FOCUS GREEN MATERIALE DIDATTICO RISERVATO ALLE CLASSI AMICHE FAI
APPROFONDIMENTI SUL PAESAGGIO per la scuola secondaria di II grado
anno scolastico 2013/2014
Si ringrazia
per il sostegno
INDICE Approfondimenti sul paesaggio •
Breve storia del paesaggio
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La legislazione italiana relativa alla tutela del paesaggio
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La Convenzione Europea del Paesaggio
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Il paesaggio dopo la CEP
A cura dell’Ufficio Scuola Educazione, FAI – Fondo Ambiente Italiano
pregnanza scientifica grazie alle teorizzazioni della geografia moderna, mantenendo in ogni caso un forte legame con tale passato.
Il termine “paesaggio” deriva dal latino classico pagus, “villaggio”, “paese”, cioè una parte di territorio naturale delimitato e colonizzato dall’uomo.
Bastano queste brevissime considerazioni per farci capire la complessità dell'idea di paesaggio che unisce indissolubilmente l'elemento naturale e quello antropico e coinvolge la realtà concreta, fisica e la dimensione estetica, soggettiva e percettiva.
Da qui la parola italiana paesaggio e quella francese paysage, che rimandano alla radice “umana”, cioè alla presenza e al lavoro dell'uomo all'interno del contesto naturale. Il termine in uso nei Paesi del Nord Europa (landscape, landskap, …) sottolinea invece l'elemento naturale – la terra – con cui l'uomo interagisce nel proprio vivere.
L’approccio al paesaggio, quindi, deve tener conto di tutte queste dimensioni, così come proposto dalla Convenzione Europea del Paesaggio, emanata dal Consiglio d’Europa nel 2000 che lo definisce come “una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni” (art 1).
Già questi termini linguistici rendono ragione del binomio sempre presente quando si affronta il concetto di paesaggio: uomo/natura.
Da questa definizione deriva in parte anche quella proposta dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (d.lgs. 42/2004) secondo cui esso rappresenta “il territorio espressivo di identità, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali, umani e dalle loro interrelazioni” (art 131).
BREVE STORIA DEL PAESAGGIO
Paesaggio, dunque, è il risultato dell’azione tra Uomo e Natura e va inteso come incontro tra gli elementi naturali (acqua, terra, clima…), gli accadimenti storici e le espressioni dell’attività umana (architettonica, artistica, rurale, artigianale…) che nel tempo si sono stratificati e depositati in un sistema complesso e dinamico di relazioni. A ciò si deve aggiungere la vasta gamma delle percezioni con cui l'uomo coglie il paesaggio. A ciò si aggiunge la diversità di approccio al tema così come è stato vissuto nella storia: dapprima il paesaggio ha interessato l'ambito artistico; solo nell'Ottocento ha acquisito una sua autonomia e
Esemplificative, in questo senso, sono le parole del geografo Eugenio Turri: Il paesaggio può essere visto come il riferimento oggettivo in cui tutto si sintetizza e si riconcilia, natura e uomo, scienza e poesia, romanticismo e verità. (da Antropologia del Paesaggio, Marsilio 2008) Di conseguenza può essere riconosciuto come paesaggio non solo un’area che si distingue per particolari caratteristiche naturali, estetiche, storico-artistiche, ma di fatto ogni territorio. Generalmente, il comune sentire e la tradizione culturale hanno fatto coincidere l’idea di paesaggio con quella di bel panorama, di veduta pregevole e piacevole, di vera e propria bellezza. Ciò corrisponde senz’altro a verità per molte zone d’Italia, ma allo stesso tempo rappresenta una visione parziale; in realtà qualsiasi spazio vissuto dall’uomo può essere interpretato come paesaggio e come tale va tutelato e valorizzato. E se non tutto il territorio italiano è costituito da paesaggi d’eccellenza, questo lo si deve imputare al fatto che non vengono attivati in modo corretto i meccanismi di tutela e le azioni di valorizzazione, che ne garantirebbero la salvaguardia e la bellezza nel tempo. In ogni caso il paesaggio è qualcosa di dinamico, in continua evoluzione, strettamente legato all’azione dell’uomo, il quale lo condiziona e dal quale ne viene al tempo stesso condizionato. Infatti, il paesaggio è origine ed elemento fondante dell’identità collettiva; in esso infatti si stratificano le azioni, le manifestazioni, gli eventi, naturali e umani, che si succedono nel corso del tempo. E se questo accumulo modella il territorio, definendone il paesaggio, conforma anche gli uomini che vi abitano, influenzandone le attività, lo stile di vita, la storia, la cultura: in altre parole l'identità. Questi concetti sono bene illustrati ancora una volta da Turri:
A paesaggi diversi corrispondono reazioni umane diverse. E poiché la somma dei comportamenti individuali orienta i comportamenti sociali, alla diversità dei paesaggi (…) corrisponde teoricamente la diversità delle culture e le loro varianti particolari. (…). Sia pure in misura diversa, tutte le culture esprimono o hanno espresso una certa totalità dell’immersione umana in un ambiente specifico, ripetendo nelle proprie opere e nelle proprie istituzioni il profondo peculiare adattamento all’ambiente locale. Ciò non solo nel senso di un adattamento materiale alle condizioni della morfologia, del clima, delle formazioni vegetali, ma anche come adesione spirituale, estetica, religiosa, indotta dal paesaggio e dalle sue forme, dai suoi messaggi. (da Antropologia del Paesaggio, Marsilio 2008) Il paesaggio quindi, costituendo un medium tra la popolazione e il suo territorio, offre un'importante e insostituibile opportunità per il riconoscimento delle peculiarità collettive definitesi in quel contesto, oltre che per la fruizione, lo sviluppo e la cura del territorio stesso. A seguito di queste considerazioni, diventa chiaro e cruciale l’impegno del FAI – Fondo Ambiente Italiano per la difesa e la tutela del paesaggio, che si concretizza su diversi fronti e a differenti livelli. Da un lato ciò si realizza mediante la gestione e il restauro di beni culturali e/o naturalistici che vengono donati o dati in gestione alla Fondazione perché li restituisca alla cittadinanza di oggi e di domani, in quanto beni comuni indispensabili per il mantenimento della principale ricchezza del nostro Paese, definibile in termini di cultura, natura, turismo, agricoltura, salute, bellezza. Attualmente tali Beni sono sparsi in tutta la Penisola: ville, castelli, giardini, parchi, monasteri, tratti di costa, luoghi di natura: veri e propri presidi di conservazione e valorizzazione delle risorse paesistiche e delle identità locali, del territorio e delle tradizioni.
Dall’altro lato, il FAI si impegna alla tutela e alla valorizzazione di tutto il patrimonio paesaggistico italiano, e proprio a tal fine la Fondazione è riconosciuta tra le Associazioni di tutela ambientale presso il Ministero dell’Ambiente della Tutela del Territorio e del Mare fin dal 1986. In forza di questo riconoscimento, il FAI ha il diritto e il dovere di partecipare, presentare osservazioni, fornire la propria opinione in merito a ogni argomento che in qualche modo possa avere un impatto - positivo o negativo - sull’ambiente e per questo sul paesaggio. In particolare, vengono seguiti attentamente alcuni iter legislativi regionali o nazionali per la presentazione a Istituzioni, Enti, Ministeri e Soprintendenze di osservazioni e proposte, grazie anche alla proficua collaborazione con le altre associazioni ambientaliste. Il FAI si impegna, altresì, a prendere nella dovuta considerazione le numerose segnalazioni che cittadini, Istituzioni e comitati rivolgono alla Fondazione per la denuncia delle più svariate problematiche ambientali (circa 450 segnalazioni all’anno). La difesa del paesaggio si persegue inoltre attraverso la sensibilizzazione della cittadinanza sul significato del paesaggio, sulla riscoperta dell’identità che in esso si riflette, sulla comprensione dei processi della gestione sostenibile delle risorse naturali e dei beni culturali, nonché attraverso l'educazione di tutti i cittadini, con una particolare attenzione ai giovani, per responsabilizzarli nei confronti del patrimonio culturale e ambientale. Per raggiungere questi obiettivi formativi il FAI promuove molteplici iniziative culturali e di sensibilizzazione, come per esempio la Giornata FAI di Primavera, in cui da ormai più di venti anni si aprono al pubblico luoghi d'arte e di natura normalmente inaccessibili, oppure la campagna de I Luoghi del cuore, attraverso la quale si
invitano i cittadini a segnalare i luoghi più amati con l'intento di sottrarli all'oblio e all'incuria.
