I luoghi del lavoro: LE FABBRICHE

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INDICE •Definizione •Chi studia le fabbriche •Esempi di trasformazione del paesaggio •Storia delle fabbriche •L’estetica delle fabbriche •L’Italia del boom economico •Esempi di fabbriche italiane tra gli anni ’50 e ’60 •Le fabbriche “giardino” •Il futuro delle fabbriche

La lente di ingrandimento ti segnala un altro approfondimento che potrebbe interessarti I termini in rosso sono spiegati nel GLOSSARIO


LE FABBRICHE - DEFINIZIONE

Per fabbrica intendiamo l’insieme degli edifici che sono destinati alla produzione industriale, cioè alla trasformazione di materie prime in prodotti. Fondato, secondo la tradizione, nel 1104, l’arsenale di Venezia può essere considerato uno dei primi esempi di industria italiana, arrivando a impiegare circa 16.000 uomini. Per le fonti dell’epoca, gli arsenalotti, cioè gli operai che lavoravano all’arsenale, erano in grado di completare una nave da guerra in una sola giornata di lavoro. Canaletto, Ingresso dell’Arsenale di Venezia, 1732, Collezione privata.


CHI STUDIA LE FABBRICHE La disciplina che studia le testimonianze della produzione industriale si chiama archeologia industriale: nasce negli anni Cinquanta in Inghilterra con il proposito di riscoprire sul territorio le fabbriche con le infrastrutture ad esse collegate (ponti, strade, villaggi operai) che dal Settecento a oggi hanno contribuito alla trasformazione del paesaggio.

A destra: cartolina del 1912 con una veduta delle acciaierie di Terni. In alto: le acciaierie oggi.


ESEMPI DI TRASFORMAZIONE DEL PAESAGGIO La rivoluzione industriale alla fine del ‘700 ha fortemente modificato il territorio sul quale venivano impiantate le fabbriche: se da un lato interventi programmati e strutturati hanno permesso una crescita organizzata e ordinata delle città, in molti altri casi l’assenza di pianificazione ha portato alla nascita di periferie spesso sovraffollate, prive di servizi e dalle forti problematiche sociali.

Veduta del villaggio operaio di Crespi d’Adda (BG) costruito alla fine dell’Ottocento attorno alla fabbrica tessile Crespi. Il villaggio è dotato di ogni servizio: dalla scuola per i figli degli operai, all’ospedale, alla chiesa. È entrato nella Lista del patrimonio mondiale dell’UNESCO.

M. Sironi, Periferia Urbana, 1921, Villa Necchi Campiglio (MI). Atmosfere cupe, spazi desolati, dove la presenza dell’uomo è ridotta al minimo, in un clima di solitudine e straniamento: questa è la percezione dell’artista nei confronti della nuova città urbana e industriale.


STORIA DELLE FABBRICHE: LE PROTOINDUSTRIE

V. Van Gogh, Tessitore al telaio, 1884, Otterlo, Rijksmuseum KrĂśller-MĂźller.

Le prime industrie, o protoindustrie, si svilupparono soprattutto tra Seicento e Settecento nel campo tessile ed erano a domicilio: il mercante imprenditore acquistava materie prime e le faceva trasferire a casa dei lavoratori. A prodotto finito, il mercante-imprenditore ritirava la merce e si occupava della vendita. Durante la fase protoindustriale venivano sfruttati soprattutto i lavoratori provenienti dalle campagne, che erano disposti ad accettare compensi molto bassi.


STORIA DELLE FABBRICHE LA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE Nel Settecento, in seguito alle rapide scoperte tecnologiche e all’invenzione di nuove macchine, tra cui la macchina a vapore, i vecchi metodi artigianali vennero abbandonati: i lavoratori dalle campagne si spostarono nelle città, popolando i quartieri attorno alle fabbriche, le nuove sedi della produzione industriale. La prima applicazione della forza del vapore si può far risalire all’invenzione di Denis Papin, che nel 1679 brevettò la pentola a pressione.

Le sue successive applicazioni vennero perfezionate nel Settecento, quando le macchine alimentate a vapore modernizzarono diversi settori industriali, tra cui il tessile, il metallurgico, l’estrattivo, dei trasporti… Nel 1818 salpò il primo battello a vapore italiano. Autore ignoto, Il primo battello a vapore d'Italia, Ferdinando I di Napoli, Museo Nazionale di San Martino, Napoli.


Ecco un esempio di attività di trattura della seta, in una filanda lombarda che utilizzava la macchina a vapore.

