q.b.quantobastaFVG novembre 2011

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Novembre - Dicembre 2011 - Autorizz. Tribunale di Trieste n. 1202 del 19 settembre 2009. Costo: € 1,50 | copia omaggio

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EVENTI E SAPORI DI STAGIONE Autunno friulano a San Daniele Trifule in fieste a Muzzana Purcit in stajare ad Artegna

BIRRE DI NATALE MENU DELLE FESTE

Alessandro MARCORIN Antiquario Vignaiolo Lis Fadis: dalle colline di Spessa i vini di eccellenza dai magici nomi di fiaba



quanto basta fvg

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n autunno tutto da vivere, in attesa del Natale! Numero davvero speciale questo di q.b. quanto basta FVG.

Ricco di appuntamenti golosi e non solo, che fanno rivivere il territorio nelle sue tradizioni rurali, antiche e autentiche. Un fine settimana quello di fine novembre che vede tre importanti manifestazioni dislocate sul territorio, racchiuse idealmente sotto il marchio del Tipicamente friulano. A Muzzana del Turgnano Trifule in fieste celebra il pregiato tartufo bianco, un prodotto di scoperta recente, anche se da sempre presente in loco. Il simbolo del successo di un’attenzione alla propria terra e di una ottimistica passione. Ad Artegna, con Purcit in stajare, con i norcini, i camarins e i prodotti suini tipici, si celebra uno degli animali più amati, perché essenziali alla sopravvivenza alimentare, dell’antica civiltà contadina. E poi c’è lo specialissimo evento Autunno a Friulano, vetrina delle eccellenze regionali, per la festa dei 50 anni del Consorzio del Prosciutto, con possibilità di assaggiare 250 vini della nostra terra, Friulano in primis ma anche i suoi amici a partire dal Pinot Grigio. C’è di che essere orgogliosi e fieri! Ma vi parliamo anche di erbe e bacche, di artigiani del gusto noti forse più fuori regione che in regione. Vi suggeriamo menu inconsueti per le imminenti festività natalizie con prodotti esclusivamente locali. Senza dimenticare le birre di Natale, un must dell’Europa del Nord che sta arrivando fino da noi. Novità di questo numero la cucina dei blog, una realtà quella on line che anche in regione hai i suoi cultori e i suoi fan (noi di q.b. compresi). Non a caso curiamo con dedizione quotidiana il sito www.qbfvg.it. Un q.b. ricco dunque, ma che aspetta i vostri suggerimenti, le vostre idee, le vostre collaborazioni. Per crescere ancora! Fabiana Romanutti

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Sommario

CINORRODI Le piante spontanee e i loro frutti

FOOD BLOGGER Tanti consigli e suggerimenti dalla rete

La cucina dei blog

P.

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La ricetta dei blog

P.

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Le idee del blog   e la cucina senza glutine

P.

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Scuola di cucina

P.

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Frittate d’Italia

P.

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Io, nonna e il pollo

P.

13

I frutti delle rose selvatiche P.

14

Osteria con cucina

P.

16

Topinambur

P.

17

Il negozio icona

P.

18

Caramelle, che passione!

P.

19

Pordenone, un biscotto   e un vino

P.

20

Etica del gusto

P.

21

Potatura soffice

P.

23

Enoteca al femminile

P.

24

Borgoluce

P.

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PROSCIUTTO SAN DANIELE Un nome friulano in tutto il mondo

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Picolit, vino dell’amore

P.

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La cantinetta domestica

P.

30

Autunno friulano

P.

31

Purcit in stajare

P.

33

Scoprire Artegna

P.

34

Trifule in fieste

P.

37

Quando l’opera va in tavola P.

40

Cioccolata o Ciocorì

P.

41

La nostra cena di Natale

P.

42

La Regina di San Daniele

P.

46

Il panettone degli altri

P.

48

Birre di Natale e al cioccolato P.

50

Guida Osterie d’Italia

P.

54

Ciclamino friulano certificato p.

56

Mercatini di Natale in Carnia P.

58

Libri da degustare

P.

60

Curiosità e novità

P.

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MENU DELLE FESTE Fasolari e cape della laguna REGINA DI SAN DANIELE Scacco friulano al salmone

BIRRE DI NATALE Una tradizione antica da scoprire

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LA CUCINA DAI BLOG

Blecs are on the table Notizie dal mondo dei foodbloggers MARTA OMERO

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l fenomeno dei blog dilaga sia nel settore food e cucina sia nel settore vini. “Sarà una moda, sarà tendenza, ma non possiamo starne senza”. Ricette, suggerimenti consigli, concorsi amicizie. Un nuovo mondo decisamente affascinante, che talvolta rischia di farci sentire sommersi dalla quantità di notizie, indirizzi, link. Un mondo che ci seduce e di cui non possiamo e non vogliamo fare a meno. Per cominciare, vi proponiamo un blog (http://machetisei mangiato.com) che ha molto del tipicamente friulano, anche se Rossella Di Bidino vive da tempo a Roma. Qualche giorno fa era a Udine per una conversazione tra foodbloggers. C’erano anche Theodora Hurustiati, indonesiana residente a Udine (Pura cucina il nome del suo blog) e Maria Grazia Menegon (Piatti più in là, sottotitolo allettante “dimagrire senza rinunce”). Decisamente coinvolgente il concorso (contest) dei mesi scorsi lanciato da Rossella. Dal titolo Blecs are on the table. Un’avventura attorno a un piatto tipico, al limite della soglia di povertà. Ricetta

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friulana lasciata alla libertà del web per gli adattamenti moderni. Forse la semplicità della ricetta, la particolarità di quell’ingrediente, farina di grano saraceno, avrà lasciato basiti all’inizio. “Ma dopo mesi di blecs online, scrive Rossella, è giunto il momento di tirar le somme. I partecipanti hanno tutti, senza esclusione, saputo interpretare magnificamente la ricetta. Ognuno ha aggiunto quel suo ingrediente particolare, ogni adattamento ha saputo valorizzare i Blecs e insieme le tipicità italiane (e non solo). Formadi Frant, Conciato di San Vittore, ciauscolo, erbe dell’orto, funghi shitake, spezie son comparsi nelle ricette”. Il concorso è giunto al termine. Tutte le informazioni sul blog. Noi abbiamo scelto la ricetta di Maria Cristina Novello, il cui blog seguiamo con attenzione in quanto anche non solo di cucina. La nuova cultura culinaria passa di certo anche da internet e come non mai coniuga virtuale e reale. Ed è sempre più giovane: un segno di consapevolezza crescente intorno al ruolo del mondo del cibo.

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La ricetta dei blog

Blecs alla zucca di Venzone e speck di Sauris MARIA CRISTINA NOVELLO

Ingredienti per i blecs (per 4 persone):

Ingredienti per il condimento

100 g di farina di grano saraceno, 100 g di farina di kamut,

cubetti di zucca (circa 100-150g), 200 g di speck di Sauris

50 g di burro, 2 uova, sale

in due fette da 100g, ricotta affumicata, sale, burro

Mescolate i due tipi di farina e formate un “nido” sul vostro piano di lavoro, aggiungete le uova, il burro morbido, un pizzico di sale e iniziate a impastare. Formate un panetto e lasciatelo riposare per circa mezz'ora. Stendete la pasta in una sfoglia mediamente sottile e tagliate i blecs nella classica forma triangolare. Portate a ebollizione abbondante acqua salata e cuocete i blecs per circa 4 minuti. Il tempo di cottura può variare a seconda dello spessore della pasta. Nel frattempo tagliate la zucca a cubetti e le fette di speck a striscioline. In una padella antiaderente fate cuocere a fuoco moderato la zucca in circa 50g di burro, fino a che i cubetti non inizieranno appena a sfaldarsi, salate leggermente. All'ultimo unite lo speck che deve cuocere poco, giusto un paio di minuti. Saltate assieme al condimento i vostri blecs a fuoco vivo e servite ben caldi. Completate il vostro piatto con la ricotta affumicata in scaglie e accompagnate con un bicchiere di vino bianco secco. Nel nostro caso un buon Friulano. Se volete saperne di più su Maria Cristina Novello questo è l’indirizzo del suo blog: http://udinelamiacittaenonnapina.blogspot.com Un blog che nasce dal desiderio di scrivere, comunicare e relazionarsi con gli altri. “Avevo fatto tutte queste cose in tanti anni di lavoro, racconta Maria Cristina, ma sempre dietro le quinte. Nel blog invece ci sono io, con il mio mondo fatto di tante emozioni e di mille interessi. L’ispirazione per iniziare l’ho presa da due pilastri della mia esistenza: Udine, la mia città natale, città che adoro e mia nonna Giuseppina, che è stata una grande donna, un’appassionata creatrice di moda e una cuoca sopraffina!

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LE IDEE DAI BLOG

Cucina senza glutine per tutti Con le mani nel sacher: un blog goloso fin dal nome

ARIANNA BUZZIOLO

La necessità è prima diventata sfida, poi passione: per trasformare pietanze “non-celiache” in pietanze “celiache” in modo che non si noti la differenza

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Dipingo immagini che mi riempiono di gioia, [...] faccio cose che mi ispirano un'emozione profonda e tento di dipingerle con onestà”. Così Salvador Dalì. Un po’ pretenzioso citare un artista di tanto peso per spiegare il primo passo che mi ha portato a tuffarmi nel mare degli infiniti blog sul cibo che ci sono in rete? Non credo, perché chiunque, come me, si butti in un’avventura  creativa come quella del blog, ha nel suo carattere una vena di immodesta autocelebrazione e di esibizionismo. Ma perché un blog? Essendo io una di quelle persone che ne fanno una e ne pensano altre mille, credo che il bubbolio della mia creatività avesse bisogno di un canale in cui scorrere. Allora perché un blog di cucina? A me piace tutto, piace fare tutto, interessa tutto: dal seguire giocatori di football americano, alla subacquea al cucito, la pallavolo, il nuoto, la corsa, l’equitazione, il canto, la chitarra. Passioni che sono andate, venute, tornate, sparite, riemerse. Una sola è cresciuta e maturata nel tempo: la cucina. C’è qualcosa di meraviglioso nella cucina che mi riporta indietro nel tempo. Cucinare è un po’ come da bambini si gioca a fare i pasticci, solo che alla fine esce qualcosa di buono e commestibile. E’ come giocare al piccolo chimico.

Io sono celiaca, lo sono da sempre, una delle prime celiache. Quelle dei tempi in cui c’erano solo tre prodotti per celiaci: un tipo di pane, uno di pasta e uno di farina. Null’altro, e anche questi non erano poi un granché. A pensarci ora quasi quasi sorrido, alla vista di batterie e batterie di biscotti, muffin, pasticcini, farine e persino surgelati. Come si dice in friulano “ognun al bale cun so agne”: i celiaci nella vita hanno dovuto sapersi arrangiare. Io cucino per me da quando ho 11 anni e da allora non mi sono mai fermata. Ricordo ancora la mia prima pastasciutta al pomodoro al ritorno da scuola con la corriera. Ricordo anche la mia prima torta. Una torta al caffè da uno di quei libri della Selezione. Sarà stato di buon auspicio, ma la mia prima torta era venuta buonissima, a dispetto dello stato della cucina a fine lavori! Da allora la necessità è prima diventata sfida, poi passione: per trasformare pietanze “non-celiache” in pietanze “celiache” in modo che anche i non celiaci non notassero la differenza. Questo un po’ il senso della mia cucina: cucina senza glutine per tutti. Il mio blog con le mani nel sacher ha come sottotitolo “pasticceria senza glutine, appunti di

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La ricetta dal blog

Coccola di mele Ingredienti: 2 uova, 300 g di zucchero, 300 g di farina Mix C Dolci Schaer1, 125 ml di latte (o quanto serve per rendere la pastella lavorabile), una bustina di lievito consentito, 1.5 kg di mele, vaniglia o rum zucchero (i 3 cucchiai che avete tenuto da parte a cui potete aggiungerne a piacimento). Preparazione: Montare le uova intere con lo zucchero meno 3 cucchiai, aromatizzare con la vaniglia o il rum, aggiungere la farina setacciata assieme al lievito, il latte e infine le mele tagliate a cubetti. Versare

viaggio, di vita ed esperimenti”. Il mio non è solo un blog di cucina. Per me la cucina e i sapori sono legati strettamente alle situazioni che vivo. è un modo di leggere i miei giorni. Adoro scrivere delle persone che popolano i miei giorni, la famiglia, il lavoro, gli amici, gli affetti. Il blog è un modo di metter ordine fra le mie emozioni e i miei pensieri. Pensieri che qualche volta sembrano tante formichine che camminano veloci veloci. I post fanno ordine.

l’impasto in uno stampo della forma che più vi piace e cospargere la superficie di abbondante zucchero (i 3 cucchiai che avete tenuto da parte a cui potete aggiungerne a piacimento). Potete tagliare parte delle mele a fettine e disporle a rosa sulla superficie della torta ottenendo l’effetto mostrato in foto. Questa versione ha le mele sia nell'impasto, che disposte sopra a rosa, ma se si vuole essere più rapidi, si può mettere l'intera quantità di mele a pezzi nell'impasto. Io di solito e secondo

Le mie idee come formiche su un penatagramma

le stagioni la arricchisco con mandorle o nocciole tostate e spezzettate,

uvetta

bagnata nel rum e nel

Ritornando a Dalì, ricordo che in un suo quadro il suo immaginifico ha prodotto la scena di uno spartito le cui note pian-piano diventano formiche che camminano sul pentagramma. Il blog per me è un po’ il contrario, un modo di far camminare il formicolio dei miei pensieri e rimetterlo in bell’ordine tra le linee di un pentagramma, per poi creare qualcosa di bello, che mi riempia di gioia, che mi ispiri un emozione profonda, dipinta con onestà. Così per me ha tutto un po’ più senso.

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periodo natalizio con spezie come cannella, chiodi di garofano, noce moscata ecc..

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Gli ingredienti impiegati per le mie preparazioni compaiono nel prontuario degli alimenti senza glutine dell'Associazione Italiana Celiachia. Solo questi alimenti possono essere utilizzati e considerati sicuri per la preparazioni di alimenti per il celiaco. La marca, il tipo e la provenienza degli ingredienti senza glutine vengono esplicitamente menzionati senza alcun fine pubblicitario, al solo scopo di permettere agli utenti di questo blog di ottenere gli stessi risultati dei post pubblicati. Le opinioni rispetto alla resa degli ingredienti senza glutine utilizzati, alle loro caratteristiche organolettiche e funzionalità sono il frutto di opinioni e gusti personali di chi scrive e non intendono in alcun modo influenzare le opinioni e le scelte d'acquisto dei lettori.

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SCUOLA DI CUCINA

Abbiamo fatto una frittata! FABIANA ROMANUTTI

La differenza sta tutta nella passione. Semplicità e verità nel piatto

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alla cucina virtuale alla cucina reale, o meglio alla scuola di cucina con grandi maestri. Cucina 33, il concept che a Pordenone fa tendenza, negozio e scuola, libreria e miniera di novità, proponeva qualche settimana fa un incontro con lo chef Franco Luise. Con un tema decisamente allettante: frittate! Luise è veneto e fino al 2007 ha lavorato in grandi ristoranti (l’ultimo, Molino Stucky a Venezia). Poi ha deciso di passare alla consulenza, grazie a un’esperienza trentennale maturata dietro i fornelli. Lavora per Electrolux nella formazione per professionisti in particolare per quel che riguarda le tecniche di cottura, il sottovuoto, le basse temperature.

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Come spiega questa passione, una vera moda, per i corsi di cucina, gli abbiamo chiesto. Alla base di tutto non c’è una moda, ci ha risposto, ma il piacere. Il piacere di mangiare bene e di farlo a casa propria. E alcune responsabilità, ci ha detto (relata refero n.d.r.), sono della ristorazione, spesso improvvisata, non sempre professionale, con una forbice troppo ampia qualità- prezzo. Ecco allora, che le persone che hanno capito l’importanza degli ingredienti e della materia prima preferiscono acquistare da sé i prodotti e poi vogliono capire come prepararli al meglio. Ecco dunque la scelta di frequentare corsi e scuole di cucina, Al piacere di mangiare bene, sottolinea ancora

Luise, si aggiunge il piacere di preparare il cibo per le persone della propria famiglia riscoprendo il senso archetipico del fuoco che cucina e per gli amici, riscoprendo il senso della socialità. Risposta provocatoria da parte di Franco Luise anche sulla cosiddetta cucina della memoria: “Non amo le rivisitazioni: la cucina di un tempo deve essere riproposta come un tempo, con i suoi grassi e i suoi sapori. Mangiamone meno, ma mangiamola com’era”. è aperto il dibattito. Noi siamo a favore, lo testimonia anche un nostro editoriale di qualche mese fa a favore del burro (in sintesi: Cucina della nonna senza sponghie e senza ont? Ma di quale nonna parliamo?).

