli schemi costruttivi standard: al piano terra un ampio portico aperto sull’acqua permetteva lo scarico delle merci dalle navi, sul portico si apre un androne centrale fiancheggiato da magazzini, al primo piano una larga loggia affaccia su un ampio salone sul quale si aprono le stanze del mercante. I due più antichi (e forse celebri) esempi di questo genere di architettura sono il Fontego dei Turchi - una delle più celebri costruzioni della laguna, magnificamente restaurato nel 1870 – e il Fondaco dei Tedeschi, adiacente al Ponte di Rialto. Risalenti al periodo dello stile bizantino sono i due edifici in cui è situato il municipio: Ca’ Farsetti e Ca’ Loredan, mentre celeberrimi esempi del gotico veneziano possono essere riscontrati in palazzo Ducale, Ca’ Foscari, ora sede dell’Unversità e nel celeberrimo museo della galleria Franchetti, nota come Ca’ d’Oro. Spesso paragonato proprio a Ca’ d’Oro per fascino e stile è il celebre palazzo edificato nel 1479 dall’architetto Pietro Lombardo per il noto mercante e segretario ducale Giovanni Dario, noto appunto come Palazzo Dario. Oltre che per la sua bellezza, questo edificio è noto per la singolare leggenda che lo circonda: infatti moltissimi tra i proprietari del palazzo sono stati protagonisti di suicidi o di morti violente in circostanze sfortunate e tragiche. Addirittura in epoca molto recente il palazzo si è ritrovato al centro delle cronache per il suicidio del celebre finanziere Raul Gardini, che da poco aveva acquistato la residenza. Di recente una società ha acquistato e restaurato il palazzo per conto di un anonimo investitore che evidentemente non è superstizioso.

Palazzo Cavalli, Venezia

Palazzo Grassi, Venezia

Villa La Rotonda, Vicenza

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Misteri VENEZIANI

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enezia è una città densa di storia. Con la storia, si sa, è inevitabile far confusione tra ciò che è davvero accaduto e ciò che invece è il precipitato fantastico della cultura popolare. La Serenissima ha radici molto remote e multietniche, e ciò rende inevitabile che tra i suoi canali si affollino storie, più o meno veritiere, letteralmente da brivido. Piccoli misteri che conferiscono alla città un aspetto, se possibile, ancora più esotico e accattivante. A metà tra mito e realtà è la storia di Giuseppe Zolli. Nei giardini napoleonici, oggi sede centrale della Biennale di Venezia, spicca una celebre statua di Giuseppe Garibaldi, eroe dei due mondi mitizzato in ogni angolo d’Italia. Chi visitasse i giardini potrebbe scorgere, proprio alle spalle di Garibaldi, in una posa non esattamente artistica, la statua di bronzo di un soldato risorgimentale che osserva torvo i passanti con le braccia conserte. Sembra quasi intimare ai passanti di non avvicinarsi troppo all’eroe italiano, ma perché? Giuseppe Zolli, un accanito garibaldino nato a Venezia, classe 1838, sembra avesse giurato a Garibaldi in persona che gli avrebbe guardato le spalle in eterno, sia da vivo che da morto. Nel 1921, vicino alla statua di Garibaldi, comparve un fantasma in camicia rossa che molestava i passanti con sgambetti e strattoni. Era proprio il fantasma di Giuseppe Zolli che perseguiva il Statua di Giuseppe Zolli

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suo intento di proteggere il condottiero barbuto da chiunque gli si avvicinasse. Fu così che, per accontentare lo spirito fedele di Zolli, venne posizionata una guardia del corpo bronzea con le sue fattezze proprio dietro la statua di Garibaldi. L’escamotage ebbe successo, perché da quel momento lo spirito dispettoso non si è più fatto ‘percepire’, sebbene sia comunque sempre presente alle spalle del suo generale per proteggerlo per l’eternità. Più colorita, e allo stesso tempo grottesca, la leggenda dei mercanti pietrificati di Palazzo Mastelli (o del Cammello). L’edificio, ubicato a Cannaregio, una delle zone più pittoresche di Venezia, era la dimora di Rioba, Santi e Alfani. Questi erano dei mercanti provenienti dalla Morea, nel Peloponneso, che vissero tra queste mura intorno al 1110. L’edificio oggi è arricchito da statue poste agli angoli del campo e nella fondamenta, ma la leggenda sostiene che le statue sarebbero gli stessi mercanti, pietrificati a causa della loro immoralità e disonestà. Misteriose, ma tangibili a tutti gli effetti, sono le due lampade votive che è possibile osservare sul lato a sud della basilica di San Marco, tra i due archi del piano superiore. Accesi da secoli dal crepuscolo all’alba, questi lumi sono dedicati al “povero fornareto”: si narra che una mattina presto Pietro Tasca, che di mestiere faceva il fornaio (fornareto), trovò un uomo morto pugnalato davanti a un portone. Venne subito condannato di omicidio e torturato fino a fargli confessare il delitto non commesso. Fu giustiziato il 22 marzo 1507 tra le due colonne della piazzetta di S. Marco. Subito dopo si scoprì che il vero colpevole era un altro, ma oramai il delitto era stato consumato. In onore di Pietro, quasi per scusarsi della loro incapacità di indaga-

re più a fondo, furono accese due fiaccole. Questo episodio, leggenda o realtà che esso rappresenti, è stato ripreso anche ne Il fornaretto, dramma storico in 5 atti composto nel 1846, con il quale l’autore, Dell’Ongaro, ha cercato sia di ricordare la memoria del povero Pietro Tasca, sia esaltare la grandezza del governo veneziano, che non ebbe paura di affermare di aver commesso un grande errore, eleggendo così l’episodio del fornareto a emblema del mito della Repubblica lagunare. Un insolito quanto spaventoso mistero avvolge invece Ca’ Dario, splendido palazzo affacciato sul Canal Grande commissionato all’architetto Pietro Lombardo nel 1479 da Giovanni Dario come dote nuziale per la propria figlia Marietta. Giovanni Dario, borghese di origini dalmate, svolgeva importanti mansioni per la Repubblica di Venezia: notaio della cancelleria ducale, mercante, segretario ducale nonché salvatore della patria dopo che, sempre nel 1479, riuscì a negoziare un accordo di pace con i turchi. A causa di problemi alle fondamenta, Ca’ Dario è stato definito da D’Annunzio come “una vecchia cortigiana decrepita piegata sotto la pompa dei suoi monili”. La bellezza architettonica di Ca’ Dario, però, si scontra con la sua fama di palazzo maledetto, derivante dal tragico destino che ha accomunato molti dei suoi proprietari. Secondo una presunta maledizione che graverebbe sulla casa, infatti, i proprietari di Ca’ Dario sarebbero destinati a finire sul lastrico o a morire di morte violenta. Dopo la morte di Giovanni Dario, la Casa passò nel 1494 alla figlia Marietta che aveva anni prima sposato il ricco Giacomo Barbaro: l’uomo d’affari subì un tracollo finanziario subito dopo e morì accoltellato. La donna, in seguito a questa crisi, morì suicidandosi. Vincenzo Barbaro, figlio di Giacomo, morì a Creta in circostanze misteriose. Agli inizi del XIX secolo la famiglia Barbaro, che era ancora proprietaria dell’immobile, decise di venderlo ad Arbit Abdoll, un commerciante armeno di pietre preziose. L’uomo non ebbe molto tempo per godersi la nuova abitazione, poiché presto la sua attività fallì miseramente e morì subito dopo. Radon Brown, studioso inglese che acquistò l’edificio, fu uno degli sfortunati che morì misteriosamente insieme al suo compagno in quello che è stato classificato come un suicidio. Charles Briggs, fuggito in Italia con il suo amante perché negli Stati Uniti l’omosessualità era fuorilegge, si suicidò una volta giunto a Venezia e acquistata Ca’ Dario insieme al proprio amante. Tra il 1899 e il 1901 il poeta francese Henry De Regnier visse da ospite all’interno del Palazzo, fino al sopraggiungere di grave malattia che pose termine ai suoi soggiorni veneziani. Agli inizi degli anni Settanta

l’edificio venne acquistato da Filippo Giordano delle Lanze, ucciso da un colpo in testa dal suo amante diciottenne. L’assassino cercò rifugio a Londra, ma morì a sua volta per mano di sconosciuti. Il mistero si infittisce arrivando ai giorni nostri: Christopher “Kit” Lambert, manager del celeberrimo gruppo rock The Who, acquistò Ca’ Dario e morì cadendo dalle scale. Un manager veneziano, Fabrizio Ferrari, acquistò e si trasferì a Ca’ Dario agli inizi degli anni ‘80, ma ben presto ebbe un tracollo economico e sua sorella Nicoletta morì in un incidente d’auto senza testimoni, a pochi metri dalla propria auto capovolta. Poco più di vent’anni fa Raul Gardini acquistò il palazzo per farne dono alla figlia. Fu poco dopo coinvolto in numerosi scandali finanziari e subì pesanti perdite. Morì anch’egli suicida, sparandosi, in circostanze poco chiare: fu trovato morto nella sua casa di Milano, il 23 luglio 1993. Dopo la morte di

Raul Gardini, uno degli ultimi proprietari di Cà Dario

Gardini nessuno volle più comprare Ca’ Dario, al punto che la prima società di intermediazione che aveva ricevuto il mandato per la vendita si arrese e rimise l’incarico. Nel 2002, una settimana dopo aver affittato Ca’ Dario per una vacanza a Venezia, il bassista John Entwistle morì di infarto. Nel 2006 la proprietà passò a una società americana rappresentante un acquirente che preferisce rimanere ignoto ed è attualmente sotto restauro. Le ipotesi in merito a Ca’ Dario sono tante, e nonostante gli scetticismi è difficile non pensare che qualcosa di terribile di annida tra le mura dello splendido palazzo rinascimentale affacciato sul Canal Grande. Se per molti si tratta di una leggenda, altri sono convinti che il palazzo fu costruito su un cimitero dei templari. Leggenda, fatalità o realtà, Cà Dario resta avvolto in un alone di mistero, specchiandosi lugubre nelle acque antistanti del canale più famoso del mondo.

Stefano Di Pino

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un evento da non imitare

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ono scene insolite quelle che negli ultimi anni stanno avendo luogo nella penisola italica. Proprio qui, dove nacquero democrazia e cultura, uomini e donne del mondo che conta decidono di consacrare il loro amore, rendendo démodé i fasti nuziali di Las Vegas. C’è stata una lenta ma inesorabile trasformazione in quel mito americano tanto noto e tanto amato: un tempo era Las Vegas, con le sue luci e i suoi effetti speciali, il parco giochi degli uomini di spettacolo più facoltosi; nel tempo il centro del mondo si è spostato nelle grandi città delocalizzate del medio oriente o del sud-est asiatico, come Dubai o Singapore. Ora il vero parco giochi - o palcoscenico - di attori, personaggi televisivi e abbienti stranieri di tutte le estrazioni è uno solo: l’Italia. Se non è facile datare con esattezza l’inizio di questa trasformazione, è senz’altro possibile sottolineare le stranezze che stanno caratterizzando l’Italia dei nuovi anni ‘10. Sono di grande impatto le scene che hanno visto protagonista Venezia all’alba del matrimonio di George Clooney e l’avvocatessa anglolibanese Amal Alamuddin; la città è stata trasformata nel giro di alcuni giorni in un vero e proprio set del matrimonio, con divi di Hollywood e personaggi famosi che, scesi da motoscafi che neanche in un film di James Bond, si infilano in hotel a sette stelle. La singolarità non sta, com’è ovvio, nella presenza di grandi personalità dello spettacolo, situazione che già ogni anno caratterizza la laguna veneta grazie alla levatura internazionale del festival del cinema. L’amarezza sta forse nel vedere il panorama della laguna veneta sfruttato e svilito da una scaltra manovra pubblicitaria, che per quanto costosa ha comunque permesso ai diretti interessati di risparmiare un bel po’ di soldi rispetto a una campagna pubblicitaria tradizionale. Le titaniche misure di sicurezza pubblica adottate per il matrimonio, probabilmente ben più limitanti di quelle in vigore durante le grandi manifestazioni artistiche della laguna; i tovaglioli alla finestra del ristorante Da Ivo, luogo prescelto per l’addio al celibato; il tendone anti-

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paparazzi all’esterno dell’hotel dove si è tenuto il ricevimento; l’interdizione al transito pedonale nel tratto della Riva del Carbon da Calle Cavalli a Calle del Carbon, compresa Calle Corner Piscopia “dalle ore 12 alle ore 14 o fino a cessate esigenze, del 29/9/2014”, causa matrimonio di George Clooney, come recita l’ordinanza comunale 727 del 25 settembre; era intuibile, anzi, inevitabile che tutto questo finisse sotto i riflettori. E Clooney lo sapeva bene. Con tutta probabilità è stato lo stesso Clooney a gettare ossi alla stampa scandalistica, sempre pronta a seguire le piste lasciate dalle grandi star in ottemperanza al desiderio strisciante di chi legge di sapere quello che il suo idolo fa. E se sfilano Matt Damon, Ellen Barkin, Cindy Crawford, Anna Wintour, Brad Pitt, Angelina Jolie, Sandra Bullock e Bono nella città, c’è George pronto a mettere mani in tasca e finanziare il tutto, usufruendo delle tariffe per privati della Polizia Municipale. Ché tanto, e non è difficile crederlo, saranno sicuramente inferiori alle tariffe di un’agenzia pubblicitaria americana. Così a Ca’ Farsetti l’amico italia-

piacevole per questa campagna? Se la risposta è senz’altro affermativa, resta impossibile non pensare che Venezia, e più genericamente l’Italia, è l’unico posto in cui George Clooney avrebbe potuto disporre della massima apertura a qualsiasi tipo di richiesta. E poi, nonostante il fascino di Parigi, Venezia offre uno scenario unico al mondo, il migliore palcoscenico sul quale recitare il matrimonio del decennio. E così è stato. Non è passato molto tempo poi da quando l’isola di San Clemente è stata scelta dal magnate indiano del ferro Pramod Agarwal per le nozze della figlia Vinita e del suo promesso sposo Muquit, arrivato su cavallo bianco. La spesa? Venti milioni di euro, inclusa l’esibizione di Shakira. Da allora l’isola è diventata un vero business. Venezia è tutta un grande business del ‘sì straniero’, tanto che è possibile addirittura prenotare le location online, con tanto di interprete. D’altronde, quale italiano può permettersi più di sposarsi a Venezia? Pramond Agarwal ha poi fatto il bis, perché se Vinita si è sposata nella laguna di Venezia, non è che Ritika potesse sposarsi in India. È così

no Walter Veltroni ha celebrato, in ‘gran segreto’, il rito ‘all’americana’, due giorni prima della data ufficiale delle nozze. Altra pubblicità. Tra le grida agitate dell’attesa, nei cordoni dei paparazzi che si assiepano contro le transenne nella speranza di poter scorgere un pezzo di faccia di Paperon de’ Paperoni, qui si muovono i dipendenti comunali della laguna. Sessanta, tra vigili urbani e poliziotti, garantiscono un perentorio blocco del traffico per i fasti faraonici di una cerimonia che definire all’americana è ben poco. Così, dopo un’analisi della situazione, è difficile non pensare che lo scopo di questa mobilitazione non fosse quello di mettersi l’anello al dito, bensì di apparire sotto i riflettori e recitare in quella che sta diventando la farsa più emozionante: la vita. E qual è il posto al mondo che più di ogni altro suscita scalpore e notizia, soprattutto – per quanto paradossale – negli States? Venezia. Certo, ci sono altro posti romantici, altre capitali dello chic in cui inscenare un recital di proporzioni bibliche. Parigi, la città romantica per eccellenza, non sarebbe stato uno scenario altrettanto

che a Savelletri di Fasano, si sono svolte altre nozze milionarie, questa volta senza Shakira, ma con un elefante bardato d’oro e ottocento invitati, che secondo i bene informati rappresentavano, tanto per ridere, circa il 20% del Pil dell’India. La sposa non è arrivata sull’elefante, ma Ritika ha raggiunto il suo vero amore su una pedana mobile a forma di conchiglia, sotto una tempesta di coriandoli lilla. Poi tutti con il naso all’insù per lo spettacolo pirotecnico che ha infiammato la notte e che, sempre secondo i bene informati, è costato trecentomila euro. Se i russi ormai preferiscono Ischia per le loro nozze principesche, sono freschi ricordi di una Capri requisita per la festa saudita, mentre nelle masserie pugliesi si assiepano elefanti e fenomeni da baraccone per le nozze dei rampolli dell’acciaio indiano. Ma il Paese che custodisce i segni più prodigiosi della civiltà cristiana e umanista può davvero ridursi a scenario dei momenti lieti, e sfondo per i selfie, degli stranieri più abbienti? Stefano Di Pino 65


la biennale

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iù di un secolo di vita, una dimora storica tra le più rappresentative e un prestigio tale da renderla una delle rassegne di arte contemporanea tra le più importanti al mondo. Queste le caratteristiche salienti della Biennale di Venezia, che ogni due anni in quel di Ca’ Giustinian mette in vetrina l’arte, l’architettura, la musica, il teatro, la danza e, immancabilmente, il cinema. Tutto questo attraverso una serie di eventi di incredibile valore culturale: l’Esposizione Internazionale d’Arte, la Mostra Internazionale di Architettura, i Festival di Musica e Teatro e il Festival della Danza, che ormai vanta quindici anni di vita. Una citazione a parte merita la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, de facto il più antico festival cinematografico al mondo, che quest’anno ha soffiato su 71 candeline. La Biennale vede la luce intorno alla fine del XIX secolo ad opera di un gruppo di intellettuali veneziani, che con questa ‘società di cultura’ cercano di esaltare e stimolare l’attività artistica nel giovane stato unificato italiano. L’importanza dell’evento,

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ieri come oggi, sta nel focus sulle arti contemporanee, vetrina fondamentale per gettare luce sulle correnti artistiche odierne con un occhio di riguardo all’arte in tutte le sue sfaccettature. Ca’ Giustinian, inoltre, è diventato un luogo aperto a tutti i cittadini anche al di là delle manifestazioni culturali: attraverso progetti di riqualificazione la Biennale ha riconfigurato le strutture esistenti e dato vita a un intenso programma di attività permanenti e itinerari. Il tutto nell’ottica della realizzazione di un vero e proprio centro di cultura polifunzionale. Centro nevralgico della Biennale è senz’altro il polo dei Giardini, realizzati da Napoleone e arricchiti dallo storico Padiglione Centrale, struttura cardine delle attività permanenti e punto di riferimento per gli altri padiglioni che, costruiti in epoche diverse, hanno raggiunto raggiunto quota 29 strutture. Un’altra sede importante è il Palazzo del Cinema, sede della storica Mostra nata nel 1932, che ospita il palcoscenico sul quale hanno sfilato un numero non ben precisato di star del cinema internazionale e nostrano.

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NULLA E’ LASCIATO AL CASO… Icona di stile ed eleganza, è considerato tra i più esclusivi della città. E’ l’Hotel Metropole.

