Magazine08

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Magazine nr 8

mUSICA SPECIALE

ENRICO INTRA

MONICA PAES

foto r.cifarelli

jOYCE YUILLE

INTERVISTA ESCLUSIVA

NICK THE NIGHTFLY

QUANDO L A MUSICA E’ QUALITA’


Magazine

nr 8

MENSILE DI ATTUALITA’ COSTUME, ARTE E CULTURA

SOMMARIO EDITORIALE

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NICK THE NIGHTFLY

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MONICA PAES F4A Agency

ENRICO INTRA

FABIO MITTINO

ROSSELLA DEL GRANDE JOYCE YUILLE

SCHEMA RECORDS SYNTHESIS

ht tp: //www.s ynt hesis .co.it

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FRIENDS4ARTS SRL EDITORE via arrigo boito 3 - 20900 monza - tel 0392622470 Testata registrata presso il Tribunale di Monza, Direttore Responsabile Natale Caccavo; hanno collaborato a questo numero: Tazio Tenca, Guido Magrin, Giovanna Motta, Silvio Manini, Annarita Romito, Marco Bottani, Fabio Mittino, Elisa Denis, Monica Paes, Roberta Caccavo, Alessandro Calori, Giovanna Muciaccia, Angela Bartolo, Roberto Cifarelli, Rossella Del Grande. Campagne sociali 2013 Emergency, EnPa.


Editoriale

Musica! e che non sia sempre la stessa musica....... Nel nuovo speciale di F4A Magazine torniamo a parlare di musica, con interviste a musicisti e addetti ai lavori in cui cercheremo di analizzare il momento musicale che stiamo vivendo, i problemi del settore, gli sviluppi possibili, i suggerimenti ai giovani artisti.

Raccogliere tante interviste è stato un lavoro impegnativo per la nostra Redazione; impegnativo ma interessante e stimolante. Il materiale raccolto è molto di più di quello che per motivi di spazio pubblicheremo nel presente numero del magazine, riservandoci il resto per una seconda puntata.

Quello che emerge dalle interviste è che la nostra musica un po' di acciacchi li ha, ma paradossalmente non per problemi di creatività o di preparazione dei nostri musicisti, né per “inferiorità” di alcun tipo rispetto ai colleghi stranieri.

Il difficile momento economico non rende facile la vita in alcun settore (industria, commercio, turismo, ecc.) e anche quello artistico-culturale vive pesantemente il problema della contrazione dei budget. Oltre a tutto questo, per la musica c'è la drammatica riduzione dei proventi del mercato discografico. Inoltre ci sono “fardelli” tutti italici che rendono ancora più difficile fare musica (specie se buona musica...) nel nostro Paese, rendendo la professione del musicista una chimera (eccetto che per una ristretta cerchia di musicisti più affermati).

Se, come dicevamo, il mercato discografico non è più una valida fonte di reddito per il settore (ma tra i musicisti sopravvive ancora il “mito” di “farsi il CD”...), anche la musica dal vivo non vive un buon momento, ancor di più perché gravata da costi e difficoltà di ogni tipo (vincoli burocratici, tasse e balzelli che come al solito non hanno pari in alcun Paese al mondo).

A rendere ancora più “frustrante” la situazione, una proposta musicale sui canali commerciali radiofonici e televisivi assolutamente conformata a modelli obsoleti, con pezzi che devono svilupparsi in “tempi radiofonici” (non più di 10 secondi per l'intro, strofa, ritornello che “entra” a circa a 1 minuto dall'inizio del pezzo, ancora strofa poi ritornello e si sfuma: 3 minuti in totale e via per il prossimo): insomma le premesse ideali per avere pezzi tutti uguali... Se oggi avessimo dei novelli Pink Floyd che sviluppano composizioni da 10 minuti e passa, qualcuno li manderebbe in onda? A fronte di tutta questa desolazione, una nuova generazione di grandi talenti, musicisti preparati, Conservatori e Scuole di Musica di altissimo livello, un'offerta esuberante per una domanda inesistente... Ma da questa situazione si esce o no? E se se ne esce, come?

Lo abbiamo chiesto ai nostri intervistati, alcuni sono ottimisti, qualcuno un po' meno: a voi tirare le conclusioni.


Monica Paes

A VOz DO BRAZIL Friends 4 Arts ha incontrato Monica Paes, ben nota conduttrice di Avenida Brasil su Radio Popolare. Monica è Brasiliana ma vive da tantissimi anni in Italia, conosce tutti i più grandi musicisti brasiliani e in particolare quelli che vivono nel nostro Paese. Le abbiamo posto alcune domande sulla sua storia di conduttrice radiofonica, sulla mu sica brasiliana e sulle differenze tra fare mu sica in Brasile e qui da noi. Simpatica e diplomatica, la nostra amica Monica ci ha tra sferito anche nell'intervista tutta la passione per la musica brasiliana e ha risposto a tutte le nostre domande (anche a una domanda "politicamente scorretta": un giudizio sulla musica brasiliana suonata dai non brasi liani...), buona lettura.

che suonavano dal vivo. Durò 40 puntate da 90 minuti con cadenza settimanale. Nel '92 mi richiamarono e per altri due anni rimasi in onda, questa volta da sola e le puntate erano registrate. La trasmissione si chiamava Pa role e musica. Traducevo le parole delle can zoni brasiliane. Quanto mi sono divertita!F4A: Conduci da 18 anni Avenida Brasil su Radio Popolare, qual è il segreto per tanta longevità di un programma radiofo nico? Non ne ho la minima idea... Credo che sia l'onestà della mia passione per la musica del mio Paese e una voce adatta a questo mezzo...

F4A: Come vedi la situazione discografica at tuale e che futuro ha la musica? Possono gli F4A: Come hai iniziato la tua carriera di DJ artisti vivere di musica? radiofonica? Non sono brava a parlare di mercato. Non ne Nel 1986, appena arrivata a Milano, dopo una capisco niente, altrimenti avrei fatto i soldi, serata trascorsa parlando di Chico Buarque ahahahah. Ho intervistato molti musicisti che con una nuova amica, ricevetti un invito a accompagnano i cambiamenti del mondo di condividere con Bruno Bonsignore una tra - scografico e tutti dicono che della vendita smissione sulla musica brasiliana a Europa dei dischi non si campa quasi più. Finché ci Radio, una emittente di Milano non commer - sarà l'essere umano ci sarà la musica e sì, ciale, che trasmetteva essenzialmente jazz. sono convinta che si possa vivere di musica. La trasmissione si chiamava Brasil ao vivo, Ho tanti amici che lo fanno. Non è una vita ogni tanto ricevevamo musicisti brasiliani facile, ma quale vita lo é?


F4A: Ci sono differenze per il mercato musi cale (sia discografico che live) in Brasile e in Italia? Dove secondo te gli artisti hanno mag giori possibilità di emergere?

Alcune differenze ci sono di sicuro. Come di cevo prima, non sono la persona più adatta a parlare di mercato, non sono dentro questo mondo, non ho a che fare con le case disco grafiche e quando ho provato ad avere dei contatti, i promo che mi mandavano non mi piacevano e quindi non li trasmettevo. Il Bra sile ha un mercato interno molto ampio e vario, ci sono leggi e imprese private e statali che finanziano progetti artistici e quindi anche musicali di ogni genere. I musicisti sono pagati molto meglio là che qua, in novazioni e le aperture per un futuro anche magari completamente differente. media. F4A: In Europa e in Italia in particolare ci sono molti musicisti brasiliani. Visto il parti colare momento economico dell'Europa, pensi che ci siano molti musicisti che deci dano di lasciare l'Europa e tornare in Brasile?

Si, questo sta succedendo già da 3/4 anni a questa parte. Alcuni di loro hanno provato a tornare in Brasile e poi sono ritornati qua. La concorrenza in patria è enorme, qui la brasi lianità è un valore aggiunto per un musici sta...

F4A: A tuo giudizio ci sono musicisti italiani che siano diventati buoni interpreti di musica brasiliana? In cosa "si sente la differenza" tra un brasiliano che suona la bossa e un non brasiliano? Ritmo? Accenti? Pronuncia? Op pure è qualcos'altro che a noi manca? Sicuramente, ce ne sono di bravissimi e pre ferisco non far nomi, per non lasciare indietro nessuno... Nell'ambito strumentale ancor di più. Gli italiani fanno sicuramente fatica con la pronuncia. La chitarra e le percussioni sono gli strumenti in cui noi brasiliani sen tiamo spesso la differenza. Ci aiuta il dna, misto all'origine, il sangue africano e indi geno. Ma l'essere umano appassionato è in grado di superare qualsiasi ostacolo, se condo me.

F4A: La musica brasiliana è molto apprezzata in Italia e nel mondo, musicisti come Jobim, Joao Gilberto, ecc., hanno saputo caratteriz zare la musica brasiliana rendendola origi nale e unica. Oggi chi sono i loro successori? Quali sono le nuove tendenze stilistiche nella F4A: Conduci con grande successo anche se musica brasiliana? rate da DJ live: come organizzi i tuoi spetta Per rispondere a questa domanda mi ci vuole coli live? hai anche DJ set con musicisti che un libro intero (e alcuni insistono perché lo suonano con te? scriva...). Mi piace proprio ricercare la musica brasiliana che si fa lì oggi, dai giovani. Ci sono molti validi successori a questi enormi nomi che hanno fatto la storia della musica brasiliana all'estero. Non tutti sono preoccu pati di succedere a qualcuno, mi spiego? La creatività e l'originalità all'interno dell'uni verso musicale brasiliano sembra inesauri bile. Poi Jobim, Joao Gilberto, Caetano, Chico Buarque, Milton Nascimento, ma anche Pixinguinha, Noel Rosa, Dorival Caymmi e tutti i predecessori e tanti altri, rimangono colonne portanti. La forza della musica brasi liana sta anche nella sua memoria e rispetto nel verso il passato, mentre non teme le in -


Non mi considero proprio una DJ. Qualche tempo fa un "collega" e "vero" dj mi ha detto che sono una "selector". Io non sapevo nem meno che c'erano questi termini specifici ahahahah!! Anche qui, credo che il mio rela tivo successo (non radunerò MAI chissà quale folla...) sia l'onestà della mia passione per la musica e il mio essere - di base - una

ballerina. Nelle mie serate metto musica acu stica, sinfonica, elettronica, rumoristica, non seguo tendenze né cedo ai tormentino a meno che mi divertano. Non ho pregiudizi, per me la musica basta che arrivi al cuore di una sola persona per aver già il suo valore. Anche se a me fa schifo. Faccio una serata da anni (Favela Shanti) col grande Frank Sic cardi che mi ha molto insegnato e che con sidero uno dei grandi dj che abbiamo qui,

con un amore per la musica brasiliana che spesso mi commuove. Ma metto la musica anche da sola per una serata intera, senza manco accorgermene di dover andare in bagno ahahaha! Con Favela Shanti spesso invitiamo gruppi live. F4A: Hai mai pensato di fare dei dischi tuoi, come altri colleghi DJ? No, non sentendomi una DJ, non ci ho mai pensato. Farei delle compilation, questo sì, ma non è capitato. Anche se non ho studiato musica, però ho dei temi composti da me al pianoforte, secondo me potrebbero servire da colonne sonore... Mi piace cantare ac compagnandomi alla chitarra e sono appena stata "incisa" come interprete di una can zone di Bruno de Filippi (mitico armonicista e chitarrista jazz, autore di Tintarella di luna, scomparso nel 2010), per la quale ho scritto le parole, nel lontano 1987 (é uscito un disco con dei suoi inediti un mesetto fa). Non mi sembra di essere una brava cantante, ma mi diverto un mondo e anche lì, senza nessuna pretesa, voglio soltanto condividere la mia grande passione.


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nick the nightfly Come fare musica di qualita’ INTERVISTA

Incontriamo Nick The Nightfly nel più importante locale di musica live in Italia, il Blue Note Milano, di cui Nick è da sempre Direttore Artistico.

Oltre che al Blue Note, il nome di Nick è legato in modo indissolubile a uno dei programmi radiofonici più "cult": Monte Carlo Nights, un vero punto di riferimento per tutta la musica di qualità. Negli anni, Nick ha realizzato un numero impressionante di compilation, proprio dalle playlist di Montecarlo Nights, creando varie raccolte a tema con "il meglio del meglio". E non finisce qui, perché Nick è anche un grande talent scout, che ha scoperto e portato in Italia tantissimi artisti stranieri, intervistandoli per Radio Monte Carlo o facendoli suonare al Blue Note (ci vengono in mente per esempio gli Incognito diventati popolari in Italia grazie a lui e a RMC).

E fin qui nulla di nuovo... chi non conosce Nick The Nightfly? Ma sapevate anche che Nick è un grande musicista da sempre, è ormai al suo terzo album da solista ed è il leader della Monte Carlo Nights Orchestra ? Ecco, qui vi vedo meno preparati... una ragione in più per leggere questa intervista...


In cabina di regia RMC al Blue Note con Poogie Bell e Patches Stewar. Abbiamo posto a Nick alcune domande per inquadrare l'attuale momento musicale, le difficoltà che i musicisti incontrano (essendo lui stesso un musicista e non solo un "addetto ai lavori") e per ricevere i suoi suggerimenti.

F4A: dal tuo osservatorio, che ovviamente è qualificato e privilegiato, una visione del momento musicale, associato al momento economico: quali sono le prospettive per gli artisti emergenti, per i giovani che iniziano o che sperano di iniziare una carriera?

NICK: alla grande!!! mah... oggi come sapete purtroppo è un momento storico difficile per l'economia e non soltanto in Italia ma in tutta Europa, e questo ahimè si riflette anche sulla cultura e tutti gli eventi culturali, che sia la musica, l'arte, sportivi e tutto quello che ha a che fare con la cultura. La cultura è ahimè, sempre una delle prime cose ad essere bastonate ed è davvero un peccato perchè senza la cultura le cose non vanno avanti, non c'è rinnovamento, non c'è interesse per quello che succede in giro per ilmondo.