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FRITTATE D’ITALIA Un piatto trasformista: affogate, croccanti, farcite, soffiate

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rittate d’Italia, non una definizione metaforica dello stato del Paese, ma piuttosto un ritratto della penisola in tempera, ovvero con l’uovo. Con un viavai di gusci da bolzano a Palermo, l’alimento dalal forma perfetta finisce sempre in padella, mai però nella stessa maniera. Affogata, croccante, farcita, soffiata , elegante, popolare, nutriente e poco dispendiosa, la frittata si rivela un piatto trasformista, in perfetta sintonia con i nostri tempi e le nostre tasche. Ma naturalmente nel suo libro Franco Luise ci regala anche la frittata dei ricordi, in un volume dalle spiegazioni chiare e dalle immagini parlanti. Non si tratta quindi di rigirare la frittata ma di poterla gustare in ventisette sorprendenti versioni. Dalla veneziana Ovi schie e castraure a quella trentina farcita con cavolo rosso speck e mela, dalla milanese riso zafferano e asparagi a quelle che Luise chiama Uova all’amatriciana. Da Ravello (dove in passato Luise è stato chef all’hotel Caruso) arriva la frittata soffiata di agrumi e limoncello. Per arrivare in Calabria con frittata croccante di cipolle rosse acciughe e capperi. Irresistibile anche la frittata di mortadella. Senza dimenticare i preziosi accorgimenti da seguire prima di mettersi all’opera. Luise tornerà ancora a Cucina 33 nei primi mesi del 2012. Per info sugli eventi: info@cucina33.com

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Io, nonna e il pollaio Fu con le uova di grasse galline che s’avviò la mia carriera di cuoco... FRANCO LUISE

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ono nato in una casa dai mattoni rossi, in quella che un tempo era la periferia di una Padova non ancora divorata dal modernismo delle fabbriche. Una dimora modesta, ma impregnata di quei valori che facevano ricca la mia infanzia, basati sul lento scandire del tempo e delle stagioni, sui frutti che provenivano dai terreni coltivati da mio nonno e da mio padre. Mia nonna Amabile era una donna austera, severa con gli altri e con se stessa, ottima cuoca, possedeva un gusto d’altri tempi per il cibo che preparava. La cucina era il suo regno. (…) Quella casa di campagna possedeva un attiguo pollaio che, oltre a fornire alla nostra mensa carni prelibate per i giorni di festa, era forziere di altri giornalieri tesori. Nonna lo visitava giornalmente per raccogliere quelle prelibate freschezze , ingredienti essenziali per la sua pasta fresca e per meravigliose frittate. (..) Quelle uova erano il frutto di galline grasse, nutrite con granturco ancora lon-

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tano dall’essere degradati dall’inquinamento o dai pesticidi; nonna mi insegnò ad assaporarle crude, sapendone cogliere tutte le preziose sfumature degli aromi. Fu con questa pietanza che s’avviò la mia carriera di cuoco: nonna diceva che ogni uomo doveva almeno sapersi cucinare due uova di frittata e me lo volle insegnare mentre ancora piccolo di statura salivo su una sedia per vedere meglio il compimento della sua opera. (per gentile concessione dell’autore, dalla presentazione del libro Frittate d’Italia, edizioni Bibliotecha culinaria).

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cinorrodi

I “frutti” delle rose selvatiche Per marmellate autarchiche

ENNIO FURLAN

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ossiamo dire che la rosa canina è l’antenata di tutte le rose: a partire almeno dal 1000 a.C., sono state selezionate migliaia di varietà di rose poi coltivate come piante ornamentali. Pochi sanno che il cinorrodo (questo il nome scientifico di quello che nei dialetti locali si chiama “picecul” o “spisacul”) contiene diverse vitamine del gruppo C, contiene Selenio e molti antiossidanti; è utile come antinfiammatorio, come diuretico e come ritardante dell’invecchiamento della pelle. E’ ideale per i bambini: è infatti un ottimo protettore delle difese immunitarie e questa è la stagione in cui sarebbe opportuno dare loro per almeno 30 giorni un cucchiaio di decotto o di infuso ogni mattina. Sia chiaro che per fare un decotto o un infuso, i cinorrodi non devono essere troppo molli, come invece saranno per la confettura che vi propongo). Vanno tagliati a metà per poi togliere la peluria e i semi (che in realtà sono i frutti). I semi vanno essiccati per almeno un mese, prima di essere utilizzati. Se il decotto o l’infuso viene dato ai bambini, si può aggiungere qualche cucchiaio di zucchero, o meglio ancora di miele.

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Un tempo, nei mesi freddi, quando la frutta fresca non c’era, per i ragazzi era una gioia andare a caccia di picecui e succhiarli golosamente, anche se si tornava a casa con le mani tutte graffiate

Confettura di picecui (pseudo bacche di rosa canina) Non è ancora il momento di prepararla (per ottenere una buona confettura i cinorrodi devono aver preso almeno due ghiacciate e devono quindi essere diventati molli, il raccolto di solito avviene in gennaio e nelle prime settimane di febbraio) però intanto potete mettere da parte la ricetta per il momento opportuno. Ingredienti: kg 2 di cinorrodi (o pseudo bacche di rosa canina, vulgo picecui) 1 l di vino bianco, 2 limoni, zucchero e acqua q.b.

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Procedimento: Cominciate grattugiando la parte gialla dei limoni e mettetela da parte. Pulite le bacche da eventuali rametti e del bottone scuro dove erano attaccati i petali (non serve togliere la peluria perché nella cottura essa sparirà, e anche perché è operazione praticamente impossibile da fare, comunque fidatevi, se ne va). Mettete le pseudo bacche in una casseruola, aggiungete il vino e fate bollire a fuoco moderato fino a che vedrete le bacche spappolate. Passate il tutto con il Mixer. Se il prodotto è troppo denso aggiungete dell’acqua calda per ammorbidirlo, quindi passate al chinoise o con un passino a maglie strette. Lì servirà la vostra pazienza: il lavoro è lungo ma ne vale la pena. Vi rimarrà una purea che peserete prima di aggiungere lo zucchero nella proporzione del 60% del peso della purea e il succo dei due limoni. (Poichè la confettura viene fatta per essere conservata, c’è l’obbligo dello zucchero al 60%, per impedire al botulino di svilupparsi; se invece la usate subito potete limitarvi anche al 40%). Portate a ebollizione, a fuoco medio, fino alla densità desiderata. Attenzione: la buccia dei limoni, già grattugiata va aggiunta qualche minuto prima di spegnere.

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OSTERIA CON CUCINA Al Picecul, a Torsa di Pocenia, sulla piazza

FABIANA ROMANUTTI

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vete presente quel gioco delle libere associazioni di parole? Dopo l’articolo di Ennio Furlan sulle pseudo bacche, poteva mancare un’osteria cha assai simpaticamente si chiama proprio Al Picecul? Il motivo del nome ce lo spiega Evelin Pampagnin, la giovane titolare che da tre anni gestisce questo piccolo ristorante. “Cercavo un nome friulano caratteristico, facile da ricordare, un po’ originale; il suggerimento mi è venuto da mio nonno e dai suoi racconti di ragazzo di quando c’era poco da mangiare e si andava nelle radure di campagna per trovare qualche cosa di dolce e di buono: i picecui. E Osteria al Picecul è stata. Anche la casa dove abbiamo creato l’osteria era di mio nonno, Ilnini, oggi più che novantenne, e con la tradizione ho sempre mantenuto uno stretto legame”. L’Osteria è sulla strada principale nei pressi della chiesa (parcheggio non difficile nei dintorni). Si apre su uno spazio con tavoli di legno scuro e un bel fogolar (acceso in questi mesi) sul fondo. Vo-

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lendo si può anche mangiare qui, ma il ristorante è stato creato al piano superiore raggiungibile con comode scale. Semplice e curato, con una collezione straordinaria di fotografie d’epoca della famiglia di Evelin e di Luca Morassut, enotecnico, che con lei condivide questa avventura. E un menu che privilegia i primi piatti. Il cuoco è il giovane Marco Tonasso che ha lavorato alcuni anni da Nando a Mortegliano. Rivisita le ricette del-

la tradizione in modo creativo e tutto è preparato sul momento. La prima info che leggete sul menù infatti è una frase tipo “abbiate pazienza, c’è qualche minuto da aspettare”. Cosa che fanno volentieri sia le famiglie sia i gruppi di amici che vi fanno tappa. Dopo un antipasto con una scelta che spazia da “Porca l‘oca” al cervo affumicato, dal formaggio con gelatine al baccalà mantecato, in queste settimane vi attendono un gustoso risotto di radicchio e castagne, gnocchi di zucca con porro e salsiccia, tagliatelle con ragu di lepre e timo, ma anche i ravioli con la capesante e il formadi frant al kren. Un formaggio molto intrigante di cui abbiamo chiesto la provenienza: la Latteria di Talmassons! Fra i secondi c’è anche lo spezzatino d’asino. Un occhio attento è riservato ai bambini che trovano sempre le patate fritte sul momento. Prezzi ragionevoli (i primi sono sulla media dei 9 euro), la scelta dei vini è limitata a poche ma selezionate etichette. In un piccolo paese che ricorda ancora il Friuli di un tempo.

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Tuberi autunnali

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utunno: è il momento del Topinambur, della Pastinaca e di tanti altri tuberi invernali, radici versatili da gustare in cucina, o per preparare benefici decotti e ottime conserve. E' tempo anche di bacche colorate: fondamentale imparare a riconoscere quelle commestibili da quelle nocive. Di tutto questo si è parlato nei giorni scorsi in un’affollatissima serata all’Enologica Friulana di via Stiria a Udine, con la dottoressa Eva Marcuzzo del Dipartimento di Scienze Alimentari dell'Università di Udine e con lo chef Ennio Furlan del Collegio Cocorum, vero maestro raccoglitore di erbe e bacche. Che si racconta anche in queste pagine.

Il Elianthus tuberosus entra in tavola ENNIO FURLAN

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l Topinambur (Elianthus tuberosus) è una pianta tuberosa infestante: se l’odore del tubero ricorda il carciofo, quello del bel fiore giallo (i suoi petali sono ideali per guarnire i piatti) ricorda i girasoli. E’ una delle ultime piante a fiorire e i tuberi vanno raccolti dopo la fioritura. In Friuli crescono due specie di topinambur (detto anche patata americana) quello con la buccia bianca e quello con la buccia rosa (più saporito). Avvertenza: dopo averli puliti e aver grattugiato la scorza, avvolgeteli in un panno umido affinché non ingrigiscano). In cucina si può usare sia da crudo, tagliato a listarelle o grattugiato, sia da cotto: lessato o arrostito. Vi consiglio una frittata inconsueta con topinambur, pancetta coppata, prezzemolo e un pizzico di zucchero, oltre al sale. In padella potete prepararlo con cipolla di Tropea, olive, capperi e acciughe, spolverizzati con

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pecorino di media stagionatura. Molto gustosi anche i gnocchi con topinambur, patate, farina 00 e farina di riso. Per la buona riuscita dell’impasto seguite questi consigli: una volta lessate le patate e i topinambur lasciateli raffreddare, altrimenti assorbiranno troppa farina. Il tavolo di la-

vorazione deve essere ben infarinato. Se l’impasto non sarà abbastanza sodo basterà aggiungere altra farina 00. Sappiate che non c’è una regola precisa sul dosaggio delle farine, in quanto non conosciamo l’umidità delle stesse e nemmeno sappiamo quanta parte acquosa abbiano le patate: tutto si regola quindi con eventuale aggiunta di farina (00). Quanto basta, appunto! Condire con salsa noisette (panna, burro, sale, pepe, dado granulare; noisette in francese significa nocciola, è quindi pronta quando sentirete diffondersi un buon profumo di nocciole mente cuocete il burro con la panna). La salsa dovrà essere preparata prima di mettersi a fare gli gnocchi (si conserva benissimo in frigo per qualche giorno) perché quando li toglierete dall’acqua, la salsa deve essere ben calda nella padella dove metterete i gnocchi a saltare, spolverandoli con formaggio grana.

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Jacqueline: il negozio icona Da decenni a San Daniele il regno di caramelle e cioccolatini

ANGELO BORTOLUZZI

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uando sono nel centro di San Daniele mi sembra manchi sempre qualcosa: a parte il più o meno vorticoso turn over dei negozi, mi accorgo per esempio che non trovo nei pressi una farmacia né una macelleria. Per fortuna c’è sempre Jacqueline, il negozio di dolciumi che da quando ero bambino è sempre al suo posto. In via Umberto I, n. 16. Uguale a se stesso, impercettibilmente rinnovato, sempre bello e ricco di dolci colori. Un negozio che vende solo caramelle (ma esistono ancora i bambini che le amano o sono tutti passati alle barrette di cioccolato e ai chupa chups?) è di per sé quasi una rarità di questi tempi, in cui i piccoli punti vendita scompaiono uno dopo l’altro. Ma la vera rarità è Jeanine la signora che lo gestisce con amore e vera passione. La signora delle caramelle, come la chiamo io, ha un’eleganza innata (non a caso in passato ha lavorato nell’atelier delle sorelle Fontana) sottolineata dalla r arrotata alla francese. Ha un certo numero di anni che porta con grande classe e mentre quasi tutti cercano di andare prima possibile in pensione, lei alza ogni giorno la saracinesca con gioia, per accogliere i clienti che vengono anche da fuori perché sanno che da lei si trova il meglio. Marchi come Baratti, Majani, Lindt, Venchi per la cioccolata, declinata in una

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gamma completa di formati e gusti. Le caramelle Leone che nei suoi vasi diventano gioielli di bontà. Violette e rose, ginevrine e confetti. E in questa stagione anche i veri marron glacès: fatevi raccontare da lei come si fanno, resterete incantati ad ascoltarla. Jeanine di cognome fa Mecchia; la sua famiglia proviene da

Valeriano di Pinzano e se le fate qualche domanda in proposito e su come è giunta e rimasta a San Daniele scoprirete un intreccio di emigrazioni incrociate e partire dalla Francia e di vicende familiari che danno la cifra distintiva di una vita: senso del dovere e amore per il bello; spirito di sacrificio e gioia per un lavoro ben fatto.

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Caramelle, che passione! La storia della canna mellis inizia con quella dello zucchero FABIANA ROMANUTTI

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e prime caramelle giunsero dal Vicino Oriente intorno all’XI con il ritorno in patria dei Crociati. Erano semplici barrette di zucchero di canna (il nome deriva dalla dizione spagnola del latino canna mellis). Ma solo dopo la scoperta e la colonizzazione delle Americhe, lo zucchero diventò merce diffusa, anche se riservata alle classi più agiate. Veniva venduto in “pani” di forma conica, dai quali si grattava via la quantità necessaria. Era raro e costoso. Ho un ricordo d’infanzia: mia nonna teneva lo zucchero in zollette nascosto nella madia, come un gioiello, finché un giorno decise di regalarcene qualcuna, ma all’apertura si scoprì che erano arrivate prima le formiche. Solo per dire per quanti secoli la miseria aveva fatto considerare lo zucchero una spezia preziosa. Tra il XVII e il XVIII secolo con l’estrazione dalla barbabietola di uno zucchero bianco, facilmente solubile, l'arte dolciaria si trasformò e divenne protagonista di una nuova arte: quella della confetteria. Il Confetturiere Piemontese, del 1790, descrive il procedimento per fare le caramelle, "cuocendo il zuccaro alla cottura detta caramel" con il suggerimento di prove empiriche per verificarne il punto di cottura: deve risultare croccante e non appiccicoso.

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e incartate. La carta aveva anche una funzione pratica soprattutto da quando, con la nascita dell’industria dolciaria, la vendita non avveniva più in laboratorio ma dai dettaglianti. Sempre per una clientela benestante: alcuni dei lettori ricorderanno che fino al secondo dopoguerra un pezzetto di cioccolato o qualche caramella erano doni preziosi, che molti bambini vedevano solo a Natale...

Nell’Ottocento le caramelle erano fatte al torchio. Una volta raggiunta la giusta temperatura il composto di acqua e zucchero si versava in una cornice posta su un piano di marmo leggermente unto (a qualcuno ricorda lo zucchero d’orzo fatto in casa in certi pomeriggi invernali, come golosa merenda?). Quindi si disponeva il ripieno su metà del caramello parzialmente indurito prima di sovrapporre l'altra metà. La lastra ottenuta era passata sotto una pressa e le caramelle venivano poi ritagliate manualmente una a una

Anche le caramelle e l’arte che vi si profuse sono per gli appassionati testimonianze dell’evoluzione dello stile e le scatole da dolci in cartoncino (poche ormai) e in latta sono diventate oggetto da collezione. Le violette di zucchero che oggi si trovano in commercio derivano dalle ormai quasi introvabili violette candite, che nell’Ottocento erano servite con i marron glacés. Vere violette, raccolte al mattino, quando i fiori sono più sodi; spennellate a mano, petalo per petalo, con una soluzione di gomma arabica e poi caramellate a bassa temperatura con un procedimento in grado di non alterarne il colore.

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Pordenone: una città, un biscotto e un vino

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l Biscotto Pordenone®, un intrigante dolce-salato che piace l’abbiamo assaggiato a Good 2011: ne avevamo abbondantemente solo sentito parlare. Non a caso: è riconosciuto dal 2004 prodotto tipico friulano dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali! Non possiamo che dire “mea culpa”, come dovrebbero fare molti altri che vivono in regione e non conoscono alcuni dei prodotti più rappresentativi del territorio. Qui ve ne parliamo perché la pasticceria che l’ha inventato e brevettato, la Montereale di Pordenone, è stata una fra le cinque pasticcerie di artigiani del gusto selezionate per la recentissima edizione di Golosaria a Milano, a cura di Paolo Massobrio e del suo club Papillon. “La famiglia Martin della pasticceria Montereale ha condensato il tradizionale binomio dolce e salato della cucina pordenonese e friulana in un unico prodotto: il Biscotto Pordenone. Realizzato con farine di grano duro e di mais, mandorle, sale, grappa, che gli conferisce fragranza, può essere gustato anche con i salumi, con miele e formaggio e con il vino. Specializzati anche nel gelato proposto per i diabetici, al fruttosio, e in inverno nella versione "caldo": questa la motivazione della scelta di Golosaria. Non vi resta che assaggiarlo: eccovi quindi l’indirizzo. INFO Pasticceria Gelateria Montereale, via Montereale, 23 tel. 0434 365107 www.biscottopordenone.it.

