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DIGITAL MARKETING
IDEALI PER CREARE PROFILI DEI CONSUMATORI E PROPORRE ANNUNCI IN LINEA CON LE PREFERENZE DIMOSTRATE, I COOKIES SONO SEMPRE PIÙ MAL TOLLERATI DAGLI UTENTI DEL WEB, TANTO CHE SI PENSA DI MANDARLI “IN PENSIONE”
I BISCOTTI SI SONO SBRICIOLATI
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SILVIA BOSIO
E-commerce specialist e divulgatrice silvia.bosio@me.com Nel mondo digitale, i cookies sono dati inviati da un sito web e memorizzati sul dispositivo dell’utente dal proprio browser (Chrome, Internet Explorer, Firefox, per fare degli esempi) per svolgere varie funzioni essenziali. Possono essere utilizzati per verificare l’account con cui un utente ha effettuato l’accesso al sito, registrare le pagine web visitate, compilare record a lungo termine della cronologia di navigazione o creare un profilo degli interessi, delle preferenze e delle abitudini dei nostri clienti. Nel tempo i cookies sono diventati la spina dorsale del settore del marketing digitale e della pubblicità online, consentendo di “seguire” gli utenti sul web grazie a funzionalità come il retargeting, il marketing comportamentale, la pubblicità programmatica e molto altro. Innegabilmente, gli annunci pubblicitari basati sui cookies (di terze parti) hanno creato un potente motore economico che dà lavoro a tantissime persone.
Marco Livolsi - Pixabay
L’utente del web ha detto stop
È successo però che negli ultimi anni, grazie a una sempre crescente consapevolezza digitale, le persone abbiano imparato ad aggirare questo meccanismo in maniera molto efficace tramite semplici strumenti gratuiti chiamati AD Blocker che permettono di bloccare la profilazione a scopi pubblicitari. Un segnale d’allarme che poche aziende hanno saputo ascoltare. Le persone amano acquistare online, ormai è chiaro, ma vogliono farlo in maniera autonoma, senza essere indirizzate e soprattutto non sopportano più che venga invasa la loro privacy. Per fare un parallelismo offline, se mi fermo a guardare per qualche secondo la vetrina di un negozio non significa che ho accettato di essere ricontattata, seguita o tracciata in tutto quello che faccio nella speranza che acquisti il prodotto che ho osservato distrattamente il mese scorso. È in atto una ribellione da parte delle persone, che hanno detto basta a queste forme di controllo delle loro abitudini. Le aziende devono adeguarsi perché è il consumatore che comanda. La resistenza da parte delle aziende non solo sarà inutile ma addirittura autodistruttiva. Lo hanno capito i colossi del web. A partire da gennaio 2022 con un’operazione chiamata Google Privacy Sandbox, sarà decretata la fine della raccolta dei cookies di terze parti su Chrome, il browser di Google utilizzato a livello mondiale (secondo una ricerca di Statistica del 2021) dal 65% dei naviganti, contro il 10% di Safari e l’8% di Firefox, le cui impostazioni iniziali già prevedono che non vengano raccolti cookies di terze parti.
Cookie di prime e di terze parti
Facciamo un passo indietro per chiarire meglio la differenza tra i vari tipi di cookies. I cookie, dicevamo, sono dei file di testo che vengono salvati nella memoria dei dispositivi dell’utente che sta navigando un sito internet e che permettono al sito web che li ha emessi di riconoscere l’utente e alcune sue caratteristiche, comportamenti e preferenze.