Quest’anno, inoltre, la Biennale ha puntato i riflettori sulla desolante situazione dell’amministrazione dei beni culturali italiani attraverso la lente di ingrandimento nell’ambito della 14° Biennale di Architettura di Venezia: il fotografo Andrea Sarti e l’architetto Claudia Faraone hanno dato vita a Lucid Schizophrenia, evento dedicato all’incoerenza cronica che ha contagiato l’Italia nel suo rapporto con cultura, beni culturali e patrimonio pubblico. Da un lato la necessità di aggrapparsi all’inestimabile fonte di guadagno derivante dalla storia italiana, dall’altro la vuota retorica delle politiche e delle amministrazioni che si occupano del patrimonio artistico italiano. L’evento si ricollega a L’Aquila’s Post-Quake Landscapes (2009-2014), installazione che, nata in seno alla Biennale, testimonia le trasformazioni territoriali, architettoniche e sociali registrate a L’Aquila in seguito al terribile terremoto dell’aprile 2009. L’Aquila, dunque, alla Biennale diventa la metafora della lucida schizofrenia che governa il rapporto tra arte e politica. Ma al di là della parte artistica, anche la Biennale di Venezia risente evidentemente della situazione di crisi che attraversa l’Italia, al punto che l’istituzione culturale

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n meraviglioso Cinque Stelle situato in una delle posizioni più favorevoli e suggestive di tutta Venezia, con un’incantevole vista sulla laguna di fronte l’isola di S. Giorgio. A pochi passi, la Biennale d’Arte e Architettura e la più esclusiva via dello shopping. Con la sua lunga storia alle spalle (qui visse Vivaldi e vi soggiornarono Freud, Proust e Thomas Mann), il Metropole crea il suo fascino dall’unione di atmosfere introvabili, di saloni impreziositi da veri arredi d’epoca e tessuti pregiati, da sorprendenti collezioni d’antiquariato esposte nella Gallery e dall’impareggiabile eleganza delle 67 Camere e Suites, tutte ricche di personalità, sapientemente arredate con mobili originali. Il lusso è espresso nei particolari, e niente davvero è lasciato al caso. Un’allure misteriosa e un po’ orientale pervade gli ambienti, ed il servizio è attento e discreto. Infine il Giardino degli Agrumi: luogo magicamente lontano dal tempo dove piante lussureggianti, palme esotiche e fiaccole attorniano l’elegante gazebo e il pozzo cinquecentesco. Il Met Restaurant è ormai una garanzia di alta qualità e servizio impeccabile. La sua cucina ha conquistato personalità internazionali, intenditori, e un pubblico sempre più vasto. Nella sua storia annovera un percorso da due stelle Michelin che ha conquistato il mondo. Ora esplora nuovi percorsi gastronomici di alta creatività che lo hanno portato alla creazione della nuova cucina Tra’Contemporanea, il nome fonde due filosofie, la tradizione delle ricette italiane e venete, e la contemporaneità dello stile con cui vengono elaborate e riproposte in maniera creativa. Uno stile culinario che vede da un lato la capacità dello Chef di proporre le ricette che hanno fatto la storia gastronomica dell’Italia, e dall’altro di interpretarle e presentarle in una versione attuale. Una scelta vincente premiata nuovamente con la stella Michelin.

Per tutte queste peculiarità, il Metropole è l’abituale dimora veneziana di Star della musica, artisti e personalità del mondo dell’arte e del design, che qui hanno trovato un ambiente intimo e discreto per i loro soggiorni. Gestito direttamente dalla Proprietà, riserva un’accoglienza in cui la passione per un mestiere tramandato da generazioni si unisce al calore di un’ospitalità sincera, che solo chi è di casa riesce a trasmettere. Il Metropole è un luogo esclusivo, eccentrico, assolutamente non convenzionale e unico… a Venezia, l’Hotel dove soggiornare.

veneziana, con la sua vocazione a prevalenza internazionale, viene vissuta quasi come una sorta di off-shore. Il presidente della Biennale Paolo Baratta, al suo ultimo anno di mandato, ha fotografato la situazione attuale sottolineando come la Biennale non campi di rendita e viva quindi gli stessi problemi del Belpaese. Ad oggi, infatti, l’esigenza primaria della società culturale veneziana è quella di avviare il ridisegno dei due edifici principali della cittadella del cinema: il Palazzo del Cinema e il Casinò. Il progetto è portare avanti un programma di almeno due anni per una spesa stimabile tra i 10 e i 15 milioni di euro. E la drammatica situazione dell’amministrazione veneziana di certo non aiuta, dal momento che è tutto congelato in attesa della nuova gestione: permane il ‘buco’ di fronte al Palazzo del Cinema, dove avrebbe dovuto sorgere il nuovo palazzo del cinema. Un altro esempio, questo, di come la corruzione politica e l’incompetenza della classe dirigente italiana possano avere un’importante ricaduta sul panorama culturale italiano. Stefano Di Pino

Castello 4149, 30122 Venezia, Tel.+39(0)41.52 05 044 - Fax. +39(0)41.52 23 679 - www.hotelmetropole.com - venice@hotelmetropole.com

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a TEATRo

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l 1° novembre 1789 è una data fondamentale per Venezia e per la storia dei tuoi teatri. È il giorno in cui la Nobile Società inaugurò il bando di concorso per la realizzazione di quello che, dopo innumerevoli vicissitudini, oggi è il Gran Teatro della Fenice. Il nuovo Teatro la Fenice sorse in un contesto fine settecento: in quel periodo a Venezia le presenze teatrali erano ancora fitte ed erano presenti in città non meno di quattordici teatri importanti. Ci volle un Decreto del Consiglio dei Dieci per poter dare un freno al dilagare di queste costruzioni: il decreto datato 1756 poneva un limite di soli sette teatri funzionanti, il più importante dei quali era il teatro di San Benedetto, che dopo un incendio del 1774 fu rifatto su disegno di Pietro Checchia. Nel 1772 proprio il San Benedetto, il più celebre teatro dopo la Fenice, ospitò un prestigioso ballo in onore dei Principi ereditari di Russia, durante il quale le sale dorate furono invase da ottantaquattro dame sedute a un tavolo circolare e dietro di esse una schiera di cavalieri. Il teatro, dopo un restauro fatto nel 1875, prese nome di Teatro Rossini, in onore del celebre musicista pesarese. Il prestigio del San Benedetto fu in parte legato alla sorte del nuovo teatro, la Fenice. Un luogo storico, questo, ai limiti del magico: se l’edificio rimane ancora oggi, dopo tanti incendi e trasformazioni, però, purtroppo molti dei suoi arredi che lo decoravano al secolo scorso sono irrimediabilmente perduti. Pure irrimediabil-

Mario Scaccia e Debora Caprioglio nella recita di “Un Curioso Accidente” di Carlo Goldoni

Una scena tratta dall’opera “Otello” di Giuseppe Verdi

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Concerto di capodanno al teatro La Fenice

mente perdute sono le opere pittoriche che Virgilio Guidi aveva eseguito per una delle sale Apollinee, ricoprendo dei chiaroscuri con soggetti danteschi eseguiti precedentemente da Giacomo Casa. Nel corso della palificazione riguardo le fondazioni per la prima costruzione del Teatro la Fenice, inoltre, si rinvenne un grosso tronco d’albero con le radici ancora conficcate nel suolo a un livello molto al di sotto di quello del mare e un graticcio di vimini a mo’ di siepe. I reperti indicavano l’esistenza di un orto che risaliva a tempi remotissimi, in considerazione dell’enorme diametro del fusto e della particolare disposizione sia dell’intreccio che dei sostegni. Questo ritrovamento non poteva che essere interpretato in senso di augurio per un successo durevole per chi si accingeva alla costruzione del nuovo teatro. Questo tempio della cultura teatrale che sorge nel campo di San Fantin, è oggi il principale teatro lirico di Venezia, sede di importanti stagioni operistiche, sinfoniche e del Festival Internazionale di Musica Contemporanea. Punta di diamante della storia teatrale italiana degli ultimi due secoli, è stato nell’Ottocento sede di numerose prime assolute di opere di Gaetano Donizetti, Giuseppe Verdi, Vincenzo Bellini e Gioacchino Rossini; anche nel Novecento sul palcoscenico della Fenice hanno visto la luce produzioni contemporanee di grande prestigio, con prime mondiali di

Una scena tratta dalla commedia “Gli Innamorati” di Carlo Goldoni

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Igor Stravinskij, Prokofiev, Bruno Maderna. Impossibile non citare il Teatro “Carlo Goldoni”, un tempo Teatro Vendramin, inaugurato nel 1622 e per questo considerato oggi il più antico teatro di Venenzia ancora in piedi. Indubbiamente il suo periodo più importante fu quello che dal 1752 vide Goldoni mettere in scena le sue opere, rivaleggiando con il suo acerrimo nemico Carlo Gozzi nella sfida teatrale più accanita di tutti i tempi. Il teatro, pur antico, fu sempre considerato d’avanguardia sotto un punto di vista ‘tecnologico’, persino dopo l’apertura della Fenice: fu il primo Italia, ad esempio, a installare una grande lamiera a gas nel 1826. Il Teatro è noto anche nelle cronache della Resistenza perché la sera del 12 marzo 1945 un piccolo gruppo della Brigata Biancotto, durante una performance di ‘Vestire gli ignudi’ di Pirandello, irruppe sul palco e, tenendo sotto il tiro delle armi i fascisti ed i tedeschi presenti, pronunciò un appello alla lotta ed alla libertà, gettando poi un pacco di manifestini in sala, prima di allontanarsi indisturbati. Una lapide di marmo all’interno del Teatro ricorda il fatto, definito come “la beffa del Goldoni”. Chiuso dopo la Seconda guerra mondiale perché

pericolante ed espropriato nel 1957, dopo un lungo restauro, è stato riaperto nel 1979 dopo una completa ristrutturazione per migliorarne capienza e servizi. Molti sono anche i teatri scomparsi, come ad esempio quello che nel 1729 trovò sede a Ca’ Guoro e scomparso dopo soli sei anni di attività. Tra questi uno dei più famosi è senz’altro il Teatro di San Samuele, legato al personaggio di Giacomo Casanova, nella cui parrocchia egli nacque da attori che vi recitavano. Casanova figurò in veste di violinista nell’orchestra di questo teatro nell’anno 1745/46 e qui si recava come spettatore in compagnia di Caterina Capretta, figlia di un noto mercante, forse l’unica persona con cui si facesse vedere apertamente in pubblico. Nel San Samuele, costruito nel 1655 da Giovanni Grimani, furono rappresentate opere di autori di primo livello, tra i quali il commediografo Carlo Goldoni. Caduta la Repubblica nel 1818 il Teatro fu chiuso, ma riaprì qualche anno dopo per opera di un certo Camploy finché fu demolito alla fine dell’800 per dar vita a quella che ancora oggi è una scuola. 73


Piazza delle Erbe (Padova)

Padova

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adova è a tutti gli effetti uno dei più importanti centri culturali, economici e storici d’Italia. È il comune più densamente popolato della regione veneta e uno dei più importanti centri di trasporti intermodali di tutta Europa. La città custodisce inoltre testimonianze pittoriche di grande valore, al punto da essere definita capitale della pittura. Padova è quella culla dove l’embrione dell’Umanesimo è cresciuto, humus ideale per la rinascita della cultura italiana che ha portato la penisola italica a primeggiare sotto ogni punto di vista per tutto il periodo globalmente riconosciuto come Rinascimento. Padova è una città antica e la sua antichità serpeggia in ogni aspetto della sua vita pubblica: l’università, fondata nel 1222, è tra le più antiche al mondo, così come la sua diocesi, che oltre a essere tra le più estese è tra quelle con più storia in assoluto. Padova è la città del santo, Sant’Antonio, dove il francescano portoghese morì, ed è per questo un’importante meta di pellegrinaggio. Non solo. Padova è tra quelle città che hanno stregato la penna di Shakespeare ed è un centro nevralgico grazie alle numerose vie d’acqua che permettono il trasporto di merci anche tramite mezzi non convenzionali.

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Osservatorio astronomico

Ma al di là dei valori storici, culturali ed economici, come si vive a Padova? La città è un piccolo scrigno che racchiude un Pil pro capite significativo, che a conti fatti sfonda il tetto dei 27.000 euro. È inoltre una città dove si risparmia, considerando che in media ogni padovano ha un deposito bancario di oltre 20.000 euro. La città del santo, inoltre, sembra un piccolo angolo di paradiso, con un’alta densità di aziende produttive e un basso tasso di fallimenti. I servizi dedicati al cittadino sono soddisfacenti, come dichiara anche una casalinga che, intervistata, rivela come in città si “trova tutto quello che serve ed è facile arrivare un po’ dappertutto. Certo, si tratta comunque di una città del Nord, per cui il clima non è dei migliori, ma è verde ed è casa mia. Non la cambierei con nessuna al mondo”. Qualche difficoltà per le mamme in cerca di asili nido: “Avrei avuto bisogno di maggiore assistenza e meno tempi di attesa”, dichiara V., “Padova è un’ottima città, ma non posso proprio dire di non aver avuto problemi per trovare un posto in cui mandare mio figlio serenamente”. Il tasto dolente della città, a eccezione degli asili nidi, è rappresentato dalla sicurezza. La provincia euganea si colloca infatti al 92 posto in Italia, dietro a numerose città del Sud, per sicurezza urbana; qui il vero problema è rappresentato dal-

Interno del palazzo della Ragione

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la microcriminalità, il cui indice è elevatissimo. A Padova ci sono 373 piccoli atti criminali (come scippi, rapine, borseggi) ogni 100.000 abitanti, peggio anche di Palermo. Stesso problema per quanto riguarda i furti negli appartamenti, sebbene a rigore del vero sia doveroso sottolineare che i dati riportati fanno parte di statistiche basate sulle denunce effettuate e c’è da tenere in considerazione che nel Meridione molto spesso i piccoli furti non vengono segnalati alle forze dell’ordine. La città peggiora ulteriormente quando a parlare sono i giovani, nucleo sociale fondamentale grazie al rinomato e popolatissimo ateneo. A Padova, infatti, sembra che non ci sia molto da fare. Se questa sia la conseguenza delle politiche restrittive delle amministrazioni comunali è un interrogativo che si pongono in molti, ma al quale non tutti sanno dare una risposta precisa. I problemi, però, sono evidenti: scarso il numero dei

L’interno della Cappella degli Scrovegni

cinema, relegati esclusivamente ai multisala, e la crisi ha colpito duramente bar e ristoranti, molti dei quali hanno chiuso i battenti per non riaprirli più. Dati allarmanti per le librerie, con solo 6,25 punti vendita ogni 100.000 abitanti. Sono numeri, questi, che sebbene possano sembrare poco significativi, posizionano Padova agli ultimi posti della classifica italiana (senza parlare dell’Europa). Gli studenti che affollano la città, dunque, sono costretti a muoversi per avere un po’ di divertimento: “La cosa migliore è un week-end fuori porta, magari a Milano”, dice C., uno studente fuori sede che vive a Padova da tre anni. Significativa la presenza degli stranieri, che negli ultimi censimenti risultano oltre 30.000. Ironico notare che una località veneta, un tempo terra d’emigrazione, sia diventata un’ambita terra di immigrati, la maggior parte dei quali provenienti dall’Est europeo (Romani e Moldavia). 77


Il Teatro Anatomico dell’Università Di Padova

Università di Padova

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banco delle tre venezie

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adova è una città sospesa tra antico e moderno, e proprio tra queste due definizioni si colloca la sua università, una delle più antiche del mondo, nata nel 1222 da un gruppo di studenti e professori che si distaccarono dall’università di Bologna (la terza più antica dopo quelle islamiche di Fes e Il Cairo). Se inizialmente gli studi erano limitati all’ambito giuridico, la vera e propria esplosione dell’ateneo euganeo si ha quando nel 1405 Padova passa sotto l’egida del governo della Repubblica di Venezia. È in quest’epoca che l’università si afferma come principale centro scientifico europeo, al punto da poter essere definita secoli dopo la vera e propria ‘sede della rivoluzione scientifica’. Oggi l’università è un centro in pieno fermento, dove oltre 58.000 studenti italiani e stranieri danno vita a un humus culturale degno di università di grande calibro. Padova è l’università dei record, che ha visto tra i suoi corridoi la presenza di personalità illustri come Galileo Galilei, Copernico, Leon Battista Alberti e persino la prima donna ‘dottore’, Elena Lucrezia Cornario Piscopia, che nel 1678 ottenne una laurea in Filosofia. L’università vanta inoltre un numero sterminato di corsi di laurea e facoltà, senza contare i ricchi musei universitari e le numerose sedi sparse in tutto il Veneto, centri d’eccellenza differenziati e caratterizzati da un’organizzazione difficilmente tangibile in atenei delle medesime dimensioni. È qui e in pochi altri luoghi in Italia che è ancora possibile respirare l’ardore culturale dell’Italia rinascimentale, grazie a palazzi storici e atmosfere uniche; qui, ad esempio, è possibile ammirare la cattedra dalla quale insegnava Galileo Galilei. Non è un caso, dunque, se basti navigare sul web per leggere opinioni e valutazioni estremamente positive riguardo a questa struttura pubblica, che a tutti gli effetti è, dopo Bologna, la più antica università italiana Cortile Antico del Palazzo del Bo 79


La chiesa di Santa Maria del Soccorso, detta La Rotonda

dell’ordine cittadino, Rovigo continua ad essere una città assolutamente invidiabile, infatti è al sesto posto tra le città con meno delitti, sebbene vi sia stato un grave incremento dei furti in appartamento. Le valutazioni in cui la città sembra essere più indietro sono quelle relative all’ambiente, qualità dei servizi, tempo libero e vivacità delle imprese che risentono più della media regionale della crisi economica. La mancanza di grandi opere non si traduce automaticamente in qualità ambientale, infatti, le analisi di Legambiente pongono l’area del Polesine all’83esima posizione e dal punto di vista della cultura sembrano mancare in maniera significativa cinema e librerie, a cui storicamente sono preferiti bar e ristoranti come punti di aggregazione. Proprio per invertire il declino del territorio, soprattutto in considerazione delle abitudini degli abitanti, le varie amministrazioni locali hanno cercato negli ultimi anni di privilegiare investimenti nel settore turistico e viario: hanno visto

Rovigo

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econdo l’annuale dossier “qualità della vita” compilato dal Sole 24 Ore, Rovigo è la città del Veneto dove si vive peggio. Il capoluogo del Polesine occupa infatti la 64esima posizione sulle 107 province italiane nell’ultima graduatoria assoluta, quella del 2013. Rispetto all’anno precedente sono ben nove le posizioni perdute dalla città, e questo è un dato piuttosto allarmante per un capoluogo di un territorio così ricco di storia e tradizioni. Le altre città venete sembrano passarsela meglio, soprattutto Belluno che è invece addirittura quarta in assoluto. La cattiva valutazione di Rovigo non è dovuta a ragioni di tenore di vita, ambito in cui il capoluogo del Polesine è anzi quinto su scala nazionale, grazie a una buona ricchezza personale e a una spiccata vocazione al risparmio legata a una bassissima propensione al consumo che di certo però influisce su alcuni settori produttivi. Dal punto di vista della sicurezza e

Ciclo pittorico nella chiesa di Santa Maria del Soccorso

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Villa Badoèr, detta La Badoera, progettata dall’architetto Andrea Palladio

quindi la luce l’interporto, una struttura che sfrutta il trasporto delle merci e dei turisti via fiume, il “museo dei grandi fiumi”, il Cen. Ser., grande e moderna struttura destinata ad ospitare le manifestazioni organizzate da “Rovigo Fiere”, il Cur, ovvero il Consorzio Universitario di Rovigo, che, tramite accordi con le vicine università di Padova e Ferrara, ospita ora nelle città alcuni corsi universitari di eccellenza soprattutto nel settore ingegneristico. Raramente un singolo evento traumatico ha contribuito a forgiare il destino di un territorio e la sua demografia come l’alluvione del 1951 ha fatto per l’intero Polesine, e per questo l’evento del Novembre di 63 anni fa non può non essere citato se si intende comprendere la storia recente di Rovigo e della sua provincia. Per quanto riguarda le conseguenze a lungo termine basta pensare che la curva demografica ascendente ha subìto in seguito a quella catastrofe naturale un arresto incredibile - dovuto sia all’abbandono dei territori che alla perdita di opportunità 81


rovigo

economiche e lavorative della zona - passando in soli dieci anni da 358mila abitanti a 277mila, per poi calare ulteriormente e inesorabilmente, fino agli attuali 242mila; numeri che raccontano i drammatici strascichi di un evento tragico come quello vissuto dal Polesine. Tutto iniziò martedì 13 novembre del 1951 quando, dopo due settimane di pioggia, la portata del Po salì a livelli preoccupanti in tutta l’area. Alle 20 il livello superò il segnale di guardia all’idrometro id Castelmassa (di 4,33 metri) e a Posella (di 3,67 metri). Venne disposta l’evacuazione degli abitanti anche di Polesine Camerini, paese composto da circa 1.800 contadini che videro andare distrutti centinai di ettari di grano e cercarono di salvare alcuni capi di bestiame con alcune barche e zattere di fortuna. Il giorno dopo il Po iniziò a straripare un po’ ovunque: a Mantova, nel Cremonese, nel Parmense e in alcune zone del Veneto le acque raggiunsero i primi piani delle abitazioni. Nel Polesine la melma del fiume trascinò detri-

