Manfredi, F. (2012), Paesaggi Percorsi. Cittanova, Cosenza: L’Officina delle Idee

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PAESAGGI PERCORSI. CITTANOVA a cura di Fabio Manfredi



COMUNE DI CITTANOVA

Associazione Pro Fondazione

“Carlo Ruggiero” PAESAGGI PERCORSI. CITTANOVA a cura di Fabio Manfredi

Editore L’Officina delle Idee via Zanotti Bianco 30/M 87100 Cosenza info@lofficinadelleidee.it ISBN 9788897542025 Stampa Tipografia De Rose - Montalto U.



INDICE CITTANOVA E ARCHITETTURA, PER UNA CULTURA A KM. ZERO Francesca Fatta

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PAESAGGIO FORMAZIONE E TERRITORIO Gian Piero Donin _____________________________________________________

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CORSI E PERCORSI DI PAESAGGIO Daniela Colafranceschi

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CITTANOVA. NUOVACITTÀ Alessandro Cannatà _____________________________________________________

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CITTANOVA / CITTÀ GIARDINO UN LABORATORIO DI GIARDINI EFFIMERI Pro Fondazione Carlo Ruggiero _____________________________________________________

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INSEGNARE PAESAGGIO Alessandra Romeo

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PAESAGGI PER-CORSI Fabio Manfredi

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PROGETTI

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PER (non) CONCLUDERE Fabio Manfredi

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© Fabio Manfredi


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PAESAGGI PER-CORSI FABIO MANFREDI Presidente: Lei è d’accordo con Ben? Pensa che possiamo stimolare la crescita con incentivi temporanei? Chance: Fintanto che le radici non sono recise, va tutto bene, e andrà tutto bene, nel giardino. Presidente: Nel giardino. Chance: Sì. In un giardino c’è una stagione per la crescita. Prima vengono la primavera e l’estate, e poi abbiamo l’autunno e l’inverno. Ma poi ritorna la primavera e l’estate. Presidente: Primavera e estate. Chance: Sì. Presidente: E... autunno e inverno. Chance: Sì. (Hal Ashby, Oltre il giardino, 1979)

Cittanova ricorda il sofisticato personaggio ritratto da Hal Ashby nel film Oltre il giardino. Chance Giardiniere che non è mai uscito dalla casa in cui lavora, riconduce ogni cosa al suo giardino poiché esso è la misura e il significato del paesaggio in cui vive. È l’unico argomento che conosce tanto che, quando qualcuno cerca di parlargli, magari con una metafora o un doppio senso, lui risponde in modo inconsueto e bizzarro facendo sempre riferimento alle proprie conoscenze botaniche; il modo di comunicare di Chance, in maniera del tutto fortuita, è confuso per sensibilità e argutezza. I rari Juniperus virginiana, Cedrus libani, Cycas Revoluta, Sequoiadendron giganteum, Pinus Pinea, Quercus rubra, Phoenix canariensis, Laurus nobilis e Quercus ilex della Villa Carlo Ruggiero sono indubbiamente un bene prezioso che vale un ‘paesaggio’. Ma nel paesaggio non ci sono limiti definiti, non c’è mai un contorno netto e ogni sua componente è sensibile nei confronti dell’esterno; ogni elemento ha sempre la capacità di debordare instaurando complesse relazioni con gli elementi vicini. Estendere lo sguardo oltre il giardino significa per Cittanova fare del suo ‘bene’ un dispositivo in grado di trasformare l’intera città in uno scenario in cui la gente possa riconoscere una qualità e un valore; significa abbattere il limite tra ‘paese’ e ‘paesaggio’, colmare quella distanza che vi intercorre e che Alain Roger attribuisce all’elaborazione dell’arte: “non vi è paesaggio senza interpretazione artistica”. Se la popolazione riconosce alla Villa il pregio di un patrimonio storico, manifesto di una qualità e di una bellezza peculiare, non individua nell’ambito urbano altrettante virtù o doti da preservare. Così ciò che caratterizza gli ambiti più prossimi alla Villa come il corso, costituito da Via Regina Margherita, Via Carlo Ruggiero e Via San Rocco, luogo prescelto per il passio domenicale o la grande fiumara Serra e il paesaggio agricolo su cui lo


