magazine02

Page 1

Magazinn e r2

S I L V I A A N GL A N I, N u o v o c d f e a t u r i n g M ic h a e l R o s e n

F4A TV

Tv e arte non sono mai state così “amiche”

FOTOGRAFIA

Mediterraneo: Gianluca Roncone


Magazine

nr 2

MENSILE DI ATTUALITA’ COSTUME, ARTE E CULTURA

SOMMARIO

EDITORIALE

PAG.3

SILVIA ANGLANI

PAG.6

CLAUDIA RONCHETTI OVERCLOUDS

AUDIOBIOGRAFIA MARYLIN

TAVOLA ROTONDA SULL’ARTE F4A TV

GARY HARVEY

GIANLUCA RONCONE MASYA

IDA MATILDE

GIOVANNA MOTTA AFORISMI

RICETTE STORICHE

PAG.4 PAG.8

PAG.10 PAG.12 PAG.18 PAG.20 PAG.22 PAG.26 PAG.27 PAG.28 PAG.29 PAG.30

FRIENDS4ARTS SRL EDITORE via arrigo boito 3 20900 monza - tel +39 0392622470

Testata in fase di registrazione presso il Tribunale di Monza, Direttore Responsabile Natale Caccavo; hanno collaborato alla realizzazione di questo numero: Manuela Belli, Tazio Tenca, R. Del Grande, Guido Magrin, Claudia Ronchetti, Giovanna Motta, Luigi Melzi, Mario Montella, Gianluca Roncone, Annamaria Salinari, Marco Bottani, Carina Aprile.


Editoriale

F4A, quanti “amici” da ringraziare

Friends 4 Arts Magazine numero 2: che bello iniziare a sentirci davvero "Friends 4 Arts" e percepire chiaramente che questo nome significa qualcosa per tutti noi. Mentre la community cresce e altri amici arrivano, per un numero sempre maggiore di persone, artisti e amici delle arti, Friends 4 Arts è già sinonimo di tanti eventi organizzati, concerti, presentazioni di artisti, edizioni musicali, di un magazine, un portale con migliaia di accessi al giorno, contenuti sempre più allargati e interessanti; e tutto questo in solo 2 mesi di attivitàG a pensarci sembra quasi impossibile. Proprio per questo sentiamo il piacere e il dovere di ringraziare tutti voi: grazie davvero! Nel precedente editoriale abbiamo parlato di un fotografo dilettante, Gianluca, che con i suoi scatti ha svelato a tanti amici che sono nati “in un Paese bellissimo a loro insaputa”, e in redazione sono arrivate tante domande su chi fosse questo Gianluca dall’obiettivo “miracoloso”. Così in questo numero di Friends 4 Arts Magazine abbiamo voluto dedicare uno spazio a questo fotografo dilettante, con una intervista.

Un’intervista a un dilettante? Qualcuno starà pensando: quale assurdità! Già, “dilettante”, una bellissima parola che è spesso utilizzata in modo dispregiativo, contrapposta al ben più altisonante e serio termine “professionista”. Del resto, se è evidente che mai accetteremmo di farci curare da un medico “dilettante”, questo concetto vale anche in campo artistico? Ricordo una chiacchierata con il Maestro Beppe Vessicchio, che avevo incontrato a Piacenza in occasione delle prove dell’Italian Gospel Choir (quel bellissimo progetto italiano che a settembre 2011 ha riempito piazza Duomo a Milano con 40.000 persone, che ascoltavano i 500 coristi sul sagrato). Beppe Vessicchio, a tutti i coristi, in buona parte “dilettanti”, ricordava che la parola “dilettante” significa che tutti loro erano lì per “diletto”, cioè per il “piacere” puro di cantare e di farlo bene, per questo studiavano i pezzi, facevano prove settimanali, ci credevano e si perfezionavano con passione e continuità eG gratis. Ecco che, vista così, la parola “dilettante” svela tutt’altra visione: ci sono tanti artisti dilettanti che vivono l’arte per il piacere puro di suonare, dipingere, scrivere, fermare una storia in una foto. Tutti questi artisti “dilettanti” non possono pagarsi di che vivere con la loro “arte da dilettanti” anzi probabilmente fanno altri lavori e con quelli si pagano la possibilità di suonare, dipingere o fare fotografieGma sicuramente tutti loro vivono quella espressione artistica con passione, piacere, dedizione: insomma molti di loro ci credono più dei “professionisti”. Tra i dilettanti, a volte ci sono grandi talenti che a volte emergono e altre volte rimangono sconosciuti, così le loro opere non passeranno ai posteriG Non abbiamo la presunzione di poter scoprire tutti i talenti nascosti, ma da noi di Friends 4 Arts, anche per i “quei dilettanti”, uno spazio c’è. FRIENDS4ARTS


claudia RONCHETTI

Sono una MADRE crudele per i miei LIBRI La Redazione di Friends4Arts ha incontrato Claudia Ronchetti, scrittrice italiana affermata, amante non solo della letteratura ma di tutte le arti, perchè l'artista deve essere vigile, e avere sempre fame di conoscenza.

Claudia Ronchetti è nata a Tortona (AL), ma ha studiato a Pavia, dove si è laureata in Filosofia. Vive a San Martino Siccomario (PV). Ha insegnato per alcuni anni e ha collaborato con varie riviste e giornali. Ha pubblicato Poesie d’una estate, Zucchero e sale, Il ladro d’anime e altre storie, Il gioco di Claude e altri racconti, La pillola dell’oblio, Sangue del mio sangue, Delirio di padre, I venti. Alla luce delle nostre lune è il suo ultimo romanzo. Claudia sta anche lavorando ad una voluminosa raccolta di racconti che dimostrano tutte le sue varie fonti di ispirazione e le sue vaste possibilità di stili.

-Descrivici il lavoro di scrittrice. Come ti comporti nei confronti di un lavoro non convenzionale? Innanzitutto i tempi. Può apparire un corollario, ma sono fondamentali. Il lavoro di scrittore è a tempo pieno, non si smonta mai insomma. Questo non vuol dire rinunciare a un approccio quotidiano alla vita, come all’opposto non significa appollaiarsi sull’albero più alto in assoluta autarchia. Neppure comporta una costante e compulsiva ricerca di ispirazione. In pratica, la necessità è quella di accettare lo scotto di filtrare le esperienze attraverso un punto di vista, non assoluto, come niente lo è, ma definito