L'altra settimana avevo ospite nel mio programma Nicola Piovani e una delle domande che gli ho fatto è: "quando ero ragazzo, la cosa più bella delle scuola per me era fare la lezione di musica e c'erano lezioni di musica in tutte le scuole. Anche in Italia dovrebbe essere obbligatorio, come mai non è così?". "Assolutamente si, dovrebbe essere obbligatorio" ha detto lui "purtroppo non c'è musica nelle scuole, da lì si deve cominciare con i ragazzi, lì si ha il primo approccio con gli strumenti e un pò di teoria sulla musica, a parte quello che si può sentire in casa."

Se sei fortunato ad avere un genitore che ama la musica e ti fa sentire la musica... ma tanti ragazzi non hanno questa possibilità perchè a tanti genitori la musica non piace, perciò la scuola dovrebbe essere un punto fondamentale per la musica come per tutte le arti. Anche perchè la musica ha un forte potere sui giovani, aiuta l'intelletto, aiuta a studiare, ti apre un mondo... io grazie alla musica ho trovato una vita, una carriera, tante amicizie, una storia... Da quando ero ragazzino suono e la musica mi affascina sempre; lavoro da quando ero ragazzo nella musica e sogno da quando ero ragazzo di diventare un artista di successo. Successo vuol dire, penso, fare quello che ti piace ed io sto facendo quello e vorrei farlo ancora di più: cioè il mio amore più grande è stare sul palco con il mio gruppo e suonare la mia musica per la gente; perchè anch'io, come tanti musicisti, ho un mio percorso, suonare con gli artisti che amo. Si parte imitando i grandi artisti (è una cosa che fanno tutti), poi piano piano trovi la tua strada, trovi il tuo modo di essere, il tuo modo di esprimerti nella musica. Il momento oggi è difficile un pò per tutti e specialmente per i giovani che vorrebbero suonare nei locali perchè i gestori dei locali non hanno soldi per pagare i ragazzi. Per esempio, al Blue Note di Milano, se noi invitiamo grandi artisti, grandi nomi, nonostante il problema del mercato, riusciamo a riempire il locale... Perciò è anche una questione di qualità, anche nel momento di crisi. E i locali piccoli non possono permettersi un artista importante perchè non hanno il budget per farlo, perciò i giovani vengono penalizzati.

I giovani dovrebbero trovare il modo di suonare comunque come si faceva in passato, nei garage, case degli amici, feste di amici, creare una cerchia di amici che li segue, perchè la cosa più importante di tutto chiaramente è sempre la passione perchè, se non c'è la passione, non soltanto nella musica ma in qualunque cosa nella vita, cadi, la cosa cade, a metà strada cadi e veramente vedi che non è una cosa forte dentro di te. E sono le persone che hanno questa forte passione che insistono e in qualche modo trovano una strada nella musica, perchè lo sentono dentro, lo vivono dentro. Sentono la musica come arte in tutto quello che fanno e prendono da tutto, da tutto quello che fanno, proprio per arricchire il loro percorso musicale.

E poi penso che uno non è mai arrivato perchè quando arrivi sei solo ad un'altra partenza, perciò sei sempre pronto ad inventare di nuovo e andare avanti, a cercare nuove cose.

F4A: e come consiglio allora, mettiamo che il giovane abbia tanta passione e un pò di talento, o molto talento, ecco, proprio praticamente, vedendo l'esperienza di radio ma non solo, quali sono secondo te le 3 cose che un giovane artista deve fare?

NICK: prima di tutto se hai la possibilità di studiare lo strumento che ti piace, trovati una scuola, un maestro e impara bene lo strumento che ami; poi vai a sentire tutti i concerti che puoi, tutti i più bravi


musicisti che conosci, italiani o internazionali. Vai a vedere cosa fanno, come si fa dal vivo. Io mi ricordo quando ero ragazzino, io suonavo la chitarra e ho visto un concerto di un chitarrista che mi ricordo ancora oggi, si chiama Roy Buchanan, lui era un grande chitarrista di blues, suonava anche con i Fleetwood Mac e ha fatto dischi suoi di soul bellissimi; una volta dopo il concerto gli ho chiesto se mi faceva vedere sulla chitarra la posizione dell'assolo che aveva fatto e lui si è messo a ridere e ha detto: "no, tu devi ascoltare il disco e studiare la musica per imparare quello che io ho fatto. Io te lo posso fare vedere ma non stai imparando, stai facendo diciamo una scorciatoia." Perciò sicuramente studiare la musica, andare a vedere più concerti possibile, trovare amici con la stessa passione e poi suonare, suonare e suonare, tutta la musica, non solo uno stile di musica, perchè gli accordi sono quelli (va beh, dipende che tipo di musica fai), suonare più che puoi, per la gente, alle feste. Se c'è la passione non è un problema, lo fai comunque perchè c'è la spinta interiore di fare, di ricercare e di migliorarti. Queste sono le cose che io consiglierei assolutamente di fare ai ragazzi. F4A: Se uno ha passione e abbina il metodo al talento arriva secondo te...?

NICK: mah... no, non tutti arrivano... riesci a fare bene, essere un bravo esecutore, con passione per quello che fai. Poi il pubblico lo sa... quando vedi un concerto lo sai chi c'è dentro e chi non c'è... lo sa anche l'artista in fondo, perchè puoi ingannare tutti ma non te stesso e se sei una persona onesta e con un pò di cuore e sensibilità per la musica questo viene fuori e ti rendi conto. E studiare bene perché, anche se non diventi un artista di successo, puoi sempre suonare e ottenere il godimento che la musica crea nelle persone, a te per primo, poi tu lo trasmetti alle altre persone. Questa è una grande gioia, uno sfogo dalla realtà, dalle cose difficili del mondo, la musica aiuta in questo. Non per niente esiste anche la musicoterapia: la musica che aiuta a curare le persone. La musica ha questo straordinario potere di farti ballare, farti rilassare, farti innamorare: come un cibo che ha il profumo, la musica ha il suono che ti porta indietro nel tempo...; perciò anche se non diventi un artista di successo, se tu ami quella cosa la farai sempre. Guarda i Rolling stones, scusa, loro non hanno bisogno di suonare per i soldi, lo fanno perchè è dentro di loro, nel loro dna, fa parte di loro, come per tutti i grandi musicisti che ho intervistato nei 10 anni di storia del Blue Note.

Mi ricordo una volta avevo nello studio con me Jon Hendricks e sua moglie (anche lei cantante bra-


vissima), Lou Donaldson e poi c'era anche Dr. Lonnie Smith (l'organista del jazz), fra di loro avevano quasi 300 anni ed io ho detto: "come fate ancora alla vostra giovane età a girare il mondo?"e loro mi han detto "guarda Nick, la nostra medicina è la musica!" Perciò per tornare a quello che ti dicevo prima, il potere della musica anche come medicina che ti può aiutare nella vita, e io ho riscontrato questo nei miei anni in radio, tante persone mi scrivono, mi dicono "grazie per la compagnia", "da quanto ti sento, di notte la tua musica mi tiene compagnia, è come un amico"; io non me ne rendo conto, perchè faccio quello che faccio in quel momento, perchè mi piace la musica e voglio trasferire quello che scopro, gli artisti e le sonorità di tutti gli stili di musica. F4A: un'ultima domanda, Nick DJ come presenterebbe Nick musicista?

NICK: Faccio il DJ in radio da tanti anni ormai, quasi 25 anni. Sono arrivato alla radio grazie alla musica perchè lavoravo come corista in un progetto con Adriano Celentano, ero nel coro. Una delle ragazze nel coro con me mi aveva invitato a cantare dei jingles per un programma nuovo su Radio Monte Carlo e ho incontrato l'editore della Radio; mentre cantavo una delle persone ha detto: "senti che bella voce che hai, vorresti provare a lavorare in radio?" ed io ho detto "no, io sono un cantante, sono un musicista". Invece mi hanno raccontato il progetto che avevano e ho detto: "mah.. interessante, proviamo!" abbiamo provato e non ho mai guardato indietro da allora. Mi ha dato una grande carriera la radio, mi ha fatto conoscere i più grandi artisti del mondo, intervistarli, toccarli, parlare con loro e provare a capire qual è la magia della musica, da dove viene la musica e come la fanno.

Tutto questo mi ha fatto arricchire moltissimo, sia nella mia conoscenza della musica che nella professione di DJ radiofonico (perchè nessuno mi ha insegnato come farla, ma piano piano mentre lo fai, se sei curioso e, ancora una volta, hai la passione per quello che fai, vai fino in fondo). Così ho scoperto artisti straordinari, che ho portato anch'io in italia a fare concerti; di tanti sono diventato amico e ho avuto anche il piacere di suonare o cantare con loro. Mi ricordo ancora i "pizzicotti" prima di suonare con Pat Metheny: una volta Pat è arrivato in radio, prima di arrivare mi ha detto dall'America: "ok vengo a trovarti, però questa volta porto la chitarra e suoniamo insieme." Noooooo! Io per un mese e mezzo non capivo più niente, facevo le scale tutto il giorno, provavo gli accordi... invece abbiamo suonato insieme 2 pezzi miei e mi ha fatto vedere gli accordi di un pezzo suo, semplicissimo: lui improvvisava sopra, indimenticabile, due volte!!!


Poi non so, una volta ho suonato la chitarra con Regina Carter (una violinista del jazz) e lei improvvisava sopra, ho suonato la chitarra con Michael Bublè, e abbiamo anche cantato insieme, poi con Gino Vanelli e tanti artisti italiani, come Carmen Consoli, Giorgia, perchè provo a creare un momento di intimità per creare qualcosa di nuovo anche in radio. Anche adesso, poco tempo fa, ho ospitato Ron in radio, avevo l'ukulele e gli ho detto: "suoniamo insieme qualcosa?" e abbiamo suonato il pezzo di Leonard Cohen Hallelujah, io l'ukulele, lui che cantava con me i cori e un suo musicista al violoncello, ed era magico.. io provo a creare questi momenti per gli ascoltatori perchè è un modo di vedere la musica come ce l'hai a casa tua, nel tuo salotto, con gli amici. La radio mi ha dato molta popolarità, molto successo ed ho sempre seguito la mia strada della musica di qualità. Ma nello stesso momento non ho mai smesso di essere musicista, ho la mia orchestra, ho prodotto 3 album con la Monte Carlo Nights Orchestra e ho pubblicato 3 dischi da solista; l'ultimo è Nice one, che mi ha dato molto successo e soddisfazione. Nel gruppo avevo alcuni dei più bravi solisti del jazz italiano, da Fabrizio Bosso a Bebo Ferra a Luciano Biondini, Matteo del Soldà, Amedeo Ariano alla batteria, Roberto Terenzi al piano, Dario Rosciglioni al basso, anche lo stesso Gabriele Comeglio, il direttore della mia orchestra, un gruppo giovane di cantanti straordinari, i Cluster, un'orchestra d'archi.

Insomma anche io a volte non mi rendo conto di quello che ho fatto... faccio pure compilation, dischi dell'orchestra, dischi di musica mia e adesso sono in studio e sto facendo il nuovo disco, ho già inciso 16 pezzi nuovi. Nel gruppo c'è sempre Amedeo Ariano, questa volta al basso c'è Francesco Puglisi, Luca Bulgarelli, Dario Rosciglione, 3 bassisti, al piano c'è Julian Mazzariello; nel disco ha già fatto qualche assolo Fabrizio Bosso, di nuovo, che è straordinario, e ho scritto dei pezzi di cui sono molto contento.

Nick come DJ... amo quando sono in radio, ma quando sono su un palco dal vivo e ho la gente da-


vanti, un pubblico davanti e amo questo contatto, amo parlare con la gente e suonare la mia musica. Non c'è niente di più bello per un artista, stare su un palco a suonare la tua musica, senza niente togliere a tutta la musica della storia (perchè io ho cantato pezzi di tutti), però quando fai la tua, specialmente con un gruppo di jazzisti, hai la testa da jazzista aperto alla spontaneità del momento, puoi lasciare spazio ai musicisti, per fare gli assoli, guardarsi, cambiare direzione, è straordinario, assolutamente straordinario. Spero che il disco esca nel 2013. Adesso sto andando a Parigi perchè ho un contatto anche con dei musicisti a Parigi, magari qualche ospitata, non lo so, sono contento, è un bel momento della mia vita perchè sono creativo, scrivo un sacco di musica e ho voglia di stare con la musica e stare con la gente.

F4A. Complimenti perchè si sente, nonostante la giornata pesante che ci hai detto, che però quando parli ti illumini.

NICK. Perciò ai ragazzi giovani dico: "vieni a vedere la musica dal vivo! vai a vederla sempre perchè ti arricchisce moltissimo". Anche qui al Blue Note, se sei di queste parti, perché c'è uno sconto per i ragazzi giovani per vedere i concerti (e qui puoi vedere i migliori del mondo che passano di qua). In dieci anni abbiamo portato veramente i migliori talenti del mondo e li puoi vedere veramente; a volte facciamo anche le master class, puoi anche incontrare l'artista, stringergli la mano. Sono cose importanti, anche solo toccare, salutare un artista, avere un sorriso, un contatto, fa parte della musica, ogni cosa che respiri. Vieni a trovarmi al Blue Note o cercami in Radio la notte su Radio Monte Carlo, dalle 22.00 per Monte Carlo Nights e, se curiosi, cerca i mei CD nella rete! F4A: certamente lo faremo, Nick!!! grazie per il tempo che hai dedicato agli amici di Friends4Arts. Possiamo usare una frase tua? NICE ONE!!! NICK. Grazie a voi e buon lavoro!


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Jazz 2013 4 chiacchiere con ..