FABIO MANFREDI - PAESAGGI PER-CORSI

stesso si affaccia, sono valori ancora da registrare, ambiti a cui difficilmente viene data una valenza artistica o culturale ma che rappresentano quei paesaggi ‘altri’ su cui la Convenzione Europea del Paesaggio pone l’accento. Il nuovo corpus legislativo della CEP, punto di riferimento importante per la tutela e il progetto del territorio, sottolinea che paesaggio è ciò che viene percepito come tale dalla popolazione e che dunque non ci sono categorie o classi ma solo una necessaria e sufficiente condizione di condivisione; auspicando una sensibilizzazione sociale come motore di una rinnovata identità culturale investe il progetto paesaggistico del ruolo di programma di sensibilizzazione, comunicazione e di partecipazione, il ruolo di generatore e catalizzatore ‘del’ e ‘per’ il paesaggio in grado di produrre una visione estetica esplicita, di conquistare una voce, un vocabolario, di educare lo sguardo. L’architettura del paesaggio – come disciplina e come ricerca – si è sempre più spesso confrontata con ambiti di limite, di frontiera, nell’accezione soprattutto di spazi rifiutati, negati, inutilizzati, esprimendo una certa predilezione per gli interventi di sutura o di trapianto rivolti a luoghi da reinventare, riqualificare o che più di altri sono in attesa di un progetto che li strutturi. La convivenza di ‘paesaggio’ e ‘rifiuto’ a Cittanova non c’è, o almeno in senso stretto e non sono così facilmente individuabili aree critiche, nevralgiche, spazi che recriminano un intervento di risanamento. Il punto critico in questo caso risiede nel confine – non solo fisico – tra la Villa e il resto della città, nel rapporto differente che esiste tra la popolazione e ciò che è oltre il giardino. Figlia: Papà, perché le cose hanno contorni? Padre: Davvero? Non so. Di quali cose parli? Figlia: Si, quando disegno le cose, perché hanno i contorni? Padre: Bé, e le cose di altro tipo… un gregge di pecore? O una conversazione? Queste cose hanno i contorni? Figlia: Non dire sciocchezze. Non si può disegnare una conversazione. Dico cose. Padre: Si… stavo solo cercando di capire cosa volevi dire. Vuoi dire: “Perché quando disegniamo le cose diamo loro dei contorni?”, oppure vuoi dire che le cose hanno dei contorni, che noi le disegniamo oppure no?” (Gregory Bateson, Verso un’ecologia della mente, Adelphi 1985) I confini, come i paesaggi, sono costruzioni culturali che separano due spazi, due persone, due ideologie, due atteggiamenti come in questo caso. Piero Zanini in Significati del confine. I limiti naturali, storici, mentali (Mondadori 1997) spiegando come funziona una linea di demarcazione e come a un certo punto qualcuno decide di stabilirla, afferma che è possibile rompere i confini senza necessariamente cancellare le frontiere che per definizione sono incerte ed hanno frange grandi e piccole; il confine può semmai servire a “definire un punto fermo da cui partire e a cui fare riferimento”. Per Cittanova la Villa Carlo Ruggiero è indubbiamente il punto fermo, il primo pixel di un potenziale molto più


