NOVEMBRE 2020
Magazine
Città da sogno, città dei sogni
NOVEMBRE 2020
CITTÀ D RAFFAELLA VACIS
Città da percorrere, attraversare, conoscere, interpretare. Anime le città, specchi di Paesi o entità con un carattere proprio. Unico e decontestualizzato. Città come isole dove trovare una dimensione, la propria. Viaggiando sono molte quelle che ho visitato, ma solo alcune hanno segnato in modo indelebile passaggi di vita. Le mie città attraversano continenti, vanno da una parte all'altra del pianeta. Adoro mescolarne tendenze e identità. Adoro cogliere, in contesti apparentemente lontani, somiglianze e intersezioni.. EXPERIENCE
Le città come approdi o porti da cui partire per scoprire altro. Enormi, fagocitanti, tranquille, remote. Città perdute. Città vivaci. Città enigmatiche, solitarie, decadenti. Città dove fermarsi per sempre e città da cui fuggire. E c'è molto altro in questo numero di novembre, che ripercorre momenti di viaggio. Momenti di vita. Come sempre c'è la voglia costante di condividere. Bellezza, emozioni, strade, percorsi, passaggi. Esperienze. Quello che muove anche i nostri spazi più intimi e privati. Spazi geografici e spazi interiori. Le mie città.
CITIES DI RAFFAELLA VACIS
Cities to go through, cross, know, interpret. Cities are animated, mirrors of countries or simply entities with their own character. Unique and decontextualized. Cities like islands where you can find your own dimension. While traveling there are many that I have visited, but only a few have indelibly marked passages in life. My cities cross continents, go from one part of the planet to another. I love to mix trends and identities. I love to grasp similarities and differences in spaces so apparently distant.
Cities as landings or ports from which to discover more. There are the big ones, the ones that shiver down my spine when I say the name. Huge, engulfing, quiet, remote. Lost cities. Lively cities. Enigmatic, lonely, decadent cities. City to stop forever and city to escape from. And there is much more in this November issue, which traces moments of travel. Life's moment. As always there is the constant desire to share.
Beauty, emotions, streets, neighborhoods. Spaces and experiences. The one that also moves our intimate and private spaces. Geographical spaces and interior spaces. Have a good trip...
CITIES LIKE ISLANDS WHERE YOU CAN FIND YOUR DIMENSION
QUALE SNACK ATTIRA PIÙ CLIENTI? DI NUNZIO ROMANO Poiché hai a che fare con immobili, ricorda di lasciare molto spazio per le immagini. Il tuo obiettivo è mostrare la proprietà ai clienti e fornire loro informazioni a riguardo. Puoi mettere in risalto un'immagine lasciando abbastanza spazio tra la foto e il testo o utilizzando un bordo che la incornici e attiri l'attenzioni su di essa. Dal momento che tratti proprietà, ricordati di lasciare molto spazio per le immagini nel tuo layout. Il tuo obiettivo è mostrare la proprietà ai clienti e fornire loro informazioni a riguardo.
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sullo stato del mercato, così avranno un'idea di quale potrebbe essere il prossimo passo. Un'altra tipologia di contenuti che puoi inserire nella tua newsletter è una rubrica che offre consigli su come prendersi cura delle proprietà.
HOI AN VIETNAM
VIETNAM ASIA
HOI AN DI RAFFAELLA VACIS
Le storie che racconto fluttuano nella mia mente da anni. Erano lì, aspettavano solo di essere narrate. Ricordo ancora perfettamente lo sguardo dell’anziano signore di Hoi An. Lo incontrammo per strada, una sera in cui stanchi stavamo tornando alla guesthouse. Si avvicinò con signorilità e delicatezza, iniziò a farmi qualche domanda in francese. Aveva studiato a Parigi quell’anziano signore, ed amava l’Italia. Ricordo che subito mi venne in mente Ho Chi Minh, anche lui studente in Francia negli anni ‘20. Appena gli risposi capimmo di essere diventati complici.
Gli chiesi dei suoi studi, delle sue esperienze in Europa, di ciò che si portava ancora dentro di quegli anni. Della sua giovinezza. Era un uomo di cultura, era evidente, e io lo ascoltavo come fosse un menestrello alla corte del re. Studi a Parigi, viaggi in Italia…”ah che sospiri per le donne di Torino…”. Ho subito immaginato la sua inenarrabile storia d’amore. Inenarrabile ma che io avevo colto immediatamente, non poteva che essere così. Doveva aver amato molto una donna italiana, perché in fondo al suo sguardo mi sembrava di scorgerla, intravederla. Mi commossero le sue parole, io non avrei saputo raccontare il mio Paese meglio di lui, con amore, passione, nostalgia e rimpianto.
Quando parlandomi di Torino disse “…la vecchia capitale d’Italia…” mi conquistó ancora di più. Inutile dire che di quel distinto signore ci innamorammo entrambi e il racconto della sua vita, il suo modo di narrarsi è rimasto un ricordo indelebile del viaggio in Vietnam. Mi prese le mani, le avvicinò alle labbra e mi salutò con un sorriso colmo di benevolenza. Ci augurò un viaggio sereno e si allontanò. Credo di essere rimasta immobile ad osservarlo mentre scompariva lentamente. Mi resi conto solo allora d’avere ancora mille domande da porgli ma oramai non c’era più. Hoi An è una cittadina davvero graziosa, vi sono antiche case cinesi ricche di fascino e mistero. C’è un bellissimo ponte giapponese, vi sono i sarti che lavorano incessantemente per confezionare abiti meravigliosi. Vi sono le luccicanti sete colorate, i tessuti pregiati, le sciarpe raffinate…eppure ogni volta che ripenso a Hoi An ho in mente lui. L’anziano vietnamita che studiò a Parigi e che amò una bellissima donna di Torino.
COSA VEDERE A HOI AN CENTRO STORICO DI HOI AN E PONTE GIAPPONESE Il centro storico di Hoi An è un dedalo di viottoli lungo i
di bellezza, di poesia, di Vietnam.
quali si allineano case e botteghe in stile tradizionale, curate e conservate amorevolmente. Nessun grattacielo in cemento rovina gli scorci della città,
Il Ponte Giapponese (Chua Cau, Tempio del Ponte) è il
che diventano particolarmente suggestivi al tramonto e
monumento forse più noto di Hoi An.
alla sera, alla luce delle lanterne tradizionali. Tuttavia la
E' un piccolo ponte coperto, in pietra.
conversione alla funzione turistica di molte botteghe ha
Collega le vie Tran Phu e Nguyen Thi Minh Khai, segnando
talora compromesso l'autenticità della vita sociale ed
il confine tra il centro storico (Minh An) e Cam Pho.
economica della città.
Decorato con relativa semplicità, fedelmente allo spirito
Spesso comunque basta anche prendere un vicolo
artistico nipponico, ospita un piccolo tempio dedicato a
qualsiasi per ritrovarsi nell'atmosfera della città antica e
una divinità che ha l'imperio del clima.
assistere a scene pittoresche. Cogliere, in lontananza, il
Elaborate e suggestive narrative ne riconducono la
ticchettio delle macchine da cucire. Sarti laboriosi che in
funzione e l'aspetto a miti della civiltà giapponese.
una notte confezionano abiti da sogno, creati con sete pregiate e dai colori cangianti. Consiglio di vedere il centro all'alba, quando le vie sono
Casa di Phung Hung
quiete e deserte, e la sera, quando la cittadina lentamente
Questa abitazione esprime una delle architetture più
si addormenta.
eleganti e armoniose di Hoi An. Risale al periodo di
La bicicletta offre il modo migliore per visitare il centro e i
massimo splendore della città.
suoi dintorni.., a zonzo con la bici, che spettacolo.