Enrico Intra... e Maurizio Franco

Friends 4 Arts ha incontrato presso la Civica Jazz di Milano Enrico Intra, musicista di fama internazionale e un illustre musicologo come Maurizio Franco,per porre loro alcune domande sull'attuale scenario musicale in Italia e sul Jazz in particolare. Un'intervista schietta, senza peli sulla lingua, che va a scavare alla radice dei problemi, senza paura di chiamare le cose con il proprio nome, senza nascondersi dietro a un dito e senza evitare i terreni minati.

Tra il pragmatismo di Maurizio Franco e la fiducia nel cambiamento di Enrico Intra, abbiamo toccato molti temi, sconfinando in ambiti delicati, quali il rapporto tra politica e cultura nel nostro Paese, il peso dei balzelli SIAE per la musica dal vivo, la difficoltà di far emergere la buona Musica, lo scarso rispetto per la musica e per i musicisti, nel Paese che paradossalmente dovrebbe essere il maggior depositario di Arte e Cultura a livello mondiale. Per non farci mancare nulla (anche le inevitabili polemiche), abbiamo chiesto a Enrico Intra di parlarci del suo nuovo metodo “Improvvisazione altra?”, una vera sfida a chi vuole mantenere il Jazz ingabbiato e isolato in una teca, senza contaminazioni con altri generi musicali e senza alcuna reale innovazione da decine di anni a questa parte. F4A. La Musica oggi in Italia vive un momento di evoluzione o di involuzione?

M.F. La scena musicale di oggi è straordinariamente ricca ed evoluta e come tutti gli ambiti c'è di tutto: c'è l'evoluzione, c'è l'aspetto “industriale” e c'è quello creativo. Credo che quello che emerge, e che sembra per certi aspetti far venire fuori il peggio, sia dovuto ad un semplice fatto: sia i vecchi mezzi di comunicazione di massa (giornali, radio, televisione), sia il web sono sostanzialmente appannaggio della scena più industriale e commerciale di minor livello, che tra l'altro è abilissima ad utilizzare i nuovi mezzi di comunicazione.

Per esempio, i nuovi gruppi nell'ambito della musica che potremmo definire “di consumo” sono abilissimi nel proporsi attraverso il web e nel creare mercati paralleli. Nelle musica di intenzione artistica (Jazz, Classica, ecc.) invece pochissimi usano bene questi mezzi per auto promuoversi e i media più importanti (radio, televisione, ecc.) non danno spazio a queste musiche. Quindi in realtà l'impressione che si ha è che ci sia poco, poi se si va a vedere nel sottobosco invece c'è una realtà straordinaria: fra ciò che emerge e ciò che c'è bisogna fare una grande distinzione! Il problema è tirare fuori, soprattutto dai giovani e soprattutto in Italia, le potenzialità e dare una visibilità, altrimenti avremo l'emigrazione dei talenti all'estero.

E.I. Bisogna cercare di capire cosa intendiamo noi per evoluzione, che tipo di evoluzione? Certo c'è l'evoluzione, come diceva Maurizio dei mezzi di comunicazione, ma cosa trasmettiamo noi? Cosa comunichiamo con questi mezzi? Ecco perché io vedo sia un'evoluzione che una involuzione. Per esempio, per ciò che riguarda il jazz c'è stata evoluzione fino agli anni '40, poi dopo abbiamo sempre vissuto di rendita... Così come diceva Ennio Morricone anni fa, si parlava di questa cosa, Morricone chiedeva: “quando voi del jazz farete qualcosa di nuovo nel jazz e non vivrete sempre della musica del passato?”. Sempre sull'evoluzione, a partire dalla musica classica: noi del Jazz dobbiamo molto e dobbiamo pagare i nostri debiti a Schöenberg, Schöenberg a sua volta li ha pagati a Debussy all'inizio del secolo scorso. Oggi noi del Jazz dobbiamo trovare una nostra via, una nostra strada. Poi dopo naturalmente il “problema” dell'evoluzione nell'arte c'è sempre stato: in ogni periodo ci si pone questo interrogativo evoluzione/involuzione, tutto qui. F4A Oggi il pubblico non è mediamente preparato ad ascoltare musica, non ha una formazione per l'ascolto. Dove si deve ri-


cercare l'origine di questo “male”, nella scuola di base, elementari, medie, licei?

E.I. Beh, licei musicali ce ne sono pochissimi, tra l'altro... e poi, “come” si insegna la musica nelle scuole? Bisognerebbe cercare di cambiare tutta questa generazione di insegnanti che non sa nulla di musica, che si limita a insegnare musica attraverso il “flautino dolce”, tutto lì. Invece sarebbe opportuno insegnare la Storia della Musica, per insegnare la musica di sempre: dal gregoriano ai giorni nostri. In Italia passiamo per una nazione che dovrebbe avere la “Cultura della Musica” invece c'è un'ignoranza assolutamente sorprendente e veramente drammatica. Tutto ciò dipende dalla base, dall'insegnamento della musica nelle scuola, anche dalla scuola materna in su, questo è il problema.

M.F. Noi che ci occupiamo di musica vediamo specificamente l'aspetto musicale della nostra educazione generale e ci accorgiamo che è molto carente. Però l'insegnamento della musica in Italia non è il solo ambito artistico carente, perché se noi ci occupassimo di Storia dell'Arte (pur essendo il Paese che detiene la metà del patrimonio artistico mondiale), ci accorgeremmo che è esattamente la stessa cosa, non c'è differenza, altrettanto vale per la poesia, ecc. ecc. Noi occupandoci di musica vediamo il problema della musica. Poi la musica si “sente” e sentire i bambini che suonano lo strumento più inadatto che ci sia al mondo per insegnare musica, che è il flauto dolce (perché è uno strumento difficile, non ha letterature, sempre stonato, non serve armonicamente) insomma, ci colpisce! Se noi andassimo in una scuola media e chiedessimo chi è Giotto, avremmo la stessa risposta che avremmo chiedendo chi è Monteverdi: non cambia niente! Siamo in un mondo di analfabeti di ritorno, dove il livello più alto dell'istruzione, l'Università, tira fuori nel biennio specialistico (non dico in tutte le materie ma nelle materie artistiche) un livello pari a quello di un liceo di trent'anni fa, e non ci metterei la mano sul fuoco, forse sarebbe meglio dire pari a un ginnasio di trent'anni fa. Che cosa volete che si faccia in una situazione di questo genere, dove la gente non studia più o studia male? dove ormai la diffusione della cultura dovrebbe passare attraverso dei mezzi potenti e lì ci va tutt'altro? Che cosa si può fare? non si può fare niente!

E.I. D'altronde, i nostri politici, di cui ancora non abbiamo parlato, sono, insieme a noi operatori, i responsabili di questa situazione. Leggevo oggi una grande pagina di pubblicità con tanti articoli su come è organizzato quest'anno Umbria Jazz. Non ho nulla contro i cantanti pop, ma che a Umbria Jazz ci siano cantanti pop, questo è significativo, è una risposta alla domanda: sono gli operatori che mantengono nell'ignoranza il pubblico, e non solo nell'ignoranza, ma nella confusione totale. Perché quando si dice che “Umbria Jazz è ora aperto a tutto”, a tutto? a cosa? Al mercato!

M.F. Al mercato per avere gli sponsor, il meccanismo è questo. Poi ci sono tantissimi operatori che fanno un lavoro culturale, ma se andiamo a vedere i numeri, è chiaro che i numeri sulla cultura sono numeri bassi, anche se ci sono segnali interessanti. Per esempio a Milano, prima dell'avvento di Sgarbi assessore, mi pare ci fossero tre-quattrocentomila visitatori all'anno alle mostre. Sgarbi l'ha quadruplicato e oggi la mostra diventa un evento di immagine, anche se il 99% di chi va a vederle non ha la più pallida idea di che cosa sta andando a vedere e non capirà assolutamente nulla... però fa bene, va alla mostra invece di andare da un'altra parte. Allora bisogna creare dei “meccanismi”; MITO per esempio un po' ha creato il meccanismo di portare una certa musica di un livello a una dimensione un più popolare, questa però è la punta dell'iceberg. E.I. e sottolineo che “dimensione più popolare” non vuol dire abbassare il livello!

M.F. vuol dire portare degli stimoli! Poi però chi è stato stimolato che cosa fa per approfondire? Non ha strumenti. Certamente uno che va a sentire Beethoven poi non è che va a comprarsi il libro musicologico su Beethoven di cui non capisce niente: c'è bisogno di una diffusione della cultura e dell'arte che venga fatta bene, molto bene, non solo a livello di alta divulgazione, ma anche a livello di divulgazione di base, perché se no qua noi non riusciremo più a far capire ai nostri concittadini in quale straordinario Paese ci troviamo e quali sono le nostre risorse, e poi la gente se ne va. I giovani musicisti vanno all'estero, i giovani autori, i pittori vanno a Berlino, vanno in giro, perché qui che cosa fanno? Diceva bene Enrico dei politici: io non ho mai sentito un politico italiano, almeno negli ultimi dieci anni, una volta, per caso, parlare di cultura, mai!

E.I. ma poi scusa, Maurizio, c'è questa “cattiva coscienza”, tu hai parlato di mostre ecc, è la cattiva coscienza perché si occupano soltanto delle mostre o, riguardo alla musica, della Scala (sto parlando principalmente del problema milanese). Quindi è cattiva coscienza; dicono: "ecco i musei sono pieni" pertanto "la cultura noi la facciamo". Sì, la cultura per le mostre, la cultura del passato, per l'arte del passato, così anche la Scala, per la musica del passato. E per la musica di oggi? Per i pittori di oggi? E per la cultura in generale, che comprende la pittura, la scultura, la musica ecc., cosa si fa? chi fa cosa? Sgarbi ha fatto bene, perché lui si occupa solamente di arte, di pittura, ma almeno l'ha fatto, però solo per la pittura.


Quando Sgarbi fa un'operazione del genere ecco che però scatta la “cattiva coscienza”, perché poi “loro” pensano di aver fatto qualcosa per la cultura, mentre hanno fatto qualcosa solo per la pittura. Quando dicono "c'erano code per il cenacolo, gli stranieri vengono" sì, d'accordo, vengono solo per quello! E le altre cose? le altre arti? E i giovani che dovrebbero vivere di arti? I nostri studenti sono costretti ad andare via perché altrove hanno possibilità di lavoro e qui no. La nostra scuola per esempio (“Civica di Milano” ndr) sforna un sacco di musicisti che lavoricchiano qua, però non sono rispettati, sono sfruttati, vanno a suonare nelle osterie capisci? Alla fine vanno all'estero perché lì sono più rispettati. Lì c'è il rispetto della cultura a 360 gradi, non qui in Italia.

M.F. ma la cosa strana è che noi siamo un Paese che sempre ha vissuto di cultura, che ha tutti gli elementi, siamo “il” Paese della Musica, “il” Paese dell'Arte. E allora come è possibile? Camminando per strada, la maggior parte dei nostri cittadini ogni giorno si imbatte almeno in una grande opera architettonica. Così come c'è musica ovunque. Abbiamo 70 Conservatori, la Francia ne ha tre... Voglio dire: ne abbiamo 70! Ma è possibile che da noi non si riesca a capire che l'Arte e la Cultura sono le nostre principali risorse?

E.I. ma i 70 Conservatori che noi abbiamo, sono 70 posti di lavoro per gente che se ne fotte, scusate il termine, della Cultura, capite? Mentre in Francia invece abbiamo visto alcuni Istituti, per esempio Chambery, accidenti!

M.F. Lì ci sono conservatori di “secondo livello”, fanno più da licei musicali. Poi se vuoi andare al massimo livello vai a Lione, vai a Parigi, vai a Marsiglia e basta. Ma ogni città ha le “maison de la culture”, ogni città ha un centro culturale con auditorium, mostre, lavori, iniziative, attività. Questo significa avvicinare di più la gente. Infatti i politici francesi di cultura parlano, parlano! Può capitare di sentirne fare interventi proprio di carattere culturale, occuparsi di certe cose, per esempio al Louvre. Da noi zero, zero. Ma sai perché non ne parlano? perché non ne sono capaci, non hanno una formazione culturale per poterne parlare!

E.I. ma non sono neanche responsabili loro, perché quando sono andati a loro volta a scuola, dalle materne all'università, non hanno naturalmente insegnato a loro niente di cos'è la cul-

tura e cosa può rappresentare la cultura per le persone, capisci? Le persone che amano la cultura hanno una mente rivolta a qualcosa di costruttivo, di positivo, anche socialmente.

M.F. sono persone migliori in genere, nei rapporti con gli altri, nel modo di vivere. Una società ha bisogno di questo, soprattutto una società come la nostra. F4A: proprio per avvicinare la gente all'ascolto della buona musica e dare spazio per esprimersi ai nuovi talenti, avete avviato quest'anno il “Quasi Capolinea”. Qual è il bilancio di questa iniziativa?

E.I. Mah, è troppo presto per un bilancio: i bilanci delle iniziative artistiche e culturali si possono fare nel tempo, capisci? Nel primo anno l'iniziativa ha avuto abbastanza successo. Tutti sanno perché è nato il nome “Quasi Capolinea”, tutta la storia legata al capolinea di un tram, come il vecchio “Capolinea” era legato al capolinea di un tram. Noi come scuola sentivamo il bisogno, l'esigenza, di trovare uno spazio per questi ragazzi che escono e non sanno dove andare, e quindi anche per gli accordi che noi abbiamo fatto con i responsabili dello spazio che ci ospita (“Academy Musicabaret” ndr), sono rapporti civili e costruttivi, perché nell'incasso loro tolgono soltanto le spese e tutto ciò che rimane va simbolicamente in un grande salvadanaio, che alla fine viene diviso equamente tra tutti quelli che partecipano. Insomma, noi l'iniziativa l'abbiamo fatta, però è dura, capisci? è dura. Appunto perché alla base c'è sempre il discorso che stiamo facendo: poco interesse, perché la gente poi va nei club, va in questi spazi a sentire la musica per tutt'altre cose, per tutt'altri motivi. La musica diventa un sottofondo... che tristezza, quando bevono, mangiano e parlano di altre cose, non vanno ad ascoltare. Io mi ricordo negli Stati Uniti, in tanti club fanno dei turni grandi musicisti; ho avuto occasione di sentire Modern Jazz Quartet, la gente entra, sì beve, sì fa qualche cosa, ma è in silenzio perché va lì solo per ascoltare la musica, così come si va al cinema per vedere un film, come si va a teatro per assistere a una rappresentazione teatrale. Da noi la musica è una colonna sonora a problemi personali, quindi urlano, gridano; camerieri che non hanno avuto un'educazione (alla scuola materna o alle elementari) che fanno rumore... in poche parole non hanno rispetto, questo è! F4A un'iniziativa come Quasi Capolinea, che nasce dall'esigenza di una scuola che deve far esprimere suoi talenti, potrebbe essere replicata in ogni città di Italia, creando poi una


sorta di network?

