q.b.quantobastaFVG ottobre 2011

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t s a b o t n a u q

Ottobre 2011 - Autorizz. Tribunale di Trieste n. 1202 del 19 settembre 2009. Costo: € 1,50

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Ristoranti da scoprire I vini consigliati Nuove tecnologie nella cucina di casa Sapori e ricette d'autunno

Tutte le irresistibili forme del cioccolato


quanto basta fvg

E

ra il 14 ottobre 2009. Usciva il primo numero di q.b.quantobasta FVG, gusto e buongusto nell’euroregione. In copertina c’erano le immagini di Good. Per due anni abbiamo raccontato, con le nostre pagine allegate ai due principali quotidiani regionali, di ristoranti, prodotti, vini, appuntamenti golosi. Nel frattempo è arrivato il magazine on line, www.qbfvg.it, diventato ormai un quotidiano cliccatissimo e seguitissimo per la sua puntualità nell’informare e commentare liberamente e senza pregiudizi le molte forme del mondo dell’enogastronomia. Ora accanto al web abbiamo deciso di scegliere un nuovo formato e nuove modalità di comunicazione con i lettori. Ci è sembrato che l’occasione di Good - due anni dopo - fosse il momento giusto! Un numero speciale di un magazine che crescerà con la collaborazione dei lettori, grazie ai loro commenti e ai loro suggerimenti. In una sinergia costante con il mondo della rete. Un luogo di aggregazione cartaceo e virtuale dove ospitare le opinioni di tutti, dai singoli cittadini dubbiosi sulle loro scelte cibesche o esperti gourmet che offrono i loro consigli, agli esponenti di associazioni che lavorano per il territorio, nel mondo dell’agricoltura e dell’enogastronomia. tipografia Aggiungete voi 205 X 265 al vivo

In quel primo numero di due anni fa il titolo del mio primo editoriale era “Polenta e kebab: i nuovi intrecci della nostra alimentazione”. Un titolo sempre di grande attualità, considerando le recenti polemiche su divieti (limitazioni) all’apertura di kebab e sushi restaurant. I commenti in proposito sulle nostre pagine facebook sono stati accesi, numerosi e tutto sommato saggi: dipende ancora una volta dalle nostre scelte individuali quello che vogliamo e/o possiamo mangiare. Alla base c’è sempre e prima di tutto l’esigenza di una seria educazione alimentare. E di un atteggiamento di tolleranza anche culturale. Un argomento quello della contaminazione culinaria che non si declina trasversalmente solo fra est e ovest, ma anche fra cucina alta e bassa. Il mac Marchesi, il panino di uno dei maestri della cucina italiana distribuito al mac Donald è stato un altro degli argomenti che ha ottenuto più commenti sulla nostra pagina Facebook. Ricorda un po’ l’operazione vincente sul piano dell’immagine per la multinazionale quando ebbe come testimonial per i panini all’Asiago l’allora ministro Zaia (e noi su q.b. intervistammo l’assessore Violino con un titolo un po’ provocatorio “A quando il mc Frico?” A chi interessa, tutti i numeri arretrati del q.b. con tutti gli articoli sono disponibili in pdf sul sito www.qbfvg.it). Nuove formule per il q.b. quantobasta FVG dunque. Per suggerire idee, innovazioni, collaborazioni. In un’ottica di fiducia e ottimismo che è alla base della nostra linea editoriale. In questo numero troverete le storie emblematiche di alcuni giovani, da chi apre un ristorante di pesce in mezzo alle prosciutterie a chi decide di importare spezie, anticipando i trend o di valorizzare l’azienda di famiglia facendo rinascere addirittura una risaia. Ma accanto al nuovo c’è sempre la forza della tradizione consolidata. Da conoscere a fondo e valorizzare. Fabiana Romanutti

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Sommario

IL SOLE NEL PIATTO Pasta e pesce di un giovane chef L’AMORE ALL’IMPROVVISO Cucina per single e non solo

IL VINO PER ALLEGRIA Cantina Skok dal cuore del Collio

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è tornato il pan di sorc

P.

6

Risotto sì,   ma con riso friulano

P.

7

Rombi d’ascesa

P.

10

Il riso della vita

P.

11

Una dispensa a cielo aperto P.

12

Sievoli soto sal

P.

14

I sì e i no della vongola   coltivata

P.

15

Scrigni di meraviglie:   i molluschi bivalvi

Cuoche a domicilio

P.

34

Il signore delle spezie

P.

36

Mattonella di sale   dello chef

P.

37

Tutto è racchiuso   in una tazza di cioccolato P.

38

Cucina artistica e creativa.   Un amore all’improvviso P.

39

Attenti a quei funghi

P.

40

Come conservare i funghi P.

41

P.

16

Raccogliere erbe per la cena P.

43

Un ristorante di pesce   nel cuore dei prosciuttifici P.

18

Lezioni golose con la scuola   Mestoli e padelle P.

44

Vasocottura

P.

46

Igiene e sicurezza in cucina P.

47

Abbattitore domestico

P.

48

Muffin alla zucca

P.

20

E’ tempo di boreto   (alla gradese è meglio)

P.

22

Cucina rivierasca semplice   e genuina P.

23

Autunno in Istria

P.

50

Il ghiaccio e il vino

24

Ricette funghi   e castagne all’istriana

P.

51

San Martino: appuntamenti P.

53

Caffè al sapor di Carinzia P.

54

Il Laboratorio di Josef Zotter P.

55

P.

Lieviti autoprodotti   by Feresin

P.

25

Skok e i vini   che fanno allegria

P.

26

L’Onav: assaggiare   per conoscere

P.

28

Bollicine del secolo scorso P.

56

Wine blogger

P.

30

Pasticceria filosofica

P.

57

Il vino della memoria

P.

31

Espressionismo

P.

58

Il calendario 2012

P.

32

Letture da assaporare

P.

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SALUBRITà & SICUREZZA Le cape a chilometri zero ATTENTI A QUEI FUNGHI Acquisto, conservazione e cottura consapevoli

LA FABBRICA DI CIOCCOLATO La scommessa vincente di Zotter

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è tornato il Pan di sorc Imparate a prepararlo e regalatelo per Natale

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n pane dolce e speziato, ricco di contaminazioni d'oltralpe che le famiglie del gemonese preparavano per le feste ma che si consumava e regalava in particolare in occasione del Natale. Ogni famiglia di questa zona lo cucinava, con una propria ricetta che però prevedeva sempre di base una miscela di farina di mais (il sorc appunto), segale, frumento, fichi secchi. Qualcuno aggiungeva anche uvetta e semi di finocchio. La cottura avveniva sempre nei forni comuni dei paesi o presso i forni delle famiglie più abbienti. Spesso una parte del pane rimaneva al proprietario del forno, in vendita o come compenso; gli altri pani erano consumati nella festa oppure dati in dono ai bambini per Natale. Poteva essere dolce o salato, e lo si accompagnava anche ai ai salumi. Essiccato, veniva inzuppato nel latte. Il pan di sorc è una pagnotta rotonda alta pochi centimetri e con la crosta molto scura e fragrante che fa da contrasto con la mollica gialla e dal caratteristico aroma di polenta. I cereali erano coltivati in loco: segale, frumento tenero e tanto mais, di varie tipologie e di vari colori: tutti accomunati da una caratteristica: svilupparsi e maturare in 50 giorni e per

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Depositario della ricetta originale Domenico Calligaro, fornaio per cinquant’anni a Buja

questo detti cinquantini. In questo modo riuscivano a svolgere il ciclo vitale completo anche in una zona poco calda e piovosa come il gemonese. L'Università di Udine ha avviato per questo nuovo Presidio di Slow Food un lavoro di selezione e caratterizzazione di questi mais, partendo dal materiale genetico reperito in loco. L'Ecomuseo delle Acque del Gemonese ha avviato da alcuni anni un progetto di recupero della filiera del pan di sorc, riproponendone il consumo e la vendita. Considerandolo non solo un prodotto alimentare tradizionale, dalle elevate caratteristiche qualitative e di tipicità, ma un vero e proprio «bene culturale» da proteggere e riqualificare sul mercato per contribuire alla valorizzazione della cultura locale. Con un progetto ambizioso, che punta a pratiche di sviluppo rurale incentrate sulla sostenibilità ambientale, con l'organizzazione di una rete di "conservatori" che si impegnino a preservare parte del germoplasma presente a livello locale e l'ottimizzazione delle pratiche agricole attraverso la rotazione e la successione delle colture. Una filiera agroalimentare di raccordo tra produttori, trasformatori e consumatori volta anche alla riqualificazione del paesaggio.

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RISO DEL PARADISO

Risotto? Sì, ma con riso friulano! Un semilavorato ideale per la mantecatura che è già entrato nel Guinness dei primati

INFO Domenico Fraccaroli Via S. Ermacora - Paradiso di Pocenia Tel. 0432 777455 La frasca è aperta tutti i giorni,   tranne il lunedì, dalle 10 alle 12.30   e dalle 16 alle 21.

Fabiana Romanutti

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ite riso e, se siete diversamente giovani, pensate subito alle mondine, a Vercelli e Novara; se siete cinefili vi ricordate di Silvana Mangano in Riso amaro (i più giovani magari alla parola riso aggiungono l’aggettivo cantonese, che mangiano nei ristoranti etnici). Dite riso e con molta difficoltà vi verrebbe in mente il Friuli come produttore. E invece. C’è un Vialone nano che sta facendo rivivere antichi fasti alle risaie che fino agli anni ’50 si trovavano nella zona delle Risorgive. Oggi a Pocenia, località Paradiso, accanto a Villa Caratti, è attiva una

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risaia e si produce il riso. È già stata fatta la prima raccolta e il riso è in vendita! Paradossalmente l’abbiamo scoperto sul finire dell’estate quando a Sappada si è celebrato il Guinness dei primati per il risotto più grande del mondo. Ebbene, il riso di questo risotto veniva dal Friuli, dall’azienda di Domenico Fraccaroli. Domenico già il nome parla di cose solide e di antichi valori in un mondo di Kevin e Samanthe - ha trentadue anni, si è laureato a Udine in Tecnologie Agrarie e da sei anni vive e lavora a Paradiso. Certo, viene da una famiglia che nel Veronese produce vini e oli, ma la scelta di dedicarsi al riso e di far crescere l’azienda è tutta sua (Domenico Fraccaroli, il nonno ovviamente, diede inizio alla coltivazione di viti in Friuli nel 1958). “Il riso, il cereale con meno grassi, ci spiega Domenico negli accoglienti locali della frasca annessa all’azienda agricola, può essere suddiviso in quattro varietà fondamentali: comuni, semifini, fini e superfini. Il Vialone Nano che produciamo in azienda è un semifino, con chicchi di media lunghezza dalla forma tondeggiante. Un’altra classificazione importante distingue i risi come classici, semi lavorati e integrali non sulla

La ricetta

RISOTTO allo ZENZERO X 4 persone: 320 g riso "Domenico Fraccaroli", 1 cipolla piccola, 2 cucchiai d'olio extravergine, 70 g di zenzero grattugiato, 200 g di stracchino, brodo vegetale, 4 rametti di magiorana Affettare molto fine la cipolla e farla soffriggere dolcemente in una casseruola con l'olio, se necessario aggiungere un po’ di brodo bollente mescolando, portare avanti la cottura aggiungendo poco brodo alla volta. Nel frattempo grattugiare lo zenzero, aggiungerlo al riso verso metà cottura e continuare versando poco brodo e mescolando sempre. Fermare la cottura al dente e con il risotto abbastanza sostenuto. A fuoco spento aggiungere lo stracchino e mescolare con cura per amalgamare il tutto. Impiattare guarnendo ogni piatto con un rametto di maggiorana e servire.

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base della loro varietà, ma in funzione della loro lavorazione. Quello classico è sottoposto a numerosi processi di lavorazione per eliminarne tutti gli strati esterni, mentre nell’integrale si estrae il chicco dal suo rivestimento più esterno, mantenendo intatti gli altri strati. Questa differenza ha delle conseguenze significative nei valori nutrizionali e di sali minerali e anche nei tempi di cottura. Il motivo della grande diffusione di riso con la lavorazione classica sta nel fatto che con l’asportazione di più strati il chicco assume un colore molto più bianco e più accattivante per le vendite…

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Il riso Domenico Fraccaroli è un semilavorato che permette di avere un contenuto più alto in vitamine e sali minerali rispetto ai risi a lavorazione classica. Il tempo di cottura è leggermente superiore rispetto ai risi comuni (13-15 minuti). Una varietà ideale per risotti mantecati”. La mia filosofia aziendale, ci spiega ancora il giovane titolare, è di far venire le persone in azienda a conoscere il prodotto. Per questo tre giorni alla settimana, il mercoledì, giovedì e venerdi facciamo degli incontri in cui serviamo gratuitamente del risotto a chi viene a degustare i nostri vini.

Il costo del calice è 0,60 euri, ed è possibile comprare il vino sfuso di nostra produzione, il medesimo che mettiamo in bottiglia per 1 euro al litro” (sì avete letto bene, 1 euro al litro!). In più, aggiungiamo, si trovano notevoli vini dei Colli Euganei dell’azienda di famiglia a prezzi davvero competitivi: abbiamo visto sullo scaffale un Amarone a 18,50 euri.

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La ricetta

Berretti Bianchi

Rombi d’ascesa

Riso alla Marinetti

Il riso della vita

Mondate e tritate finemente una cipolla, quindi fatela appassire in

MARTA OMERO

Un cereale che sposa le stagioni, la religiosità e il tempo della vita

una casseruola con tre cucchiaiate d’olio

C

d’oliva. Aggiungete del

riso e a fiamma vivace tostatelo oncluso il centenario del Futurismo, resta valida per alcuni minuti ed infine sfumatelo con questa ricetta di risotto, che vi proponiamo in padel vino bianco. gina, una delle tante create all’epoca. È nota infatti Proseguite la cottura del riso aggiungendo l’avversione di Filippo Tommaso Marinetti e della cucina di tanto in tanto del brodo bollente. Nel futurista nei confronti della pastasciutta “alimento amifrattempo, per il condimento, riducete a daceo” e "assurda religione gastronomica italiana" che dà filettini sottili la buccia di mezza arancia "fiacchezza, pessimismo, inattività nostalgica". Sì invece che sbollenterete in un pentolino con al riso, florida coltivazione bandiera di italianità. Con ineacqua e aceto. diti abbinamenti lontani dal "quotidianismo mediocrista". Mettete poi a riscaldare del sugo di arroDa sottolineare che già allora, accanto alle rivoluzioni nel sto, allungato con del marsala, del rum e il campo della pittura, dell'architettura, della letteratura, in succo di mezza arancia. Lasciate sobbolprimo piano c’era la cucina. Provocatoria, innovativa, inlire il sughetto e togliete dal fuoco il riso consueta. Era il 28 dicembre 1930 quando il quotidiano toal dente. rinese “La Gazzetta del Popolo” pubblicò a piena pagina il Servite disponendo nei piatti di portata il manifesto della cucina Futurista di Marinetti. In un’epoca riso cosparso del condimento con sopra i in cui non solo ci si accontentava di poco, ma in cui l’indufiletti d’arancia adagiati a cascata. stria alimentare, a parte pochissime marche, era a livello artigianale. Alcuni dei suggerimenti di Marinetti per ricette che apparivano rivoluzionarie, ma in realtà erano spesso tratte da indicazioni rinascimentali, sono diventati poi prassi comune, dall’integrazione dei cibi con additivi e conservanti all’adozione in cucina di strumenti tecnologici per tritare, polverizzare ed emulsionare. Il cuoco precursore della cucina futurista, si legge su Taccuini storici, fu il francese I futuristi si impegnarono Jules Maincave, che nel 1914, annoiato dai «metodi tradia italianizzare alcuni termini di zionali delle mescolanze... monotoni sino alla stupidità», si origine straniera: il cocktail divenne la "poliripropose di «avvicinare elementi separati da prevenzioni bibita" (che si poteva ordinare al "quisibeve" e non al senza serio fondamento: filetto di montone e salsa di bar), il sandwich prese il nome di "traidue", il dessert di gamberi, noce di vitello e assenzio, banana e groviera, "peralzarsi" e il picnic di "pranzoalsole". Il successo maggiore di aringa e gelatina di fragola. I principi del futurismo pubblico e stampa i futuristi lo ebbero con gli “aerobanchetti”: mea tavola, accanto a nuovi mix e sperimentazioni con morabile quello organizzato a Bologna nel ’31. Niente tovaglia, sostibocconi simultanei che contenessero dieci, venti tuita da foglie di alluminio e piatti di metallo. Tavola a forma di aereo, sapori da gustare in pochi attimi, consideravano con al centro delle due appendici raffiguranti le ali, una motocicletta l'abolizione dell'uso della forchetta e del coltello come motore. Dopo la portata “aeroporto piccante” (insalata rus"per i complessi plastici che possono dare un piacesa), venne servito “rombi d’ascesa” (risotto con arancia, di cui vi re tattile prelabiale"; suggerivano l'uso dell'arte dei forniamo ricetta). Come carburante lambrusco, travasato in profumi per favorire la degustazione e molto altro latte da benzina. ancora.

n questo momento di congiuntura, economica e non solo, che io definisco ricerca di umanesimo del terzo millennio si inizia a notare che torna l’esigenza dello stare assieme, confrontarsi e comunicare, alla ricerca di una parola amica e perché no, di scambiarsi un sorriso… Fino all’altro ieri davamo del matto quando una persona cantava durante il lavoro o le faccende domestiche. Un modo di fare andato a scomparire intorno agli anni ‘50 e ‘60 dello scorso secolo, come il riso, di cui anche nella nostra regione facevamo largo uso. Ricordo con nostalgia il periodo in cui con gli allievi delle Scuole Alberghiere Regionali abbiamo pubblicato con la firma Associazione Cuochi della Provincia di Udine Un volumetto titolato un “SORRISO PER L’ESTATE” per raccogliere fondi a favore della “Via di Natale” di Aviano. Nel titolo ci sono più riferimenti. Un Sorriso per le persone ammalate, un Sor-riso nelle ricette proposte come ricchezza e come qualità del riso usato. Insomma lode al riso e al vivere in amicizia. Non sempre il riso in “bianco” è indice di povertà o dietetico: se il condimento era un cucchiaino di burro di latteria turnaria e un cucchiaino di Latteria grattugiato ecco che diventava

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Aerobanchetti

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GERMANO PONTONI

I

“Il riso è amore per il nostro organismo e per la salute del mondo”

mangiare da Signori. Il riso sposa le stagioni e la religiosità: in Quaresima con ortaggi invernali e pesci o fegatini di pollo, in primavera-estate con carni bianche, colori dell’orto e pesci di mare o di acqua dolce, abilmente sfilettati e trasformati in gustose dadolate, in autunno con i colori delle zucche o abbinati a carni sapide, e selvaggina di laguna, maiale, verza in brodo per le maialate d’inizio d’anno. Ma il riso accompagna anche le stagioni della vita: dalla prima infanzia con le cremine di riso, nella scuola primaria con risi che, con i nomi più fantasiosi vengono proposti da cuoche mamme che, sapientemente con gusti e colori, attirano dapprima l’attenzione e poi stuzzicano il gusto e l’appetito. Risi con spezie, al curry, per giovani che amano la cucina etnica e via, via fino all’età degli incontri amorosi, cene al lume di candela con risotti impreziositi da bollicine. C’era in Friuli l’usanza per i viandanti e ospiti che durante la notte di Natale bussavano alla porta, di offrire riso e latte preparato con cura, lo stesso riso e latte che le persone in età avanzata gradiscono in tutti i pasti della giornata. Il riso è tutto, e come dice la pediatra Teresa De Monte nel suo ultimo libro, il riso è amore per il nostro organismo e per la salute del mondo.