Dista pochi passi dal Ponte Giapponese.
Scorgere il ponte giapponese e le pagode, costeggiare le
I due piani recano elementi costruttivi e stilistici differenti,
case che profumano di storia, trasudano secoli passati.
di influenza vietnamita, cinese e giapponese. Gran parte
Espandono profumi, incenso e cibo, che mescolati in
della struttura è realizzata in legno e presenta soluzioni e
proporzioni perfette regalano un aroma che si insinua nelle
accorgimenti di particolare originalità, funzionali ad
narici sino a colonizzarle.
armonizzare in poco spazio il doppio utilizzo come casa e
I sensi sono sollecitati in ogni istante. Le papille gustative
bottega.
danzano alla sola vista del cibo che viene presentato sulle
Sobrie le decorazioni. Nella casa, ancora abitata, si trovano
bancarelle. Cibarie, abiti dai colori sgargianti, tetti che si
mobili d'epoca, nonché pezzi di artigianato di valore.
arricciano il naso creando linee sinuose, cappelli conici e giovani ragazze in abiti bianchi, questi sono piccoli assaggi
HOI AN The stories I tell have been floating in my mind for years. They were there, just waiting to be told. I still perfectly remember the look of the old man from Hoi An. We met him on the street, one evening when we were tired and returning to the guesthouse. He approached with refinement and delicacy, began to ask me a few questions in French. The elderly gentleman had studied in Paris and loved Italy. I remember that Ho Chi Minh immediately came to mind, also a student in France in the 1920s. As soon as I answered him we realized we had become accomplices.
I asked him about his studies, his experiences in Europe, what he still carried within those years. Of his youth. He was a man of culture, it was evident, and I listened to him as if he had been a minstrel in the king's court.. You study in Paris, travel to Italy ... "Oh, what sighs for the women of Turin ..." I immediately imagined her unspeakable love story. Unspeakable but that I had immediately grasped, it could only be so. He must have loved an Italian woman very much, because at the bottom of his gaze I seemed to see her, glimpse her. His words moved me, I would not have been able to tell my country better than him, with love, passion, nostalgia and regret.
When talking to me about Turin he said "... the old capital of Italy ..." conquered me even more. Needless to say, we both fell in love with that distinguished gentleman and the story of his life, his way of narrating himself has remained an indelible memory of the trip to Vietnam. He took my hands, brought them to his lips and greeted me with a smile full of benevolence . He wished us a peaceful journey and walked away. I think I stood still watching him slowly disappear. Only then did I realize that I still had a thousand questions to ask him but by now he was gone. Hoi An is a really nice town, there are ancient Chinese houses full of charm and mystery. There is a beautiful Japanese bridge, there are tailors who work incessantly to make wonderful clothes. There are the shimmering colored silks, the precious fabrics, the refined scarves… yet every time I think back to Hoi An I have him in mind. The Vietnamese elderly man who studied in Paris and who loved a beautiful woman from Turin.
WHAT TO SEE IN HOI AN HISTORIC CENTER OF HOI AN AND JAPANESE BRIDGE The historic center of Hoi An is a maze of lanes lined with
The Japanese Bridge (Chua Cau, Temple of the Bridge) is
traditional-style houses and shops, cared for and preserved
perhaps Hoi An's best known monument.
with care. The urban landscape has been protected with some
It is a small covered stone bridge.
success from the harmful effects of the strong economic
It connects Tran Phu and Nguyen Thi Minh Khai streets,
pressures gravitating around tourism.
marking the boundary between the historic center (Minh
No concrete skyscraper ruins the views of the city which
An) and Cam Pho.
become particularly suggestive at sunset and in the evening in
Decorated with relative simplicity, faithful to the Japanese
the light of traditional lanterns. However, the conversion to the
artistic spirit, it houses a small temple dedicated to a
tourist function of many shops has sometimes compromised the authenticity of the social and economic life of the city. Often, however, it is also sufficient to take any alley to find yourself in the atmosphere of the historic city and see
divinity who has the dominion of the climate. Elaborate and evocative narratives trace its function and appearance back to myths of Japanese civilization.
picturesque scenes. I recommend seeing the center at dawn, when the streets are quiet and deserted, and at night. The bicycle offers the best way to visit the center and its surroundings .., strolling with the bike, what a show. See the Japanese bridge and the pagodas, skirt the houses that smell of history, exude centuries past. They expand perfumes, incense and food, which when mixed
Phung Hung House This house expresses one of the most elegant and harmonious architecture in Hoi An. It dates back to the heyday of the city. It is a few steps from the Japanese Bridge. The two floors have different constructive and stylistic elements, of Vietnamese, Chinese and Japanese influence.
in perfect proportions give an aroma that creeps into the
Much of the structure is made of wood and features
nostrils up to colonize them.
particularly original solutions and devices, functional to
The senses are aroused in every moment. The taste buds dance
harmonize in a small space the double use as a home and
at the mere sight of the food being presented on the stalls.
shop. The decorations are sober. In the house, still inhabited,
Foods, brightly colored dresses, roofs that curl up the nose
there are period furniture as well as valuable handicrafts.
creating sinuous lines, conical hats and young girls in white dresses, these are small samples
STONE TOWN TANZANIA
DI RAFFAELLA VACIS
Incrostazioni. Muri che non nascondono segni del tempo. Sedimentati di fragilità. Testimoni di bellezza fugace. Vicoli poco illuminati. Vicoli ubriachi, a ciondoloni. Vicoli biascicati. Vicoli in rovina, sul lastrico. Colori sbiaditi, testimoni di antichi trionfi. Orologi fermi, lancette arrugginite, immobili su di un’ora lontana. Il tempo. A Stone Town, il tempo, parla. Sussurra, bisbiglia, osserva di nascosto, dall’alto delle sue finestre socchiuse. Passi che rimbombano sul selciato, la sera, quando la città vecchia si addormenta. Giorni sonnolenti, oziosi come gatti.
Il mercato è l’unico luogo davvero vitale a Stone Town. Colorato, rumoroso. L’odore acre di carne esposta con trascuratezza mi disturba. Apnea. Il corteo delle mosche mi distrae, sono instancabili, esasperanti, come taluni venditori. Stone Town. Scatti in bianco e nero nella bottega dell'anziano fotografo. Un bugigattolo poco illuminato. Polveroso. Quasi abbandonato a se stesso, ma ricco. Inconsapevolmente ricco sfondato. Ascoltai la storia di quelle immagini. Fotografi da generazioni in quella famiglia. Un nonno traboccante di talento colse espressioni, volti, parole a mezz’aria, angoli, eventi di un’epoca. La amai senza mezze misure, perché so farlo così. Stone Town è solo apparentemente incurante di se stessa. È solo apparentemente schiava del tempo. È solo apparentemente spenta. Amai la sua caducità, la sua precarietà. L’arrendevolezza.