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ampio, di un’immagine molto più complessa che va oltre le recinzioni dell’orto botanico stesso. Il rapporto univoco tra la popolazione cittanovese e il proprio paesaggio necessita di confini più ampi, forse di “confini portatili” come suggerisce lo stesso Zanini; trovarne una nuova e diversa ‘mappatura’ diventa uno strumento di progetto: nuovi valori interpretativi e nuove categorie di percezione delineano differenti interazioni tra il luogo e le persone che lo coabitano, tra il luogo e tutti coloro che lo percorrono. In simili situazioni l’architettura ha il compito di rilevare le qualità esemplari e rivelare quelle nascoste nel contesto offrendo nuove chiavi di lettura, contribuendo – attraverso un duplice movimento di coscienza – alla costruzione di un paesaggio inconscio che ancora non esiste perché non c’è nessuno a definirlo. Ha probabilmente il compito di rilevare a paesaggio lo spazio pubblico esistente attribuendogli quel carattere riconoscibile che attualmente manca e rivelare la preziosa natura esistente rendendola accessibile, fruibile, dandogli quelle essenziali doti di comfort di cui uno spazio pubblico contemporaneo necessita. In mancanza di quei valori necessari che si fissano in un immaginario collettivo, ricordando ancora Roger, l’architettura ha il compito di fornire un’estetica – non patinata – che conquisti l’approvazione popolare e funga da incentivo per un dialogo tra le componenti che stabiliscono un paesaggio. Interrogandosi sulla necessità di un progetto di architettura piuttosto che di architettura ‘del’ paesaggio o ancora di architettura ‘nel’ paesaggio intesa come somma piccoli interventi nel territorio adatti ad essere ‘dispositivi’, per alcuni anni, circa ottanta studenti dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria hanno condotto le sperimentazioni progettuali che in questo volume vengono raccontate. Sono stati affrontati due temi differenti con scale e problematiche diverse: l’importante asse urbano del corso, centro nevralgico della vita sociale della città, con la piazza antistante la biblioteca comunale e naturalmente la Villa Carlo Ruggiero con il suo ampliamento ottocentesco; un parco fluviale lungo il torrente Serra in un ambito peri-urbano ed agricolo ormai quasi dimenticato e la sua connessione con la città . In entrambi i casi, l’inevitabile estensione del ‘punto di vista’ ha avvalorato la possibilità di sfruttare la qualità della Villa Carlo Ruggiero per assecondare la commistione con le altre presenti, integrando e aggiungendo nella stessa misura architettura e verde. Accettato l’invito di Dieter Kienast si è cercata una “natura urbana” il cui colore non è solo il verde ma anche il grigio: “ne fanno parte alberi, siepi, prati, ma anche il manto stradale, le piazze, i canali artificiali, i muri, gli assi di penetrazione e di ventilazione, il centro e la periferia.” “Si vive nei paesaggi, come si sente affermare spesso, o si vive in paesi, regioni, territori che, in un momento dato e secondo certe condizioni, si rivelano in quanto paesaggi?” (Michael Jakob, Il paesaggio, Il Mulino 2009)

L’antico corso di Cittanova è uno spazio pubblico importante per la comunità; intercetta piazze e sagrati, facilities rilevanti come la biblioteca comunale e termina con il piccolo belvedere Largo Affaccio sulla fiumara Serra e sulla montagna.


FABIO MANFREDI - PAESAGGI PER-CORSI

Una ‘passeggiata’ cara alla popolazione che manca però di un disegno organico e di un progetto coerente, un viale a cui la stessa toponomastica non legittima unitarietà; una pavimentazione banale in asfalto che s’impreziosisce di porfido in corrispondenza della Villa ma che non risente affatto delle altre dimensioni che trasversalmente incontra. Oltre ai sagrati e al belvedere intercetta strade-transetti che, pur essendo interstiziali e in alcuni casi molto ridotti nelle dimensioni, giocano un ruolo altrettanto importante per la collettività, sono vitali punti di ritrovo, pretesto per l’incontro e la socializzazione, di solito rappresentativi di un senso d’identità molto forte; sono spazio della quotidianità in cui si concretizza la stratificazione di attività e modi d’uso diversi; spazi semiprivati per vocazione in cui il limite tra il pubblico e il privato è sottile, in cui la soglia d’ingresso delle abitazioni assume un ruolo differente perché differente è il rapporto delle persone con quell’esterno. La qualità di queste aree lascia a desiderare, i marciapiedi sono piccoli, le pavimentazioni inesistenti, le illuminazioni insufficienti, le sedute e i sistemi di copertura completamente assenti. Le sperimentazioni condotte dagli studenti hanno sentito l’esigenza di ricucire questa frammentarietà e valorizzare queste preziose dimensioni a confronto. Senza rinunciare ad ascoltare i suggerimenti offerti dal contesto hanno trovato temi e riferimenti diversi affrontando tematiche e linguaggi differenti: pavimentazioni come opere d’arte - di righe, pois, fasce - sculture architettoniche adibite ad info point, caffè, operazioni artistiche alla scala urbana con l’uso generoso di acqua, luce e colore; anche se apparentemente ‘distanti’, hanno cercato connessioni e legami forti, poco espliciti ma molto significativi per un ‘luogo’ non troppo aperto ed abituato alla contemporaneità. Sono stati ipotizzati telai di connessione del territorio che hanno tenuto conto delle scale proprie del progetto: quella minuta relativa all’oggetto architettonico delle piazze, dei percorsi, dei giardini, della ‘qualità’ estetica e funzionale dello ‘spazio da attraversare’; quella territoriale delle relazioni tra distanze e ambiti diversi, della struttura del territorio, delle sue potenzialità e risorse; quella concettuale, dell’identità del paesaggio, della sua riconoscibilità e percezione. Piuttosto che procedere per soluzioni puntuali che, pure offrendo qualità, non avrebbero garantito certo una risposta valida alle esigenze riscontrate, si è sperimentato un sistema ovvero una strategia di riqualificazione pianificata su più fronti che partisse dal ‘seme’ della Villa per diventare vero dispositivo detonante di un valore paesaggistico ampio. Si è proposta una logica per layer, alla ricerca di qualità diffusa e non puntuale per contrastare le specifiche condizioni di marginalità delle aree limitrofe al giardino. I sistemi hanno tenuto conto così delle risorse endogene del territorio e delle sue potenzialità inespresse garantendo ad esempio una duttilità e una predisposizione all’adeguamento essenziale per questi spazi e questi differenti modi d’uso; attraverso un’estetica che ha assecondato la contaminazione dominante, l’eterogeneità, lo ‘stile libero’ e il carattere individualistico della sfera pubblica, senza scadere nella ricerca frenetica di una coerenza linguistica con la ‘forma della città’.