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La Montereale di Pordenone, è stata una fra le cinque pasticcerie di artigiani del gusto selezionate per Golosaria

Pordenone, in onore al pittore rinascimentale Giovanni de’ Sacchi, si chiama anche un vino nuovo, presentato ufficialmente al pubblico nel giorno di San Martino. Nato da un vitigno autoctono come il Refosco, diffuso sul territorio delle Grave, “il Pordenone”, che è stato seguito da un gruppo di lavoro composto da viticoltori, enologi e progettisti di impiantistica enologica, è caratterizzato da un perlage discreto e persistente, da una gradazione alcolica non eccessiva, da intensi ed eleganti aromi di rosa. Nuovo anche il metodo di spumantizzazione. La fermentazione è avvenuta in piccoli contenitori da 50 litri, una via intermedia tra la fermentazione in bottiglia (quello dello Champagne o, in Italia, dello spumante “metodo classico”) e le grandi autoclavi utilizzate per il metodo Charmat (quello del Prosecco).

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Etica Del Gusto: una scelta di qualità e di bontà

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alla passione e dedizione al lavoro artigianale, dalla scelta della qualità delle materie prime per offrire solo il meglio, dal desiderio di crescita professionale condivisa è nata l’associazione “Etica del Gusto” formata da oltre 30 artigiani di tutto il Friuli Venezia Giulia che hanno scelto di sposare la filosofia del “buono, anzi buonissimo, purché sano e di alta qualità”. Fornai, pasticceri, gelatai, cioccolatieri, l’associazione “Etica del Gusto” non ha fini di lucro: da qui il suo valore etico. I fondatori

dell’associazione, tutti artigiani, dedicano parte del loro tempo all’organizzazione di corsi di specializzazione con i massimi esperti internazionali del settore della pasticceria, per offrire alla clientela sempre il meglio in fatto di scelta delle materie prime, tecniche di lavorazione del prodotto, metodi di cottura, e, soprattutto, in fatto di gusto! Le materie prime di alta qualità, le uniche considerate dall’associazione Etica del Gusto, sono le sole a poter garantire un appeal olfattivo di sicuro

successo: esclusivamente i prodotti naturali, selezionati dopo anni di ricerca da parte dei fornitori più attenti, conferiscono al prodotto finale il massimo in fatto di profumo. L’Etica scarta a priori tutto ciò che deriva da lavorazioni chimiche. Ne deriva che, anche il pasticcino più semplice, è in grado di trasferire a chi lo gusta l’essenza della genuinità e bontà. Qui sotto tutti i nomi degli associati. Per saperne di più sulle attività e i corsi dell'associazione potete visitare il sito www.eticadelgusto.it

Pasticceria GIADA di Paoloni Andrea Via San Pelagio, 24 - TRICESIMO

Panificio pasticceria GUSPARO GIANFRANCO Via Umberto I° - FAGAGNA

Pasticceria ALLA TORINESE - di Fiorini Santo Via Forni di Sotto, 21 - UDINE

Panificio BELLOTTO ENRICO Via Monte Sei Busi, 3 - SAN VITO AL TAGLIAMENTO

Panificio MASUTTI ETTORE di Masutti Giuseppe & C. Piazza Roma, 14 - ROVEREDO IN PIANO

Panificio Pasticceria CAVALLO ENZO Viale Vat, 52 - UDINE GELATERIA ARTEDOLCE - di Venier Stefano Viale Barbacane, 21 - SPILIMBERGO

PANIFICIO GIULIO - di Marco e Paolo Giulio Piazza Duomo, 23 - LATISANA

IL FORNAIO - di Purinan Roberto & Andrea Via del Gelso, 2/8 - UDINE

DOLCE FORNO di Basso Fabio & c. Via Verdi, 9 - AZZANO DECIMO

PASTICCERIA FERRARESE di Filippo Ferrarese & c. -Via Trasaghis, 152 GEMONA DEL FRIULI

Panificio CRAGNOLINI WALTER di Cragnolini Enzo & C. Via Osoppo, 5 - GEMONA DEL FRIULI

SONCIN F.LLI - di Soncin Luca & C. Via Fabris, 29 - OSOPPO

Pasticceria DOLC&VITA - di Maritani Sandro & C. Via Savoia, 6 - STARANZANO

Panificio Pasticceria IL FORNO Di C. Scialino & A. Rizzo Via Morgante, 31 - TARCENTO

Panificio Pasticceria ORSO & BRANDOLIN di Orso Massimiliano - Piazza Roma, 19 AIELLO DEL FRIULI Panificio Pasticceria PASTIPAN di Cassin Magda & C. - Via Santa Lucia, 39 BAGNAROLA di SESTO AL REGHENA Panificio GOBATTO - di Renato Gobatto & C. Via Julia, 4 - LIGNANO SABBIADORO MOSAICO PAST. CIOCCOL. - di Medeot Alietta P.za Capitolo, 17 - AQUILEIA Panificio Pasticceria BERIN VITTORIO Via Carducci,2 - MEDEUZZA

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Panificio Pasticceria CASTELLARIN Via Neveano, 5 - MARTIGNACCO

PASTICCERIA GIUDICI di Giudici Alessandro - Via Oriani, 9/a TRIESTE

Panificio IOB IVAN - di IOB IVAN & C. Via A. Diaz, 4 - MERETO DI TOMBA PASTICCERIA F.LLI GANGI - Di Gangi Giuseppe & C. Via Grazzano, 98 - UDINE

info

EPPINGER CAFFE’ Via Dante Alighieri, 2/b - TRIESTE

Etica del Gusto Via Colloredo, 128/1 Pasian di Prato (UD)

Pasticceria Gelateria GIULY - di Gardin Flavio Via Roma, 8 - GONARS UD Panificio pasticceria DA MARINO di NARDO MARINO - Via S. Simone, 31 PRATA

Tel. 0432 64 44 28 E-mail: info@eticadelgusto Ufficio stampa: Monica Bertarelli monicabertarelli@libero.it

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ENOLOGICA FRIULANA srl / Via Stiria 36/1 33100 UDINE / T. 0432.602194 F. 0432.523544

www.enologicafriulana.it


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Potatura soffice Interventi di taglio mirati e rispettosi della salute della vite

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a Scuola Italiana di Potatura della Vite, ideata da Marco Simonit e Pierpaolo Sirch, i Preparatori d’Uva, riparte con un nuovo ciclo di corsi. Dall’1 al 3 dicembre all’Enoteca di Cormons, con una parte teorica (Elementi di base di Fisiologia della vite e Corso di potatura) e una pratica in vigna (aspetti pratici della Potatura “soffice” su Guyot e Cordone speronato). Lezioni a numero chiuso (massimo 35 partecipanti), organizzate in collaborazione con il Dipartimento di viticoltura ed enologia dell’Università di Udine diretto dal prof Peterlunger, aperte a studenti universitari, vignaioli friulani, sloveni e croati. La Scuola Italiana di Potatura della Vite é di fatto un centro di formazione permanente, in collaborazio-

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su you tube il video dei preparatori d'uva a questo link http://youtu.be/ WAHrj8N6aIQ

ne con prestigiose università e istituti di ricerca legati al mondo della vite: la Fachschule, l’Istituto Sperimentale di Laimburg, l’Ass. ex alunni di Laimburg in Alto Adige, l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo e Slow Food in Piemonte, Libera Terra in Sicilia, l'Istituto Agrario De Sanctis di Avellino, l’Istituto Agrario di San Michele all’Adige, il CIRVE di Conegliano Veneto, oltre a due storiche cantine, Bellavista di Terre Moretti in Franciacorta e Bolla del GIV in Veneto. Il Metodo di potatura soffice della vite si basa su interventi di taglio mirati e rispettosi della salute della pianta, che permettono addirittura di raddoppiarne l'età, con notevoli risparmi per le aziende, che hanno vigneti longevi e piante più sane. Il che significa uve, e quindi vini, di qualità superiore. Spesso le malattie delle viti sono causate da potature errate che fanno crescere, in misura esponenziale, le infezioni al legno. Con il Metodo Simonit&Sirch si riducono considerevolmente anche i costi in vigna, dato che le ore di potatura si riducono notevolmente. “L’interesse suscitato dalla Scuola ha superato ogni nostra aspettativa, dice Marco Simonit (nella foto). Siamo orgogliosi di aver contribuito a recuperare un mestiere antichissimo, quello del potatore, e di averlo aperto ai giovani, che vi possono trovare interessanti prospettive di lavoro.” Dettagli dei corsi sul sito   www.simonitesirch.it

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Un bar come essere a casa Enoteca al femminile, grapperia e molto altro ancora: è Dawit FABIANA ROMANUTTI

Un bar come essere a casa. Un ambiente soft dove oltre a fare colazione, si sta bene a leggere, a scrivere, a chiacchierare. Dalle 6 del mattino alle 20, ogni giorno, Dawit è caffetteria, bar, spuntineria, enoteca e grapperia. All’interno dello shop trovate biscotti, torte, cioccolato, mieli e marmellate, caffè, tè e divertenti oggetti per la casa. Nell’enoteca distillati di frutta, vini da tutt’Italia e una vastissima scelta di grappe”. Questa la presentazione dell’enoteca, una delle 5 dell’anno 2011 presentata

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a Golosaria, la prestigiosa rassegna di artigiani del gusto organizzata a Milano da Paolo Massobrio. Da Dawit ci è capitato di fermarci qualche volta, diretti in Austria, ma non avevamo mai avuto occasione di fare due chiacchiere con la titolare di questo luogo di ritrovo. Lei è Benvenuta Plazzotta e continua un’attività iniziata dai genitori oltre 50 anni fa. “Sono stati loro, ci racconta, a insegnarmi l’attenzione per il cliente, io ho portato avanti il loro impegno. Ho frequentato il primo corso di somme-

lier nel 1990 quasi per caso: mi sono trovata a gestire l'azienda di famiglia mentre seguivo gli studi di Economia e Commercio a Venezia. In seguito è cresciuta in me la passione per l'abbinamento e per la scoperta di vitigni nuovi”. Oggi l'enoteca (quindi un negozio per l'asporto del vino, con la consulenza di un sommelier) è un ramo di un'azienda che è il DAWIT. un posto di ristoro particolare per chi viaggia, sia che si diriga verso l'Austria e della Slovenia, sia che viaggi verso il mare,

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Grappa Lustock, fatta con un sedano selvatico locale Vediamo anche dei prodotti a marchio Dawit e chiediamo informazioni in proposito. Sì abbiamo prodotti a nostro marchio, spiega Benvenuta, fra i vini e i prodotti di gastronomia. In particolare siamo orgogliosi di poter offrire un prodotto che finora si faceva solo in casa per il consumo familiare: la nostra grappa Lustock, che è fatta con un sedano selvatico locale, particolarmente apprezzata come digestivo. Quest'anno nel periodo natalizio proporremo un cioccolato con il ripieno al Lustock, prodotto per noi da un artigiano del gusto come Gardini, anche lui premiato a Golosaria. Come si trova una donna enotecaria in questa zona, chiediamo alla fine della chiacchierata. “Vent'anni fa, dovendo vendere vino (la domanda era altissima, ora è scesa di molto) e non avendo alcuna preparazione ho approfittato quasi per caso, fra una gravidanza e l'altra (ho quattro figli) dei corsi organizzati nell'Alto Friuli. Poi la cosa mi ha ap-

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passionata: era bello conoscere, e poter scegliere quindi con più professionalità i prodotti che decidevo di mettere nei miei scaffali e venderli poi con l'autorevolezza

Dawit: via Alpi Giulie, 30 Camporosso di Tarvisio tel. 0428 63012 www.dawit.it

che ti dà l'aver approfondito la conoscenza. Mi piace tantissimo poter proporre l'abbinamento con il cibo: c'è chi, specialmente fra i vicini austriaci, viene qui con il menù in mano e mi chiede tutti gli abbinamenti per la cena. E' bello che le donne, che tanta passione mettono nella scelta degli ingredienti, tanto tempo mettono nella preparazione delle pietanze, abbiano capito che il loro lavoro e la loro cura possono essere solo esaltate dall'abbinamento con il vino giusto”.

il sole e l'accoglienza dell'Italia. Noi siamo in mezzo a questo crocevia, continua a speigarci. La nostra è una struttura innovativa, curata in ogni più piccolo dettaglio, adibita alla sua doppia funzione di punto vendita di specialità enologiche e gastronomiche di tutta Italia e di moderna area di servizio. Ci troviamo lungo la statale SS 13 appena 1 km dall’uscita autostradale di Tarvisio.Il locale è arredato in stile country nordico, caldo e pieno di luce. Prepariamo spuntini e piccole pie-

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tanze utilizzando quegli ingredienti tradizionali e tipici che ci piacciono di più, dalle varianti di pane fresco e salumi della tradizione regionale, ai piatti di speck e di formaggio, alle torte e alle crostate, ai succhi di frutta appena spremuta. Il nostro è un punto ideale per la prima colazione (apriamo ogni mattina alle 6!) per uno spuntino dolce, per una merenda salata. Ma anche per lo shopping da regalo, con oggetti a tema da abbinare nelle confezioni che prepariamo al momento su richiesta

del cliente. Vogliamo che chi viene a trovarci per una breve pausa abbia la sensazione di sentirsi a casa: la sensazioni di trovarsi bene tra due punti dell’itinerario da percorrere assume così una nuova dimensione. Il significato del nome Dawit, le chiediamo. Il nome è stato inventato 52 anni fa da mio padre, ci risponde, non ha un vero significato, è facile da ricordare, anche per una clientela straniera (e ha funzionato veramente bene, abbiamo clienti austriaci che ci frequentano da tre generazioni!).

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PROSECCO SUPERIORE

Borgoluce: sintesi enologica di un territorio FABIANA ROMANUTTI

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hi è stato a Vino in Villa, la manifestazione che ospita un centinaio di cantine produttrici di Prosecco Superiore avrà certamente ammirato il contesto, il castello di Susegana e i suoi dintorni. E’ in quell’occasione che abbiamo scoperto Borgoluce e l’incanto di un giorno si è rafforzato con alcune visite successive. Borgoluce è la sintesi enologica di un territorio vocato alla viticoltura, che all’interno dei suoi confini, dalle colline di Susegana alla pianura di Santa Lucia di Piave sino al comune di Pieve di Soligo racchiude un mondo incontaminato. La filosofia aziendale ha portato il prodotto al raggiungimento di una qualità riconosciuta, legata a metodi agricoli sostenibili (limitato impatto ambientale, riduzione dei fitofarmaci, utilizzo di fonti rinnovabili). Le contesse Maria Trinidad, Caterina e Giuliana sono appassionate di viticoltura e credono nella produzione di vini che rappresentino le radici, la tradi-

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INFO Borgoluce Località Musile, 2 Susegana (TV) Tel.0438 435287 www.borgoluce.it

zione e la storia dei Collalto. L’amore per un territorio le ha spinte ad impegnarsi in un sogno: la realizzazione di una linea di vini d’eccellenza. La superficie vitata attuale è di circa 65 ettari nell’area Valdobbiadene Prosecco Superiore DOCG, i vigneti sono ubicati nelle zone collinari tra Susegana e Collalto. La Denominazione di Origine Controllata e Garantita è giunta nel 2010 quale riconoscimento al distretto produttivo e alla garanzia del prodotto che ne deriva. Borgoluce vinifica solo uve proprie e si presenta nel mercato con Valdobbiadene Prosecco Superiore DOCG Extra Dry – RIVE di Collalto Millesimato, realizzato con micropartite delle migliori uve dai vitigni delle ripide rive delle colline di Collalto; Valdobbiadene Prosecco Superiore DOCG Brut, prodotto con uve selezionate, raccolte in anticipo e fermentate in autoclave a bassa temperatura, per esaltare finezza e sapidità; Valdobbiadene Prosecco Superiore DOCG Extra Dry.

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Superiore, perché? La definizione Superiore deriva dal fatto che l’ambiente di coltivazione delle vigne è in alcune zone particolarmente difficile. Le colline hanno pendici ripide e la conformazione del territorio diventa parte integrante dell’identità e del nome del prodotto. Le viti si trovano nella parte soleggiata dei colli, con esposizione a sud, sud-est. Ai differenti fattori ambien-

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tali, quali suolo, pendenza, clima, esposizione al sole, altitudine, è imputabile la sensibile sfumatura organolettica dei vini. Diversi da collina a collina e proprio per valorizzare questa diversità è stato creata la tipologia RIVE. Rive quindi significa spumante prodotto solo con uve di quel selezionato vigneto in quel preciso comune o frazione di esso.