e in divenire: la propria prospettiva. Quello che deve essere chiaro è: io vi racconto le mie storie da qui, dove sono io, chiacchierando lungo il percorso della mia vita. Richiede un senso della priorità irrinunciabile: lo scrittore non può essere altro che in quel suo piccolo-grande spazio, che in qualche modo cattura per un breve periodo l’attenzione di chi legge e gli lascia nell’animo un residuo di sé; il lettore lo metterà in incubatrice e poi, probabilmente, nascerà in lui un pensiero inedito. Ma sarà il suo. A fare il lavoro di scrittore si impara, non credo ai corsi di scrittura creativa e simili, in ogni caso deve esistere il talento, altrimenti si impara solo a comporre; scrivere è una ricerca costante della tecnica più efficace per affinare gli strumenti, per acuire la percezione. Una strada impegnativa, ma giocata secondo una dinamica personale. Un atto di coraggio nello scoprirsi e scoprire ciò che sarebbe più comodo non vedere. -Qual è lo scrittore o quali sono gli scrittori a cui ti ispiri maggiormente? A chi vorresti assomigliare? Con quale scrittore scomparso vorresti far una chiacchierata? Difficile dire quale scrittore mi ispira, preferisco affermare che molti degli scrittori amati nel passato, hanno deposto uno o più mattoni su cui si è costruita la scrittrice. Da Mann a Dostoevskij, da Melville a Kerouak, Conrad, Chatwin e tanti altri. Da ognuno ho assorbito atmosfere e da ognuno mi sono allontanata. Ognuno mi è rimasto dentro. Alla fine mi sono trovata vicina alla letteratura nord-americana degli ultimi decenni. E’ stato un percorso autonomo, non imitativo, che mi ha fatto approdare sulle sponde d’oltreoceano. Sono cresciuta su letteratura e filosofia europea, prevalentemente mittel-europea, la vita e le mie origini intellettuali si sono mischiate e, con un balzo, mi sono trovata catapultata in un altro mondo: narrativa-cinema- musica- cultura orientale. E’ stato bello sentire l’esigenza di scoprirlo poco alla volta e trovarmici a casaTtuttora mi domando perché, con origini così diverse, una vita relativamente sedentaria, in un angolo d’Europa ormai in “disuso” quale purtroppo sembra essere il nostro paese, io abbia sviluppato una struttura narrativa così simile alla loro. A chi vorrei somigliare? A un De Lillo per esempio, e più genericamente, alla letteratura post-moderna, ma, tutto sommato, voglio somigliare prevalentemente a me stessa. Non amo comunque considerare la narrativa come un settore a se stante, che dialoga sempre e solo con il passato in un solipsismo aristocratico, vorrei unirmi alla voce del cinema, tradurre la musica in racconti dell’oggi. Prendere un tè con uno scrittore scomparso? Sarebbe interessante chiacchierare con un raffinato rappresentante dell’onirico come Ernst Hoffmann ( “L’uomo della sabbia”), scambiare qualche parola con Edgard Allan Poe, ma mi troverei sulla mia terra e allora, visto che mi piace osare, perché non Tolstoi? Mi sono cimentata e ho amato “la ricerca” di Proust ho divorato “L’uomo senza qualità” di Musil, legata mani e piedi all’espressionismo, alla logica, alla filosofia e poi un giorno, che ritengo fortunato, ho detto “Grazie, ma ora basta, me ne vado!” almeno con la forza della psiche, vado a correre nelle immense praterie dei Navaho, dove le giovani donne compivano il loro rito iniziatico correndo, senza mai voltarsi indietro. Sono stata feliceT ma ammetto, non ho mai superato le prime pagine di “Guerra e pace”. Forse non ci siamo mai incontrati nel momento giusto, io e Tolstoi. Certo, il romanzo storico è molto lontano dalla mia narrativa, ma ho letto e amato SthendalT vorrei trovare in Tolstoi un mo-

tivo per compenetrare le sue pagine, ma in fondo non è così indispensabile, rimane e rimarrà sempre una mia lacuna, quando si imbocca una strada è quella, solo quella. E scrivere non significa essere un erudito. -Cosa ne pensi dello stato attuale della narrativa in Italia? Devo dare una risposta diplomatica? Non mi è possibile, se non nel dire che mi rendo conto di come l’Italia sia allo sfacelo, tutta da rifare. L’editoria rappresenta molto bene la situazione italiana. Piccoli-medi editori, sono, nella mia esperienza, degli imbonitori. Vogliono imboccare un giro ristretto di persone, con il solito cibo, ormai avariato. Se il prodotto è diverso, lo considerano destinato alla polvere delle biblioteche. Non si legge in Italia? Proviamo a offrire prodotti stimolanti, che escano da clichè triti e ritriti, con la logica di accontentare il vicino di casa, ma cercare per “muovere e smuovere”. Anche il libro è un prodotto destinato al mercato, ma non devono esistere solo una miriadi di prodotti anonimi; qui da noi si inorridisce a parlare d’avanguardia perché anche di questa si fa un settore a parte, ma non è così, avanguardia vuol dire, in due parole, guardare avanti, percepire oltre e cercare i linguaggi adatti ad esprimere un contesto in evoluzione. Lo diceva Steve Jobs, animo d’artista diventato genio dell’informatica, “ l’artista ha il compito di sentire ciò che gli altri sono costretti a trascurare, perché impegnati in altri lavori”, vedere l’invisibile, ascoltare il non detto, rivelare oltre l’apparenza E’ necessario quindi trovare al libro un nuovo tipo di diffusione, che lo metta in relazione alle altre arti, dal cinema, alla musica e che non venga svilito dai media. Io trovo molto fruibile, ad es, l’idea dell’audio libro, ascoltare una lettura mentre si guida come si ascolta la musica. -Stai lavorando a un nuovo libro? A quale dei tuoi scritti sei più affezionata? Quanta "Claudia Ronchetti" c'è nei tuoi personaggi? Si, sto lavorando a un altro libro. Ogni volta mi dico “questo è l’ultimo” e ogni volta ricomincio a scrivere. Ho vere e proprie crisi d’astinenza, se cerco di interrompere questa simbiosi tra me e le mie storie. E’ un progetto di due racconti lunghi, connessi fra di loro, penso che i titoli siano indicativi “La mappa” e “Senza coordinate”. Il mio rapporto con quello che scrivo è conflittuale, lo amo follemente e non vedo l’ora di rinnegarlo, cosa che regolarmente faccio alla conclusione. Per me sono tutti figli da rinnegare; sono una madre crudele, per i miei libri. Un racconto però mi rimane sempre dentro, è un inedito, anche se di prossima pubblicazione, non recente, scritto penso 12 anni fa: “L’appartamento”. L’antitesi della fuga nelle grandi praterie di cui ho parlato, ma ugualmente un grande momento privato: la segregazione volontaria della protagonista in un appartamento per il tempo delle vacanze estive, e i luoghi simbolici del suo viaggio psichico. Le considero due tappe (fuga-isolamento) del mio “inselvatichimento” rispetto alla vita di relazione, un atto di profonda e totale libertà. La mia narrazione è Claudia, ma penso che sia così per molti scrittori, solo per il fatto che comunicare in senso artistico significa usare un filtro soggettivo che si dilata agli altri. Io sono in tutti i miei personaggi e in nessuno di loro. Nascono da me, ma hanno una vita totalmente autonoma che spesso contraddice anche il mio progetto su di loro. Costretta ad accettare che agiscano anche contro il mio volere, mettano in discussione le mie ipotesi e mi conducano a un finale inaspettato.


“Complice”, il CD di esordio di

S I LV I A A N G L A N I

Riceviamo in redazione di Friends 4 Arts “Complice”, il primo lavoro discografico di Silvia Anglani, giovane cantante ostunese di nascita e milanese di adozione. Ben nota al pubblico lombardo e pugliese per la sua intensa attività di concerti con varie formazioni pop, jazz e lounge (Das, Zerogravity, ecc.), in questo disco l'Anglani si conferma cantante raffinata e versatile, con una personalità caratteristica che firma in modo originale e piacevolmente riconoscibile ogni interpretazione. “Complice” è una collezione di 11 brani originali di Gabriele Rampino, autore, compositore e arrangiatore salentino, e un omaggio a Mina, con un “trasgressivo” rifacimento del vecchio brano “Conversazione”: in totale 49' 31” di musica.