Il teatro Sociale di Rovigo

ti, alberi sradicati e travi costringendo i pochi abitanti rimasti a scappare con mezzi di fortuna. Giovedì 15 novembre dodici paesi della provincia di Rovigo vennero sommersi dalle acque che invasero e trascinarono via tutto ciò che trovarono sulla loro strada. Si registrarono decine di dispersi e feriti, 33 morti solo in questa giornata. La storia più assurda è quella di quarantuno profughi che, allontanandosi su un camion verso le zone collinari, vennero investiti da un’ondata d’acqua. Di questi solo in otto riuscirono a salvarsi. All’alba del venerdì il Polesine non esisteva più. Nella notte tra sabato e domenica gli altoparlanti di Rovigo trasmisero l’annuncio di abbandono immediato del paese. Nei giorni seguenti, quelli del ritiro delle acque, venne alla luce il costo del drammatico evento, non solo in denaro (22 miliardi per le opere idrauliche, stradali ed edilizie con 50 miliardi per le case e i terreni) ma soprattutto di vite umane: i morti furono alla fine ben ottantaquattro. 235x340_Bambino.indd 1

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Palazzo dei Rettori, piazza Duomo

BELLUNO e provincia

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elluno, con i suoi circa 35.000 abitanti, è il capoluogo di provincia più piccolo e più settentrionale del Veneto, sebbene le sue origini siano molto antiche. La fondazione della città si fa risalire al I secolo a. C., come municipium romano benché siano state rinvenute evidenze che indicano il luogo dove sorge l’odierna città, alla confluenza tra il torrente Ardo e il fiume Piave, già abitato nei secoli precedenti da popolazioni celtiche alle quali è fatta risalire anche l’origine del nome, derivato probabilmente da bel con il significato di “brillante” e dunum ossia “centro fortificato”; Belluno è dunque la città splendente. Nell’anno 1404, Belluno si concesse spontaneamente al dominio della Repubblica Serenissima di Venezia dove rimase fino al 1797 (ne rimane traccia nel Palio di Feltre), quando con il Trattato di Campoformio Napoleone Bonaparte cedette la città all’Austria. La lunga sequenza

di dominazioni lascia in eredità all’odierna Belluno palazzi, piazze, chiese, fontane, vie che ben ricordano e valorizzano questa eterogeneità. Palazzo dei Rettori, del XV secolo, la Basilica Cattedrale di San Martino del XVI ma edificata sul luogo dove sorgeva un’antichissima chiesa paleocristiana, Villa Fulcis Montalban, del XVII, il Ponte della Vittoria, realizzato negli anni ’20, sono solo alcuni dei luoghi che vale la pena visitare. All’indubbio valore storico artistico dei suoi edifici, Belluno affianca riconoscimenti ed onorificenze di alto valore. Nel 2007, 2008 e 2010 la città si è classificata al primo posto per sostenibilità dell’ecosistema urbano fra tutti i capoluoghi di provincia italiani secondo le classifiche stilate da Legambiente. La città è anche in cima ad un altro tipo di classifica: è il capoluogo di provincia italiano con le temperature medie annue solitamente più fredde, nel ’98 per

esempio fu di soli 9,8°. Questo clima rigido è dovuto alla collocazione geografica naturalmente: Belluno sorge alla confluenza di due fiumi, su uno sperone roccioso, circondata dal gruppo Dolomitico dello Schiara, dalle Prealpi e dal Nevegal, sul quale sono situati impianti di risalita e piste da sci. Nel 1999 è stata insignita, non a caso, del titolo di città alpina dell’anno. Belluno è ai vertici delle classifiche italiane sulla qualità della vita, costantemente tra i primi cinque capoluoghi da più di sei anni. Non solo, anche per quanto riguarda la qualità dei servizi sanitari, Belluno primeggia tra i capoluoghi italiani, insieme a tutta la sanità veneta. Il PIL pro capite nominale ha subito un crollo, ma nonostante tutto dai 29.000 euro si è attestato sui 24.000, dato comunque

re di Scienze Religiose, affiliato alla Facoltà Teologica del Triveneto, che offre persino un corso di laurea in scienze religiose. Nonostante il tasso di natalità sia in lenta ma costante diminuzione e quello di mortalità in aumento, e nonostante l’età media sia in leggero aumento (45,4 anni), il comune di Belluno offre locali notturni e discoteche dove i giovani possono svagarsi anche fino all’alba. A tal proposito, Belluno resta una città tranquilla in termini di criminalità, e i cittadini stranieri non vanno oltre il 6,4% della popolazione, per la maggioranza proveniente da Ucraina e Romani. Parlando di tradizione, la sagra dei Fisciot (dei fiaschetti) è senza dubbio la più caratteristica fiera della città: si svolge due domeniche prima di Pasqua e nonostante nasca come reli-

Una veduta invernale di Feltre

non spiacevole, e la produzione industriale ha subito una notevole crescita nel recente passato. Basti pensare che dal 2009 al 2010 c’è stato un aumento del 11,8%, soprattutto grazie ai settori metalmeccanico, dell’occhialeria e tessile. Altro dato da sottolineare è l’aumento occupazionale la cui media provinciale si attesta al +2,4%, bel al di sopra di quella veneta, che va in negativo di più di un punto percentuale. Nel territorio comunale vi sono sette scuole dell’infanzia, tredici scuole elementari, tre scuole medie e vari indirizzi di scuole superiori statali. Tre sono anche le biblioteche: la Gregoriana, la Lolliniana e la Civica. A Belluno sono attivi anche tre istituti di ricerca e presso il Seminario Gregoriano si trova l’Istituto Superio-

giosa, la festa prevede numerosi stand gastronomici e di artigianato locale, nonché giochi pirotecnici. La provincia bellunese è piuttosto singolare e sono numerosi i dati da record che in essa si registrano: è la più estesa e la meno abitata del Veneto, ma è anche l’unica montana e l’unica che, per un breve tratto a nord, sia anche confine di stato (con l’Austria). Città come Feltre impreziosiscono la provincia bellunese grazie ai numerosi edifici risalenti a differenti epoche storiche, il cui passato viene rievocato attraverso il celebre Palio di Feltre che ogni anno ripropone la consegna della città a Venezia attraverso sfilate in costume, corse di cavalli e gare, e una pittoresca atmosfera quattrocentesca.

Il lago di Auronzo, Auronzo di Cadore

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cortina

polazione. La tragedia della prima guerra mondiale ha per Cortina un significato particolare e fondante al punto che proprio nel territorio del comune si trova il Sacrario Militare di Pocol, dove sono conservate le ossa di 9707 caduti durante il conflitto. Il resto è storia recente: annessa alla provincia di Belluno, cominciò a ospitare turisti, anche grazie alla ferrovia delle Dolomiti che collegava Calalzo a Dobbiaco, e fino agli anni ‘30 fu meta prediletta delle gerarchie fasciste. Fu però dopo le Olimpiadi del ‘56, le prime in epoca televisiva, che Cortina incominciò a essere una meta turistica della ricca società in voga in Italia e all’estero, set perfetto di alcune pellicole cinematografiche di successo - ricordiamo gli inseguimenti sulla neve di James Bond in “Solo per i tuoi occhi”, le comiche disavventure dell’ispettore Clouseau in “La Pantera Rosa” o i grandi successi natalizi della commedia italiana - vero e proprio status symbol. Nonostante il fascino di questa gemma del nord Italia duri da decenni, un recente piccolo “terremoto” ha colpito la cittadina: la mancata assegnazione dell’edizione del 2019 dei mondiali di sci alpino che sono invece andati alla cittadina svedese di Åre.

la regina delle dolomiti

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ortina d’Ampezzo, “regina delle Dolomiti”, leggendaria meta di villeggiatura del jet-set mondiale e località di culto per gli amanti degli sport invernali è il più grande e popolato comune tra quelli della Ladinia, in provincia di Belluno. La storia di Cortina si perde nel tempo. La prima testimonianza del nome di questa località, e della presenza di una comunità stabile, risale a un documento notarile datato 15 giugno 1156. Dopo alcuni passaggi, il dominio della valle d’Ampezzo passò sotto la Serenissima Repubblica di Venezia, con cui ebbe stabili legami commerciali: dalla pianura arrivavano tutti i beni di consumo, mentre Venezia richiedeva grandi quantità di legname, trasportato in città per via fluviale. Tranne una parentesi napoleonica, il dominio austriaco durò in questa zona fino al 4 novembre 1918, giorno in cui l’Impero Austro-Ungarico firmò l’armistizio con l’Italia, e Cortina fu riannessa. Gli anni della grande guerra furono durissimi: occupata dall’esercito italiano all’inizio delle ostilità il 24 maggio 1915, attorno alle sue splendide montagne si delineò il fronte, dove venne combattuta una logorante guerra di trincea che costò migliaia di morti. In quel periodo Cortina convisse con la presenza di quasi trentamila soldati italiani, con accampamenti, depositi, ospedali da campo e molti disagi per la poIl comitato organizzatore ha parlato di “vittoria del business nei confronti dello sport” ma è evidente come le mancanze e la scarsa competitività del sistema paese abbiano influito negativamente sull’esito, perché sappiamo che questo genere di manifestazioni hanno una fondamentale componente di business che non può essere sottovalutata: le polemiche hanno ovviamente coinvolto le istituzioni e l’amministrazione comunale che già aveva ricevuto un duro colpo con l’arresto del primo cittadino nel 2013. Ma non è tutto. Da qualche anno a questa parte, complice la crisi economica e il conseguente cambio di tendenza ricettiva, Cortina ha subito un cambiamento evidente: meno turismo da esibizione e più attenzione alle bellezze della montagna, che però da solo non può reggere tutto il comparto. Negli ultimi due anni è calata la presenza italiana - meno 15% rispetto a prima – e sono aumentate le case sfitte o in vendita. In pratica, dal 2012 a oggi hanno chiuso una quarantina di negozi e hotel e ristoranti sono sempre alla ricerca della promozione giusta, cercando anche di proporre sistemazioni low cost per le colonie estive. Se comparto immobiliare e commerciale soffrono, cosa

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dire dei piccoli artigiani? In una cittadina come Cortina tutto è in qualche modo legato e se la catena si arresta in un punto anche il resto subisce inevitabilmente una brusca frenata. I negozi hanno risentito del cambio di turismo anche per un altro motivo: erano e sono tarati su uno standard di clientela che ha lasciato il posto a un diverso e più attento approccio alla spese. Per fare un esempio, il canone medio per l’affitto si aggira sui 12mila euro ma chi si può permettere ormai un prezzo del genere? Ecco che un paesino fino a poco tempo fa rigoglioso si è trasformato in un paese semi abbandonato. I soldi non girano più come una volta e tutto questo si osserva anche guardandosi intorno: la gloriosa pista da bob, il trampolino olimpico e la piscina comunale sono stati del tutto abbandonati e, a causa della mancanza di fondi e di una pianificazione amministrativa lungimirante, sono destinati ad essere dimenticati per sempre. Gli operatori hanno calcolato un danno economico di 20 milioni di euro l’anno. Ma non è tutto: i russi stanno raddoppiando la loro presenza nella zona. Sono ormai alcuni anni, infatti, che le stagioni turistiche vengono in qualche modo “salvate” dalla loro presenza. Un esempio è il numero di menu dei migliori ristoranti di Cortina tradotti in cirillico così come tutte le insegne che indicano le varie strutture degli hotel. Il turismo russo è quello che al momento popola di più la valle. Secondo i dati forniti dalla Banca d’Italia, mediamente, il turista americano spende in media 128 euro al giorno a persona, il francese 90 mentre il russo supera i 150 euro.

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vicenza

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al 1994 il capoluogo berico è stato dichiarato patrimonio UNESCO, soprattutto in virtù delle magnifiche ville tardorinascimentali del Palladio che la rendono uno dei gioielli del nordest e un’influenza fondamentale nell’intera storia dell’architettura moderna. Vicenza però non è solo una città esteticamente affascinante e dalla storia millenaria, è da sempre il cuore pulsante di una provincia fondamentale per il tessuto produttivo italiano, così piena di piccole e medie imprese, realtà fondamentali e vera locomotiva del sistemapaese. Quest’area registra infatti da anni il terzo posto in Italia come fatturato per esportazioni, trainate soprattutto dalle eccellenze assolute nel settore metalmeccanico, tessile e orafo. Quest’ultimo raggiunge nel capoluogo oltre un terzo del totale delle esportazioni dell’oreficeria italiana, facendo di Vicenza la capitale italiana della lavorazione dei preziosi. Dall’inizio della crisi ad oggi, però, anche la città ha dovuto registrare un peggioramento del tasso di disoccupazione giovanile tanto quanto del prodotto interno lordo calato notevolmente da 25,4 miliardi a 24,9 e arrivando a toccare anche livelli inferiori a quelli del 2007. Per quanto riguarda la disoccupazione, rispetto al dato nazionale, il tasso è nettamente inferiore (7%) ma comunque alto se andiamo a guardare il dato pre-crisi, che non arrivava a toccare il 4%. Di fatto, la percentuale è quasi raddoppiata e i più colpiti, com’è facile immaginare, sono proprio i giovani (qui il tasso sfiora il 14%, un dato mai registrato fino ad ora in tutta la regione).

Ingresso al Teatro Olimpico di Vicenza

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Andando più in generale e leggendo attentamente i numeri degli ultimi anni, emerge un malessere profondo della città con una qualità generale della vita scadente. Nel solo 2014 hanno chiuso i battenti ben trecento imprese, che non sono riuscite a sopravvivere neanche dopo i tagli chirurgici e le riorganizzazioni aziendali compiute negli ultimi mesi. I costi, in termini di licenziamenti e cassintegrati, restano pesantissimi, assorbiti dagli ammortizzatori sociali solo in parte. Ma tutti sono d’accordo su una cosa: il 2014 è stato l’anno più nero dell’economia vicentina che ha lasciato sul campo 293 procedure di crisi aziendali nei settori artigianato e industria. Tutto ciò ha fatto montare un malcontento mai registrato tra i cittadini, che ha portato alla nascita di una rete a supporto d’imprenditori, artigiani e lavoratori in difficoltà: l’istituzione di un numero verde d’emergenza riservato proprio agli imprenditori “ad alto rischio”, quelli cioè che non vedono nessuna via d’uscita per la loro situazione finanziaria. Solo a Vicenza sono 65 le persone seguite da personale preparato, tra cui alcuni psicologi, per far fronte alle ricadute negative personali o professionali delle difficoltà economiche. Andando invece ad analizzare le questioni più generali, con un recente sondaggio Ipsos sono stati intervistati mille cittadini maggiorenni sulle problematiche di tutti i giorni; più della metà ha

Villa Almerico Capra detta La Rotonda

un giudizio positivo sulla qualità generale della vita anche se la maggioranza degli intervistati pensa che questa stia peggiorando di anno in anno. Nel particolare, se nell’ultimo anno sono migliorati i rapporti tra amministrazione e cittadini, secondo molti sono peggiorate le già citate condizioni economiche ma anche la manutenzione delle strade e dei beni pubblici. Vicenza rimane comunque una delle città più verdi d’Italia e la sua amministrazione ha sempre cercato di preservare questa importante caratteristica. Oggi, proprio per cercare di stimolare un trasporto green anche e soprattutto tra i privati, la città può vantare di circa 42 km di piste ciclabili suddivisi in 29 tratti. All’interno del Piano Urbano della Mobilità (avviato nel 2012) è stato inserito un apposito piano della città che prevede lo sviluppo di sette nuove piste ciclabili per garantire le connessioni con i comuni adiacenti i quartieri periferici e le aree centrali. È stato inoltre attivato un servizio di bikesharing gratuito con bici elettrice e normali e, dal 2013, è stato aperto il “Vi.Bicipark”, un parcheggio custodito nella zona di ponte San Paolo, specifico per le due ruote. Tutto ciò anche per fronteggiare il caos dei mezzi pubblici, che prevede attese lunghissime alle fermate e autobus e corriere pieni soprattutto durante gli orari di entrata e uscita dalle scuole della zona. 91


Aristocratica Dimora nel cuore della natura veneta

Poco distante dal centro di Vicenza, sulle pendici dei Colli Berici, sorge l’esclusivo Hotel Villa Michelangelo, gioiello veneto del gruppo Niquesa Hotels & Residences. Si trova nella posizione ideale per un soggiorno tra cultura, relax e gusto ed è punto di partenza strategico per un percorso alla scoperta delle molteplici bellezze del Veneto. L’albergo è ospitato in un edificio del diciottesimo secolo, in origine grandiosa residenza di campagna della famiglia Tomi, che fece realizzare la proprietà in stile palladiano. In linea con lo stile originale, oggi la dimora è caratterizzata da alti soffitti con travi a vista, mobilio d’epoca e pavimenti tradizionali veneziani. Intorno alla villa sorge un parco di cinque ettari, caratterizzato da alberi centenari e magnifici uliveti. Nei suggestivi vialetti che nei secoli hanno fatto da cornice alle passeggiate di nobili signorotti e dame, si riscopre il piacere di camminare senza un meta precisa, concedendosi una pausa in una cornice rurale idilliaca. Nello splendido parco, ancora oggi, sono conservati gli alberi originali dell’Ottocento. Circondati dagli ulivi e dalle morbide ondulazioni delle colline gli ospiti possono rilassarsi a bordo della grande piscina di 300 metri quadri che, con porticato e terrazza panoramica, diviene la cornice ideale per ricevimenti ed eventi importanti.