Tenuta di Collalto - Borgoluce 1300 ettari ca. di estensione tra i comuni di Santa Lucia, Susegana, San Pietro di Feletto, Collalto e Pieve di Soligo. 65 ettari a vigneto tra Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore DOCG, Pinot Grigio, Manzoni Bianco, Chardonnay, Merlot, Cabernet, Wildbacher. 553 ettari di seminativi: mais, orzo, frumento tenero, farro, soia, sorgo e loietto. 180 ettari di prato-pascolo. 420 ettari di boschi. 2 ettari a oliveto 850 capi di bovini da carne delle razze Limousine e Charolaise, linea vacca vitello, allevamento allo stato semibrado. 200 capi suini di razza Duroc allevati allo stato brado. 250 capi di bufale da latte della razza Mediterranea 30 capi equini di razza Haflinger; 40 capi ovini da carne di razza Alpagota

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Il vino dell’amore Trentatre “Amici del Picolit”

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otremmo parafrasare il noto proverbio sui trentatre trentini... ma qui si tratta di trentatre produttori di Picolit del comune di Povoletto e non c’è nulla da scherzare. L’impegno è serio: la conquista della denominazione della sottozona “Savorgnano”. Per fare ciò e per promuovere questo vino autoctono che è uno dei gioielli delle nostre terre si sono riuniti nell’associazione Amici del Picolit. Ecco i loro nomi: Marcellina Zenarola, Alessandro Sara, Alessandro Perini, Luca Giorgiutti, Germano Petrichiutto, Massimo Mangilli, Luca Piccini, Marco Sara, Fausto Fattor, Terzo Giorgiutti, Roberto Castenetto, Valentino Vidoni,

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Ottorino Pontoni, Giovanni Venuti, Luciano Borluzzi, Enore Castenetto, Ludovico Del Fabbro, Giovanni Martinis, Clorinda Venuti, Giorgio Clochiatti, Laura Feruglio Angelo Giorgiutti, Luigi Castenetto, Gilberto Castenetto, Nicola Foschiatto. Alla base c’è un valore di mercato: la sinergia. Sinergia per promuovere un prodotto e soprattutto per aumentare nei produttori la consapevolezza di offrire un prodotto di alta gamma. Il consiglio direttivo è formato da nove persone, di cui 7 sono giovani sotto i trentacinque anni. Presidente una donna, Francesca Ciani (nella foto pag a dx). “Vogliamo che questa associazione faccia una promozione

che potremmo definire di filiera, ci spiega, perché vogliamo riuscire a valorizzare il territorio attraverso tutti i prodotti tipici locali, non solo con il Picolit. C’è anche un riferimento storico culturale da valorizzare: la famiglia Savorgnan, che dà il nome proprio alla frazione del comune. Si racconta che i famosi Romeo e Giulietta abbiano vissuto la loro storia d’amore proprio in quel di Savorgnano, incontrandosi nei pressi della torre. I loro nomi? Luigi Da Porto e Lucina Savorgnan! E’ stata così una scelta quasi spontanea far diventare il Picolit il “vino dell’amore”. E per il 2012 è in programma anche un Festival del Picolit!

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Il marketing del conte Fabio Asquini “…fu deliberato di rassegnare para due Parsutti e dodeci Bottiglie Picculit, piccolo saggio delli prodotti di questa Terra”

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lla fine del XVII secolo e in quello successivo risalgono le prime documentazioni ufficiali sull’esistenza di un vino Picolìt. Fu l’Asquini a lanciarlo sui mercati come vino da delizia, diverso dai vini ad uso di pasteggiare. I Picolit di Asquini non erano tutti uguali, non solo perché trattasi di prodotto vivo della natura, ma perché lo si differenziava per soddisfare il diverso gusto dei mercati: ai clienti tedeschi era destinato il picolit più amabile, a francesi e inglesi il più sciolto che non abbia niente di

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dolce e appena un po di quel che noi chiamiamo solamente grazia. Informazioni queste che abbiamo tratto dall’articolo di Maria Cristina Pugnetti su Tiere furlane n. 7. Pur essendo Abstemio a nativitate, era Asquini a stabilire la diversa dolcezza, la cui sfumatura gli era nota grazie ad assaggi di collaboratori. Lo vendeva a un ugual prezzo poiché la qualità era la stessa essendo frutto di medesime uve. Le bottiglie da 0,6 litri erano in vetro verde ordinate a Murano alla vetreria “Alla vera amicizia”. La prima etichetta aveva la scritta

“Picolit di Fagagna” per poi passare a quella con scritto “Picolit del Friuli”. La sua rete di diffusione contava sul passaparola di camerieri a servizio in case di nobili e mercanti e sulla rete dell’alto clero. Pochi decenni, seppur di grandi successi, non furono sufficienti a consolidare il nome. Il Picolit subì la concorrenza dei vini dolci provenienti dal Levante, un prelievo fiscale gravoso dell’Impero asburgico sui prodotti agricoli, un calo degli acquisti dei beni di pregio dopo la crisi dovuta alle guerre... Poi nel XX secolo ci fu la sua Rinascita.

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CONSERVARE IL VINO

Non avete la cantina? C’è la cantinetta! La cantina personale è il sogno di ogni appassionato di vino, ma non tutti hanno lo spazio necessario. Molte le soluzioni studiate per le cucine d’oggi, anche a quantità di bottiglie limitata, ma subito disponibili all’uso q.b. IN BREVE

Sam Brulè

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l design ha ormai scoperto la nuova passione degli italiani: una buona collezioni di vini scelti personalmente magari dal produttore di fiducia. Ma dove conservarle, e in posizione orizzontale naturalmente, se si abita in città e non si ha una cantina regolamentare a disposizione? Ecco pronta la cantinetta, ovviamente di design, ipertecnologica e climatizzata. Ce ne sono veramente per tutti i gusti e con ingombri studiati al minimo. Scholtès ne propone una a incasso che in soli 45 cm contiene 24 bottiglie e promette di garantire le condizioni ideali per conservare ogni tipo di vino alla giusta temperatura e umidità, con zero vibrazioni, circolazione d’aria e

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protezione dai raggi ultravioletti. La temperatura è mantenuta costante grazie a un termostato elettronico, il livello di umidità è garantito dal sistema anti-condensa e da una camera d’aria isolante, la ventilazione è ottimizzata e il sistema anti-vibrazione assicura la stabilità. Nella foto, un elegante e “invisibile” ma pratico inserimento nei mobili da cucina. Se ventiquattro bottiglie vi sembrano poche passate alla versione extra large di AEG: su sei ripiani di bottiglie ce ne stanno ben ottantatre. Giovane e versatile, Bachus di Slide è realizzata con moduli in propilene sovrapponibili... all’infinito.

L'azienda biologica Pecol di Raveo che produce sciroppi, confetture, aceti a base di fiori, frutti ed erbe di Carnia, propone una bevanda analcolica ottenuta dal sambuco e venduta in bottiglia. Leggermente riscaldata, ha il sentore e il sapore del brulè. Info: 0433 746239 www.olivello.com

Intervista in vigna Disponibile in rete l'intervista fatta in vigna a Nereo Bressan, vignaiolo artigiano di 80 anni. Una rarità, in quanto Nereo di solito non si fa fotografare, né tanto meno riprendere. http:// www.winestories.it/il-vino-dinereo/

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BERGUL

GIAN

SBILF

TIPO DI VINO Rosso secco strutturato. VITIGNO Refosco dal peduncolo rosso, schioppettino, merlot dal peduncolo rosso, biotipi antichi. TERRITORIO E VIGNETO Terreni marnosi con buona presenza di arenaria, altitudine 150-200 mt sul l.m. Vigneti terrazzati, 4800 ceppi per ettaro, Guyot classico con 4/5 gemme per ceppo. COLORE Rosso intenso con riflessi granati. OLFATTO Imponente, con sentori di frutta rossa, speziati di legno balsamico, cuoio, liquirizia, note fumè. GUSTO Intenso con note di mirtillo e ribes nero supportato da tannini eleganti e note boisè. ABBINAMENTO GASTRONOMICO Carni rosse, spiedi, cacciagione, arrosti o formaggi saporiti. Il nostro piatto preferito: Braciole di cinghiale in salmì.

TIPO DI VINO Rosso strutturato. VITIGNO Merlot dal peduncolo rosso. TERRITORIO E VIGNETO Terreni marnosi esposti a sud-ovest,vigneto terrazzato, 5.000 ceppi per ettaro, allevato a Guyot classico monolaterale con 5-6 gemme per ceppo. COLORE Rosso rubino intenso. OLFATTO Fruttato, ricco, mirtillo maturo, mora selvatica, ciliegia, vaniglia   e cioccolato. GUSTO Pieno, intenso, quasi carnoso con sensazioni di frutti rossi maturi, quali mirtilli, cassis e prugne secche, supportato da note tanniche dolci ed eleganti. ABBINAMENTO GASTRONOMICO Da accompagnare con carni di animali da cortile in umido, brasati, arrosti, carni alla brace e formaggi stagionati. Il nostro piatto preferito: Oca con le verze.

TIPO DI VINO Bianco secco. VITIGNO Friulano, selezione di cinque biotipi di Tocai giallo dei vigneti storici. TERRITORIO E VIGNETO Il vigneto è stato messo a dimora su terrazzamenti antichi rimodellati. 4500 ceppi per ettaro allevato a Guyot con 4 - 5 gemme per ceppo. Le uve sono vinificate nel rispetto delle più antiche tradizioni. COLORE Giallo paglierino intenso. OLFATTO Fruttato e fragrante con sottofondo di crosta di pane caldo, ricordi di fiori di acacia e frutti tropicali maturi. GUSTO Elegante, di corpo moderatamente acidulo con delicati sapori di pera, lievito e mandorla amara. ABBINAMENTO GASTRONOMICO Da accompagnare con antipasti, pesci, salumi e carni bianche. Il nostro piatto preferito: Branzino selvaggio al sale.

Gli orari per acquistare direttamente i vini in azienda: dal lunedì al sabato dalle 9 alle 12 e dalle 14 alle 18; la domenica dalle 14 alle 18.

LIS FADIS VINI DEI COLLI ORIENTALI _ Società Agricola Marcorin & Plozner s.r.l Strada S. Anna, 66 Loc. Spessa _ Cividale del Friuli (UD) _ tel. 0432 719510 cell. 335 5414416 _marcorin@vinilisfadis.it _ www.vinilisfadis.it


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AUTUNNO FRIULANO

Protagonisti i vini e le eccellenze della regione Si celebra il mezzo secolo di storia del Consorzio di tutela del Prosciutto di San Daniele, il più antico d’Italia!

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di tartare, dadolate, filetti di pesce affumicato. Alle 15.00 sempre venerdì il Castello ospita la presentazione, aperta al pubblico, della Guida Vini&Ristoranti del Friuli Venezia Giulia de L’Espresso con il direttore editoriale Enzo Vizzari. E, vera bella

Cinquant’anni per il San Daniele 1961-2011

Storia del Consorzio del prosciutto di San Daniele 1961-2011

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omune di San Daniele del Friuli, Consorzio del Prosciutto di San Daniele, Associazione Italiana Sommelier, Direzione centrale alle Risorse rurali, agroalimentari e forestali e Agenzia regionale per lo sviluppo rurale, ERSA: una sinergia di enti per una grande festa d’autunno nella località che con il suo prosciutto crudo di eccellenza è nota in tutto il mondo. “Sandaniele” è infatti ormai sinonimo di crudo. Dopo l’incontro di venerdì 25 con la stampa specializzata al Castello di Villalta per inediti abbinamenti tra le proposte dei ristoratori con maggior punteggio nella Guida dell’Espresso FriuliVG e i vini finalisti di Friulano & friends, oltre a una degustazione del paniere Tipicamente Friulano con tanto di cestino da pic nic con stoviglie e leccornìe a base

Storia del Consorzio del prosciutto di San Daniele 1961-2011

sorpresa, ci sarà il calendario dedicato da Ersa al vino Friulano. Alle 17,30 a San Daniele prendono il via le celebrazioni organizzate per festeggiare il 50esimo anniversario della costituzione del Consorzio di tutela del Prosciutto di San Daniele, con la presentazione del volume “50 anni per il San Daniele” a cura di Antonio Giusa. Un’autobiografia collettiva dei protagonisti della storia del prosciutto di San Daniele e del suo Consorzio basata sui documenti ufficiali e accompagnata dalle memorie delle persone che si sono succedute alla guida dell’associazione. Per tutta la giornata di sabato 26 novembre i 50 anni del Consorzio saranno festeggiati con degustazione di prosciutto curata direttamente dagli esercizi del Centro storico di San Daniele in collaborazione con l’ASCOM e con la ProSanDaniele.

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Nelle immagini un momento della fase di sugnatura e lo scorcio sempre suggestivo di una "cattedrale" del prosciutto crudo

Sabato 26 novembre: 250 ottimi motivi per esserci Negli spazi del Teatro “Ciconi” si potranno degustare i vini delle cantine della regione che hanno ottenuto i maggiori riconoscimenti sulle guide di settore, selezionati dall’Associazione Italiana Sommelier, Delegazione del Friuli Venezia Giulia, ovviamente proposti in abbinamento con i prodotti di eccellenza dell’agroalimentare Tipicamente friulano. Da segnalare che la Scuola mosaicisti del Friuli, a partire da disegni inediti, ha realizzato delle etichette musive per 24 maxi bottiglie da 5 litri di aziende finaliste del Friulano & friends. Per l’Autunno Friulano l’Ersa ha voluto fare le cose in grande: in piazza si potranno scoprire le attività che esprimono la tradizione rurale della regione. A partire dalla lavorazione delle carni di maiale, con una mostra degli attrezzi utilizzati. Spazio anche alle produzioni lattiero casearie di malga, ai formaggi ovi-caprini e alla nostra più tipica preparazione orticola: la brovada. Tocco di colore il ciclamino friulano, un fiore certificato!

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DIORAMI San Uberto, protettore dei cacciatori Nella Sala Consiliare del Municipio e nella Chiesa della Fratta attrattività garantita grazie ai diorami esemplificativi del contesto ambientale e faunistico dell’area di San Daniele realizzati dai Distretti Venatori della regione, in collaborazione con la Direzione centrale alle Risorse rurali, agroalimentari e forestali, con visite guidate per le scolaresche condotte da esperti del Corpo Forestale regionale e del Servizio caccia, risorse ittiche e biodiversità. Completano l’evento l’esibizione del coro di Doberdò del Lago (nella foto) e dei suonatori di corno da caccia della Valcanale.

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San Daniele del Friuli

sabato 26 novembre

Autunno Friulano a San Daniele! Una cornice ideale per festeggiare il Vino di Eccellenza del Friuli Venezia Giulia! Una occasione anche per festeggiare i primi cinquant’anni del Consorzio del Prosciutto di San Daniele! Nella prestigiosa e storica sede del Teatro Teobaldo Ciconi andranno in scena le più prestigiose “Opere” dei vigneti del Friuli Venezia Giulia!

52 prestigiose Aziende per 250 strepitosi Vini

Banco di assaggio dei 250 migliori vini regionali (tra cui i vini premiati con l’Eccellenza dalle principali Guide dei Vini d’Italia 2012) e dei prodotti agroalimentari del “Tipicamente Friulano” dalle 10.30 alle 20. Teatro Teobaldo Ciconi, Via Battisti, 3 (centro storico). La degustazione è aperta al pubblico. Ai banchi di assaggio saranno presenti i produttori, assistiti dai nostri sommelier.

La partecipazione alla degustazione non necessita di prenotazione e terminerà alle 20.00. Ingresso: € 20. Nel prezzo è compreso: il calice da degustazione in omaggio, le degustazioni dei vini e una degustazione presso i banchi di assaggio dei Prodotti Tipici regionali nel padiglione del “Tipicamente Friulano”.