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ORTI URBANI

Una dispensa a cielo aperto

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cadono in questi giorni i termini di partecipazione ai bandi per l’assegnazione di 40 lotti disponibili nei due nuovi orti urbani in corso di realizzazione in via Zugliano a Sant’Osvaldo e in via Pellis a Paparotti nel comune di Udine. La durata della concessione passa da uno a tre anni. “Un arco temporale più ampio che permetterà di raggiungere meglio gli obiettivi di aggregazione sociale e di sensibilizzazione sui temi della salvaguardia e della riqualificazione del territorio comunale”. La notizia sta a nostro parere proprio nella rinascita degli orti urbani in una funzione di socializzazione e di necessità di risparmio, di hobby e desiderio di consumare prodotti visti crescere sotto i propri occhi. L’orto torna di moda e non solo come mera espressione verbale di richiamo bucolico (non si sono mai visti tanti prodotti che si rifanno all’orto verde come in questi anni). Sugli orti urbani in rapporto alla vite e alle vecchie viti ha scritto un interessante pezzo Roberto Cipresso, l’enologo che con Bisol, nell’isola di Mazzorbo sta facendo rinascere la Dorona un vitigno storico autoctono (ne abbiamo scrit-

to nel numero di q.b. del 10 maggio 2011). “A un primo sguardo gli orti appaiono come una dispensa a cielo aperto, angoli di campagna - in qualche caso rigorosamente disciplinati, in altri magari lasciati a se stessi ed un po’ decadenti - ricavati in aree più o meno nascoste di paesi e città, a ridosso di case, muri e cortili. Il loro valore, comunque notevole anche considerando soltanto il loro ruolo storico, sociale ed estetico, risulterà notevolmente amplificato qualora si osservino un po’ più attentamente, e si valuti l’immensa ricchezza che offrono quali centri di raccolta e di conservazione di materiale genetico e biodiversità. È proprio negli orti infatti che riusciamo ancora a trovare l’antica varietà locale di pomodoro da condire dalla polpa consistente, succosa, e dal sapore antico, che ricorda la nostra infanzia, e che al supermercato da tempo non è più reperibile, per leggi e regole che spesso sfuggono alla nostra comprensione. Ed è ancora negli orti che troviamo la susina dalla forma strana e dal colore poco invitante, che sappiamo essere di gran lunga più dolce e ricca di sapore della prugna lucida a disposizione del consumatore”.

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all’esplorazione del materiale genetico presente negli orti di Siena, al punto che circa 10 anni fa, proprio allo scopo di

Roberto Cipresso

verificare con prove di vinificazione e micro vinificazione i risultati di indagini anche di questo tipo, ho dato vita alla

Agli inizi del 1800, un nobile della

della comunità rurale di Nuestra Senora

mia cantina del Winecircus, una sorta

Vienna asburgica, per sdebitarsi di un

la Reina de Los Angeles, e fu ad esse at-

di laboratorio nel quale poter condurre

servizio reso, fece dono di una grande

tribuito il nome sbagliato di Silvaneer, la

liberamente le attività di ricerca e le

quantità di viti della varietà precoce Cr-

varietà più diffusa tra i vitigni austriaci,

sperimentazioni che più mi appassio-

ljenak – originariamente coltivata in Dal-

che poi divenne Zinfandel.

nano.

mazia, ma anche in serra nella capitale

Anche la storia di questo vitigno,

Sono infine fermamente convinto

dell’impero asburgico per la produzione

orgoglio e bandiera della viticoltura

che il vero messaggio di novità e di

di uva da tavola – ad alcuni frati fran-

americana, vede quindi il suo punto di

freschezza che stiamo cercando sia da

cescani in partenza per le Americhe con

partenza proprio negli orti e nella col-

perseguire non nel mero recupero di ciò

la missione di evangelizzazione della

tivazione destinata a semplici e piccole

che ci viene imposto dalla tradizione,

California; e fu così che queste barba-

comunità.
Sono vicinissimo al progetto

bensì esplorando, tra le cose antiche, gli

telle giunsero nell’orto della chiesetta

promosso da Città del Vino in merito

elementi più validi, veri e preziosi.

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Nuova apertura Gilu’s Pizza & Grill

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DODECALOGO

Sievoli sotto sal

I Sì e i no sulla vongola “coltivata” friulana

La storia e la cucina dei pesci conservati Giuliano orel, Aurelio Zentilin

Con la parola Cefalo spesso si indica la generica famiglia dei Mugilidi che però è rappresentata nel Golfo di Trieste da 5 specie diverse

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arliamo di Cefali o Sievoli (nel dialetto istro-veneto) o Cieul (in friulano) che sono tra le specie ittiche le più diffuse ed apprezzate in tutto il mondo. L'apprezzamento deriva dall'eccellente qualità delle carni, dalla abbondante disponibilità e dalla relativa facilità di cattura realizzata, a volte, con metodi molto ingegnosi e coinvolgenti come la Trata in Istria o la Canara nelle Lagune Venete. Con la parola Cefalo spesso si suole indicare la generica famiglia dei Mugilidi che però è rappresentata nel Golfo di Trieste da 5 specie diverse. In generale tutti i cefali mostrano una forma affusolata e ben proporzionata, molto idrodinamica e quindi adatta al nuoto. Tradizionalmente i pescatori di Grado e di Marano Lagunare, ma non solo, usavano preparare i Sievoli soto sal. Quando la pesca estiva era abbondante, i pescatori pulivano i

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cefali, solo sventrandoli e squamandoli se di piccole dimensioni, oppure aprendoli “a cotoletta” (Spacai) se di dimensioni maggiori e li mettevano in vasi di coccio disponendoli, ben serrati, a strati, con sale grosso alternato tra uno strato e l’altro. Quando il recipiente era pieno veniva coperto con un coperchio sopra il quale si poneva un peso e lo si teneva a maturare per due-tre mesi durante i quali, nei primi tempi di maturazione, i cefali, per effetto osmotico, cedevano il loro liquido che veniva allontanato e rabboccato con nuova soluzione salina (Salamoia), costruita sciogliendo in acqua tiepida circa 300 grammi di sale ogni litro d’acqua. A maturazione, alla bisogna, i Sievoli venivano tolti dal sale e dopo averli lasciati una notte in un catino con acqua dolce venivano preparati in Saor o semplicemente conditi con olio e aceto. Potevano anche essere lessati assie-

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e VONGOLE ALLEVATE o COLTIVATE (ed in generale tutti i molluschi di allevamento) SONO “UGUALI” A QUELLE PESCATE PERCHÈ SI NUTRONO DI QUELLO CHE MADRE NATURA OFFRE e cioè di fitplancton, le microscopiche alghe unicellulari presenti nelle acque marine e lagunari. Ecco alcune semplici “regole” per poter gustare con tranquillità e consapevolezza questi squisiti “scrigni del mare”:

me a cipolla, sedano, carota e qualche foglia di alloro e successivamente conditi con olio e aceto. Ma la vera ghiottoneria erano i Sievoli sotto sal che, dopo essere rimasti per una notte in ammollo in acqua dolce, venivano impanati con farina bianca e fritti. Il Sievolo frito acquista la consistenza e il colore di un biscotto salato e tostato che ne faceva la gioia dei più piccoli affamati bimbi dei tempi andati e oggi è prefetto come piacevole aperitivo nei pochi ristoranti che attualmente stanno riscoprendo questo antico modo di conservare, piuttosto che di preparare, i Sievoli. I Sievoli sotto sal sono uno dei 144 preziosi prodotti agroalimentari del Friuli Venezia Giulia individuati dall’ERSA, agenzia regionale per lo sviluppo rurale ed inseriti nel Nuovo Cibario del Friuli Venezia Giulia. Atlante dei Prodotti della Tradizione.

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1. SI. In negozio acquistate le vongole sempre in confezioni integre e con la loro etichetta. 2. NO. I n negozio non acquistate le vongole se sono aperte e non si chiudono. 3. SI. A casa conservate le vongole in frigorifero, mettendole nella loro confezione, in una terrina e coprendole con un coperchio 4. NO. A casa non metterle a spurgare in acqua, sono già state depurate. 5. SI. A casa, se ben conservate, le vongole possono essere consumate entro 2,3 tre giorni. Attenzione: per i Molluschi, nell’etichetta non è riportata una data di scadenza ma la data di confezionamento. Fra il tempo impiegato dal momento dell’acquisto alla preparazione non dovrebbero trascorrere più di 4-5 giorni. 6. NO. A casa non è necessario fare una provvista di vongole perché si trovano fresche tutti i giorni presso i vostri punti di acquisto.

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7. SI. A casa, prima della cottura, le vongole vanno semplicemente risciacquate sotto l’acqua corrente, eliminando quelle rotte. 8. SI. A casa le vongole vanno consumate previa cottura. 9. NO. A casa, dopo la cottura non aprire le vongole che restano chiuse ma eliminarle dalla padella. 10. SI. A casa se ne rimangono dopo il consumo, pulitele, raccogliete il frutto e assieme al liquido di cottura conservatele nel congelatore… ma non troppo a lungo.  Potranno servire per preparare uno spaghetti alle vongole. 11. SI. Preferite le vongole e i molluschi del friuli venezia giulia perché sono vostri vicini di casa, sono del vostro territorio e a km 0. 12. SI. Fidatevi delle vongole perché sono controllate e sono un prodotto certificato.

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SCRIGNI DI MERAVIGLIE I molluschi bivalvi tra orgoglio e pregiudizio: la salubrità delle capetonde

Aurelio Zentilin

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nche in Friuli Venezia Giulia le “càpe”(in veneto) o “lis càpis” (in friulano) ovvero i molluschi bivalvi e il loro uso in cucina era considerato, in tempi non molto lontani, riservato ai poveri poiché erano molto abbondanti nelle numerosissime specie, non richiedevano l’uso di grandi fuochi ed erano disponibili anche in inverno, quando il resto del pesce soggiorna nelle acque più profonde e calde del Golfo di Trieste. Nel contempo, il consumo di alcune specie era però percepito come molto rischioso in quanto, se i prodotti non erano “freschi” e vivi, o se venivano raccolti in certe aree e in condizioni sfavorevoli, potevano provocare problemi di salute di varia gravità. Questo dualismo tra illimitata disponibilità di risorse a basso costo e la loro potenziale pericolosità è caratteristico di tutte le comunità costiere di tutti i mari del pianeta. La cattiva “nomea” di cui godono i

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molluschi bivalvi e in particolare il Mitilo o Cozza (Mytilius galloprovincialis) e alcune specie lagunari di cui il Cuore o Capatonda (Cerastoderma glaucum) è l’esempio più eclatante, è da ricercare in un insieme di caratteristiche peculiari della specie ed all’impreciso stato delle conoscenze e dell’igiene che fino a qualche anno addietro regnava anche dalle nostre parti. Lo sversamento diretto di acque spesso contaminate da batteri fecali nei corpi idrici (laghi, fiumi, lagune e mare), la presenza dei banchi di molluschi in vicinanza degli scarichi, la loro facile accessibilità di raccolta e la scarsa conoscenza delle dinamiche di prevenzione sanitarià permetteva scam-

bi e contaminazioni molto frequenti e veloci fra organismi patogeni, l’alimento molluschi e le popolazioni rivierasche. Anche leggendo la storia della fortezza di Marano Lagunare (Ud) si evince che periodicamente la popolazione veniva decimata da epidemie di morbus Cholera, di bacillo virgola e di tifo, all’interno di un’area dove inoltre regnava endemica la malaria. Tradizione vuole che all’epidemia del 1635 siano scampate solo 17 anime di sesso maschile le quali, una volta ristabilitesi, si diressero con le batele a remi alla volta di Grado per rapire altrettante màmole (fanciulle) da portare a Marano per ricostruire la comunità falcidiata. L’ultima epidemia, causata da tifo, è stata registrata a Marano nel 1955 dove 180 persone furono ricoverate in Ospedale a Palmanova e, fortunatamente, si è risolta senza alcuna perdita. Una targa votiva di ringraziamento, ubicata nel santuario della Beata Vergine della Salute, ricorda ancora oggi questo fatto. Ancora oggi, nell’immaginario collettivo della popolazione di Marano, le Capetonde sono sinonimo di tifo.

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La canzone di Molly Malone: Capetonde e Peoci

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uesto tipo di problematiche sono però comuni in tutte le popolazioni che ne fanno uso. Una curiosa analogia con le storie friulane la si può trovare in una famosissima ballata irlandese The song of Molly Malone (la canzone di Molly Malone) conosciuta anche come Cockles and Mussels (Capetonde e Peoci). Questo canto funebre narra di una pescivendola del XVIII sec. (quasi certamente una figura storica) che morì durante una epidemia di colera che periodicamente devastava anche Dublino. La ballata di Molly Malone dice più o meno così: Nella serena città di Dublino dove le ragazze sono così carine un tempo viveva una fanciulla chiamata la dolce Molly Malone e spingendo il suo carretto con le ruote attraverso i vicoli larghi e stretti gridava “cappetonde e peoci vivi, vivi OH!” Molly Malone morì per febbre, nessuno poté salvarla e quella fu la fine della dolce Molly Malone. Ora è il suo fantasma che spinge il suo carretto attraverso i vicoli larghi e stretti gridando “capetonde e peoci vivi, vivi OH!” Traduzione di L. Scala

La sicurezza per i consumatori

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vviamente oggi la situazione è totalmente evoluta e tutti i molluschi coltivati o pescati in mare e in laguna, Capetonde e Peoci compresi, per precise norme igienico sanitarie emesse dai Regolamenti Comunitari e recepite dal Ministero della Salute, prima di essere messi in commercio per il consumo, devono essere controllati sin dall’inizio della filiera produttiva, depurati (laddove necessario) in centri di depurazione (CDM) autorizzati ed ancora ricontrollati, confezionati ed etichettati in centri di spedizione (CSM) anch’essi riconosciuti e codificati con un numero CE. L’etichetta che deve essere apposta ad ogni confezione non deve essere asportabile e deve contenere tutte le informazioni che possano permettere al consumatore di sapere quale specie sta acquistando, da quale zona proviene, come è stata prodotta, quando è stata confezionata e da quale centro di spedizione l’alimento è partito. L’etichetta è quindi la carta di identità che accompagna l’alimento e permette l’individuazione delle diverse fasi di lavorazione (tracciabilità). Onde evitare poi i possibili rischi di incorrere in spiacevoli conseguenze di tipo gastro-intestinale, i molluschi vanno consumati cotti.

E ORA QUALCHE RICETTINA FACILE FACILE Cape in scotadeo

Zuppa di patate di terra e patate di mare

far aprire le vongole su un tegame basso con coperchio a

Lessare 6 patate, pelarle e passarle al mixer assieme a brodo di

fuoco moderato, senza aggiungere acqua, con aglio tagliato

pesce o brodo vegetale fino a ottenere una purea semiliquida.

a pezzi, olio extra-vergine di oliva e un pizzico di pepe nero.

In una padella larga mettere dell’aglio tritato, olio extra vergi-

Alla completa apertura delle vongole aggiungere una mancia-

ne di oliva, poco prezzemolo, aggiungere 1 kg di vongole, una

ta di prezzemolo e servire.

spruzzata di vino bianco e farle aprire a fuoco vivace per 4-5 minuti coprendo la padella con un coperchio. Sgusciare e tenere

Spaghetti con le Cape

al caldo i frutti avendo l’accortezza di conservare 3 o 4 vongole con le valve per guarnire ogni piatto. Recuperare il liquido di

far aprire i bivalvi su un tegame basso con coperchio, senza

cottura delle vongole filtrandolo ed amalgamarlo con la purea.

aggiungere acqua, a fuoco moderato con aglio tagliato a pez-

Incorporare alla minestra le vongole sgusciate ed aggiustare di

zi, olio extra-vergine di oliva ed un pizzico di pepe nero o un

sale e pepe. Il piatto, da mangiare ovviamente con il cucchiaio,

po’ di peperoncino. A parte, cuocere gli spaghetti al dente e

può essere completato con crostini di pane abbrustolito.

dopo averli scolati farli saltare nel tegame con i molluschi. Prima di servire, aggiungere una manciata di prezzemolo ed un po’ di pane grattugiato. Suggerimento: Il sugo può essere

L’unicità e la freschezza delle VONGOLE DEL FRIULI VENEZIA

fatto con tutti i molluschi bivalvi e si possono aggiungere

GIULIA della filiera PMA FVG sono da abbinare con un

anche pomodori per una spaghettata “in rosso”.

Friulano ma anche con una Malvasia Istriana.