M.F.: può essere replicata dove c'è musica, cioè dove ci sono studenti, o giovani musicisti (anche non studenti) che fanno musica, se una città non ne ha potrebbe però aprirlo per chi viene da fuori, però poi ci sono problemi di costi. Un'esperienza col Quasi Capolinea è autogestita, le problematiche sono problematiche di costo, di costo generale. Certamente sarebbe bello se ci fossero questi spazi, ma il punto è che poi da noi nasce tutto per iniziativa di singoli individui, perché sono le persone che possono fare da motore con tutto quello che c'è, da decenni a questa parte è un peccato veramente che non si riesca a dare alla scena musicale qualcosa di più.

Ripeto, il problema sta alla radice, l'arte, la cultura, sono qualcosa di “faticoso”, e i cittadini non hanno purtroppo il tempo di occuparsene, non sono stati educati ad occuparsene e a capire il piacere e la ricchezza e il senso all'esistenza che dà l'occuparsi di quello che c'è dietro un brano musicale o un' opera d'arte di qualunque altro genere. C'è un mondo! C'è il mondo di chi l'ha realizzata, c'è una comunicazione in diretta, spirituale tra gli individui, tra l'individuo e il mondo; il fine ultimo insomma è qualcosa di molto profondo, di molto serio. Certo in una società consumista tutto questo distrae molto dall'obiettivo principale, il consumo. Ci si è accorti certamente che, pur nella crisi economica, la vendita di telefonini avanzati, cioè di tutto ciò che rende l'individuo sempre più separato dagli altri, la comunicazione, viene alimentata in maniera abnorme. È chiaro che se le poche risorse che hai le investi solo su quello, fai i debiti per avere quello, è chiaro che i temi della cultura, dell'approfondimento dell'individuo, dell'ascolto non verranno mai affrontati. Oggi c'è un paradosso musicale: siamo nell'era in cui i mezzi di riproduzione sonora sono i migliori e i più sofisticati che ci siano, eppure siamo in un periodo storico in cui si ascolta peggio di 30 anni fa! Si ascolta su mp3, da computer, dai telefonini, da iPad che danno un tipo di ascolto che non è nemmeno quello del walkman di una volta: è mediocre! Questo è molto significativo, perché nemmeno si sfrutta la tecnologia esistente per poter ascoltare bene. A cosa dovrebbe servire la tecnologia della riproduzione sonora? Se l'ascolto è buono tu riesci ad entrare, a penetrare dentro la musica in profondità. Ma se oggi la gran parte di chi ascolta musica l'ascolta con mezzi, ripeto, più involuti di quelli di 30 anni fa, significa che, anche lì, è solo un passatempo, un sottofondo, non è più la necessità di ascoltare. È diverso se tu la musica l'ascolti per ascoltarla, se invece ce l'hai solo come sottofondo, non hai bisogno di sentire benissimo tutti gli strumenti, il loro intreccio, la bellezza della sonorità. Senti la melodia che sta sopra, ti gira intorno e il problema è già risolto... Tutto questo ti dà l'idea di come ci sia ormai una distinzione enorme tra la qualità e la varietà delle musiche che sono in circolazione e invece la necessità di chi dovrebbe riceverle. Certo, c'è una parte colta di pubblico che ti segue sempre. Però noi che facciamo tante iniziative che vanno anche verso la formazione del pubblico, ci accorgiamo che le 4-500 persone che vengono ai nostri concerti e alle varie iniziative Jazz sono sempre le stesse: quelle che girano sono sempre quelle 4-500 persone. Se ci mettiamo anche la Classica, a Milano saranno 1000. E.I. si, che poi la musica, sembra un paradosso, non va ascoltata, va vista! Perché è tutta un'altra cosa... con tutti questi ap-

parecchietti invece... sul sociale sono davvero negativi, perché isolano le persone. Io prendo i mezzi pubblici, a me piace per esempio incontrare una persona, salutarla, rispondere se qualcuno mi chiede qualcosa, anche perché fortunatamente sono conosciuto: mi piace socializzare. Invece, quando prendi un autobus o un tram, tu vedi gente isolata con i suoi problemi, non si confrontano mai... Quindi anche sul sociale è negativa l'invenzione di queste cose... Da un punto di vista tecnologico sarebbe tutto straordinario, se solo noi avessimo risolto il nostro problema del vivere sociale, capisci? Invece no, questi isolano tutti, tutta gente con le cuffie, immagini i loro problemi, storditi da questa musica che è sottofondo... F4A. Uno spiraglio di positività: usciremo da questa situazione? M.F. No, no.

E.I. lui è pessimista.

M.F. non sono pessimista, allora mettiamola così: non a breve.

E.I. altre società sono uscite da questo sistema, alcune sì, quindi si spera che anche l'Italia possa uscire da questa situazione; perché veramente la nostra situazione è drammatica come si è detto, da un punto di vista proprio culturale. Proprio nell'insegnamento, nelle scuole, tante cose andrebbero aggiornate, partendo da un aggiornamento degli insegnanti, quindi una cosa un po' complicata... Io spero nelle nuove generazioni, che qualche cosa succeda, e succederà! Ormai la comunicazione globale ci fa vedere cosa succede nel mondo, nel bene e nel male, quindi confrontandoci con quelli che hanno risolto questi problemi (anche del vivere socialmente), noi probabilmente con le nuove generazioni risolveremo anche questo problema. Io non ci sarò, perché oggi è il mio compleanno, sono 78 anni, quindi tra vent'anni sarà molto difficile... M.F. beh poi un altro aspetto importante soprattutto legato all'Italia, che non si comprende e si continua a non comprendere, fior di economisti non capiscono (o fanno finta forse di non capire) è che il sostegno alla cultura non è a fondo perduto: non è fare un opera di assistenza, di elemosina! Ogni euro dato alla cultura ne rende due o tre, rende dal punto di vista di ciò che mette in campo ogni tipo di iniziativa culturale, dei soggetti che coinvolge e dell'indotto. È un volano incredibile per l'economia; certo non l'economia finanziaria, non l'economia degli speculatori che è quella che domina sul pensiero degli economisti. Ricordo che qualche anno fa un ministro italiano ha detto "con la cultura non si imbottiscono i panini"; questo è un grande errore, con la cultura infatti si imbandiscono tavole intere, i panini sono poca cosa! Se ci si rendesse conto di cosa significa dare un euro di denaro pubblico per esempio ad un'iniziativa concertistica, si capirebbe che dietro a un concerto si muovono: chi affitta i palchi, i tecnici del suono, i musicisti, gli organizzatori, chi stampa i manifesti del concerto, il pubblico (che poi va a consumare al bar o al ristorante o si ferma in albergo). Cioè si muove un numero impressionante di soggetti economici! Ecco perché lo Stato deve intervenire in maniera più seria di quanto non faccia oggi, per mettere in moto un'economia anche più sana dell'edilizia; perché l'edilizia sappiamo che è in mano alla mafia, con infiltrazioni di ogni genere, mentre la cultura è al di fuori di tutto questo ed è un vero volano di ripresa economica.


Se si pensa che tagliare la cultura sia una soluzione per evitare di tagliare i servizi sociali, non si capisce che la cultura vale come o più dei servizi e della Sanità, innanzi tutto perché fa socialità (e quindi migliora anche dei problemi di quel genere), e in secondo luogo perché mette in gioco un discorso economico importante; oltre poi alla formazione degli artisti che, trovando opportunità per esibirsi, quindi poi le scuole, gli insegnanti: un volano economico eccezionale!! La stessa cosa vale per l'arte in generale, la per le nostre zone museali, le città d'arte che sono in mano ai commercianti, ma dovrebbero essere in mano invece a una gestione più lungimirante da parte dello Stato. Tutto questo darebbe tantissimo lavoro, ma i politici per farlo dovrebbero avere: 1) altre linee economiche, 2) essere loro stessi persone che lo capiscono anche sul piano culturale. L'economia che annulla le persone annulla la cultura e ragiona di numeri e di finanza è il più grande cancro che l'umanità oggi ha e che va estirpato, non si sa come, ma è un cancro da estirpare.

volta a togliere questi balzelli feudali, sarebbe opportuna! Noi sappiamo benissimo che ci sono strutture che avrebbero voluto fare qualcosa con i giovani, che davanti ai costi SIAE si sono tirate indietro, perché quello che potevano fare era solo pagare la SIAE. È questo un modo intelligente per far vivere un Paese? a me non sembra. Se si va avanti io non sono assolutamente ottimista come il maestro Intra.

F4A. In fondo ma alcune iniziative di sostegno alla musica e all'arte non sarebbero poi così costose, basterebbero per esemE.I. noi facciamo i concerti gratuiti in piazza “Break in Jazz” (in pio sgravi fiscali per i locali che fanno musica dal vivo un certo senso il frutto, la presentazione del lavoro che la nostra scuola fa): vai lì alla SIAE e ti chiedono 380 euro circa a M.F. In Inghilterra a locali che arrivano fino a trecento persone concerto. Ma è possibile? Fai venti concerti, paghi la SIAE e che fanno suonare i giovani sono state tolte tutte le tasse e già sei finito, non hai incasso, non hai nulla... capisci? è diffitutte le pastoie burocratiche. Qual è il risultato? che questi locile, veramente difficile. La buona volontà c'è, noi l'abbiamo cali possono far suonare dei giovani che vengono pagati e che fatto, l'anno prossimo andremo avanti ma senza sapere cosa rimettono in giro quel denaro. Sarà poca cosa, ma intanto si dà succederà insomma. un segnale. Perché qui non è possibile? Perché qui noi sappiamo benisM.F. Se si va avanti così, soluzione a questo problema non ce simo che chi fa musica nei locali notturni o evade qualche “inne sarà, diventeremo un Paese di disoccupati, di cassintegrati, combenza” o non lo può fare, è inutile che ce lo nascondiamo, di lavoratori secondari al soldo dei Paesi stranieri. È questo è così. Invece le associazioni come la nostra (“Musica Oggi” che vogliamo? Tra un po' venderemo i nostri gioielli artistici; ndr) così come le società di concerti, teatri ecc, che sono sogmi aspetto che da un giorno all'altro qualcuno dica che comgetti (giustamente) a dichiarare tutto, alla fine hanno un costo pera la torre di Pisa, piuttosto Piazza del Campo e noi glielo artisti in una stagione anche importante, che però non va oltre venderemo se lo paga tanto, per il debito pubblico. Invece che il 40% del costo globale. sfruttarlo noi, lo vederemo agli altri, è possibile? non è possiIl che da un parte fa capire cosa vuol dire economia, come gibile.

rano i denari, ma dall'altra parte fa capire che il restante 60% che va ad “altri” in tasse, contributi, ecc. ecc. è una fetta enorme, quindi un altro prelievo! E la SIAE è un altro problema, perché la SIAE non favorisce la Musica ma gli interessi dei suoi grandi iscritti, di quelli che guadagnano molto, sia singoli, sia edizioni musicali. Non si può chiedere per un concerto gratuito, fatto alla cittadinanza, centinaia e centinaia di euro. È una... (omissis) non voglio usare parole che poi possono ritorcersi contro di me, ma diciamo che un'iniziativa di legge, seria,

E.I. io adoro l'Italia, ma un'altra cosa (sempre derivante dalla mancanza di cultura) è che per esempio, se tu senti una trasmissione radiofonica, l'80% dei brani musicali che trasmettono è straniero, a scapito della difesa della nostra produzione. Ci dovrebbe essere sempre un equilibrio tra importazione ed esportazione. Questo succede sia nel jazz che nella musica leggera, per esempio con canzoni che non hanno nulla a che vedere con l'argomento che viene trattato o dalla radio o dalla televisione... ma qui i responsabili sono i grandi editori che hanno tutto in mano e hanno potere nella SIAE, sono loro capisci che tracciano questa cosa qui, che determinano questa situazione, perché sono i responsabili editoriali di tutte queste composizioni che arrivano dall'estero: questa è una cosa assurda. F4A ritornando al nostro Paese, dalla classica alla lirica, tanta Storia della grande Musica è stata fatta in Italia. Ci sono nostri grandi musicisti, come Enrico Intra, riconosciuti all'Estero, che hanno suonato tra i più grandi. Ma oggi, tra le nuove leve, ci sono ancora grandi musicisti italiani? Come vengono recepiti all'Estero? Quali sono le possibilità che hanno i nostri giovani quando vanno all'estero?


M.F. mah.. direi molto buone! Per esempio a Parigi la colonia italiana ha avuto un grandissimo successo sempre, alcuni dei nostri musicisti sono star internazionali, veramente molto, molto apprezzati. Anche qualcuno negli Stati Uniti, perché quando si è abituati ad ascoltare musica, si ascolta musica e si ascolta la qualità, e siccome ne abbiamo di bravi, la qualità esce..