Per la grande varietà dei generi, il lavoro è quasi una “sfida” in cui l'Anglani si dimostra sempre a suo agio, spaziando dalle atmosfere cool dance di “Odio Dicembre”, con incisiva componente ritmica, loop di batteria e percussioni, fino al pop ricercato di “Complice”, “Bassamarea”, “Demonangel”, e poi alle atmosfere ballad e soul, strizzando sempre un occhio al jazz. Pur abbracciando generi così diversi tra loro, il CD è tutt'altro che “discontinuo” nella sua fruibilità, e questo proprio grazie alla voce dell'Anglani, che porta in secondo piano le differenze di atmosfera e sonorità e si muove con disinvoltura, come un'attrice che cambia abito in ogni scena, ma conserva sempre la sua forte personalità, caratteristica ed espressiva. Eccezionale il gruppo dei musicisti, primo tra tutti il grande sassofonista americano Michael Rosen, che rende ancor più prezioso questo lavoro, con contrappunti e assoli di grande valore, sia al sax tenore che al sax soprano. Un grandissimo Gianni Iorio al bandoneon caratterizza due dei brani che preferiamo, con atmo-


La cantante si e’ potuta avvalere, tra le diverse collaborazioni, della performance al sax di MICHAEL ROSEN sfere jazz-tango alla Astor Piazzolla, nelle originali “Le pantofole col Marabù” e “Il Rimedio”. Tutti i musicisti meritano di essere citati: l'armonica cromatica di Marco Tuma, le chitarre di Maurizio Bizzochetti, Pierluigi Balducci al basso elettrico e acustico, Pierluigi Villani alla batteria, i cori di Serena Spedicato, le tastiere (pianoforte, fender rhodes, hammond) di Giuseppe Magagnino, che ha partecipato a molti degli arrangiamenti insieme a Gabriele Rampino. L'elettronica, usata sempre in modo interessante e originale, è opera dello stesso Rampino, che è anche il “soundesigner” del CD, e trova il suo momento più significativo in “Essere normale”, con arpeggi e loops che creano un tappeto armonico in cui la voce dell'Anglani e il sax soprano di Rosen duettano con grande naturalezza e incisività. Molto curata anche la confezione, il libretto con tutti i testi e le bellissime fotografie di Daniela Cardone.

“Complice” è già piacevolissimo al primo ascolto, ma sicuramente affascina e colpisce ancor di più agli ascolti successivi, che permettono di cogliere tutte le sfumature espressive della voce di Silvia Anglani, che sa essere sensuale, romantica e grintosa dove serve, senza mai eccedere in forzati autocompiacimenti ma, come sottolineato anche in seconda di copertina: “... niente affatto postmoderna, vagamente un po' retro...”. Il CD, pubblicato da Controvento by Dodicilune e distribuito da Ird, è promosso con il sostegno di Puglia Sounds – P.O. FESR Puglia 2007-2013 Asse IV. Link di pre-ascolto e digital download : http://www.dodiciluneshop.it


OVERCLOUDS “ANNI 80” QUANDO LA MUSICA E’ UNA MACCHINA DEL TEMPO

Metti una serata estiva, trascura un po di acqua (un classico temporalone estivo, e mescolare per bene...il cocktail e’ ua serata di musica e divertimento di pubblico e band: gli Over Clouds, Candido al sassofono (jazzista con licenza di sconfinare nel pop e nella dance) e Antonello tastiera e voce, hanno terascinatol pubblico presente al Cattaneo's con la loro musica revival pop dance anni '70, '80 e '90. Canzoni tratte dal repertorio italiano e straniero che hanno segnato gli anni della giovinezza di molti dei presenti che hanno assistito allo spettacolo con coinvolgimento e partecipazione.

Gli stessi Over Clouds sono stati disponibili ed entusiasti, accettando anche le proposte che venivano dal pubblico, scherzando e improvvisando improbabili cori e karaoke.

Un salto nel passato con un pizzico di nostalgia e tantissimo divertimento!

eventi F4A


EVENTI F4A


marylin un audiobiografia NARRATa DA FABIO BEZZI Marilyn Monroe celebrata in mostre, film, libri e non solo. Il 2012 è “L’Anno Marilyn” ed in occasione dei 50 anni dell’attrice, ALFAUDIOBOOK AUDIOLIBRI ha pubblicato: MARILYN, UN’AUDIO-BIOGRAFIA “Greenson (lo psicanalista di Marilyn) fece ascoltare a Miner -uno degli agenti- un nastro di quarantacinque minuti inciso da Marilyn. Non si trattava della registrazione di una seduta di terapia (Greenson non aveva l'abitudine di registrare i colloqui con i pazienti), l'unica voce incisa era quella di Marilyn. E' possibile che Marilyn, che aveva comprato un registratore poche settimane prima di morire, intendesse offrire uno sfogo privato al suo psichiatra”, scrive Anthony Summers biografo di Marilyn Monroe. Traendo ispirazione da questa dichiarazione, Cinzia Spanò ha scritto e letto un’audio-biografia di Marilyn Monroe ricostruita a partire dai frammenti dei diari ritrovati dell’attrice. Nelle registrazioni di quelli che sarebbero potuti essere i nastri lasciati da Marilyn al suo psicanalista, l’autrice riannoda i fili della vita della più grande icona femminile del XX secolo, dall’infanzia trascorsa tra famiglie adottive, abusi e sofferenze, al glamour della Hollywood degli anni ’50 fino alla notte del 5 agosto 1962 che l’ha consacrata mito eterno del cinema. Un modo nuovo per avvicinarsi alla diva. Marilyn Monroe, la donna più fotografata al mondo, abbandona l’immagine per restituirci il racconto della sua vita nella voce di Cinzia Spanò. Un audiolibro per rivivere insieme alla star i passaggi più importanti della sua vita in ogni momento della nostra giornata: mentre andiamo in macchina, in metropolitana, in palestra, in casa. In ogni momento accanto a Marilyn Monroe. http://www.alfaudiobook.com/?q=node/82

http://www.youtube.com/watch?v=eTwxzErjYKc

1962 2012



friends4arts . . survey

ma oggi.. cosa e’ definibile come Arte? tra i membri della community hanno risposto Rossella del Grande, giornalista e musicista, Annamaria Salinari, artista e curatrice di mostre, Claudia Ronchetti, scrittrice, Carina Aprile, pittrice e musicista. Rossella del Grande:

La linea di demarcazione tra arte contemporanea e

quello che arte non è ma si spaccia per tale, non è facile da definire.

Innumerevoli sono state le dissertazioni che ho fatto negli anni con insegnanti, colleghi, amici, esperti, musicisti ed anche con mia figlia che si occupa di design. I
 n passato ero fermamente convinta che prima di "trasgredire" le regole, bisognasse almeno conoscerle, averle praticate, aver dimostrato di esserne padroni, per poi concedersi il lusso di abbandonarle e creare qualcosa di nuovo, anche al di fuori dei canoni consueti (un esempio per tutti: Pablo Picasso).

Però mi sono anche trovata talvolta di fronte a (rari) casi di artisti che non hanno alcun background accademico, ma che hanno comunque partorito idee geniali ed innovative. 
Al che ho dovuto rivedere la mia teoria... ed ora sono tra le persone che si stanno ponendo tante domande a cui non sanno dar risposta.

Un'idea geniale ed innovativa di solito non scaturisce dal nulla, però. Solitamente è frutto di elaborazione (anche inconscia) di qualcosa di pregresso. Oppure di una grande capacità di osservazione, ragionamento, studio, conoscenza. 
Oppure proviene da culture diverse dalla nostra, lontane, che hanno fatto il proprio percorso e del quale noi non sappiamo niente o quasi.... e come le scopriamo ci appaiono come la novità del secolo....semplicemente perchè sono davvero lontane dal nostro background (e magari sono realmente idee sensazionali a cui "noi" qui non avevamo mai pensato)....