Il tempo riacquistò un significato. Non è banale. Qui volti e muri si specchiano. Rughe e crepe si osservano oneste. È un valzer quello del tempo. Nelle stanze di antiche dimore abbandonate, immaginai danze. La musica, che a tratti mi parve d’udire, ripercorreva epoche. Bantu, arabi, persiani, portoghesi, omaniti, inglesi. Ogni pietra mi raccontò un’appartenenza. “Città di pietra”, pietra corallina che grazie al suo colore caldo conferisce a Stone Town un’identità particolare. Il centro storico, patrimonio dell’umanità. Come ogni ruga del nostro volto, ogni crepa, a Stone Town narra della vita e dona il fascino del tempo.
A zonzo per Stone Town, piccoli suggerimenti e idee. Stone Town, nota anche come la Città di pietra o la Città bianca, è l’affascinante centro storico della capitale di Zanzibar. Situata lungo la costa sud occidentale dell’isola, nasce nel 1830 come piccolo villaggio di pescatori per poi diventare 10 anni più tardi la capitale del sultanato di Oman ed in seguito colonia britannica. Il susseguirsi di dominazioni è visibile nei palazzi coloniali e nei numerosi elementi arabi, persiani ed indiani che arricchiscono l’architettura della città. Stone Town è famosa per le porte intarsiate, un tempo usate dai mercanti arabi ed indiani per ostentare la loro ricchezza. I portoni si distinguono in portoni arabi e portoni indiani: i primi riportano scene tratte dal Corano mentre i secondi si distinguono per le borchie appuntite. In prossimità della stazione dei bus (altro luogo che sprigiona tutto il fascino della vera Africa), si trovano i mercati della frutta, del pesce e della carne. L’odore è intenso ma la visita è molto interessante, specialmente quando si tengono le aste del pesce.
Qui si possono acquistare le famose spezie di Zanzibar, coltivate nelle numerose piantagioni dell’entroterra. Chiodi di garofano, cannella, zafferano, vaniglia, noce moscata e anche frutti particolari come quello dell’albero del pane. Situati davanti al Palazzo delle Meraviglie i Giardini di Forodhani sono una piacevole passeggiata fronte mare. Nel tardo pomeriggio si riempiono di colori e profumi, grazie a numerose bancarelle. Qui è possibile provare il tipico succo di canna da zucchero, che viene preparato al momento passando le canne attraverso una pressa metallica. Il luogo d’eccellenza dove prendere l’aperitivo e vedere il tramonto è "The Africa House". Si tratta di uno splendido hotel coloniale dotato di grande terrazza sul tetto con vista mare. http://www.africahousehotel.com
Freddie Mercury e Stone Town
Forse non tutti sanno che Freddie Mercury, il famoso musicista, compositore e cantante dei Queen, nacque a Stone Town. Visse qui la sua infanzia per poi emigrare, con la famiglia, in inghilterra. Andando a zonzo per la città vi sono piccole testimonianze della sua vita. In particolare, potrete visitare il primo Museo in assoluto dedicato a questa leggenda mondiale, situato a Shangani, nel cuore di Stone Town, inaugurato ufficialmente domenica 24 novembre 2019. Avrete modo di comprendere meglio le sue radici, l'influenza della religione zoroastriana, la sua infanzia e la sua educazione a Zanzibar. Davvero da non perdere. http://freddiemercurymuseum.com/
STONE TOWN
Walls that do not hide the signs of aging. Sedimented by fragility. Witnesses of fleeting beauty. Poorly lit alleys. Drunken, lolling alleys. Muffled alleys. Alleys in ruins, on the pavement. Faded colors, witnesses of ancient triumphs. Stationary watches, rusty hands, motionless on a distant hour. The weather. In Stone Town, time speaks. It whispers, whispers, secretly observes, from the top of its halfclosed windows. Steps that echo on the pavement in the evening when the old city falls asleep. Sleepy days, idle like cats. The market is the only truly vital place in Stone Town. Colorful, noisy. The acrid smell of carelessly exposed meat bothers me. Apnea. The procession of flies distracts me, they are tireless, exasperating, like some sellers. Stone Town. Black and white shots in the photographer's workshop. A dimly lit closet. Dusty. Almost left to himself, but rich. Unknowingly filthy rich. I listened to the story of those images. You've been photographing in that family for generations. A grandfather overflowing with talent caught expressions, faces, words in mid-air, angles, events of an era. I loved her without half measures, because I know how to do it like that. Stone Town is only apparently oblivious to itself. It is only apparently a slave of time. It is only apparently off. I loved its transience, its precariousness. The compliance. Time regained meaning. It is not trivial. Here faces and walls are mirrored. Wrinkles and cracks are observed honest. Time is a waltz. In the rooms of old abandoned houses, I imagined dances. The music, which at times I thought I heard, went back to ages. Bantu, Arabs, Persians, Portuguese, Omani, English. Each stone told me a belonging. "City of stone", coral stone which, thanks to its warm color, gives Stone Town a particular identity. The historic center, a world heritage site. Like every wrinkle on our face, every crack in Stone Town tells of life and gives the charm of time.
STONE TOWN... STROLLING AROUND Stone Town, also known as the Stone City or the White City, is the charming historic center of the capital of Zanzibar. Located along the southwestern coast of the island, it was born in 1830 as a small fishing village and then became the capital of the Sultanate of Oman 10 years later and later a British colony. The succession of dominations is visible in the colonial palaces and in the numerous Arab, Persian and Indian elements that enrich the architecture of the city. Stone Town is famous for its inlaid doors, once used by Arab and Indian merchants to flaunt their wealth. The doors are distinguished in Arabic doors and Indian doors: the former show scenes from the Koran while the latter are distinguished by pointed studs. Near the bus station (another place that releases all the charm of true Africa), there are fruit, fish and meat markets. The smell is intense but the visit is very interesting, especially when fish auctions are held. Here you can buy the famous spices of Zanzibar, grown in the many plantations of the hinterland. Cloves, cinnamon, saffron, vanilla, nutmeg and also particular fruits such as that of the bread tree. Located in front of the Palace of Wonders, the Forodhani Gardens are a pleasant promenade facing the sea. In the late afternoon they are filled with colors and scents, thanks to numerous stalls. Here you can try the typical sugar cane juice, which is freshly prepared by passing the canes under a metal press. The place of excellence for having an aperitif and watching the sunset is "The Africa House". It is a splendid colonial hotel with a large roof terrace overlooking the sea. http://www.africahousehotel.com
Freddie Mercury in Stone Town Perhaps not everyone knows that Freddie Mercury, the famous musician, composer and singer of Queen, was born in Stone Town. He lived his childhood here and then emigrated, with his family, to England. Wandering around the city there are small testimonies of his life. In particular, you can visit the first ever Museum dedicated to this world legend, located in Shangani, in the heart of Stone Town, officially inaugurated on Sunday 24 November 2019. You will have the opportunity to better understand his roots, the influence of the Zoroastrian religion, his childhood and his education in Zanzibar. Really not to be missed. http://freddiemercurymuseum.com/
ISTANBUL TURCHIA UNICA CITTÀ AL MONDO CHE SI ALLUNGA SU DUE CONTINENTI, EUROPA E ASIA, ISTANBUL È ADAGIATA SULLE RIVE DEL BOSFORO, IN TURCHIA, STRETTO CHE DIVIDE IL MAR NERO DAL MAR DI MARMARA.
Costantinopoli, Bisanzio. Una città. Dieci, cento, mille città.