Inoltre la Fondazione lancia specifiche proposte didattiche per gli studenti di tutti i livelli e ordini di scuola allo scopo di offrire una positiva integrazione sui temi dell’arte, della natura e del paesaggio e fornire strumenti innovativi e interdisciplinari per sostenere il lavoro scolastico di educazione ambientale, civile, alla legalità, come richiesto dai curricula e dalle Organizzazioni Mondiali (v. l’UNESCO che ha dedicato all’Educazione alla sostenibilità il Decennio 2005/2014) proponendo una metodologia incentrata sulla Pedagogia della scoperta e sul Fare scuola nel territorio. Fondamentale è infine il ruolo del FAI nel comunicare il paesaggio. Infatti, non trattandosi di una nozione puramente scientifica né di un concetto astratto, ma dipendendo in larga misura dalla nostra percezione e dalla nostra cultura, risulta di cruciale importanza risvegliare nei cittadini il legame con il territorio, il senso di appartenenza alla terra, la riscoperta del paesaggio. E questo
compito il FAI lo persegue divulgando concetti, diffondendo buoni esempi, stimolando la riflessione. Unicamente con questo impegno, perseguito con tenacia e creatività, si riuscirà a sviluppare il sentimento della responsabilità collettiva, indispensabile per garantire la salvaguardia e la bellezza del paesaggio italiano, “la cui eccezionalità e in un certo senso unicità risiedono nel fatto che esso costituisce l'espressione di una storia millenaria assolutamente unica dovuta alla posizione geografica, alla natura e all'unione di popoli diversi: una storia difficilmente replicabile altrove”. (Ilaria Borletti Buitoni, Per un'Italia possibile, Mondadori 2012)
LA LEGISLAZIONE ITALIANA RELATIVA ALLA TUTELA DEL PAESAGGIO: LE PRINCIPALI NORMATIVE E LA CONVENZIONE EUROPEA DEL PAESAGGIO A cura dell’Ufficio Scuola Educazione e Ufficio Ambiente e Paesaggio, FAI – Fondo Ambiente Italiano
La tutela del paesaggio è una necessità recente nella storia della produzione normativa in Italia, soprattutto se paragonata alla legislazione di tutela dei beni culturali che risale già al diritto romano. Fino a non molti anni fa la legislazione riguardava non il paesaggio in quanto tale, ma solo alcune sue componenti, rappresentate dal patrimonio storico, artistico e archeologico. Si è arrivati al riconoscimento e alla tutela del paesaggio attraverso svariati passi che partono da lontano. La necessità di conservare e proteggere il patrimonio culturale fu avvertita già nel quindicesimo secolo, cui risalgono le bolle papali dello Stato Pontificio, che governava la città di Roma, dove più che in ogni altro luogo erano presenti capolavori d’arte e testimonianze del glorioso passato. Qui si ebbero pertanto i primi interventi per impedire la distruzione delle ricchezze d’arte e dei reperti archeologici. Anche altri Stati pre-unitari emanarono norme al fine di tutelare le testimonianze dell'antichità e le espressioni artistiche. Ma è nel Novecento che lo Stato italiano promulgò delle leggi sulla tutela del patrimonio d'arte e natura e, più tardi, sul paesaggio.