In campo artistico è ancora più difficile, rispetto ad altri campi, perchè entra in gioco la fantasia e la libertà espressiva del soggetto. Per paradosso, essere liberi dal punto di vista creativo significa non avere alcun paletto. Nell'arte contemporanea ci sono infatti stati tanti casi estremi (dalla merda d'artista ai bambolotti impiccati agli alberi) che hanno suscitato polemiche infinite. 
Rifa-

cendoci all'arte classica, secondo me, un elemento fondamentale era il senso del "bello". La bellezza assoluta dei Greci... l'armonia, l'equilibrio, la perfezione. Nell'arte contemporanea cosa è "bello" e cosa è "brutto"? Non penso che questo possa più essere considerato un parametro di riferimento. 
L'arte oggi spesso evidenzia le contraddizioni (per altro già sufficientemente esasperate!) della nostra società. E non sono mai cose "belle": sono nevrosi, sono stati di malessere, sono "urla"... Anche in fotografia, non si ricerca più solamente la bellezza perfetta, anzi. Le foto più impattanti sono spesso dure, sgradevoli, un pugno nello stomaco. Ed è sicuramente Arte anche questa.

Poi se passiamo alla creatività pura, pensiamo al

design, talvolta decade persino il senso pratico, l' "utilitià" dell'oggetto in sè (altre volte no, certamente!!


anzi ci sono cose che ci facilitano la vita in mille modi!!). Ma molti oggetti di design sono tremendamente scomodi da usare.... eppure ci colpiscono ugualmente! sicuramente non sono nati per caso nemmeno loro. 
E la musica? medesimo discorso: imparare le regole e poi trasgredirle. Ma la musica, anch'essa, è una delle espressioni più antiche dell'uomo. Tutt'oggi, nel mondo, non tutti i musicisti sono usciti dai conservatori. La musica è originariamente un'espressione spontanea che via via è stata imbrigliata in regole precise. I
 l free jazz era nato in un momento storico e politico ben preciso, ad opera di persone coinvolte in prima persona in movimenti sociali e di protesta non casuali. Poi è diventato "un genere" al quale si sono rivolti anche artisti di altra provenienza e cultura, come ci si accosta a qualunque altro genere musicale. Lo si è "studiato", si è cercato di capire come funziona, e anche chi non era black e non era rabbioso nei confronti di una società sbagliata, ha iniziato a suonare free jazz. Con "consapevolezza", il più delle volte passando attraverso il percorso canonico della musica accademica, dei conservatori, del jazz tradizionale, per approdare come ultima esperienza anche al free. 
Premesso tutto questo, bisogna ora parlare di "serietà". Parola che è molto sgradita a tanti spiriti liberi. Eppure ritengo che sia fondamentale prenderla in considerazione. Serietà non significa paralisi intellettuale o creativa. Serietà significa onestà interiore. E tiro in causa anche i critici. Anche un critico dev'essere "serio", anzi, onesto! E' evidente che in un contesto nel quale ad esempio un millantatore viene portato in palmo di mano da un critico disonesto, questa sinergia negativa può generare il mostro..... il "disegno di tua sorella", presentato come arte somma! 
Dimenticavo un ultimo ma fondamentale elemento: il gusto personale, la nostra sensibilità, quella cosa indefinibile che ci permette di "recepire" o meno il messaggio di un dato artista (o non artista). M 
 i fermo qui. Vi ho illustrato le tante considerazioni che negli anni ho fatto al riguardo. E soprattutto i dubbi ancora più numerosi che sono nati dentro di me. Grazie se avete avuto la pazienza di leggere fin qui e di condividere con me queste considerazioni e le mie "non risposte". 
(RdG)

Annamaria Salinari

Buongiorno a voi.
Senza lasciarmi andare "all'arte dello scrivere" che tanto apprezzo e molto mi cattura ma che magari poco so trattare....faccio alcune mie considerazioni sull'argomento da voi proposto, e le faccio nel modo più semplice e sintetico possibile..... 
Cosa considero sia Arte? Tutto ciò che l'uomo crea per passione e che emoziona per la sua estetica e/o invita a riflettere....
Ma le emozioni fortunatamente sono parte di noi stessi e non tutti proviamo le medesime emozioni per gli stessi motivi....di qui la soggettività di ognuno di noi nel considerare Arte o Non Arte.....quindi tanti cassetti e non un solo cassetto "Arte", piuttosto un solo cassetto "Arte del Mercato dell'Arte" al cui interno solo insigniti decidono cosa mettere e a volte mettono ciò che prima altri o loro stessi avevano deciso di non mettere....
Da non dimenticare inoltre che le nostre emozioni sono soggette ad influenze esterne e laddove l'estetica non è riconducibile a canoni

ufficiali il nome dell'artista influenza se conosciuto o sconosciuto...eccome... D 
 i una cosa sono certa che l'Arte è una cosa e le arti un'altra e che quest'ultima non è il plurale della prima....perchè la prima non ha un plurale: è Unica.
Le arti, infatti, sono solo un mezzo per esprimere l'Arte.....

 (AS)


Claudia Ronchetti:

Domanda da pelle d’oca, fatta a bruciapelo. Restringerei il campo della mia risposta, lasciando ai critici e alla loro arena il compito di cestinare o mettere sull’altare, quello che dalla polvere passerà all’altare o dall’altare alla polvere.
Non è una provocazione, ma un sorridente paradosso che mi consente di parlare, in una certa misura, da semplice addetta ai lavori artistici.

Innanzitutto, in un assunto generalizzabile, arte è tutto ciò che “muove”. Stimolare pensiero, domande, sensazioni, appagamenti e, perché no, conflitti, nell’animo di chi ne fruisce. L’arte è l’antidogma.

Molto semplice fin qui, ma anche fraintendibile.

Allora arriva la constatazione impopolare. Fare arte non è di tutti e per tutti, come non lo è nessuna attività richieda costanza, impegno, attenzione, tenacia e specificità. Tutti possono scrivere, dipingere, suonareT anch’io disegno, mentre lavoro, ma non sono prove d’autore, eppure avevo una notevole attitudine all’arte figurativa, ma non l’ho coltivata e ora il talento si è disperso. Mi sembra quindi molto consequenziale affermare che la tecnica, il linguaggio, il mezzo con cui si comunica, sia fondamentale nel distinguere ciò che è arte da ciò che non lo è.

Tornando all’affermazione per cui il prodotto artistico deve smuovere, possiamo aggiungere un gradino fondamentale: deve conquistare, sedurre e accompagnare chi ne fruisce verso una meta intima, profonda. Indimenticabile. Sedimento di un’esperienza di crescita e di vita. Perché l’arte vive dei mezzi che la cultura passata ha procurato, ma si nutre dell’oggi, dell’incertezza, della ricerca di qualcosa che vada oltre la singola individualità.

L’editore del mio ultimo libro, “Alla luce delle nostre lune”, ha fatto un’affermazione che identifica quello che io chiamo ormai “il gene dell’arte”: “Lei possiede, per inspiegabili motivi, il dono di dare a molti, attraverso le strade più segrete.”

Direi che è una buona definizione di ciò che è arte, e la uso non perché riferita al mio lavoro ( solo ai lettori spetta il diritto di amarlo o cestinarlo), ma perché semplice ed efficace. Lo stesso Freud si arrestava nell’analisi di fronte al prodotto artistico, inconsciamente per non violarne la “magia”, anche se aborriva questo termine. Spasmodico desiderio di raggiungere l’altro nel profondo, questa è la

spinta dell’artista, che si placa nell’uso perfezionistico del suo mezzo espressivo, che sia linguaggio o colore o suono.