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“La natura è ormai rara, nelle città come nelle campagne, mentre per contro ‘l’essere naturale’ è assurto a supremo predicato”. (Dieter Kienast, “Un decalogo” in Lotus 87, Electa 1995) È possibile ammirare la fiumara Serra solo dal piccolo belvedere Largo Affaccio. Il suo paesaggio appare incontaminato ma in realtà è stato modificato, coltivato e addomesticato con terrazzamenti e muri a secco che lo ‘rigano’ ancora come opere di land art; è stato plasmato e modellato da terrazzamenti agricoli con specie vegetali estranee anche se ben inserite da sembrare ormai autoctone. Negli anni le tracce si sono sovrapposte: percorsi, tratturi, strade carrabili, muri a secco hanno inciso quest’area, ancora più di quanto non avesse fatto in precedenza l’acqua stessa. La morfologia affascinante e stupefacente del luogo è visibile solo alla grande scala, dalla postazione privilegiata del Largo Affaccio e manca totalmente di una relazione con il contesto urbano. La particolare sezione ‘a imbuto’ della morfologia fornisce punti di vista privilegiati sul paesaggio circostante - a differenti quote - e la sua qualità è diventata strategia di intervento. Per quest’area sono state avanzate ipotesi di connessioni, ovvero possibilità, opportunità per la scoperta di valori paesaggistici ed identitari altrimenti ignorati o temporaneamente dimenticati come sistemi o matrici applicabili anche ad altri ambiti della città. Il parco fluviale lungo la fiumara è stato sperimentato come un progetto complesso di percorsi e attraversamenti che non si sono semplificati in implicazioni di tecniche o tecnologie basate solo sulla ‘misura’ idonea a consentire la discesa all’alveo, o nella risoluzione di problematiche prettamente ambientali sulla sicurezza bensì a più complessi sistemi di modificazione complessiva. Si è lavorato nell’intenzione di costruire un paesaggio che possa concretamente diventare spazio pubblico – fruibile – che riveli la sua valenza culturale, architettonica e sociologica, attraverso un processo d’invenzione, di reinterpretazione con gli strumenti di un linguaggio contemporaneo. Alla qualità estetica e tecnologica di un parco dunque, è stato associato il carattere di un progetto con la capacità di ridefinire intere parti di territorio o in alcuni casi interi orizzonti, dandogli il carattere di un interno con vedute, per chi lo percorre e per chi ne fruisce, definendo anche la modalità di percorrenza nonché i suoi ritmi, determinando la qualità percettiva del modo stesso di spostarsi e di muoversi delle persone, dalla città al fiume e viveversa, conferendogli la capacità di collegare non solo due punti estremi ma una infinità di punti e paesaggi intermedi. La riconversione della fiumara non è stata così solo una connessione del territorio ma anche e soprattutto la costruzione di un paesaggio ‘inconsapevole’ e il potenziamento di una latente vocazione turistica. Traendo spunto dall’orografia accidentale, a volte la risposta si è configurata come un’espressione topologica, profondamente contestuale ovvero come un’architettura mimetica nei confronti del contesto, altre volte si è espressa con l’invenzione di nuove topografie che hanno ricalcato e stravolto l’arbitrarietà del contesto; in altri casi ancora ha esplicitato una geometria come traduzione ‘architettonica’ dell’orografia, determinando artificiali zolle di paesaggio.