Hotel Villa Michelangelo Via Sacco, 35 - 36057 Arcugnano - Vicenza - Tel. +39 0444 550300 E-mail: reservations.michelangelo@niquesa.com - niquesahotels.com/michelangelo


Ponte Pietra

ingiustamente, a causa della crisi. Chi ha lasciato la città per trovare fortuna all’estero (ed è un gran numero di ragazzi e ragazze), una volta tornato racconta di come la rassegnazione sia lo stato d’animo più frequente per un futuro che ha smesso di sorridere, almeno per il momento. Rispetto ad altre realtà italiane, comunque, Verona rimane un luogo benestante, anche se chiudono le librerie e aprono negozi di calzature; è una cosa normale e ormai nessuno ci fa quasi più caso – nonostante la città abbia dato i natali a personaggi come Lombroso e Maffei, tra gli altri. Ciò che stupisce è che, anche a causa di misure restrittive sulla movida imposte dalle ultime amministrazioni, non si può, per esempio, mangiare un panino sui gradini della Gran Guardia o bere una birra per strada dopo la mezzanotte senza che i vigli urbani si avvicinino per controllare i documenti ai malcapitati. Tutte queste piccole cose, sommate una all’altra, classificano Verona al 32esimo posto (perdendo ben sedici posizioni rispetto al 2012) del report sulla qualità della vita redatto ogni anno dal Sole 24 Ore. In generale, Verona è ai

VERONA

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razie alla sua ricchezza artistica e architettonica, la città di Verona è il comune veneto più visitato di tutti. Secondo gli ultimi dati, infatti, ben tre milioni di persone vengono da tutto il mondo per “viverla” anche attraverso le numerose manifestazioni internazionali che vi si tengono e, ancor di più, per essere riconosciuta nell’immaginario collettivo come la città di Roma e Giulietta. Verona è anche stata dichiarata patrimonio dell’umanità dall’Unesco per la sua architettura, visto il suo progressivo sviluppo registrato durante duemila anni, che le ha permesso di integrare elementi artistici di altissima qualità. Anticamente la città era un punto nodale di tutti i sistemi di trasporto, sia terrestre che acquatico, dell’Italia nord-orientale. Era, infatti, il punto d’incontro di quattro strade consolari: Gallica, Claudia Augusta, Vicum Veronensium e Postuma. Questa sua caratteristica è tutt’ora presente, visto che la città è diventata crocevia tra le direttrici che collegano l’Italia centrale con il Brennero. La sua bellezza è, ancora oggi, custodita nelle sue piccole strade del centro storico, tra Piazza dei Signori e l’Arena, passando per le Arche Scaligere. Per un turista è fantastico immergersi in questa atmosfera mentre non si può dire lo stesso dei cittadini che osservano, anno dopo anno, un lento ma costante aumento del degrado urbano. I locali chiudono, le strade si svuotano e i giovani se ne vanno. La sera è difficile incrociare volti e di giorno si ascoltano solo storie di persone che hanno perso il lavoro

primi posti in Italia per tenore di vita, con un valore pro capite di 27mila euro, uno dei migliori di tutto il paese. Perde molti posti invece quando si vanno ad osservare gli indicatori dei servizi e dell’ambiente, con un livello di infrastrutture molto superiore alla media nazionale. Problemi anche alla voce “ordine pubblico”, visto che tutta la zona soffre per scippi e borseggi ma anche per i furti in casa, rilevati in 433 ogni 100mila abitanti. Tornando al discorso sulla cultura e lo svago di qualche riga prima, Verona occupa la metà della classifica alla voce “tempo libero”: poche librerie, una ogni 100mila abitanti, e cinema appena al di sotto della soglia media. La perla di questa città però rimane comunque la sua Arena, il grande anfiteatro romano che sorge proprio nel centro storico della città e che spesso ospita concerti ed eventi di varia natura. È il terzo anfiteatro romano per grandezza in Italia e la sua storia risale al primo secolo d.C. sotto Augusto. Come detto, la costruzione oggi occupa il centro della città mentre, in epoca antica, si trovava ai confini, proprio fuori dalla cinta muraria. L’Arena fu utilizzata, al

L’Arena

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pari del Colosseo, per offrire ai cittadini diversi spettacoli d’intrattenimento, tra i quali anche i famosissimi scontri tra gladiatori. Restaurata da Teodorico, re dei Goti ,la sua cavea fu adoperata come cava di pietre di marmo per la costruzione di edifici e case attigue, tutt’ora in piedi. Dal 1600 invece diventò sede di giostre e spettacoli come la caccia dei tori mentre, all’inizio dell’Ottocento, venne utilizzata come campo di concentramento per i prigionieri austriaci i quali demolirono il palco per farne legna da ardere. Nel 1816 l’imperatore Francesco I e sua moglie decisero di sostituire la barbara caccia dei tori con una più avventurosa corsa dei fantini, preceduta dalla distribuzione di granoturco per i più poveri. Ma è dal 24 novembre 1822 che l‘Arena iniziò a ospitare una serie di opere liriche, prima fra tutte La Santa Alleanza, con le musiche di Gioacchino Rossini; questo suo utilizzo trasformò la struttura nel più grande teatro lirico all’aperto del mondo. Una delle primissime opere ad essere rappresentata nel Novecento fu l’Aida, nel 1913, la più spettacolare tra tutte le opere verdiane e straordinariamente adatta alla grandiosità dell’anfiteatro, sostenuto da un’acustica meravigliosa. La rappresentazione di quella edizione areniana costituì uno dei più importanti avvenimenti internazionali del primo novecento. Accorsero a Verona migliaia di spettatori da ogni parte d’Italia e del mondo. Alla prima assistettero musicisti e scrittori illustri fra cui Puccini, Mascagni, Kafka e fu un successo trionfale. Ogni estate l’anfiteatro ospita seicentomila spettatori ripartiti su una cinquantina di serate con cinque o sei produzioni diverse. Chi assiste ad uno spettacolo di questo tipo rimane colpito dalla grandiosità scenografica, che cambia velocemente durante gli intervalli; dalle dimensioni del golfo mistico che accoglie ben centocinquanta musicisti; dalle scene di massa durante le quali il palcoscenico contiene, oltre all’orchestra, anche duecento artisti del coro, cento ballerini e duecento comparse.

Panorama aerea di Verona

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Porta San Tomaso

Treviso

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e quello di cui soffre sempre di più l’animale cittadino moderno è il “mal di metropoli”, quella che presentiamo oggi è la città perfetta: a nord-ovest di Venezia, «dove Sile e Cagnan s’accompagna», sorge Treviso, città medievale di raro fascino. Contenuta ma abbastanza popolosa -nel 2012 contava circa 87 mila abitanti, quasi 1500 per chilometro quadrato-, sembra riuscire mettere d’accordo le esigenze di tutti i suoi frequentatori senza disperderle troppo nel selvaggio intreccio di stradone e palazzi mastodontici a cui, purtroppo, ci siamo abituati. Storia, arte, vivibilità e divertimento sono le quattro grandi qualità che si offrono immediatamente ad abitanti e visitatori, in quell’armoniosa combinazione che fa di Treviso uno dei gioielli più preziosi del Veneto. Eppure, l’inquinamento insidia anche questo tesoro. Pur nelle vesti di una civile cittadina moderna, Treviso conserva tuttora quell’inconfondibile atmosfera di mistero propria di un antico borgo medievale: nata in epoca pre-romana, conobbe il suo più grande sviluppo dopo il Mille, quando vennero costruiti molti di quei palazzetti nobili che tuttora colorano il centro con i loro vivaci affreschi (non a caso in questo periodo Treviso si guadagnò il soprannome di “urbis

Treviso La Fontana delle Tette Piazza dei Signori

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picta”). Alcuni dei simboli più eloquenti di questo grande passato sono il meraviglioso -e in parte ricostruito, dopo i danni subiti durante la Seconda Guerra Mondiale- Palazzo dei Trecento, edificato nel XIII secolo per ospitare i membri consiglieri dell’amministrazione cittadina e tuttora sede del consiglio comunale, la Loggia dei Cavalieri, che si innalza all’incrocio delle due principali vie della città e rappresenta il luogo in cui i giovani cavalieri si riunivano a conversare, e infine la chiesa domenicana di San Nicolò, che nella sua splendida Sala del Capitolo può vantare ancora gli originalissimi ritratti degli amanuensi dipinti a metà del Trecento da Tommaso da Modena, ammirati dagli studiosi d’arte di tutto il mondo perché in essi, e in particolare nella figura di Ugo da Provenza, troviamo la prima raffigurazione degli occhiali nella storia dell’arte. Per il resto, il patrimonio culturale della città conta moltissime chiese (tanto che nel Medioevo si diceva che ci fossero più chiese che case, e in quella del Duomo è conservata la preziosissima Annunciazione Malchiostro di Tiziano), diversi monumenti civili di grande interesse e storici luoghi di ritrovo, come la bella piazza del Duomo, ma anche, non si dimentichi, un’antichissima università nata nel XIII secolo e adesso ravvivata dalle facoltà di Giusprudenza, Lingue, Disegno industriale ed Economia appartenenti alle sedi dislocate dell’Università di Padova e della Ca’ Foscari di Venezia. In epoca medievale Treviso vantava una fiorente attività artigianale e mercantile: quasi interamente penetrata dalle acque dei due fiumi Sile e Bordaniga, ha uno dei suoi simboli nel mulino: anticamente era infatti soprannominata “il granaio di Venezia” poiché

La Loggia dei Cavalieri

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proprio qui era prodotta la farina che veniva poi esportata nel maggiore centro veneto e nei territori limitrofi; si ricorreva inoltre all’uso delle stesse strutture molitorie anche per altre attività, come la lavorazione del ferro e la colorazione dei tessuti. Ma il rapporto speciale tra Treviso e l’acqua non si esaurisce qui: camminando per le bellissime vie del centro si è quasi sempre accompagnati da quelli che i trevigiani chiamano “cagnani”, cioè dalle molteplici diramazioni dei due grandi fiumi cittadini, ed è quantomai suggestivo immergersi nell’umido passato del quartiere dei Buranelli, dove in epoca medievale i pescatori di Burano venivano a riposarsi nelle loro abitazioni sull’acqua, costruite, come molte altre in città, su pali di pietra o mattoni. All’inizio del mese di luglio di quest’anno nel centro storico è stato avviato il progetto “Treviso città per i giovani”, volto a incentivare la partecipazione di bambini e ragazzi alla vita trevigiana: sono state lanciate iniziative di sport, musica e cultura per migliorare un settore della vita locale già discretamente sviluppato, quello del divertimento. In effetti, oltre che di una notevole varietà di impianti sportivi, musei e teatri, Treviso è anche ricca di svago notturno di cui godono anche gli abitanti delle altre province venete: la zona della Fonderia raccoglie tre dei locali serali più frequentati,

Il canale Medio o canale dei Buranelli

mentre chi desidera assaggiare prodotti tipici del territorio può scegliere tra una trentina di ristoranti al centro, che offrono una vasta varietà di piatti della cucina tradizionale veneta e locale. Per quanto riguarda l’attenzione all’ambiente, la situazione presenta luci e ombre: dal 2010 è attivo un utile servizio di bike sharing, mentre dal mese di novembre 2013 è entrato in vigore il provvedimento riguardo alla raccolta differenziata dei rifiuti porta a porta su tutto il territorio comunale, che consente una maggiore vivibilità a livello cittadino e un minore impatto ambientale. Purtroppo le cose non vanno altrettanto bene dal punto di vista dell’inquinamento: risale ai primi mesi del 2013 il monito di Legambiente relativo all’altissima concentrazione di polveri sottili nell’aria: nella classifica delle città italiane più inquinate Treviso si colloca infatti alla quinta posizione per la presenza al metro cubo di polveri sottili. Vivere a Treviso vuol dire anche venire a contatto con molte culture diverse: dal 2005 al 2010 si è registrato un consistente aumento della presenza di residenti stranieri nella provincia, dato peraltro in costante crescita. Una tale varietà etnica si riflette su tutti gli ambiti civili, e in primo luogo sulle strutture scolastiche; a questo proposito, dal 2013 l’Assessore per le politiche per l’immigrazione e per la scuola ha rilasciato 101


Treviso

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agli studenti della scuola dell’obbligo immigrati nati in Italia, come segno di promozione culturale, un simbolico riconoscimento dell’appartenenza alla comunità locale. Ma Treviso è una città sicura? La percezione quasi unanime, che ha portato la zona ad aggiudicarsi posizioni bassissime nelle classifiche della criminalità italiana (e quindi alte in quelle della qualità della vita), sembra smentita dalla crescente apprensione dei trevigiani, molti dei quali negli ultimi anni dichiarano di aver registrato un parziale peggioramento del rispetto della legge. È pur vero che negli ultimi anni l’Italia è attraversata da una sotterranea preoccupazione popolare. Innanzitutto la dilagante disoccupazione, flagello che a Treviso ha colpito soprattutto operai specializzati e ben 1500 aziende che hanno chiuso i battenti nell’ultimo anno; preoccupazione anche per i giovani, per i quali è sempre più difficile ottenere un contratto in questo periodo di forte precarietà. Insomma, come accade in molte zone d’Italia, c’è un crescente inasprimento delle condizioni sociali ed economiche, nonché un sensibile calo del benessere medio. Nonostante queste innegabili criticità, tuttavia, Treviso resta una città in cui le prospettive degli stessi abitanti appaiono decisamente migliori rispetto a quelle della maggior parte degli altri centri urbani nazionali: la qualità della vita è molto alta grazie al suo sviluppo amministrativo e alla sua grande modernità, che fanno di questo comune veneto quello con il reddito medio pro capite più alto (17.741 euro) dopo Cortina d’Ampezzo.

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le Tradizioni

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e tradizioni venete hanno una lontana origine ma sono straordinariamente presenti ancora oggi in ogni angolo della regione: dal dialetto alle feste popolari, ogni comunità si sente rappresentata da queste manifestazioni attraverso un forte senso di appartenenza. In alcuni casi le usanze si legano ad antichi motivi magici oppure a rappresentazioni sacre, ma anche a giochi, processioni e gare. La partita a scacchi umani di Marostica, il Palio di Montagnana e il Palio della Marciliana di Chioggia sono solo alcuni tra gli appuntamenti più importanti con la tradizione. La manifestazione più rappresentativa però è sicuramente la storica regata di Venezia che si svolge la prima domenica di settembre nelle acque del Canal Grande con imbarcazioni che riproducono quelle tipiche cinquecentesche e che vedono la partecipazione di tutta la cittadinanza in memoria del gesto di Caterina Cornaro, sposa del re di Cipro, che nel 1489 rinunciò al trono in favore di Venezia. Rimanendo sempre in città, la Su e Zo per i ponti è uno dei tanti eventi tradizionali che si svolgono in città. Si tratta di una marcia non competitiva alla quale può partecipare chiunque abbia voglia di trascorrere qualche momento irripetibile tra le calli e i campi di Venezia. La gara podistica si svolge in primavera, durante una domenica del mese di marzo o aprile, quando il clima diventa più mite e i partecipanti possono approfittare dell’occasione per godersi una giornata all’aperto. La sua caratteristica è che riesce ad attirare anche molti gruppi di appassionanti provenienti da ogni angolo d’Italia, non solo quindi i veneziani. Ma la Laguna è anche scenografia del Palio delle Repubbliche Marinare, una competizione annuale disputata tra le quattro Antiche Repubbliche Marinare che a turno ospitano e organizzano l’evento. In questo modo si celebrano

La partita a scacchi viventi sulla piazza a scacchiera di Marostica

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i fasti e si rievocano le vicende delle flotte che dominarono nel medioevo tutto il Mediterraneo. L’idea nacque nel 1954 e da allora, ogni anno, la manifestazione è organizzata a turno dalle quattro città. La gara fra imbarcazioni è preceduta di solito da uno spettacolare corteo, con bandiere, trombe e tamburi, durante i quali ogni Repubblica rievoca importanti episodi legati alla storia marinara della propria città. Tra le feste religiose va menzionata quella del Redentore, la terza domenica di luVenezia, Fuochi d’artificio per la Festa del Redentore glio, che simboleggia la fine dell’epidemia di peste del XVI secolo e che si divide tra i festeggiamenti del sabato notte, con banchetti e danze nelle piazze, gli spettacoli pirotecnici a seguire e la processione di domenica in cui si raggiunge il tempio del Redentore attraversando un lungo ponte di barche. La tradizione vuole che la peste del 1575-1577 sia cessata proprio per opera della Vergine. Ma tanti sono i modi di vivere il folclore veneto, anche senza il calendario alla mano. Sono, infatti, numerosissime le sagre contadine con la messa in mostra dei prodotti tipici delle zone e delle stagioni: quella degli asparagi di Bassano del Grappa, del radicchio rosso di Treviso, del Prosecco di Valdobbiadene, delle ciliegie di Marostica, o le altre costumanze più nascoste ma ugualmente fascinose come la Grande Rogazione di Asiago – una processione di 30 chilometri in uno scenario di incredibile bellezza. Una delle manifestazioni più importanti tra tutte le attività remiere di primavera è la Vogalonga. Nata nel 1974, è stata sempre sostenuta da un gruppo di veneziani appassionati di voga per rievocare le tradizioni remiere della Serenissima. Ma la Vogalonga è nata anche come momento di protesta e di sensibilizzazione dei veneziani Venezia, sbandieratori al Carnevale - Pecold - Shutterstock.com e delle autorità ai problemi del moto ondoso: un evento simbolico dove a farla da padroni, almeno per un giorno, sono le barche a remi. Da quarant’anni infatti l’evento regala alla città una giornata senza il traffico acqueo e l’inquinamento acustico causato dalle barche a motore. Il percorso permette di attraversare 30 chilometri di canali e le isole più caratteristiche della laguna nord, fino alla Punta della Dogana. Negli ultimi anni il successo della manifestazione ha accresciuto anche la presenza straniera, promuovendo anche l’artigianato locale legato al restauro e alla costruzione delle imbarcazioni. Da questa breve carrellata, capiamo che dietro alle forme anche più semplici di cultura popolare si celano aspetti essenziali dell’identità di un qualsiasi gruppo umano, e ciò è particolarmente evidente nelle mille sfaccettature del Veneto. La veloce evoluzione del progresso sembra oggi più che mai contrastare con la salvaguardia di antiche memorie, di forme d’espressione e di fenomeni folcloristici ma, come abbiamo visto, c’è ancora qualcuno che cerca di trattenere in superficie la peculiarità di questo angolo d’Italia custodendone gelosamente le bellezze e proponendole al mondo. Camilla Spinelli Venezia , la Festa delle Marie

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SUA MAESTà Il Carnevale

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l Carnevale di Venezia, anche a più di novecento anni di distanzadal primo documento che fa riferimento a questa festa, conserva intatto il suo fascino e si presenta come uno degli eventi più affascinanti del Nord Italia. Si hanno ricordi delle festività del Carnevale fin dal 1094, sotto il dogato di Vitale Falier, in un documento che parla dei divertimenti pubblici nei giorni che precedevano la Quaresima. Il primo documento ufficiale a dichiarare il carnevale un evento pubblico è invece del 1296 con la dichiarazione del Senato della Repubblica che sancì la festività dell’ultimo giorno di Quaresima. Tuttavia il Carnevale ha tradizioni molto più antiche che rimandano ai culti ancestrali di passaggio dall’inverno alla primavera, culti presenti in quasi tutte le società, basti pensare ai culti dionisiaci nei quali il motto era “Semel in anno licet insanire” ed è simile lo spirito che anima le oligarchie veneziane e le classi dirigenti latine con la concessione e l’illusione ai ceti

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più umili di diventare, per un breve periodo dell’anno, simili ai potenti, concedendo loro di poter burlare pubblicamente i ricchi indossando una maschera sul volto. Infatti Attraverso l’anonimato che garantivano maschere e costumi, si otteneva una sorta di livellamento di tutte le divisioni sociali ed era autorizzata persino la pubblica derisione delle autorit. Evidentemente tali concessioni erano largamente tollerate e considerate un provvidenziale sfogo alle tensioni e ai malumori che si creavano inevitabilmente all’interno della Repubblica di Venezia, che poneva rigidi limiti su questioni come la morale comune e l’ordine pubblico dei suoi cittadini. Se un tempo il Carnevale era molto più lungo e cominciava addirittura la prima domenica di ottobre, arrivando fino ai giorni che precedevano la Quaresima, oggi il Carnevale ha la durata di circa dieci giorni in coincidenza del periodo pre-pasquale ma la febbre del Carnevale comincia molto tempo prima anzi, forse non è scorretto dire che, a Venezia, la febbre del Carnevale non si arresti mai. Un tempo il Carnevale consentiva ai Veneziani di lasciar da parte le occupazioni per dedicarsi totalmente ai divertimenti, si costruivano

palchi nei campi principali, in ogni slargo e soprattutto in Piazza San Marco. La gente accorreva per ammirare i giocolieri, i saltimbanchi, gli animali esotici provenienti dall’oriente, meta del viaggio del più famoso tra i veneziani: Marco Polo. Oltre agli spettacoli pubblici si diffondevano nel periodo del Carnevale una moltitudine di spettacoli e feste (spesso molto trasgressive) anche in abitazioni private, nei teatri e nei caffè. Per molti giorni all’anno, il mondo sembrava non opporre più resistenza i desideri diventavano realizzabili e non c’era pensiero o atto che non fosse possibile. Questa era Venezia nel Settecento, il secolo che, più di ogni altro, la rese luogo dalle infinite suggestioni e patrimonio della fantasia del mondo. Venezia era allora il mondo dello scrittore passato alla storia come il libertino per antonomasia: Giacomo Casanova. Venezia era in quel periodo una sorta di microcosmo superficiale, festante, Un mondo di pittori come il Tiepolo e del padre della Commedia dei Caratteri, uno dei più grandi autori del teatro europeo di tutti i tempi: Carlo Goldoni. Nel XIX secolo, invece, Venezia e il suo Carnevale incarnano in pieno il periodo romantico e così la festa di-