DI RAFFAELLA VACIS Istanbul è un dedalo di strade, un labirinto complesso in cui perdere se stessi. Istanbul è un mercato dove artigiani sapienti, con maestria millenaria, dipingono ceramiche bianche e blu. Istanbul è sesamo tra i denti che rende buffo il sorriso. Istanbul è menta, profumo dolce di shisha, caffè nero da bere accucciati nei piccoli locali del mercato. Istanbul è una donna affascinante che sa essere velata e sfuggente ma allo stesso tempo autentica e raggiungibile. Istanbul è un copricapo leggero, è la torre di Galata, è il Bosforo con la foschia del mattino. Sobborghi antichi ricchi di storia e bellezza. Ripenso alle sue strade, all’Aya Sofia, splendore e decadenza, ovunque. Moschee, luoghi di fede e spiritualità. Rivedo il Cristo pantocratore che dall’alto mi osserva severo. Trascorremmo una settimana ad Istanbul ma saremmo potuti restare un mese intero senza un attimo di noia, scoprendone ogni giorno angoli misteriosi. Perché Istanbul sa essere conturbante come una ballerina del ventre ma allo stesso tempo mistica come la ruota del sufi danzante. Con l’intero cosmo nella sua gonna. Mi piacciono anche i suoi nomi antichi: Costantinopoli o Bisanzio, così permeati di storia, così lontani. Irraggiungibili.
Pensandoci però ricordo soprattutto la sua malinconia. Malinconia e struggimento d’amor perduto. Lontananza, declino, dimenticanza. Poesia. Ricordo che presi il battello che navigava lungo il Bosforo. Era un mezzo pubblico che fermava ad ogni sobborgo. Prima ci furono quelli ricchi e benestanti, poi allontanandoci giungemmo a quelli delle signore col foulard in testa, dei grembiuli delle nonne, dei bambini con abiti scuri di due misure più grandi, pronti per la scuola. I sobborghi delle scarpe che si perdono camminando. I sobborghi dei gatti e del cibo saporito, carico. Quei posti che mi piacciono perché reali, semplici e perduti. Luoghi che raccontano storie lontane, dimenticate. È questa la mia Istanbul.
Piccoli suggerimenti: Non sto ad elencarvi tutti i monumenti imperdibili di Istanbul, li troverete in tutte le guide, voglio suggerirvi un piccolo negozio (nel caso voleste fare shopping) che si trova nel Kapali Carsi, il Gran Bazar, Selvi El Sanatlari, Yaglikcilar Caddesi 54. Lì abbiamo trovato prodotti artigianali di ottima qualità ed abbiamo fatto qualche piccolo acquisto. Hanno piastrelle, vasi, piatti e altri oggetti d’artigianato, molti dei quali sono vere opere d’arte. Per quelli che come me amano i libri vecchi e antichi suggerisco La librerie de Péra, in Galip Dede Caddesi 22, un bel negozio con libri antichi in turco, armeno, arabo, francese, tedesco….. C’è anche il Sahaflar Carsisi, il bazar dei libri usati, un posto fantastico per curiosare e perdere la cognizione del tempo, sempre nel gran Bazar, nella zona ovest. Per le escursioni sul Bosforo suggerisco di evitare i tour con imbarcazioni private, prendete piuttosto i traghetti, ve ne sono tantissimi, collegano la sponda europea e asiatica, sono economici e più veri. Se foste affascinati dall’idea di assistere alla danza dei Sufi suggerisco la Galata Mevlevi Tekkesi, sala dei Dervisci Ruotanti di Galata, dove ancor oggi i dervisci eseguono le loro danze nell’ultima domenica del mese.
HALIBUT GIOIELLI UNCONVENTIONAL PEOPLE
I pesciolini di HALIBUT non seguono la corrente. Nuovi colori, combinazioni inedite. Halibut gioielli, bellezza controcorrente.
halibut-gioielli.com
ISTANBUL Costantinopoli, Bisanzio. Una città. Dieci, cento, mille città.
Istanbul is a maze of streets, a complex labyrinth in which to lose yourself. Istanbul is a market where skilled artisans with millenary mastery paint white and blue ceramics. Istanbul is sesame between the teeth that makes the smile funny. Istanbul is mint, the sweet scent of shisha, black coffee to drink crouched in the small market places. Istanbul is a fascinating woman who knows how to be veiled and elusive but at the same time authentic and reachable. Istanbul is a light headdress, it is the Galata tower, it is the Bosphorus with the morning mist. Ancient suburbs rich in history and beauty. I think back to its streets, to Aya Sofia, splendor and decadence everywhere. Mosques, places of faith and spirituality. I see the Pantocrator Christ who observes me sternly from above. We spent a week in Istanbul but we could have stayed a whole month without a moment of boredom, discovering mysterious corners every day. Because Istanbul knows how to be disturbing like a belly dancer but at the same time mystical like the wheel of the dancing Sufi. With the entire cosmos in her skirt. I also like its ancient names: Constantinople or Byzantium, so steeped in history, so far away. Unattainable.
Thinking about it, however, I remember especially his melancholy. Melancholy and longing for lost love. Distance, decline, forgetfulness. Poetry. I remember that I took the boat that sailed along the Bosphorus. It was a public transport that stopped at every suburb. First there were the rich and wealthy ones, then walking away we came to those of the ladies with the headscarf, the aprons of the grandmothers, the children in dark suits two sizes larger ready for school. The suburbs of shoes that are lost while walking. The suburbs of cats and tasty, laden food. Those places that I like because they are real, simple and lost. Places that tell distant, forgotten stories. This is my Istanbul.
Small suggestions: I'm not going to list all the must-see monuments of Istanbul, you will find them in all the guides, I want to suggest you a small shop (in case you want to go shopping) which is located in Kapali Carsi, the Grand Bazaar, Selvi El Sanatlari, Yaglikcilar Caddesi 54. There we found handcrafted products of excellent quality and made some small purchases. They have tiles, vases, plates and other handicrafts, many of which are true works of art. For those like me who love old and ancient books I suggest La librerie de Péra, in Galip Dede Caddesi 22, a nice shop with old books in Turkish, Armenian, Arabic, French, German ... .. There is also the Sahaflar Carsisi, the used book bazaar, a fantastic place to browse and lose track of time, also in the Grand Bazaar, in the west. For excursions on the Bosphorus I suggest avoiding tours with private boats, rather take the ferries, there are many, they connect the European and Asian shores, they are cheaper and more real. If you were fascinated by the idea of watching the Sufi dance, I suggest the Galata Mevlevi Tekkesi, room of the Whirling Dervishes of Galata, where even today the dervishes perform their dances on the last Sunday of the month.
EXPERIENCE WORKSPACE UNCONVENTIONAL SPACE
Da noi puoi allestire il tuo temporary shop. Contattaci e ti daremo tutte le informazioni.
NARA GIAPPONE
NARA DI RAFFAELLA VACIS Nara fu. Con la fantasia o l’immaginazione spesso percorsi i sentieri del Giappone, prima di viaggiarvi, di quel mondo remoto che nel mio immaginario albergava ancora da qualche parte. Cercavo quella piccola ampolla che contenesse il profumo antico d’un mondo lontano. Perduto forse. A Nara fu, fu che scoprii quel luogo di cui, probabilmente senza saperlo, ero alla ricerca. Non regina incontrastata di bellezza perfetta quale Kyoto, Nara con le sue dimensioni, quel suo essere discreta e sottotono, con i suoi Ryokan semplici, regalò un prezioso ritaglio di normalità.