FABIO MANFREDI - PAESAGGI PER-CORSI

I sentieri abbandonati o accidentati della fiumara sono stati riconvertiti a spazio pubblico attraverso nuove relazioni con il contesto, rivedendone il ruolo e conferendo loro un diverso assetto funzionale e una nuova dignità estetica e figurativa; sono stati ipotizzati nuovi sistemi di rete sentieristica o di itinerari alternativi che presentano una naturale vocazione turistica, sistemi di trasporto collettivo come funivie e piste ciclabili in grado di connettere punti strategici del territorio dal punto di vista paesaggistico, storico-artistico. In alcuni casi il progetto ha individuato nella valorizzazione della preziosa biodiversità presente l’opportunità di costruire opere di laminazione come giardini umidi. Sistemi dei giardini definiti da una sequenza di vasche che in funzione del livello di acqua presente nella fiumara, determinano giardini lacustri, fioriti o aridi, in una alternanza cromatica e vegetativa nel corso delle stagioni. Una strategia che, nel garantire il controllo e la possibilità di inondazione delle aree di margine in caso di portata elevata dell’ acqua, trova nelle wetland il ripristino e lo sviluppo sostenibile del fiume come sistema ecologico ed energetico. In linea generale si è pensato a uno spazio da (ri)conquistare attraverso funzioni nuove e facilities proprie di un di una strategia urbana moderna ed flessibile: piazze, belvedere, giardini, orti e non ultime aree adibite a festival temporanei di giardini sulla scia di Chaumont sur Loire o Losanna. Queste sono solo permesse alle pagine che seguono, al lavoro appassionato degli studenti che si sono confrontati con queste problematiche tutt’altro che irrilevanti. I laboratori di Architettura, di Architettura del Paesaggio e di Tesi di Laurea dell’Università Mediterranea sono stati l’officina nella quale le idee, le intuizioni, le suggestioni fin qui sviscerate hanno preso forma e si sono concretizzate in un disegno con la licenza di sperimentare. I lavori che disegnano le pagine seguenti sono il fervido scambio di punti di vista, le discussioni e i forum sul progetto, sulle sue ipotesi e criticità.




IL PARCO FLUVIALE DEL TORRENTE SERRA

Il progetto prevede la realizzazione di un parco fluviale sul torrente Serra, come strategia di qualificazione di ambiti altrimenti ‘esterni’ – fisicamente e concettualmente – al paesaggio urbano, e invece pertinenti la città. Le proposte affrontano un tema connettivo e percettivo risolvendo il grande salto di quota esistente, valorizzando il paesaggio nei suoi terrazzamenti agricoli, e integrando nuovi spazi pubblici e giardini temporanei.


© Enzo Galluccio


FEDERICA CICCONE - Corso di Architettura del Paesaggio 3 / CDA AGP DAVIDE BASILE - Corso di Architettura del Paesaggio 3 / CDA AGP MARINA AITALA - Tesi di Laurea / CDA AGP CRISTINA COMANDÈ - Corso di Architettura del Paesaggio 3 / CDA AGP ANTONELLA TERESA CORSO - Corso di Architettura del Paesaggio 3 / CDA AGP GIUSEPPE FALBO - Corso di Architettura del Paesaggio 3 / CDA AGP LUIGI DE FILIPPIS - Corso di Architettura del Paesaggio 3 / CDA AGP ALBERTO GIACCHI - Corso di Architettura del Paesaggio 3 / CDA AGP DIONIGI GERACE - Tesi di Laurea / CDA AGP LUISA GRECO - MARIA GRAZIA ARNÒ Corso di Architettura del Paesaggio 3 / CDA AGP IDA ARABIA - Corso di Architettura del Paesaggio 3 / CDA AGP PIERVALENTINO MARINO - Corso di Architettura del Paesaggio 3 / CDA AGP GIOVANNI GIORGI - Corso di Architettura del Paesaggio 3 / CDA AGP FRANCESCA PALMISANO - Corso di Architettura del Paesaggio 3 / CDA AGP FRANCESCO SCOPELLITI - Corso di Architettura del Paesaggio 3 / CDA AGP TANY VAZZANA - Corso di Architettura del Paesaggio 3 / CDA AGP