Agli inizi del secolo il Parlamento approvò la prima legge nazionale di tutela delle belle arti, la legge n. 185 del 12 giugno 1902 (la cosiddetta legge Nasi). Con essa si stabilì l’inalienabilità degli oggetti d’arte dei comuni, delle province e degli enti ecclesiastici, pur ammettendo lo scambio d’opere d’arte con musei stranieri. La normativa si limitò ai monumenti, agli immobili e agli oggetti mobili che avessero sommo pregio d’antichità o d’arte, la cui tutela fu subordinata all’inventariazione. Quest’ultimo aspetto frenò la portata innovativa della legge che ebbe un’incisività ridotta rispetto alle attese del legislatore. Nel 1905 venne approvata una legge per la tutela della pineta di Ravenna, che fondava la necessità della tutela sulla storia del sito e sulle sue memorie e che potrebbe a buon diritto essere considerata la prima legge dello Stato italiano sul paesaggio. La legge 20 giugno 1909, n. 364, la cosiddetta legge Rosaldi, estese il raggio d’azione pubblica, rispetto alla legge Nasi, alle cose immobili e mobili che avessero interesse storico, archeologico e artistico, e puntualizzò meglio gli strumenti giuridici di protezione, controllo e appropriabilità pubblica del patrimonio, riconoscendo all’amministrazione ampi poteri sui privati e le cose d’arte in loro possesso. La successiva legge del 23 giugno 1912, n. 688, comprese tra i beni meritevoli di protezione anche le ville, i parchi e i giardini che avessero interesse storico o artistico. Questo può considerarsi il primo provvedimento estensivo di tutela del paesaggio nazionale. La normativa del tardo fascismo (legge Bottai 1 giugno 1939, n. 1089 sulle cose d’arte, e legge 29 giugno 1939, n. 1497 sulle bellezze
paesistiche) fu un ottimo esempio di legge a favore del patrimonio culturale e per la prima volta si nominarono le bellezze paesistiche. La normativa, di cui si fece promotore e garante il Ministro dell'Educazione Nazionale, Giuseppe Bottai, istituì un unico Consiglio nazionale dell’educazione delle scienze e delle arti, evidenziando l'indissolubile legame tra cultura e educazione, riordinò le Soprintendenze e rafforzò l'autorità dell'amministrazione centrale a coordinamento degli interessi pubblici, locali e generali, e di quelli privati. La legge sulla Protezione delle bellezze naturali incluse definitivamente il paesaggio nella definizione del patrimonio nazionale insieme ai beni culturali, sottolineando l’importanza del suo ruolo ai fini della determinazione dell’identità nazionale. La riforma Bottai, che rimase in vigore senza variazioni o adattamenti sino al 1999, denota una prospettiva ampia e articolata riguardo al ruolo delle cose culturali e alle bellezze paesistiche, che costituiscono il centro intorno a cui si costruisce e si raccoglie l'identità e l'unità di un popolo. Nel 1942 venne promulgata la prima e ancora unica legge nazionale di pianificazione urbanistica e territoriale. L’Italia è stato il primo paese al mondo a porre la tutela del paesaggio tra i principi fondamentali dello Stato. Nella Costituzione italiana del 1948, infatti, l’articolo 9 recita che la Repubblica “tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della nazione”. Non si deve mai dimenticare questo principio e la sua rilevanza, la Costituzione è infatti la prima e più importante fonte del nostro ordinamento e si pone gerarchicamente al di sopra di tutte le altre.
Nel 1975 venne istituito il Ministero per i Beni Culturali e Ambientali - il cui primo ministro fu Giovanni Spadolini - con il compito di affidare alla specifica competenza di un Ministero appositamente costituito la gestione del patrimonio culturale e dell'ambiente, al fine di assicurare la sua organica tutela sul piano interno e internazionale. Si rischiò tuttavia un certo isolamento del nuovo Ministero indipendente e del suo oggetto di competenza, in particolare dal Ministero della Pubblica Istruzione, fino allora particolarmente responsabile in materia. Con la nuova definizione del Ministero le “antichità e cose d'arte” diventano “Beni culturali”; tale cambiamento di linguaggio rende esplicita la nuova concezione per cui ciò che va tutelato ha un valore non solo culturale ma anche patrimoniale (“bene”). Il Ministero appena istituito raccolse le competenze e le funzioni in materia che erano prima del Ministero della Pubblica Istruzione (Antichità e Belle Arti, Accademie e Biblioteche), del Ministero degli Interni (Archivi di Stato) e della Presidenza del Consiglio dei Ministri (Discoteca di Stato, editoria libraria e diffusione della cultura). Al Ministero fu demandata esplicitamente la tutela del paesaggio. La legge Galasso del 1985 è la prima normativa organica per la tutela dei beni naturalistici e ambientali in Italia; amplia la tutela alle bellezze naturalistiche, classificate in base alle loro caratteristiche peculiari, suddividendole per classi morfologiche (fiumi, laghi, montagne, ghiacciai, boschi ecc.), e obbliga le Regioni a predisporre il piano paesistico. Nel 1986 con la legge 8 luglio 1986 n.349 viene istituito il Ministero dell’Ambiente e definito un elenco di associazioni di protezione ambientale a carattere nazionale che possono intervenire nei giudizi per danno ambientale e ricorrere in sede di giurisdizione