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AI SAPORI

Un ristorante di pesce nel cuore dei prosciuttifici I giovani che ci piace conoscere: hanno meno di 75 anni in tre! FABIANA ROMANUTTI

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iulia Plos, la titolare, che si occupa del bar e del servizio in sala. Stefano Comello, chef (triestino di origine, ma ormai naturalizzato friulano), Nicola De Cecco, addetto ai vini (e a tutto quello che serve) e compagno di vita di Giulia. In tre non raggiungono i 75 anni. Sono i tre giovani che hanno creato il ristorantino Ai Sapori, protagonisti a buon diritto della rubrica “I giovani che ci piace conoscere”. Il posto ce l’ha segnalato un giovane amico di Facebook, Angelo Bortoluzzi, che si diletta di infusi e sogna di fare il distillatore. Il Bar Ristorantino ai Sapori si trova a Villanova, frazione di San Daniele del Friuli. Lo vedete subito sulla strada. È un locale tutto nuovo ma realizzato con quell’eleganza informale che vi dà subito un grande senso di accoglienza e ospitalità. Un ambiente curato e accogliente, dall’arredamento chiaro luminoso, dove la cortesia è di casa. Il ristorantino Ai Sapori, (ristorantino supponiamo si riferisca alle dimensioni ridotte, massimo 25-30 posti all’interno, non certo alla qualità) è strutturato “alla vecchia maniera” come le trattorie di una volta che si aprono

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sul bar (aperto dalle 9. 30 alle 15, vi si servono gustose polpette, fette di frico, ma anche crostacei in forma di lecca lecca. E ottimi vini al calice). La sfida è stata quella di differenziarsi dagli altri locali della zona, spiega Giulia, una laurea alle spalle e tanta voglia di mettersi alla prova anche se gli orari, si sa, sono abbastanza faticosi, ed ecco allora la scelta di proporre un menù soprattutto a base di pesce (a disposizione comunque anche alternative per gi amanti della carne), in combinazioni nuove e gustose. Anche un semplice polpetto su letto di patate al Friulano con porcini crudi in olio alle erbe, diventa un piatto da gourmet. Ottimo anche il branzino con olio, sali e scorza di limone, che abbiamo gustato accompagnato da un Toblar di Specogna. In menu erano assai tentatori un San Pietro con fiori di zucca, mostarda, aromi di vaniglia e cannella, il tonno all’arancio, il cartoccio con calamaretti e formaggi. Insomma c’è di che scegliere e anche all’ora di pranzo, quando ci siamo andati, c’erano i tavoli quasi tutti occupati. Supponiamo quindi che la sera sia un locale che sta diventando

Ristorantino ai Sapori Via Giacomo Bernè, 33   San Daniele del Friuli Telefono: 0432 95 30 25 Giorno Chiusura: domenica Coperti: 25-30 posti (esterni 20) Prezzo medio: 25, 30 euri

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di tendenza. Apprezzato anche per i prezzi contenuti. “La materia prima è sempre di altissima qualità e il pesce è sempre abbinato a prodotti di stagione”, ci racconta il giovanissimo chef, triestino, che ha fatto le sue prime esperienze da Skabar, poi

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in vari ristoranti importanti con catering di alta gamma. “Ho sempre desiderato cucinare e in particolare il pesce”, ci racconta Stefano Comello, che da Trieste veniva ogni giorno a Udine a studiare allo Stringher. A sentirlo, vi sembra strano che abbia

tutta quell’esperienza alle spalle, ma, ci dice “ho cominciato a lavorare a 14 anni!” Sua l’idea di un piatto davvero scenografico: il sole, con pasta di Gragnano farcita con spuma di branzino e scampi, con salsa ai calamaretti e verdure di stagione.

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La ricetta

Muffin alla zucca con la sua mostarda su crema Chantilly calda Muffin: per saperne di più

Ingredienti: 350 g di farina, 200 g di zucca, 60 g di zucchero

Un muffin è un dolce simile

bianco e 60 g di zucchero

a un plum cake, di forma

di canna, 3 uova, 150 g di

rotonda con la cima a calotta

burro, 1 bustina di lievito

semisferica senza glassa di

per dolci, 100 ml di latte, 1

rivestimento. Si possono

cucchiaio di cannella, 3 cuc-

preparare con ripieno di

chiaini da caffè di zenzero

mirtilli, cioccolato, cetrioli,

in polvere, un po' di noce

lampone, cannella, zucca,

moscata

noce, limone, banana, arancia, pesca, fragola, mandorle

Preparazione:

e carote. In genere i muffin

Far asciugare la polpa della

si tengono in un palmo della

zucca in un padella antia-

mano e si consumano in

derente per circa 20 minuti.

un sol boccone. La parola

Schiacciare la polpa renden-

muffin viene citata per la

do il composto cremoso. Far

prima volta in Inghilterra nel

sciogliere il burro e lasciarlo

1703 con la scrittura "moo-

raffreddare. Unire lo zuc-

fin". Qualcuno la fa derivare

chero e lavorare fino a che

MOSTARDA:

risulti ben spumoso. Aggiun-

Ingredienti: 1 kg di polpa di

significa soffice, inteso come

gere le uova e incorporare

zucca, 350 g di zucchero, 1/2

il pane, altri dal tedesco

nell'ordine: farina, lievito

cucchiaino di cannella, succo

muffen che significa piccole

e la polpa di zucca. Infine

e buccia di 1 limone, 1 pizzico

torte. Le prime versioni di

unire il latte e le spezie,

di noce moscata

muffin erano meno nobili. Il

mescolando delicatamente.

Preparazione: Tagliate la pol-

fornaio di famiglia inizial-

Versare il composto nelle

pa a pezzetti, mettetela in un

mente cucinava i muffin per

formine o in stampino di

contenitore e coprite tutto con

la servitù con i rimasugli del

alluminio e cuocere in forno

lo zucchero,: Lasciate macera-

per circa 25 minuti a 180°

re, coperta da coperchio, per

C. Infine a dolce ultimato e

circa 12 ore. Finito il tempo

raffreddato scavarlo in cima

di macerazione mettete il

con un coltello e farcirlo con

tutto in una padella sul fuoco

la mostarda.

e aggiungete sia il succo che

divenire il composto così

la buccia del limone, poi le

ottenuto leggero e croccan-

spezie. Fate cuocere a fuoco

te. Quando questo dolcetto

dolce per circa un’ora. Alla fine

venne scoperto dai signori

della cottura aggiungete un

inglesi dell'epoca diventò

bicchierino di rum jamaicano e

l’accompagnamento preferito

un po’ di amaretti sbriciolati.

per l'ora del tè.

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dal francese mouflet, che

La ricetta del muffin è di Stefano Comello, che nella foto piccola esibisce il suo Sole di Gragnano ripieno di polpa di branzino

pane del giorno prima e con i rimasugli di lavorazione di biscotti, mescolando il tutto con delle patate schiacciate. Il tutto veniva fritto facendo

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Cucina semplice e genuina; vasta proposta di vini

Il ristorante scelto e consigliato da Commanderie des Cordons Bleus, Delegazione di Trieste

è tempo di boreto: alla Gradese è meglio!

Lola in cucina, il marito Gianni in sala Carlo Morandini

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ANNA FAST

La ricetta di Attias Tarlao

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a Delegazione di Trieste della Commanderie des Cordons Bleus si è ritrovata a Grado in una sera di inizio ottobre appena rinfrescata dal borino alla scoperta dei veri sapori del generoso mare della laguna. La folla estiva di turisti di questa calda e lunga estate del 2011 era ormai solo un ricordo; tra le calli dell’Isola d’Oro, rischiarate da sapiente illuminazione, si respiravano magia e suggestione. Ma la poesia del luogo, confessiamolo, passava ben presto in secondo piano in quasi tutti i Commandeurs, per il desiderio di testare insieme il menù per noi predisposto dai fratelli Tarlao. La stagione più propizia per la pesca è all’inizio e la Tavernetta all’Androna, piccolo e storico ristorante nel cuore della città vecchia, è un punto di riferimento di notevole appeal. Il ristorante è stato per lunghi anni punto di riferimento per i i gourmet, gli spaghetti all’Androna hanno deliziato i palati più esigenti. L’attuale gestione non ha tradito le aspettative e grazie al rigoroso utilizzo del prodotto del territorio è uno dei ristoranti di punta dell’Isola. Da ben tre generazioni la famiglia Tarlao si oc-

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cupata di ristorazione. Nel gennaio del 2001 ha rilevato il ristorante, con Attias ai fornelli e Allan in sala. Attenti alla freschezza e alla rigorosa scelta dei prodotti del territorio (ce lo hanno sottolineato molte volte nel corso della serata e del resto il nostro palato se ne è subito reso conto) hanno rivisitato le ricette del passato, mantenendo i sapori della tradizione. Si inizia la serata con una fritturina di pesce e piccole verdure. Seguono delle splendide cicale di mare (meglio conosciute dalle nostre parti come canoce) accompagnate da una gremulade di verdurine. Gradevolissime le sfogliatine di polenta, prima di passare al piatto forte della serata: un boreto gradese di pesce nobile, accompagnato da polenta e generosamente cosparso di pepe, come vuole la tradizione Al momento del dessert papà Tarlao si esibisce con incredibile destrezza nel servizio del Santonego, amaro riscoperto dai Gradesi, ospitato in bottiglia dal collo estremamente lungo e sottile. Il ristorante merita una visita o una riscoperta! Parola di Cordons Bleus!

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BORETO DI PESCE MISTO ALLA GRADESE CON POLENTA BIANCA Ingredienti per 4 persone: 1.8 Kg di pesci misti (1 orata, 1 branzino, 600-700 g di rombo, 2 sogliole), 4 spicchi d’aglio privati della pellicina, sale grosso, pepe nero, un bicchiere di aceto bianco, olio di semi (8 cucchiai da tavola), ½ bicchiere di acqua bollente. Preparazione: Eviscerare e squamare il pesce, tagliarlo a tranci. In una casseruola far imbiondire gli spicchi d’aglio interi nell’olio di semi. Toglierli quando saranno di colore tendente al nero e l’olio sarà fumante. Mettere nella pentola bollente i tranci di pesci, farli rosolare da entrambi i lati. Salare, pepare abbondantemente e bagnare con l’aceto bianco; far evaporare e coprire il pesce con l’acqua bollente. Coprire la pentola con il coperchio e cuocere per 8 minuti circa finché il sugo si addensa. Servire con polenta bianca.

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a venticinque anni, chi raggiunge Lignano Pineta nelle ore serali, in qualsiasi stagione, sa di poter contare su un punto di ristoro genuino, curato, ove degustare vini di pregio del vigneto Friuli Venezia Giulia, e non solo. D’altro canto, il nome prescelto da Gianni e Lola, rivieraschi DOC, originari di Ronchis e di Rivignano, per il locale che oramai gestiscono da venticinque anni, rappresenta la sintesi estrema dell’offerta: ‘La buca dei Papi’ in via Tana del gambero 4, richiama la tranquillità del posto. Le dimensioni raccolte, certo sufficienti anche per piccoli convivi tra amici (30 posti all’interno, 20 all’esterno), danno Buon rapporto al posto un tocco di qualità-prezzo, intimità. Lo conosceelemento "plus" vo fin dall’apertura. di una valida Quando, a poca diristorazione stanza vi si trovavano rivierasca le discoteche e i locali della notte, che frequentavo negli anni ’80 e ’90. È da Gianni e Lola, nelle lunghe serate dell’estate, che ho imparato a conoscere i Sauternes, la Malvasia delle Lipari, lo Champagne di alta caratura. Ma non spaventatevi: per pasteggiare ‘alla Buca’, come lo chiamano gli affezionati clienti, vanno benissimo i vini della casa, Tenuta Villanova. Il locale apre alle 19,30, per chiudere alle 3 del mattino. Il menù è semplice. Quattro antipasti, quattro primi, quattro secondi, quattro dolci. Genuini e dal sapore autentico. Carni selezionate. Dalla tartara alla tagliata. Anche il ragù di carne per la pasta, rigorosamente fatta in casa è di filetto. Nei fine settimana c’è anche il pesce; solo quello pescato. E ora arriva la stagione del tartufo…  Chiuso il lunedì. Tel. 0431 42 22 79.

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Lieviti autoprodotti congelati per i successivi inoculi

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Il ghiaccio&il vino prire vini fantastici e ricchi di aromi, che mantengono tutte le note varietali e minerali, come quelli dalla linea Scacco al Re. Una tecnica complessa e costosa quella del raffreddamento delle uve con temperatura controllata di qualche grado sopra lo zero, in un macchinario imponente che potete vedere nella terrazza accanto alla cantina a San Giovanni al Natisone. Ora il vino dell’autunno: uno straordinario Friulano di Davide Feresin: e anche in questo caso il freddo e il congelamento hanno il loro ruolo. La

Magnum Edi (il nome del vino è una dedica al padre) era assai richiesta ai tavoli della cena dei wine blogger ospiti qualche settimana fa a Borgo Conventi. Dove peraltro i produttori della Doc Isonzo hanno presentato il meglio dei loro vini d’annata: un autentica scoperta. Davide Feresin, che ama sottolineare come anche quest’anno abbia fatto una vendemmia quasi tardiva, cominciata intonro al 27 settembre è arrivata al 5, 6 ottobre per il Tocai, in modo che fossero maturi sia i frutti sia i vinaccioli. Pochissima la solforosa utilizzata, in un’ottica che tende ai vini naturali e bio, anche se Feresin non ama che si usi quest’espressione. Il suo rapporto con il ghiaccio? Riguarda i lieviti: al primo travaso, racconta, raccogliamo lo strato di lievito, una sorta di crema, e lo mettiamo in freezer in appositi contenitori. Servirà per l’inoculo alle fermentazioni future.

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Seduzioni ice style per conquistare il consumatore Fabiana Romanutti

Pinot grigio: un bianco che gioca a fare il rosso, particolarmente amato dal consumatore americano

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el numero del 21 luglio di q.b. il vino protagonista era Jasik, di Borgo San Daniele a Cormons, un vino che si caratterizza per la ghiacciatura del grappolo intero, tramite abbattitore, attendendo poi il rialzo naturale della temperatura e 7-8°. Un vino che è stato il nostro amico di bicchiere per una lunga calda estate. Poi, nel numero del 15 settembre, il raffreddamento delle uve tramite azoto liquido, tecnica dell’azienda vinicola Cantarutti, ci ha fatto risco-

avide Feresin, giovane vignaiolo di 35 anni, vive a Cormons, frazione San Quirino. Grazie alla collaborazione con Michele Bean, enologo emergente, Feresin sta perseguendo un progetto rivoluzionario: creare un Pinot Grigio che vada bene sia come vino bianco che rosso, da assaporare a tutto pasto, anche con la carne. Grazie alla qualità della vendemmia 2011, ottima per chi, come lui , ha saputo aspettare evitando di raccogliere anticipatamente, Feresin metterà a punto un Pinot Grigio del tutto inusuale, dal colore fortemente ramato, quasi rosso, ed un notevole corpo. “Dobbiamo rispettare quello che la natura ci dà, spiegano Davide e Michele. – Qui il Pinot Grigio è un vino intenso, carico, e non possiamo né vogliamo stravolgerlo per rincorrere le tendenze del mercato. Abbiamo così deciso di creare un vino “trasversale”, un bianco che si comporta da rosso e può abbinarsi perfettamente al pesce come ai piatti robusti della tradizione regionale”. Uve perfettamente mature, abbiamo detto, macerazione con le bucce di 5-6 giorni e fermentazione si svolgerà con lieviti rigorosamente naturali. “Non usiamo lieviti di sintesi e selezioniamo noi stessi ogni anno i ceppi migliori, spiegano. A fine vinificazione vediamo quelli che si sono comportati meglio nello sviluppo dell’alcol, analizzando le singole vasche. Prendiamo quindi la feccia delle migliori, la congeliamo e l’anno dopo la scongeliamo per preparare l’innesco della fermentazione. Applichiamo questa tecnica a tutti i nostri vini dal 2006 con ottimi risultati“. Si tratta di un metodo assolutamente innovativo per il Friuli Venezia Giulia e, probabilmente, a livello nazionale, che permette di ascoltare la natura fino in fondo e farla esprimere con la massima tipicità. I vini che ne risultano vanno in direzioNero di botte, il nome gioca su un ne opposta alla standardizzazione. Lo sa doppio senso. Guardate l’etichetta, un bene Davide che, andando contro tutto e po’ scherzosa e quasi goliardica: due caricature del vignaiolo e dell’enologo. tutti, ha recuperato la propria selezione Nero di botte, perché è un vino rosso, massale di Tocai Giassico, ereditato dal un Refosco dal peduncolo rosso ma il nonno, per produrre un Friulano unico e dibattito “botte grande barrique” ha fatto quasi arrivare alle mani Davide un rosso, il Nero di Botte, che sta facendo e Michele, quasi a farsi ludicamente neri di botte. parlare di sé per il gran carattere.

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Provati per voi

Skok: i vini che fanno allegria fabiana romanutti

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razie all’Onav di Gorizia e alla sua infaticabile responsabile Claudia Culot, abbiamo scoperto una piccola azienda dal grande cuore. Umano e vinicolo. Gruppo affiatato, molta attenzione alle spiegazioni e una protagonista inimitabile: Orietta Skok. Capace di raccontare il suo vino e l’attività in azienda come una bella storia di vita quotidiana, in un rapporto scherzosamente conflittuale con il fratello. Il nostro titolo, i vini che fanno (e danno) allegria è dovuto non solo alla bella esperienza vissuta nella saletta di degustazione, ma anche al colore delle etichette. Inconsuete per altro, di un vistoso e solare color arancione. “Il colore dei nostri tramonti” hanno detto, “il colore dell’allegria che vince il grigio”. Un’allegria talmente contagiosa che anche noi abbiamo scelto l’arancio per la copertina di questo primo numero di q.b. magazine. L’Azienda Vinicola Skok nacque nel 1968 quando i fratelli Giuseppe e

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Armando rilevarono la proprietà. Da subito concentrarono l’attenzione verso la coltivazione di Pinot Grigio e Sauvignon. E proprio con questi vini si continuano a ottenere i risultati più notevoli, con premi del GamberoRosso e la nomina a Vino Slow da parte di SlowFood e l’ingresso nel 2011 nel gruppo dei SuperWhites, l’eccellenza dei bianchi del Collio. Ora alla guida dell’azienda nel comune di San Floriano del collio, località Giasbana, sono i fratelli Orietta ed Edi, che dedica una cura

maniacale ai vigneti ed è oltretutto indaffaratissimo per la realizzazione della nuova cantina. Tutti i vini imbottigliati dall’azienda Skok (e acquistabili direttamente in azienda) sono DOC Collio. “Seguendo la tradizione del Collio, si legge sul loro sito, la produzione dei bianchi è più nutrita: Pinot Grigio, Chardonnay, Sauvignon, Zabura Friulano e l’uvaggio Bianco Pe/Ar. Siamo molto fieri di questi vini che ricevono riconoscimenti di anno in anno. Per i rossi ci siamo concentrati sul Merlot, prodotto da uve di un rarissimo clone Ferrari F2 in una vigna di 40 anni. Imbottigliamo il Merlot Classico e il Merlot Riserva VillaJasbinae, sapientemente maturato in botti di rovere. Un vino che profuma di ciliegia e confettura, strutturato, ma senza chiusura tannica. Per quanto ne possiamo dire per averli assaggiati, ottimo il Pinot grigio ramato, lasciato a macerare 4 ore sulle bucce, con vendemmia in cassetta, pressatura soffice. “Sui lieviti

selezionati non riesco a vincere con Edi, racconta Orietta, ma in vigna sono più libera e sono io che decido quante gemme lasciare…” Notevole lo Zabura, un Friulano, 8 file di cru da un vecchio mappale, 5500 piante per ettaro. Talmente perfetto e antico nel suo sapore di mandorla, da essere definito da alcuni critici enologici, “troppo tipico”! Ebbe sì, così va il mondo. Un vino profumato e corposo con 24 di estratto secco, quasi come un rosso. Vino coerente con corresponsione naso-bocca e retrogusto, il Sauvignon che già faceva pregustare nei primi freddi d’autunno un buon risotto con gli apsaragi come abbinamento ideale. Poi c’è il Pe Ar (gli anglofoni leggono Piir, pera, ma il nome è più semplicemente formato dalle iniziali di Pepi e Armando… Un uvaggio con 60% di Chardonnay, 30% di Pinot grigio e 10% di Sauvignon. Caratterizzato da surmaturazione di circa due settimane sulla pianta. E affinato in barrique.