E.I. C'è un momento italiano soprattutto in Europa. La cosa curiosa però è che questi musicisti sono apprezzati poi dopo anche in Italia se passano prima dall'estero. Apprezzati all'estero, poi tornano e allora sono apprezzati e considerati anche da noi. Noi purtroppo con i mezzi di comunicazione, o con chi opera nel nostro campo, tendiamo sempre a mitizzare alcuni, pochi, per esempio voglio fare un nome: il nostro Bollani è un pianista straordinario, ma perché è diventato un mito, un divo? perché esegue Gershwin, con la grande orchestra... non per altro, non si va oltre... va beh, lui è bravo... Lui da solo va anche “oltre”, ma la gente lo conosce per questo, anzi, non è apprezzato quando in televisione tenta di andare oltre al fatto di essere musicista, ma è anche un uomo di humor, spiritoso, intelligente ecc... Noi purtroppo mitizziamo alcune cose, viviamo soltanto di quelle e basta. Mi hai chiesto dei giovani. in Italia, per esempio esistono solo Bollani e altri 3 o 4 nomi... tutti gli altri musicisti sono costretti ad andare a farsi conoscere all'estero per poi tornare in Italia per avere il riconoscimento, tipo Bolto e tutti quelli che hanno vissuto in Francia e dopo vengono apprezzati. M.F. Stefano Di Battista è diventato famoso in Italia dopo che è tornato dalla Francia, cioè cose veramente assurde... Per esempio anche il fatto che molti musicisti sono costretti ad andare al carro dei cantanti, alcuni anche bravi per carità, anche bei progettini. Però voglio dire, un musicista che lavora per fare la sua musica in un certo modo, in fondo, perché va, con il cantante famoso?

E.I. e qui, ecco, a proposito di involuzione, sono i cantanti che hanno capito l'importanza del Jazz, che cavalcano il Jazz. I Jazzisti che, per guadagnare e sopravvivere, anche loro cavalcano i cantanti, quindi l'involuzione...

M.F. ci sono anche cantanti famosi che col Jazz non hanno niente a che vedere, che prendono il musicista di Jazz come, non lo so, come il cadeau da dare al pubblico col suo assolo. Ma c'è gente anche molto famosa che gira da anni e non ha nulla di legame col il Jazz, ma neanche lontano anni luce, anche nomi famosissimi. E.I. si, si...capisci, il problema è questo: che poi uno cavalca l'alto, con una società che non ti dà la possibilità di vivere e di provare esperienze nuove, ecc.

F4A: Enrico, puoi dirci 2 parole sul tuo nuovo metodo di improvvisazione Jazz, “Improvvisazione altra?”

E.I. Il mio nuovo metodo “Improvvisazione altra?” non è una nuova proposta di un metodo per improvvisare, è invece una provocazione per cercare di uscire da questa gabbia, da “questo” modo di improvvisare, da questo modo di intendere il Jazz, che tutto sommato è fermo a settanta anni fa. Il punto di domanda serve ad aprire una finestra per capire se

c'è un “altro” modo di improvvisare, così come hanno esplorato all'inizio del secolo scorso i compositori come Schöenberg. Molti musicisti sentono la necessità di uscire da un linguaggio che ti ingabbia un po'. Per esempio, tra i musicisti che io conosco, lo stesso Bill Evans tanti anni fa aveva tentato una composizione molto più vicina alla musica contemporanea. Ecco perché, come dicevo, noi dobbiamo pagare il nostro debito verso questi musicisti che all'inizio del secolo scorso hanno sentito l'esigenza di uscire dalla tonalità, per cercare un nuovo modo di comporre. Per il problema di cui si diceva prima (il cantante cavalca il Jazz, il Jazzista cavalca il cantante per sopravvivenza) è chiaro che dobbiamo rischiare, cercare di andare oltre, cercare delle strade nuove, come le hanno cercate all'inizio del secolo Schoenberg e altri musicisti. Serve un nuovo modo di improvvisare, altrimenti siamo costretti a esprimere sempre la stessa poesia. Che poi oggi l'improvvisazione non è mai la “tua” poesia, ma sono poesie che altri hanno scritto, che

hanno raccontato e che tu hai memorizzato e utilizzi facendole passare per tua improvvisazione. Ma è una strada che si deve fare, altrimenti la musica Jazz, il linguaggio Jazzistico, rimane fermo, rimane una cosa altra. Invece secondo me, non è una cosa altra, perché ha vissuto sempre cavalcando la musica del passato, cavalcando da un punto di vista armonico Debussy, cavalcando altre cose, cavalcando la musica cubana: ha sempre vissuto di altro il Jazz, quindi è pronto a provare, a cercare una strada nuova; che sia una strada che parta da un'esigenza non solo tecnica, ma anche di pensiero, anche poetica, ecco. F4A è un metodo per jazzisti o è un metodo per musicisti in generale?

E.I. è rivolto a chi è “attrezzato”, a chi ha memorizzato, diciamo per comodità, tutte le musiche e le può applicare a questo modo di fare musica. Soprattutto è rivolto ai musicisti classici, perché i Jazzisti purtroppo sono fermi al vecchio modo di improvvisare. Tra l'altro le responsabili sono le scuole perché si fermano a settanta anni fa, quindi fanno passare tutti attraverso un solo linguaggio, perché tendono a isolare questa musica, questo linguaggio: per loro, guai, il Jazz non ha nulla a che vedere con l'altra musica! Invece no! Il Jazz ha a che vedere eccome con la musica in generale, chiaramente.

Il metodo è rivolto soprattutto ai ragazzi che si occupano di musica classica, tanto è vero che per il lancio di questo metodo cercherò di fare concerti nei Conservatori e nelle Università, presentandolo anche con Maurizio Franco e facendo un mini concerto, per dare degli esempi di cosa intendo.


Pianista, compositore, arrangiatore e direttore d’orchestra tra i più importanti nella storia del jazz europeo, organizzatore e ideatore di eventi e situazioni che hanno inciso nel tessuto socioculturale italiano (come il lancio del cabaret con la fondazione dell’Intra’s Derby Club), Enrico Intra ha attraversato da protagonista oltre mezzo secolo di vita musicale. Affermatosi giovanissimo negli anni ’50, ottenendo in pochi anni una serie di significativi riconoscimenti internazionali, ha sviluppato una poetica tesa all’incontro tra il linguaggio più squisitamente jazzistico e la musica europea contemporanea di matrice colta, e per questo è stato tra i primi musicisti italiani ad elaborare un concetto “europeo” di jazz. Nella sua musica unisce un profondo legame con la tradizione, pervaso da un autentico legame con il blues, all’adesione alle tendenze più radicali della scena musicale. Le sue composizioni si configurano come vere e proprie sfide a schemi formali ed espressivi consolidati e spaziano dal blues alla musica sacra (la Messa d’Oggi e la rilettura elettronica e strumentale dei cicli del gregoriano ne sono un notevole esempio). Tra i suoi capolavori realizzati a cavallo tra gli anni ’60 e ’70 si segnalano Archetipo, To The Victims Of The Vietnam, Nuova Civiltà: di quest’ultima esiste una memorabile versione discografica a cui ha partecipato Gerry Mulligan ed è considerata dalla critica internazionale una delle più importanti opere non da leader del celebre sassofonista e compositore americano). Dalla seconda meta degli anni ’80 sviluppa in forme sempre nuove il progetto Sound Movie, basato sull’improvvisazione totale realizzata in contrappunto alla proiezione di famosi film del cinema muto di matrice espressionista (con compagni di avventura del calibro di Markus Stockhausen, Roberto Fabbriciani, Mauro Negri, Franco D’Andrea, Marco Vaggi, tra gli altri), e contemporaneamente elabora una personale e originalissima ricerca sui suoni elettronici che fa di lui uno dei tastieristi di punta a livello internazionale. La sua attività musicale lo ha visto anche arrangiatore di successo e direttore d’orchestra in famosi programmi televisivi, ed è celebre il sodalizio musicale che lo lega a Franco Cerri, con cui condivide da un quarto di secolo la leadership di un quartetto trasformatosi nel tempo in un vero e proprio “doppio trio”. Con Cerri è uno dei fondatori dell’Associazione Culturale Musica Oggi (Ambrogino d’Oro del Comune di Milano nel 2003), di cui il terzo esponente è il musicologo Maurizio Franco, con cui Intra ha stabilito (fatto rarissimo in campo musicale) un forte connubio culturale. Dal 1987, Musica Oggi è responsabile dei Civici Corsi di Jazz di Milano, una delle principali realtà didattiche europee, di cui Intra è direttore e in seno ai quali ha formato La Civica Jazz Band, che dirige con entusiasmo e ha fatto diventare una delle orchestre di rilievo (vedi scheda allegata) della scena italiana, protagonista di un’importante stagione al Piccolo Teatro di Milano. Da decenni, la sua attività si estende anche nell’ambito dell’organizzazione di festival e rassegne concertistiche di forte valenza culturale. Nel 2008 ha vinto il referendum della critica della rivista Musica&Dischi con l’album Liebman Meets Intra a cui sono seguiti Canzoni, Preludi, Notturni con Giovanni Tommaso e Roberto Gatto, Piani diversi, prima opera in piano solo della sua carriera, ispirata dalle composizioni di Bartok, ed è in uscita il duo con Enrico Pieranuzi Inaudito, Irripetibile. Ha in preparazione il libro-metodo: Improvvisazione altra? (Rugginenti editore). Nel 2008 è uscito il libro a lui dedicato: Enrico Intra – Intramood curato da Maurizio Franco.

Enrico INTRA Discografia selezionata

( dischi reperibili con etichetta indicata) Jazz in Studio Enrico Intra Trio (Reaward) Milt Jackson Sings With The Enrico Intra Group Archetipo Enrico Intra Sestetto Messa d’Oggi Enrico Intra Ensemble To The Victims Of The Vietnam Gerry Mulligan Meets Enrico Intra Gerry Mulligan con Enrico Intra Group Jazz in Fabbrica –Nuova Civiltà Gruppo Enrico Intra From Milan To Frankfurt Cerri-Intra (Dire) Omaggio a Bill Evans Il trio Cerri-Intra-Terzano The Blues Enrico Intra Quintetto (Dire/Sony) Metropolis Intra-Vaggi duo (Columbia) Nosferatu Live Intra/Pellegatti duo (Dire) Bach Largo Adagio Andante – Cage 100 battute da Cheap Imitation (Dire) Live! Enrico Intra duo, trio e quartetto (MAP) Le case di Berio Enrico Intra & Guests (Alfamusic) Liebman Meets Intra David Liebman con Enrico Intra Trio (Alfamusic) Like Monk Enrico Intra Trio e Intra/Trovesi group (Alfamusic) 1.2.3.4. Intra/Ambrosetti Quartetto (Albore) Il trio Intra/Tommaso/Gatto (Alfamusic) Piani Diversi (Alfamusic) The Symphonic Ellington Civica Jazz Band – orchestra Sinfonica G.verdi direttore Enrico Intra (Soul Note) Italian Jazz Graffiti Civica Jazz Band con venti solisti italiani (da Rava a Fresu etc.) direttori Enrico Intra/Bruno Tommaso (Soul Note) New Perspectives – Gershwin-Rodgers-Bernstein Civica Jazz band con Kenny Barron, Franco Cerri e Marco Fumo; direttore Enrico Intra (Soul Note)


Maurizio FRANCO

Maurizio Franco, laureato con il massimo dei voti in discipline della musica all’Università di Bologna (DAMS), si occupa di Jazz e musica Afroamericana sin dagli anni ’70 ed è musicologo, didatta, saggista, oltre a dirigere insieme a Enrico Intra l’Associazione Culturale Musica Oggi. Insegna Storia ed Estetica del Jazz e Analisi delle Forme Compositive e Performative Jazz ai Civici Corsi di Jazz di Milano (di cui è responsabile didattico) e ai Conservatori di Parma e Como ed è stato docente al master di alta specializzazione di Siena Jazz. Scrive sulle riviste Musica Jazz (dal 1980), Musica e Dischi (dal 1981) e cura la parte Jazz del quadrimestrale Musica/Realtà, diretto da Luigi Pestalozza. Collabora inoltre con la Rete Culturale della Radio della Svizzera Italiana ed è attivo anche in veste di direttore artistico di rassegne concertistiche, tra cui Iseo Jazz e Atelier Musicale. Svolge un’intensa attività di divulgatore del jazz attraverso introduzioni ai concerti e incontri con i musicisti. Ha partecipato a diversi libri, tra cui Bravo, Bravissimo! (Bruno Mondadori), Gente del Jazz (BMW), Mina, una forza incantatrice (Euresis). Ha pubblicato i volumi: Il jazz tra passato e futuro (Lim, quaderni di Musica/Realtà 48, 2001- a cura di Maurizio Franco), Django Reinhardt: dalla chitarra Gitana al Jazz (Edizioni Sinfonica, 2002), Il jazz e il suo linguaggio (Unicopli, 2005), Enrico Intra – Intramood (Sinfonica Jazz 2008), Oltre Il Mito – scritti sul linguaggio del Jazz (Lim 2012) e ha scritto una storia del Jazz compresa all’interno della storia generale della musica curata da Alberto Basso a complemento del DEUMM (UTET 2004). Fa parte dell’Editorial Board della serie jazz della Michigan University Press e per vent’anni è stato tra i pochi critici europei chiamato a votare nel prestigioso referendum della rivista americana Down Beat.


m u s i c a, a r t e e “blue note”