amministrativa per l’annullamento di atti illegittimi. Il FAI rientra in questa prima elencazione. La legge Bassanini (L. 15 marzo 1997 n. 59), pur prevedendo la “delega per il conferimento di funzioni e compiti alle Regioni e agli Enti Locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa”, ribadisce con chiarezza il compito di tutela dei beni culturali come proprio dello Stato. Con il decreto legislativo del 20 ottobre 1998 n. 368 viene ristrutturata l’amministrazione centrale dei beni culturali, con la nuova denominazione di Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Il termine “attività” è un indizio riguardo agli obiettivi del Ministero, nel senso dell'avvio di politiche volte alla promozione e alla valorizzazione, anche in termini gestionali ed economici, dei beni culturali nazionali. Nel 1999 si giunge al Testo Unico sui beni culturali e ambientali, con il decreto legislativo 490, che raggruppa tutta la legislazione che interessa i beni culturali, riformando le vecchie leggi del 1939. Si tratta di un corpo normativo finalizzato a riordinare, unificare e riorganizzare le sparse norme sui beni culturali, a semplificare i relativi procedimenti amministrativi e soprattutto a consolidare, aggiornandolo, l’impianto concettuale e giuridico alla base delle leggi del 1939. Nel 2000 gli stati membri del Consiglio d’Europa, quindi anche l'Italia, stipulano la Convenzione Europea per il Paesaggio che stabilisce che devono essere tutelati, gestiti e programmati tutti i paesaggi, oltre a quelli di particolare pregio, attraverso un nuovo legame tra territorio, governo e cittadini. Il paesaggio viene definito dalla Convenzione come “una determinata parte di territorio, così come è percepita
dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni” (art 1). Nel 2001 con la riforma del titolo V della Costituzione viene stabilito che la facoltà esclusiva di legiferare in materia di tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali è in capo allo Stato. Il motivo di questa scelta sta principalmente nella volontà di attribuire uniformità e omogeneità strategica all’azione di tutela su tutto il territorio nazionale. Alle Regioni viene invece attribuita la facoltà di intervenire con normative ad hoc per la valorizzazione dei beni culturali e ambientali e la promozione e organizzazione di attività culturali.
Nel 2004 il Codice dei beni culturali e del paesaggio, detto anche Codice Urbani dal nome dell'allora Ministro per i Beni e le Attività Culturali (D. LGS 22 gennaio 2004, n.42 e successive modifiche), aggiorna le politiche di governo del territorio e riconosce che il paesaggio (si riprende il termine usato nell'art. 9 della Costituzione, abbandonando quello di “bene ambientale”) è parte del patrimonio culturale da tutelare in quanto rappresenta “il territorio espressivo di identità, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali, umani e dalle loro interrelazioni” (articolo 131). Il codice persegue dunque il riconoscimento del carattere rigorosamente unitario della tutela del nostro patrimonio storico, artistico e paesaggistico. Il Decreto recepisce in parte la normativa precedente, in particolare la Legge Galasso ed i suoi vincoli. Il vero elemento innovativo del Codice consiste nella nuova concezione della pianificazione urbanistica che assume, successivamente alla redazione dei Piani Paesaggistici, un carattere di subordinazione rispetto alla pianificazione paesaggistica, dovendo
piegarsi ai vincoli di tutela imposti dai Piani Paesaggistici. L’innovazione nella concezione di questa norma non è purtroppo stata seguita da un lavoro di pianificazione efficace da parte di alcune Regioni rendendo inespresso l’impianto del Codice. Ancora oggi infatti, non tutte le Regioni dispongono di un Piano Paesaggistico. Sempre nel 2004 il decreto del Presidente della Repubblica dell'8 giugno 2004, n. 173, promulga il regolamento di organizzazione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali che prevede quattro dipartimenti, tra cui il Dipartimento per i beni culturali e paesaggistici, ''per rafforzare il concetto che la tutela di questi differenti tesori che formano il Bel Paese è un tutt'unico indivisibile”. Nel 2006 il decreto legislativo n. 152 del 3 aprile 2006 e s.m., detto Codice dell’Ambiente, integra e riordina la legislazione ambientale e recepisce le direttive europee in materia. Nel 2009 il decreto del Presidente della Repubblica n. 91 del 2 luglio presenta il nuovo regolamento di riorganizzazione del Ministero, introducendo significative innovazioni mirate a esaltare l’azione di tutela, valorizzazione e fruizione del patrimonio culturale nazionale e restituendo centralità alla salvaguardia del paesaggio nel contesto più generale delle belle arti. Tra le principali novità, infatti, vi è l’istituzione della Direzione Generale per il Paesaggio. 14 settembre 2012 – Viene approvato dal Consiglio dei Ministri il disegno di legge “Salva suolo” che pone un limite al consumo del suolo, bloccando l'avanzata del cemento, e promuove l'attività agricola, utile e necessaria per la gestione del territorio, il contenimento del rischio di dissesti idrogeologici e la difesa del paesaggio. Infatti la continua perdita di superficie agricola, che si è verificata incessantemente negli ultimi decenni, da una parte
impedisce al Paese di soddisfare il proprio fabbisogno alimentare, dall'altra ha profonde implicazioni ecologiche sulla capacità di rigenerazione delle risorse ambientali riproducibili, sulla stabilità e sicurezza del sistema idrogeologico, sui cambiamenti climatici troppo spesso fonte di eventi disastrosi e sull’aumento dei consumi energetici; infine modifica in modo irreversibile il paesaggio, così come si è strutturato nei secoli fino a diventare parte essenziale dell'identità italiana.