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Foto di pagina: Sabrina Gargiulo

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L’ONAV: Assaggiare per capire claudia culot

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'associazione Onav è uno dei più antichi sodalizi del settore enoico del nostro paese: nasce ad Asti nel 1951 con lo scopo di formare assaggiatori affidabili e preparati. Con la presidenza del prof. Giorgio Calabrese negli ultimi due anni si sono aggiunte altre finalità come quella della diffusione della filosofia del bere consapevole e della promozione della cultura del vino attraverso la valorizzazione delle tipicità ed eccellenze territoriali. Per raggiungere questi scopi organizziamo corsi per aspiranti assaggiatori in cui diamo ai soci la possibilità di acquisire e specifiche conoscenze tecniche, che assieme alle doti naturali di ciascuno e al continuo addestramento permette di dare un giudizio il più obiettivo possibile su un vino. La formazione è continua con serate mensili di approfondimento su temi enoici e di degustazioni tematiche. Per quanto riguarda il mio percorso all'interno di Onav, sono diventata Delegata "solo" poco più di un anno fa, dopo un'esperienza di quattro anni come segretario di sezione. Ho virgolettato il solo perché un anno può sembrare un lasso di tempo breve, ma in realtà le esperienze vissute dalla nostra sezione in quest'anno lo dilatano moltissimo. Oltre agli impegni istituzionali dei corsi e delle riunioni mensili sem-

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pre molto seguite dai soci, abbiamo collaborato con enti amministrativi locali, associazioni di settore e di promozione territoriale (Ferragosto in Castello, Gusti di Frontiera, Uvaggi nel Mondo, degustazioni ai Musei Provinciali, Likof di San Floriano, Gran Premio Noè,Gorizia si presenta a San Candido, Calici di Stelle). Tutto questo grazie all'appoggio che il Consiglio Provinciale mi ha sempre dato in ogni iniziativa e al clima che si è instaurato tra i nostri soci, sempre pronti a collaborare oltre che sempre curiosi e desiderosi di ampliare le proprie conoscenze in campo enoico. Il che ci ha permesso di crescere e consolidarci come gruppo. Prossimo obiettivo è di potenziare la già buona collaborazione con le altre Delegazioni Provinciali delle nostre regione, Trieste è seguita ottimamente da Tito Cuccaro, Udine lavora bene con Simona Migliore e

Novità del 2012 è la possibilità che ci viene data dalla sede nazionale di avviare il corso di 2° livello. Agevolazioni per frequentare i corsi Onav junior.

poi abbiamo la matricola Pordenone con Marco Furlan. Tutti insieme continueremo a dare ai nostri soci la possibilità di confrontarsi e approfondire la formazione. Un altro obiettivo che impegnerà Onav Gorizia nei prossimi anni, ma che credo vedrà coinvolte anche le altre Delegazioni, è quello importantissimo dell'educazione dei giovani alla cultura del vino, come possibile deterrente agli "eccessi del sabato sera":abbiamo in programma delle agevolazioni per frequentare i nostri corsi (Onav Junior 18-25) e organizzeremo momenti didattici presso gli Istituti Superiori per le classi V o in ambito di manifestazioni. In chiusura una nota più leggera, senza nulla togliere ai signori Delegati e soci, volevo sottolineare la vivace presenza femminile Onav vista nella nostra regione: non solo due Delegate Provinciali ma tantissime assaggiatrici dimostrano quanto sia forte nell'universo femminile regionale la passione per il mondo del vino, situazione non comune nell'ambito delle altre organizzazioni del settore enoico. La presenza femminile nell'associazione, con le assaggiatrici che eccellono in precisione, sensibilità olfattiva e gustativa,è il vero valore aggiunto Onav e l'occasione per ribadire l'importanza della filosofia del bere consapevole. Bere poco ma di qualità come facciamo noi donne.

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ENOLOGICA FRIULANA srl / Via Stiria 36/1 33100 UDINE / T. 0432.602194 F. 0432.523544

www.enologicafriulana.it


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WINE BLOGGER

Il vino della memoria

Il vino si racconta on line

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logger e comunicatori del vino da tutto il mondo per conoscere la realtà vitivinicola e il food regionale: tre Consorzi di tutela delle zone Doc della regione: Collio e Carso, Colli Orientali del Friuli e Ramandolo, Friuli Isonzo, in collaborazione con ERSA hanno ospitato tra il 17 e il 19 ottobre un gruppo di una trentina di blogger provenienti dall’European Wine Blogger Conference, per la prima volta organizzata in Italia. Noi li abbiamo incontrati alla cena organizzata a Borgo Conventi dai produttori del Consorzio Friuli Isonzo che avevano messo in assaggio un nutrito gruppo di eccellenze, soprattutto etichette di annata (il Piere Sauvignon ’96 di Vie di Romans ci ha fatto perdere la testa) a dimostrazione della validità e longe-

è

stata una Donna Del vino FVG, Tiziana Canzutti a guidare le degustazioni di una interessante serata voltasi negli accoglienti spazi (il Cantinone con il caminetto acceso ha sempre la sua suggestione) dell’azienda Foffani a Clauiano. Protagonisti i Refoschi. Dopo gli interventi di Giovanni Foffani, inventore del Merlot bianco, di Elena Clarin del Consorzio Friuli Aquileia e di Valentina e di Elisabetta dell’azienda Cà Bolani. I vini in degustazione Bortolusso della doc Friuli Annia, Zaglia della doc Friuli Latisana, Valpanera, Cà Bolani, Mulino delle Tolle, Foffani queste ultime della doc Friuli Aquileia. L’idea è nata con lo scopo dare l’opportunità

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vità di un prodotto non solo di pronta beva. C’erano Elisabetta Tosi e Gianpiero Natali, wine blogger nazionali, che, con il direttore del Consorzio Doc Friuli Isonzo Pierpaolo Penco sono stati tra i promotori della venuta in regione dei bloggers. Cosa vi ha colpito di più abbiamo chiesto: le cantine del Carso scavate nella roccia è stata quasi unanime la risposta. “Amazing!” (cioè meraviglioso, straordinario, sorprendente) è stato il commento di tutti e in particolare del notissimo Ryan Opaz (blogger di Catavino). Fra i vini si sono stupiti davanti al Pinot Grigio Ramato, così tipico e originale che forse è difficile da vendere nel grande mercato, hanno detto, ma che sempre più conquisterà le nicchie degli appassionati.

TIZIANA BAITA

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mo dato un taglio giocoso alla serata, ci racconta Tiziana, e dopo aver parlato del territorio e del vitigno Refosco in generale, ai partecipanti è stato chiesto di compilare una scheda, cercando di individuare le varie annate e le aziende produttrici dei campioni che sono stati serviti “alla cieca”. Con sorpresa di tutti, la maggior parte delle risposte erano esatte, rivelando quindi consumatori attenti e con buona capacità di giudizio. In progetto altre serate, anche con vini di altre regioni, grazie alla collaborazione di produttrici dell’associazione Donne del Vino. Ve ne parleremo.

tappare una bottiglia è sempre un'emozione. Se poi quel vino era stato imbottigliato da tuo padre venti anni prima e dimenticato nell'ultimo scaffale in cantina, quel gesto ti fa battere forte il cuore. Capiterà anche a voi, una volta all’anno, di armarvi di buona volontà e affrontare il caos della cantina. Poi magari di lavoro ne fai poco perché ti perdi fra gli oggetti del tuo vissuto. Sfiori quelle cose messe da parte perché logore o non più di moda, ma che ora diventano importanti e ti riempiono di nostalgia. Giorni fa in una pulizia più accurata, in fondo, dove solitamente non ci vai mai, vi era una bottiglia di vino rosso dimenticato. Quella sera a cena vi era un motivo per fare festa. Mentre il verme del cavatappi forava il sughero ritornavo con il pensiero al tempo in cui quel vino, maturato al punto giusto, era stato imbottigliato. Eravamo piccole, mia sorella e io, e fortunate a vivere negli anni in cui la quotidianità era scandita dagli eventi

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F.R.

Degustazione di Refoschi della riviera friulana a tanti amici appassionati di conoscere meglio il Refosco della Riviera Friulana, che, grazie al sapiente lavoro dei produttori, è la dimostrazione che ottimi vini si possono ottenere anche in territori non di collina. Vini colore rubino, tendenti al porpora i più giovani, con intensi sentori di piccoli frutti di bosco, leggermente speziati, con una buona acidità e giustamente tannici. Le annate andavano dal più giovane del 2010 a una riserva del 2007 fino a un ottimo 2005. Abbia-

Riscoprire per caso in cantina una bottiglia di vent’anni prima. Un mondo di emozioni

che ogni stagione portava con sè. Era la natura che regolava il ciclo della nostra vita, in quel tempo non mangiavamo i pomodori o le fragole d'inverno, ma solo le mele che accuratamente venivano conservate nei granai. Era il tempo in cui il Venerdì Santo si imbottigliava il verduzzo e nella luna vecchia di agosto il rosso importante. In cantina le damigiane erano già allineate, ognuna piena di vino buono. Mio padre andava all'Enologica (con la stessa emozione con cui una donna entra in gioielleria) a cercare i tappi, quelli buoni, belli, grossi, di sughero naturale. A me toccava il compito di preparare le etichette. Allora non vi era il computer, tutto si scriveva a mano: 30 di merlot, 20 di cabernet, 50 di verduzzo, poi quel nomi lunghi, pinot grigio o difficili come il malbech e attenzione a non dimenticarsi l'annata. Alla fine ti faceva talmente male la mano da avere la scusa giusta per non fare i compiti. Quando tutto era pronto, le bottiglie lavate e allineate, tutta la famiglia si riuniva in cantina. Agli occhi di noi bimbe quel gesto veloce della tappatrice che stringeva e infilava quel pezzo di sughero nel collo della bottiglia, aveva qualcosa di magico. Una dopo l'altra le bottiglie venivano riposte negli scaffali vuoti già pensando che sarebbero state testimoni di attimi della nostra vita futura, per festeggiare un evento, far festa ad un amico o semplicemente per farci compagnia in un momento di stanchezza. Ora quel pezzetto di storia vissuta era nel mio calice, forse un po’ ossidato, con qualche parametro organolettico sballato, ma per me era perfetto. Il suo profumo, il suo sapore mi coinvolgevano e il suo calore mi arrivava sino in fondo al cuore.

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IL FUTURO è IN BIANCO? The Wine Advocate: accusa o difesa per i vini bianchi di eccellenza?

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’11 e il 12 novembre il Consorzio Tutela Vini Collio e Carso organizza il primo summit internazionale dedicato all’enologia in bianco. Obiettivo? Conoscere meglio le opportunità e i rischi del mercato internazionale chiamando a intervenire chi sta dall’altra parte. I riflettori saranno puntati in particolare sugli Stati Uniti, primo mercato di export per il vino italiano. Momento centrale l’appuntamento di sabato 12 novembre alle 15.00 per delineare gli “Scenari internazionali: opportunità e minacce per i vini bianchi di eccellenza”. Moderatrice Lucilla Incorvati, coordinatrice del Rapporto Vino del Sole24Ore. A parlare sarà anzitutto la critica, grazie a “The Wine Advocate”, oracolo del mondo del vino voluto da Robert Parker, certamente uno dei critici più temuti a livello internazionale. A rappresentarlo sarà Antonio Galloni, responsabile delle degustazioni dei vini italiani. Da Oltreoceano arriveranno anche esperti di comunicazione come Paul Wagner di Balzac Consulting, che offrirà suggerimenti operativi su come trasmettere l’unicità dell’enologia italiana (nel patrimonio turistico un importante alleato). A chiudere l’incontro l’analisi delle tendenze dei vini bianchi nei mercati internazionali di Filip Cayman per Wine Intelligence, società di indagini di mercato specializzata nel mondo del vino. Per informazioni: tel. 0481 630303, www.consorziocolliocarso.it

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CUOCHE A DOMICILIO Per insegnare proporre e difendere le ricette della tradizione

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nata quest’anno l’associazione nazionale delle cuoche a domicilio. L’idea è stata di Maria Elena Curzio, napoletana che vive a Catania da tanti anni, che ha deciso di riunire in un'associazione onlus, tutte quelle donne che per passione raccolgono, difendono e diffondono con le loro pietanze le ricette tipiche del territorio, proponendole alla famiglia, agli amici,ma anche e soprattutto a chiunque voglia conoscerle per imparare a preparare, e così anche salvare, le ricette tradizionali in tutta Italia. Per conservare le tecniche antiche, per tramandare anche ai giovani e ai bambini il gusto del cibo genuino. Corsi e lezioni in stretto rapporto con i produttori locali di ogni regione in una sinergia che mira a far conoscere i propri prodotti locali avvicinandosi al consumatore proprio attraverso le ricette dell’associazione. Il tutto in collaborazione con l'associazione di volontariato “Mettiamoci in gioco”, che si occupa di ragazzi disabili, cui vengono proposti corsi di cucina per essere più autonomi. Ecco i riferimenti per chi è interessata a far parte dell’associazione che ancora non è presente in regione: Maria Elena Curzio, tel. 3404121035. www.associazionenazionalecuocheadomicilio

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La Baita dei Sapori Via Saisera - 33010 Valbruna (UD) - tel. e fax 0428 660493

LOCALE ACCOGLIENTE LUOGO MERAVIGLIOSO SULLE PISTE DA SCI


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Il signore delle spezie I petali arancio del macis, i semi bruni della fava tonka, le capsule verdi del cardamomo

MARTA OMERO

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ui è Gianluca Mingotti, laureato in Scienze e Tecnologie Alimentari e ha 33 anni. E' il creatore di Petit Lorien, un marchio di qualità e un brand che racchiude cura e dettaglio per le materie prime, ben conosciuto dai sempre più numerosi estimatori delle migliori qualità di sali, pepi, spezie, zuccheri. “L'idea, ci spiega, nasce da un’attenta analisi dell’evoluzione della cucina italiana e mondiale, dalla presenza di consumatori sempre più attenti anche alle caratteristiche culturali di un prodotto. Da qui l’idea di aprire un centro di importazione, lavorazione e rivendita di sali alimentari, spezie e caffè provenienti dalle più esotiche località presenti nei cinque continenti; quei prodotti, che per la loro essenzialità e semplicità, da sempre vengono utilizzati nelle cucine di tutto il mondo. Ci sono molte ricette tradizionali, ingredienti rari e aromi che aspettano di essere riscoperti. Sono continua-

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mente alla ricerca di prodotti freschi da selezionare, garantendo una filiera corta: questo vuol dire massima qualità delle materie prime e prezzo competitivo. Con grande cura per il packaging. Analizzando il settore alimentare specializzato, dopo alcuni anni di esperienza come commerciale di grandi marchi nel settore della gastronomia di qualità, mi sono accorto che a parte i grandi marchi della GDO, sul campo delle spezie e affini c'era ancora spazio per un ragazzo giovane con idee imprenditoriali. In più sono stato sempre attratto dai gusti, dagli odori e dalla buona cucina. Attualmente sono molto apprezzati i sali colorati e appariscenti, dal rosa al nero, vanno molto le spezie più conosciute come cannella o vaniglia bourbon; ma stanno prendendo piede le miscele di spezie più esotiche.

Preciso che tutte le miscele vengono create in italia, perché importare dei macinati dal terzo mondo vuol dire ritrovarsi solo gli scarti di lavorazione, per non parlare della possibilità di trovarsi macinati spaghi e altro. Per ogni mia referenza ho redatto una scheda descrittiva relativa al prodotto e al suo uso in cucina. Mi piacciono molto i pepi meno conosciuti, come il pepe lungo del Bengala, il pepe di Java, tutti prodotti che per le loro peculiarità aromatiche e curiose forme, attraggono i consumatori più esigenti. Per non parlare poi del caffè... ". Ma di questo argomento e delle spezie in dettaglio parleremo nel prossimo numero.

MATTONELLA DELLO CHEF In puro sale “dolce” di Cervia per cotture a caldo o preparazioni a freddo

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eno sale e più salute, è lo slogan della campagna di prevenzione alle malattie cardiovascolari del comune di Pagnacco. Gli italiani a tavola assumono circa 10 grammi di sale al giorno (contro i 5 g massimi indicati dai dietologi). Certo il rischio c’è, ma non vorrete toglierci

Come usarla per cucinare il piacere di rendere sapide la nostre pietanze, proprio ora che abbiamo scoperto il blu di Persia, il nero di Cipro, il rosa dell’Himalaya. Senza dimenticare la mattonella dello chef in puro sale "dolce" di Cervia ideale per la cottura a caldo o per preparazioni a freddo delle pietanze. Permette di cuocere le pietanze senza l'aggiunta

Corso di perfezionamento sugli aromi autentici Rivolto a tutti gli operatori della produzione, preparazione, somministrazione e distribuzione degli alimenti e bevande e a coloro che per professione o per passione si occupano di assaggio e prodotti ad alto valore sensoriale, il corso, promosso dall’Associazione Culturale Assaggiatori Pordenonesi, ha per obiettivo il potenziamento delle capacità di percezione nel campo delle erbe aromatiche. Un corso interattivo, della durata di otto ore, in programma il 13 dicembre, che accanto alle nozioni base sulla composizione e identificazione dell’aroma naturale, punta anche alla descrizione analogico affettiva dell’aroma autentico. Le esercitazioni si effettueranno partendo da materie prime come tinture e distillati. Valutazioni con descrittori oggettivi, edonici e analogico-affettivi. Quota di partecipazione € 300 Iva inclusa // Termine iscrizioni 05.12.2011 Tel. 334.2973335 // e-mail info@assaggiatoripn.com

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di grassi risultando ideale per una cucina dietetica. La pietanza cotta sulla mattonella assume dalla stessa la giusta quantità di sale di cui ha bisogno, salandosi autonomamente. I tempi di cottura rispetto all'antica tecnica "sotto sale" o "in crosta di sale" sono notevolmente ridotti, soluzione fondamentale per chi ha poco tempo a disposizione.