Fabio Mittino : Artista e non solo

In questo numero speciale di F4A Magazine, principalmente dedicato alla musica, Friends4Arts intervista Fabio Mittino, chitarrista talentuoso e “controcorrente” nelle sue scelte artistiche, scelta coraggiosa in questi tempi in cui massificazione sembra la parola d'ordine. Fabio, formatosi alla scuola di Robert Fripp (cardine dei mitici King Crimson e fondatore del metodo “Guitar Craft”) è attualmente impegnato in vari principali progetti musicali molto diversi tra loro, in cui il denominatore comune è proprio l'originalità: con Andy (ex Bluevertigo) nei “Fluon” e con Bert Lams del California Guitar Trio. Ma Fabio Mittino è anche docente di chitarra, oltre ad avere un importante ruolo al Blue Note di Milano, dove si occupa della selezione musicale della proposta artistica. F4A: Fabio, partiamo con una domanda banale ma... inevitabile: come nasce la tua passione per la musica e in particolare per la chitarra? Da bambino mi ha sempre affascinato la chitarra. Era appesa in taverna ed era di mio nonno, l’unico musicista della famiglia (suonava la fisarmonica): talvolta la suonavo, pizzicando le corde a vuoto, cercando di creare qualche melodia. E poi la suonava anche Actarus di Goldrake, per cui non poteva che piacermi. Intorno ai 13 anni rimasi ammaliato da un concerto al Bobinò di George Brassens trasmesso su Antenne 2, che fortunatamente fu registrato dai miei genitori. Chiesi a mio papà di comprarmi gli spartiti con gli accordi e spinto dal desiderio di suonare quelle canzoni riuscii nel giro di una notte ad imparare le parti di chitarra. Da lì cominciò tutto. F4A: Sappiamo che sei laureato in “Scienze della comunicazione”; non ci sono molti musicisti che abbiano fatto sia studi musicali che “tradizionali” fino a laurearsi. Avere anche il fatidico “pezzo di carta” nel cassetto è una scelta ben precisa? E' un “paracadute” per poter fare scelte artistiche coraggiose e controcorrente, senza dover necessariamente puntare sui ricavi di progetti musicali commerciali? Dopo il Liceo Classico non sapevo cosa fare, se continuare gli studi o dedicarmi esclusivamente alla chitarra. Mi diedero al Guitar Craft un prezioso consiglio: percorrere entrambe le strade, fino a quando sarebbe stato chiaro quale delle due continuare a seguire. Scienze della Comunicazione mi sembrava l’indirizzo più indicato, se non altro perché potevo fare un anno all’NYU in America e non mi sembrava fosse molto difficile! Non so come ma alla fine mi laureai a 23 anni con ottimi voti. L’intenzione inizialmente era proprio quella, come dici tu, di crearmi un “paracadute”, ma paradossalmente i primi soldi riuscii a guadagnarli proprio con l’attività di musicista. Sono comunque molto contento di aver fatto l’Università e mai tornerei sui miei passi.


F4A: Sappiamo che hai fatto anche altri lavori (oltre a quello di musicista o del Blue Note). Queste esperienze hanno in qualche modo influenzato il tuo stile musicale, la tua creatività? Credo che ogni esperienza possa influenzare in vari modi la creatività o lo stile di un musicista. F4A: Hai studiato con un mito, Robert Fripp, puoi parlarci della scuola Guitar Craft? Sappiamo che considerare il Guitar Craft “solo” un metodo per chitarra sarebbe molto riduttivo... sei tu stesso docente di Guitar Craft, ci puoi parlare del metodo? Il Guitar Craft è la formazione tra le più importanti che abbia mai avuto. Non si tratta solo di una tecnica chitarristica, seppur molto sofisticata e precisa. E’ un modo per sviluppare una relazione con la chitarra, con la musica e con sé stessi. Non sono un istruttore di Guitar Craft: vengono organizzati dei corsi, spesso in monasteri, dalla durata variabile, da 3 giorni fino a diversi mesi, e la frequentazione di questi corsi è il modo migliore per chi vuole imparare questo sistema di lavoro. F4A: Puoi parlarci dei tuoi progetti musicali? Come dicevamo in apertura di questa intervista, sono molto diversi tra loro e tutti tutt'altro che banali... Non è un grosso rischio per un musicista intraprendere esclusivamente strade non commerciali? Suono con il gruppo pop-electro Fluon, un quartetto formato da Andy, Luca Urbani e Fabrizio Grigolo. Dopo circa una trentina di date fatte in tutta Italia, stiamo ora terminando la produzione del nostro album ufficiale. Ho poi un duo acustico con il chitarrista dei California Guitar Trio Bert Lams, con il quale suono il repertorio musicale, da noi arrangiato per due chitarre, del pianista Thomas De Hartmann. Probabilmente registreremo il disco in Florida, verso fine Agosto. Non credo sia un grosso rischio intraprendere strade non commerciali: è un grosso rischio intraprendere la professione del musicista! Forse, per chi ama la Musica, è meglio rimanere dilettanti o semi-pro. Anni fa, chiuso in una stanza ad esercitarmi 8 ore al giorno, non avrei mai accettato questa teoria, considerandola quasi un insulto... ma cosa succede quando una volta professionisti si è costretti a vendersi, suonando una musica che non fa parte di noi, accettando di suonare con chiunque ed in qualunque contesto, per sfamare la propria famiglia? Chi terrà la Musica come hobby, avrà la fortuna di avere solo la Musica come ricompensa. Considerando la crisi del settore musicale, mi considero fortunato nell’avere libertà riguardo la musica che suono... F4A: ci parli delle tue chitarre preferite? Come varia il tuo suono e il tuo setup nei vari progetti? Non amo avere molte chitarre, cerco di tenere solo lo stretto necessario.Ho una vecchia archtop degli anni

’30, che userò per registrare il disco con Bert Lams (poi magari la venderò!), ed una chitarra acustica del liutaio Jayson Bowerman. Possiedo poi una elettrica molto moderna ed una vecchia Fender Jazzmaster. Da anni non uso più amplificatori, entro direttamente nell’impianto attraverso un processore d’effetti.

F4A: Ora una domanda “politicamente scorretta” al production manager del Blue Note Milano: se dovessi scegliere di mettere in programmazione del Blue Note Milano un musicista fantastico ma non molto noto, lo faresti senza indugio? Nella logica della programmazione artistica di un locale così importante quale è la scala delle priorità: il tutto esaurito, l'originalità, la qualità? Il BN è un club che non riceve sovvenzioni pubbliche, frutto della passione di alcuni soci che hanno deciso di investire tempo e denaro nella realizzazione di questo locale, per cui il booking, fatto da più persone e in collaborazione con BN New York, deve rispettare precisi parametri, quali l’eccellenza della proposta artistica, compatibilità delle esigenze del musicista con le nostre e una componente di rischio economico più bassa possibile. Alcune volte ci sono artisti che esulano un po’ da questo standard, ma di solito sono quelli che garantiscono maggiore introito e permettono così al BN di proporre concerti artisticamente molto validi ma poco seguiti dal grande pubblico. Quindi, per tornare alla tua domanda, sì, a questo musicista fantastico cercherei di dargli lo spazio che merita. F4A: Cosa pensi dei Talent Show? Sono davvero oggi l'unica strada che ha un giovane musicista per farsi conoscere? Sono un meccanismo commerciale che premia o non premia la qualità? Non seguo i reality, questa forzata esaltazione dell’emozione mi infastidisce, né sono d’accordo sul metodo di giudizio, basato principalmente sul “mi piace, non mi piace”. A mio avviso bisognerebbe giudicare

con parametri un po’ più elevati. Saper riconoscere prima di tutto l’onestà e veridicità di una performance, per esempio. I reality non sono l’unica strada che un musicista dispone per farsi conoscere, anche se molte di quelle


persone in coda ai provini sembrano essere convinte del contrario, per ignoranza o perchè ipnotizzate dal messaggio televisivo. Qualche anno fa ho fatto anch’io il giudice alle preselezioni di X-Factor. Fra centinaia di candidati, non mi è purtroppo capitato nessun talento, solo molte persone stonate, che parlavano con frasi sentite dai reality. La più gettonata era “perchè la musica è la mia vita!” … però pochissimi si erano mai esibiti con una band, scritto dei brani o fatto qualcosina che richiedesse un po’ di sforzo ed un originale, sano spirito d’iniziativa. Ovviamente parlo per quelli visti da me, ad altri colle-

ghi erano capitati invece alcuni personaggi interessanti. Ad esempio l’amica Giusy Ferreri, che era nel mio stesso liceo, era brava e particolare in quel suo modo di cantare allora come oggi, e X Factor le ha dato meritatamente voce. Condannare i reality non ha molto senso. Da quando la televisione ha smesso di fare istruzione e ha cominciato con la privatizzazione ad aderire a logiche di mercato, tutto dipende dallo share, non interessa più la qualità, né il contenuto.

F4A: Conosci bene lo scenario musicale in Italia e all'Estero, ritieni che per un musicista italiano possa essere importante/fondamentale/indispensabile fare esperienze fuori dall'Italia? Decisamente sì. Consiglierei specialmente l’America o Londra.

F4A: chiudiamo questa intervista con una domanda “buona” e una “cattiva”; iniziamo da quella cattiva, così poi terminiamo con il “lieto fine”... Vedendo il mondo della musica da varie angolazioni (manager

addetto ai lavori, docente, musicista), quali sono i “mali” che affliggono la situazione musicale in Italia? Il peso di alcune sovrastrutture (ci viene in mente una sigla di 4 lettere che inizia per S e finisce per E, un'altra di 6 lettere che viceversa inizia per E finisce per S)? le lobbies? la logica commerciale di programmazione delle radio? Il sovraffollamento dovuto a una proposta musicale massificata? Altro? F4A: e la domanda buona? Certo: come ne usciamo?

E’ molto difficile essere sintetico. Diciamo che noto un disinteresse generale delle nuove generazioni verso la Musica e i concerti dal vivo. Alcune volte viene da pensare sia una forma di “intrattenimento” ormai destinata a morire. Il discorso Siae è molto complesso da commentare. Mi sembra lo specchio della decadenza del nostro stato, della moralità e della coscienza delle persone. La recente ascesa ai vertici più alti della Siae di Paoli e co. è un insulto all’intelligenza ed uno schiaffo morale verso tutti i musicisti. Basti pensare com’è stato gestito il referendum per il rinnovo dello statuto: solo una giornata a disposizione per votare, solo a Roma, ed il voto era pesato in base al percepito Siae. Quindi un voto di Paoli valeva milioni di volte quello di un povero autore. Inutile stupirsi di chi abbia vinto. Se vogliamo uscire da questa situazione e andare da qualche parte, dobbiamo innanzitutto capire dove siamo. Quali nuove opportunità ci offrono i tempi in cui viviamo? C’è una descrizione che amo molto, riguardo a ciò che dovrebbe aspirare un Musicista: avere la capacità di assumere uno stato d’innocenza operando in un campo di esperienza. Penso si possa adattare non solo all’Atto Musicale. Chi pensa ancora con le vecchie logiche di mercato è spacciato, solo dieci anni fa tutto era diverso, fra tre anni tutto muterà ancora. I tempi sono difficili, ma offrono anche mille opportunità di creare qualcosa di nuovo. Non bisogna avere paura di intraprendere strade non ancora battute. E non è forse quello che noi musicisti abbiamo sempre fatto nel corso dei secoli?



ROSSELLA DEL GRANDE

IL 2013 DELLA PROMOZIONE

SKYLINE MANAGEMENT

E’ una nuova realtà nel panorama della promozione della musica jazz in Italia e all’estero. Un’agenzia diversa, nata dalla profonda passione di una musicista e giornalista che per anni, parallelamente ad un’altra impegnativa attività lavorativa quasi quarantennale, ha vissuto in prima persona la difficile realtà del musicista jazz in Italia. Dal 2012 ha coraggiosamente voluto farne la propria attività professionale, mettendo tutta la propria esperienza al servizio degli Artisti e della Cultura. La sua fondatrice è Rossella Del Grande, 57enne milanese, che partendo dalla formazione di interprete e traduttrice in 4 lingue (oltre all’italiano), ha trascorso la propria vita lavorativa sempre a contatto con l’estero in seno ad aziende internazionali dove ha ricoperto posizioni di responsabilità in settori diversi (dall’ImportExport al Management Consulting, dal Marketing al Credit Control, dalle Risorse Umane al Controllo di Gestione). Nata e cresciuta in un ambiente appassionatissimo di Musica (figlia del Capotecnico Luci del Teatro alla Scala di Milano, e con un nonno pianista di professione, interessato al jazz fin dagli anni ‘30) ha da sempre coltivato la propria passione per tutta la buona musica e per l’arte in tutte le sue forme. Inizia per propria scelta lo studio del pianoforte classico da adolescente con i Maestri Santinelli, Sgrignoli e Luisetti, conseguendo a pieni voti il diploma di Teoria e Solfeggio da privatista presso il Conservatorio Paganini di Genova nel 1975.

La prematura scomparsa del padre e una serie di problematiche familiari condizionano le sue scelte sia di studio che professionali, costringendola ad interrompere gli studi pianistici a livello intermedio ed indirizzandola verso realtà lavorative che nulla hanno a che fare con l’ambiente artistico. Ma tali successive esperienze professionali le forniranno quel vasto e solido bagaglio che, sommato alla sua preparazione linguistica e soprattutto alle sue grandi passioni comunque coltivate per tutta la vita, le permetteranno negli ultimi dieci anni di addentrarsi in ambiti professionali totalmente diversi da quelli frequentati a livello aziendale.