• Aquila del Torre • Borgo Judrio • Borgo San Daniele • Branko • Tenuta Cà Bolani • Canus • Casa Zuliani • Castello di Buttrio • Castello di Spessa • Collavini • Colle Duga • Mauro Drius • Livio Felluga • Marco Felluga • Gravner • Il Carpino • Jermann • Kante • Edi Keber • Renato Keber • La Roncaia • La Tunella • Le due Terre • Le Vigne di Zamò • Lis Fadis • Lis Neris • Livon • Magnas • Meroi • Podversic • Doro Princic • Raccaro • Ronc di Vico • Ronchi di Cialla • Ronchi di Manzano • Ronco dei Tassi • Ronco del Gelso • Ronco delle Betulle • Sara & Sara • Schiopetto • Scubla • Skerk • Tenuta Luisa • Toros • Torre Rosazza • Venica & Venica • Vie di Romans • Villa Russiz • Volpe Pasini • Vosca • Zidarich • Zuani

Info: T . 0432 204688 | www.aisfvg.it | info@aisfvg.it

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PURCIT IN STAJARE Salumi tradizionali di Artegna e del Gemonese

CINZIA COLLINI

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on grande lungimiranza già nel 1999 fu chiesta e ottenuta (precisamente con D.M n. 350 dell’8 settembre 1999), la tutela del marchio di tipicità su alcuni salumi tradizionali di Artegna e del Gemonese. Una secolare tradizione tramandata da padre in figlio dai purcitârs (norcini), riconosciuta nel suo valore dagli stessi abitanti e produttori che orgogliosamente hanno voluto sancire la provenienza esclusiva di certi prodotti da Artegna e dai comuni limitrofi del Gemonese. Prodotti che vi vogliamo presentare nel dettaglio. La soppresse Dartigne (soppressa di Artegna) viene ricavata dalla carne della coscia di maiali di peso non inferiore ai 180 kg, con aggiunta di carne della spalla, lardo della zona dorsale, sale, pepe nero macinato, vino rosso e aglio. Il tutto insaccato in budello naturale di bovino. La stagionatura minima di 8 mesi offre un prodotto particolarmente morbido, profumato e gustoso, del peso circa di 2 kg a pezzo. Per la polmòne vengono utilizzati ritagli di carne suina con l’aggiunta di frattaglie (cuore, polmoni, reni e milza), macinati e mescolati manualmente con sale e pepe, noce moscata, cannella, chiodi di garofano e semi di coriandolo. Vengono insaccati in budello naturale di suino, ovino o bovino. La lavorazione e l’insacco avvengono entro 24 ore dalla macel-

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lazione del maiale. Oggi la polmòne è divenuta una di quelle eccellenze rare, assai amata dai gourmet e piuttosto difficile da reperire in quanto dev’essere consumata entro 20 giorni dalla realizzazione. (E gli indirizzi vengono fatti trapelare come un segreto prezioso). Nella pansete cun brusàdule (pancetta con lonza) viene utilizzata la pancetta, privata della cotica, con tranci di lonza, ai quali si aggiungono sale e pepe, insaccati in budello naturale di bovino. Il prodotto, dal peso unitario di circa 2,5 kg, è pronto dopo una stagionatura minima di dieci mesi. Il nome crafùs suona misterioso a molti al giorno d’oggi: trattasi di piccole polpette di fegato suino macinato, avvolto nel mesentere (il grasso suino che si trova tra le anse intestinali), con l’aggiunta di pane grattugiato, uva sultanina,

scorze di limone e arancia, cubetti di mela. Il tutto mescolato a sale, pepe e altre spezie, con frittura finale nello strutto. L’ardiel rodolât di Dartigne (lardo arrotolato di Artegna) si ottiene dalla zona dorsale del maiale, dopo opportuna toelettatura del grasso molle, che nella zona dorsale è più solido e pregiato. Lasciato a riposare su un graticcio per garantirne l’areazione su tutti i lati, evitando la formazione di muffe sulla cotica, il lardo viene prima salato e dopo 4 o 5 giorni vi si aggiunge del pepe macinato. Giunge così il momento di arrotolarlo, mantenendo la cotica esterna. Ultimo tocco la sigillazione, con lo strutto dello stesso suino, al fine di evitare l’ossidazione. Dopo una stagionatura minima di 3 mesi, tagliato a fettine sottili accompagnate da pane fresco croccante è una vera ghiottoneria che accarezza il palato e fa godere le papille. Lo si può utilizzare anche a cubetti, come condimento: in questo caso brovada e lidric cu lis frizzis (radicchio con i ciccioli) saranno in grado di farvi provare emozioni dimenticate. Per strafare accompagnate il tutto con il pan cu lis frizzis (pane i ciccioli). Tutte queste meraviglie le potete assaggiare ad Artegna durante la grande festa di Purcit in staiare. L'ultimo fine settimana di novembre e il primo di dicembre. Ma attenzione: creano dipendenza!

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Turisti per un giorno: scoprire Artegna Di pietra in pietra, tra voci del passato e un paesaggio che accoglie CINZIA COLLINI

Questi giorni di autunno fanno di Artegna uno scrigno di ori e rossi con tante cose preziose da scoprire. Se solo decidiamo di guardare con occhi nuovi quello che ci circonda scopriremo frammenti di storia capaci di affascinarci e farci riflettere sulla nostra identità.

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uando verrete ad Artegna per le prelibatezze suine, vi consiglio di prendervi un po’ in tempo in più e fare due passi nei dintorni. Scoprirete il Castelletto, un complesso fortilizio dei signori del luogo che vi abitarono intorno al XIII secolo, con torre di guardia e una parte dell’antico muro di cinta. Ristrutturazioni e lavori di sistemazione, danni del terremoto del ‘76 e parziali restauri ne fanno un manufatto di fascino che parla insieme di nuovo e di antico. Un po’ come in tante altre località del Friuli anche ad Artegna scavi archeologici recenti hanno portato alla luce testimonianze di insediamenti fin dall’epoca romana e manufatti altomedioevali. Mi piace particolarmente la chiesetta di San Leonardo, è solo una tipica chiesetta votiva

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visita pastorale, il patriarca Barbaro fece realizzare un nuovo tabernacolo, pregevole lavoro che richiama l’arte dei maestri comacini. La più antica chiesa del paese è dedicata a San Martino, venerato dai Longobardi. La chiesetta ha un orientamento est-ovest, con l’abside a levante, secondo uno schema diffuso tra tarda antichità e alto medioevo. L’impianto attuale della chiesa è, però, cinquecentesco: l’epigrafe posta sopra l’ingresso principale attesta che venne riedificata dopo il terremoto del 1511, che la rovinò gravemente. La campestre che sorge su un poggio. Il portico con i suoi gradini mi consente ancora oggi l’occasione di una sosta riposante e piacevole nel verde mentre lo sguardo si allunga fino alle dolci colline di Buja o punta al Colle di san Martino e alle montagne di Faeit e del Cuarnan. E poi c’è Santa Maria Nascente, la Pieve, già documentata in un atto del 1190. Non doveva avere grandi dimensioni ed era ubicata secondo la consuetudine sull’asse estovest. Nel 1595, in occasione di una

stessa epigrafe ci informa inoltre che la chiesa era già stata ricostruita nel 1303, essendo stata distrutta dai signori locali. Insomma testimonianze della storia, di nuovi e antichi signori e di popolazioni sempre fedeli ai loro simboli. E poi c’è una chiesa davvero unica, quella di Santo Stefano, da cui abbiamo preso il simbolo della festa, un porcellino che si aggrappa alle pareti, simbolo certo di una tradizione rurale antica e sentita.

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Trifule in fieste

Fiera del tartufo bianco friulano pregiato di Muzzana Domenica 27 novembre premiazione e asta dei pezzi di Tuber Magnatum Pico partecipanti alla mostra

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Muzzana del Turgnano nei giorni 25, 26, 27 novembre si celebra la II fiera del Tartufo friulano. Come avevamo già detto a proposito dell’olio d’oliva, fino a qualche decennio fa praticamente sconosciuto alle tavole quotidiane del friulano medio, burrofilo per eccellenza; come abbiamo scritto nel numero di q.b. del mese scorso a proposito del riso che nasce di nuovo in località Paradiso di Pocenia: il claim di Ippolito Nievo “Friuli, piccolo compendio dell’Universo” è sempre più vero e attuale in campo enogastronomico. Ora siamo consapevoli di avere in zona anche una leccornìa come il tartufo. Festeggiato con una supercena realizzata dai ristoranti da Nando di Mortegliano, Convivio di San Giorgio di Nogaro, La Bricola di Aprilia Marittima e Principato di Ariis di Rivignano. 180 i posti a sedere; portate servite in un elegante servizio di piatti di porcellana, bicchieri di cristallo, tovaglie bianche marchiate “Tipicamente friulano” e con il logo del cane da tartufo. Seguono due intensi giorni di festa golosa, sabato 26 e domenica 27. Il tartufo bianco di Muzzana è già assurto in soli due anni (l’edizione 2011 è certificata

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L’asta del tartufo: una quarantina di tuberi raccolti nel bosco di Muzzana saranno battuti all’asta e aggiudicati al migliore offerente: tutto il ricavato verrà devoluto a favore di associazioni onlus che si occupano di assistenza. I tuberi non verranno trattenuti ma ceduti gratuitamente all’associazione

con il marchio Tipicamente friulano) agli onori della cronaca più ampia. Il sindaco Vittorino Gallo ha partecipato infatti il 12 novembre a una tavola rotonda sul Tuber Magnatum Pico condotta alla radio dal gastronauta Davide Paolini, insieme a guru italici del tartufo, a partire da quelli di Alba. Insomma un’ulteriore prova che alle cose bisogna crederci. Come hanno fatto i soci dell’associazione MAT – Muzzana Amatori Tartufi, presieduti da Gianfranco Del Piccolo. Segnaliamo subito ai gourmet che l’asta e la premiazione del tartufo 2011 si svolgeranno domenica 27 novembre dalle 19. Sempre domenica già dal mattino saranno aperti gli stands con piatti di carne bovina di Pezzata rossa, carni suine alla brace certificate AQuA, formaggio Montasio, pesce di laguna e di valle. Sabato sera in tendone riscaldato sarà in funzione un ristorante con menù a base di tartufo a prezzo contenuto. Il ristorante resterà aperto anche domenica dalle 12 per tutto il pomeriggio fino a sera. Per l’intera durata della fiera esperti tartufai saranno a disposizione per spiegare l’arte della raccolta e la storia del pregiato tubero bianco friulano. Info sul sito www.muzzanamatoritartufi.it

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Missione possibile: bosco Baredi Era un sabato di novembre, era il 1984. Alle 10.30…

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uando si è scoperto il primo tartufo a Muzzana? Lo chiediamo al presidente dell’associazione Gianfranco Del Piccolo. Lui c’era!

l’origine del nome è dovuta alla consuetudine di paesani di ritenerci pazzi (mat in friulano) nel sostenere la presenza del tartufo bianco in zona. Con l’evidenza dei fatti anche i più settici si sono ricreduti; ma noi restiamo M.A.T. L’idea di formare l’Associazione è nata nel 2005 dopo la mappatura delle tartufaie naturali del FriuliVG commissionata dall’ERSA FVG al centro sperimentale di tartuficoltura di Sant’ Angelo in Vado. Una ventina di residenti si sono prefissati la salvaguardia del territorio e la divulgazione delle conoscenze sui tartufi. Il merito del successo è dovuto senza dubbio alla prelibatezza del “Bianco Pregiato di Muzzana”, alla dedizione e costante presenza dei componenti il Nucleo Operativo in questi sei anni di attività, dall’incoraggiamento dei numerosi soci (252). La prima edizione Trifule in fieste del 2010 ha fatto il resto.

“La riscoperta risale al 1984, ci racconta, quando casualmente si incontrano dopo 35 anni due amici d’infanzia “rovigoti”, (Piero, alias Giuseppe Trombini, residente da 35 anni a Muzzana e Ciso (Tarcisio Briatti), uno dei componenti della Corale di Lugo di Romagna giunto nel nostro paese per un’esibizione nella chiesa S. Vitale). I due amici fanno una passeggiata nel bosco Baredi – Selva di Arvonchi, per ricordare i vecchi tempi e Ciso si rende conto che la tipologia del luogo è simile alle località dove lui stesso esercita la cerca e la raccolta del tartufo bianco. Piero, mio caro amico, propone un’uscita. Nella mia veste di addetto comunale al bosco, ottenuto il benestare dell’allora sindaco Luisa De Marco (quale gestore dell’uso civico) e del direttore delle locale riserva di caccia Gerardo Bianco per l’uso dei cani per la cerca, è partita la “spedizione” (c’era anche Antonio Cortesi). Era un sabato di novembre, alle 10.30 circa veniva “cavato” il primo tartufo bianco a memoria di residente. Probabilmente in epoca romana con i boschi usati come pascoli per porci non saranno passati inosservati questi tuberi tanto profumati e tanto apprezzati dai suini. La Foresta Lupanica, “madre” dei relitti planiziali esistenti attualmente, è stata fonte di approvvigionamento di legname in epoca romana, veneta, napoleonica, asburgica. Possibile che nessuno si sia accorto della presenza di questo principe della gastronomia? A titolo di curiosità il più bell’esemplare cavato in questa stagione 2011 pesava 190 g. il più piccolo grammi 1,2.

Anche il tartufo di Muzzana è afrodisiaco? Le proprietà afrodisiache dei tartufi decantate in passato da molti, sono smentite dagli studi moderni, ma la sua bontà, il suo profumo seducono il nostro naso, il palato, il cervello…

Poi è nata l’associazione, Mat… La sigla potrebbe voler dire Muzzana Amatori Tartufo, ma

Il tartufo è molto nutriente e può disporre della voluttà (Galeno)

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Domanda del profano: i tartufi li piantate? Per il tartufo bianco non esiste possibilità di “piantarlo” (in termini corretti il tartufo non si pianta, si ottiene micorizzando piantine di diversa specie secondo il tipo di tartufo che si vuole riprodurre). Una tecnica che però non risulta efficace per il “Tuber Magnatum Pico”: la presenza di questo nobile fungo ipogeo è determinata in maniera naturale dalle componenti necessarie come terreno, umidità, temperatura e piante simbionti.

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PER SAPERNE DI PIù

Tartufo certificato Il tartufo bianco di Muzzana è il primo tartufo al mondo raccolto in un bosco che rispetta lo schema della certificazione forestale sostenibile. Un bosco certificato secondo il protocollo Pefc (Programme for Endorsement of Forest Certification). Trattasi del bosco Baredi (circa 160 ettari) di proprietà comunale, parte della foresta Lupanica che ricopriva la pianura friulana prima della colonizzazione romana, una macchia sopravvissuta alle bonifiche del secolo scorso. La certificazione è, sostanzialmente, una Catena di Custodia relativa al sistema di gestione adottato dall’Associazione MAT. Un sistema di codifica che permette di individuare in maniera univoca ogni singolo tartufo raccolto all’interno del bosco. Garantendo la provenienza locale. Ma non pensate di mettervi anche voi a fare i cercatori di tartufi: il tesserino di raccolta viene rilasciato solo ai soci residenti in possesso dell’abilitazione regionale alla raccolta del tartufo.

Convegni Alle 17.30 di sabato 26 novembre si svolgerà un convegno coordinato dal dottor Emilio Gottardo di Legno Servizi scarl di Tolmezzo sulle opportunità di certificazione PEFC dei boschi planiziali a vocazione tartuficola e sul Miglioramento delle tartufaie naturali con interventi del dottor Gianluigi Gregori del Centro Sperimentale di tartuficoltura di San Angelo in Vado (PesaroUrbino).

Nome scientifico: Tuber magnatum Pico Tuber (terrae) è nome latino e indica il fungo ipogeo, cioè che cresce sottoterra; magnatum non vuol dire che si mangia, ma che è destinato ai Magnati, cioè ai magnus, ai grandi, ai maggiorenti della città; Pico è il nome del medico che nel Settecento lo descrisse.

Tartufo, trifola, truffle L’ipotesi più accreditata sull’origine del nome è quella dello storico Giordano Berti secondo cui il termine tartufo deriva da terra tufule tubera. Titolo che appare in un’illustrazione della raccolta del tartufo contenuta nel Tacuinum sanitatis, codice miniato a contenuto naturalistico risalente al XIV secolo. Il termine tartufo deriverebbe dalla somiglianza che nel Medioevo si ravvisava tra questo fungo ipogeo e il tufo, pietra porosa tipica dell’Italia centrale. Il termine si contrasse poi in terra tufide e si modificò nei dialettali tartùfola, trìfula, tréffla, trìfola. Il vocabolo tartufo cominciò a diffondersi in Italia nel Seicento, ma nel frattempo la dizione volgare era già emigrata in altri paesi d’Europa assumendo varie dizioni: truffe in Francia, Trüffel in Germania, truffle in Inghilterra.

Origine del profumo Il tipico profumo penetrante e persistente si sviluppa solo a maturazione avvenuta e ha lo scopo di attirare gli animali selvatici (maiale, cinghiale, tasso, ghiro, volpe),nonostante sia coperto di terra, proprio al fine di spargere le spore e perpetuare la specie. Nel Medioevo questo aroma era considerato una sorta di "quinta essenza" che provocava sull'essere umano un effetto estatico. Nell’immagine un tagliatartufo.

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Quando l'opera va a tavola

La ricetta

Spaghetti alla Norma, tournedos alla Rossini, spalla cotta alla Verdi… SILVANO BERTOSSI

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accontare e descrivere una pietanza è un atto d'amore. Il racconto può essere espresso a parole, in versi, con immagini. Addirittura con pennellate a tonalità cromatiche diverse come diverse sono le sensazioni e le emozioni. La musica, le opere liriche in particolare, per meglio dire i compositori, hanno dato spesso spunto alla creazione di nuovi piatti. Il melodramma italiano non disdegna, anzi, l'accostamento con la buona tavola. Tenori, baritoni, soprano e interi cori tra una musicalità e l’altra assaggiavano i piatti della regione dove si esibivano. Del resto è ben noto il piatto che si chiama “Tournedos alla Rossini”, in onore dell’autore de “Il Barbiere di Siviglia”. Si tratta di fette di filetto, tagliate piuttosto spesse, cotte con Marsala o Madera, flambate, irrorate con il fondo di cottura a cui sono stati aggiunti patè e panna. A piacere, visto che siamo in piena stagione, decorare il piatto con fettine di tartufo. Per il vino di accompagnamento è consigliato un robusto rosso. Ci sono poi gli “Spaghetti alla Norma” legati al compositore Vincenzo Bellini: la pasta viene condita con sugo di pomodoro, dadini di melanzane fritte nell'olio bollente, ricotta salata a scaglie e foglioline di basilico. La “Spalla cotta alla Verdi” non è altro che la

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spalla cotta di San Secondo (un tempo la facevano di dimensioni minori delle attuali) e il grande Verdi suggeriva di accompagnarla con la “torta fritta” tipica emiliana. Se volete provarla ecco come procedere: mettere la spalla nell'acqua tiepida per dodici ore, immergerla poi nell'acqua fredda e farla bollire per circa tre ore e mezza. Nella sua Busseto Verdi prediligeva una cucina “poderosa”. Voleva le grandi fette di bue condite con mostarda di Cremona. Con l'arrosto mangiava sempre mezzo uovo sodo. Gli piacevano antipasti, risotti, pastasciutta e ravioli in brodo. Insomma: era quel che si dice una buona forchetta.