Può essere riscaldata al fine di cucinarvi sopra le pietanze. Per una cottura completa delle pietanze (carne-pesce-verdure) portare il forno ventilato a 250°. Dopo 10 minuti inserire la mattonella nel forno e lasciarla riscaldare per 20-30 minuti permettendogli di raggiungere una temperatura di 200-220° C. A questo punto sarà possibile rimuovere la mattonella dal forno e con cautela adagiarvi sopra la pietanza, rimettendo eventualmente poi il tutto in forno ancora per alcuni minuti in base allo spessore del cibo. Si serve in tavola direttamente sulla mattonella. Per una mezza cottura o un intiepidimento delle pietanze (es. Tartare di carne o pesce, uova) portare il forno ventilato a 250°. Dopo 10 inserire la mattonella nel forno e lasciarla riscaldare per 10-15 minuti permettendogli di raggiungere una temperatura di 120°-130°. A questo punto rimuovere la mattonella dal forno, adagiarvi sopra la pietanza servendola immediatamente a tavola. In questo modo il commensale potrà gustare direttamente la tartare o "cucinarla" ulteriormente sopra la mattonella di sale a proprio gradimento. Note: Si consiglia l'utilizzo di piatti che possano sopportare alte temperature (ceramica, pietra, legno). Per salvaguardare il piatto è consigliabile utilizzare un centrino in lino da porre tra la mattonella e il piatto.

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Cucina artistica e creativa

TUTTO è RACCHIUSO in una TAZZA

L’ingrediente segreto? Il cioccolato in tutte le sue forme

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Le parole per dirlo: basta un po' di cibo degli dei

ANTONELLA VAROTTO

Qualcosa di più alcolico? Eccovi lo Schioppettino di Prepotto al cioccolato. Vi rivelo subito il segreto....

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i piacerebbe riuscire a insegnarvi come potete regalarvi un momento di gioia rilassante, di calore rassicurante. Tutto per voi. Provando quelle stesse emozioni di quando passate una serata con una persona cara. Tutto è racchiuso in una tazza di cioccolata. Scegliete una tazza che vi evochi dei ricordi, anche quella del caffelatte di quando eravate piccoli. Per mescolare non usate il cucchiaino, troppo freddo al tatto, ma usate un bastoncino di cannella. Vi sentirete subito meglio e in pace con voi stessi. Questa tazza di cioccolata: io la chiamo Filtro d’amore e le dosi che vi racconto sono per quattro persone. Servono 200 g di latte, 100 g di panna al 35%, 2 g di peperoncino in polvere, 30 g di cioccolato al 70%, 30 g di zucchero semolato, 50

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Pomodoro caramellato e ravioli al cioccolato

g di cacao in polvere. Cuocete insieme latte e panna portando a bollore; aggiungete il peperoncino. Versate sul cioccolato spezzettato (non scioglietelo a bagnomaria!). Mescolate fra loro a freddo zucchero e cacao e aggiungete al composto. Versate nelle tazze e decorate con cioccolato in scaglie. Ed eccovi anche le indicazioni della Cioccolata per scaldare il cuore. Servono 500 g di latte intero, 30 g di zucchero, 120 g di cioccolato al latte, 20 g di cioccolato amaro in polvere, 1 cucchiaino di maizena se vi piace un risultato più denso; pochissima grappa della vostra preferita per dare al tutto un profumo delle nostre tradizioni locali. Qualcosa di più alcolico? Eccovi lo Schioppettino di Prepotto al cioccolato. Vi rivelo subito il segre-

nocco ripieno di cioccolato spolverato con cannella e cacao. Risotto al Terrano con scaglie di cioccolato di Modica. Guancialetto di manzetta cotto nel vino e accompagnato da salsa di cioccolato. Sono stati questi i primi piatti che ci hanno fatto conoscere la maitre chocolatier Antonella Varotto. Poi abbiamo assaggiato il cioccolato con il pesce e in ogni piatto. Perché cioccolato, ci dice, non vuol dire solo cioccolatini. La sua storia professionale è davvero interessante: come quegli amori mai sopiti che si rivelano all’improvviso e non sopportano più le antiche costrizioni, Antonella ha lasciato un lavoro sicuro nel settore artistico e ha deciso di esprimere la sua creatività dedicandosi al cioccolato. Ma accanto alla fantasia e all’abilità ci vogliono tante tante conoscenze. E

una professionalità che si acquisisce solo nei corsi professionali dei grandi maestri. E nell’ambito di questi corsi il suo talento naturale si è espresso immediatamente. Ma inutile dilungarsi, Antonella Varotto è già ben nota ai nostri lettori e al vasto pubblico dei chocolate addicted della regione e non solo, per le sue particolarissime creazioni. Sempre esaurite le sue lezioni di cucina artistica e creativa (info: 333 50 09 482) dove a non professionisti insegna ricette che hanno come denominatore comune il cioccolato: pesci, carne, tortelli. Da qualche anno Varotto svolge soprattutto attività di consulenza per ristoranti e aziende anche fuori regione e ha già brevettato una decina di progetti di cioccolatini e praline del tutto originali.

Un amore all’improvviso

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to della perfetta riuscita. Scaldate a fuoco basso 300 g di vino con 20 g di miele. Aggiungete 200 g di cioccolato al 60% a pezzi e mescolate bene. Togliete dal fuoco e versate tiepido nelle tazze. Decorate con una foglia di vite fritta croccante.

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on Claudio Lauritano, affermato chef del Gaudemus di Sistiana, Antonella Varotto (cui abbiamo deciato l'immagine di copertina) ha avviato un progetto ricco di seduzione. Che partirà da lunedì 14 novembre in ore serali (info: 3472241926)ed è rivolto ai single. “A quelli che single lo sono e non voglio più esserlo, e a quelli che ora sono in coppia e single non vogliono diventare”. Lezioni di cucina del tutto particolari e imperdibili con ingredienti speciali e spesso afrodisiaci. Ma non è solo l’ingrediente che conta, ci dice Antonella, è il contesto. Tutti i lunedì sera, una quindicina di persone al massimo potrà imparare come cucinare piatti semplici (nel giro di quattro ore si cucina e si mangia insieme quello che si è preparato). Il tutto accompagnato dai mitici vini di Borgo San Daniele.

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Come conservare i funghi: sott’olio

Attenti a quei funghi!

Per conservare i funghi sott’olio, meglio scegliere funghi di piccola taglia e il più freschi possibile. Come prima cosa bisogna tagliarli a pezzi, quindi lavarli velocemente, poi farli bollire in una soluzione di 1 lt d’acqua, 1 lt di aceto e 1 lt di vino bianco con il sale e a piacere aromi vari (evitare i chiodi di garofano e l’aglio che coprono l’eventuale aroma dei funghi).

ENNIO FURLAN

La bollitura deve durare almeno 20 minuti, il doppio del tempo per quelli a commestibilità

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el numero di q.b. dell’ottobre 2009 la mia rubrica cominciava con una notizia di cronaca “mangia chiodini e resta intossicata”. A distanza di due anni, qualche giorno fa, sempre sul Messaggero Veneto, si leggeva: “Funghi, intossicati in aumento. In ospedale curate 100 persone”. Ma allora ve le andate a cercare! Troppo numerosi sul nostro territorio i casi di avvelenamento per incauto consumo. Quest’anno il rischio è maggiore, vista la scarsità di funghi, siano essi porcini, finferli, o mazze di tamburo. Spesso il rischio nasce nel proprio giardino o vicino a casa, dove i non esperti pensano di

condizionata.

Non fidatevi neanche di voi stessi Non fidatevi degli amici raccoglitori Non fidatevi dei venditori abusivi I funghi possono essere mortali! trovare sempre le medesime specie di funghi che magari hanno raccolto qualche anno prima. Vi invito a non comprare devono mai funghi dai venditori abusivi, bisogna sempre farli controllare dagli addetti dell’Ufficio micologico presso le ASSL. Di funghi infatti si può morire. Molte volte però i malori dipendono anche da errata conservazione ed errate preparazione e cottura. Prima di tutto bisogna accertarsi che siano in buona salute, di bella presenza, sodi, interi, con un bel colorito, non grigiastri e rattrappiti. Diffidare se sono in condizioni precarie, a pezzetti o con odori marcescenti: nella mistura può celarsi qualche

La dose dei liquidi va ovviamente aumentata secondo la quantità dei funghi da cucinare. Una volta bolliti, si scolano e si dispongono su un canovaccio ad asciugare per una notte. Sarebbe opportuno avvolgerli in un altro panno asciutto premendo leggermente, di modo che esca il più possibile la parte acquosa in loro contenuta. Infine si versa l’olio nei vasetti sterilizzati, quindi i funghi a strati. Bisognerà mettere uno spes-

fungo non commestibile. Vanno riposti in contenitori rigidi e aerati, lavati accuratamente e cotti a lungo. Perché ovviamente i funghi raccolti NON si mangiano crudi! I funghi vanno consumati prima possibile, considerando il loro veloce deterioramento: più sono vecchi peggiore sarà il gusto finale. A mio modesto parere (dopo più di 40 anni che faccio il cuoco) posso dirvi che lavare i funghi prima di essiccarli è un grosso errore. Io consiglio di farli a pezzi ne lla maniera desiderata, quindi di lavarli velocemente perché non è il caso che si inzuppino d’acqua e solo dopo passare alla cottura o alle varie conservazioni.

Come conservare i funghi: essiccati

sorino per mantenerli sott’olio. Vanno chiusi e conservati in un posto fresco con temperatura non superiore ai 10°C. (con le alte tempera-

Stabilito che non dovete fidarvi né

ture si può ripresentare il problema Botulino).

di voi stessi, né di conoscenti che ve

Personalmente adotto un altro sistema per

li regalano, né di venditori improv-

conservare i funghi sott’olio: dopo averli lessati

visati, cominciamo a imparare come

li scolo, poi li verso in una padella con dell’olio

conservarli. Per l’essiccazione i funghi

e porto a ulteriore cottura fino a che non si

non vanno lavati, ma solo ben puli-

vedrà più il vapore: questo significa che l’acqua

ti. Tagliateli a fette di 3-4 millimetri e disponeteli su telai a rete, mai di plastica, su cartone o tavole o giornali. Metteteli al sole moderato in un posto ventilato, girandoli di tanto in tanto. Se il tempo non è favorevole dovete servirvi dell’essiccatoio, poi riponeteli in un sacchetto di tela come quelli del riso. Se non sono ben chiusi i funghi

I funghi si possono congelare, ma non da crudi e oltretutto serve persona con apposito patentino

in eccesso se n’è andata. A questo punto passo

Per congelarli vi consiglio di metterli nel congelatore dopo una sbollentata di pochi minuti, poi lasciateli raffreddare. Potete anche cuocerli prima di congelarli.

in special modo nei prodotti da conservare ed

infatti verranno attaccati da insetti che deporranno le loro uova. Nei mesi di maggio e giugno queste si schiuderanno con i risultati di deterioramento che vi lascio immaginare.

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gusto e buongusto nell’Euroregione  >

all’invasamento chiudendo subito a caldo. La ulteriore cottura nell’olio non rovina i funghi: rimangono sempre integri. NB: Mai dimenticarsi che per conservare i funghi sott’olio è indispensabile l’acetificazione antibotulinica che non deve superare il valore di Ph 4,5. Di botulino (Clostridium botulinum) si può anche morire: questo batterio è anaerobico, vive cioè in assenza di ossigeno, è letale per l’essere umano. Il botulino molto raramente dà qualche segno (odore, colore, sapore) perciò se all’apertura di un vasetto fuoriesce dell’odore sgradevole e trasborda l’olio difficilmente è “lui”, ma la causa è dovuta ad altri fattori. Comunque sarà il caso di buttare il tutto.

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Dove vai mamma? Vado a raccogliere la cena!

Raccontare il cibo Raccontare il vino

ENNIO FURLAN

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urate e lavate e le foglie vanno tagliate due cm. prima del cuore della piantina (ovviamente non gettate la parte fogliare ma utilizzatela come verdura da cuocere). La prima versione consiste nel fare un taglio all’inizio della radice: vi resterà qualcosa che sembrerà un riccio. La seconda versione prevede di pulire la radice raschiandola leggermente, poi tagliandola a metà nel senso della lunghezza e togliendo la parte legnicola centrale: per fare ciò basterà attorcigliare con le mani per poi aiutarsi con un coltellino. Nella terza versione (doppio uso) dopo aver pulito la radice, si fa un taglio all’inizio della radice stessa e si crea il riccio, la si taglia per lungo togliendo la parte legnicola e infine la si taglia a julienne. Questi prodotti si possono cuocere in acqua salata bollente o nel vino (rosso o bianco, magari Verduzzo). Non vanno cotte troppo altrimenti si spappolano, ma nemmeno troppo poco: decidete secondo il vostro gusto. Per conservarle in vasetti bisogna eseguire un sistema di acetificazione antibotulinico corretto, detto delle tre parti; cioè una parte di aceto una di vino e una di acqua con l’aggiunta di sale grosso calcolando il dosaggio secondo le quantità di erbe. Nella soluzione, bollente, vanno messe le erbe fino a cottura, si consiglia che rimangano un po’ croccanti. Stenderle su un canovaccio ad asciugare per una notte, meglio se coperte con una garza per evitare i moscerini che sono ghiotti di aceto. Infine mettere nei vasetti precedentemente sterilizzati, stratificando con olio e qualche pizzico di sale. Mettere lo spessorino e conservare al fresco e al buio.

Maurizio Soldà, un attore che racconta storie di cibo, di vino, di passato e presente. Narrazioni ironiche e allegre che penetrano nelle tradizioni di un tempo come nello spettacolo “Ostrighe e granzi i mesi con la erre” sulle tradizioni della cucina istriana. Dialoghi con i ragazzi in “Panem in fabula” dove gli spettatori-attori fanno il pane mente ascoltano (e vedono) storie di farina. Affabulazioni sul vino, racconti enoici per animare serate di degustazione come in “Calici d’arte”, evento appena concluso al museo Revoltella.

Educazione alimentare: con il teatro didattico!

Come usare i cuori basali

Il bambino imbottito: uno spettacolo per le scuole dell’obbligo ricco di informazioni e spunti, per insegnare sorridendo

... e c’è anche l’allegria dei clown

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a frase del titolo era ricorrente in campagna, una volta. Il gesto era tipico una raggomitolata al grembiule a formare una sacca, per poi uscire dal cortile-orto ed entrare nei campi adiacenti l’abitazione. Ed è cosi che si raccoglieva la cena, fatta di diverse erbe. Naturalmente non avendo una conoscenza botanica precisa e un nome piantina per piantina, si generalizzava chiamandole Lidrichessis, Radicele o Talis. In queste righe vi parlerò delle Crepis, Sonchus, Hipochoeris, Cycorium. Fra poco sarà giunto il tempo della raccolta, così potete prepararvi in tempo e studiarle un po’. Resta inteso che le Radicchielle migliori sono quelle raccolte subito dopo le prime brinate, infatti le piantine si ammorbidiscono e sono deliziose. Questo vale nel periodo invernale anche per il tarassaco, che perde una parte del gusto amaro. Poi l’arrivo del gelo le brucerà e si dovrà aspettare la primavera per continuare la raccolta. Per tutte le erbe, a parte il tarassaco, il periodo di raccolto sarà breve, visto che con il primo caldo le piantine vanno “in menata”, cioè verso la florescenza e diventano pelose e coriacee. Mai raccoglierle in estate perché abbondano di un lattice pericoloso altamente caustico specialmente per i bambini. Di queste erbe un tempo si faceva uso comune, come semplice verdura bollita o saltate con olio o burro; si usavano nelle zuppe, nelle frittate, nei ripieni dei Cjalzons, dei tortelli, dei cannelloni. Io voglio farvele mangiare in modo diverso, senza stravolgerle, ma con un gusto nuovo.

Ennio Furlan, chef del Collegio Cocorum ed esperto d’erbe ha scritto e pubblicato un prezioso manualetto dal titolo “Erbe, funghi e marmellate”, dove vi rivela i suoi segreti. Per contatti Tel. 0432 521917- 3200598212.

La compagnia è autosufficiente dal punto di vista tecnico e la rappresentazione può avvenire anche in spazi non teatrali Associazione Culturale Studio Giallo tel.

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349 41 20 459

e-mail: giallo.promozione@gmail.com www.didattica.name www.clownsolfrini.com


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Lezioni golose: dai primi piatti alla pasticceria è boom di scuole di cucina

Macaron,   che passione!

Mestoli e padelle, con gli elettrodomestici all’avanguardia di Mìele

Fabiana Romanutti

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icol Pisa è l’affermata maestra della scuola di Cucina Mestoli e Padelle, che svolge le sue lezioni nello spazio Miele della Sincerotto a Buttrio. Una sede prestigiosa, dove le attrezzature sono all’avanguardia ma alla portata dei non professionisti. “Le parole d’ordine nella mia scuola, ci racconta, sono rigore, tecnica e qualità delle ricette. Unite ad altri piccoli grandi segreti: la passione e l’ umiltà di riconoscere i propri limiti. Ed è per questo che frequento abitualmente corsi da professionisti del settore (in Castalimenti, ma non solo: ormai a Milano da Simone Medagliani sono di casa). C’è un gran parlare di cucina un po’ ovunque e oggi più che mai è importante la consapevolezza del mangiare, della qualità del cibo, delle materie prime, dei prodotti stagionali: ecco tutto questo in sintesi è Mestoli e Padelle”. “Durante le lezioni, continua Micol, non realizziamo ricette fini a se stesse, ma cerchiamo di affrontare l’argomento in un ‘tuttotondo’ di idee, suggerimenti. Tenendo ben presente che a casa non si cucina come gli chef, ma si possono ben rubare le loro idee e i loro accorgimenti!” La scuola di cucina Mestoli e Padelle (info@mestoliepadelle.it) è nata da un hobby

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praticato con passione, frequentando corsi su corsi e dalla scoperta di avere una naturale propensione per l’insegnamento. Mestoli e Padelle, accanto a tutti i corsi base e alle lezioni secondo stagione, dedica ampio spazio alla pasticceria, dai dolci al cucchiaio ai biscotti da the, dalle torte da forno ai semifreddi. “Sono particolarmente fortunata ad aver trovato una sede così ben attrezzata, aggiunge Pisa, con Giorgio Sincerotto il feeling è stato immediato. Ci siamo incontrati anni fa in Fiera alla Mostra della Casa Moderna nell’ambito di uno show cooking e l’idea di collaborare ha portato frutti davvero interessanti per entrambi. “Infatti, ci spiega Sincerotto, per noi ospitare la scuola di cucina, non solo è un’interessante forma di co-marketing, ma rappresenta un’utilissima occasione di testare i prodotti di un brand di alta gamma come Miele. Le nostre cucine infatti sono in questo modo sperimentate in tutti i loro possibili utilizzi e il nostro servizio al cliente è maggiormente mirato. Anche per chi sceglie mobili ed elettrodomestici per una cucina di pochi metri quadrati”. Noi a qualche lezione di Mestoli e Padelle ci siamo stati ed eravamo da Sincerotto anche per la presentazio-

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Io e Davide

ni dei corsi: c’era la fila per entrare, come a teatro! Una nota per non sbagliarvi, venendo da Udine, sulla statale, il Sincerotto presso cui dovete fermarvi per raggiungere la scuola è il secondo che trovate sulla destra.

info MESTOLI & PADELLE Scuola di cucina Via Nazionale, 7 - 33042 Buttrio (UD)  tel. +39 0432 67 46 33 prenotazioni  347 30 92 448 micol  info@mestoliepadelle.it  www.mestoliepadelle.it

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Imperdibile lezione sui Macarons e i dolci decorati

Guardate la foto di Davide Malizia e osservate come ammira la sua creazione: ecco perché l’ho fortemente voluto nella mia scuola, siamo entrambi innamorati… del nostro lavoro! Ci siamo conosciuti a luglio, durante un corso di pasticceria nella scuola Castalimenti, una delle più qualificate in Italia, alle lezioni di Iginio Massari, più noto a livello mondiale come “Il Pasticcere”. Con Davide siamo entrati subito in sintonia e ci siamo accordati per una sua “incursione” nella mia scuola. Da me, solo il meglio per i miei allievi! “ Così ci racconta Micol Pisa. E Davide Malizia è certamente il meglio: vincitore di numerose medaglie d’oro conquistate in competizioni internazionali nel settore artistico, è consulente e docente del nuovo settore emergente della pasticceria, la sucrerie, decorazione con zucchero. Il 6 dicembre nello spazio Miele presso Sincerotto a Buttrio, la scuola di cucina Mestoli e Padelle propone una lezione imperdibile: Macarons e i dolci decorati per le feste di Natale. Con Davide Malizia come docente. F.R.