FEDERICA CICCONE 59



FEDERICA CICCONE 61



FEDERICA CICCONE 63



DAVIDE BASILE 65



DAVIDE BASILE 67



MARINA AITALA 69

PERCORSI E PAVIMENTI

WETLAND

VASCHE D’ACQUA

ALBERATURE

ARBUSTI E CESPUGLI FIORIFERI

PIANTE TAPPEZZANTI

PRATO



MARINA AITALA 71



MARINA AITALA 73



CRISTINA COMANDÈ 75



ANTONELLA TERESA CORSO 77



GIUSEPPE FALBO 79



LUIGI DE FILIPPIS 81



LUIGI DE FILIPPIS 83



ALBERTO GIACCHI 85



ALBERTO GIACCHI 87



DIONIGI GERACE 89



DIONIGI GERACE 91



DIONIGI GERACE 93



LUISA GRECO - MARIA GRAZIA ARNÃ’ 95



IDA ARABIA 97



IDA ARABIA 99



PIERVALENTINO MARINO 101



GIOVANNI GIORGI 103



GIOVANNI GIORGI 105



FRANCESCA PALMISANO 107



FRANCESCA PALMISANO 109



FRANCESCO SCOPELLITI 111



TANY VAZZANA 113



TANY VAZZANA 115



TANY VAZZANA 117



IL CORSO E LA VILLA COMUNALE CARLO RUGGIERO

L’intervento prevede la riqualificazione del corso principale del centro urbano nella sua relazione con gli spazi pubblici che lo costituiscono. Tra questi, la Villa Comunale Carlo Ruggiero, il progetto della piazza della Biblioteca Comunale, la collocazione di nuovi servizi collettivi come info-point, caffè, spazi polivalenti ed espositivi configurati come architetture minime.


GIUSY MAZZEI - Corso di Architettura del Paesaggio / CDA ARCH ROCCO ADDESI - Corso di Architettura del Paesaggio / CDA ARCH MARIANNA BATTAGLIA - Corso di Architettura del Paesaggio / CDA ARCH MASSIMO SCALZO - Corso di Architettura del Paesaggio / CDA ARCH ERMINIA MAMMONE - Corso di Architettura del Paesaggio / CDA ARCH ALESSIA CALABRÒ - Corso di Architettura del Paesaggio / CDA ARCH SALVO CONTARINO - Corso di Architettura del Paesaggio / CDA ARCH GRAZIA MAUGERI - Corso di Architettura del Paesaggio / CDA ARCH LAURA LEANZA - Corso di Architettura del Paesaggio / CDA ARCH MARIA ROSA SCHIAVELLO - Corso di Architettura del Paesaggio / CDA ARCH MARIA LYNN OTERI - Corso di Architettura del Paesaggio / CDA ARCH STEFANO MERCURI - Corso di Architettura del Paesaggio / CDA ARCH ROSSELLA RAFFAELE - Corso di Architettura del Paesaggio / CDA ARCH DAVIDE RIVERÀ - Corso di Composizione Architettonica 1 / CDA AGP TOMMASO DESANDO - Corso di Architettura del Paesaggio / CDA ARCH CLAUDIA CUDÀ - Corso di Architettura del Paesaggio / CDA ARCH ROBERTO ROMANO - Corso di Architettura del Paesaggio / CDA ARCH MARILENA SGAMBELLURI - Corso di Architettura del Paesaggio / CDA ARCH GIUSEPPE SORBARA - Corso di Architettura del Paesaggio 3 / CDA AGP LUCREZIA SORRENTI - Corso di Architettura del Paesaggio / CDA ARCH FEDERICA ZUPI - Corso di Architettura del Paesaggio / CDA ARCH GIROLAMO PONTORIERO - Corso di Architettura del Paesaggio / CDA ARCH ANGELICA MANTI - Corso di Architettura del Paesaggio / CDA ARCH FRANCESCO ZANGARA - Corso di Architettura del Paesaggio / CDA ARCH