Dopo un’attesa durata un quarto di secolo e sempre lavorando full time con crescenti responsabilità, riesce a riprendere finalmente lo studio del pianoforte passando al jazz. Studia piano jazz con Antonio Zambrini e armonia con Emiliano Turazzi. Contemporaneamente, dal 2005 inizia a svolgere attività giornalistica, da indipendente e senza fini di lucro, con l’importante sito di JAZZITALIA (www.jazzitalia.net) con il quale instaura un rapporto di massima collaborazione e amicizia che dura ormai da quasi 9 anni: pubblica innumerevoli articoli, interviste eseguite anche in lingua straniera ai massimi esponenti del jazz mondiale, recensioni di albums, concerti e festivals, oltre a recensioni di libri di jazz (biografie, testi didattici, ecc). Dedica da sempre grande attenzione anche alle produzioni discografiche di jazzisti emergenti. A seguito di questo, anche altri siti e webzines si rivolgono a lei, dando vita ad ulteriori forme collaborative. Rossella Del Grande: A quasi cinquant’anni, da pianista jazz, fa “la gavetta” che normalmente i musicisti fanno trent’anni prima: attraverso tutte queste esperienze di studi, attività giornalistica e concerti (dapprima come pianista in due big bands dirette dal Maestro Marco Fior, quindi come partecipante ad innumerevoli jam sessions in area milanese, ed infine come titolare dei propri gruppi jazz (con tante formazioni , dal duo al sestetto), entra in contatto con la realtà del mondo professionale del jazz e con la situazione del mercato, rendendosi conto di quali siano gli aspetti maggiormente critici per un musicista


nei rapporti con clubs, festivals, organizzatori, direttori artistici, stampa. Comprende le difficoltà che i musicisti vivono quotidianamente nello svolgimento della loro attività professionale sia con l’Italia che con l’estero. Si rende conto delle carenze endemiche del nostro Paese e di tutto quello che ogni jazzista italiano deve affrontare da solo, ogni giorno, per promuoversi e lavorare. Matura in lei la determinazione di mettere i propri skills al servizio dei musicisti jazz, creando una propria piccola agenzia di jazz management, ufficio stampa e booking a Milano, basata sulla conoscenza approfondita della materia, su una grande e profonda esperienza umana vissuta “da adulta” ed in prima persona, e su un vasto bagaglio professionale acquisito nel corso di una vita di lavoro a contatto con oltre cento Stati nel mondo. I punti cardine di questa sua attività sono la convinzione che occorra garantire agli artisti correttezza, professionalità e soprattutto trasparenza. In Italia purtroppo la categoria dei musicisti jazz è tra le più bistrattate. Skyline Management si è posta come regola prima di tutelare il musicista, di concordare insieme a lui le azioni da svolgere in funzione dei suoi obiettivi e di tenere sempre informato l’artista in tempo reale di qualunque azione svolta, seguendolo e documentandolo in ogni fase del lavoro. L’artista viene sempre messo in copia su qualunque comunicazione. Skyline Management non “promette”, ma “documenta” tutto quello che fa. Gli ambiti d’azione sono svariati: dalla promozione di concerti e tours dal vivo, rivolta a festivals italiani e stranieri ed associazioni culturali, alla presentazione di nuovi progetti discografici attraverso radio e web radios, riviste cartacee e webzines, organizzando showcases, interviste/recensioni e dirette radiofoniche.

La consulenza offerta è globale: dalla creazione di tutto il materiale di presentazione e promozione dell’artista (bio e relative traduzioni, descrizione progetti , impaginazione, foto, ecc., qualora il musicista non disponga di alcun materiale), fino alla supervisione/revisione di siti web multilingue già in essere, per poi procedere alle vere e proprie attività di promozione. A questo si aggiungono le attività di Ufficio stampa e di Booking Agent. Tutti i contatti di festivals e clubs sono organizzati in uno strumento informatico creato ad hoc, che permette qualunque tipo di selezione secondo qualunque criterio sia geografico che temporale, al fine di poter svolgere azioni mirate e non dispersive sia in Italia che all’estero, oltre all’opzione di poter gestire i contatti e

pianificare per tempo le azioni anche in funzione della “data di chiusura delle programmazioni” dei festivals, elemento molto più rilevante ai fini della promozione, che non l’effettiva data di realizzazione dell’evento stesso. Skyline Management si mette al servizio del musicista con totale flessibilità in funzione delle sue esigenze ed obiettivi. Segue l’artista in ogni fase: dalla presentazione del progetto fino alla realizzazione dell’evento, curando anche la stesura del Contratto e tutti gli aspetti organizzativi e fiscali. In caso di necessità è anche disponibile a seguire l’artista in qualità di Tour Manager. Skyline Management è una piccola nuova agenzia, creata “da una musicista” per i musicisti. informazioni e contatti: Skyline management Rossella Del Grande ++39 345 8861387 ++39 02 58110517 milani.gres@tiscali.it

Skyline Management nel sociale:

Nel giugno 2012 Rossella Del Grande, tramite la propria struttura organizzativa e contatti diretti, ha ideato e realizzato a Milano, in totale autonomia e a titolo assolutamente gratuito, il grande evento “JAZZ FOR CONCORDIA”, concerto di solidarietà pro terremotati Emiliani (7 ore di live e con la partecipazione di oltre 50 artisti jazz): le donazioni raccolte sono state totalmente devolute direttamente al Comune di Concordia Sulla Secchia (MO) per la realizzazione immediata del Centro Estivo per i bambini, entrato in funzione già dal mese di luglio 2012, nonché a sostegno del progetto di ricostruzione ed ampliamento della Scuola per l’Infanzia di Concordia, danneggiata dal sisma.


joyce yuille Jazz fm NY to Milan Friends4Arts ha recentemente incontrato Joyce Elaine Yuille in Schema Records, per una sessione di registrazione del suo nuovo CD. Joyce è una grandissima cantante, una voce calda, intensa, "black", se ci chiedessero di fare un esempio di voce “nera”, in una ideale “top ten” di tutti i tempi, penseremmo sicuramente a lei. Abbiamo colto l'occasione per realizzare un piccolo video dietro le quinte del nuovo CD e una video-intervista a Joyce, che saranno disponibili online all'uscita del CD. Ecco un estratto dell'intervista.

F4A: Ciao Joyce, abbiamo ascoltato una registrazione ancora “provvisoria” di un paio di brani del nuovo CD, complimenti sono bellissimi! Di chi sono i nuovi pezzi? Sei tu compositrice e autrice dei pezzi? Joyce: Grazie!!! i pezzi che avete ascoltato (e che ho recentemente eseguito anche in live al Blue Note e in altri concerti) non sono di mia composizione: “Trying Times” è stato scritto dal grande Donny Hathaway e “Too Soon You’re Old” da Penny Goodwin. Comunque nel nuovo CD ci sono anche alcuni pezzi originali composti da me.

F4A: Abbiamo assistito ai concerti di Milano al Blue Note e al Memo, ascoltando influssi di vari generi musicali. Questa molteplicità di generi è una caratteristica che si ritrova anche nel nuovo CD oppure è più legata allo spettacolo live? Joyce: nel nuovo CD c'è sicuramente un'influenza di diversi tipi di musica, ma quella principale è sicuramente il Jazz, poi naturalmente il Blues e il Soul. Devo dire onestamente che io sono profondamente innamorata del Jazz, la mia voce è “feels good”cantando il Jazz. Seguo la musica Jazz sin da ragazza; poi


crescendo ho ascoltato anche R&B e Soul, ma sono rimasta sempre affascinata dalle cantanti Jazz, dalla musica in sé e dai musicisti di questo genere musicale abbastanza complesso. F4A: hai scelto di venire in Italia e poi di abitarci, come mai?

Joyce: sono arrivata in Europa come modella. Dopo aver vissuto un anno a Parigi, ho deciso di cercare la mia fortuna altrove. Mi sono ritrovata in Italia e ho fatto la scelta di rimanere.

F4A: collabori meglio con musicisti Italiani o Americani? Quali sono le differenze che riscontri tra musicisti Italiani e Americani, sia nel Jazz che in altri generi musicali.

Joyce: bella domanda ma un po'... “a trabocchetto”, nel senso che io collaboro bene con tutti i musicisti. Ognuno ha una sua cultura e un suo modo di comunicare. Potrei dire che mi è leggermente più familiare lavorare con musicisti Americani perché abbiamo lo stesso feeling, lo stesso ritmo, la stessa cultura, le stesse vibrazioni. Con i musicisti Italiani questo feeling è leggermente inferiore, perché hanno metodi e approcci differenti. Mi sembra che noi Americani siamo un po' più “istintivi” e ci prendiamo “qualche rischio in più”, però anche in Italia ho collaborato con tantissimi musicisti di altissimo livello, primo tra tutti Enrico Intra: abbiamo la stessa sensibilità artistica, lavorare con lui è un vero piacere (e poi so che nella sua carriera lui ha accompagnato solo un'altra cantante, Ornella Vanoni, per cui sono davvero onorata di aver diviso il palco con lui). Recentemente sono stata recentemente in Puglia e mi sono trovata benissimo a Bari con i musicisti locali tanto che ho poi coinvolto qualcuno di loro anche in spettacoli live in tutta Italia (Mimmo Campanale ndr).

F4A: in generale cosa pensi dell'attuale situazione artistica e musicale in Italia?

Joyce: Penso che ci dovrebbe essere una maggiore apertura per il Jazz in Italia e in generale maggiori opportunità per i musicisti. Ormai vivo qui da molti anni e posso affermare che ci sono tantissimi grandi musicisti che non hanno la possibilità di mettersi in luce come meritano. Nei festival (specialmente nei jazz festival) vedo sempre gli stessi artisti, come se ci fosse una “comunità chiusa”, mentre ci sono tanti artisti che non hanno mai avuto una chance. In America, ci sono sempre opportunità per volti nuovi. F4A: cosa pensi dell'utilizzo dell'elettronica nella musica e nel jazz?

Joyce: non sono contraria all'utilizzo dei loop e dei campionamenti. Nel mio progetto “Joyce Yuille & Light Jazz Trio” con il pianista Stefano Calzolari abbiamo avuto anche un disc jockey di Modena, Dan Mela, che è stato davvero bravo a “incorporare” i campionamenti all'interno di una performance live. Anche nel progetto “Joyce E. Yuille e JAM J.S.R” con Michael Rosen utilizziamo campionamenti: il nostro batterista John Arnold è un genio nell'inserire tutti gli effetti sonori. In ogni caso penso che sia una sorta di “miglioramento” in alcune performance live, che attualmente mi piace molto.


Schema records d i s c o g ra f i a f u o ri d a g l i . . sc h em i

Friends 4 Arts Magazine ha incontrato Luciano Cantone e Davide Rosa, titolari di Schema Records durante le sessioni di registrazione dell'ultimo CD della cantante americana Joyce Yuille. Ne abbiamo approfittato per fare loro alcune domande su questa prestigiosa etichetta, sulla situazione del mercato discografico e sui progetti per il futuro.

F4A: Schema Records è un riferimento per il Jazz in Italia. Come nasce la vostra etichetta? L.C.: Schema Records nasce nel 1997 da un'esperienza che parte dal 1991 quando decisi di aprire una mia società, le Edizioni Ishtar (dopo l'esperienza fatta nel settore discografico e della distribuzione). Ho conosciuto Davide, che mi aveva affittato uno spazio nel suo studio di registrazione dove io studiavo la batteria e suonavo. Da lì è

nata un'amicizia con Davide e abbiamo iniziato quest'esperienza: prima come mia azienda individuale, poi con la partecipazione di Davide, nel 1997 siamo diventati Schema Records. Oggi Schema Records è diventata un vero riferimento per il Jazz italiano, esportato nel mondo.

F4A: come avete conosciuto Joyce? L.C.: Joyce è venuta qui da noi presentata da un amico che lavora sempre nella discografia. Immagino sia venuta qui perché si è sentita un po' rappresentata forse dal sound, dall'etichetta o da quello che comunque si vedeva dal-

l'esterno. Mi ricordo quando Joyce venne da noi la prima volta: praticamente abbiamo parlato di tutto al di fuori di questioni contrattuali, abbiamo parlato semplicemente di musica e abbiamo trovato questa affinità, proprio totale, sugli ascolti che abbiamo avuto nel passato, quando eravamo giovani negli anni 70-80: la musica di New York, quella che io ascoltavo nella mia città natale. Alla fine era come se non fossero esistiti confini nel mondo della musica: Joyce veniva dalla sua esperienza a New York e io da Catania, però ascoltavamo la stessa musica; è come se la musica avesse questo linguaggio universale, ci siamo subito trovati, poi abbiamo pensato in seguito di come impostare il lavoro sul nuovo album ecc. F4A: qual è il vostro approccio quando lavorate con un artista italiano o straniero? Entrate anche nell'ambito artistico della produzione dando delle indicazioni o delle impostazioni? D.R.: Sì, effettivamente in molti casi, in molte produzioni, la mano artistica (quasi sempre di Luciano per quanto riguarda tutto quello che è inerente al Jazz) sicuramente può essere fondamentale. Un po' perché si conosce il mercato, si conosce magari quello che è il genere, l'onda che si sta seguendo in quel periodo, per cui è importante avere un'idea molto chiara non solo sul personaggio che si ha davanti e che si ha da produrre, ma anche su quello che poi il mercato in quel momento richiede. Quindi sicuramente sì. Poi appunto avendo il nostro studio di registrazione, seguiamo le registrazioni in diretta, anche quando non siamo noi coinvolti a livello di produzione artistica, quasi sempre, bene o male, cerchiamo di dare il nostro tocco. L.C.: però questo non succede per tutti gli artisti, ci sono alcuni artisti che comunque hanno una certa loro identità, e allora è ovvio che magari si lascia fare, perché ci si fida comunque. D.R.: Alcuni hanno la capacità non solo di essere artisti, ma anche produttori artistici di se stessi.

F4A: il momento è difficile per la discografia, soprattutto in Italia, come lo state affrontando? Ci sono altre strade da seguire oltre alla vendita del prodotto disco-


grafico, inteso come CD? D.R.: prima di tutto ovviamente conviene sempre guardarsi intorno per vedere quello che succede, come stanno facendo tutti in questo momento. C'è da dire che la crisi era stata un po' prevista, almeno da noi. In realtà è da quando abbiamo creato la società che si parla di crisi del mercato discografico, poi è arrivato internet e sicuramente ha un po' devastato tutto quanto in maniera molto veloce.