Una breve incursione nel mio campo. Il linguaggio- la parola- il concetto, usati, abusati, storpiati,

umiliati, degradatiTda qui una ricerca di narrazione alternativa fatta di immagini, suoni, musica e ritmo. Una scrittura cadenzata, guizzante, improvvisa o improvvisamente riflessiva, immaginifica o cruda, in modo che il lettore, se mi vuole leggere, sia dolcemente-violentemente costretto a un gioco diverso con se stesso e la sua mente.
L 
 ’intervento su un tema tanto “immenso” potrebbe non finire mai, per questo, per ora, mi fermo, aspettando insieme a voi il dispiegarsi della matassa; ogni soluzione singola sarebbe ingiustamente parziale.

 (CR)


Carina Aprile:

Premesso che le immagini non permettono di valutare la tecnica utilizzata nell’opera "cazzeggio di mia sorella" e che a prima vista si notano delle profonde differenze, si può altresì notare ciò che le accomuna: l'informale. L’arte informale si manifesta in Europa intorno agli anni 50‐60 come negazione a quello che produce la razionalità, quindi nega ogni forma sia essa figurativa o astratta, conseguentemente allo strazio causato dalla seconda guerra mondiale.
Quindi, inserita in questo contesto è un’arte di reazione, dove il pilastro non è il risultato pittorico ma lo sono il gesto e la materia impiegata che diventano i veri protagonisti dell’opera d’arte. Da questo momento, non essendoci più una vera distinzione tra il MODO di esecuzione o MEZZO e il RISULTATO artistico, IL GESTO può essere provocatorio, simbolico, o di protesta.
La gestualità non è più un tramite per creare ma E’ ARTE. Di conseguenza, dal momento che il gesto non è più servo di un’idea preesistente, ma il gesto diventa idea creativa, qualunque gesto (quindi anche non necessariamente pittorico, scultorio, ecc) realizzato con qualunque mezzo o materiale può diventarearte. In Nord America, “l’arte in azione” di Pollock è un chiaro esempio di come il gesto inconscio prevarichi su quello razionale, e il suo agire è coerente con la sua vita tormentata: è il suo disagio materializzato. D’altronde lui stesso diceva "ogni buon artista dipinge solo ciò che è".
Questi presupposti mi portano a pensare che l’azione degli artisti informali abbia un significato se collocata nel contesto storico. Se per gli artisti che hanno creato, in modi diversi, quello che viene denominato arte informale era una rivoluzione proprio il fatto di ricercare gesti irrazionali in grado di sostituirsi all’arte formale, oggi la vera rivoluzione non sta nel continuare a emulare questi gesti per quello che essi rappresentavano, ma nel provare a crearne di propri, coerenti con un proprio percorso artistico. Una gestualità emulata non è che uno stile catalogato che viene reiterato fino a perdere di significato. Da sempre il gesto è l’impronta dell’artista, è come se fosse la sua calligrafia che ci racconta chi c’è dietro a quel gesto, se lo separiamo dall’artista perde l’emozione che lo contraddistingue. Ed è per questo che, nonostante i gusti personali, l’opera di Pollock viene considerata ancora arte e magari una simile realizzata oggi non è detto che lo sia. Credo che, sebbene non possiamo togliere la denominazione di artisti a coloro che ormai in un modo o nell’altro se la sono conquistata, anche se magari non per forza

meritata, l’artista che voglia considerarsi tale, non per un suo personale giudizio di qualità su quello che realizza ma perché decide di dedicarsi appieno a questa attività in modo professionale, in primis debba prendersi delle responsabilità invece che continuare a ripercorre percorsi già creati o precedentemente sviluppati da altri, e nemmeno continuare ad andare a “caccia” di idee da colleghi o “amici” cercando magari di vincere sul tempo nella notorietà. E dico questo perché mi è capitato di recente di vedere progetti da me realizzati una decina di anni prima riproposti come “nuovi ed inconsueti”. In sintesi, essere artisti per me significa evolvere la propria ricerca verso una rinascita continua, un percorso costante e tortuoso come quello di una spirale, fatto di fatiche e di sfide. Sono fermamente convinta che la creatività non abbia limiti e che non sia vera quella frase che spesso si sente ripetere nell'ambiente dell'arte: “tutto è già stato fatto in arte”.
In conclusione, alla domanda rispondo che, a mio avviso NON E’ ARTE: COPIARE, PLAGIARE, O RIPERCORRERE NELLO STESSO MODO TENDENZE GIA’ CONSOLIDATE. Questa è normale manovalanza stilistica, inglobabile solo in alcune delle fasi del processo creativo, che possono essere la decorazione, l’arredo o l’artigianato. NEMMENO considero sia arte UN’IDEA CONCETTUALE SENZA UN’ESECUZIONE TECNICA COERENTE. Per me l’opera d’arte è quella che riesce a trascendere perchè vi è il giusto equilibrio tra pensiero e tecnica. Penso che nell’arte “la verità” stia nella capacità di essere noi stessi, tutto il resto verrà recepito come una falsità. In altre parole, un gesto privo della sua originalità non può non avere conseguenze sul livello di comunicazione emotiva.
A questo punto vi invito a considerare un'ipotesi: se l'opera "cazzeggio di mia sorella" fosse stata realizzata precedentemente a quella di Pollock, (o se l'opera n.5 non fosse stata realizzata da Pollock ma successivamente alla sua morte), varrebbe ancora questo discorso? Lascio a voi le considerazioni del caso e vi allego il seguente link: /bioephemera.com/2007/02/07/pollocks‐bollocks/


w w w. f r i e n d s 4 a r t s . c o m

s ervice e ditoria

p roduzione T ecnology c reativita’ comunic a z i o n e e venti services-editoria


STAFF

EVENTI :

Agenzia Concerti e Spettacoli Organizzazione e PR Mostre d’arte e rassegne Convention aziendali EDITORIA: Multimedialita’ Magazine Cataloghi Applicazioni I-PAD PRODUZIONE: Discografica e musicale Televisiva, videoclip e spot Web, streaming, broadcasting EDIZIONI : Arrangiamenti e pubblicazione MUSICALI Spartiti e cataloghi repertorio Pratiche Siae e diffusione CREATIVITA’: Agenzia Comunicazione e promozione Campagne pubblicitarie e comunicazione multimediale

Magazine

N AS CE F RI E ND S4 A RT S, U N M A G A Z IN E c h e e ’ U N A C OM M U N I T Y , c h e e ’ U N CL UB , c h e e ’ U N PO R TAL E, c h e d i v e n t a n o U N M A G A Z IN E . . ..

ALDA MERINI Laura Bagarella legge la poetessa dei Navigli

FOTOGRAFIA

B i a n c o e n e r o , t u tt i i c o l o r i d el l e e m o z i o n i

nr 0

SOCIAL NETWORK

i l p u b b l ic o d e l I II M il l e n n io ?

IL MAGAZINE MENSILE CONSENTE DI PRESENTARE AD UNA COMMUNITY DI ARTISTI, OPERATORI, CRITICI E AMICI DELL’ARTE, UNA SELEZIONE DELLE MIGLIORI PERFORMANCE E DEI MIGLIORI CONTRIBUTI ARTISTICI DEL MOMENTO, CON INFORMAZIONI, RECENSIONI, BIOGRAFIE, CONSIGLI DA E PER IL MONDO DELL’ARTE E DELLE SUE MOLTE SFACCETTATURE. UNA SINTESI COMMENTATA DA ESPERTI E AMATORI, DESCRITTA DAGLI ARTISTI IN UN’OTTICA ESPRESSIVA CHE FOTOGRAFA PER IL PUBBLICO IL PUNTO DI VISTA DELL’AUTORE. UNO SCAMBIO DI ESPERIENZE INFORMALE, MA NON PER QUESTO MENO PROFESSIONALE E PATINATA RISPETTO AI MAGAZINE DELL’EDICOLA, CON IL VANTAGGIO DI ESSERE REALIZZATA DALL’INTERNO, COME UN MODERNO WORKSHOP DEDICATO AGLI OPERATORI, AGLI ARTISTI ED AGLI ORGANIZZATORI DI EVENTI E GESTORI DI LOCATION DOVE REALIZZARE EVENTI E PERFORMANCE.