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rovenienza francese ma nome di origine italiana (avete presente i maccheroni?) Uno dei pasticcini più modaioli del momento in Italia (in Francia è ormai un classico) è il macaron, un dolce morbido come una meringa ottenuto da una miscela di albume d'uovo, farina di mandorle e zucchero granulato. Superficie liscia, crosticina croccante, due pezzi a cupola che racchiudono seduzione per le papille. Macaron è per gli appassionati sinonimo di Ladurée , dal nome dalla pasticceria che li ha creati a Parigi nel 1930. Dallo scorso anno gli originali si trovano anche a Milano, in via Spadari (di fronte a Peck, icona della gastronomia italiana) fra stucchi e medaglioni con l’angelo pasticcere simbolo della maison. Sono declinati in vari sapori secondo stagione, compresi basilico e liquirizia, rosa e violetta… Fare macaron richiede una grande quantità di studio, precisione, tecnica. Nella foto un macaron all’olio di oliva e vaniglia.

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IGIENE E SICUREZZA

VASOCOTTURA

La cucina è più pericolosa del ristorante?

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Tecnica moderna che riprende antiche tradizioni balcaniche

a una chiacchierata con Martina Tartara, docente di Tecnologie alimentari alla Scuola Alberghiera, abbiamo appreso che ciò di cui tante volte sentiamo parlare, è proprio vero. L’igiene nelle nostre cucine lascia a desiderare, anche se siamo convinti di averle pulite a fondo. In pratica, ci dice Martina, sotto il pulito spesso ci sono… i batteri. La pulizia della cucina, dei taglieri, dei contenitori dei cibi cotti e crudi, delle pentole (rispettando i metodi di cottura più idonei) è elemento prioritario. Non vanno trascurate alcune regole base per la sicurezza nella conservazione dei cibi, come quella di mantenere sempre i prodotti refrige-

fabiana romanutti

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utte le idee sono novità e le novità creano nuove idee. La cucina è da sempre la mia passione, in quello che creo c’è tutto me stesso, compresi pregi e difetti. Quando non lavoro penso ai piatti, quando lavoro li perfeziono. “Sono attratto dalla tecnologia in cucina e ricerco nuovi metodi di cottura. Un piatto non è solo un’idea, dopo l’idea viene il calcolo, la ricerca della temperatura, della quantità e della misura ottimale, delle cromie e degli equilibri”. Così scrive Cristian Mometti, chef trevigiano, nella prefazione del suo volume Vasocottura , Club Magnar ben editore. Trentadue ricette descritte passo passo e splendidamente fotografate da Ezio Prandini. Mometti l’abbiamo conosciuto alla Subida di Cormons, nel corso di “Tavole divine”, un evento culinario a quattro mani con lo chef Alessandro Gavagna, e l’accompagnamento dei vini Borgoluce di Conegliano Valdobbiadene (con un Prosecco DOCG di assoluta eccellenza). Accanto alla “provocazione” di portare vini della Marca Trevigiana nel cuore del Collio, i vasetti di vetro contenenti le creazioni tipiche della Subida (girini, ovvero pasta butada in primis)hanno fatto da protagonisti, in una sinfonia di profumi, consistenze e sapori. La vasocottura è una tecnica della cucina moderna che si rifa al passato, all’antica tradizione balcanica di cucinare il cibo

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lentamente nel proprio sugo in pentoloni di ghisa chiusi e poi coperti con la brace, per fare in modo che le pietanze rimanessero succose conservando il loro autentico sapore,. Vasocottura, sottovuoto, basse temperature consentono a Mometti di creare veri capolavori culinari. La sua Variazione sul polletto gli ha fatto vincere nel 2009 il titolo di Cuoco dell’anno. Senza dimenticare l’mpio uso di materie prime locali venete, dal broccolo di Creazzo all’agnello dell’Alpago. Anche in questa tecnica, suggestiva è il caso di dirlo, anche per l’impatto estetico dei vasetti che arrivano a tavola la qualità della materia prima è fondamentale. Cucinare “nel” vaso enfatizza i pregi ma anche i difetti degli ingredienti… I vasetti usati sono del tipo Weck adatti alla cottura e alla conservazione. Perché una volta posti all’interno dei vasi, i prodotti non subiranno altri trasferimenti da un contenitore all’altro, perché nello stesso vaso saranno cotti, abbattuti, stoccati, rigenerati, presentati e degustati.

La ricetta

L’uovo incastonato Ingredienti: 4 uova bio, 1 piccolo tartufo nero di Norcia, 2 patate di media grandezza, 1 porro, 180 g di golosetta di Nonno Nanni, 50 g di olio extravergine di oliva, sale q.b., pepe nero q.b., 20 g di germogli di porro.

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Tagliare una patata a fette sottili e l’altra a cubetti; cucinarle al dente a fuoco dolce con pochissimo olio. Con gli scarti delle patate e del porro pulito e tagliato a pezzettini fare una crema leggermente densa. Mettere nei vai un goccio d’olio, il tartufo a lamelle e l’uovo. Aggiungere le patate a fette, regolare di gusto. Appoggiarvi sopra i cubetti di patata, la crema di porro e infine la golosetta a pezzi. Chiudere i vasetti e cuocere in forno a vapore a una temperatura controllata di 65°C per 55 minuti. Servire l’uovo in abbinamento a germogli di porro che prontamente saranno posti nel vaso dopo l’apertura.

a conservazione sotto vuoto la consociamo praticamente tutti, ora è il momento di passare alla cottura sotto vuoto. Per non perdere i i preziosi nutrienti e l’umidità naturale del cibo. La tecnica di cottura sottovuoto è adatta per pesce e carne, che vengono assemblati a crudo con eventuali salse, condimenti o spezie, in un resistente sacchetto di plastica per alimenti e svuotato dell’aria interna. La cottura avviene a temperature non troppo elevate (tra i 70° e i 100°C) in umido, in un forno a vapore, a bagnomaria oppure nel microonde. Non essendoci contatto tra l’alimento e il mezzo di cottura, gli ingredienti si mescolano perfettamente tra di loro, gli aromi si conservano e la pietanza risulta molto tenera. Al momento di servirlo, il piatto viene tolto dalla sua confezione e nuovamente riscaldato o gratinato in un forno tradizionale o nel microonde.

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rati e quelli surgelati alla temperatura indicata sull’etichetta, riponendo il cibo in frigo o nel congelatore subito dopo l’acquisto. Quindi è bene leggere con attenzione le istruzioni per l’uso e sulle modalità di conservazione riportate sulle etichette. Da leggere con attenzione anche il cartello con gli ingredienti esposto negli esercizi pubblici. Si possono evitare fastidiosi problemi di allergie o intolleranze alimentari. In caso di dubbi, ci si può rivolgere alle ASL o alle Associazioni dei Consumatori. Ma vogliamo cominciare con un consiglio banale? Tipo lavarsi le mani prima di trafficare in cucina, fermare i capelli con una cuffia o un fermaglio, cambiare frequentemente gli strofinacci per asciugare le stoviglie o le mani (o utilizzare quelli usa e getta, svuotando spesso la pattumiera), arieggiare spesso la stanza (la cappa aspirante può non sempre bastare).

La cottura sottovuoto È una tecnica da tempo utilizzata dai ristoranti (e ora ci sono vari service che distribuiscono ai posti di ristoro sacchetti di cibo sottovuoto pronto per gli ultimi tocchi). La macchina sottovuoto utilizzata nella ristorazione è quella a campana, molto efficace e precisa, ma piuttosto costosa: ha l’aspetto di una scatola dal coperchio trasparente sollevabile, a chiusura ermetica. Ma oggi ci sono macchine confezionatrici per uso domestico molto più semplici, sempre dotate di una barra termosaldante, dal costo non eccessivo e di qualità accettabile. Fra i risultati un’accentuazione dei sapori e degli aromi delle vivande, che rimangono più naturali; la possibilità di cuocere a basse tem-

perature, che mantengono più tenero l’alimento; una dispersione minore di vitamine e sali minerali, in assenza di aria e liquidi; la possibilità di cuocere contemporaneamente nella stessa pentola più alimenti, ovviamente ciascuno nei sacchetti sigillati; un calo inferiore di peso del prodotto, grazie alla mancata evaporazione dell’acqua dell’alimento.

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L’OFFICINA DEGLI ATTREZZI

Abbattitore rapido di temperatura domestico

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e siete appassionati di gastronomia e volete a casa vostra una cucina professionale come quella di un ristorante, mettete nella lista per Babbo Natale, l’abbattitore rapido di temperatura. Dopo Freddy proposto sul mercato dalla Irinox nel 2006, molte altre aziende si sono lanciate in questo promettente mercato, studiando dimensioni, consumi, design, pannelli di controllo e salvaguardando sempre le prestazioni di assoluta professionalità. La Kitchen Aid, sì proprio quella della vostra impastatrice di riferimento, ha assemblato le tre macchine che oggi si utilizzano in ambito professionale per sviluppare il sistema cook &

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Carne morbidissima e gusto autentico? Il segreto (forse) sta nelle basse temperature e nell'abbatitore

chill (cuoci e raffredda). Ecco quindi a disposizione in un'unica colonna forno a vapore, macchina del sottovuoto a campana e abbattitore rapido di temperatura. Prima si mette sotto vuoto il prodotto, poi si decide se abbatterlo subito o dopo la cottura. Garantendo una filiera di igiene e conservazione ottimale. Ciò consente di avere una scorta di prodotto pronto all’uso preservandone le qualità organolettiche e i sapori. In sintesi: risparmio di tempo (i tempi di preparazione diminuiscono in modo considerevole) e di soldi (consente di fare approvvigionamenti considerevoli quando si trova una materia prima di proprio gusto) all’insegna della qualità.

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Pulizie e sanificazioni, civili ed industriali. Uffici, industrie, capannoni, strutture ricettive, strutture del settore medicale, aziende alimentari, palestre, piscine, asili nido, scuole, cantieri edili, negozi, centri commerciali, hotel, appartamenti, condomini. Personale formato adibito alla pulizia ai piani in hotel, villaggi turistici e attività ricettive. Disinfezione di locali: sistemi di sanificazione dell’aria e delle superfici con l’utilizzo dell’atomizzatore e di prodotti specifici che consentono di annientare la contaminazione e i focolai responsabili della trasmissione dei virus e delle infezioni, come N1H1, Legionella e altre ancora. Pulizie in locali a contaminazione controllata, quali le Clean Room, e in ambienti dove vengono movimentati e confezionati generi alimentari e protesi medicali. Disinfestazioni interne ed esterne contro insetti e derattizzazione.

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Ricette “tipicamente istriane”

AUTUNNO IN ISTRIA

Funghi e castagne, tra ricordi e presente Rosanna Giuricin Turcinovich

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ntrava, in punta di piedi, nascosto tra le pieghe degli strofinacci che ingombravano il cesto, confuso tra i rametti secchi di Santonego e qualche spiga di lavanda fiorita dopo le piogge d’ottobre. Il profumo si espandeva dispettoso, rivelando l’arrivo della sua stagione, quella dei funghi che nell’Istria bassa e rossa si rivela attraverso la prestanza dei porcini ma soprattutto nella succosa delizia dei funghi di “San Martin”. Cappello importante ma soprattutto quel profumo inconfondibile anche dopo la cottura. Il fuoco acceso nel cammino ispirava una preparazione veloce. Puliti, lavati ed asciugati, i più grossi, cuocevano in pochi minuti alla brace, per finire nel grande piatto con olio d’oliva, sale e pepe. Un fetta di pane e la cena era pronta. Con i funghi di piccole dimensioni si preparava una frittata, o venivano destinati al risotto o alla pasta del giorno dopo. Reminescenze, che ritornano, oltre che nelle case anche nella ristorazione dell’Istria odierna. I funghi di San Martin

In questa stagione si possono acquistare al mercato. Per chi non ha il caminetto, si fanno saltare in padella con dell’olio d’oliva. Il cappello va lasciato intero e girato e rigirato finché si asciuga il liquido di cottura. Ottimi al forno con le patate. Il nome varia con la geografia: Cardi-

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nale (Campania), Cimballo, Maremmano, Ordinale / Ordinale da prato / Ordinario / Ordinello e così via. Ma non varia solo il nome. Il sapore dipende dal tipo di terreno in cui viene colto. Da Rovigno a Gimino, alcune decine di chilometri di distanza, il fungo si rivela un vero e proprio “mutante”. Dolce verso il mare e la terra rossa, più aspro nell’entroterra. Dispettoso, ma anche un fungo che merita grande attenzione, come affermava il micologo Giacomo Bresadola, a proposito dellaClitocybe geotropa: “... è uno dei funghi più squisiti e, pel forte aroma che possiede, si può cuocere anche alla maniera dei tartufi, servendosene come di questi per condimento...”. In Istria, in questa stagione si può assaporare soprattutto negli agriturismi dove la cucina casereccia ripropone piatti di estrema semplicità ma all’insegna dell’autentico gusto ritrovato. I marroni di Laurana

In fondo al cesto, le sere d’autunno nelle case istriane, entrava un pizzico d’allegria con le castagne, da far aprire in padella, ben coperta, dopo aver praticato un taglio orizzontale per farle cuocere a dovere. Oppure bollite nell’acqua salata e insaporita con foglie di lauro. Il regno delle castagne, tra l’Istria e il Quarnero, è nella zona di Laurana, sulle falde del

Monte Maggiore. La Marunada è un invito alla degustazione di piatti dolci e salati preparati con le castagne migliori, raccolte sulle pendici del Monte che sovrasta la costa e ne determina quel clima mite che anche la lungimiranza austro-ungarica aveva definito “salubre e curativo”.

L’Impero aveva fatto di più: ogni albero di castagne doveva avere un padrone che lo seguisse e lo curasse, non ce ne doveva essere uno, per decreto, che fosse abbandonato E la gente aveva colto il richiamo, facendo a gara per il raccolto più importante e la durata del frutto che veniva ricoverato, ancora nel riccio, sotto una montagna di foglie e terriccio per essere mangiato sino a primavera inoltrata. Tutte queste note ritornano nei giorni della Marunada, o Festa delle castagne a Laurana e dintorni soprattutto nella preparazione dei dolci in cui fantasia ed abbinamenti non hanno fine. Torte e pasticcini con cioccolato e liquori, torte e budini, la castagna regna sovrana. E arrostita e innaffiata con vino novello e grappa serve ad affrontare i primi rigori dell’inverno. Momenti da non perdere! E da gustare nei ristoranti di Laurana e Abbazia.

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suggerite da Rosanna Giuricin

Minestra di funghi e castagne Ingredienti 250 g di porcini, 100 g di castagne (anche surgelate), 1 cipolla, 40 g di burro, 3 cucchiai di olio extravergine d'oliva, 20 g di farina bianca, 1 l di brodo vegetale, 1 cucchiaio di foglioline di timo, 100 g di pasta fresca all'uovo già stesa, 2 cucchiai di prezzemolo tritato, sale e pepe Preparazione Sbucciate la cipolla, tritatela fine e fatela soffriggere in una casseruola con il burro e l'olio per circa 5 minuti. Pulite i funghi, tagliateli a tocchetti e aggiungeteli al soffritto di cipolla; spolverizzateli con la farina, mescolate per qualche minuto e versate a filo il brodo bollente. Unite le castagne e il timo e cuocete a fiamma bassa per 20 minuti. Nel frattempo tagliate le sfoglie di pasta in piccoli rettangoli irregolari. Cuocete poi la pasta in acqua bollente leggermente salata, scolatela e unitela alla zuppa di funghi. Completate con il prezzemolo tritato, regolate di sale, pepate e servite.

Tagliolini ai sapori di bosco Cuocete le castagne nell'apposita padella con i buchi, poi sbucciate e spezzettate grossolanamente le castagne cotte. Versate il sugo di noci (si trova già confezionato) in un pentolino, scioglietevi poca panna e, mescolando delicatamente, aggiungete le caldarroste, degli amaretti (se vi piacciono ) e dei gherigli di noci tritati non troppo finemente. Regolate il sale e il pepe, profumate il composto con l'alloro e il rosmarino e cuocete i tagliolini in acqua bollente salata. Una volta scolati metterli nel tegame ove avete preparato il sugo di condimento mescolando velocemente e, se vi pare il caso, aggiungete una noce di burro fresco di ottima qualità. Servire caldi con una manciata di parmigiano.