LA CONVENZIONE EUROPEA DEL PAESAGGIO A cura di Monica Morazzoni, docente Libera Università di Lingue e Comunicazione IULM
Che cos’è la Convenzione Europea del Paesaggio (CEP)? E’ uno strumento “giuridico” che racchiude un complesso di linee di orientamento per intervenire sul paesaggio nello spirito dello sviluppo sostenibile. Nel suo Preambolo si legge: “(…) gli Stati firmatari devono pervenire ad uno sviluppo sostenibile fondato su un rapporto equilibrato tra i bisogni sociali, l’attività economica e l’ambiente”. La CEP risponde, quindi, ad un disegno politico che mira all’affermazione di un nuovo approccio pubblico al tema del paesaggio su scala europea. Le disposizioni relative alla ripartizione delle competenze pubbliche si riferiscono ai principi di sussidiarietà1 e di autonomia locale, impegnando gli Stati a coinvolgere gli enti locali e regionali nella definizione e attuazione delle politiche del paesaggio. Il paesaggio diventa allora un elemento chiave del benessere individuale e sociale;
1
Principio di sussidiarietà: riconosciuto dal Trattato dell'Unione Europea di Maastricht, riguarda i rapporti tra Stato e società. Esso é un fondamentale principio di libertà e di democrazia, cardine della nostra concezione dello Stato. Il significato essenziale della sussidiarietà risiede nell'idea che una società, un'organizzazione o un'istituzione di ordine superiore a un'altra, non debba interferire nell'attività di quest'ultima, a essa inferiore, limitandola nelle sue competenze, ma deve piuttosto sostenerla in caso di necessità e aiutarla a coordinare la sua azione con quella delle altre componenti sociali, in vista del bene comune.
la sua salvaguardia, la sua gestione e la sua pianificazione comportano diritti e responsabilità per ciascun individuo. Ma che cos’è il paesaggio? Nell’articolo 1 della CEP viene definito come “una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni”. In quanto porzione di territorio, il paesaggio è una realtà materiale, tangibile, oggettivamente identificabile, costituita da un sistema territoriale bimodulare (ossia di elementi naturali ed elementi umani), identificabile nelle forme espresse dalle strutture territoriali; in quanto porzione di territorio percepita dalle popolazioni, la percezione del paesaggio avvia un processo di creazione di simboli e valori, che poi si riflettono nell’azione umana. Obiettivo della CEP è “promuovere la salvaguardia, la gestione e la pianificazione dei paesaggi e organizzare la cooperazione europea in questo campo” (articolo 3). Nella salvaguardia rientrano le “azioni di conservazione e di mantenimento degli aspetti significativi o caratteristici di un paesaggio, giustificate dal suo valore di patrimonio derivante dalla sua configurazione naturale e/o dal tipo di intervento umano” (Articolo 1d). La gestione è definita come l’insieme delle “azioni volte, in una prospettiva di sviluppo sostenibile, a garantire il governo del paesaggio al fine di orientare ed armonizzare le sue trasformazioni provocate dai processi di sviluppo sociali, economici ed ambientali” (Articolo 1e). La pianificazione comporta, infine, l’adozione di “azioni fortemente lungimiranti, volte alla valorizzazione, al ripristino o alla creazione di paesaggi” (Articolo 1f).
