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Studi scientifici

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Acquariologia

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UNO STUDIO RIVELA CHE UNA PARTICOLARE RETE NEURALE CONSENTE DI MISURARE IL TRASCORRERE DEL TEMPO QUANDO IL CERVELLO È SOLLECITATO DA UNO STATO DI ATTESA

GLI ANIMALI MISURANO IL TEMPO

Se un proprietario tardasse a dare da mangiare al suo animale da compagnia, il cane o il gatto non avrebbero soltanto più appetito del solito ma, probabilmente, saprebbero anche stimare a quanto ammonta il ritardo rispetto all’orario abituale del pasto. Lo studio che segue lo dimostra con estrema chiarezza anche se parliamo di topi. La scoperta può essere facilmente traslata sui nostri animali d’affezione indicando la necessità di rispettare i tempi e le routine per non creare inutili stress ai pet.

L’orologio cerebrale

Non si tratta di un’ipotesi bizzarra, pare proprio che gli animali abbiano una cognizione precisa del trascorrere del tempo. A questo risultato sono arrivati i ricercatori della Northwestern University di Chicago esaminando il comportamento di alcuni topi da laboratorio che hanno permesso di scoprire l’esistenza di una particolare rete neuronale, una sorta di “orologio

I NEURONI CHE CONTANO I SECONDI

Il team di Dombeck non si è tuttavia limitato a osservare il comportamento dei topi durante l'esperimento. Ha voluto anche osservare le reazioni cerebrali durante l'esperimento per mezzo di uno strumento che ha consentito di osservare le varie aree dell'encefalo dei topi con immagini ad alta risoluzione. I ricercatori hanno così osservato che nel cervello dei topi, quando corrono lungo la pista e arrivano alla “porta invisibile”, entrano in attività i neuroni che attivano la codifica spaziale. Quando invece l'animale si ferma davanti alla porta, quei neuroni si disattivano e si attiva una nuova rete neuronale di cui prima si ignorava l'esistenza. Questo sistema di neuroni si è quindi attivato quando iL topo si è fermato e ha misurato per quanto tempo l'animale è stato fermo. Ora che i ricercatori hanno scoperto questa rete neuronale che misura il passare del tempo, è possibile forse arrivare anche a capire come le malattie neurodegenerative possono influenzare questo insieme di cellule. I pazienti umani affetti da Alzheimer infatti dimenticano in particolare quando le cose sono avvenute e questo forse avviene proprio perché stanno perdendo alcune delle funzioni della corteccia entorinale, una delle prime regioni del cervello a essere colpite da questa malattia. È ancora presto per dirlo, ma si può pensare che questa scoperta potrebbe portare alla messa a punto di nuovi test di diagnosi precoce per l'Alzheimer.

PetTrend • Aprile 2020 cerebrale” che si attiva quando un animale si trova in uno stato di attesa. La ricerca, pubblicata online nell’ottobre del 2018 sulla rivista Nature Neuroscience, è frutto del lavoro di un team guidato da Daniel Dombeck, professore associato di neurobiologia al Weinberg College of Arts and Sciences del Northwestern.

Episodi: nel tempo e nello spazio

Durante lo svolgimento dello studio il team di Dombeck si è concentrato sulla corteccia entorinale mediale, un’area situata nel lobo temporale del cervello che svolge un ruolo importante nel campo della memoria e degli spostamenti del soggetto nello spazio. Quando si forma una memoria riguardo un determinato spazio, le cellule nella corteccia entorinale mediale agiscono infatti come un sistema di navigazione che fornisce all’ippocampo i dati sulla posizione dell’animale e gli indizi utili a determinare la direzione di spostamento. Poiché questa parte del cervello traduce le infor

Foto: Alexas - Pixabay

mazioni sullo spazio in ricordi episodici, il team di Dombeck ha ipotizzato che la corteccia entorinale mediale sia anche in grado di misurare il tempo relativo agli spostamenti nello spazio. Questa ipotesi nasce da precise considerazioni riguardo il funzionamento della memoria episodica, un tipo di memoria che comprende tutto ciò che avviene nella vita di un animale. Se è vero infatti che ogni episodio memorizzato presenta peculiarità rispetto agli altri ricordi, esistono due fattori fondamentali sempre presenti in tutti i ricordi episodici: lo spazio e il tempo. Ogni episodio accade sempre in un determinato spazio e si svolge sempre in un determinato arco di tempo.

Le fasi sperimentali

Per testare la veridicità della propria ipotesi, il team di ricercatori americani ha realizzato un esperimento che ha chiamato il “fermaporta virtuale”. Un topo deve camminare lungo un percorso che ha una pavimentazione reale posta però all’interno di un ambiente creato con la realtà virtuale. Il topo impara a muoversi attraverso un corridoio verso una porta che si trova a circa metà del percorso. Qui, dopo sei secondi precisi, la porta si apre permettendo all’animale di continuare fino a un punto in cui riceve una ricompensa. Dopo aver fatto svolgere al topo diverse sessioni di allenamento in questo modo, i ricercatori sono intervenuti sulla realtà virtuale rendendo la porta invisibile. Nella situazione così creata, il topo sapeva ancora individuare il punto dove si trovava la porta, grazie a una diversa consistenza del pavimento che aveva imparato a riconoscere. Giunto davanti alla “porta invisibile”, il topo ha quindi atteso per sei secondi (come aveva sempre fatto nelle sessioni con la porta) e poi ha proseguito con decisione nella consueta direzione per arrivare al punto in cui raccogliere la sua ricompensa.

La misurazione del tempo

Il fatto importante è che il topo non poteva sapere se la “porta invisibile" fosse aperta o chiusa, e ha quindi agito nell’unico modo in cui poteva risolvere l’enigma: ricorrere alla misurazione del tempo necessario per l’apertura della porta, tempo che il suo cervello evidentemente è in grado di calcolare. Ma perché la realtà virtuale? Grazie a questa tecnologia Dombeck e il suo team hanno potuto escludere dall’esperimento fattori potenzialmente disturbanti, come il suono della porta che si apre. Operando esclusivamente nel reale, i ricercatori non sarebbero riusciti inoltre a rendere la porta completamente invisibile e

l’animale avrebbe comunque potuto individuare in qualche modo l’apertura attraverso gli stimoli sensoriali. ●

Fonti James G. Heys, Daniel A. Dombeck. Evidence for a subcircuit in medial entorhinal cortex representing elapsed time during immobility. Nature Neuroscience, 2018; DOI: 10.1038/ s41593-018-0252-8 https://www.nature.com/articles/s41593- 018-0252-8 https://www.researchgate.net/publication/328430580_Evidence_for_a_su bcircuit_in_medial_entorhinal_cortex_representing_elapsed_time_during_immobility https://www.sciencedaily.com/releases/ 2018/10/181023130518.htm

Foto: Sibya - Pixabay

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