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Nel cuore di Venezia, a pochi passi da Piazza San Marco vi attendono le 9 Sale dellʼAntico Ridotto, ideale per eventi da 20 a 600 persone Nel cuore di Venezia, a pochi passi da Piazza San Marco vi attendono le 9IlSale dellʼAntico Ridotto, ideale eventi da 20 a sorge 600 persone Monaco & Grand Canal, riuscito mix di per tradizione e modernità dalla fusione dei palazzi Nel cuore di Venezia, a 1638, pochiaccolsero passi da Piazza San Marco vi Selva e Dandolo che qui, nel il primo Casinò organizzato al attendono mondo, luogo le di giochi Ildi Monaco & Grand Canal, riuscitoideale mix di tradizione e modernità fusione dei palazzi mondanità, 9 Sale dellʼAntico Ridotto, per eventi da 20 asorge 600dalla persone

Selva e Dandolo che qui, nel 1638, accolsero il primo Casinò organizzato al mondo, luogo di giochi diInmondanità, posizione impareggiabile, l’Hotel & Grand Canal si affaccia là dove le acque del bacino Il Monaco & Grand Canal, riuscito mixMonaco di tradizione e modernità sorge dalla fusione dei palazzi di San Marco siche incontrano le accolsero acque del ilCanal un passo daalPiazza San Marco, secoli Selva e Dandolo qui, nel con 1638, primoGrande. CasinòAorganizzato mondo, luogo di giochi Inorposizione impareggiabile, l’Hoteldelle Monaco Grand Canal si affaccia là dove le acque del bacino sono fu lussuoso palcoscenico molte&conquiste del Casanova. di mondanità, di San Marco si incontrano con le acque del Canal Grande. A un passo da Piazza San Marco, secoli orIlsono fu lussuoso palcoscenico delle molte del Casanova. è riuscito a far rivivere nel recente e impareggiabile, sapiente restauro, valorizzato daconquiste tocchi di Canal contemporaneità, In posizione l’Hotel Monaco & Grand si affaccia là dove le acque del bacino palazzo i fasti e le emozioni della Serenissima. di San Marco si incontrano con le acque del Canal Grande. A un passo da Piazza San Marco, secoli IlQui, recente e sapiente restauro, valorizzato da tocchiè di contemporaneità, è riuscito a far rivivere il fascino di un passato ovunque : nelle cento stanze, tra barocco e nel or sonoinfatti, fu lussuoso palcoscenico dellememorabile molte conquiste del Casanova. palazzo i fasti eche le emozioni Serenissima. minimalismi, vi farannodella vivere in grande stile Venezia, negli splendidi mosaici del Cadorin, nei Qui, infatti, il fascino di unvetrai passato memorabile èpareti ovunque nelle cento stanze, negli tra barocco e dei maestri muranesi, e nei: soffitti in cristallo, Ilpreziosi recente evasi sapiente restauro, valorizzato danelle tocchi di contemporaneità, è riuscito a faresclusivi riviverearredi nel minimalismi, che vi faranno vivere in grande stile Venezia, negli splendidi mosaici del Cadorin, nei di design palazzo i fasti e le emozioni della Serenissima. preziosi vasi dei maestri vetrai muranesi, nelle pareti e nei soffitti in cristallo, negli esclusivi arredi Qui, infatti, il fascino di un passato memorabile è ovunque : nelle cento stanze, tra barocco e diL’impronta design ed vivere innovativa caratterizza anche lanegli famosa cucinamosaici del Ristorante Grandnei minimalismi, tradizionale che vi faranno in grande stile Venezia, splendidi del Cadorin, Canal, arricchito da una favolosa terrazza con vista mozzafiato sui tesori dell’antica Repubblica. preziosi vasi dei maestri vetrai muranesi, nelle pareti e nei soffitti in cristallo, negli esclusivi arredi L’impronta tradizionale ed innovativa caratterizza anche la famosa cucina del Ristorante Grand di design Canal, da unasulla favolosa terrazza conspecialità vista mozzafiato sui tesori dell’antica Repubblica. Il suoarricchito menù è basato freschezza delle dell’adriatico e sulle verdure coltivate nelle isole della laguna. Il ristorante è frequentato dai veneziani stessi L’impronta tradizionale ed innovativa caratterizza anche la famosa cucina del Ristorante Grand Il suo menù è basato sulla freschezza delle specialità dell’adriatico e sulle verdure coltivate nelle Canal, arricchito da una favolosa terrazza con vista mozzafiato sui tesori dell’antica Repubblica. isole della laguna. Il ristorante è frequentato veneziani stessi Straordinarie anche le nove sale del Ridotto,dai perfette per prestigiosi eventi e congressi internazionali Il suo menù è basato sulla freschezza delle specialità dell’adriatico e sulle verdure coltivate nelle Straordinarie anche le nove sale del Ridotto, perfette per prestigiosi eventi e congressi internazionali isole della laguna. Il ristorante è frequentato dai veneziani stessi

venta meta di artisti, scrittori, musicisti, avventurieri e bellissime dame di tutto il mondo: Sissi d’Austria, Wagner, Byron, George Sand, Ugo Foscolo.Il Carnevale ebbe un momento di stasi dopo la caduta della Repubblica di Venezia perché malvisto dalla temporanea occupazione di austriaci e francesi, questo portò allo spostarsi della tradizione nelle isole, Burano, Murano, dove si continuò a festeggiare. Solo alla fine degli anni Settanta del XX secolo alcuni cittadini e associazioni civiche si impegnarono per far risorgere il Carnevale che venne inaugurato nel 1979, considerabile l’anno zero del carnevale contemporaneo. Infine solo nel 1999 l’antichissima Festa delle Marie è stata ripristinata, con un’atmosfera che unisce la rievocazione storica dell’antico corteo con le fanciulle ad un più moderno concorso di bellezza in costume. Nelle settimane che precedono il Carnevale, si tiene una sorta di selezione tra le giovani bellezze locali per scegliere le dodici Marie destinate a sfilare come protagoniste del corteo, durante la celebrazione. Il Carnevale dei nostri giorni è un magnifico happening che coinvolge sponsor e investitori internazionali, media nuovi e vecchi, soggetti culturali, riuscendo a proporsi come evento in grado di richiamare folle di curiosi da tutto il mondo con migliaia di maschere in festa e un gioioso clima che pervade l’aria dell’intera laguna.

Straordinarie anche le nove sale del Ridotto, perfette per prestigiosi eventi e congressi internazionali

San Marco, 1332 - 30124 Venezia Telefono: +39-041-5200211 - Fax: +39-041-5200501 San Marco, 1332 - 30124 Venezia E-mail: events@hotelmonaco.it - Web: www.hotelmonaco.it Telefono: +39-041-5200211 - Fax: +39-041-5200501 E-mail: events@hotelmonaco.it - Web:Venezia www.hotelmonaco.it San Marco, 1332 - 30124 Telefono: +39-041-5200211 - Fax: +39-041-5200501 E-mail: events@hotelmonaco.it - Web: www.hotelmonaco.it

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la Regata storica

V

enezia è una città storica e antica, che nel corso dei secoli ha visto l’avvicendarsi di uomini, tradizioni, potentati, epoche. Eppure ci sono eventi e tradizioni che viaggiano nel tempo, proiettandosi dall’antichità ai giorni nostri, immutate nel prestigio. Una di queste è senz’altro la regata storica, evento settembrino della laguna più famosa del mondo che getta luce su una delle attività più celebrate della Serenissima. Sembra che la storia inizi addirittura prima del mille, quando un’incursione di pirati decretò il rapimento delle veneziane allora in età da marito; un ratto delle sabine lagunare che suscitò la reazione degli uomini, i quali si gettarono sulle imbarcazioni e, vogando alla disperata, raggiunsero e liberarono le loro donne. L’inizio della regata storica è successivo, ma si tratta comunque di una tradizione antecedente al Rinascimento e quindi di origini ben remote. La particolarità della regata sta nella disciplina sportiva alla base della gara, uno stile di voga unico al mondo, puramente veneziano, che forse permette di dare maggiore peso alle leggende alla base della manifestazione. La veneta è una tecnica di voga tipicamente lagunare che permette a un rematore di condurre da solo un’intera imbarcazione con l’uso di uno o addirittura due remi. Dal momento che la barca manca di timone, il rematore voga in piedi nella zona della prua, equipaggiato con un remo libero sulla cosiddetta forcola, ovvero un punto d’appoggio per il remo (scalmo) studiato apposta per questo stile di voga,

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che permette libertà di movimento e soprattutto la possibilità di direzionare la barca, dal momento che mancano timone e timoniere. La voga veneziana ha favorito notevolmente lo sviluppo e l’espansione urbanistica della laguna, permettendo a un rematore di muoversi con grande agilità e rapidità nei canali veneziani. Questo stile dunque non fa solo parte della tradizione, ma è uno dei fondamenti stessi della magica laguna veneta che tanto fa impazzire il mondo. Le gare che si svolgono durante la regata storica sono: la regata de le maciarele (suddivisa in una partenza riservata ai ragazzi fino ai 12 anni e una per quelli fino ai 14), la regata dei giovanissimi su pupparini a due remi, la regata delle donne su mascarete a due remi, la regata delle bisse del lago di Garda, la regata su caorline a sei remi, la regata dei campioni su gondolini a due remi. La più seguita è la regata dei campioni, forse la più appassionante grazie alle grandi velocità che i vogatori raggiungono sui gondolini, sfrecciando nel Canal Grande fino all’arrivo sotto il palazzo Ca’ Foscari. La regata storica, però, non è solo una gara, o quanto meno non lo è più. Oggi è l’appuntamento principale del calendario delle gare di voga alla veneta, ma è anche una festa: la gara è preceduta da uno spettacolare corteo storico, una sfilata di decine e decine di imbarcazioni cinquecentesche che si muovono come i carri di altri cortei sulle placide acque lagunari, trasportando uomini e donne in costume in una ricostruzione di incredibile accuratezza di quelli che erano gli usi e le tradizioni di uno dei momenti di massimo splendore di una delle Repubbliche Marinare più importanti della storia italiana e del Mediterraneo. La rievocazione si basa su un evento storico 113


hotel carlton a ferrara

L

’Hotel Carlton a Ferrara, è anche Dependance Carlton (appartamenti per soggiorni brevi, formula all-inclusive) e Casalbergo Carlton (appartamenti per soggiorni medio-lunghi). L’Albergo Carlton è situato in centro città a Ferrara, in una posizione tranquilla ed ideale, essendo a circa 200 metri dal Castello Estense, dal Duomo, dal Teatro Comunale. Poco distanti sono anche il Palazzo dei Diamanti e l’ Università di Ferrara. La Fiera di Ferrara è a soli cinque chilometri. Per gli incontri di lavoro l’Hotel Carlton è dotato di un’area business composta da una Sala Meeting per i congressi e da due sale riunioni in grado di accogliere fino a 80 persone. Tutto l’hotel è coperto dal servizio internet wi-fi gratuito. L’Hotel Carlton dispone anche di un ampio garage privato.

via Garibaldi 93 - 44121 Ferrara Tel. 0039-0532-211130 - Fax 0039-0532-205766 - info@hotelcarlton.net - www.hotelcarlton.net

tra i più ricordati dai veneziani, ovvero l’accoglienza riservata alla dogaressa Caterina Cornaro nel 1489 quando, sposa del re di Cipro, rinunciò al trono in favore di Venezia. In maniera del tutto similare al Palio di Siena, ci sono dei termini storici, propri della gara, che ricorrono in tutte le manifestazioni sportive che la regata storica del Canal Grande include: lo spagheto, ossia il cordino teso davanti alle imbarcazioni alla partenza; il paleto, un palo infisso davanti alla stazione di Santa Lucia che, secondo la tradizione, determina i vincitori della gara; la machina, forse il più celebre e importante, ovvero un vero e proprio edificio galleggiante ancorato davanti a Cà Foscari per l’occasione. La machina è il punto di arrivo delle gare, nonché luogo di premiazione e celebrazione. Oltre ai premi in denaro, peraltro, vengono assegnate delle bandiere che, proprio come a Siena, sono forse ben più importanti della mera ricompensa pecuniaria. Al primo è consegnata la bandiera rossa, al secondo la bianca (un tempo celeste), al terzo la verde, al quarto la blu (in passato gialla su cui campeggiava un maialino). I vincitori della regata storica vengono premiati davanti al numeroso pubblico della regata, cittadino e non, dalle più alte cariche istituzionali veneziane. Le bandiere della manifestazione, premi di grande prestigio, fregiano i rematori del titolo della regata che sono tenuti in gran considerazione nel settore agonistico della voga.

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economia & imprese

È

Quando un uomo afferma che col denaro si puo’ ottenere tutto, puoi essere certo che non ne ha mai avuto

innegabile: il Veneto è stato ed è tutt’oggi una delle regioni trainanti dell’economia italiana. I settori sono i più disparati, questo anche grazie alla varietà del territorio, che a partire da una costa sviluppata e caratteristica, rinomata a livello turistico, si dipana in una regione tra il padano e il collinare, fino ad arrivare alle vette di Cortina d’Ampezzo. Il Veneto è dunque ‘accerchiato’ dal turismo, che pure rappresenta un indotto importante, ma c’è molto di più. Il Veneto è una regione caleidoscopica e ad un’industria tessile fortemente radicata si affianca la notevole produzione agricola, elemento fondante di quasi tutte le regioni del nord: grano, patate, mais, riso, frutta e soprattutto diversi tipi di vigneti da cui si ottengono vino e prosecco tra i migliori dello stivale. Sono senz’altro le propaggini della Pianura Padana a rappresentare l’area coltivabile più importante del Veneto, e se queste distese di produzioni agricole non incantano per il paesaggio, è pur vero che rappresentano un polmone colturale di grande spessore. Per quanto riguarda la produzione vitivinicola, si sbaglia a pensare che il Veneto sia una delle regioni più importanti a livello nazionale: i vini di questa regione, e le sue produzioni agricole, sono celebri in tutto il mondo. Bardolino, Valpolicella o Prosecco sono solo alcuni esempi dei prodotti che vedono la luce tra le dolci colline di Verona, Treviso e Vicenza. La pianura, invece, è prevalentemente orientata alla produzione agricola nel vero senso della parola; scivolando verso il mare, invece, il settore agroalimentare offre notevoli impianti di frutticoltura. Proprio la laguna, poi, rappresenta un’altra grande fetta dei ricavi regionali grazie alla pescicoltura e alla ostricoltura. Se la pesca ha

Aristotele Onassis

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una lunga tradizione nel Veneto, però, c’è da registrare un calo negli ultimi anni, fondamentalmente dovuto a una diminuzione del numero di pesci nelle acque lagunari. Resta vivo anche l’artigianato, e in questi termini la regione offre produzioni di grande pregio, come i vetri artistici di Murano, i merletti di Burano, la ceramica di Bassano o i celebri mobili in stile di Cerèa, nel veronese. Un altro aspetto dell’economia regionale è chiaramente rappresentato dall’industria, principalmente orientata verso quella tessile e pesante. Fino agli inizi del XX secolo i veneti spiccavano ai primi posti nelle liste degli emigranti: intere generazioni venete si sono spostate in America, nello specifico nell’emisfero meridionale. Negli ultimi anni, invece, il settore industriale veneto ha vissuto un enorme boom che ha reso la regione una delle più importanti zone economiche italiane. Non solo, ma molte aziende hanno preso baracche e burattini e hanno trasferito i loro centri di produzione proprio in Veneto. Alla tradizione industriale regionale, dunque, che annovera nomi come Diesel, Replay o Benetton, si è affiancata una serie di realtà industriali di grande valore economico, molte delle quali si sono concentrate nei dintorni di Verona e Vicenza. Che è un centro di grande importanza per il mondo dell’oreficeria. Non tutti sanno, inoltre, che il marchio Aprilia ha scelto il

Veneto, e nello specifico Noale, come sede di lavoro, e anche altri marchi come De Longhi, Electrolux o Geox si sono distribuiti nel trevigiano. Il più grande produttore di occhiali in tutta l’Europa, Luxottica, ha sede ad Agordo. Imprese di ogni tipo, ma soprattutto di medie e piccole dimensioni, sono diffuse in tutta la regione: stabilimenti grafici a Verona, i tessuti e filati a Schio e Valdagno, di biciclette a Padova e a Vittorio Veneto, di macchine agricole a Padova e Verona, calzaturifici a Treviso, Verona, oreficerie e concerie a Vicenza. Già di per sé questo elenco di grandi nomi che hanno scelto il Veneto come alcova per la loro produzione industriale dovrebbe essere sufficiente a dare un’idea dell’importanza della regione per il settore economico italiano. Se non bastasse, tuttavia, è sufficiente analizzare il Pil regionale, che nonostante la profonda crisi economica continua a reggere, assestandosi su livelli incredibilmente elevati (al 2010 era di quasi 147.000 milioni di euro) e contribuendo nel settore industriale italiano in misura importante. Uno dei dati che più sconvolge è forse quello che vede il Veneto superare di quasi 10 punti percentuali l’Italia in termini di incidenza dell’industria sull’economia. Il contrappasso di questo dato sta nell’amministrazione pubblica, che in Veneto rappresenta un introito ben al di sotto della media nazionale. Per 118

quanto riguarda l’industria pesante, Mestre e Porto Marghera formano una delle maggiori concentrazioni industriali d’Italia: a Porto Marghera arrivano via mare le materie prime destinate alle raffinerie di petrolio, ai complessi chimici e agli stabilimenti metallurgici che producono acciai, ghisa, zinco e alluminio. Un altro aspetto da non sottovalutare è quello energetico. Non tutti lo sanno, ma il Veneto occupa il secondo posto tra le regioni italiane per la produzione di energia elettrica, fornita dalle centrali create lungo i corsi d’acqua. Lungo il Piave e il Brenta, ad esempio, vi sono numerosi bacini artificiali. Tutto questo, bene inteso, senza prendere in esame il turismo, che è indubbiamente uno dei settori economici più prosperi del Veneto. Basterebbe la sola città di Venezia a rendere, con i molti milioni di turisti che ogni anno la affollano, il Veneto una delle attrazioni principali di tutta l’Italia. La regione occupa infatti il primo posto per affluenza in Italia con oltre 14 milioni di turisti. Nonostante dati così sbilanciati, però, il Veneto è molto di più di una semplice entroterra della città di Venezia: numerose località balneari intorno a Caorle, Bibione e Jesolo, così come il Lago di Garda, attirano molti turisti d’estate; d’inverno invece i principali punti di ritrovo turistico sono le tante località sciistiche intorno a Cortina d´Ampezzo, così come Venezia stessa, che con il suo carnevale diventa punto di attrazione per un numero pressoché infinito di visitatori.