Crediamo molto nel nostro lavoro e lo facciamo con passione, probabilmente sappiamo fare solo questo, quindi tutto quello che avevamo da investire in questa avventura l'abbiamo fatto. Contro tendenza, due anni e mezzo fa abbiamo aperto uno studio di registrazione, in un momento in cui gli studi di registrazione chiudevano. Questo ci consente di creare delle produzioni con un costo relativamente contenuto e poter sfruttare quello che ancora diciamo si può tirare fuori dalla musica attraverso i diritti, sia per quanto riguarda i copyright delle composizioni, sia per quanto riguarda i copyright sulle registrazioni. Stiamo puntando molto su quello, perché pensiamo che sia una delle poche vie per uscirne, per mantenersi ancora all'interno di questo mercato.

F4A: i piani per il futuro di Schema Records? cosa avete nel cassetto? L.C.: riagganciandomi al discorso che faceva Davide e alla crisi di mercato, i piani di Schema in questo momento sono molto “controllati”, nel senso che siamo molto attenti a spendere, consideriamo quelli che possono essere i costi, cerchiamo di "prevedere" quelli che possono essere i risultati finali, per poter anche valutare il rischio. E i piani di

Schema sono naturalmente cercare di continuare con la nostra filosofia artistica, musicale, cercando di mantenere l'alto livello qualitativo per via dell'investimento fatto sullo studio di registrazione, però contenendo i costi. Naturalmente cerchiamo di fortificare lo spazio che abbiamo in questi anni alla ricerca di partner internazionali, che possano rappresentare i nostri cataloghi, sia dal punto di vista delle registrazioni che dal punto di vista delle composizioni. Mi riferisco ai sub-editori, piuttosto che a chi ci rappresenta come licenze o come gestione dei diritti connessi nel mondo. Questi sono i piani, però la cosa principale dal punto di vista artistico è cercare di mantenere la nostra identità artistica e musicale, senza mai abbandonare la qualità. Come diceva Davide, l'investimento nello studio un è stato fatto anche in quest'ottica, cercando anche di valutare bene i costi e cercando di ipotizzare i ricavi, per poter capire qual è il rischio e contenere il margine di rischio. Nello specifico abbiamo appena finito di fare il disco di Andrea Balducci, che è già stato pubblicato sul mercato. Cè il disco di Joyce, abbiamo pubblicato un nuovo disco di Gaetano Partipilo, che è un disco prodotto da Nicola Conte (un altro artista in seno alla nostra etichetta) e poi ci sono tanti altri progetti. Abbiamo aperto una nuova finestra con la Finlandia e con musicisti finlandesi pubblicando per primo il disco di Timo Lassy, pubblicheremo un disco di Jukka Eskola, un trombettista interessante, c'è un altro disco di un altro finlandese che si chiama Kari Setälä; sono tutti dischi che vedranno la luce entro quest'anno.


p a s s i o n e “ hi-fi “

nel ter zo millennio

F4A ha incontrato Luigi Lorenzon di Synthesis, una delle più importanti aziende italiane che progettano e costruiscono impianti audio Hi-Fi. Veri e propri “oggetti d'arte”, la cui eccellenza è riconosciuta a livello internazionale.

Fondata nel 1992, Synthesis ha sempre mantenuto una continua crescita, e continua a mantenerla in controtendenza con questi tempi difficili, grazie alla coniugazione di due fattori chiave per il successo: eccellenza nella riproduzione audio “senza compromessi” ed estrema ricercatezza nel design “artistico”, esattamente quello che all'estero si cerca nel “made in Italy”.

Con Luigi Lorenzon abbiamo affrontato vari temi relativi all'ascolto “domestico” della musica, a come è cambiato l'ascolto di musica negli ultimi anni e alle tendenze per il futuro.

È per noi molto interessante il punto di vista di un costruttore di impianti ad alta fedeltà, perché ci mostra il fenomeno musicale dall'angolazione dell'ascoltatore, il terminale della filiera del prodotto artistico/discografico. F4A: come è cambiato il mercato dell'alta fedeltà negli ultimi decenni?

SYNTHESIS: Se partiamo dagli anni '90, quando la nostra azienda è stata fondata, i mercati tradizionali (e qui mi riferisco soprattutto all'Italia e all'Europa) si sono decisamente ristretti, potrei dire che la contrazione complessiva è superiore a un ordine di grandezza. Contrariamente a quel che si potrebbe credere, questa contrazione non è dovuta tanto a fattori economici, quanto alla “cattiva educazione” all'ascolto della musica e alle mutate abitudini di chi ascolta. Possiamo dire che intere generazioni di “nuovi ascoltatori” praticamente non conoscano il significato del termine Hi-Fi.

Posso scherzare? i giovani non sono educati al suono perché sono nati con le cuffiette già incorporate... Per l'amor del cielo, lettori MP3 e telefonini sono apparati tecnologici meravigliosi, ma dall'acustica ad alta fedeltà siamo lontani anni luce, per non parlare poi dei sistemi di riproduzione audio dei personal computer... F4A: quindi oggi, nonostante una tecnologia più avanzata, si ascolta peggio di 20 anni fa?

SYNTHESIS: se io non avessi mai assaggiato le fragole di mia nonna da bambino, potrei dire che le fragole del supermercato sono fantastiche, però ricordando quelle di un tempo, beh, tutto un altro sapore. Così, per i giovani, la musica ascoltata da un lettore MP3 è fantastica...


Quando ero ragazzo esistevano i negozietti di HiFi, le salette di ascolto con selettori per il confronto tra gli impianti, lettori, amplificatori, casse acustiche: ci andavi con il tuo disco di riferimento e toccavi la differenza, perché il Suono “perfetto” non è quello più “forte”, quello con più acuti o con più bassi, ma è quello fedele al suono degli strumenti originali, alla registrazione live o al mix dello studio di registrazione, in termini di gamma dinamica, linearità della risposta in frequenza, cura dei dettagli. Nasceva tutto da una vera cultura musicale, dal desiderio di ritrovare in casa con il proprio impianto il vero suono dell'orchestra, il suono del concerto nell'auditorium. C'erano addirittura audiofili che investivano, oltre che nell'impianto Hi-Fi, nella costruzione in casa di una vera sala anecoica, curando la risposta acustica dell'ambiente, eliminando le riflessioni indesiderate delle pareti e la risposta non uniforme sulle singole frequenze. Purtroppo oggi siamo in un vicolo cieco, perché non sono le piccole aziende come Synthesis che possono cambiare questo trend e i grandi colossi non hanno alcun interesse a farlo. D'altra parte, non c'è educazione e formazione per l'ascolto della musica in famiglia o nelle scuole, da cui possa scaturire il desiderio di ascoltare buona musica nel modo più fedele all'originale. Ricordo che la mia prima formazione musicale l'ho avuta in famiglia, con mio padre che mi ha avvicinato alla musica, a cosa ascoltare, a come ascoltare. E poi c'erano gesti, riti che ti avvicinavano all'ascolto della musica e ti legavano per sempre a quella magia: estrarre un LP dalla custodia, pulirlo con cura, metterlo sul piatto (il mio era un Thorens), poggiare la testina (una Grado artigianale) sul vinile... la musica la vivevi, la toccavi. È mai comparabile con una cuffietta e una sigla in una playlist di un display da 2-3 pollici? F4A: il quadro non è certo esaltante per un costruttore di Hi-Fi.

SYNTHESIS: a dire il vero, noi non possiamo lamentarci (ma non per tutti è così), abbiamo una pianificazione ordini per i prossimi 12 mesi e un fatturato in crescita del 25% rispetto all'anno precedente. Abbiamo puntato sull'eccellenza del suono e sul design dei nostri prodotti (non a caso il nostro payoff è “Synthesis Art in Music”), questo ci ha aperto le porte di molti mercati internazionali. Al momento i nostri principali mercati sono Russia, Cina, India, Indonesia, Malesia, Filippine, ma anche Europa (e principalmente Olanda, Germania e Francia) e Stati Uniti. F4A: e l'Italia?

SYNTHESIS: preferirei glissare... diciamo che in casa soffriamo un po' (per Synthesis il mercato italiano pesa meno di metà di quello dell'Olanda e, fatte le dovute proporzioni geografico/demografiche, non è entusiasmante).

Siamo però felici di constatare che il “Made in Italy” ha sempre un altissimo valore percepito all'estero e questo è un fattore di importanza enorme per gli artigiani (del suono) come noi. Il nostro importatore cinese ci ha addirittura ri-


chiesto di sostituire tutte le scritte in lingua inglese sulle confezioni dei prodotti con scritte in lingua italiana: desiderano avere prodotti italiani, che parlano italiano anche nella confezione. Naturalmente la cura del prodotto deve essere estrema, sia dal punto di vista tecnologico, che nel design, che nel più piccolo dei particolari. Dall'Italia si aspettano “qualità” e “arte” e noi cerchiamo di soddisfare queste richieste. F4A: Prima hai citato gli LP in vinile: oggi per un audiofilo il riferimento è il CD o ancora il vinile?

SYNTHESIS: vinile, vinile e ancora vinile! piatto tradizionale (anche con i suoi rumorini), mettere la puntina sul disco... e poi attendere... tutto ha valore, non è solo questione di gamma audio ma di “quanta roba c'è dentro”: stesso disco su vinile e su CD, stesso impianto audio, la differenza si sente. F4A: dunque si tornerà al vinile?

Beh, anche se per gli audiofili convinti il vinile non è mai tramontato (mentre le vendite di lettori di Compact Disc continuano a ridursi), la tecnologia sta attualmente lavorando su nuovi formati di codifica audio digitale, per diffondere musica con una qualità superiore a quella del vecchio compact disc (e naturalmente degli attuali MP3).

La frontiera dell'Hi-Fi saranno sorgenti musicali basate su veri e propri computer, opportunamente ridisegnati sia nell'alimentazione (alimentazione lineare, non switching) che nell'estetica (mettereste un PC al centro della sala?). La discografia personale sarà in rete internet e si avvantaggerà dei nuovi formati di codifica audio. Naturalmente per arrivare a questo scenario occorrerà disporre di reti internet affidabili e velocissime, in banda garantita. In un recente viaggio in Korea, abbiamo potuto vedere alcuni prototipi di simili sistemi e siamo rimasti favorevolmente colpiti. A questo riguardo vorrei sottolineare che le reti internet in Korea viaggiano a 100 Mbit/s, ma soprattutto sono decisamente più affidabili delle nostre (per arrivare allo scenario prima descritto, occorrerà quindi che le reti si adeguino anche da noi). F4A: altre evoluzioni degli impianti audio?

Sul mondo valvolare non ci attendiamo grosse evoluzioni per quanto concerne la circuitazione audio in sé, men-


tre si continua a lavorare sui trasformatori (sia di alimentazione che di uscita).

Sullo stato solido invece abbiamo già visto grandi passi avanti negli amplificatori in classe D, con rendimenti sempre maggiori (che si avvicinano sempre di più al limite teorico del 100% tra potenza erogata e potenza assorbita), contenimento degli spazi, ingombri, peso. Tutte caratteristiche molto apprezzate da chi suona dal vivo: prendiamo per esempio gli amplificatori per basso Markbass: 1000 Watt in meno di 4Kg, in una sola unità rack. Per avere la stessa potenza da una testata valvolare si dovrebbe andare su 50-60 Kg (con l'alimentatore che da solo ne pesa 15), ingestibile su un palco. F4A: hai parlato di strumenti musicali: Synthesis lavora anche in questo ambito?

SYNTHESIS: non produciamo impianti di potenza per concerti o per amplificazione di strumenti musicali, ma abbiamo un nostro marchio, EGOSONORO, con cui produciamo una linea di pedali per chitarra (Boost, Overdrive, Distorsore, ecc.) e soprattutto un sistema di alimentazione che si chiama ZeroNoise, per annullare completamente il rumore della sezione di alimentazione (filtrando i disturbi della rete elettrica, tramite batterie interne, ricaricate dall'alimentazione di rete). Anche questi prodotti sono tutti fatti a mano, rigorosamente in Italia. Una piccola curiosità? Li utilizza anche il grande chitarrista Steve Vai. F4A: uno dei vostri punti di forza è il design, i vostri prodotti sono decisamente belli e si adeguano ad arredamenti classici o moderni. Vi rivolgete a stilisti esterni?

SYNTEHSYS: Grazie del complimento, perché sono proprio io lo stilista dei nostri prodotti e lo dico con una punta di orgoglio.

L'oggetto deve essere bello, anche nella sua presentazione, anche nella sua confezione (lo compreresti un rolex nella carta del salumiere?), figuriamoci nella sua estetica. Noi siamo convinti che un oggetto “bello” venga apprezzato e valorizzato anche per il suo aspetto, prima ancora di ascoltarlo. Ci si avvicina con il dovuto rispetto e poi si apprezza anche di più la musica che riproduce... naturalmente poi deve suonare altrettanto bene!!! Noi siamo in Italia, viviamo in un Paese d'Arte, abbiamo tanta storia alle spalle: abbiamo il dovere di ricordarcene e di essere testimoni di tutto questo. Per esempio, nella nuova serie “Roma” abbiamo voluto targare i prodotti di questa serie con un nome che all'Estero è di per sé evocativo, poi abbiamo aggiunto una sigla numerica: 753ac, l'anno di fondazione.

Siamo noi, è la nostra storia, sono valori che non possono portarci via, né copiarci... Sarebbe bene riflettere su tutto ciò, in tanti settori... F4A: grazie Luigi e complimenti a Synthesis, grazie per le utili riflessioni e per la nota di ottimismo nello scenario globale non proprio entusiasmante.

SYNTHESIS: Grazie a voi. Se posso concludere con un'ultima riflessione, a noi di Synthesis piace pensare che non vendiamo oggetti ma portiamo un concept nelle case dei nostri clienti. Il nostro concept è condividere il nostro approccio verso la grande musica e il suo ascolto con chi ascolterà quella musica attraverso i nostri prodotti.

Buona musica a tutti.


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