I pasti scandirono il tempo. Le passeggiate tranquille nei parchi della città. Santuari, foreste, rovine, palazzi. Nara, in quel suo perimetro limitato, offrì ciò di cui avevamo bisogno, la lentezza. Io, viaggiatrice ingorda talvolta, decisi che a Nara fosse necessario cambiar ritmo. E il ritmo cambiò. Ci fu tempo per una più lenta assimilazione. Ci fu tempo per regalarsi le carezze ai cervi, che prima dell’avvento del buddismo erano considerati messaggeri degli dei. Ci fu tempo per godere d’un laghetto meraviglioso, tempo per sedersi sui tatami e assaporare un’atmosfera autentica, tempo per una lunga colazione tradizionale cucinata da una cara signora.
LA NEWSLETTER DELL'AGENZIA IMMOBILIARE BRAMANTI
Tempo per non far nulla, che in fondo non corrisponde al niente, corrisponde semplicemente all’ozio. Corrisponde al tempo per raccogliere le idee, riordinare i pensieri, togliere polvere dalle scarpe e ammirare la bellezza che sta intorno e che talvolta sfugge. Non è detto, ma può accadere. Allora basta sedersi a piedi scalzi accanto ad un lago, un fiume, una cascata, un ruscello. Immergere i piedi e aspettare. Forse, in quell’attesa del nulla, non è da escludere che si possa ritrovare il gusto del tutto. Nara fu.
Cosa fare a Nara….sì insomma, a zonzo con me:
奈良市
La città di Nara ( ) è una delle più antiche del Giappone; ne è stata capitale dal 719 al 794 e nel 1998 è stata dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO. Con i suoi templi e i quartieri tradizionali è un concentrato di arte e cultura giapponese. Non c’è una stagione giusta per visitare Nara, perché ogni periodo dell’anno offre uno spettacolo unico. Per raggiungere Nara, uno dei punti di partenza migliori è sicuramente la città di Kyoto. Naturalmente in treno, altra esperienza imperdibile da fare in Giappone (35 minuti Kyoto-Nara).
LA NEWSLETTER DELL'AGENZIA IMMOBILIARE BRAMANTI
Must do: Una visita al meraviglioso Issui-en, uno dei giardini più belli di Nara, l’imperdibile Todai-ji e l’altrettanto stupefacente Kofuku-ji, due templi buddisti perfettamente conservati. Lo Yoshiki , un altro giardino-gioiello situato a poca distanza dal giardino Isuien, da cui è separato solo dal fiume Yoshikigawa, al quale deve il suo nome. E’ diviso in tre parti: un giardino con i laghetti, un giardino di muschio ed uno in cui si tiene la cerimonia del tè.
Piccolo vocabolario essenziale.
Dove dormire:
Futon: È il materasso tradizionale della cultura giapponese, interamente in cotone, rigido, sottile e arrotolabile.
Questo è il Ryokan dove alloggiammo a Nara: Hotobil Ryokan Nara (http://hotobil.com/), noi fummo accolti con molta gentilezza e le camere tradizionali pulite e graziose. Ottima la colazione, anch’essa tradizionale, a base di pesce e piatti tipici. Nara è una città talmente raccolta che si visita tranquillamente a piedi, in un paio di giorni. E’ perfetta per lo shopping, infatti vi potrete trovare piccoli oggetti d’artigianato tradizionale.
Ryokan: locanda tradizionale giapponese con uno stile immutato nel tempo. Tatami: tradizionale pavimentazione giapponese composta da pannelli rettangolari modulari, costruiti con un telaio di legno (o altri materiali) rivestito da paglia intrecciata e pressata. Onsen: stazione termale giapponese.
NARA. JAPAN Nara was. With fantasy or imagination I often traveled the paths of Japan, before traveling there, of that remote world that still harbored somewhere in my imagination. I was looking for that small cruet that contained the ancient perfume of a distant world. Lost perhaps. In Nara it was, was that I discovered that place which, probably without knowing it, I was looking for. Not the undisputed queen of perfect beauty like Kyoto, Nara with her size, her discreet and subdued being, with her simple ryokans, gave her a precious cut of normality. Meals marked the time. The quiet walks in the city parks. Sanctuaries, forests, ruins, palaces. Nara, within its limited perimeter, offered what we needed, slowness. I, a sometimes greedy traveler, decided that Nara needed a change of pace. And the pace changed. There was time for a slower assimilation. There was time to treat oneself to deer, which before the advent of Buddhism were considered messengers of the gods. There was time to enjoy a wonderful lake, time to sit on the tatami mats and savor an authentic atmosphere, time for a long traditional breakfast cooked by a dear lady.
There was time for a slower assimilation. There was time to enjoy a wonderful lake, time to sit on the tatami mats and savor an authentic atmosphere, time for a long traditional breakfast cooked by a dear lady. Time to do nothing, which basically does not correspond to nothing, it simply corresponds to idleness. It corresponds to the time to collect ideas, rearrange thoughts, remove dust from shoes and admire the beauty that is around and that sometimes escapes. Not necessarily, but it can happen. Then it would be enough to sit barefoot next to a lake, a river, a waterfall, a stream. Dip your feet and wait. Perhaps, in that waiting for nothing, it cannot be ruled out that you can find the taste of everything. Nara was. What to do in Nara ... yes in short, strolling with me: The city of Nara (
奈良 市) is one of the oldest in
Japan; it was its capital from 719 to 794 and in 1998 it was declared a World Heritage Site by UNESCO.
With its temples and traditional neighborhoods it is a concentrate of Japanese art and culture. There is no right season to visit Nara, because every period of the year offers a unique spectacle. To reach Nara, one of the best starting points is certainly the city of Kyoto. Naturally by train, another unmissable experience to do in Japan (35 minutes Kyoto-Nara). must do: A visit to the wonderful Issui-en, one of the most beautiful gardens in Nara, the unmissable Todai-ji and the equally stunning Kofuku-ji, two perfectly preserved Buddhist temples. Yoshiki - en is another jewel-garden located a short distance from the Isuien garden, from which it is separated only by the Yoshikigawa River, to which it owes its name. It is divided into three parts: a garden with ponds, a moss garden and one where the tea ceremony is held.
NARA, WITHIN ITS LIMITED PERIMETER, OFFERED WHAT WE NEEDED, SLOWNESS.
Where to sleep: This is the Ryokan where we stayed in Nara: Hotobil Ryokan Nara (http://hotobil.com/), we were greeted with a lot of kindness and the traditional rooms clean and nice. Excellent breakfast, also traditional, based on fish and typical dishes. Nara is such a small city that you can easily visit it on foot in a couple of days. It is perfect for shopping, in fact you can find small traditional handicrafts.
Small essential japanese vocabulary. Ryokan: Traditional Japanese inn with a style unchanged over time. Tatami: traditional Japanese flooring composed of modular rectangular panels, built with a frame of wood or other materials covered with woven and pressed straw. Onsen: Japanese spa. Futon: It is the traditional mattress of Japanese culture, entirely in cotton, rigid, thin and rollable.