Torta Donizetti Bergamo, città natale del compositore, gli ha dedicato una torta (un po’ come a Udine hanno fatto per il dolce con le ali “Rosa Tiepolo”) sostiene che Donizetti attraversasse un momento un po' difficile e, in momenti simili, un dolce può diventare la miglior ricetta che nessuna farmacia riesce a dispensare. Eccovi la ricetta in caso di bisogno: Ingredienti: 300 g di burro,130 g di zucchero, 8 tuorli, 4 albumi, 50 g di farina 00, 120 g di fecola, 100 g di albicocche candite a cubetti, 100 g di ananas candito a cubetti, 1 cucchiaino di maraschino, 1 cucchiaino di vaniglia in polvere Preparazione: montare il burro con 120 grammi di zucchero unendo un tuorlo alla volta. Con il resto dello zucchero montare a neve i quattro albumi. Unire i due composti e quindi aggiungere lentamente la farina, la fecola, la frutta candita, il liquore e la vaniglia. Versare in uno stampo per ciambelle e mettere in forno già caldo per 40 minuti. Lasciar raffreddare e spolverizzare di zucchero.

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Cioccolata o Ciocorì? Una barretta di riso soffiato ricoperta di cioccolato al latte: ha segnato un’epoca!

MARTA OMERO

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’articolo di Silvano Bertossi sull’Idrolitina sul numero speciale di q.b. quantobasta FVG in edizione limitata, distribuito a Good 2011, è stato molto apprezzato e di certo fra i più commentati. In tanti ci hanno scritto per ricordare che poter chiudere la bottiglia ermetica era una gara fra fratelli e sorelle e riuscire a ottenere questo privilegio era il segno di una maturità raggiunta (la velocità era tutto, guai a far traboccare qualcosa sulla tovaglia: sì perché allora c’era sempre la tovaglia a tavola, ripiegata poi nel cassetto dopo l’uso, le tovagliette all’americana e i runner di tendenza erano di là da venire). Altri tempi, davvero! Molte le richieste di approfondimento su altre tematiche. Tranquilli, Bertossi ci sta lavorando, intanto in questo numero ci racconta alcuni legami fra cucina e opera lirica. Noi apriamo la strada a questo amarcord (cui sono inviatati a contribuire tutti i lettori) con una rilettura del Ciocorì, di cui ci sono pervenute alcune deliziose immagini con relative filastrocche cantate dai due personaggi durante gli spot. 2

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La ricetta

Ciocorì Riso soffiato, cioccolato fondente, burro, miele, vanillina (a piacere) soffiato Sciogliere il cioccolato fondente a bagnomaria a fuoco basso; aggiungere il burro già tirato fuori dal frigo e farlo sciogliere, mescolando bene i due ingredienti. Togliere dal fuoco, aggiungere il riso soffiato, il miele e la vanillina, mescolando bene. Mettere il composto in una teglia di alluminio e appiattirlo con un cucchiaio o una spatola fino a uno spessore di 4 centimetri. Lasciar raffreddare e poi mettere in frigo per farlo indurire. Ilda Casati

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La nostra cena di Natale Con prodotti e vini del territorio Cape e fasolari nostrani, patate di Carnia e vini delle valli: tra Plinio e Casanova in un crescendo di sapori

Aurelio Zentilin e Giuliano Orel

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olendo fare una proposta in merito a un menù natalizio, non potevamo che spaziare sui molluschi del nostro Adriatico contaminandoli, come nostro costume, con altre presenze del territorio. Il punto di partenza per la cen della Vigilia rimane la qualità delle materie prime e sul tema della salubrità e tracciabilità dei molluschi da acquistare ne abbiamo abbondantemente e ripetutamente parlato su q.b. L’unica indicazione su cui ancora ci soffermiamo, onde evitare spiacevoli inconvenienti gastrici in momenti di gioia, è di avere prodotti di assoluta freschezza che devono essere vivi e vitali al momento dell’acquisto, ovvero: se toccati, i molluschi con le valve aperte devono reagire e richiudersi, altrimenti NON preparateli in alcun modo!

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Il menù Antipasto Ostriche (Ostrea edulis) e fasolari (Callista chione) al naturale I molluschi crudi e soprattutto le ostriche, “vuoi a causa della ventosità che possono provocare, vuoi per la loro forma simile a parti topiche del corpo femminile”, sin dalla metà del XV sec. evocano assieme spiacevoli e altrettanto piacevoli istinti e millantano speciali proprietà afrodisiache. Una riprova la si trova nelle memorie scritte dal cavalier Casanova laddove le ostriche rappresentano il cibo della seduzione utilizzato anche come sex toy nel corso dei suoi incontri galanti. Ma torniamo all’argomento senza divagare. I fasolari e le ostriche “piatte nostrane” vanno serviti aperti nella loro conchiglia appoggiati su un vassoio contenente del ghiaccio o, più elegantemente, come proposto già da Plinio: “coperte di neve, mescolando così la sommità dei monti e la profondità del mare”.

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Capelunghe (Ensis minor) alla griglia

Zuppa di patate di terra carniche (Solanum tuberosum) e patate della Laguna di Marano (Tapes philippinarum)

Oggi, la cappalunga conosciuta anche come Capa de deo è mollusco molto pregiato a causa della sua sempre più difficile

Lessare le patate, pelarle e passarle al mixer assieme a un po’

reperibilità. Il piatto natalizio è semplicissimo: adagiate le

brodo di pesce fino a ottenere una purea semiliquida. In una

cappelunghe sulla griglia e spennellate con olio, pepe e sale

padella larga mettere aglio tritato, olio extra vergine di oliva,

poiché, come dice un detto maranese: la so morte la xè in

poco prezzemolo, aggiungere le vongole veraci coltivate in

griela. L’unica accortezza è toglierle dalla graticola appena le

Laguna di Marano assieme a un bicchiere di vino bianco e far-

valve si aprono e le carni accennano d inturgidirsi, altrimenti

le aprire a fuoco vivace per 4-5 minuti, coprendo la padella

diventeranno dure come siole de scarpe.

con un coperchio.

N.B.: la taglia minima di vendita è di 8,0 cm

Sgusciare e tenere al caldo avendo l’accortezza di conservare 3 o 4 vongole con le valve per guarnire ogni piatto. Recuperare il liquido di cottura delle vongole filtrandolo e amalgamarlo con la purea. Incorporare alla minestra le vongole sgusciate, aggiustare di sale e pepe. Impiattare adagiando sopra la zuppa di vongole e patate, 3-4 vongole con il guscio e un ricciolo di burro al tartufo bianco di

Capesante (Pecten jacobaeus) e/o canestrelli bianchi (Proteopecten glaber), al forno con lamelle di tartufo bianco

Muzzana.

Le cappesante “nostrane” e i canestrelli “bianchi” (la specie dal sapore meno dolciastro tra quelle presenti nel nostro mare) si aprono con la punta del coltello cercando di lasciare attaccata la polpa a una delle valve. Si toglie il “bottone nero” (l’epatopancreas) e si lavano con acqua corrente. Si appoggiano sulla leccarda da forno, si ungono con olio extravergine di oliva “gentile”, un pizzico di sale e una leggera macinata di pepe nero. Dopo aver riscaldato il forno a circa 200°C si inforna per un tempo brevissimo: per i canestrelli 1 minuto e qualche secondo al massimo, per la cappesante 3-4 minuti. Tolti dal forno, grattare sui molluschi una sottilissima lamella di tartufo bianco e servirli immediatamente, caldi. Nel preparare il desco natalizio abbiamo voluto richiamare i sapori e i saperi delle nostre famiglie condotte da donne frugali e parsimoniose ma mai banali nei gusti e nelle sorprese. E’ altrettanto vero che per preparare gli stessi piatti potremmo utilizzare cappesante e cappelunghe atlantiche, ostriche portoghesi e anche un bel sacchetto di vongole già sgusciate proveniente da qualche angolo remoto del globo ma sarebbe tutt’altra cosa! Chiacchierando con Fausto, giovane ma valente viticoltore delle valli maranesi, dopo ampia discussione, abbiamo concordato anche sul vino da proporre in questo menù: uno dei nostri bianchi aromatici che maggiormente ci rappresenta: la Malvasia Istriana, un vino che ricorda splendidamente l’uva ed il territorio salmastro da cui proviene. Un pasto benaugurale l’auspicio di trascorrere in serenità i momenti per cui esso sarà stato amorevolmente preparato. Buone feste Giuliano e Aurelio

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quanto basta fvg

MISURA FAMIGLIA

Gusto, buon gusto e… buon senso A

partire da questo numero, inizia la collaborazione fra q.b.quantobasta e Misura Famiglia FVG, progetto editoriale nato a maggio di quest’anno in seno all’Associazione CROT Varia Umanità Onlus per dare consigli utili e informazioni esaustive su tutto ciò che succede nel mondo dell’infanzia e della famiglia in Regione. Una vera e propria guida per le future mamme e per le famiglie che sul portale www.misurafamiglia. it possono trovare tantissime notizie, curiosità, consigli e un ricco calendario di eventi dedicati a loro. Il sito, pensato principalmente per i genitori che lavorano e fanno acrobazie per conciliare tutto, intende raccogliere le informazioni che riguardano il mondo dell’infanzia e della famiglia in Friuli Venezia Giulia e proporre approfondimenti sulle tematiche che stanno più a cuore di mamme e papà, grazie alla collaborazione di professionisti e associazioni attive sul territorio che hanno aderito al progetto con entusiasmo. Su queste pagine parleremo prevalentemente delle tematiche legate al cibo, con un pizzico di buon senso, perché un genitore sa bene quanto questo argomento sia importante, tanto più quando si tratta di bambini piccoli. Infatti, il fattore alimentazione, per una donna in gravidanza o durante l’allat-

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tamento, così come per un genitore alle prime armi con il proprio figlio, può rappresentare momenti di gioie e di dolori. L'educazione del bambino ai cibi sani parte necessariamente dalla famiglia, senza dimenticare il significato relazionale e affettivo che il cibo rappresenta. Il progetto editoriale ha come direttore responsabile di testata

Fabiana Romanutti, proprio grazie al sodalizio con q.b.quantobasta FVG, e avrà lo spazio e le competenze necessarie per colmare molte delle esigenze di famiglie e genitori dalle tematiche legate alla sana alimentazione a un servizio particolarmente utile, i ristoranti a misura di famiglia. Sembra un’assurdità, ma con la vastità di scelta di locali a disposizione sul nostro territorio, risulta ancora troppo spesso drammatico trovarne uno più o meno attrezzato per famiglie con bambini. Tante sono le problematiche aperte attorno al cibo, dall’obesi-

tà infantile alla bulimia, fino al boom mediatico attorno al consumo di latte artificiale a discapito dell’allattamento materno. Fortunatamente è in aumento il numero di mamme che sfamano i pargoli a merenda con pane e marmellata, accantonando gli snack, che prima di lanciare l’SOS sanitario per un semplice starnuto provano a porvi rimedio con i suffumigi. Una sorta di rivincita dei rimedi del passato, che ci riportano a una dimensione meno “pre-confezionata”. Personalmente, come madre, ritengo che gusto, buongusto e buon senso siano le cose che a tavola e in famiglia non dovrebbero mai mancare, assieme a un pizzico di sale. Quanto basta!

Silvia Paoli Tacchini Presidente di CROT Varia Umanità Onlus INFO: www.misurafamiglia.it misurafamiglia@crotonlus.org

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Regina di San Daniele risposta friulana al salmone In un’epoca che tende a omologare i gusti, FriulTrota difende la tipicità e la genuinità della trota affumicata del territorio

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uando, oltre quarant’anni fa, immise i primi avannotti nel suo laghetto, la famiglia Pighin non avrebbe mai immaginato che la sua trota sarebbe diventata così apprezzata. All’inizio era solo un hobby. Era il piacere di stare all’aria aperta, a contatto con la natura, nel “loro” Tagliamento, del quale conoscevano, fin da ragazzi, ogni segreto. Dalla loro passione nacquero trote vivaci, genuine, con carni compatte, molto apprezzate da chi aveva la fortuna di assaggiarle. E così il laghetto si trasformò piano piano in un allevamento particolare, che manteneva le caratteristiche ambientali originarie: tanta acqua fresca, bassa densità, alimentazione non forzata, rispetto dei tempi naturali di crescita. Questo fu solo il primo passo, segui-

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Una trota per essere buona deve essere una buona trota

to a breve da un’altra felice intuizione: “abbiamo una trota eccezionale, ma non basta, dobbiamo offrirla già pronta e senza spine; oggi pochi hanno tempo e voglia di pulire o cucinare le trote in casa”. Nessuno ci credeva, alcuni li sconsigliarono, ma i Pighin accettarono la sfida. Con l’aiuto di un vecchio amico, esperto affumicatore, crearono la “Regina di San Daniele”, la trota salmonata affumicata considerata da molti una validissima alternativa al salmone. La ricerca dell’equilibrio dei profumi e dei sapori è il filo conduttore che permise poi di creare nuove specialità a base di trota tra le quali: il “Fil di Fumo”, delicato filetto affumicato a caldo, le uova di trota, i guancialetti di trota, il carpaccio e un curioso salame di trota, detto anche il salame di venerdì.

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La ricetta Le varie fasi di trasformazione, pur adeguandosi alle severe normative comunitarie, vengono tutt’oggi effettuate seguendo antichi metodi artigianali, senza fare uso di coloranti e conservanti. La filosofia aziendale si riassume in un detto coniato in azienda: “una trota per essere buona deve essere una buona trota”. Meno lapalissiano di quanto sembri, questo motto testimonia la scelta dell’azienda di perseguire la qualità sotto tutti gli aspetti e di difendere la ricchezza dei gusti e dei sapori tipici. E per tutti gli appassionati di cucina che desiderano imparare ricette nuove e gustose ci sono i corsi e i laboratori per imparare utilizzare al meglio i profumi e le fragranze delle specialità Friultrota.

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Spaghetti con la Regina di San Daniele Ingredienti 300 g di spaghetti, 120 g di Regina tagliata a julienne, spinacino da taglio, 1 carota, 1 gambo di sedano, olio extravergine d’oliva, sale Preparazione Cuocere gli spaghetti e condirli con dell‘olio. Grattugiare la buccia d‘arancia, sbollentarla in acqua bollente per un minuto e lasciarla asciugare. Amalgamare gli spaghetti con la julienne di Regina e disporli nel piatto su un letto di spinacino fresco. Completare con il sedano e la carota tagliati a dadini. ...tante altre ricette sul sito www.friultrota.it

Trota e non solo… Nel nuovo spaccio aziendale troverete tutte le specialità di Friultrota, i filetti pronti da mangiare, al naturale, alle erbe, agli agrumi, e poi ancora l’aringa sciocca, l’orata, il branzino, il tonno e il pesce spada, i condimenti per la pasta e molti altri prodotti, tutti rigorosamente lavorati a mano. Per Natale è disponibile un’ampia proposta di confezioni regalo per tutti i gusti e desideri. Tutto questo a San Daniele del Friuli, nella zona dei prosciuttifici. Per informazioni: telefonare al numero 0432 956560.

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Il “panettone” degli altri La storia della Vasilopita

LIRIKA NAKELLARI

La Vasilopita è una delle più vive tradizioni della Chiesa greca. Il nome è formato da due parole Vasilo (Basilio) e pita (pane). Ancor oggi il pane per i poveri di Basilio di Cesarea è ricordato in tutte le case greche il 1° gennaio. Un augurio che il Nuovo Anno sia pieno di dolcezza, libertà, salute, felicità, amore!