FRIENDS 4 ARTS, UN MAGAZINE che e’ UNA COMMUNITY, che diventa UN CLUB, che e’ UN PORTALE, PORTALE che divent ano UN MAG AZINE...

e v e n t i - comunicazione


F4A TV

2012

A Settembre PARTE LA “NOSTRA”

“TELEVISIONE” F4a TV e’ un progetto di comunicazione video, un programma televisivo, si sarebbe detto negli anni 60, quelli del Signore e signori, ecco a voi....

oggi l’arte e’ comunicazione, ed il video e’ la sintesi piu’ efficace della comunicazione. il progetto e’ in partenza, da settembre vedrete il primo step, e molte emittenti sono anche interessate ai contenuti dei nostri artisti, alla trasmissione, per i loro palinsesti. e nella logica del network, quale e’ il nostro, sicuramente non chiuderemo le porte ai partner interessanti e qualificati.

Come dice giustamente il Direttore, lezioni non ne diamo...e non ne prendiamo. la professionalita’ si costruisce e non si inventa, la passione e la creativita’ invece sono nel dna dello staff e degli artisti che ogni giorno animano la nostra community...

Aspettiamo proposte (mi raccomando...non indecenti) e contributi da tutti. Friends4 arts e’ una risorsa, a disposizione degli amici. buone vacanze e buon lavoro...ci rivediamo a settembre.


Le conduttrici Manuela e Irene, e nei frames alcuni dei servizi del programma, che si articolera’ sui temi dell’arte, con spazio ad eventi e interviste.


FASHION: Gary Harvey

INDOSSERESTE un VESTITO riciclato? “Immaginate una sfilata di moda, ma ecosostenibile...immaginate una passeggiata in centro, e uno scroscio di pioggia che inzuppa il vostro abito...di carta. tra le mille curiosita’ di questo 2012, Le creazioni di Gary Harvey, stilista inglese direttore creativo per Top Shop, Top Man, French Connection, Dockers e Levi’s. che in segno di protesta contro i grossi sprechi quotidiani nel mondo della moda, ha pensato bene di utilizzare materiali da riciclo, sono davvero uniche. Gli originali abiti, presentati all’ultimo Festival del design di Tokyo, sono costituiti da ritagli di giornali, sacchetti di plastica e vecchi jeans. “Mi piace prendere un prodotto iconico come i jeans, ideati e affermatisi in un certo contesto, ed astrarlo dall’idea di un uso quotidiano per farne un abito da sera. Prendo dei quotidiani e ne faccio un abito che si muove come una medusa o un’anemone” ha dichiarato lo stilista. Davvero originale, e mentre si viaggia ci possiamo anche leggere il soprabito.



FOTOGRAFIA

GIANLUCA RONCONE

MEDITERRANEO..Click

1 Le luci, i porti, le imbarcazioni. Da cosa nasce una passione così radicata per l'ambiente marittimo? Le luci, i porti, le imbarcazioni. Da cosa nasce una passione così radicata per l'ambiente marittimo? Vela e windsurf praticati a vent'anni hanno accresciuto l'amore per il mare facendo maturare dentro di me una sensibilità che prima non conoscevo e/o che non mi sognavo di avere. La necessità di condividere con gli altri il meraviglioso mondo marino che mi circondava è stata la scintilla che ha messo in moto o forse accelerato (visto che fotografavo già da ragazzino) la passione per la fotografia. La mia Santo Spirito è stata sempre li dov'era, per tutti era un bel paesino di mare e nulla di più, fino a quando non iniziai a passare intere giornate a scattare foto con cavalletto e due macchine fotografiche a seguito, sotto gli sguardi "quasi divertiti" degli amici e dei residenti. Studiavo i momenti migliori per ottenere le luci più spettacolari, i colori più intensi...le emozioni più forti.Ci sono riuscito a quanto pare, diversi i riconoscimenti, tra cui l'ultimo ricevuto dei tecnici RAI durante le riprese del programma MIX ITALIA, presso un noto ristorante del borgo in cui vi è una mia foto stampata su tela di 5 x 1 metri, raffigurante proprio Santo Spirito vista nella sua meravigliosa completezza. Posso prendermi il merito di averla fotografata e fatta conoscere in tutto il mondo per primo, grazie anche ai social network e siti vari. In tanti oggi sono quelli che hanno iniziato a farlo... Quanto tempo dedichi alla fotografia? Porti sempre la macchina fotografica con te? Mio fratello un tempo musicista proprio nella tua Milano, era un batterista di discreto successo negli anni 80, portava sempre con sé un paio di bacchette con le quali battendo su qualsiasi superfice riusciva a fare miracoli, la musica la sentiva dentro, lo rigenerava e lo divertivaT anche di notte purtroppo. Come lui anche io porto nella mia borsa la mia fotocamera, una compatta semi-pro che amo davvero tanto. Lei è la mia compagna di viaggio, quella a cui mi aggrappo quando devo "rubare" a tutti i costi una foto da non perdere e non solo, essendo completamente manuale, diventa il mio strumento di studio quotidiano con cui fare nuovi esperimenti e accrescere le mie qualità di fotografo. Come ti definisci: dilettante o professionista? Né uno e né l'altro. Da ragazzino e durante le vacanze estive, accompagnavo un fotografo professionista esperto di wedding durante i suoi lavori. Il mio compito era di aiutarlo con le luci, per questo lui condivideva con me le sue tecniche, senza riserve. Egli infatti pensava che avessi un grande "occhio" e scatto dopo scatto, l'amore per la fotografia cresceva dentro me. Negli ultimi 15 anni ho studiato fotografia, ho condiviso le mie foto, mi sono confrontato con dilettanti e professionisti con un unico obiettivo: migliorarmi sempre e comunque. Le mie foto dovevano far viaggiare con la mente chi le osservava, dovevano lasciare il segno. L'unica differenza tra me è un professionista sta nel fare questa attività per lavoro o per diletto. Non nascondo che sto pensando seriamente di trasformare questa mia grande passione in una vera attività lavorativa.


...Vivo da pi첫 di 40 anni in un borgo di mare bello come una bomboniera e per questo il mare rappresenta un elemento imprescindibile di vita.


Colore o bianco e nero? I miei scatti sono vividi, perché amo il colore, amo la vita e tutto ciò che mi circonda, Raramente ho utilizzato il bianco e nero e se così è stato è perché durante lo scatto ho provato una sensazione molto forte, vicina alla malinconia, quasi un dolore e, non essendo bravo con le parole, lascio all'immagine il compito di farlo per me. Fotoritocco: si o no? Odio le elaborazioni sulle fotografie a meno che non siano indispensabili e se proprio lo sono, devono essere minime. Questo potrebbe suonare distorto a molti appassionati come me, ma è il mio punto di vista ed è indiscutibile: non mi piacciono i fotoritocchi e le modifiche estreme, che da un po’ di tempo vedo sempre di più nei lavori di altri. In tutti i miei scatti c'è la sacrosanta originale verità di un attimo irripetibile vissuto nella quotidiana normalità. Quali sono i tuoi fotografi professionisti preferiti? Cosa ti emoziona dei loro scatti? Amo il surrealismo di Franco Fontana, la profondità di Steve McCurry e le provocazioni di Oliviero Toscani. La fotografia va vista sì come forma d'arte ma anche come mezzo per raccontare e documentare la realtà, la stessa che spesso ci sfugge per via della frenesia con cui viviamo la nostra vita. Prendiamoci del tempo, sediamoci e lasciamoci incantare dalle maestosità di questo mondo tutto a colori.