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Il modello di consulenza

Banca Fideuram, pioniera sul mercato italiano per aver offerto la consulenza finanziaria in modo gratuito a tutti i suoi clienti, garantisce in ogni momento la massima assistenza nelle scelte di investimento e il massimo livello di tutela previsto dalla normativa vigente attraverso un modello di consulenza scalabile che include: il servizio di “consulenza base” e il “servizio di consulenza evoluta Sei”, quest’ultimo anche nella versione dedicata alla clientela Private. Il servizio di “consulenza base”, offerto gratuitamente a tutti i clienti, prevede la profilatura finanziaria e l’analisi preventiva di adeguatezza – in termini di rischiosità, liquidabilità, concentrazione ecc. – di ogni singola operazione rispetto all’intero portafoglio detenuto dal cliente. L’ampiezza dei criteri presi in considerazione dal modello posizionano il servizio di consulenza base ai vertici del mercato. Ai clienti con esigenze più complesse è dedicato il “servizio di consulenza evoluto Sei”, che: • permette un’allocazione delle risorse patrimoniali nelle sei aree di bisogno della clientela: protezione, liquidità, riserva, investimento, previdenza ed extra-rendimento; • consente il controllo ex ante ed ex post dei principali fattori di rischio, sia in relazione al patrimonio gestito presso Banca Fideuram, sia per le risorse detenute presso altri intermediari. I riscontri ottenuti dalla clientela sono molto positivi: Fideuram ha più di 24 miliardi di masse sotto consulenza Sei e più di 58 mila clienti hanno sottoscritto il servizio. Sede di Padova - Banca Fideuram

Il gruppo Banca Fideuram in veneto Il gruppo Banca Fideuram è leader di mercato nella consulenza finanziaria: • è presente in Italia con più di 5.000 private banker, appartenenti alle due reti di distribuzione Fideuram e Sanpaolo Invest; • amministra una ricchezza finanziaria di 88 miliardi di euro per conto dei suoi 630 mila clienti. Fideuram offre un servizio di consulenza finanziaria evoluto e ha una gamma prodotti sempre al passo con l’evoluzione delle esigenze della clientela. Nel risparmio gestito collabora con le più prestigiose case di asset management internazionali, in una logica di architettura aperta. Nel risparmio amministrato offre servizi bancari completi e di private placement. Offre servizi fiduciari tramite una società dedicata, Fideuram Fiduciaria, oltre a servizi di consulenza fiscale, legale e immobiliare, grazie a importanti partnership con le principali società specializzate.

Fideuram e Sanpaolo Invest in Veneto

Banca Fideuram è presente in Veneto con 294 private banker e 8 manager che operano presso 7 sportelli bancari e 20 uffici di promotori finanziari. I promotori Fideuram amministrano nella regione una ricchezza finanziaria di circa 6 miliardi di euro per conto di 40 mila clienti. Sanpaolo Invest è presente in questa regione con 66 promotori e 3 manager che amministrano in Veneto una ricchezza finanziaria di circa 1 miliardo di euro per conto di 7.500 clienti.

Sede di Verona - San Paolo Invest

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I clienti private

Fideuram presta particolare attenzione al segmento dei clienti private, per i quali l’assistenza, oltre ad un supporto nella pianificazione finanziaria, va estesa anche a bisogni non strettamente finanziari, quali ad esempio l’ottimizzazione fiscale, le tematiche successorie legate al passaggio generazionale, i servizi fiduciari e di asset protection, la tutela del tenore di vita. Questi temi, validi per molti clienti, lo sono ancor di più per un cliente private in quanto al crescere dell’importanza del patrimonio queste esigenze di protezione diventano prioritarie. Fideuram conta oggi più di 31 mila clienti private e 41 miliardi di euro in gestione per questo segmento. A clienti singoli o gruppi familiari con una ricchezza finanziaria superiore ai 2,5 milioni di euro è dedicata la Service Line Private, con centri a Torino, Milano, Brescia, Padova, Bologna, Firenze, Roma e Catania. A partire da aprile 2013 Banca Fideuram è poi disponibile Sei Private, una versione potenziata del servizio di consulenza evoluta, personalizzato sulle specifiche caratteristiche della clientela private.


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Passaggio generazionale: soluzioni Quello del passaggio generazionale è un tema sul quale Banca Fideuram punta con grande decisione. La ragione è semplice. Basti pensare che nel nostro paese ogni anno sono circa 80 mila le imprese a controllo familiare coinvolte in un ricambio generazionale, che due aziende su tre non sopravvivono a questo passaggio e che i problemi di successione costituiscono la seconda causa di cessazione di un’attività imprenditoriale. Questo perché gli imprenditori si focalizzano spesso sull’attività della loro impresa, sottovalutando la fase successoria e contando sul buon senso degli eredi. Per proteggersi dai rischi è quindi necessaria una corretta pianificazione. Gli strumenti a disposizione sono tanti e ciascuno ha vincoli e vantaggi. La priorità resta il testamento e, almeno nelle situazioni più semplici, si può optare per prodotti assicurativi, patti di famiglia o donazioni: basti pensare che la combinazione efficiente di due o tre strumenti tra quelli elencati risolve l’80% delle successioni; per i casi più complessi occorrono soluzioni più articolate, quali trust e holding. Per far fronte al passaggio generazionale Banca Fideuram offre ai clienti un servizio di analisi e supporto gratuito. Restano in carico al cliente solo le spese notarili e per consulenze fiscali legateai prodotti assicurativi.

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Fideuram Mobile Solution fornisce in mobilità gli strumenti di supporto alla consulenza. Questo vuol dire flessibilità, risparmio di carta, riduzione degli inserimenti manuali, maggiore velocità e semplicità nella finalizzazione delle operazioni. Una volta predisposta una proposta commerciale approvata dal cliente, un unico ambiente applicativo consente al private banker di completare le verifiche di adeguatezza e mandare in esecuzione gli ordini. Il tutto senza utilizzo di carta poiché, se il cliente lo desidera, può apporre la sua firma elettronica con gli strumenti già utilizzati per l’operatività online. Il successo di questa novità è dimostrato dal crescente gradimento da parte clienti e promotori.

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23/09/14 12.32


turismo & Hôtellerie

più fruibili ottimizzando gli spazi e per migliorare la collaborazione tra pubblico e privato attraverso lo sfruttamento del territorio in maniera più globale. Partendo da questo scenario, il Veneto ha presentato anche una mappatura delle strutture turistiche accessibili da tutti e dove non esistono barriere architettoniche. Si tratta di semplici ristoranti ma anche di strutture termali, alberghi, agriturismi e semplici campeggi. Il turismo senza barriere qualifica le strutture e i sistemi di ospitalità che si attrezzano per accogliere tutti – aumentando, tra l’altro, anche il fatturato di quasi il 20 per cento. Oltre a risultare un punto di riferimento in questo campo per tutta l’Europa, il Veneto viene scoperto e vissuto anche grazie alla varietà di servizi offerti. Dal mare alla montagna, è tutto un susseguirsi di strutture create per rispondere a qualsiasi esigenza: sul mare e nei dintorni di Venezia troviamo campeggi per ragazzi o famiglie dove lo svago la fa da padrone. Queste sono le strutture più prese d’assalto proprio da chi vuole usufruire dei migliori servizi della regione senza spendere una cifra elevate.

I

l Veneto è la prima regione turistica d’Italia e la sesta in tutta Europa. Nei primi otto mesi del 2014 gli arrivi sono aumentati del 2% rispetto all’anno precedente, per un totale di più di 12 milioni di turisti, dei quali il 65% risulta provenire dall’estero. Come si spiega questo interessantissimo risultato? Il paesaggio riesce sicuramente ad attirare turismo sia in estate che in inverno ma non può da solo generare questa mole di visite. Andando più nel profondo, scopriamo alcuni aspetti che ci aiutano a capire meglio la dinamica turistica della regione. Per esempio, negli ultimi anni il Veneto ha attuato un programma “for all” diventando regione di riferimento dell’Unione Europea per l’ospitalità accessibile. Si tratta di agire in un contesto nel quale l’accessibilità per tutti significa qualità per tutti; quindi, niente spazi ghettizzatti e ghettizzanti ma, anzi, una convivenza totale tra disabili e non. Questo approccio è stato elaborato e attuato attraverso la formazione di specifici tour operator ai quali è stato chiesto di immedesimarsi nei problemi di tutti i giorni dalle persone affette da disabilità, offrendo destinazioni che soddisfino le loro esigenze. Ma non solo: sono stati sbloccati investimenti per rendere le strutture

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L’entroterra, invece, è ricco di agriturismi che fanno della lavorazione dei prodotti tipici il loro fiore all’occhiello. L’offerta è unica visto che oltre al cibo qui vengono presentati i migliori vini della regione con degustazioni per tutti gli ospiti. Ne è un esempio il Riondini, una struttura che sorge a ridosso degli argini del fiume Adige, in un’oasi incontaminata dove gli amanti del verde e della tranquillità possono degustare anche i piatti della cucina casalinga veneta. Chi invece volesse vivere un’esperienza luxury sa che il Veneto può soddisfare le sue richieste. Sull’Isola di Giudecca, al centro dell’arcipelago veneziano, sorge l’Hotel Cipriani pronto ad accogliere i turisti che scelgono un soggiorno di pregio con vista sulla laguna. La particolarità risiede proprio nel fatto che la struttura è raggiungibile esclusivamente in barca, una caratteristica che lo rende ideale per vacanze in completa riservatezza e tranquillità. Nel cuore del capoluogo invece il protagonista è il Corte di Gabriela, prestigioso hotel che propone camera moderne in una dimora storica. La struttura non ha davvero paragoni visto che

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al suo interno ospita, tra le altre cose, una corte con un pozzo in pietra antica circondato da pareti di mattoni a vista; un ambiente isolato dove rigenerarsi nella piena tranquillità di questo angolo di Venezia. Durante queste breve carrellata non possiamo, naturalmente, non citare Cortina. Qui sorge il famoso Grand Hotel Savoia, di cinque stelle, incastonato nella valle dolomitica per eccellenza. È un tipo di struttura presa d’assalto quasi più l’inverno che l’estate, proprio grazie alla sua posizione privilegiata che permette di raggiungere gli impianti di risalita con molta facilità. Per concludere il nostro tour, ricordiamo come il Veneto ospiti ville di prestigio nelle province delle sue maggiori città. Queste vengono scelte non solo come meta vacanziera ma, soprattutto, per celebrare matrimoni nell’intimità più segreta, lontano da occhi indiscreti. I turisti più esigenti, infatti, chiedono la riservatezza di una dimora piuttosto che la vicinanza con i luoghi d’interesse, chiedendo di trascorrere le proprie vacanze lontano da occhi indiscreti. Il Veneto, quindi, riesce a tagliare su misura vacanze esclusive rivolte sia ai più piccoli che alle famiglie, in qualsiasi momento dell’anno.

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turismo

turismo

Cortile del palazzo di Orchha

India del NORD

Le meraviglie del Triangolo d’Oro

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aggiungere l’India oggi è un sogno facilmente realizzabile, tante sono le proposte che il mercato offre alla ricerca di mondi nuovi avvolti in un’aura misteriosa e affascinante in cui la fantasia mette le ali e ti spinge a partire ora, anzi subito. È importante però proporsi prima di tutto di visitare luoghi da non perdere. Impossibile gettare uno sguardo a tutto campo su questo immaginifico paese: il viaggio molto complesso e vario richiederebbe un lungo periodo di tempo tanti sono le località di indiscutibile fascino, così differenti fra loro. Dal Kerala nell’India del Sud, transitando per Mumbai, al Triangolo d’Oro ogni luogo è ricco di attrazioni e cattura sentimenti profondi di grande valore.

India, come terra di grandi contrasti: ricchezza e povertà, gioia e dolore, tutto fuso in un unicum irripetibile misticismo. Allora prendere le valige e partire alla scoperta di un viaggio che è prima di tutto un viaggio della mente, rimarrà un’esperienza fortemente emotiva ed indimenticabile. Andiamo quindi a visitare il Rajastan conosciuto come il Triangolo d’Oro. Questo Stato così ricco di storia, di suoni e di colori, conserva splendidi monumenti che hanno superato l’ingiuria del tempo e che sorgono maestosi dalle sabbie del deserto, come in un sogno lontano ed inafferrabile. Una delle città storiche dove ci si può gradevolmente immergere nello spirito del luogo alla

scoperta di un artigianato di eccezione, è Jaipur che rimanda ad antiche tradizioni mai spente: splendidi stoffe, ricami, gioielli e pietre preziose. Impossibile qui citare le tante piccole curiosità che ci vengono incontro ad ogni angolo. Fra gli innumerevoli siti storici ci limiteremo a ricordare il Palazzo dei Venti, Hawa Mahal, un grande edificio tutto rosa costruito alla fine del 700 la cui facciata è abbellita da finestre

Humajum e quello del Santo Sufi Niza Muddim Aulyia. Ma l’incontro più significativo ed emozionante è il famosissimo mausoleo del Taj Mahal, fatto costruire dall’imperatore Mogul nel 1630 in memoria dell’amatissima moglie. Il Taj Mahal è il simbolo di Agra, se non di tutta l’India ed è l’espressione della grande passione che l’imperatore aveva per la maestria e l’eleganza architettonica. Stupendi sono gli intarsi arricchiti con

finemente lavorate che consentiva alle donne di corte di vedere-non viste la vita di questo imponente palazzo. Da non mancare è il Tempio di Jami Masigd, la più grande moschea dell’India, il Forte Rosso, la Fortezza di Ferox Shak, il Curama Qil ed ancora, solo per citarne sommariamente alcuni altri, il Mausoleo dell’Imperatore

gemme preziose, nonché marmi pregiati provenienti da ogni parte del mondo. Ecco infine uno sguardo alla fantastica capitale New Delhi, metropoli ricca di monumenti, palazzi e parchi pubblici curati con passione ed orgoglio. L’India insomma è, prima di ogni altra cosa, il viaggio dell’anima. Per informazioni: UFFICIO NAZIONALE DEL TURISMO INDIANO Via Albricci, 9 - 20122 Milano Italia Tel. +39 02 804952, Fax: +39 02 72021681 E-Mail: info@indiatourismmilan.com Internet: www.indiatourismmilan.com

Ingresso ovest - Il Forte Rosso

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Taj Mahal Mosque, Agra

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TRASPORTI

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n una città unica al mondo, dove la storia respira a pieni polmoni tra strade d’acqua, canali, che hanno ispirato scrittori, pittori e cineasti, il sistema dei trasporti non può che essere il più pittoresco che si sia mai visto. Non solo. È anche il più delicato. La situazione dei trasporti pubblici nel Veneto è infatti tra le più fragili dello stivale. In una regione dove si passa da una laguna di rara bellezza, con vere e proprie città galleggianti, a montagne dal grande valore paesaggistico e turistico, i mezzi pubblici sono un elemento fondamentale per collegare fra loro le città con le località turistiche più famose. La mobilità a Venezia, città circondata e attraversata dall’acqua con una forma dall’alto del tutto simile a un pesce, è suddivisa in due principali sistemi di viabilità: quello delle vie d’acqua, come gli splendidi canali, e quello dei percorsi pedonali, che nel gergo veneziano diventano calli, campi, fondamente, salizzade. Venezia è

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una stella che è esplosa nel mar Adriatico, un agglomerato irregolare di una miriade di piccole isole strettamente collegate da un nutrito numero di ponti. Eccettuando i cittadini lagunari, sono molti i pendolari che dalla terraferma si spostano per motivi di lavoro tra i canali della città ed è proprio lì che i mezzi pubblici devono dimostrare la loro efficienza. Se l’Atvo si occupa principalmente della mobilità su terra ferma, è l’Actv, Azienda del Consorzio Trasporti Veneziano, che si occupa dei vaporetti, insoliti quanto indispensabili mezzi per muoversi nell’umido labirinto urbano di una città senza tempo. Ironicamente furono i francesi della Compagnie des bateaux Omnibus a operare per primi a Venezia, almeno finché, nel 1890, la Società Veneta Lagunare non li sostituì dando il via a un sistema di navigazione che non solo permetteva di spostarsi all’interno della Venezia acquatica, ma anche verso la terraferma. Se il trasporto pubblico

in quel di Venezia è un caso unico al mondo, e se è vero che il caos dei mezzi pubblici è una caratteristica primigenia dell’Italia, allora non deve stupire che nella laguna siano evidenti diversi disagi nei trasporti: alle normali esigenze dei mezzi pubblici globali, si aggiungono collisioni, rallentamenti tra gondole, taxi e vaporetti dovuti alle tutto sommato piccole dimensione della città e alla grande mole di turisti che l’affolla ogni giorno, in tutto l’anno. Le proteste arrivano dai passeggeri, che denunciano una situazione di traffico intenso e un numero eccessivo di mezzi, anche se ampiamente giustificato dal numero di turisti che quotidianamente affollano la nostra magnifica città galleggiante. Per favorire una nuova gestione del traffico è stato istituito il nuovo sistema di multe Argos, che a suo modo

di Venezia, c’è senz’altro da sottolineare come il Veneto sia sede di alcuni tra gli nodi autostradali più importanti d’Italia. È su questo vasto territorio, che si estende dalla laguna veneziana alle dolomiti di confine, che sfrecciano arterie di fondamentale importanza quali l’A4, che collega il nord Italia da ovest a est, o l’A22, che collega l’Italia alla Germania e che rappresenta un fiume nel quale dal cuore dell’Europa si discende in ogni periodo dell’anno per riversarsi nell’Italia turistica. In questo senso, dunque, il Veneto è uno snodo cruciale, fondamentale per il turismo. Nella regione veneta, inoltre, c’è grande attenzione alle esigenze dei trasporti pubblici su terraferma, tanto che oltre alle consuete linee di autotrasporto urbano, Padova e Mestre, due importanti città regionali, hanno deciso di

va a redarguire chi non rispetta i limiti della Ztl, come gondolieri, taxi e i numerosi motoscafi a noleggio che vengono affittati dai turisti più esigenti (che a Venezia sono molti): presenti in modo massiccio nel tratto di Canal Grande da Rialto a Ferrovia e da San Tomà a San Marco, anche qui spesso le ordinanze di divieto di transito per i noleggi e le carovane vengono ignorate. Il vero problema, tuttavia, è che risulta sempre più difficile differenziare le categorie, e se da un lato si cerca di dare la precedenza ai mezzi pubblici con regole stringenti per i privati, dall’altro non si riesce a comprendere se anche i noleggi, dal momento che trasportano turisti in grandi quantità, debbano o non debbano essere soggetti a limitazioni. Tornando nell’entroterra e abbandonando la difficoltosa ma suggestiva situazione

dotarsi di un nuovo modello di tram, il Translohr, caratterizzato da una guida vincolata per mezzo di una sola rotaia, mentre il movimento è permesso per mezzo di ruote su gomma: se a Mestre il mezzo è in funzione dal 2010, a Padova lo è addirittura dal 2007.La situazione, però, non è delicata solo nell’ambito lagunare: il Veneto ospita anche uno dei più celebri tratti delle Dolomiti, una regione montuosa in cui il turismo, per quanto non raggiunga i livelli di Venezia, è vitale. È qui che innesta Dolomitibus, società privatizzata nel 2000, che si occupa della critica provincia di Belluno dove il gioiello del settore turistico italiano, la Regina delle Dolomiti, assicura durante tutto l’anno un numero ingente di posti di lavoro e una cornice da favola per le vacanze degli italiani e non solo. 131


sport

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differenza della maggioranza delle regioni italiane, nelle quali è il calcio a tenere banco, il Veneto è la locomotiva del paese in sport come il volley, il basket e il rugby, con eccellenze che spesso hanno ottenuto risultati ragguardevoli anche a livello internazionale. Tutto ciò anche grazie a una programmazione di lungo termine vincente e all’investimento infrastrutturale, elementi che mancano ormai da molti anni nel mondo del calcio. Per quanto riguarda proprio questo sport, nessuna tra le maggiori realtà - Verona, Chievo, Venezia e Vicenza - ha mai brillato. Della prima ricordiamo, ormai quasi a fatica, il famoso “Verona dei miracoli” del campionato 1984-85 che vinse lo Scudetto. Per quanto riguarda il Venezia, invece, dobbiamo addirittura tornare indietro di altri quarant’anni (1941) quando la squadra veneta riuscì a vincere una Coppa Italia; nel 1997 arrivò lo stesso trofeo per il Vicenza, poi nulla più. Il Chievo, invece, non è riuscito a tagliare mai questo tipo di traguardo e naviga a vista in Serie A, cercando di tenere sempre la barra dritta, rimanendo a galla. Non è un caso quindi che proprio Verona - dove convivono diverse realtà sportive -

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abbia ospitato lo scorso anno l’appuntamento “Il ruolo dello Sport Veneto nel panorama nazionale”, promosso dal CONI. Tra le altre cose, l’evento ha dato anche la possibilità di censire le società sportive e le associazioni dilettantistiche (ben 12.800) sparse sul territorio. Il Veneto così è la seconda regione italiana, dopo la Lombardia, a rappresentare più massicciamente il movimento sportivo nella sua totalità. Ciò che risalta ancor di più è sicuramente l’incidenza del Pil del settore turismo sportivo che incide nella misura del 4% sul totale del Pil regionale. C’è però un dato allarmante: nel 2009 furono presentati una cinquantina di progetti per la costruzione di nuovi impianti sportivi e più di cento per quelli di recupero di quelli già esistenti mentre, a causa della crisi economica, delle risorse limitate delle amministrazioni locali e dell’incapacità di attirare investimenti privati, in tutto il 2013 la quota si è abbassata notevolmente visto che sono stati presentati solo trenta progetti tra nuovi impianti e riqualificati. Parlare di sport però significa anche analizzare le nuove esigenze della società, i cambiamenti di vita dei cittadini e di approccio all’attività sportiva. Non è un caso quindi che il Veneto abbia

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voluto studiare alcune iniziative realizzate e testate nelle grandi metropoli europee come il progetto “Un chilometro in salute”, rimodellato grazie anche all’intervento della Uisp, che mira a promuovere l’attività fisica attraverso semplici passeggiate di gruppo, oppure con l’utilizzo della bicicletta anziché delle autovetture per recarsi sul posto di lavoro. Tornando a parlare di “campo”, il rugby rimane comunque lo sport più sentito a livello regionale: il Benetton Treviso ha vinto quindici scudetti e dal 2010 ha abbandonato il massimo campionato nazionale per andare a misurarsi nella ben più competitiva Celtic League, una sorta di super lega inglese molto più competitiva del campionato italiano. A fare la parte dei leoni in patria sono rimaste altre due importanti realtà, sempre espressione della regione del nord-est, il Petrarca Padova e il Rovigo, che si dividono l’impressionante numero di 28 scudetti. L’edizione 2012-2013 ha visto la vittoria del Mogliano, che oltre ad essere il primo scudetto della società trevigiana, è anche il primo trofeo a non appartenere allo storico triangolo del rugby regionale. Il Rugby è uno sport molto praticato anche a livello dilettantistico e semi-professionistico, con strutture all’avanguardia che non hanno pari sul territorio italiano; non sono infatti casuali i continui richiami al “serbatoio veneto” quando si parla di talenti rugbystici né che proprio nelle strutture venete si siano formate generazioni di campioni di questo sport.