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PARIGI FRANCIA
PARIS
VAUT
BIEN
UNE
MESSE Raffaella Vacis
Quasi in punta di piedi attraverso luoghi noti, conosciuti, ma che nella percezione dell’oggi si trasformano in nuovo. Parigi è il mio posto felice e qui, col sole, la musica, i gradini, il panorama e il Sacre Coeur alle spalle, l’anima danza, si solleva ed osserva dall’alto la scena di volti e vita. Vita e volti. Leggerezza, sapore buono in bocca e cuore pronto ad accoglienza. Potrei stare qui per l’eternità, e anche questo concetto, l’eternità, oggi non mi sfiora o spaventa. Voglio che l’eternità sia questo tiepido sole sul viso, il cantante di strada che conosce a memoria la compilation del mio cuore e la sensazione di bellezza sparsa. Spensieratezza e tepore d’un sole inatteso che quindi pare valga il doppio o il triplo o chissà. Quanta bellezza assaporo nel passo lieve ma sfrontato. Bellezza nel bambino che danza goffamente, bellezza nel marmo bianco e caldo che come in una pièce teatrale disegna scenografie perfette. Architettura che regala inedite prospettive. Punti di vista, anche distanti, che avvicinano creando nuove geometrie. In tutto leggo bellezza, anche in quell’apparente imperfezione che scorgo o solo percepisco per un istante. Il blu sgombro del cielo colora di luce, avvolge di luce, semplicemente.
Sorride la sciarpa e in un valzer ondeggiano sfumature di pensieri. Sono tutti pensieri felici. Parole in francese che seppur insignificanti creano melodie familiari. “Une bière à la pression" con la sua lieve cantilena m’abbraccia e nell’abbraccio mi perdo e smarrisco ma al contempo ritrovo, riconosco, rinasco. Solo vita. È solo l’oggi, l’ora, l’adesso. Non importa che sarà di domani, del fra tre ore, delle pianificazioni, del punto a capo, delle risposte, degli scorni, del sediamoci a parlare, dell’analisi dei grafici. Non importa dell’ingranaggio che meccanicamente gira e schiaccia e riallinea e taglia, con precisione chirurgica, ogni imperfezione. Taglia il filo che scende coraggioso, la sbavatura, il bottone che ciondola. Non guardo l’orologio e il tempo è solo un altro schema. La clessidra girata con la sabbia che scende non spaventa perché ogni microscopico puntino di quella sabbia si trasforma in ciò che voglio io. Sono io a regalare dignità a quel microscopico nulla. “Alors…vive la France. Toujours « ..
PARIS
VAUT
BIEN
UNE
MESSE Raffaella Vacis
Almost on tiptoe through well-known, well-known places, but which in the perception of today are transformed into new. Paris is my happy place and here, with the sun, the music, the steps, the panorama and the Sacre Coeur behind the soul dances, rises and observes from above the scene of faces and life, life and faces, lightness, good taste in the mouth and a heart ready to welcome. I could stay here for eternity, and even this concept, eternity, today doesn't touch me or scare me. I want eternity to be this warm sun on my face, the street singer who knows the compilation of my heart by heart and the sensation of scattered beauty. The lightheartedness and warmth of an unexpected sun which therefore seems to be worth double or triple or who knows. How much beauty I savor in the light but bold step. Beauty in the child who dances awkwardly, beauty in white and warm marble that, like in a theatrical piece, draws perfect scenographies. Architecture that offers unprecedented perspectives. Points of view, even distant ones, that bring together creating new geometries. In everything I read beauty, even in that apparent imperfection that I see or only perceive for a moment. The clear blue of the sky colors with light, simply envelops you in light.
The scarf smiles and in a waltz nuances of thoughts sway. They are all happy thoughts. Words in French that, although insignificant, create familiar melodies. "Une bière à la pression" with its light chant it embraces me and in the embrace I lose myself and I lose myself but at the same time I find again, I recognize, I am reborn. It is only life. It is only today, now, now. It does not matter that it will be tomorrow, in three hours, the plans, the point to head, the answers, let's sit down and talk, the analysis of the graphs. It doesn't matter which gear mechanically turns and squeezes and realigns and cuts, with surgical precision, every imperfection. Cuts the thread that goes down bravely, the burr, the button that dangles. I don't look at the clock and time is just another pattern . The hourglass turned with the sand running down is not frightening because every microscopic dot of that sand is transformed into what I want. I am the one who gives dignity to that microscopic nothing. "Alors… vive la France Toujours «..
PETRA GIORDANIA
PETRA DI RAFFAELLA VACIS Ricordo che quando lessi il libro “Le parole sono pietre” di Carlo Levi pensai che le vere pietre fossero ‘le parole non dette’, quelle che per pudore, paura, timidezza…ci teniamo dentro. Sono proprio quelle parole non dette, quelle incastratesi fra cuore e bocca che spesso generano rimorsi, rimpianti, tormenti. Afflizioni. Cammino in questo luogo unico al mondo, cammino attraverso la storia, percorrendo queste strettoie tra pietre millenarie. Pietre. Pietre striate, sedimentate, ondeggianti, sembrano danzare in un eterno movimento, fluttuano insieme ai pensieri che ognuno si porta dentro. Il colore della pietra cambia, basta una goccia di luce che intrepida attraversa il pertugio.
"Pietre striate. Sedimentate. Ondeggianti. Sembrano danzare in un eterno movimento"
L’occhio cerca il tesoro magico nascosto fra la roccia. Il Tesoro. Appena lo scorgo, da lontano ho come un sussulto, un moto del cuore. Forse è solo una lieve, momentanea aritmia, non so, ma gli occhi si gonfiano e la gola si chiude. È una forte emozione. Intensa.
Maestoso, immenso, d’un tenue rosa di albicocca matura intravedo il tesoro. Petra. Il suo secolare, inimmaginabile scrigno si apre allo sguardo.. Cosa c’è di più perfetto dell’occhio umano? Sta raccogliendo informazioni, contemporaneamente le trasmette a cervello e cuore. Trecentosessanta gradi di perfezione. Abbiamo tra le mani mille aggeggi modernissimi ma non riusciamo a incanalarvi la maestosità. Tommaso si avvicina: ”avevi ragione mamma, davvero niente male qui”. L’adolescente si scioglie, direi un trionfo. Respiro forte. La mia Petra, la mia pietra.
PETRA I remember that when I read the book "Le parole sono pietre" by Carlo Levi I thought that the real stones were 'the unspoken words', the ones that we keep inside out of modesty, fear, shyness ... It is precisely those unspoken words, those stuck between heart and mouth that often generate remorse, regret, torment. Afflictions. I walk in this unique place in the world, I walk through history along these bottlenecks between millenary stones. Stones. Striated, sedimented stones, swaying, they seem to dance in an eternal movement, they fluctuate together with the thoughts that everyone carries inside.The color of the stone changes, just a drop of light that intrepidly crosses the hole., my stone.
They fluctuate together with the thoughts that everyone carries inside. The color of the stone changes, just a drop of light that intrepidly crosses the hole..
"Striated stones. Settled. Swaying. They seem to dance in an eternal movement" The eye searches for the magical treasure hidden among the rock. The treasure. As soon as I see it, from a distance I have a jolt, a motion of the heart. Maybe it's just a slight, momentary arrhythmia, I don't know, but the eyes swell and the throat closes. It is a strong emotion. Intense.
Majestic, immense, with a pale pink of ripe apricot, I see the treasure. Petra. Its centuries-old, unimaginable casket opens to the eye .. What is more perfect than the human eye? It is gathering information, simultaneously transmitting it to the brain and heart, 360 degrees of perfection. We have a thousand very modern contraptions in our hands but we cannot channel the majesty into them. Tommaso approaches: "you were right mom, really not bad here". The teenager melts, I would say a triumph. I breathe hard. My Petra, my stone.