B

asilio era di Cesarea. Il più bel giovane del villaggio e il più saggio. Era la prima volta che viaggiava da Atene verso Cesarea nel mese di novembre. A casa c’era bisogno di lui. “Le tue sorelle più grandi si sono dedicate tutte al dio Basilio” gli aveva scritto sua madre. “E non mi spiace. Ma mia più grande felicità è stata far nascere voi 11 figli. Vorrei che la piccola Makrina si sposasse con un brav’uomo e avesse dei figli e io dei nipoti. Ma non si decide, Basilio! E’ come un bel fiore. Sorride di primo mattino ed è laboriosa. Ac-

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cende il caminetto e lavora per tutto il giorno a casa. Che madre meravigliosa e che moglie dolce diventerebbe. Ieri notte mentre tutti dormivano ha cucinato dei biscotti e dei dolci alla cannella. Celestiali! Sembra di mangiare la sua bontà d’animo e di riempire l’esistenza di carezze. “Fai buon viaggio Basilio e che il Viaggio sia Tuo” gli augurò l’amico Gregorio. Gli sembrava di sentire la voce dolce di Makrina “Ti aspetto mio caro Basilio”. Vide persino il suo sorriso. “Fai buon viaggio e che il Viaggio sia Tuo” ripeté nelle sue orecchie, così gli sembrò, la voce di Makrina. Makrina non voleva sposar-

si. Voleva dedicarsi al Dio e aiutare i poveri. Per il ritorno dell’amato fratello decise di preparare un dolce. Ingredienti: 1 e ½ kg di farina tipo 00, 100 g di burro morbido, 100 g di zucchero, 1 dl di latte, 8 uova, 1 cubetto di lievito fresco, 1 cucchiaio di scorza di limone grattugiata, 1 cucchiaino di sale, 50 g di mandorle tritate, 3 cucchiai di zucchero semolato per la guarnizione. Mise la farina in un recipiente di terracotta, su un tavolo illuminato dalle stelle di un cielo di novembre. Scaldò del latte fino afarlo diventare tiepido, lo versò in una grande tazza e dentro

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vi sciolse con le mani il lievito. Poi aggiunse una tazza di farina e mescolò tutto fino che tutto si amalgamò bene. Lo mise vicino al focolare e lasciò lievitare per un po’. Intanto nel recipiente di terracotta mise la farina, un pizzico di sale e una tazza di burro già sciolto e morbido. “Basilio avrà preso la nave da otto ore ormai” pensò, mentre aggiungeva 6 uova, 1 tazza non tanto grande di zucchero e la scorza di un’arancia. Prese il recipiente con il lievito e lo aggiunse all’impasto. Si mise a mischiarlo piano piano, canticchiando. “Tu sei di Cesare e vieni a Cesarea, sotto un cielo stellato, oh mio Basilio, oh mio Basilio. Portami doni del cielo. Fa che il Viaggio sia Tuo e il Dono Mio. Mio! Voglio la libertà, la libertà di amare la vita e di vedere la luce…” Una canzone per il suo fratellino. Usava inventare delle canzoni. La musica dell’anima riempiva i suoi polmoni e faceva brillare i suoi occhi. Av-

volse il recipiente con della carta d’olio e lo avvolse ancora con un canovaccio di lana, poi lo mise vicino al caminetto per farlo lievitare il doppio. Nell’attesa lavorava con la lana le calze per suo fratello. “Dentro metterò dei dolcetti al profumo di mastika” disse “come gli piacciono!” Poi tornò a lavorare l’impasto ancora una volta. Prese una teglia rotonda dal forno e appoggiò dolcemente il preparato riempiendo la teglia a metà. La coprì e lasciò lievitare piano-piano per la seconda volta. Senza accorgersi le scivolò nell’impasto una piccola moneta splendente che il fratello le aveva portato nell’ultimo viaggio. “Basile sta giungendo, chiedi mio fratellino dal Signore del regno la mia libertà, il mio dono, la mia libertà, il mio amore”, canticchiò di nuovo. Una volta lievitato il doppio prese delle uova con un po’ di acqua e le mischiò fino a farle diventare un liquido giallo canarino e con un cucchiaio di legno

le spalmò sopra il preparato lievitato. Sopra spolverò con delle mandorle tritate e dello zucchero e mise tutto nel caminetto sopra la legna. E canticchiò: “Pane di Basilio, la mia Vassilopita, al tuo cuocersi batti la porta, con le mani di Basilio. Fa’ che giunga dal suo Viaggio qui sereno. Il suo Viaggio con in mano il mio Dono”. Si addormentò sul tappeto, vicino al fuoco. Fino a che il fuoco cucinò il suo dolce e fece profumare tutta la casa. Quanto dormì non lo ricordava, ma al suo risveglio sentì la porta battere forte. Basilio era giunto a Cesarea compiendo il suo Viaggio, e portando il suo Dono. INFO Living Greek: incontri ed eventi di cucina greca. Via Cormor Alto 92, Udine.   Tel. 348 84 48 25 e-mail:lirika1978@gmail.com

Educazione alimentare: con il teatro didattico! ... e c’è anche l’allegria dei clown

Il bambino imbottito: uno spettacolo per le scuole dell’obbligo ricco di informazioni e spunti, per insegnare sorridendo

La compagnia è autosufficiente dal punto di vista tecnico e la rappresentazione può avvenire anche in spazi non teatrali Associazione Culturale Studio Giallo tel.

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Per Natale? Mi faccio una birra! Dopo la marzen, birra di primavera, nacquero birre non più riferite al metodo di produzione, ma al periodo dell’anno in cui si bevono

LUCA FANTONI

N

on considerate provocatoria l’affermazione contenuta nel titolo: le birre di Natale sono una grande tradizione di stile europeo. Premessa: la birra, a ragione, è ritenuta bevanda dall’ azione socializzante. Quale miglior periodo dell’anno per provarne la piacevolezza se non le feste natalizie? In Belgio come in Germania, in Irlanda, in Olanda, in Boemia il pub è il luogo d’aggregazione per eccellenza. Al pub ci si ritrova per rilassarsi dopo una giornata impegnativa, per conversare, per festeggiare con gli amici, ma anche per incontri di lavoro o riunioni. E assieme alle numerose birre diverse, tra i tavoli e i cuori, scorre l’allegria e il piacere di conoscersi. Di fronte ad una pinta di stout “croccante” o a un fragrante boccale di kellerbier, a un fresco flute di pils o a una profumata coppa di trappista, le distinzioni sociali si affievoliscono, le differenze generazionali sfumano e viene il momento dell’incontro tra le persone, dello scambio di saperi, di una cultura che cresce. Un tempo, quando la tecnologia non ne permetteva la produzione nei mesi estivi, la birra primaverile veniva

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preparata con un tenore alcolico un po’ più elevato e conservata in grotte e cantine, quindi consumata nelle calde serate d’estate, in compagnia, dopo una faticosa giornata nei campi. In Germania questa birra prese il nome di marzen (dal mese di marzo), in Belgio quello di saison (stagione). Col passare dei secoli e l’affinamento delle tecniche di produzione questa usanza si trasformò nell’abitudine di approntare una birra adatta per ogni stagione, pensata per una ricorrenza o celebrare gli appuntamenti importanti della comunità. La maggior parte delle birrerie oggi si fregiano di una Birra di Natale, re-

peribile esclusivamente per alcune settimane tra dicembre e gennaio. E una bottiglia di birra, meglio se da 75 centilitri o più, è sempre un graditissimo regalo festivo, non solo per gli estimatori. Le birre natalizie sono tendenzialmente robuste e forti. Nella tradizione tedesca le troviamo a bassa fermentazione (lager): chiare, maltate e dolci, o scure, torrefatte, corpose. La migliore a mio parere è la bock dal color bruno tonaca di frate, profumo fruttato intenso, gusto di cereale con sensazioni di caffè, cioccolato e caramello. Il grado alcolico si pone tra 6 e 7,5 % in volume. L’espressione più eccellente però la troviamo in Belgio, vera patria delle birre speciali: sempre ad alta fermentazione, dalle molteplici sfumature di colore, chiare, dorate, ambrate, scure. Il grado alcolico difficilmente è inferiore a 6 % vol., mediamente si colloca tra 7,5 e 10 % vol., ma può raggiungere anche i 12-13 % vol. Si tratta di birre complesse, ricche nel profumo e nel gusto; adatte all’abbinamento con il cibo e al dopo cena. Con aromi tutti da scoprire. Ancor meglio se a tavola assieme ai propri cari!

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SCHEDE DEGUSTAZIONE BIRRE DI NATALE

BIRRE DA GUSTARE!

FIGUEIRA

AVEC LES BONS VOEUX DE DUPONT BERNHARDUS BOCK

Produttore: Brasserie Dupont – Tourpes - Belgio

Produttore: Birrificio Menaresta Carate Brianza - Italia

Produttore: Privatbrauerei Schnit-

Tipo di fermentazione:

Tipo di fermentazione:

zlbaumer Traunstein - Germania

Alta con rifermentazione

Alta con rifermentazione

Tipo di fermentazione: Bassa

Stile: Strong golden ale

Stile: Strong ale

Stile: Bock

Grado alcolico: Alc. 9,5 % vol.

Grado alcolico: Alc. 8,5 % vol.

Grado alcolico: Alc. 6,2 % vol.

Colore: Chiaro ambrato

Colore: Chiaro dorato

Colore: Ambrato scura, tonaca di

Schiuma: Abbondante, persistente,

Schiuma: Persistente, compatta, fine

frate

compatta, fine

Degustazione: Birra speciale chiara

Schiuma: Persistente, fine,

Degustazione: Forte ed inten-

fermentata con fichi secchi, ricon-

color nocciola

sa, complessa e perfettamente

ducibile, per forza e aromaticità, a

Degustazione: Birra invernale

equilibrata. Birra di rara eleganza

una tripel di Natale. Offre eleganti

robusta e maltata.

profuma di agrumi, erbaceo e

sensazioni olfattive, basate su una

Il malto torrefatto le dona profumo

lievito. Il gusto non cede all’elevato

molteplicità di toni vegetali; leggere

intenso di caramello e liquirizia.

grado alcolico rilasciando sensa-

ma presenti anche le speziature. In

Il corpo pieno sostiene al palato

zioni fruttate, mielate sull’acacia,

bocca è calda e morbida e al tempo

note di caffè, cacao, carruba. Il

speziate. L’intensa luppolatura,

stesso fresca e pulita, con un piace-

finale è lungo, ma pulito con aroma

anche a freddo in fase di fermenta-

vole sapore di amaro e piccante e

di erbaceo e liquirizia. Adatta a

zione, la rende amara e secca con

un lungo retrogusto ammandorlato.

gastronomia tipica tedesca come lo

una buona persistenza ed un finale

Sostiene l’abbinamento con piatti di

stinco di maiale o il gulasch, ma da

tra la vaniglia ed il limone. Interes-

carne elaborati e succulenti; ottima

provare anche con del cioccolato

sante abbinata a salmone e zuppe

con i bolliti. Birra da meditazione.

alle nocciole.

di pesce.

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Ut lique Beriberit FLORIS CHOCOLAT

BIRRA E CIOCCOLATO Una bevanda sacra per il cibo degli dei

Produttore: Brouwerij Huyghe – Melle - Belgio Tipo di fermentazione: Alta Stile: Blanche Grado alcolico: Alc. 3,5 % vol. Colore: Scura Schiuma: Abbondante, fine e aderente

LUCA FANTONI

A

molti potrebbe sembrare un azzardo se non proprio una follia, ma l’abbinamento del cioccolato con la birra sempre più spesso stupisce e appassiona. La birra è una bevanda antichissima. E’ del 3700 a. C. circa la tavoletta d’argilla sumera che descrive i doni per una dea (birra compresa) e rappresenta la prima testimonianza scritta su questa bevanda, frutto dei cereali, che anche gli Egizi come i Sumeri consideravano dono divino. Anche il cioccolato ha origini lontane. Furono i Maya ad avviare la prima piantagione di fave di cacao intorno al 600 a. C. mentre gli Aztechi le diffusero in tutto il Centro-America. Entrambi i popoli consideravano il cioccolato, inizialmente consumato liquido, un regalo degli dei e ritenevano avesse proprietà meravigliose, addirittura magiche. Una sacralità, una magia, una delizia per i sensi e per il palato in particolare che giungono fino ai nostri giorni. Perché pensare di abbinare birra e cioccolato? Innanzitutto perché possiedono sentori comuni: il dolce e l’amaro, il tostato, il piccante. Poi perché in diverse birre si ritrova l’aroma del cioccolato. Le Porter e le Stout di origine inglese che utilizzano orzo scuro torrefatto hanno sapori intensi sul caffè e tostato che bene si accostano a quasi tutte le tipologie di cioccolato. Le robuste Bock tedesche apportano sovente un

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Degustazione: Birra bianca prodotta con una serie accurata di orzo e frumento e dal caratteristico aroma

aroma biscottato che gradisce la dolcezza del cacao. La vera meraviglia che spesso sconfina nello stupore la offre un binomio tutto belga: degustare praline con le birre scure trappiste (prodotte dai monaci) o d’abbazia è così piacevole che da un lato i birrai hanno inserito il cioccolato tra i loro ingredienti e dall’altro i maitres chocolatiers preparano abitualmente cioccolatini alla birra. Le grandi ales scure belghe offrono sensazioni fruttate e speziate oltre che di caffè e torrefatto, ottime per l’abbinamento. Spesso la birra viene aromatizzata con peperoncino, cannella, noce moscata, chiodi di garofano, ingredienti che si ritrovano anche nel cioccolato che oggi fa tendenza. Esistono anche alcune birre prodotte con cioccolato. In una Bitter Chocolate Imperial Stout viene usato cacao fondente che conferisce un amaro diverso,che ben si fonde con quello del luppolo. Nella Mocha Brown Ale ci sono polvere di cacao e chicchi di caffè, nella White Chocolate Pale Ale il cioccolato bianco. In una Dunkel bavarese c’è crema di cioccolato mentre in una Milk Merzen al cioccolato bianco si aggiunge sciroppo al cioccolato. Come potete vedere, anche dagli abbinamenti proposti nel boxino, i confini del gusto non sono poi così invalicabili. E mettere insieme due alimenti così buoni non può che offrire un risultato divino!

dolce-amaro con un caratteristico aroma e gusto di cioccolato belga. Il profumo è intenso ed invitante. L’aroma dona note dolci di cioccolato al latte e liquore di amaretto. Rimangono presenti il cereale ed il fruttato del lievito, ma il cioccolato è preponderante.

Abbinamenti suggeriti • Porter, Stout e Imperial Stout per cioccolato extra fondente, alle mandorle e per la classica torta al cioccolato • Weizen e Blanche di frumento per cioccolato bianco, gianduia e agrumi • Trappiste e Strong ales belghe con cioccolato alla nocciola, fondente, alla cannella, alla liquerizia • Bock e Doppelbock con cioccolato al latte, alla nocciola e biscotti • Kriek (alla ciliegia) con cioccolato bianco

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Il regalo che cercavi, il regalo che aspettavi! Superflash, la carta che si crede un conto, ma che è meglio di un conto!

Michela Kravanja, responsabile del segmento privati della Cassa di Risparmio del Friuli Venezia Giulia

F

ra poco è Natale, tempo di regali. L’idea giusta ve la suggeriamo noi: è Superflash, la carta che risponde alle esigenze di chi dona e di chi il dono lo riceve. Ne parliamo con Michela Kravanja, responsabile del segmento privati della Cassa di Risparmio del Friuli Venezia Giulia. Superflash, un nome giovane per servizi e iniziative nuove… Superflash è un’idea nuova, un concept studiato dal gruppo Intesa Sanpaolo per i giovani. Lo slogan che ne sintetizza le caratteristiche potrebbe essere “La carta che si crede un conto”. E’ infatti una carta ricaricabile con Iban, che sostituisce il conto corrente. Senza canone per gli under 26 e zero imposta di bollo. Un elemento questo che la fa apprezzare non solo dai giovani… Avete quindi rimodulato l’offerta puntando sulla semplificazione e sul massimo contenimento dei costi per i clienti…

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Esattamente. Abbiamo cercato di rispondere soprattutto ai bisogni dei giovani, degli studenti, dei neolaureati spesso con lavori precari, cercando di avvicinare la Banca alle nuove generazioni. Superflash consente di pagare e prelevare contante sia in Italia che all’estero (e i giovani sono sempre più internazionali) tramite circuito Mastercard. E di pagare in tutta sicurezza gli acquisti su internet. Inoltre consente di effettuare numerose operazioni tramite l’home banking del nostro sito. Per esempio… Con Superflash si possono effettuare e ricevere bonifici (compreso l’accredito dello stipendio), si può ricaricare il cellulare, si possono consultare i movimenti e il saldo della carta. Si possono pagare bollettini e tasse universitarie. E’ uno strumento pratico per chi vive lontano da casa e deve pagare l’affitto, ma anche per chi va all’estero in vacanza. Ci spieghi meglio l’altro slogan

che ci ha molto colpito: Lo sconto che torna in conto ... Questa è davvero l’idea vincente che ha fatto registrare a Superflash un successo straordinario e crescente. Superflash oltre i servizi, iniziative speciali, sito Internet e filiali dedicate è collegata al programma Bonus, un circuito a livello nazionale e locale, che consente di avere sconti effettivi su moltissimi acquisti. Per fare solo qualche esempio: sui voli Ryanair, all’Unieuro, in molti distributori di benzina. L’elenco è davvero lungo, lo si può consultare sul sito ed è continuamente aggiornato. Il meccanismo è semplice: al momento del pagamento con la carta Superflash lo sconto viene direttamente accreditato sul conto. Superflash è anche su Facebook e sul nuovo sito www.superflash.it disponibile anche per mobile e visualizzabile tramite browser su tablet. Informazioni dettagliate in tutte le filiali della Cassa di Risparmio del Friuli Venezia Giulia.