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Ravioli di castagne Preparate la pasta setacciando farina di castagne e farina bianca, aggiungete 5 uova, una per ogni 100 g di farina e impastate fino a ottenere un impasto liscio ed elastico. Lasciate da parte la pasta e intanto preparate il ripieno dei ravioli. Fate bollire le castagne in una pentola con sale fino a quando non risulteranno morbide. Una volta cotte sbucciatele e togliete la pellicina e passatele con lo schiacciapatate o con una forchetta. Unitevi della ricotta, formaggio grana, pecorino e un uovo, sale e pepe a piacere e impastate fino a ottenere un composto ben amalgamato. Preparate i ravioli stendendo la pasta in una sfoglia sottile, distribuite sopra a mucchietti regolari il ripieno e ripiegate a modo di portafoglio; premendo attorno ai mucchietti chiudete i ravioli che andranno poi ritagliati. Fate bollire una pentola d'acqua, intanto preparate il condimento: in una pentola mettete una noce di burro, poca panna, timo e fate soffriggere per pochi minuti. Quando l'acqua bolle salatela e versatevi i ravioli che a cottura ultimata andranno conditi con il sughetto preparato in precedenza.

Tagliatelle di castagne al sugo di funghi Impastare bene 150 g di farina di castagne, 150 g di farina bianca per sfoglia, 3 uova, un pizzico di sale, 1 cucchiaino d’olio d’oliva. Tirare la sfoglia e preparare le tagliatelle che andranno condite con sugo di funghi porcini o con sugo di salsiccia e funghi o con ricotta.

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ricette tipicamente istriane

San Martino: ogni mosto si fa vino!

Funghi e patate al forno

l'acqua sarà evaporata aggiungete un po' di olio. Non Ingredienti appena la cipolla inizia a soffriggere aggiungete le Funghi porcini g 500, patate g 500, 2 spicchi d'aglio, lenticchie ben lavate e lasciate insaporire 5 minuti. prezzemolo, vino bianco, olio d'oliva, sale e pepe Aggiungete i funghi, la loro acqua filtrata attraverso Preparazione un telo e altra acqua. A metà cottura regolate di sale. In una padella fate rosolare, in 8 cucchiai d'olio, un Lasciate cuocere fino a quando le lenticchie sono trito di aglio e prezzemolo. Prima che l'aglio prenda morbide ma non disfatte. Nel frattempo setacciate le colore unite i gambi dei funghi, puliti e tritati grossoladue farine, unite l'uovo, la grappa, un pizzico di sale e namente. Salate, pepate e fate cuocere piano per una l'acqua necessaria per ottenere una pastella morbida decina di minuti. Pulite e tagliate a fette le cappelle dei ma non liquida. La consistenza deve essere simile alla funghi. Sbucciate le patate e tagliatele a fette alte circa pasta per fare i bignè. Mettete la pasta in un sac a po1/” cm. Ungete leggermente una teglia, coprite il fondo che senza beccuccio finale o con un beccuccio molto con uno strato di patate, coprite il grande. Spremete la pasta tagliandola tutto con i funghi rosolati, fate un in tronchetti di circa 2cm di lunghezIl 5 e il 6 novembre altro strato di patate e terminate za facendoli cadere in una pentola di a Verteneglio con i funghi a fettine. Salate, pepate, acqua salata in ebollizione. Lasciate presentazione di cospargete con altro prezzemolo (o cuocere gli gnocchi fino a quando ogni specie di fungo nepitella). Bagnate con mezzo bicnon verranno a galla e l'acqua inizieistriano. chiere di vino, irrorate con 8 cucchiai rà a bollire nuovamente. Scolate gli Laboratori didattici e conferenze. d'olio e cuocete in forno caldo per gnocchi e passateli velocemente in Incontri e gare delle numerose società circa 40 minuti. una padella con burro fuso e salvia. micologiche dell’Istria e della Croazia In ogni piatto disponete una porzione Degustazione di specialità a base di di zuppa di lenticchie e guarnite con funghi nei menu di ristoranti, trattorie e agriturismi. Frittata di funghi gli gnocchi. Ingredienti 6 uova, funghi a volontà, 40 g di burro, sale, pepe Cavolini di bruxelles Preparazione con castagne e pancetta Pulite i funghi, affettateli sottilmente e metteteli in Fate due tagli a croce sulla buccia delle castagne e fauna padella antiaderente con il burro fuso, lasciate tele bollire in una grande pentola per venti minuti. Nel insaporire per qualche minuto a fuocodolce. Sgusciafrattempo, mondate i cavolini di Bruxelles praticando te le uova in una terrina, conditele con sale e pepe, un'incisione alla base di ognuno. Gettateli nell’acqua battetele a lungo, versatele lentamente nella padella, bollente salata e fateli cuocere: devono risultare cotti con i funghi. Cuocete la frittata dalle due parti, scoma non sfatti. Togliete le castagne con la schiumarola latela lasciatela riposare 2 minuti e servitela. Potete e pelatele, togliendo anche la pellicina interna. Fate aggiungere qualche fettina di tartufo. scaldare il forno a 170 gradi (termostato 5). Tagliate la pancetta a dadini. Fate fondere 25 g di burCastagne, funghi e lenticchie ro in una padella e rosolate la pancetta finché è dorata Ingredienti e croccante. Aggiungete le castagne sbucciate e lascia150 g lenticchie, 15 g di porcini secchi, 1 cipolla picte per due minuti nel burro a fuoco dolce. Togliete dal cola, 100 g di farina di castagne, 75g di farina bianca, fuoco. Ungete una pirofila con 10 g di burro. Scolate 1 uovo, 50 ml di grappa, 20 g burro, 4 o 5 foglie di i cavolini e mettetene metà nella pirofila, coprite con salvia, sale, olio d’oliva pancetta e castagne, poi con il resto dei cavolini. SalaPreparazione te leggermente, pepate e cospargete di noce moscata. Ammollate i funghi secchi in acqua tiepida, tritarli Versatevi sopra il brodo, il pangrattato e infine il resto grossolanamente e conservare l'acqua. Tritate finedel burro a fiocchetti. Infornate e fate cuocere per mente la cipolla, metterla in un tegame (se possibile di quindici minuti. Spegnete allora il forno, accendete il coccio) e fate fondere con un poco di acqua. Quando grill e fate dorare per qualche minuto. Servite subito.

primi giorni di novembre sono il momento ideale per i primi assaggi di botte e per il vino novello, che viene stappato in atmosfere allegre e conviviali accompagnato da castagne arrostite e piatti a base d’oca! Mentre, per dirla con il poeta, “Gira su’ ceppi accesi lo spiedo scoppiettando”… Anche il Movimento Turismo del Vino FVG celebra San Martino. E naturlamente lo fa in cantina! Nel fine settimana del 12 e 13 novembre 48 aziende vitivinicole di tutta la regione, da Pinzano al Tagliamento a San Dorligo della Valle, da San Floriano del Collio a Palazzolo dello Stella sono aperte per gli enoturisti con una degustazione speciale (per esempio una verticale di diverse annate o una comparativa tra diverse tipologie), con abbinamenti tra vini e prodotti tipici, una cena o un pranzo con il vignaiolo. Qual’è la differenza tra Cantine Aperte e San Martino in Cantina? Quest’ultimo, si legge sul sito dedicato, è un evento più raccolto, quasi più intimo, in cui si esalta la relazione tra enoturista e vignaiolo, che possono dialogare attorno a un tavolo con la calma e la rilassatezza di una domenica di fine autunno, davanti a un calice di buon vino. All’insegna della trasmissione di una lieta operosità, con i racconti dei lavori in vigna e in cantina, con le ansie e le aspettative di una buona annata! In programma anche le cene del sabato e i pranzi della domenica sempre in compagnia del vignaiolo. Info: www.mtvfriulivg.it

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q.b. in breve

Ristorante con cantina o cantina con ristorante? A Vipacco sulla Strada dei vini (Vinarska Cesta 5) l’amico Furio Baldassi ci ha consigliato un interessante indirizzo, quello del Vipaki Hram. Un locale dove si fa ampio uso del legno con tocchi da Oktoberfest e la cucina è quella della tradizione, con poche interessanti innovazioni. Selvaggina, pesce di acqua dolce e di mare, molte verdure. Si va dal carpaccio di tonno con tartufi ai fusi (di origine istriana) con radicchio e salsiccia alla scarpena in

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pergamena abbinata a gnocchi gratinati gamberi e verdura. Interessane e saporito il manzo arrostito con sugo di vino servito con polenta. Come dolci si suggeriscono il rotolo con miele e ricotta (sicuramente a km zero) e gli stuklji di noci e dragoncello. Chiuso domenica e lunedì. Apertura continuata, come d’uso in Slovenia, dalle 12 alle 22.

San Martino, patrono del vino e dei vignaioli Anche in Slovenia, paese ancora fortemente agricolo, si celebra San Martino, patrono del vino e dei vignaioli. Numerose le feste del vino nelle zone della Slovenia orientale a maggiore vocazione vitivinicola (Podravje, Pomurje, Prlekija, Prekmurje e Slovenske Gorice), nei piccoli centri, ma anche a Ptuj e Maribor, dove esiste la vite attiva più antica del mondo, con almeno 400 anni di età. Degustazioni dei vini novelli, concorsi di vini stagionati accompagnati dall’oca arrosto sono in programma dal 4 al 13 novembre.

Nel segno della salsiccia Fino al 6 novembre i ristoratori del Carso organizzano la decima edizione di Sapori del Carso. Quindici “gostilne”, dalla Val Rosandra a San Michele del Carso propongono specialità e menù tipici all’insegna delle specialità di maiale. Con pane di farina macinata a pietra naturale arricchita dai ciccioli. Informazioni su menù, esercizi, produttori, serate, mostre e escursioni su: www.triesteturismo.net.

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Caffè al sapore di Carinzia

IL LABORATORIO DI JOSEf ZOTTER

San Giusto a Kötschach Mautehn

Willie Wonka per un giorno

HERWIG ERTL

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n questo numero di q.b. quanto basta FVG vi presento il più buon caffè dopo la dogana (ex dogana), con il sapore della Carinzia! Negli ultimi anni in Austria è cambiata la cultura del caffè. La gente ha cominciato a decidere precisamente dove berlo. Qualcuno va in cafeteria solo per leggere I giornali e non gli interessa molto se il caffè é più o meno buono. Altri invece ci vanno proprio per bere il buon caffè. Anche a casa sta cambiando la cultura del caffè, fino a qualche anno fa si beveva solo caffèfiltro e adesso si usano diversi tipi di macchine per bere anche a casa qualcosa di ottimo. Alcuni si fanno condizionare dal marketing senza chiedersi che cosa ci sia dentro le confezioni, le qualità dei semi, gli eventuali aromi aggiunti. Poi ci sono altri che scelgono le ditte giuste, quelle che vogliono solo il meglio per gli amanti del caffè. Fra i più bravi secondo me ci sono Helmut Thurner e suo figlio Christian, che vivono come me dopo la dogana, a Kötschach-Mauthen. Qualche anno fa hanno cominciato con una torrefazione con una precisa filosofia che si basa sulla scelta dei semi per la propria selezione. Per il caffè filtro hanno lavorato insieme

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con San Giusto a Trieste. Adesso hanno deciso di fare tutto da soli: comprano la migliore qualità dei semi a Trieste, e li lavorano in Carinzia. Vendono anche apposite macchinette per produrlo, perché solo se la macchina funziona perfettamente viene fuori il giusto caffe. Helmut e Chri-

stian fanno anche lezioni per baristi in tutta l’Austria per diffondere la cultura del prodotto. Venite ad assaggiare il migliore caffè in Austria da

Helmut e Christian Thurner (www. sangiust.at), poi fate un passaggio anche da me (ertl@kaeseschokolade. at): scoprirete molti prodotti speciali anche della vostra regione che magari non conoscete… Perché noi qui a Kötschach-Mauthen siamo alla ricerca dell’eccellenza!

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illy Wonka e la fabbrica di cioccolato è un film del 1971, diretto dal regista Mel Stuart e ispirato a un romanzo di Roald Dahl; nuovamente portato sullo schermo nel 2005 da Tim Burton con Johnny Depp come protagonista. La trama è nota: il proprietario di una fabbrica di dolci bandisce un concorso, i cinque bambini che troveranno il biglietto d'oro nelle barrette di cioccolato da lui prodotte potranno entrare nella sua favolosa fabbrica per scoprirne i segreti. Bene, per entrare in mondo magico e ludico, sentendovi subito il vincitore di un biglietto sapor cacao che vi fa entrare in luoghi misteriosi e carichi seduzione basta andare da Josef Zotter a Riegersburg, in Stiria. Non è lontano e, come si usa dire, la visita merita il viaggio. Ne sono convinti tutti quelli che già dalle 10 del mattino fanno la fila per entrare. La fabbrica è organizzata alla perfezio-

C’era una volta, negli anni '90, un mastro pasticciere che aveva a noia i consueti prodotti di cioccolato. Allora decise di ritirarsi nel suo laboratorio a Graz per fare nuovi esperimenti...Potrebbe cominciare così questa storia. Josef Zotter si lanciò in esperimenti con cioccolato fatto a mano in combinazioni di gusti finora mai provati. Oltre al marzapane e semi di zucca, ecco il gusto canapa e caffè. Presto nacque una fabbrica dedicata al cioccolato che è ormai diventata un impero del gusto. La veste grafica delle confezioni è piacevolissima e ludica anch’essa. Provate a immaginare una cioccolata, purchè fatta a mano, che vi piacerebbe assaggiare? Da zotter è probabile che la troverete. Le fa anche su misura e personalizzate, come quella al formaggio che ci ha fatto conoscere l’amico Herwig… Bergl 56, Riegesburg, tel +43 3152 5544, www.zotter.at

nette tutti i tipi di cioccolatini, e sono a vostra completa disposizione, per poi passare nella sala dove ruotano davanti a voi tutti i tipi di cioccolato, e ce ne sono davvero tantissimi in gusti spesso impensabili, e potete farvi tutti gli assaggi in tazza, beh, la felicità è davvero a portata di mano.

Ph: F. Neumuller

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ne anche nella sua parte descrittiva, in una sorta di vero laboratorio interattivo. Vi si racconta tutta la storia del cacao con le fasi di raccolta. Zotter segue il Fair Trade, termine che potremmo tradurre come commercio equosolidale, si seguono senza compromessi i criteri della produzione biologica e i principi della filosofia “bean to bar”: nella fabbrica si produce direttamente a partire dalle fave di cacao, scelte personalmente nelle piantagioni. Quando attraversate il corridoio dove scendono da apposite macchi-

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La ciambella di Parmenide

A TAVOLA CON LA STORIA

Bollicine del secolo scorso Prima la bustina con la scritta in blu, poi quella con la scritta in rosso…

e altre golosità

SILVANO BERTOSSI

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uanta magia in quell'acqua di rubinetto. Un'acqua che diventava effervescente, gradevole, leggermente acidula. Sulle tavole delle famiglie l'acqua frizzante non mancava mai, mezzogiorno e sera. Addirittura, per non sprecare nulla, la si conservava per rimetterla in tavola la volta successiva. Potremmo dire, usando una piccola esagerazione, che alcune generazioni sono cresciute proprio con quest'acqua resa frizzante dalle polverine. Anche la preparazione era una specie di rito. Si doveva versare prima la bustina con le scritte blu, poi quella con le scritte in rosso. La prima polvere entrava nel collo della bottiglia con facilità, la seconda, quella che provocava la reazione immediata per cui era necessario stare pronti con il tappo, spesse volte restava per metà sul bordo: provocando, fra l'anello di gomma del tappo e il vetro, tutta una serie di bollicine che scoppiettavano allegramente. Bisognava chiudere rapidamente la bottiglia e agitarla per sciogliere completamente la polvere che si depositava sul fondo. All'interno si scatenava una reazione chimica che generava l'effervescenza. Poi nel tempo, la bustina divenne unica. Ma ugualmente bisognava agire con la stessa velocità. Alcuni, per diminuire l'effetto effervescente, versavano la bustina in una brocca d'acqua. Veniva così giocato l'effetto champagne.

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marta omero

L'azienda di Gazzoni ha chiuso la sua attività nel 1990 con un fatturato di 85 miliardi. Oggi l'Idrolitina fa capo alla Prontofood dell'imprenditore Luciano Pensante della Prontofood, un self made man bresciano che confeziona il prodotto nel Genovese. Le bustine di Idrolitina, Salitina, Cristallina e Frizzina – per citare quelle più note – ci sono ancora sugli scaffali dei supermercati, però l'abitudine all'acquisto è molto diminuita, perché di bibite frizzanti ora c'è una ricca varietà e c’è solo l'imbarazzo delle scelta. Del resto gli alimenti hanno una loro periodicità. Vengono sostituiti, passano di moda, cambiano i gusti dei consumatori, nascono nuovi sapori. L'Idrolitina era un rito per i bambini degli anni '60, una ragione per farsi trovare puntuali a tavola all'ora stabilita. Quell'acqua del rubinetto trasformata ci faceva sentire parte di un mondo pieno di promesse.

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Rispose il vino all'oste: fai le pubblicazioni sposo l'Idrolitina del cavalier Gazzoni”

Le bustine uniche contengono anche oggi bicarbonato di sodio (E500), acido malico (E296) e acido tartarico (E334). Questa miscela è stabile in mancanza di acqua, ma diventa subito effervescente a contatto con il liquido liberando l'anidride carbonica necessaria per la formazione delle “bollicine”. L'inventore delle polverine frizzanti fu il cavalier Arturo Gazzoni, imprenditore bolognese, che nel 1907 fondò una industria farmaceuticoalimentare producendo l'Idrolitina (ma anche la Pasticca del Re Sole e il Resoldor: entrambi ebbero un enorme successo popolare). Per reclamizzare il prodotto, cioè quelle magiche polverine, si affidò a un poeta bolognese di nome Zangarini autore delle rime che pubblichiamo.

Con la sua forma ben rotonda, la zuccherosa ciambella parmenidea è un dolce adatto a pochi. Soltanto gli intenditori, infatti, riescono a rispettare la regola di mangiarne una e solo una. La ricetta della ciambella è segretissima. Sono rimasti solo pochi frammenti di quella originale. Tuttavia, gli uomini saggi sapranno facilmente ricostruirla percorrendo la giusta via che porta ai mercati più esclusivi. I comuni mortali hanno solo opinione di come si fa la ciambella ma non una vera e propria scienza”. Ecco una delle ricette “sapienziali” che ci ha conquistato nel blog che subito vi facciamo conoscere: Pasticceria filosofica. Come non apprezzare per esempio i biscotti al cioccolato di Hegel? “La fluidità del cioccolato si realizza nella solidità della pasta frolla, in un goloso superamento della morta frolla e dell'informe cioccolato. La sintesi perfetta tra compatta scioglievolezza e morbida croccantezza. Senza contare che le forme dei biscotti (cuori, stelline, lune) ben rappresenta-

“Diceva un oste al vino: tu mi diventi vecchio ti voglio maritare all'acqua del mio secchio.

no l'unità organica nel reciproco differire degli elementi che li compongono, e che solo nella sintesi del biscotto acquistano autentico senso”. E la macedonia di Empedocle? “Dalla semplicità di pochi elementi alla eterogenea mescolanza di tanti, golosi pezzettoni di frutta”. Last but not least il cioccolato kantiano. “Puro come un'idea della ragione, questo cioccolato fa pensare molto al primo morso. Esteticamente compromettente, schematizza analogicamente il sapore corposo del cacao con le rappresentazioni razionali della volontà di desiderare. Dopo un solo assaggio, si sperimenterà la legge assoluta di non distaccarsene”. Un metodo easy per capire i concetti basic della la filosofia e nel contempo addestrarsi ai fornelli. Se da filosofi si resta disoccupati, almeno ci si prepara un’alternativa di lavoro. Su Facebook il gruppo Pasticceria filosofica, post-laurea in filosofia consiglia: «Ti sei laureato in filosofia? Vuoi fare ricerca? Vuoi insegnare? Macché, apri una pasticceria».