© Fabio Manfredi




GIUSY MAZZEI 123



GIUSY MAZZEI 125



ROCCO ADDESI 127



MARIANNA BATTAGLIA 129



MASSIMO SCALZO 131



ERMINIA MAMMONE 133



ERMINIA MAMMONE 135



ALESSIA CALABRÃ’ 137



SALVATORE CONTARINO 139



GRAZIA MAUGERI 141



LAURA LEANZA 143



MARIA ROSA SCHIAVELLO 145



MARIA LYNN OTERI 147



STEFANO MERCURI 149



ROSSELLA RAFFAELE 151



DAVIDE RIVERA’ 153



TOMMASO DESANDO155



CLAUDIA CUDÀ 157



ROBERTO ROMANO 159



MARILENA SGAMBELLURI 161



GIUSEPPE SORBARA 163



LUCREZIA SORRENTI 165



FEDERICA ZUPI 167



GIROLAMO PONTORIERO 169



ANGELICA MANTI 171



FRANCESCO ZANGARA 173




FABIO MANFREDI

© Enzo Galluccio


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PER (non)CONCLUDERE FABIO MANFREDI La sovrapposizione di una tradizionale cartografia a un ortofoto rivela spesso che gli spazi ‘bianchi’ tra le costruzioni, convenzionalmente rappresentativi di vuoti, in realtà sono ‘pieni’. Giardini, campi agricoli, boschi ovvero piazze, strade, vicoli con alberi e sedute sono ‘pieni’ da preservare non solo per questioni prettamente ambientali. A volte privi d’identità e di definizione, molto più spesso sono invece paesaggi auto-costruiti, immagine riflessa della popolazione che li vive; sono spazio relazionale, proprio della comunità, delimitato da confini riconoscibili dalla stessa, spazio di appartenenza con le sue maglie, i suoi nodi, le sue reti, i suoi codici di comportamento; sono paesaggi che crescono secondo precise regole sociali, date dall’intreccio di abitudini e interessi individuali e collettivi. Nella città diffusa, liquida o infinita, a Cittanova come a Berlino o a Delft dove mi trovo a concludere questo lavoro, un patchwork urbano ininterrotto e perennemente disarticolato lascia queste preziose cicatrici dal valore immenso. Questi ambiti, che siano avanzi del piano costruito o meno, che siano Junkspace o Third Landscape, suggeriscono indubbiamente all’architettura una riflessione sulla sperimentazione di nuovi usi e di nuovi linguaggi. A questi spazi abbiamo dedicato la nostra attenzione e i nostri sforzi – a Cittanova che questo libro raccoglie – e non solo. I bianchi delle nostre città – soprattutto quando le stesse mancano di originalità e di valori – si configurano come il supporto ideale per la rappresentazione ‘paesaggio’, il territorio su cui inventare gli ambiti identitari e collettivi che mancano. A volte non è necessario pensare a questi residui come a degli ‘strumenti utili’ in senso stretto, può essere anche vantaggioso pensarli come dispositivi per assecondare straordinarie appropriazioni da parte del pubblico; trasformare un vuoto in un paesaggio quotidiano, intimo, riservato o in un luogo di svariate attività collettive, favorendo il disegno di un paesaggio esclusivo e mutevole allo stesso tempo, incurante di norme urbanistiche ed esigenze tecniche. È possibile considerare i residui delle nostre città come i residui di un Terzo Paesaggio; “un territorio per le molte specie che non trovano spazio altrove” dice Gilles Clément: un territorio per le molte attività, funzioni, materiali nonché libertà incompatibili con il resto della città nel nostro caso; una occasione unica per la sperimentazione e la valorizzazione. Il lavoro di ricerca affrontato su questi temi, sul paesaggio di Calabria e Sicilia e sul suo progetto, ha reso evidente quanto sia difficile progettare per questo territorio e quanto sia ancor più arduo per il progetto conquistare una voce ed essere adottato da una comunità che lo richiede e poi lo deve accogliere.