UN LIBRO, UN CAMINO E UN COGNAC (o una Tisana, va bene anche un succo ACE) ...UNA STORIA PER EMOZIONARSI

i l vi z i o d e ll ’ a gn e l l o di Andrea PINKETTS

Lazzaro Santandrea è un trentenne alla ricerca di se stesso e durante le sue rocambolesche giornate si finge il Dottor Totem, un po' psicologo, un po' sessuologo, un po' astrologo, molto cialtrone. Fa questo per poter conoscere molte persone diverse, una variegata umanità, e un giorno trova proprio quello che cerca. Nella casa della nonna in via Washington, a Milano, Lazzaro riceve una coppia di anziani signori di straordinaria bellezza, preoccupati per il repentino cambiamento di carattere della loro bambina, Branka, la quale dopo aver vinto un premio di bontà è diventata una "carogna pazzesca": uccide i piccioni in Piazza del Duomo. Lazzaro chiede allora di conoscere la piccola ma rimane agghiacciato dalla sua conoscenza: Branka, all'apparenza adorabile e carina è in realtà un mostro depositaria di un atroce segreto, i piccioni non saziano più la sua fame di delitto, vuole presto giungere a una vittima di più alto spessore, l'uomo. Ecco in breve la trama del secondo romanzo di Andrea Pinketts maestro del noir all'italiana. Un dettato rapido e privo di retorica, incalzante ad ogni riga, mai banale. La storia assorbe completamente il lettore che viene letteralmente scaraventato all'interno della scena, partecipe delle scorribande di Lazzaro e del suo entourage. Incredibilmente interessante la descrizione della Milano allucinata dei primi anni '80, quasi sempre rappresentata di notte in accordo con il genere giallo di tutta la narrazione. I personaggi, Lazzaro compreso, tendono ad essere stereotipati: il protagonista è un giovane samurai, giustiziere, guerrafondaio, alcolizzato, guidato da una morale totalmente arbitraria, lontana da schemi e regole socialmente riconosciuti. Gli altri personaggi sono talvolta caricature di loro stessi, chiusi in un ritratto sarcastico che lascia il lettore a metà strada tra il riso e il disgusto. Di certo un libro che non lascia indifferenti. Da divorare!


MASYA

MU S I CA

L’ entusiasmo di Cantare

Come ti definisci artisticamente parlando?

Mi definisco una musicista entusiasta. E' soltanto abbandonandosi all'entusiasmo che riesco a proseguire in questa strada di creare canzoni e melodie, una strada comunque non facile se la si vuole fare bene. Concretamente mi piace approfondire vari stili musicali, ascoltarli e cercare di coglierne l'unicità, quello che ognuno ha di particolare. Mi faccio una mia percezione. Creare canzoni non è sempre una questione agevole, a volte implica anche delle scelte Parlaci un po' del tuo percorso artistico. Che progetti hai in questo momento?

Il mio percorso artistico è iniziato circa dieci anni fa con lo studio del canto. Venivo da un'esperienza di canto corale e proprio attraverso questa esperienza ho capito l'importanza dell'uso della voce, che può sciogliere tensioni se usata al meglio. E così ho scoperto un mondo bellissimo, un mondo dove la voce individuale è unica, il timbro è unico, non si possono trovare due voci identiche e quindi ho iniziato a lavorare sulla voce e a scrivere musica, soprattutto testi di canzoni su basi musicali di musicisti più dotati di me. Soprattutto scrivo canzoni per il genere lounge e chill out che sono i generi in cui riesco a esprimermi meglio. Di questi generi amo la malleabilità e la versatilità, perchè su una base, ad esempio latina, si possono creare melodie lontanissime. I progetti di questo momento sono sicuramente quelli d continuare su questa strada, continuare a scrivere canzoni, sono solo all'inizio mi piace pensarla così. Poi ho in progetto dei live con un gruppo blues e un gruppo reggea dove suonano dei musicisti davvero di alto livello. Cosa pensi dello stato culturale e artistico di Milano?

Milano è una città che offre e ha sempre offerto varietà, apertura verso tante arti, vari modi di esprimersi, generi musicali. Personalmente penso che però gli spazi sono ancora pochi, poco sfruttati, e la cultura sia ancora un tantino accademica. E credo che le persone che gestiscono la cultura dovrebbero provare veramente ad avvicinarsi ai giovani, per poterli incoraggiare, perchè i giovani comunque sono quelli che hanno più da dare, vanno indirizzati in modo giusto, vanno spronati e incoraggiati.


Eva voleva VOLARE

RECENSIONI: U n l i b r o a l f e m m i n i l e

DI Ida Matilde

La vita di Elettra-Violetta-Artemisia è costellata di eventi dolorosi e traumatici: un'infanzia e un'adolescenza costrette in convenzioni sociali rigide e opprimenti, una giovinezza segnata dalla morte prematura del marito, da uno scandalo con un camorrista, la maturità afflitta da un secondo matrimonio con un uomo che ben presto si rivelerà geloso e violento. Attraverso l'amore per se stessa e per i suoi figli, EVA riesce a sottrarsi a tutto questo, a scappare dall'inferno che l'ha quasi condotta al suicidio, a ripercorrere le tappe della sua tormentata vita per rinascere come donna e, finalmente, riuscire a volare.

"EVA voleva volare", primo libro di Ida Matilde, racconta attraverso l'esperienza romanzata di una ragazza, nata e cresciuta nell'entroterra campano, la vita di moltissime donne che in diverse fasi della loro esistenza si sono trovate nelle stesse condizioni disperate della protagonista.

Frustrazione, delusione, senso di colpa, paura, vergogna, senso di inadeguatezza sono i sentimenti con cui EVA è costretta a vivere quotidianamente e a cui però non vuole soccombere. Infatti "Eva voleva volare" non è un racconto drammatico, è un racconto di speranza, di voglia di vivere sopra ogni cosa, di riuscire a realizzare i propri sogni a dispetto delle avversità. La protagonista manda un messaggio forte, di ostinata caparbietà: è diventando padrona del proprio tempo, attraverso un percorso di espiazione e sofferenza rappresentato da un viaggio in treno attraverso i paesaggi di tutta la penisola italiana, che EVA si riappropria della sua femminilità, della sua identità di donna e madre, conquistando l'agognata libertà. Senza mai dimenticare la bambina che è in lei.


cucina

u n g e l a t o d a v v e ro speciale

di giovanna motta

Si, amore dell'ArteTe non solo perché questo tipo di formaggio è un'Arte, nato con l'aiuto della Grande Matilde, ma anche perché aiuteremo chi ha subito il terremoto, chi non si rassegna e vuole ricominciare a lavorare. Fra le immagini del terremoto, con le quali i media ci hanno bombardato, quelle che mi hanno colpito maggiormente sono state quelle delle opere d'Arte; sconsolate, sole come e più degli umani. E poi la inquadratura della fortezza della Stellata, crollante ma orgogliosa, come se le ombre degli Estensi non volessero essere messe da parte da un banale terremoto, loro, che appartengono alla Storia. Quella con la S maiuscola,però,non quella che insegnanti annoiati ci hanno scaricata sulle spalle: solo date,battaglie, e tanta noia. Ma come non tutti gli insegnanti di Storia sono noiosi e demotivati, così la Storia non è tutta battaglie: quella del nostro Paese, poi, ci è rimasta nel DNA,è dentro di noi. E non possiamo dimenticarla, perché gli Italiani sono così,irripetibili, proprio perché QUEL passato è nel loro DNA. E possiamo aiutare, ed aiutarci a non dimenticare le nostre origini, ANCHE comprando il parmigiano "terremotato". Non che queste temperature estive siano propizie all'appetito:verrebbe mangiando, ma non si fa proprio sentire. Che fare? I maniaci della dieta fanno spallucce: un bel beverone di frutta o verdura e sei a postoTfino ad un certo punto, però! Provate un po' il parmigiano in modo inedito, ossia NON solo nei piatti salati: potete usarlo nel gelato.