In definitiva, secondo la Convenzione, il paesaggio NON può esistere ed essere tutelato al di fuori di un PROCESSO PERCETTIVO e PARTECIPATO da parte delle popolazioni, con riferimento ai luoghi della loro vita quotidiana, come si ribadisce nell’Articolo 5a secondo cui gli Stati devono “riconoscere il paesaggio in quanto componente essenziale del contesto di vita delle popolazioni, espressione della diversità del loro comune patrimonio culturale e naturale e fondamento della loro identità”. In Italia la Convenzione Europea del Paesaggio viene ratifica con Legge 14/2006, ratifica preceduta dal Decreto Legislativo 42/2004 conosciuto come “Codice dei beni culturali e del paesaggio”. In esso si definisce il paesaggio come “parti di territorio i cui caratteri distintivi derivano dalla natura, dalla storia umana e dalle reciproche interrelazioni” (Articolo 131) e si sottolinea il ruolo imprescindibile della cooperazione tra le amministrazioni pubbliche al fine di pervenire ad “una definizione congiunta degli indirizzi e criteri riguardanti le attività di tutela, pianificazione, recupero, riqualificazione e valorizzazione del paesaggio e di gestione dei relativi interventi” (Articolo 132).
COM’E’ CAMBIATO IL CONCETTO DI PAESAGGIO DOPO LA CONVENZIONE EUROPEA A cura di Luca Peyronel, Sara Ferrari, Simona Moretti - Docenti Libera Università di Lingue e Comunicazione IULM
La Convenzione Europea del Paesaggio (CEP) – emanata nel 2000 a Firenze dagli stati membri del Consiglio d’Europa ed entrata in vigore in Italia nel 2006 – è oggi un punto di riferimento imprescindibile per tutti coloro che, a vario titolo, si occupano di paesaggio. La svolta segnata in materia da questo documento è evidente già dalla definizione stessa del concetto di paesaggio, quale “una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni” (CEP, art. 1). Nella Convenzione, dunque, il paesaggio ha una natura “relazionale”: esso infatti trae il suo senso non soltanto dagli elementi – naturali e umani – che lo compongono, ma anche dalle relazioni fra questi e, soprattutto, dal modo in cui le popolazioni percepiscono tali dinamiche, attribuendo al paesaggio significati e valori. La Convenzione, dunque, considera giustamente il paesaggio come risultato dell’interazione tra due aspetti: quello oggettivo (come il territorio o l’ambiente), e quello soggettivo (ad esempio il paesaggio inteso come stato d’animo). Appare, dunque, lontana la concezione puramente estetica di paesaggio che aveva prodotto, in passato, iniziative legislative interessanti, come la L. 1497 del 29 giugno 1939 sulla Protezione delle bellezze naturali e panoramiche, che insieme alla L. 1089 del 1 giugno 1939 sulla Protezione delle cose d’interesse storico-artistico, ha permesso di proteggere e salvare alcune aree del nostro paese. Obiettivo principale della legge del 1939 era basato sulla
“eccezionalità” dei luoghi anche se l’importanza del paesaggio emerge, fin dal 1946, quando viene indicata come campo di tutela nell’art. 9 della Costituzione della Repubblica Italiana. La legislazione ha una sua evoluzione nel 1975 con la legge n. 382 e, dieci anni dopo, nel 1985 con la L. 431, nota come legge Galasso, che ha significativamente esteso le indicazioni di tutela per le aree di interesse ambientale e paesaggistico, prendendo atto di una evoluzione del concetto di paesaggio legato al complesso delle protezioni ambientali (aree protette, inquinamento acustico, difesa idraulica ed idrogeologica, assetto del territorio ecc.) ed estendendolo a vaste aree del territorio nazionale e superando la protezione circoscritta ad ambienti eccezionali. Siamo dunque passati da una concezione estetica, statica e quasi contemplativa del paesaggio ad una concezione strutturale e dinamica del paesaggio. Nella prima comparivano esclusivamente le categorie della conservazione e della protezione dei siti, nella seconda accanto ai concetti di conservazione e protezione, troviamo quelli di valorizzazione, ripristino, progettazione e pianificazione. L’accento posto dalla Convenzione Europea del Paesaggio sulla dimensione percettiva insita nel concetto di paesaggio ha come prima conseguenza quella di mettere in chiaro come questo si distingua da altri “oggetti geografici”, il territorio in primis: se questo infatti è sede di dinamiche naturali e antropiche, il paesaggio è la percezione di tali dinamiche da parte delle popolazioni che lo abitano e la sua esistenza non è data se non attraverso lo sguardo di queste. Per questa ragione esiste uno stretto legame fra il paesaggio e i soggetti (individuali e collettivi) che ad esso si rapportano, trovandovi lo sfondo della propria esistenza. Ma il rapporto tra popolazioni (“people” nel testo originale inglese) e paesaggio non si