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LA SALUTE NON DEVE ATTENDERE

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l via una terapia d’urto per gli ospedali veneti. Non che nel resto dell’Italia la situazione sia diversa, ma qui, nel Veneto, dove da troppo tempo non si vede la luce in fondo al corridoio, tutto diventa più difficile. Da sempre considerata una regione atipica, il Veneto non è così diverso dalle altre regioni in termini di sanità: disagi, ritardi, incongruenze, sono tutte problematiche all’ordine dell’ora, più che del giorno. Quella della Regione Veneto è una sanità priva di coesione d’intenti, a macchia di leopardo, vittima di incoerenze interne, come testimonia la vicenda degli ospedali di Padova, l’Azienda ospedaliera e il piccolo e storico ospedale di Sant’Antonio. I due ospedali, distanti qualche centinaio di metri, hanno collaborato per anni nel migliore dei modi, e proprio quando sembrava scontato che si sarebbe andati verso una fusione miglioratrice, l’Azienda sanitaria ha deciso di rimanere un’entità a se stante, rinforzandosi con strutture ospedaliere distanti. Il risultato? Se prima c’era un clima di osmosi che favoriva il paziente, al quale bastava attraversare la strada per una prestazione medica, ora sono necessari spostamenti verso strutture ben più distanti, come l’ospedale di Piove di Sacco, a oltre 20 km. Incoerenze, dunque, che generano uno smottamento interno destinato a ricadere inevitabilmente sul contribuente. Ad aggravare una situazione già di per sé dissestata va la nuova scure che si è abbattuta sulla sanità pubblica e che sta mettendo in subbuglio l’intero panorama medico italiano. Una scure che Palazzo Chigi abbassa sul Veneto, dal quale Roma vuole indietro 240 milioni del triennio 2015/2017. Si tratta di un taglio del Fondo sanitario nazionale per un valore di 3 miliardi di euro, un sacrificio necessario a sostenere la legge di stabilità (traducibile in circa 20 miliardi da trovare in tutti i dicasteri) che verrà quantificato in base alla percentuale della quota

di accesso al Fondo. Per il Veneto è dell’8,1%, che calcolato sulla base dei 3 miliardi da restituire fa appunto 240 milioni. Una manovra a dir poco dolorosa, tanto più che proprio in aria di formazione di governo, il premier Renzi aveva promesso di non toccare la sanità. Per il Veneto, regione che, in termini di tagli, non ha sprechi da eliminare sulla base di quanto dichiara l’assessore alla Sanità Luca Coletto, questi tagli si tradurrebbero nella soppressione dei servizi, come i Lea, prestazioni dietro pagamento di ticket, o i servizi a malati cronici, anziani e disabili. Progetti, questi, alimentati dai 201 milioni in più che la regione aveva ricevuto e che a distanza di qualche mese Renzi ha chiesto indietro. Con gli interessi. Da parte del Veneto e in generale da gran parte dell’ambiente politico italiano non c’è alcuna distensione: l’aria è quella della rivolta, questa volta dettata non solo dalla solita disperazione, ma anche dal senso di ingiustizia che aleggia attorno a questi tagli improvvisi e assai poco giustificati. In questa situazione di grande tensione c’è unione tra Veneto e Lombardia, che accusano il governo e puntano il dito contro le regioni meno virtuose d’Italia, dislocate nel Meridione. Se il governo è stato, o è, afflitto da mala gestione e da sprechi che, se raddrizzati, potrebbero colmare i buchi senza intaccare la sanità pubblica, ci sono anche da sottolineare una serie di dati allarmanti che emergono da un confronto tra le prestazioni sanitarie del Nord e quelle del Sud. Una divario tristemente noto che si allarga a macchia d’olio: al Sud alcuni stru-

menti medici hanno un costo di oltre il 600% in più rispetto al Settentrione. Non solo, ma molti pazienti vengono dimessi dopo 30 giorni di degenza, una soglia che scende a 7 giorni nella regione Veneto. Sono questi i numeri di un divario preoccupante che caratterizza la situazione sanitaria italiana e che esaspera i toni, tanto che il Veneto ha minacciato uno sciopero fiscale, un’ipotesi quanto meno melodrammatica. Intanto arrivano delle piccole soddisfazioni, elementi che al di là di incongruenze interne e dei problemi ineludibili certificano un desiderio di innovazione che ruggisce in seno al Veneto sanitario. La regione ha vinto il premio nazionale Egov per l’informatizzazione: il Veneto è al passo con i tempi e ha preceduto nell’immediato passato a un processo di digitalizzazione delle ricette mediche che ha coinvolto 1,3 milioni di fogli rossi, l’85% del totale. Si tratta di un progetto ambizioso e allo stesso tempo di grande importanza: nel caso della sola ricetta rossa, infatti, il risparmio è quantificato in 3 milioni 244 mila e 901 euro l’anno, tutti soldi che non usciranno più dalle tasche dei contribuenti e che favoriranno, questa è la speranza, un’erogazione di servizi più efficienti. Un motivo d’orgoglio per la regione lagunare dettato dai fatti, giacché l’obiettivo per le regioni era stato fissato nella misura dell’80% in alcuni mesi, mentre il Veneto ha raggiunto l’85% in appena 18 giorni. È dunque il caso di dire, nell’ambito informatico più che mai, che la sanità veneta ha letteralmente fatto scuola. Stefano Di Pino

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le strade del VINO

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l viaggio alla scoperta del vino veneto tra le colline della Valpolicella, l’Altopiano di Asiago e il Monte Grappa ha origini molto antiche. Etruschi e romani furono i primi a coltivare le zone dei Colli Euganei e del vicentino, e la Repubblica di Venezia proseguì questa tradizione esportando il vino della regione attraverso gli scambi commerciali. Le terre del veneto, però, non furono sempre baciate dalla fortuna: un rigidissimo inverno nel 1709 prima, e la devastazione dell’oidio, della fillossera e della peronospora poi, cercarono di turbare la fiorente produzione vitivinicola di questa regione. Ma i veneti, popolo di agricoltori e commercianti, fecero di necessità virtù: accanto ai pochi vitigni autoctoni sopravvissuti, piantarono bordolesi e borgognoni, nonché altri vigneti di diverse regioni d’Italia. Così che oggi il veneto non si distingue solo per la quantità di vino prodotta – si pensi ai 7.951.340 di ettolitri imbottigliati nel 2008 - ma ha il panorama vitivinicolo più ampio e

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completo del Paese, che gli assicura il 20% della produzione di vini di qualità italiani.Grazie ai suoi 70.305 ettari ricoperti da vigneti a bacca bianca e rossa, il Veneto vanta ben otto denominazioni di origine controllata e garantita (DOCG), ventisei di origine controllata (DOC), per non parlare delle innumerevoli etichette IGT. Non ci si poteva aspettare di meno dalla regione in cui sedendosi in un bacaro – la tipica osteria veneziana- è usanza sentir ordinare al bancone un’ombra de vin e un cicchetto, altro che non un bicchiere di vino rosso. Questo, perché tradizione vuole che nei tempi passati, quando Piazza San Marco si trasformava in un mercato a cielo aperto, i mescitori ponessero i propri banchi sotto l’ombra del campanile, affinché i caldi raggi del sole non rovinassero il prezioso nettare rubino. Di sicuro l’Amarone di Valpolicella è la vera perla della produzione vitivinicola veneta: negli ultimi anni è diventato un vino pregiatissimo, tanto da vedere le sue quotazioni triplicate in meno di un quinquennio. Si pensi che già San Zeno, vescovo di Verona nel III secolo - che oggi compare nel marchio di tutela dei vini veronesi DOC -

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nelle sue omelie manifestava l’importanza dello sviluppo del settore vitivinicolo, offrendo spesso dal pulpito consigli utili per una corretta produzione. La fama dell’Amarone, tuttavia, non può e non deve offuscare il resto della produzione della provincia scaligera, che da sola produce il 60% dei vini DOC e DOCG dell’intera regione veneta; un’ampia scelta di etichette sempre apprezzate dal Valpolicella, al Soave, dal Recioto di Valpolicella, al Soave Superiore. Proseguendo il viaggio tra le vigne del Veneto, una tappa importante è la provincia di Vicenza. Qui, lungo le fluttuanti curve dei Colli Berici, si trova una vera e propria rarità enologica: il tocai rosso. Questo vitigno sarebbe giunto nel paese di Barbarano nel secolo scorso, per merito di un falegname locale che aveva prestato servizio militare a ToKaji in Ungheria. Il viaggio prosegue poi lungo le distese dei Colli Euganei, dove la

tradizione vitivinicola veneta ha praticamente visto la luce, grazie ai terreni vulcanici ricchi di minerali si trova il clima ideale per la produzione del Fior d’Arancio, un vino ottenuto dal moscato anche nella versione passito, e il Merlara, un DOC ottenuto da uve malvasia che in questa zona sono presenti in modo più significativo che in tutto il resto della regione veneta. I veneti, ad ogni modo, non sono solo produttori di ottimo vino, bianco o rosso che sia, ma anche di apprezzate bollicine, ed è proprio la zona più ‘frizzante’ del trevigiano il punto di arrivo del nostro itinerario enologico. Lo splendore produttivo vitivinicolo della provincia di Treviso è legato alla coltivazione del prosecco, affiancato da cabernet e merlot. Qui trova i suoi natali il Prosecco di Conegliano-Valdobbiadene, che ha ottenuto il riconoscimento della DOC e della protezione internazionale del Prosecco, così da essere tutelato in tutto il mondo come prodotto del Nord-Est italiano.

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veneto in cucina

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l Veneto occupa un territorio variegato che va dal mare alle montagne, offrendo una serie di paesaggi che, oltre allo spirito, sono in grado di saziare anche il corpo con i loro sapori caratteristici. Questa cucina si basa su sapori delicati ma molto vari che trovano le loro radici nella storia della conformazione geografica della regione. I prodotti che caratterizzano i piatti principali sono i quattro elementi costituti da riso, polenta, baccalà e fagioli. Le navi mercantili della Serenissima portavano a Venezia prodotti come il sale, il pepe, lo zenzero e lo zafferano dalla lontana Cina: spezie in grado di stimolare la fantasia dei cuochi locali che poterono dare vita a un’arte culinaria unica nel suo genere. Pepe, cannella, chiodi di garofano e uvette sono ancora oggi parte integrante di molti piatti, in tutte le province della regione. In più, Treviso, Padova, Vicenza e Verona possono vantare ricette diventate famose in tutta Italia per bontà ed originalità. Il riso è cucinato in ben quaranta modi differenti: proviene dalle regioni arabe con cui, come abbiamo visto, la Repubblica di Venezia era in stretto contatto commerciale e cominciò ad essere coltivato a partire dal 1500 nel veronese, dove tuttora viene prodotta la varietà vialone. Tra i piatti principali legati al riso si ricordano il risi e bisi e il risi e figadini, due minestre a base rispettivamente di piselli teneri e carne di pollo. L’altro elemento caratteristico è la polenta che viene preparata partendo dalla farina di mais, pianta arrivata in Italia con la Serenissima nel 1500 come 143


imposizione locale ai coltivatori, nonostante i contadini fossero restii alla sua produzione. Il baccalà, o stoccafisso, ha la sua provenienza dai mari settentrionali ed ha un’introduzione ancora più antica: viene servito sulle tavole venete tutto l’anno, come aperitivo, primo, secondo, accompagnato da salse, creme o anche dalla stessa polenta. Il piatto più famoso è sicuramente il baccalà alla vicentina, preparato in diverse varianti che utilizzano il latte, le patate, i capperi e altre verdure. L’unico elemento mantenuto nel tempo è la cottura, di almeno due ore. Questi sono, in breve, i punti fermi della cucina veneta attorno ai quali ruotano alcuni prodotti frutto delle fatiche dei lavoratori locali come i salumi, i formaggi e il radicchio. Molti prodotti latticini possono fregiarsi del marchio DOP (l’asiago, il grana padano e il parmigiano reggiano) e vengono consumati sin dal XII secolo. . Saloni affrescati con vista su Roma . 62 camere e suite . Ristorante con terrazza panoramica . 5 sale meeting fino a 120 posti con luce naturale . Connessione WI-FI . Raffinati banchetti di nozze, cene di gala ed eventi privati . Parco secolare di 15.000 mq . Piscina immersa nel parco . Parcheggio privato con 120 auto . 20 km dal centro di Roma . 40 km dall’aeroporto di Fiumicino . 11 km dall’aeroporto di Ciampino . Golf e wellness center nelle immediate vicinanze . Navetta gratuita per la stazione ferroviaria di Frascati

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Oltre a questi, sono famosi il montasio, un formaggio di pasta cotta, il provolone Valpadana e il Taleggio, che fin dagli inizi del 1900 era chiamato stracchino quadro di Milano. Il Veneto però è anche famoso per il radicamento della cultura del maiale e della carne di cavallo, dalla quale si ottiene un salame prodotto nelle province di Padova, Venezia, Treviso e Rovigo. Tipicamente natalizio e veronese è poi il pandoro, difficilissimo da realizzare in casa tanto che solo i pasticceri sono in grado di eseguirlo correttamente: dev’essere alto e soffice, leggerissimo e spolverato con zucchero a velo. Comunque, quello che colpisce è che la cucina veneta ha una particolarità rispetto a quella delle altre regioni italiane: difficilmente è ripetibile in luoghi che non siano il Veneto e quindi la si può gustare solo entro i confini della regione. Tutto ciò garantisce un’unicità e una genuinità straordinarie.

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Viale Isonzo, 14 - 20125 Milano Giudecca, 810 - 30133 Venezia Via E. Morin, 169 55042 - Forte dei Marmi (Lu) P.zza Barberini, 23 - 00187 Roma Viale A. Morin, 46 55042 Forte dei Marmi (Lu) Campo Santa Sofia 4198/99 - 30121 Venezia Via R. Menardi, 42 - 32043 Cortina d’Ampezzo (Bi) Via Hoepli, 6 - 20121 Milano Via Ludovisi, 49 00187 Roma Via Labicana, 125 00184 Roma Via dei Pescioni, 2 50123 Firenze Via del Salviatino, 21 50137 Firenze Via San Matteo, 87 53037 S. Gimignano (Si) Via Tragara, 8 - 80073 Capri Str. Col Alt, 105 - 39033 Corvara (Bz) Via G. Dè Notaris, 5 00197 Roma Via Veneto, 50 - 00187 Roma Via Masaccio, 19 20149 Milano Via Aldobrandeschi, 223 00163 Roma Riva degli Schiavoni, 4149 - 30122 Venezia Via Tommaso Grossi, 1 - 20121 Milano P.zza della Repubblica, 17 - 20124 Milano Largo Febo, 2 00186 Roma Via di Porta Pinciana, 14 00187 Roma Via San Raffaele, 6 - 20121 Milano Via Sempione Nord, 123 28838 Stresa (No) Via Giovanni Augustariccio, 33 - 84011 Amalfi (Sa) Via Pagana, 19 16038 S.Margherita Ligure (Ge) Via dei Castelli, 17033 Garlenda Via Vittorio Emanuele II, 23 20530 Erbusco (Bs)

0577-889000 0423-951332 06-3221429 045-685555 041-2208111 02-77679611 0755-732541 02-8058051 075-8358040 02-77077 089-8131333 055-806470 041 34281 0474-496191 02-67851 0185-230666 0578-57241 02-77081 011-5512111 055-287860 055-23580 06-695201 0323-938938 02-805081 081-991522 051-225445 0185-287013 0775-5081 06-854421 081-7612474 06-69921111 02-8555 0541-56000 010-27721 091-6312111 055-2381331

L’Orto degli Angeli - Residenze d’Epoca Marriot Grand Hotel Flora Miramare e Castello Miramonti Majestic Grand Hotel Mont Blanc Hotel Village NH Jolly President Palazzo Alfani Palazzo Arzaga Hotel Palazzo Capponi all’Annunziata Palazzo Leti - Residenze d’Epoca Palazzo Niccolini Park Hotel Argento Radisson Blu Hotel Milano Radisson Blu Hotel Roma Relais&Chateaux La Posta Vecchia Relais San Maurizio Royal Hotel San Biagio a Colle - Residenze d’Epoca St George St Regis Grand Hotel Star Hotel Rosa Grand Terme di Saturnia The St. Regis Firenze The Westin Excelsior The Westin Palace Torre Almonte – Residenze d’Epoca Town House Una Hotel Century Villa Cimbrone Villa d’Este Villa Le Maschere Villa Milani – Residenze d’Epoca Villa Olmi Villa Orso Grigio Villa Lattanzi Villa Tolomei