I cookie di prima parte sono creati e utilizzati solo dal proprietario del sito web che li ha emessi e non sono trasferiti a terze parti. Questi cookie sono utili per migliorare l’esperienza di navigazione dell’utente per esempio riconoscendolo a ogni visita e permettendogli di salvare preferenze, prodotti preferiti, prodotti a carrello. È grazie ai cookie di prime parti che il carrello tiene in memoria i prodotti aggiunti da un utente anche tra una sessione e l’altra, o che sono salvate le preferenze di lingua o visualizzazione di un sito web. In pratica, i cookie di prima parte sono quelli che permettono di memorizzare parametri che hanno lo scopo di semplificare la vita dell’utente durante la navigazione sul singolo sito. Se questi non ci fossero, a ogni atterraggio sul nostro sito preferito dovremmo ripetere le stesse informazioni, cosa che peggiorerebbe in maniera significativa la nostra esperienza di navigazione.
I cookie di terze parti invece sono creati da siti diversi rispetto a quello che si sta navigando e sono utilizzati principalmente per la profilazione degli utenti con finalità pubblicitaria.
Questi cookie di terze parti permettono di personalizzare la pubblicità online sulla base delle informazioni raccolte su ogni singolo utente in base al suo comportamento di navigazione.
Esempi noti a tutti di cookie di terza parte si trovano collegati ai social button di Facebook, Twitter o Linkedin, solo per citare i più famosi, integrati su una qualunque pagina web.
Marco Livolsi - Pixabay
La tecnologia si evolve, ma anche i consumatori
Nei mesi scorsi, dopo l’annuncio della fine della raccolta dati per la profilazione pubblicitaria da parte di Apple e Google, pare che in Cina sia stata messa a punto una tecnologia per superare le nuove funzionalità di Apple sulla privacy. Gruppi commerciali cinesi e aziende tecnologiche che lavorano con la China Advertising Association intendono così tracciare gli utenti e indirizzare gli annunci tramite le modalità che Apple sta cercando di prevenire. Ma perché Apple e Google, per proteggere la privacy dei consumatori, stanno adottando misure che porteranno a perdite economiche ingenti per gli inserzionisti che le pagano per erogare la pubblicità?
La risposta è semplice: perché è quello che i consumatori vogliono.
QUALCHE CURIOSITÀ
Cookie letteralmente vuol dire “biscottino”, un nome davvero curioso per una funzione informatica creata per tracciare i dati degli utenti del web. E in effetti nessuno sa perché questo tracciatore di dati sia stato chiamato così. Il termine pare derivi dal mondo Unix, il famoso sistema operativo nato negli anni Sessanta e oggi utilizzato come base di partenza per molti altri sistemi operativi. Nel mondo Unix infatti i “magic cookie” erano una tecnica ampiamente utilizzata già a partire dagli anni Ottanta per scambiare pacchetti di dati tra programmi in comunicazione fra loro.
Marco Livolsi - Pixabay Marco Livolsi - Pixabay
Come scrive Mark Schaefer nel libro Marketing Rebellion, diventato manifesto dello human marketing, “ogni volta che le aziende irritano e infastidiscono i consumatori, alla fine perdono”. I consumatori si ribellano e vincono. Tuttavia, nonostante l’evidente fastidio prodotto dagli annunci pubblicitari basati sui cookie di terze parti, vi è chi troverà comunque il modo di continuare a trattare i consumatori in questo modo.
I consumatori vogliono essere garantiti e rispettati
Le decisioni di Apple e Google hanno gettato nel panico un intero settore, che teme di veder sgretolato un fatturato ormai consolidato. Il messaggio però va letto in maniera più profonda, il mondo è cambiato, è il momento di mantenere le promesse, di lavorare sulla qualità e la fiducia del cliente. Bisogna raggiungere la consapevolezza che tentare di condizionare i naviganti attraverso espedienti tecnici non serve più perché le persone sono tecnologicamente mature. Le aziende devono fare in modo che le persone (non solo i propri consumatori) si ricordino di loro perché, scegliendole, si sono sentite garantite e rispettate. Le aziende che riusciranno a fare questo non avranno bisogno di un accorgimento digitale che presto verrà limitato o escluso dalla storia perché è troppo invadente e odiato dal grande pubblico. ●