limita a questo: esso non è soltanto oggetto della percezione degli uomini e sfondo delle loro azioni, è una realtà viva che da tali azioni viene incessantemente modificata, assumendo perciò caratteristiche sempre diverse e sempre nuovi significati. In questo senso, perciò, il paesaggio può essere considerato espressione della cultura locale, materiale e immateriale, in quanto la sua costruzione è guidata dai meccanismi economici e dai valori socio-culturali che governano l’agire di una certa società e dall’universo di segni e simboli cui essa conferisce un senso. Allo stesso tempo, proprio perché esso si fa specchio delle interrelazioni fra una popolazione e il territorio in cui è insediata, diventa elemento di identità culturale per coloro che vi abitano e che in esso ritrovano parte di sé. Questa “doppia dimensione” del paesaggio – prodotto e sfondo dell’azione sociale – richiama alla mente la metafora di Eugenio Turri del paesaggio come “teatro”, in cui individui e popolazioni sono attori che recitano le loro storie, ma anche spettatori che guardano gli effetti del loro agire, specchiandosi in esso. Guardare al paesaggio in questi termini significa pertanto considerarlo prodotto sociale e culturale che parla della e alla società che lo vive e lo trasforma, interagendo con il proprio ambiente di vita: ne discende che, in quanto frutto di tali interazioni, esso si trovi ovunque e non soltanto in “certi luoghi”. Questo è infatti un altro elemento di innovazione della Convenzione: all’articolo 2 viene infatti precisato che essa “si applica a tutto il territorio e riguarda gli spazi naturali, rurali, urbani e periurbani. Essa comprende i paesaggi terrestri, le acque interne e marine. Concerne sia i paesaggi che possono essere considerati eccezionali, sia i paesaggi della vita quotidiana sia i paesaggi degradati”. La Convenzione, dunque, estende il concetto di paesaggio a tutto il territorio, assegnando a tutti i paesaggi valore culturale, a prescindere dalle loro caratteristiche, e rompendo i confini entro cui
il concetto viene solitamente collocato – quale oggetto di eccezionale pregio naturale e/o culturale da proteggere e tutelare. Nel paesaggio sono dunque individuabili i mutamenti sociali, il modificarsi dei modi dell’abitare, di produzione, delle forme urbane, delle attività economiche. Il paesaggio non è solo una somma di sensazioni, è anche un campo di conoscenza, un’intera civiltà. Ogni società, infatti, organizza in modo unico e peculiare il proprio territorio e ne rende evidenti le sue specificità. Leggere un paesaggio significa, quindi, comprendere le varie forme di azione della cultura che l’hanno generato e cogliere la logica che soggiace al suo sviluppo. Ogni cultura instaura un rapporto con la natura, creando luoghi con specifici caratteri; luoghi che divengono di conseguenza lo specchio della storia e della società che li ha creati. Un paesaggio, pertanto, è il prodotto di una determinata cultura, in un determinato luogo; è lo spazio dove si legge il mondo nella sua complessità e si coagulano il nostro passato e il nostro presente da trasmettere alle generazioni future.
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE SULLA DIMENSIONE STORICA DEL PAESAGGIO
Mazzantini, R.C., Natura e cultura nel paesaggio italiano, Edizioni Unicopli, Milano 2012;
Settis, S., Paesaggio Costituzione cemento. La battaglia per l’ambiente contro il degrado civile, Einaudi, Torino 2010;
Tosco, C., Il paesaggio come storia, il Mulino, Bologna 2007;
Turri, E., Il paesaggio come teatro: dal territorio vissuto al territorio rappresentato, Marsilio, Venezia 1998;
PDF Convenzione Europea del Paesaggio scaricabile al seguente
link
del
MIBAC:
http://www.darc.beniculturali.it/ita/paesaggio/convenzione.h tm