1 Novembre 2020
BRIC-A-BRAC MARKET. IL NOSTRO MERCATINO DELLE PULCI...MA ANCHE ARTIGIANATO E BLABLABLA
Le nostre domeniche felici Domenica 1 novembre abbiamo inaugurato il nostro primo mercatino delle pulci. L'idea è nata quasi per caso, come spesso succede. Perché non proporre un mercato Bric-à-Brac nel nostro spazio? Cianfrusaglie, abiti usati, pezzi di pregio, oggetti fatti a mano, qualche bella ceramica e argento per piccoli gioielli. Il mercatino si è popolato sin dal mattino. Amici, passanti curiosi, bambini che si rincorrevano. Borgo Pignolo s'è trasformato in un attimo. Il nostro sogno di vederlo vivere si è magicamente avverato. Grazie a tutti per aver partecipato. Il mercatino diverrà un appuntamento mensile, la prima domenica di ogni mese. E ne siamo felici.
@experienceworkspace
MARRAKECH MAROCCO
DI ANTONELLA ALESSI Il primo incontro avuto con Marrakech risale al 2013 e il primo ricordo è legato al profumo, quello dei fiori coltivati proprio fuori dall’Aeroporto “Menara”. Il profumo è un tema ricorrente: piacevole quello del cibo, quello dei giardini della città, sgradevole quello degli escrementi dei muli e degli asini che attraversano i vicoli, fastidioso lo scarico dei motorini che sfrecciano in spazi ristretti. E poi ricordo la piacevole temperatura di marzo con il calore che brucia sulla pelle e i pori infreddoliti che si aprono, si allargano, a ricevere i raggi solari. E fu subito amore per me. Dopo 7 giorni da quell’atterraggio e di un turbinio di emozioni, feci ritorno a Marrakech, ma avevo poche ore a disposizione per farmi un’idea di questo luogo, che nella mia testa doveva essere esotico: immaginavo un’architettura del tipo yemenita, con castelli e merletti ovunque, il colore scuro della terra e qua e là tanti colori.
Mi ritrovai in un’immensa piazza, circondata da km di mura rosate, realizzate in paglia e argilla, e i merletti, sì, quelli ci sono, così come un festival di colori! Ecco l'alto Minareto della Koutoubia, la Moschea di Marrakech, chiusa ai non musulmani, che con i suoi 77 mt. svetta su tutta la città e vigila sulla Piazza Jemaa el Fna. Qui i marrachi (gli abitanti di Marrakech) e i turisti si mescolano per cenare, passeggiare, fare acquisti. La Piazza del mercato – la famigerata Jemaa el Fna - che in passato era luogo di impiccagioni, oggi è Sito Unesco, per il suo patrimonio immateriale che viene trasmesso dai più anziani ai più giovani. E viene fatto attraverso “l’halqa”, il cerchio che si forma intorno all’artista, che può essere un cantastorie, un incantatore di serpenti, un danzatore, un musicista, un giocoliere, un fachiro...
Gli “hlaiqi” hanno l’importante compito di comunicare ai visitatori la tradizione di un popolo, di una cultura, di una città. E probabilmente è questo ciò che si insinua sottopelle e fa sì che, ora dopo ora, ci si innamori di questa città. Ti innamori della sua atmosfera, dei suoi tramonti struggenti quando il sole va a riposare dietro le vette dell’Alto Atlante. Ti innamori della sua magia. È magia quando la musica tradizionale, caratterizzata da tamburi e cori, accompagna la tua merenda fatta di té alla menta e corna di gazzella (Kaab el ghzal), un dolcetto di pasta sfoglia sottile, con all’interno la pasta di mandorle. È magia quando ti perdi nel dedalo di vicoli del suq, tutti uguali a sé stessi … anche se basta alzare la testa per ritrovare i cartelli che indicano la direzione della Piazza. È magia quando chiedi un'informazione, e nel 99,99% dei casi ti troverai a dover rifiutare la visita al negozio dell’amico, del cognato, del cugino, “buoni prezzi, facciamo sconto”.
Una città molto bella che, come in tutto il Mondo, ha due facce: quella storica e quella moderna. La Medina è il cuore storico di Marrakech, dove sono presenti i Riad, le strutture nobiliari autentiche, che oggi sono diventati strutture ricettive; poi c’è la città nuova, che mantiene una linea di continuità con la medina: tutte le costruzioni di Marrakech devono essere “rosse”. In realtà non è proprio un rosso acceso, ma un colore che cambia dal rosa all’arancio, in funzione della sfumatura che il sole regala creando il suo arco di luce sulla città.. Nella città nuova gli abitanti di Marrakech conducono una vita non troppo diversa dalla nostra: il lavoro del terziario e del commercio, per alcuni le serate al Café o nei locali di divertimento (discoteche, piscine, locali in cui consumare alcol). Ma torniamo alla Marrakech del Centro storico, dove si concentrano le strutture monumentali che spiegano la cultura araba.
Su tutte un gioiello: la Medersa Ben Youssef che, al momento della scrittura di questo articolo, è chiusa per restauro. Una scuola coranica che poteva ospitare fino a 900 studenti di teologia e scienze, che trascorrevano la loro vita in questi spazi, nel silenzio delle sue cellette (132 in totale). In un attimo immagini le loro voci che ripetono le sure (i capitoli e i versetti del corano). Costruita con la forma del "Riad”, quindi con il patio centrale e la relativa piscina e le abitazioni intorno, è la massima espressione della tradizione e della cultura araba. Stucchi in gesso e legno, milioni di piastrelline – zellij – con i colori dell’islam: il verde su tutto, il blu, il bianco, l’ocra, il nero. Con tutta probabilità, con la fine della pandemia, potremo anche ritrovare questo gioiello. Per sopperire a questa mancanza, non mancano spunti di eccellenza. A partire da Dar el Bacha, il Museo delle Confluenze, con la sua esposizione permanente di oggetti rappresentativi di varie culture: l’arte islamica, l’arte asiatica, l’arte pre-colombiana, l’arte giudaico marocchina che occupa uno spazio speciale in Marocco, l’arte africana intesa come Africa “nera”....
Una struttura monumentale di eccezionale bellezza, con i suoi giardini coltivati con aranci e limoni e tutta l’eccellenza dell’arte islamica. Da qui con facilità si può raggiungere il Giardino Segreto: una struttura che ha lo scopo di illustrare il metodo di raccolta delle acque e di distribuzione delle stesse. Uscendo dal centro storico, il giardino che ancora oggi per me rappresenta il massimo della bellezza, è quell0 di Majorelle. Uno spazio di natura e silenzio nel cuore di un moderno quartiere, quello di Gueliz. Dietro un grosso portone è nascosta questa oasi di pace: i clacson sono lontani, così come le urla dei commercianti che cercano di richiamare l’attenzione. E' un cinguettio continuo, di varie specie, che popolano le piante provenienti da ogni angolo del pianeta. Uno spazio che ospita il Museo Berbero che proprio in questi giorni ha preso dal suo fondatore il nome di “Musée Pierre Bergé des Arts Berbères".