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Guida Osterie d’Italia 2012 1711 storie di donne e uomini, osti e ristoratori, dei loro prodotti e dei loro piatti. 101 quelle segnalate in regione

GIORGIO DRI

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aggiungere e superare il traguardo di vent’anni di regolare pubblicazione di una guida, tenendo conto della difficoltà che incontrano tante riviste o testate a mantenere la puntualità in edicola o in libreria, è un risultato di non poco conto. La guida “Osterie d’Italia”, prodotto che ha fatto la fortuna di Slow Food Editore, riporta – e non è una notazione marginale – il sottotitolo: Sussidiario del mangiarebene all’italiana, per rimarcare l’obiettivo che si prefigge: segnalare quei locali che valorizzano le materie prime locali e che ripropongono piatti tipici della gastronomia tradizionale, entro una ragionevole soglia di conto da pagare. Quest’anno la guida ha cambiato la direzione editoriale e lo staff centrale di Bra, dove confluiscono tutte le informazioni raccolte da oltre 400 collaboratori e verificate da una squadra di venti coordinatori regionali, ma ha mantenute intatti la sua identità e il suo rapporto con il territorio. Un rapporto costruito anno dopo anno attraverso un costante monitoraggio delle osterie da inserire o da eliminare e attraverso un paziente lavoro di miglioramento delle informazioni date al lettore. Nella guida

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Il simbolo più ambito, la Chiocciola: riconoscimento per ambiente, cucina, accoglienza. Per ogni Chiocciola sono state rese pubbliche le motivazioni che hanno spinto i coordinatori ad attribuirle

2012 per ogni locale sono indicati i piatti che ne decretano i motivi di interesse e – novità - il loro costo: questa informazione si affianca a quella generale del conto inferiore a 35 euro (vini esclusi) per un menù fatto di antipasto, primo e secondo. 1711 sono le osterie descritte nella guida: 101 quelle della nostra regione, rappresentative dei territori (38 della provincia di Udine, 14 di Pordenone, 12 di Gorizia e 9 di Trieste) e delle specificità locali (le osmize del Carso e i buffet di Trieste, i prosciutti di San Daniele e il rito del tajut di Udine). Quello che emerge è un quadro, aggiornato e attendibile, dei locali che giorno dopo giorno propongono piatti della gastronomia regionale. Marco Bolasco ed Eugenio Signoroni, che firmano la presentazione della Guida Osterie d’Italia 2012, scrivono «Sono 1711 le storie di donne e uomini, osti e ristoratori, dei loro prodotti e dei loro piatti». Una guida quindi che non si limita a segnalare osterie, trattorie, ristoranti e il menù che vi si trova, ma una guida che pone come motivo di interesse generale le persone (cuochi, titolari, produttori che conferiscono i loro prodotti) che si ritrovano nei piatti che possiamo degustare.

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La Regina di San Daniele. Scacco al Salmone.

C‘è un paese dove aria e acqua sono fonti di bontà. Non solo prosciutti sublimi ma anche squisite trote affumicate, allevate in acque pure e incontaminate. Come La Regina di San Daniele, l’innovativa specialità di Friultrota già curata e pronta all’uso. Scopri le nuove ricette sul nostro sito www.friultrota.it FriulTrota Affumicatori di San Daniele del Friuli (Ud) - tel. 0432 956560

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Ciclamino friulano: certificato

A

San Daniele, in occasione della manifestaione Autunno friulano, accanto a leccornìe ed eccellenze agroalimentari i visitatori troveranno anche un altro prodotto locale certificato: il ciclamino. Alcuni produttori regionali hanno inteso infatti percorrere la strada della certificazione del Ciclamino friulano, cyclamen persicum, che risponde a caratteristiche ben definite in disciplinare. Ciclamino Friulano, è un Ciclamino di qualità superiore prodotto da aziende del Friuli Venezia Giulia specializzate nel settore con un rigoroso processo produttivo controllato costantemente da personale specializzato. Trattasi di un ciclamino dalla fioritura abbondante e resistente agli stress. La coltivazione del ciclamino risale alla fine dell'Ottocento, quando un produttore rientrato dalla Francia, iniziò la diffusione

delle varietà e delle tecniche transalpine di ibridazione delle piante. La diffusione avvenne velocemente creando, quasi immediatamente, una vera e propria coltivazione intensiva. Il cerchio, all’origine del significato del nome del Ciclamino, ha contribuito ad attribuire poteri magici al fiore (il cerchio non ha inizio nè fine e rappresenta l'Universo nel suo eterno ciclo di rinnovamento). Nel linguaggio dei fiori il Ciclamino è sinonimo di simpatia, amicizia, affetto e viene regalato per dimostrare questi sentimenti.

Consigli per il mantenimento Metterlo in posizione molto luminosa evitando il sole diretto. Bagnarlo regolarmente evitando i ristagni d'acqua. Concimarlo fino a novembre e riprendere poi a fine febbraio. Metterlo al riparo solo quando la temperatura scende sotto i 5°C tornando a metterlo all’aria prima possibile. Togliete regolarmente i fiori vecchi staccandoli alla base. A fine fioritura trapiantarlo in giardino in penombra.

Coccarda verde limone e vaso in coccio pulito fanno riconoscere e garantiscono il ciclamino friulano. questi i parametri garantiti dal disciplinare. N. minimo di foglie 6080. Diametro chioma in cm: min 36, max 44. Num. Boccioli garantiti (che fioriranno): dai 30 ai 50.

Boscolino profumato Da non dimenticare il boscolino, un ciclamino miniatura particolarmente profumato, coltivato per durare a lungo e prodotto dalle aziende dell’Associazione Floricoltori del Friuli V.G. La pianta produce molti fiori tutti dal tipico profumo e si mantiene a lungo dando soddisfazione a chi la acquista.

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LA TIPOGRAFICA SPAZIO IN GABBIA   175 X 225


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SAPORI DI CARNIA

A Raveo, uno dei Borghi Autentici d’Italia, inconsueti itinerari del gusto

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n evento tutto da gustare è quello che si tiene domenica 11 dicembre a Raveo, località carnica che fa parte dei Borghi Autentici d’Italia. Per Sapori di Carnia tutto il paese si mette all’opera per preparare prodotti conservati secondo antiche tradizioni e piatti gustosi dai sapori dimenticati. Accanto a loro, i piccoli produttori agroalimentari della Carnia espongono le loro merci. Il paese (chiuso al traffico) s’addobba a festa con frasche di pino, pannocchie, bacche di bosco, le semplici decorazioni con cui la gente di montagna usava abbellire la casa nei giorni di festa e diventa un unico, grande Mercatino. Il percorso gastronomico è particolarmente ricco e inusuale: la prima tappa è il Borc da Vedue (Borgo della Vedova), dove sin dal mattino viene proposta la colazione della nonna con polente e brume (po-

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lentina tenera accompagnata dalla panna scremata dal latte munto la sera precedente), crostes di polente tal lat (le croste della polenta ammollate nel latte caldo), frìtules di cavoce (frittelle di zucca) e tante altre prelibatezze. Via via, l’itinerario del gusto si snoda nei borghi successivi, dove si possono assaggiare i piatti tipici della tradizione carnica: cjarsòns, gnocchi con le prugne o di zucca, frico croccante e tenero di patate, frittate con cipolla e salame, salame cotto nell’aceto, patate bollite servite con i ciccioli di lardo oppure accompagnate al formadi frant, ricotta affumicata o frante, fagioli saltati in padella con la pancetta, minestrone con i fagioli e, per finire, gubana e dolci, panna montata a mano sul momento, grappe e distillati di produzione casalinga. In programma, laboratori del gusto e degustazioni guidate.

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MERCATINI & PRESEPI

La Carnia si prepara al Natale. E vi aspetta!

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itrovare lo spirito più genuino e autentico della montagna, assaporarne i profumi, gustarne i sapori,viverne le tradizioni. Andare alla scoperta di piccoli paesi ricchi di arte e cultura. Tutto questo e molto altro offre in inverno la Carnia, dove lo sci e gli sport invernali si coniugano con antiche tradizioni, folclore, buona tavola. In dicembre mercatini e presepi fanno da preludio al Natale. A Sauris l’8, 10 e 11 dicembre si svolge il tradizionale Mercatino dell’Avvento, un mercatino speciale, fatto di cose semplici create con il cuore, che trasforma l’intera frazione di Sauris di Sopra in un incantevole “paese del Natale”. Per tre giorni, sulle tradizionali bancarelle disposte fra rustici stavoli e antiche case in pietra e legno si potranno acquistare i più tipici oggetti in legno, ferro battuto, paglia, ceramica, lana cotta e feltro dell’artigianato carnico (fra cui gli scarpets, le tradizionali pantofole in velluto con la suola ricavata dal copertone di biciclette), addobbi natalizi, sculture e giocattoli in legno, lavori a maglia, tante idee regalo e prodotti della gastronomia locale, come il prosciutto crudo leggermente affumicato per il quale Sauris è conosciuta dai gourmet, la birra di Sauris, le ricotte affumicate, i formaggi di malga, i mieli di montagna, i dolci natalizi. Cose semplici, realmente artigianali, lontane dall’omologazione e dalla standardizzazione. Oggetti che ci riportano indietro nel tempo e fanno gustare il piacere del dono inconsueto ed unico. Musiche, piccoli spettacoli di artisti di strada, danze tradizionali, distribuzione di vin brulé e biscotti natalizi contribuiscono a rendere festosa l’atmosfera. Il resto dell’incanto lo crea Sauris, con i suoi splendidi panorami, le architetture, i capolavori d’arte custoditi nelle sue chiese, la sua eccellente cucina, l’ ospitalità di assoluto livello in piccoli hotel o nell’albergo diffuso.

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LIBRI DA DEGUSTARE

ROMA CAPUT VINI Unno e Marco Aurelio Probo: due nomi che hanno fatto la storia del vino in Europa

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razie agli studi di Attilio Scienza, nome ben noto agli appassionati e ai tecnici del vino, Giovanni Negri, in collaborazione con Elisabetta Petrini, ha pubblicato per Mondadori un libro che potrà diventare una splendida strenna di Natale, ma anche un “romanzo” da leggere tutto d’un fiato, anzi d’un sorso. Si tratta di “Roma caput Vini”, una ricostruzione storica sull’origine e la diffusione della vite in Europa. Il tutto nasce da una straordinaria scoperta genetica del professor Scienza, cattedra di Viticoltura dell’Università di Milano sull’origine della vite da cui sarebbero (sono) nate tutte le viti europee. Heunisch (unno), il vino primigenio, è stato infatti individuato grazie all’analisi del Dna. Nessun albero prima della sacra vite tu pianterai, o Varo, scriveva Orazio e il bastone del comando per le

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Il vitigno selezionato dall'imperatore proveniva dalle sue terre d'origine, all'incirca nei pressi dell'attuale Belgrado

legioni romane era caratterizzato proprio dall’immagine della vite. Il libro ci racconta la storia del vino a Roma, da quando il “vinum” dalle tavole dei patrizi diventa nutrimento e piacere di massa. Ben 78 vitigni europei sono eredi genetici del vitigno affidato dall’imperatore Marco Aurelio Probo alle legioni, affinché fosse impiantato in ogni terra dell’impero, dalla Britannia alla Pannonia. Questo vitigno, l’Unno, è anche il vitigno che fino all’Alto Medioevo ha prodotto i due terzi di tutto il vino europeo. Decisamente affascinante la storia di Roma, potenza militare ma anche agricola. Era il 280 dopo Cristo quando Marco Aurelio Probo cancellò l’editto di Domiziano, che prevedeva di espiantare le vigne fuori dall’Italia per piantare grano, selezionò un vitigno e impose ai legionari di piantarlo in tutto l’Impero.

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curiosità e novità

Profumi ai dolci

Mini tester per il vino

L’Arca della cucina

Ora potrai profumare come il tuo

Avete presente i “mini-tester” dei

Lezioni di cucina, show cooking,

dolce preferito. Lo chef di dolci

profumi da provare prima di ac-

degustazioni ed eventi in location

spagnolo, Jordi Rocco, ha sempre

quistarli? In Usa c’è chi ha pensato

sempre più esclusive, glamour o

creato dolci che odoravano di

di applicare il concetto al vino:

anche a “domicilio”: tendenze del

profumo, ma adesso ha lanciato

www.tastingroom.com non vende

momento. Per chi pensa in gran-

il profumo, Lemon Cloud, alla

solo le classiche bottiglie da 0,75

de, arriva “Arca” la cucina mobile

fragranza del suo dolce favorito.

litri, ma anche kit da 6 campionci-

di Inoxpiù: un vero e proprio

Centinaia di bottigliette di questo

ni da 50 ml, da 25 a 35 dollari. Nel

camion, 8 metri espandibili, con

profumo sono vendute ogni gior-

catalogo prevalentemente vini

tutte le attrezzature indispensabi-

no. Il successo è stato immediato.

californiani, ma ce ne sono anche

li al funzionamento di una cucina

A proposito di profumi, i chimici

italiani, francesi e di altri Paesi. Si

completa in totale autonomia, in

hanno isolato per la prima volta

ordina via internet, si assaggia e

grado di servire fino a 300 coper-

tutti i profumi del cacao: sorpren-

poi eventualmente si compra nel

ti e ospitare lezioni e degustazio-

dentemente nel suo mix olfattivo

formato “regular”. Testimonial gli

ni. Un’idea che unisce funziona-

c’è di tutto, anche il cavolo e le

chef italo americani Mario Batali

lità, hi-tech e design, presentata

patatine fritte.

(nella foto) e Michael Chiarello ma

alla Triennale di Milano.

Fonte: The InQuisitr

anche mister “Wine Library” Gary

Fonte: winenews

Vaynerchuk, che hanno proposto le loro selezioni. Fonte: Winenews

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gusto e buon gusto nell’euroregione

Direttore responsabile Fabiana Romanutti fabiana@romanutti.it tel. 333 9032748 Hanno collaborato a questo numero Silvano Bertossi, Angelo Bortoluzzi, Arianna Buzziolo, Cinzia Collini, Giorgio Dri, Luca Fantoni, Ennio Furlan, Lirika Nakellari, Marta Omero, Giuliano Orel, Maria Cristina Novello, Silvia Paoli Tacchini, Aurelio Zentilin

Si ringrazia per l’uso delle foto: Marco Cerullo, pag 18 Borghesan, pag 21

Aria nuova in cucina con

Aurelio Zentilin, pagg 42,43, 44 Janko Kovacic, pag 33 (coro)

Impaginazione: Eurograf, Tarvisio (UD) Stampa: Tipografia La Tipografica snc, Basaldella (UD)

quantobasta FVG Autorizzazione n. 1202 del 18 settembre

gusto e buon gusto nell’euroregione

2008 del Tribunale di Trieste

by Assoc. Culturale Studio Giallo, via San Michele 26 Trieste

q.b. quotidiano on line è costantemente aggiornato con tutti gli appuntamenti e le novità del mondo dell’enogastronomia della regione e dell’euroregione www.qbfvg.it

q.b. è on line sul sito www.qbfvg.it / Per scrivere alla redazione:

Seguiteci su Facebook: QuantoBasta FVG

redazione@qbfvg.it

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Appuntamento con i grandi vini e i prodotti tipici del Friuli Venezia Giulia Un giorno per vivere e gustare nel centro storico di San Daniele tutta la ricchezza e la bontà delle produzioni enogastronomiche del paniere Tipicamente friulano. www.autunnofriulano.it

PROGRAMMA Venerdì 25 novembre

Castello di Villalta, Fagagna (UD) 15.00 Presentazione della Guida

Vini&Ristoranti del Friuli Venezia Giulia de L’Espresso e del calendario per il 2012 dedicato al Friulano.

10.30 - 2 1.00 Assaggi golosi di prodotti

tipicamente friulani. Castagne e ribolla. Piazza Pellegrino.

15.00 Presentazione diorama

“Natura e ruralità friulana”. Sala Consiliare, via Garibaldi, 23.

Sabato 26 novembre

15.30 Animazione ed attività ricreative

10.30 - 2 0.00 Teatro Ciconi “250 ottimi motivi

15.30 Coro dei cacciatori

San Daniele del Friuli

per esserci” Banco di assaggio dei 250 migliori vini e dei prodotti agroalimentari del Friuli Venezia Giulia a cura di AIS FVG. www.aisfvg.com Ingresso a pagamento

10.30 - 2 0.00 Presentazione delle ricchezze

agroalimentari del paniere Tipicamente friulano della regione: i formaggi di malga e ovicaprini, la brovada, dimostrazione della lavorazione delle carni di maiale e presentazione delle carni suine a marchio AQuA. Mostra floreale del “ciclamino friulano”. Piazza Vittorio Emanuele.

dedicate ai più piccoli. Piazza Vittorio Emanuele. sloveni Doberdob. Chiesa di San Antonio.

16.45 Accensione delle luci natalizie

e dell’albero di Natale, dono della città gemellata di Millstatt am See (Austria). Piazza Vittorio Emanuele.

17.00 Celebrazione della Messa

di Sant’Uberto e Suonatori di corni da caccia della Valcanale. Duomo.

Domenica 27 novembre San Daniele del Friuli

16.00 Presentazione diorama

10.30-21.00 Assaggi golosi di prodotti

16.30 Premiazione di giovani sandanielesi

10.30-20.00 Mercatino dell’antiquariato.

“La collina di San Daniele”. Chiesa della Fratta. promesse dello sport, Campioni italiani di Equitazione e Minienduro. Piazza Vittorio Emanuele.

tipicamente friulani. Piazza Pellegrino.

Piazza Vittorio Emanuele, Via Garibaldi, Via Roma, Piazza Pellegrino.

Menù Tipicamente friulano Nei dieci ristoranti aderenti all’iniziativa, menù completo 20,00 euro - Musica da osteria itinerante. CON IL CONTRIBUTO DI:


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