INGREDIENTI: Gr.300 di parmigiano finemente grattugiato (e non troppo stagionato) Ml.250 di latte fresco intero Ml.150 di yogurt intero Ml 300 di panna 3 tuorli 1 pizzico di cannella e di coriandolo trito 1 pizzico di sale 1 cucchiaio di zucchero a velo(facoltativo)

Come vedete,gli ingredienti danno una dose di nutrienti tutt'altro che trascurabile: se non avete appetito, questo gelato vi darà quanto serve a sostituire un pasto. Lasciate il parmigiano in infusione in circa metà del latte per circa 1 ora. Trascorso questo tempo, fate bollire il resto del latte ed aggiungete il mix di parmigiano e latte freddo. Fate cuocere per 2 minuti a fuoco basso, sempre mescolando, finchè il grana si scioglie. Appoggiate un colino su una ciotola, versateci il tutto e lasciatelo riposare finchè sia tutto ben filtrato, gettando i residui rimasti. Fate bollire di nuovo il filtrato, unite poi lo yogurt, la panna, il sale, le spezie e (se piace) lo zucchero. Nel frattempo montate i tuorli sino a che diventino spumosi e sodi, versate poi la crema calda e amalgamate bene; rimettete di nuovo a fuoco basso, e non smettete mai di mescolare. Sarà pronta quando, leggermente densa, velerà il retro del cucchiaio. Passatela in gelatiera, o mettetela direttamente a gelare nel freezer. Potrete servirla dopo circa 8 ore.


A FO R I SM I E S OR R I SI parlare d’Arte migliora l ‘umore L’arte imita la vita piu’ di quanto la vita imiti l’arte Oscar Wilde Le donne sono dotate di due armi formidabili: il trucco e le lacrime. Fortunatamente per gli uomini, non possono essere utilizzate contemporaneamente Marylin Monroe

Il cinema non morirà mai, ormai è nato e non può morire: morirà la sala cinematografica, forse, ma di questo non mi frega niente Mario Monicelli Ogni bambino e’ un artista, il difficile e’ restare artisti mentre si cresce Pablo Picasso


cucina

di giovanna motta

Circa

La Pizza che p ia ceva a i Long obardi

ricette storiche:

3000 anni fa,cominciò un certo signor Omero,di professione poeta benché fosse cieco (si dice), a raccontarci dei compagni di viaggio di Ulisse: avevano talmente fame che si mangiarono.Til piatto! Era un’abitudine greco-romana (Fenicia,Egizia,eccT) quella di mettere, sulle tavole dei meno abbienti, un piatto fatto di pasta di pane nel quale servire il T”companatico”: carne stufata,pesce, oppure un misto di legumi (se non c’era altro). E,alla fine,ci si mangiava davvero anche il piatto! Proseguirono l’uso i cosiddetti “barbari”: i Longobardi diedero un nome a questo piatto di pasta. Lo chiamarono “brìssen”, che significa qualcosa come “pezzo-di-pasta-condito”, e non è detto che non ci mettessero la romanissima “salsa di pesce”, di cui erano ghiottissimi. C’è comunque un primo indizio che ci porta in Campania: un documento redatto a Gaeta,datato 997, e scritto in basso latino. Si andò avanti così (mangiandosi il piatto) per tutto il medioevo ed il rinascimento. Fu nel ‘700 che si nobilitò il piatto povero facendolo entrare ufficialmente in un ricettario, quello del nobiluomo Vincenzo Corrado: il popolo di Napoli, si afferma, condisce pizza e maccheroni col pomodoro. Peccato che il grasso aggiunto non fosse l’olio, ma lardo/sugna! Si arriva così al giugno 1889, quando un certo Raffaele Esposito (nome più napoletano di così!) preparò per la regina d’Italia, Margherita di Savoia, una pizza “tricolore”: pomodoro,mozzarella e basilico. Fu il primo ad aggiungere il formaggio ! E oggi? Basta guardarsi intorno per accorgersi che il Verbo Napoletano si è incarnato in preparazioni a dir poco assurde! Che ne pensate di una pizza “per bambini”, con formaggio fresco, cacao, fragole e gocce di cioccolato al latte? E’ l’idea di una casalinga americana di origine italiana,tale Donna Pilato. C’è poi chi, industrialmente, produce e vi consegna una Halloween Pizza, di puro cioccolato al latte su cui viene disegnata una ragnatela col cioccolato bianco: si mettono poi, qua e là, figurette di zucchero (ragnetti,mostriciattoli,eccT). C’è poi la Pizza del Tifoso: cioccolato di tutti i colori, fra cui quelli della vostra squadra del cuore. E che ne dite di una bella pizza fatta al momento, magari per una rapida merenda in ufficio? No problem: hanno inventato anche la macchina distributrice di pizze, la Tombstone Pizza Vending Machine. Si inseriscono le monete, si aspetta 5 minuti che la pizzetta surgelata cuocia, e vi viene servita caldacalda in un contenitore di alluminio. Se c’è lì vicino una macchina distributrice di birra frescaTè fatta! Del resto, basta andare in Giappone per accorgersi dei cambiamenti nell’educazione alimentare: lì ci sono macchine per distribuire vivande di tutti i generi, zuppe, pinne di squalo, sushi, sashimi, etcT Bastano solo poche moneteT.e buon appetito (si fa per dire!).


LA PIADINA "LONGOBARDA"

Che centra la piadina?Beh,se volete farvi qualcosa di buono e che assomigli al "brissen", questo è quanto di più rapido potrei consigliarvi! Premesso che Liutprando e parenti non ci hanno lasciato la "loro" versione del brissen,questo è però storicamente compatibile con le loro abitudini ed i loro gusti:basterebbe procurarsi il "GARUM", la salsa di pesce che i Romani consumavano come il pane e che tanto piaceva al Longobardi. Si, fu una delle prime abitudini "mediterranee" che adottarono: tanto che persino le tasse potevano essere pagate "in natura", ossia in anfore di garum. Se non ve lo fate da soli tutte le estati (come me), potete acquistare la cosiddetta "spremuta di acciughe":è una delizia di produzione campana (e non solo), venduta alla modica (sic!) cifra di 14 Euro (circa) per 2 decilitri. Se invece non ci state proprio a queste condizioni, acquistate unT.tubetto di pasta d'acciughe. Tagliate poi una bella piadina a metà, e spalmatela con un poco di pasta d'acciughe: a parte fate soffriggere un poco (POCO!) d'olio di oliva con un pizzico di pepe nero. Fateci rosolare qualche fettina (sottilissima, quasi trasparente) di cipolla e di porro: mettete il tutto sulla parte inferiore della piadina, ricoprite con l'altra metà, e fate riscaldare in forno caldo per qualche minuto. Consumate con vino secco e fermo.


SHOPPING 4 ARTS Luglio - Agosto 2012


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.