FABIO MANFREDI - PER (non)CONCLUDERE

Spesso all’architettura viene imputata una cronica incapacità di esprimersi con un linguaggio chiaro e compressibile, una inabilità a trovare il giusto equilibro tra globalizzazione e regionalizzazione dei linguaggi e dei riferimenti culturali, ad onorare così il suo compito. Verrebbe in mente un esperimento di Bernard Lassus del 1965 con il quale cercò di dimostrare il suo personale approccio al progetto di paesaggio: inserendo un biglietto da visita nel calice di un tulipano rosso trasformò il fiore in un volume di colore conferendogli un nuovo ed importante significato; il cartoncino lasciava però il tulipano assolutamente inviolato. La dimostrazione di Lassus coniuga la sperimentazione alla capacità di tradurre la stessa in un gesto attento alla specificità di un luogo. Non sempre è necessario costruire, a volte, come suggerisce il suo esperimento, è sufficiente una dimostrazione artistica di ciò che in natura prima non vedevamo. Se i bianchi recriminano una riconoscibilità, il progetto deve proporsi come ‘restauro’, come ricostruzione di relazioni, di tracce e di sistemi che il tempo ha cancellato, tornare a conferire continuità e identità ad ambiti altrimenti anomali ed estranei tra loro; allo stesso tempo deve fornire relazione con il contesto senza rinunciare alla sua autoreferenzialità. Indubbiamente la riqualificazione urbana assume valori sempre differenti – a Cittanova, Berlino o Delft – poiché differenti sono le esigenze, le opportunità, le risorse, diversa la predisposizione e l’attitudine al cambiamento; ma anche quando i territori sono storicamente poco avvezzi alla contemporaneità come nel nostro caso, può essere conveniente costruire semplicemente macchine per stimolare la creatività, o per disegnare un sorriso come direbbe Gianni Rodari, avendo ancora una volta il giardino come riferimento ideale: spazio per il libero gioco dell’immaginazione. Costruire uno spazio pubblico come un parco, una piazza o un giardino significa tradurre un paesaggio che non è solo tradizionale, tangibile ed oggettivo, ma che sia capace di svelare storie contenute, nascoste, che aspettano di essere ritratte, percepite o semplicemente evocate; le “storie reclamate” dagli stessi luoghi di cui parla spesso l’attento osservatore Win Wenders. I progetti raccolti in questa pubblicazione rappresentano delle risposte e delle interpretazioni diverse e originali; hanno spalleggiato l’esigenza di un rapporto con il contesto e la sua storia senza rinunciare a sperimentare. Assecondando la naturale stratificazione, la natura di frangia e di limite di questo paesaggio, i progetti hanno fornito risposte esterne ed estemporanee – niente affatto scontante – come punti di vista alternativi non preventivati. A volte naif e innocenti come ci si aspetta da lavori di giovani studenti ancora lontani dalla professione, i progetti non hanno mai trascurato l’importanza di una riqualificazione attraverso una quantità determinata di nuovi programmi e funzioni volte a riportare in vita il paesaggio, sfruttando lo stesso come volano per un nuovo sviluppo. Le risposte anche azzardate ed audaci di questi Paesaggi Percorsi hanno rappresentato preziosi momenti di riflessione sul tema di un progetto economicamente e socialmente sostenibile come quello auspicato per questo territorio.


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L’occasionale quanto prezioso incontro tra istituzioni, università, associazioni e popolazione che questo volume racconta, è stato un’opportunità e un momento di riflessione non solo in termini di progetto ma soprattutto di sensibilizzazione e di formazione; i cittadini ‘detentori’ del paesaggio per il quale abbiamo pensato e progettato sono stati, infatti, preziosi collaboratori prima e affidabili recensori poi. I progetti, esposti e valorizzati nelle mostre organizzate dalla Fondazione Carlo Ruggiero, sono stati valutati, apprezzati, in alcuni casi contestati dalla comunità ed importanti sono state le attenzioni rivolte dai quotidiani locali ai risultati ottenuti. Paesaggi Percorsi è un libro e un’esperienza che merita certamente un non-epilogo. Per (non)concludere questo lavoro appassionante tra tutte le ‘parti’ che definiscono un paesaggio. “Ciascuna Parte si impegna ad accrescere la sensibilizzazione della società civile, delle organizzazioni private e delle autorità pubbliche al valore dei paesaggi, il loro ruolo e alla loro trasformazione”. Convenzione Europea del Paesaggio, Articolo 6



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