Ma uno sguardo speciale lo merita il Mellah, il quartiere ebraico che troviamo ritornando in Medina. È sempre stata forte la presenza giudaica in Marocco. Il Marocco è sempre stato terra di accoglienza per i testimoni di tutte le religioni, che qui hanno potuto vivere e prosperare. Intorno al quartiere spicca per la sua bellezza il Palazzo Bahia. Il Palazzo è pressoché scarno di arredi, ma sono intatte tutte le decorazioni, che ci raccontano i fasti di questi luoghi. Poco più in là il Palazzo "el Badi", completamente distrutto dal sultano Mulay Ismail che necessitava di quegli arredi per costruire Meknes, la più piccola delle città imperiali. Comunque, nonostante la distruzione, ci mostra quella che era la pianta della struttura, che oggi raccoglie la coltivazione di aranci.
Un altro gioiello visitabile in questa parte della Medina, è il nucleo delle Tombe Saadiane o saadite: costruite con marmi italiani, raccolgono le arti dei migliori artigiani del tempo. Marrakech è una città che andrebbe vissuta e assaporata con calma, ma il tempo è spesso tiranno, e ciò che vi ho raccontato potrete racchiuderlo in un paio di giorni di visita, con molta calma. La città può essere visitata durante tutto l’anno, facendo attenzione ai mesi estivi di luglio e agosto, quando le temperature raggiungono facilmente i 50 gradi, rendendo più difficile la visita. L’inverno può essere freddo, le nevicate sull’Alto Atlante ne condizionano le temperature. che si abbassano notevolmente anche in città. Adesso tocca a voi trovare il tuo punto di osservazione per riportare a casa le vostre emozioni. www.merzougatours.com
The first meeting I had with Marrakech dates back to 2013 and the first memory is linked to perfume, that of flowers grown right outside the "Menara" Airport. The scent is a recurring theme: pleasant that of food, that of the city gardens, unpleasant that of the excrement of mules and donkeys crossing the alleys, annoying the unloading of scooters whizzing in confined spaces. And then I remember the pleasant temperature of March: the heat that burns on the skin and you feel the cold pores that open, widen to receive the sun's rays. And it was love for me right away. After 7 days from that landing and a whirlwind of emotions, I returned to Marrakech but I had a few hours available to get an idea of this place that must have been exotic in my head: I imagined an architecture of the Yemeni type, with castles and lace everywhere, the dark color of the earth and here and there many colors.
I found myself in an immense square, surrounded by miles of pink walls, made of straw and clay, and the lace, yes, those are there, as well as a festival of colors! The high minaret of the Koutoubia, the mosque of Marrakech closed to non-Muslims, which with its 77 meters. stands out over the whole city and watches over the Jemaa el Fna square, where the marrakes (the inhabitants of Marrakech) and tourists mix to dine, stroll, shop. The market square - the infamous Jemaa el Fna - which in the past was a place of hangings, today is a Unesco Site, for its intangible heritage that is transmitted from the oldest to the youngest. And they do it through "the halqa", the circle that forms around the artist, who can be a storyteller, a charmer of snakes, a dancer, a musician, a juggler, a fakir ...
The "hlaiqi" have the important task of communicating to visitors the tradition of a people, a culture, a city. And this is probably what creeps under the skin and makes you fall in love with this city hour after hour. You fall in love with its atmosphere, with its poignant sunsets when the sun goes to rest behind the peaks of the High Atlas, which are covered with snow during the winter, and palm trees stand out from the terraces in contrast with the white peaks. And it is immediately magic. It's magic when the music traditional, characterized by drums and choirs, accompanies your snack of mint tea and gazelle horns (Kaab el ghzal), a pastry sweet thin sheet, with almond paste inside. It's magic when you get lost in the maze of alleys of the souk, all equal to themselves ... even if you just need to raise your head to find the signs indicating the direction of the square.
It is magic when you ask for information, and in 99.99% of cases you will find yourself having to refuse the visit to the shop of your friend, brother-in-law, cousin, "good prices, let's discount". A very beautiful city that, as in everything the world has two faces: the historical and the modern. The Medina is the historical heart of Marrakech, where there are the Riads, the authentic noble structures, which today have become accommodation facilities; then there is the new city, which maintains one line of continuity with the medina: all buildings in Marrakech must be "red". In reality it is not really a bright red, but a color that changes from pink to orange, depending on the shade that the sun gives, creating its arc of light on the city. In the new city, the inhabitants of Marrakech lead a life that is not too much different from ours: the work of the tertiary sector and commerce, for some the evenings at the Café or in the entertainment venues (discos, swimming pools, places to consume alcohol). But let's go back to the Marrakech of the Old Town, where the monumental structures they explain are concentrated Arab culture.
A jewel above all: the Medersa Ben Youssef which - at the time of writing this article - is closed for restoration. A Koranic school that could accommodate up to 900 students of theology and sciences, who spent their lives in these spaces, and in the silence of its cells (132 in total), you can imagine listening to the voice of the students who repeat the suras (the chapters and verses of the Koran). Built with the shape of the "Riad", therefore with the central patio, the swimming pool and the houses around it, it is the best example of the tradition of Arab culture. Plaster and wood stucco, millions of tiles - zellij - with the colors of Islam: green above all, blue, white, ocher, black. In all probability with the end of the pandemic we will also be able to find this jewel. To make up for this lack, there is no lack of points of excellence. Starting from Dar el Bacha, the Museum of the Confluences, with its permanent exhibition of representative objects of various cultures: Islamic art, Asian art, preColumbian art, Moroccan Judaic art that occupies a space special in Morocco, African art understood as "black" Africa ..
A monumental structure of exceptional beauty, with its gardens planted with orange and lemon trees and all the excellence of Islamic art. From here you can easily reach the Secret Garden: a structure that aims to highlight the method of water collection and distribution. Leaving the historic center, the Garden that still represents the height of beauty for me today, is that of Majorelle. A space of nature and silence in the heart of a modern district, that of Gueliz. Behind a large door this oasis of peace is hidden: the horns are far away as are the screams of the traders who call attention: it is a continuous chirping, of various species, that populate the various spaces occupied by plants from every corner of the planet . A space that houses the Berber Museum which just recently took the name of “Musée Pierre Bergé des Arts Berbères” from its founder.
But a special look deserves the Mellah, the Jewish quarter that we find when returning to Medina. The Jewish presence in Morocco has always been strong, and that is why in many cities find the Mellah. Morocco has always been a land of welcome for witnesses of all religions, who have been able to live and prosper here. Around the neighborhood, the Bahia Palace stand out for their beauty; a Moroccan “telenovelas” filmed here the episodes that tell the life of Pacha at the time of the maximum splendor of this Palace. A palace where the favorite wives had the warmest rooms in winter and coolest in summer, while the concubines had to make do a little. The palace is almost sparse in furnishings, but all the decorations are intact, which tell us about the splendor of these places. A little farther on is Palazzo el Badi, completely destroyed by Sultan Mulay Ismail, because I needed those furnishings to build Meknes, the smallest of the imperial cities; despite the destruction it shows us what was the plant of the structure, which today collects the cultivation of oranges.
Another jewel that you find in this part of the Medina, are the Saadian Tombs (or Saadite, nothing changes): built with Italian marbles, they collect the arts of the best craftsmen weather. Marrakech is not a city that you can discover in a few hours, it should be lived and savored calmly, but time is always running out, and what I have told you you can enclose in a couple of days of visit, very calmly. The city can be visited throughout the year, with great attention in the months of July and August when temperatures easily reach 50 degrees, making it difficult to visit. During the winter it can be cold, it depends on the snowfalls on the High Atlas which lower the temperature even in the city, but nothing hinders your discovery! Now it's your turn to find your observation point to bring your emotions home. Antonella Alessi www.merzougatours.com
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cura di
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Vacis