Via Dante Alighieri, 1 - 06031 Bevagna (PG) Via Veneto, 191 00187 Roma Via Pontano, 5 - 80077 Ischia Via Peziè, 103 - 32043 Cortina d’Ampezzo (Bi) Località La Croisette, 36 - 11015 La Salle (Ao) Largo Augusto, 10 - 20122 Milano Via Ricasoli, 49 50122 Firenze Via Arzaga, 1 25080 Cavalgese della Riviera (Bs) Via Gino Capponi, 26 - 50121 Firenze Via degli Eremiti, 10 - 06049 Spoleto Via dei Servi, 2 50122 Firenze Via per Sant’Anna, snc – 19015 Levanto (SP) Via Villapizzone, 24 - 20156 Milano Via F.Turati, 171 00185 Roma Palo Laziale - 00055 Ladispoli (Rm) Località San Maurizio, 39 12058 S. Stefano Belbo (Cn) Corso Imperatrice, 80 - 18038 Sanremo (Im) San Leo Bastia, 1 - 06012 Città di Castello (PG) Via Giulia, 62 00186 Roma Via Vittorio Emanuele Orlando, 3 00185 Roma Piazza Fontana, 3 - 20122 Milano Loc. Follonata - 58014 Saturnia (Gr) Piazza Ognissanti, 1 - 50123 Firenze Piazza Ognissanti, 3 - 50123 Firenze P.zza della Repubblica, 20 - 20124 Milano Frazione Frontignano, 1 – 06059 Tosi (PG) Via Silvio Pellico, 8 - 20121 Milano Via Fabio Filzi, 25/B - 20124 Milano Via S.Chiara, 26 - 84010 Ravello (Sa) Via Regina, 40 - 22012 Cernobbio (Co) Via Nazionale, 75 50031 Barberino del Mugello (Fi) Località Colleattivoli, 4 – 06049 Spoleto (PG) Viale Europa, 200 50126 Firenze Via Regole, 12 - 38010 Ronzone (Tv) Torre di Palme - Fermo Via S. Maria a Marignolle, 10/B - 50124 Firenze

dove trovare Regioni d’Italia

hotel Adler Thermae Albergo al Sole Aldrovandi Palace Biblos Art Villa Amistà Boscolo dei Dogi Boscolo Exedra Milano Brufani Palace Hotel Bulgari Hotels &Resorts Cà dà Principi - Residenze d’Epoca Carlton Hotel Baglioni Casa Angelina Castello del Nero Centurion Palace Dolomiten Residenza Wellness Mirabell Excelsior Hotel Gallia - Le Meridien Excelsior Palace Hotel Fonteverde Terme Hotel Four Seasons Golden Palace Golden Tower Hotel Grand Hotel Baglioni Grand Hotel De La Minerve Grand Hotel Des Iles Borromees Grand Hotel Et De Milan Grand Hotel Excelsior Terme Grand Hotel Majestic “Già Baglioni” Grand Hotel Miramare Grand Hotel Palazzo della Fonte Grand Hotel Parco dei Principi Grand Hotel Parker’s Grand Hotel Plaza Grand Hotel Plaza Grand Hotel Rimini Grand Hotel Savoia Grand Hotel Villa Igiea Grand Hotel Villa Medici

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indirizzo Strada Bagno Vignoni - 53027 S. Quirico d’Orcia (Si) Via Collegio, 33 - 31011 Asolo (Tv) Via Aldrovandi, 11 - 00197 Roma Via Cedrare, 78 - 37020 Corrubbio (Vr) Fondamenta Madonna dell’Orto, 3500 - 30121 Venezia Corso Matteotti, 4/6 - 20121 Milano Piazza Italia, 12 - 06100 Perugia Via Privata Fratelli Gabba, 7/b - 20121 Milano Via Roma, 43 - 06066 Piegaro (PG) Via Senato, 5 - 20121 Milano Via Capriglione, 147 - 84011 Amalfi Strada Spicciano, 7 - 50028 Tavarnelle Val di Pesa (Fi) Dorsoduro, 173 - 30123 Venezia Via Hans-v.-Perthaler, 11 - 39030 Valdaora P.zza Duca d’Aosta, 9 - 20124 Milano Via San Michele di Pagana, 8 - 16035 Rapallo (Ge) Località Terme, 1 - 53040 San Casciano dei Bagni (SI) Via del Gesù, 6/8 20149 Milano Via Arcivescovado, 18 - 10121 Torino Piazza Strozzi, 11/r - 50123 Firenze P.zza Unità Italiana, 6 - 50123 Firenze Piazza della Minerva, 69 00186 Roma Corso Umberto I, 67 28838 Stresa (No) Via Manzoni, 29 - 20121 Milano Via Emanuele Gianturco, 19 - 80077 Ischia (Na) Via Indipendenza, 8 - 40121 Bologna Via Milite Ignoto, 30 16038 S. Margherita Ligure (Ge) Via dei Villini, 7 03015 Fiuggi (Fr) Via Frescobaldi, 5 00198 Roma Corso Vittorio Emanuele, 135 - 80121 Napoli Via del Corso, 126 - 00186 Roma P.zza Armando Diaz, 3 - 20122 Milano Parco Federico Fellini 47921 Rimini Via Arsenale di terra, 5 - 16126 Genova Salita Belmonte, 43 - 90142 Palermo Via il Prato, 42 - 50123 Firenze

Le Dimore di San Crispino – Residenze d’Epoca Via Sant’Agnese, 11 – 06081 Assisi (PG)

02-54069504 041-2723311 0584-787200 06-488931 0584-787052 041-2413111 0436-881111 02-867651 06-478121 06-77591380 055-26651 055-90411 0577-942014 081-8370633 0471-8310000 06-3220404 06-42144705 02-44406 06-665441 041-5205044 02-88211234 02-62301 06-682831 06-421689 02-7208951 0323-933818 089-831148 0185-288991 0182-580271 030-7760550

075-8155124

0742-360130 06-489929 081-991333 0436-4201 0165-864111 02-77461 055-291574 030-680600 055-27266800 0743-224930 055-282412 0187-801223 02-3631888 06-444841 06-9949501 0141-841900 0184-5391 336-635785 06-686611 06-47091 02 88311 0564-600111 055/27161 055-27151 02-63361 075-8852560 02-70156 02-675041 089-857459 031-3481 055-88881 0743-225056 055-637711 0463-880559 0734-53711 055-3920401

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Circoli di Golf dove trovare Regioni d’Italia

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Golf Parco di Roma Resort SSDRL

Via dei Due Ponti, 110 - 00189 Roma

06-33653396

Parco di Roma Golf & Country Club

Via dei Due Ponti, 110 - 00189 Roma

06-33653396

Golf Club Le Querce

SS N.2 Cassia Km 44.500 - 01015 Sutri (Vt)

0761-600789

Royal Park Golf & Country Club I Roveri

Rotta Cerbiatta, 24 - 10070 Fiano (To)

011-9235500

Royal Golf La Bagnaia

SS. 223 Siena-Grosseto km.56 (53016) Loc. Bagnaia-Murlo (Si)

0577-813000

La Pinetina Golf Club

Via al Golf, 4 - 22070 Appiano Gentile

031-933202

Golf Club Padova

Via Noiera, 57 - 35030 Galzignano Terme

049-9130078

Golf Club Parco dè Medici

Viale Salvatore Rebecchini 37 - 00148 Roma

06-65287345

Golf Club Faenza “Le Cicogne” ASD

Via S. Orsola, 10/A - 48018 Faenza

0546-622410

Golf Club Bergamo L’Albenza ASD

Via Longoni, 12 - 24030 Almenno San Bartolomeo (BG)

035-640028

Castello di Tolcinasco Golf & Country Club Località Tolcinasco - 20090 Pieve Emanuele (Mi)

02-90428035

Montelupo Golf Club

Via Le Piagge, 4 - 50056 Montelupo Fiorentino (Fi)

0571-541004

Oasi Golf Club

Via Cogna, 3/5 Via Nettunense Km 26,400 - 04011 Aprilia (RM) 06-92746252

Riolo Golf Club La Torre SSD srl

Via Limisano, 10 - 48025 Riolo Terme (RA)

0546-74035

Golf Club Villa Condulmer

Via Croce, 3 - 31021 Zerman di Mogliano V.to (TV)

041-457062

Asolo Golf Club

Via dei Borghi, 1 - 31034 Cavaso del Tomba (TV)

0423-942211

Golf Club Margara

Tenuta Margara, 7 - 15043 Fubine (AL)

0131-778555

Country Club Castelgandolfo

Via S. Spirito, 13 - 00040 Castel Gandolfo

06-9312301

Golf Fiuggi Terme & Country Golf

Via Superstrada Anticolana, 1 - 03014 Fiuggi (FR)

0775-515250

GOLF club

indirizzo

telefono

Golf Club Matilde di Canossa ASD

Via del Casinazzo, 1 - 42123 San Bartolomeo (RE)

0522-371295

Circolo del Golf Roma Acquasanta

Via Appia Nuova, 716/A - 00178 Roma

06-7803407

ASD Golf Promotion

Via Cadriano, 17 - 40127 Bologna

393-2332199

Pevero Golf Club

Loc. Cala di Volpe - 07020 Porto Cervo (OT)

0789-958000

CUS Golf Ferrara

Via Gramicia, 41 - 44123 Ferrara

0532-708535

Circolo Golf Torino - La Mandria

Via Agnelli, 40 - 10070 Fiano Torinese (TO)

011-9235440

CUS Parma

V.le Usberti, 95 - 43100 Parma

0521-905571

Vicopelago Golf Club

Loc. Vicopelago - 55100 Lucca

0583-1712714

Golf 8 Molino Valle A.S.D.

Via Molino Valle, 8 - 41100 Campogalliano (Mo)

333-8495136

Cà del Moro Golf Club ASD

Loc. Casa Corvi - 54027 Pontremoli (MS)

349-6275249

Golf Cesenatico A.S.D.

Via Canale Bonificazione, 122 - 47042 Cesenatico (Fc)

0547-81305

Elba Golf Club dell’Acquabona

Loc. Acquabona Strada del golf, 8 - 57037 Portoferraio (LI)

0565-940066

Golf Club Giardino Carpi

S.S.468 Motta, 39 - 41012 Carpi (Mo)

059-680283

Circolo del Golf dell’Ugolino

Via Chiantigiana, 3 - 50015 Grassina (FI)

055-2301009

Modena Golf & Country Club A.S.D.

Via Castelnuovo Ranfone, 4 - 41050 Colombaro di Formigine (Mo) 059-55482

Golf Club Garfagnana

Loc. Braccicorti - Pontecosi - 55036 Pieve Fosciana (LU)

349-0706281

Rimini Verrucchio Golf Club A.S.D.

Via Molino Bianco, 109 - 47826 Villa Verrucchio (Rn)

0541-678122

Circolo Golf L’Abbadia

Loc. La Badia, 14/A - 53034 colle di Val d’Elsa (SI)

0577-984153

Golf Club Grado

Via Monfalcone, 27 - 34073 Grado (Go)

0431-896896

Punta Ala

Via del Golf, 1 - 58043 Punta Ala (GR)

0564-922121

Acquapendente Golf Club A.S.D.

Strada Provinciale Campo Morino - 01021 Acquapendente (Vt) 366-5025421

Real Golf Club

Via Licio Giorgieri, 50 - 00165 Roma

06-66411585

Terme Golf Sporting Club A.S.D.

Via del Baiardo, 390 - 00189 Roma

06-33225274

Garlenda Golf Club

Via del Golf, 7 - 17033 Garlenda (Sv)

0182-580012

Circolo Golf Napoli

Via Campiglione, 11 - 80078 Arcofelice (Na)

081-5264296

Fossadalbero Golf & Country Club

Via Chiorboli, 366 - 44100 Fossadalbero (Fe)

0532-755835

Golf Club Salerno

Via Lago Trasimeno, 11 - 84098 Pontecagnano (Sa)

089-200300

Adriatic Golf Club Cervia

Via Jelenia Gora, 6 - 48016 Cervia - Milano Marittima (Ra)

0544-992786

Golf Club La Rocca

Via Campi, 8 - 43038 Sala Baganza (Pr)

0521-834037

Golf Club Molino del Pero S.S.D.

Via Molino del Pero, 323 - 40063 Monzuno (Bo)

051-6770506

A.S. Marediroma Golf Club

Via Enna, 30 - 00040 Marina di Ardea (Rm)

06-9133250

Archi di Claudio Golf Club A.S.D.

Via Gamiana, 45 - 00178 Roma

06-7187550

Golf Club Lignano A.S.D.

Via Casabianca, 6 - 33054 Lignano Sabbiadoro (Ud)

0431-428025

Golf Siepe Lunga A.S.D.

Via Siepelunga, 56/4 - 40141 Bologna

051-477977

Golf Club Bologna

Via Sabattini, 69 - 40050 Chiesa Nuova di Monte San Pietro (Bo) 051-969100

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Il passatempo Scopri quanto sei colto risolvendo 20 quiz 1) 2) 3) 4) 5) 6) 7) 8) 9) 10) 11) 12) 13) 14) 15) 16) 17) 18) 19) 20)

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Regione della Cina occupata dai giapponesi nel 1931 Così vengono chiamati gli abitanti di Lisbona Linee che indicano la stessa pressione atmosferica La capitale dell’ Honduras Il primo grande teorico del sillogismo Fanti tedeschi che fecero il Sacco di Roma nel 1527 Il significato della scritta INRI incisa sulla croce di Gesù Fu teatro della famosa battaglia navale del 1571 che distrusse i Turchi Il più grande lago europeo Figlio di Giove, re di Micene, tagliò la testa alla Medusa La seconda moglie di Enrico VIII madre della regina Elisabetta Il grande filosofo inglese divenuto Cancelliere Il Premio Nobel tedesco famoso per la sua monumentale “Storia Romana” Musicò “ I Maestri Cantori di Norimberga” Dipinse la battaglia di Anghiari Buffi e piccoli animaletti mammiferi africani Il Doge di Venezia condannato a morte Il capo della Luftwaffe nel terzo Reich Le forze alleate nella battaglia di Balaklava del 1854 contro i Russi I Quadrumviri della Marcia su Roma nel 1922

Musicò “I maestri cantori di Norimberga”

La capitale del Portogallo

Sposò Enrico VIII

Il grande filosofo inglese

I protagonisti della Marcia su Roma

L’autore della “Storia Romana”

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Risposte 20) De Bono, Balbo, De Vecchi e Bianchi 17) Marino Faliero

18) Hermann Goering

19) Gran Bretagna, Francia e Impero Ottomano

12) Francesco Bacone 13) Theodor Mommsen 14) Richard Wagner 15) Leonardo 16) Suricati 7) Iesus Nazarenus Rex Iudeorum 8) Lepanto 9) Ladoga in Russia 10) Perseo 11) Anna Bolena 1) Manciuria 153

2) Lusitani

3) Isobare

4) Tegucigalpa

5) Aristotele

6) Lanzichenecchi


le mostre da non perdere Da Guercino a Caravaggio. Sir Denis Mahon e l’arte italiana del XVII secolo. Palazzo Barberini esaudisce il desiderio di Sir Denis Mahon, unire tutti questi grandi artisti in un’unica mostra. Il percorso si snoda intorno a 45 capolavori assoluti, alcuni della sua collezione privata, altri provenienti dall’Hermitage Museum di San Pietroburgo ed altre raccolte pubbliche. Lo scopo è mettere a confronto opere che possano portare a riscoprire il nostro passato e la storia dell’arte. Verrà esposta anche la “Madonna del passero” di Guercino, una delle opere preferite di Mahon. Particolarità della mostra sarà la possibilità, per la prima volta in uno spazio museale italiano, di poter utilizzare i Google Glass, che offriranno al visitatore una particolare prospettiva dell’arte barocca. Galleria Nazionale d’Arte Antica in Palazzo Barberini – Roma 26 Settembre 2014 – 08 Febbraio 2015 Info: 06-4824184 Van Gogh. L’uomo e la terra Palazzo Reale, in vista di Expo Milano 2015, nonché partner ufficiale, propone una stretta correlazione tra l’opera di un grande artista come Van Gogh con il tema dell’Esposizione Universale “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”. La mostra, articolata in 6 sezioni, si ispira alla natura, pone l’accento sul rapporto tra l’uomo e la natura, concept che permetterà al visitatore di osservare e comprendere la fatica della vita dei campi, attraverso quadri come “Contadina che lega fascine di grano”. Palazzo Reale – Milano 18 Ottobre 2014 – 08 Marzo 2015 Info: 020202 La fortuna dei Primitivi: Tesori d’arte dalle collezioni italiane fra Sette e Ottocento. In occasione dei cinquant’anni dall’uscita del libro “La fortuna dei Primitivi” di Previtali, la Galleria dell’Accademia di Firenze, dedica una mostra a questo fenomeno nato fra il Settecento e l’Ottocento in Italia: il collezionismo dei “Primitivi”. Questa è la prima mostra realizzata su questo fenomeno abbracciando un arco temporale che va dalla metà del Settecento ai primi venti anni dell’Ottocento. Le opere sono suddivise in sezioni, ognuna delle quali riproduce fedelmente la location in cui sono realmente conservate dai collezionisti. Galleria dell’Accademia – Firenze 24 Giugno 2014 – 08 Dicembre 2014 Info: 055-2388612 La Divina Marchesa. Arte e vita di Luisa Casati dalla Belle Époque agli Anni folli. Venezia dedica una mostra a Luisa Casati, donna che, all’inizio del Novecento, con il suo stile trasgressivo eccentrico ed il suo vivere sopra le righe, è riuscita non solo a trasformare se stessa in un’opera d’arte, rappresentando modernità e avanguardia, ma ad affascinare molti pittori, scultori e fotografi, tra cui anche D’Annunzio. Con oltre un centinaio tra dipinti, sculture e gioielli viene reso omaggio a questa donna considerata l’antesignana dell’arte performativa e della body art. Palazzo Fortuny – Venezia 04 Settembre 2014 – 08 Marzo 2015 Info: 041-5200995 Disegni dell’Ottocento e del Novecento. Da Hayez a Vedova. Questa esposizione, grazie ad oltre 100 disegni, offre al visitatore un percorso che si snoda tra arte ed architettura. Per l’Ottocento sarà possibile vedere i fogli di Hayez, Appiani, Pelagi e Bossi, mentre per il Novecento saranno esposti Vedova e Previati. Si tratta di un’occasione più unica che rara, in quanto le opere esposte provengono dal Gabinetto dei Disegni e delle Stampe delle Gallerie dell’Accademia, fino ad ora conservate in caveau di massima sicurezza e raramente mostrati al pubblico. Galleria dell’Accademia – Venezia 11 Ottobre 2014 – 10 Gennaio 2015 Info: 041-5200345 HANZ MEMLING. Rinascimento Fiammingo Mai in Italia era stata organizzata una mostra dedicata interamente a Memling, nonostante il suo genio abbia influenzato artisti del calibro di Leonardo, Raffaello, Lotto, Ghirlanadio. Grazie alla collaborazione con raccolte pubbliche e private provenienti da Bruges, Londra, Parigi, New York, Lisbona e Anversa. Attraverso sette sezioni, viene tracciando un escursus del suo percorso artistico partendo dal confronto con il suo mentore Weyden, passando per i lavori che gli vennero richiesti da italiani all’estero, terminando con le commissioni dei lavori da parte delle famiglie altolocate. Scuderie del Quirinale – Roma 11 Ottobre 2014 – 18 Gennaio 2015 Info: 06-39967500 Ori, Argenti, gemme e smalti della Napoli Angioina. 1266 – 1381 Nella splendida cornice del Museo del Tesoro di San Gennaro, sarà possibile vedere per la prima, o forse unica, volta i più pregevoli manufatti in metalli preziosi. La mostra copre l’arco storico che va dal 1266 al 1381, in quanto è proprio in questi anni che Napoli per la prima volta divenne la vera capitale , una delle città più grandi e popolose d’Europa. Durante la mostra sarà possibile vedere oggetti di lusso d’oro o d’argento, impreziosito con smalti e gemme preziose utilizzati per il culto religioso e gioielli, sigilli utilizzati dalla corte e dai sovrani. Museo del Tesoro di San Gennaro – Napoli 12 Ottobre 2014 – 31 Gennaio 2015 Info: 081-294980 Henri Cartier Bresson L’Ara Pacis promuove la mostra retrospettiva dedicata ad Henri Cartier Bresson, uno dei più grandi fotografi del ventesimo secolo. Artista che è riuscito ad unire alla potenza della testimonianza la poesia. Scopo della mostra, articolata in 500 tra fotografie, disegni, dipinti, film e documenti, è ripercorrere il suo percorso, ma soprattutto mostrare che non esiste sono un Cartier Bresson, ma diversi ed ognuno con un proprio punto di vista. Museo dell’Ara Pacis – Roma 26 Settembre 2014 – 25 Gennaio 2015 Info: 060608


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