L'aperitivo diventa filosofico

A Vicenza dal 24 al 26 novembre

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orna a Vicenza dal 24 al 26 novembre l'appuntamento con ViviDOC, happy hour filosofico a base di prodotti locali promosso dal Consorzio Tutela Vini Colli Berici e Vicenza. La terza edizione della rassegna coincide quest'anno con il VII Convegno Nazionale della Società Italiana Counseling Filosofico. “L'aperitivo – spiega Andrea Monico, coordinatore del Consorzio – è uno dei rari momenti in cui ci possiamo fermare e riflettere su quanto ci circonda. Noi vogliamo porre l'attenzione su ciò che mangiamo e beviamo in questi momenti: per una sera proporremo di abbandonare cocktail e snack confezionati, sostituendoli con qualcosa di probabilmente più sano e certamente più ricco di significato, come i vini del nostro territorio e i prodotti DOP”. Saranno infatti Sopressa Vicentina DOP, Formaggio Asiago DOP e Prosciutto Berico-Euganeo DOP ad accompagnare Tai Rosso, Garganego e gli altri vini Colli Berici DOC e Vicenza DOC. Tra i vari appuntamenti segnaliamo “E se fosse la filosofia...a parlare di amore, matrimonio, tradimento?” dove l'amore sarà rappresentato dal Tai Rosso Spumante, il matrimonio dal Tai Rosso Tradizionale e il tradimento dal Tai Rosso Riserva, e il simposio “Il Senso della Vite. Pratiche filosofiche e Bacco: i valori immateriali del vino”.

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espressionismo Dedicato a Marcella

lirika nakellari

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ra la seconda volta che veniva nel suo studio. Era giovane, una bambina, o meglio un’adolescente. L’adolescenza è ... “come un ponte” aveva pensato. Il purgatorio che decide l’avvenire della gioventù e della crescita. Forse lei non aveva conosciuto questa fase o per lo meno non l’aveva vissuta. -Buongiorno signo’ aveva bisbigliato. -Buongiorno, aveva detto lui. “Siediti … -Marcella, mi chiamo Marcella, aveva bisbigliato di nuovo la bambina. -Si ...Marcella siediti. Ecco mettiti addosso questo corpetto..nello spogliatoio. Lei si allontanò per tornare indietro in un istante. Nel suo movimento leggero senza rumore del suo corpo fanciullesco fece notare a lui solo il profumo di arancia… Sì di arancia e di qualcos’altro, forse di zucchero, di miele. Il profumo lo svegliò in un attimo per portarlo non nella realtà ma in un altro paese. Realtà e paese. Due concetti che ultimamente gli sfuggivano. Non riusciva a metterli insieme. Marcella si avvicinò a lui e lo guardò con i suoi occhi profondi neri come la notte. Lui alzò lo sguardo e con la mano indicò alla fanciulla la poltrona dove sedersi. -Prendi una posizione comoda, Marcella, come meglio ti senti. La fanciulla si sdraiò. Era rigida e il suo sguardo girava nella stanza. Era

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intimidita un po’. -Marcella, puoi stare come vuoi e pensare ciò che tu desideri, non essere spaventata! La ragazza fissò i suoi occhi. Il pittore notò il nero dei suoi occhi. Assomigliavano alla notte. Ha visto che la bambina non era a suo agio. Per lei era ancora uno sconosciuto. Forse il suo modo di fare la spaventava. Forse era troppo serio per lei. Allora lasciò per un attimo la sua matita e si avvicinò alla bambina. Ma di che cosa le poteva parlare? Era una bambina, e probabilmente non andava neanche a scuola. I suoi colleghi gliela avevano consigliata per la particolarità del suo viso. “Sofferenza. Ecco cos’ha il suo viso. Ma lei nemmeno si rende conto” pensò. Il profumo di …scorza d’arancia lo riportò di nuovo ai suoi pensieri. “Che profumo allegro” pensò. “La sua vita non ha niente dell’arancia, ma il suo profumo…” -Profumo di scorza d’arancia” disse d’un tratto sorridendo alla bambina. Marcella aprì gli occhi spaventata e si mosse sulla poltrona. -Oh niente, tranquilla, volevo dire che sento un profumo di scorza d’arancia che viene dalle tue …- -la bambina strinse le dita delle sue mani - sì, dalle tue mani forse, continuò il pittore. -Che bel profumo… hai sbucciato delle arance? Chiese allegro non tanto per la curiosità quanto per rompere il ghiaccio. Ma quel profumo l’aveva messo davvero di buon umore e si sentiva

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in vena di chiacchierare. La ragazza stava silenziosa guardandolo negli occhi.“Spero che non sia tanto pazzo”, pensò. E si mosse di nuovo sulla poltrona. -Le tue mani, Marcella, hanno il profumo della scorza d’arancia, ripeté il pittore. -Sì, fece la fanciulla, arancia. Mia madre e mia sorella si sono messe a fare le scorze di arancia oggi a casa”, disse, e abbassò i suoi occhi. -A fare le scorze d’arancia?” chiese sorridendo il pittore prendendo nelle sue mani la matita. -Sì, disse la bambina. Per fare le scorze…è un lavoro lungo signò, continuò la ragazza. Si prendono delle arance con la buccia spessa. Si sbucciano tagliandole a strisce lungo gli spicchi come i meridiani, si leva via la parte bianca di loro e poi le bucce si fanno bollire per ben tre volte. Ben tre volte -ripeté la bambina-cambiando per ben tre volte l’acqua. Il pittore notò la ripetizione delle parole del suo racconto tipico della sua età e gli sembrava che insieme con l’acqua la bambina cercasse di buttare via l’amarezza…delle arance. -E poi dopo la terza volta le scola sotto l’acqua fredda.” “Poi la mamma mette sul fuoco un tegame colmo d’acqua e zucchero il doppio delle bucce e fa bollire piano piano insieme le bucce e l’acqua zuccherata per ancora 10 minuti fin che l’acqua zuccherata non si addensa senza però prendere colore. Deve solo addensarsi intorno alle arance. Poi mia madre le mette sopra una tovaglia su un marmo e le lascia asciugare per ben 7 ore. Una volta asciutte mia mamma mette ancora dello zucchero sopra che si attacca sopra le bucce. E poi, continuò allegra muovendo le mani, mia sorella in un tegamino scioglie a bagnomaria della cioccolata fondente, comprata dal negozio dei Muller in fondo la strada, e io e mia madre

tingiamo le scorze zuccherate. Solo un pezzettino di loro, un angolino. Lo lasciamo diventare solido in modo che si attacchi alla buccia zuccherata. E una volta pronte io me le prendo e me le mangio con le mani. Lo zucchero, pensò il pittore. Rendendosi conto solo in quell’ attimo che l’intesa era perfetta: la bambina aveva preso la posizione del feto, accucciata, i suoi pensieri sopra la poltrona. Con un piede piegato vicino alla pancia, sopra la poltrona e uno che toccava il suolo. Con i suoi calzini color viola a strisce nere e le ciabatte color arancione, gli occhi che guardavano un punto della stanza, lei era persa nei suoi profumi e ricordi. Marcella alzò lo sguardo e vide il pittore a fissarla preso dal movimento del corpo creato dal suo racconto. D’un tratto si intimidì mettendo la mano sulla bocca come per dire “ecco ho finito, è tutto qui il profumo.” La piccola aveva raccontato al pittore tutti i colori necessari per la sua tela e tutti i colori della sua infanzia. D’un tratto il pittore cominciò a dipingere. Il rosso, l’arancione, il verde del suo vestito a strisce nere e… il nero degli suoi occhi e forse anche della sua adolescenza. I colori sembravano finti, creati nella mente in un attimo staccati dalla realtà, come la sua ricetta staccata dalla realtà in cui la ragazza viveva la sua vita. E lo zucchero, lo zucchero, che si addensa per rimanere zucchero, non il miele… Era ancora una bambina.

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Il dolce più caro al mondo

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e per caso vi recate al Lindeth Howe Country House Hotel di Windemere in Cumbria attenzione a quello che ordinate sul menu. Questa delizia di dolce che vedete nell’immagine costa ben 22mila sterline, più di 25mila euro ed è stata creata dal capochef Marc Guibert in occasione della National Chocolate Week. Si tratta di un tortino di cioccolato con sfoglia d’oro e diamante sulla sommità. De-

dicato ovviamente ai palati più fini e ai portafogli più gonfi del mondo. Un mix di foglie d’oro, cioccolato e champagne, il tutto impreziosito con un diamante. “Il dolce è spettacolare, ha un sapore incredibile e per questo ha un prezzo così alto”. Fonte: http://sweettemptations.alter v ista.org/eventi/, un blog di un giovane friulano che seguiamo con molta attenzione!

Ernst Ludwig Kirchner: Marcella,1910. olio su tela, cm 101x 76. firmato a destra El. Kirchner. Berlino, Byrche-Museum . “La ragazza rappresentata in questo dipinto è una delle famose modelle-bambine degli artisti della “Burche”; anche il vestito nero a righe è un elemento ricorrente. Questa scena molto probabilmente è da ricollegare ad uno dei soggiorni degli artisti della “Burche” ai laghi di Moritzburg. Gli artisti apprezzavano soprattutto la disinvoltura e la naturalezza con la quale si muovevano le modelle,caratteristiche che ben si coniugavano con il principio d’immediatezza che costituiva il loro motto. …” Mario Goldin, curatore della mostra “Espressionismo” a Villa Manin 22 Ottobre 2010.

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Letture da assaporare

Il RISTORANTE DELL’AMORE RITROVATO

LA SCRITTRICE CUCINAVA QUI

Questo è il libro vincitore del Premio Bancarella cucina 2011. Autrice Ito Ogawa, edizioni Neri Pozza. Ringo, una ragazza che lavora nelle cucine di un ristorante turco di Tokyo, rientra una sera a casa con l'intenzione di preparare una cena succulenta per il suo fidanzato col quale convive da un po'. Con suo sommo sgomento, però, scopre che l'appartamento è completamente vuoto. Niente televisore, lavatrice, frigorifero, mobili, tende, niente di niente. Spariti persino gli utensili in cucina, il mortaio di epoca Meiji ereditato dalla nonna materna, la casseruola Le Creuset acquistata con la paga del suo primo impiego, il coltello italiano ricevuto in occasione del suo ventesimo compleanno. E, soprattutto, sparito il fidanzato indiano, maître nel ristorante accanto al suo, un ragazzo con la pelle profumata di spezie. Lo choc di Ringo è tale che resta impietrita al centro della casa desolatamente vuota, la voce che non le esce più dalla bocca. Decide allora di ritornare al villaggio natio, dove non mette più piede da quando, quindicenne, è scappata di casa in un giorno di primavera. E per tornare pienamente alla vita decide di aprire un ristorante per non più di una coppia al giorno, con un menu ad hoc, ritagliato sulla fisionomia e i possibili desideri dei clienti. La magia (il perché lo scoprirete leggendo) del Lumachino, questo il nome del ristorante, si diffonde in tutto il circondario. Perché tutti vogliono sedersi alla tavola del ristorante dell'amore ritrovato.

Un libro imperdibile per chi ama le storie. Stefania Aphel Barzini racconta per i tipi di Gribaudo la vita di dieci grandi scrittrici dalla parte dei fornelli. Virginia Woolf, Simone De Beauvoir, Elsa Morante, Karen Blixen, Agatha Christie, Grazia Deledda, Harriet Beecher Stowe, Gertrude Stein, Pamela L. Travers, Colette tra ambienti e oggetti quotidiani, ingredienti, ricordi alcune delle ricette che più amavano. La cucina, la vera cucina, diceva Colette, è fatta da chi assaggia, assapora, sogna un istante, aggiunge un filo d'olio, un pizzico di sale, una foglia di timo, da chi pesa senza bilancia, misura il tempo senza orologio, sorveglia l'arrosto solo con gli occhi dell'anima e mescola le uova, il burro e la farina secondo ispirazione, come una strega benigna. Attraverso il cibo infatti passa la vita.

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POLLO ALLE PRUGNE Pollo alle prugne è un film. Ma prima è stato una graphic novel. È la storia di un piatto che diventa simbolo di una vita. Il film presentato al festival di Venezia racconta una vita a cui fu negata la felicità. Non c’è niente che possa cambiare la situazione, neanche l’offerta di un assaggio di quel Pollo alle Prugne (da qui il titolo) che aveva sempre amato mangiare… (Per i lettori golosi: la ricetta prevede fra gli ingredienti pollo, prugne, cannella e peperoni). La frase emblematica è: “il giorno in cui lascerai nel piatto quella sublime e squisita pietanza vorrà dire che hai perso il senso della vita”. "Poiché nessuno riusciva più a procurargli il piacere di suonare, Nasser Alì Khan decise di morire, si distese nel letto e otto giorni dopo, il 22 novembre 1958, venne sepolto di fianco a sua madre..." Questa è la storia che Marjane Satrapi racconta mostrandoci sin dal principio come e quando finirà la vita del protagonista. "Pollo alle prugne" non è solo un affresco sull’Iran. E' soprattutto, la storia di un uomo innamorato che vive grazie alla forza della memoria. Come il ricordo di quel pollo alle prugne che mangiava da bimbo e il cui sapore, quando ci pensa, riesce ancora a dargli piacere.

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LIBRI DA LEGGERE COME UN ROMANZO I misteri del ragno: documenti e ipotesi sulla storia del Baccalà

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bbiamo avuto la fortuna di scoprire un volume recentissimo, edito dalla Biblioteca Internazionale La Vigna, che costituisce una vera novità nella grande massa di volumi intorno al baccalà. L’autore è Otello Fabris, specialista di Storia della Gastronomia del Medioevo e del Rinascimento. In campo enogastronomico Fabris vanta una trentennale attività per il recupero della tradizione enologica e di alcuni formaggi caratteristici della pedemontana vicentina-trevigiana. Ed è presidente di molte altre associazioni che non citiamo per mancanza di spazio. Menzioniamo solo l’ideazione della rassegna di cultura enogastronomica Merlin Cocai (e di certo al lettore il nome di Teofilo Folengo farà venire in mente interessanti reminiscenze “maccheroniche”) e il fatto che fa parte di ben due Confraternite, quella del baccalà alla vicentina e quella del baccalà mantecato alla veneziana. “La pubblicazione, scrive nella presentazione Marco Bagnara, come è ben documentato anche dalla ricchissima bibliografia riportata in appendice,

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spazia infatti dal Veneto e dall’Italia a tutti i paesi interessati alla pesca e alla commercializzazione del pesce baltico. Fra le novità la verità storica sul Querini, la cui relazione pubblicata a Venezia dal Ramusio nel 1559, ebbe tanto successo da essere ripubblicata persino a fumetti. “Ma non fu il Querini, precisa Fabris il primo a parlare di stoccafisso e neppure ne fu il primo importatore. Prima di lui, già a partire dal XII secolo, il pesce secco era conosciuto nel Medterraneo senza dimenticare che lo stoccafisso era giunto a Venezia per via fluviale prima che per mare. Sono oltre 300 pagine, frutto di 5 anni di ricerche. Secoli di storia d’Europa narrati con linguaggio lieve ma preciso, seducente e con continui riferimenti, ricette, citazioni, arricchito da illustrazioni, incisioni. Un affresco si secoli di storia e della nostra cultura enogastronomica con unico filo conduttore e punto di vista: quello dello stoccafisso? O dobbiamo chiamarlo baccalà? Una lettura avvincente e illuminante. Si consiglia!

Bianco e nero

Formazione à la carte

Nella nostra civiltà occidentale abbiamo perso le “vie di mezzo”: le cose sono bianche o nere; si è d’accordo oppure no. L’interessante delle filosofie orientali è invece il cercare le “zone d’ombra”, cioè tutti quegli spazi intermedi che permettono un confronto meno diretto e, a volte, più realistico. Il senso della relatività che ne deriva si imprime anche nella vita. Mentre noi occidentali costruiamo tutto perché duri in eterno, per gli orientali tutto è transitorio e cambia con le stagioni. Parlando della nostre spiritualità, siamo convinti che quello che siamo diventati negli anni sia sufficiente per aiutarci a essere felici, senza considerare l’importanza del coltivarla e svilupparla la felicità. Per questo badiamo poco alle forme e ai contenuti pensando che la “sostanza” ci sia “sempre e comunque”. L’orientale, al contrario, è attento a ogni singolo gesto, a ogni dettaglio. Ecco perché, a volte, le nostre tavole imbandite in fretta e furia servono solo per riempire gli stomaci, ma ben poco l’anima. Paolo G. Bianchi www.formazione-zero.blogspot.com

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Un punto di vista nuovo e indipendente sul mondo della cucina della ristorazione, dei vini, del territorio La versione on line www.qbfvg.it è quotidianamente aggiornata con tutti gli appuntamenti e le novità più importanti del mondo dell’enogastronomia

quantobasta FVG gusto e buon gusto nell’euroregione Direttore responsabile Fabiana Romanutti Hanno collaborato a questo numero Tiziana Baita, Silvano Bertossi, Paolo G. Bianchi, Roberto Cipresso, Claudia Culot, Herwig Ertl, Anna Fast, Ennio Furlan, Rosanna Giuricin Turcinovich, Carlo Morandini, Lirika Nakellari, Marta Omero, Germano Pontoni, Giuliano Orel, Antonella Varotto, Aurelio Zentilin Foto di copertina: Massimo Petrossi Impaginazione: Eurograf, Tarvisio (UD) Stampa: Tipografia La Tipografica snc, Basaldella (UD) Autorizzazione n. 1202 del 18 settembre 2008 del Tribunale di Trieste Assoc. Culturale Studio Giallo, via San Michele 26 Trieste

q.b. è on line sul sito www.qbfvg.it / Per scrivere alla redazione: redazione@qbfvg.it

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