STORIA DELLE FABBRICHE UN ESEMPIO DI FABBRICA OTTOCENTESCA

Le operaie staccavano dal bozzolo il filo di seta, dopo averlo immerso in acqua calda, mantenuta a temperatura costante da una caldaia a vapore. Il filo veniva quindi arrotolato sugli aspi, tenuti in movimento simultaneo grazie alla forza motrice dell’acqua. In queste prime industrie era fondamentale la vicinanza a un corso d’acqua, che assicurava il funzionamento delle macchine (vedi il testo sui MULINI).

G. Migliara, Filanda a vapore Mylius di Boffalora (MI), 1828, Collezione privata.


L’ESTETICA DELLE FABBRICHE Sin dall’inizio le fabbriche hanno cercato di curare non solo l’aspetto funzionale, ma anche quello estetico: le filande, ad esempio, erano contraddistinte da un’aula unica, con grandi finestre e il soffitto coperto a capriate, e un frontone decorato, che rispettava le norme di simmetria del periodo neoclassico. Filanda Felolo Mejani di Brivio (LC) Finestre con arco a sesto acuto abbellite da cornici in pietra. Finto rivestimento in pietra su tutto il piano terra.

Un altro esempio è la filanda Galli a Belangero (CN), che era impreziosita da affreschi che rappresentavano il ciclo della seta. Spesso accanto alla filanda vi erano un edificio per il culto, le abitazioni del padrone e quelle delle lavoranti.


L’ESTETICA DELLE FABBRICHE Anche le officine metalmeccaniche spesso erano caratterizzate da grandi aule aperte con capriate metalliche e file di colonne in ghisa o ferro: a volte erano abbellite da capitelli o zoccoli di raccordo con il pavimento. Le strutture in ferro erano poi “riempite” da grandi finestre in vetro. L’architettura in ghisa, ferro e vetro è tipica del XIX secolo e si diffonde anche in altre tipologie di edifici come… … GALLERIE ... Galleria Mazzini di Genova (1870-1880) … MERCATI COPERTI, STAZIONI … … PONTI … Ponte Ferdinandeo sul fiume Garigliano (1832), che divide la provincia di Caserta da quella di Latina. Fu il primo ponte sospeso in ferro costruito in Italia e secondo in Europa.

I luoghi del commercio Stazioni, porti, aeroporti


L’ESTETICA DELLE FABBRICHE Proprio tra Ottocento e Novecento si diffonde in tutta Europa lo stile liberty o floreale, che usa ampiamente i nuovi materiali quali il ferro e la ghisa e, con le sue linee elaborate e le sue decorazioni ispirate alla natura, viene applicato in vari campi dell’attività umana, come l’architettura (anche industriale) e il design. Il liberty è lo stile legato alla nuova ed emergente borghesia industriale e raggiunge i maggiori centri europei attraverso le Esposizioni Universali.

In alto: esempi di decorazioni liberty della Birreria Poretti a Induno Olona (VA) A destra: decorazioni floreali e cancellata in ferro battuto nel primo stabilimento FIAT a San Salvario (TO)


L’ESTETICA DELLE FABBRICHE Nell’Italia post-unitaria si accresce il ruolo dell’ingegnere-architetto nella progettazione di fabbriche che contribuirono al processo di trasformazione territoriale dell’intero paese, complice anche la nascita delle università tecniche, come il Politecnico di Milano (1863) e di Torino (1906), che videro come docenti diverse personalità illustri quali Piero Portaluppi e Gaetano Moretti. PIERO PORTALUPPI Centrale idroelettrica Ettore Conti di Verampio Crodo (VB), 1912-1914

L’edificio “nasconde” la sua funzione: le centrali sembrano palazzi, fortezze, castelli con le torri…

L’architettura è grandiosa e potente e si staglia nella vallata: rappresenta la grandezza dell’industria elettrica come simbolo del mondo moderno.


L’ESTETICA DELLE FABBRICHE

L’energia delle nostre cascate alpine, imprigionata nelle lunghe tubazioni, pulsante nelle poderose turbine magicamente trasformata in elettricità negli alternatori, questa energia noi l’abbiamo sognata mentre percorreva le vie segnate dal genio umano, lungo le reti di sottili conduttori e l’abbiamo poi vista, fata benefica, diventare luce, lavoro, calore, nelle borgate, nelle città popolose a mutarvi profondamente le condizioni dell’esistenza. Ettore Conti, da una conferenza tenuta a Milano nel 1924.

Ettore Conti ingegnere e italiano.

(1871-1972), imprenditore


GAETANO MORETTI Centrale idroelettrica Taccani di Trazzo sull’Adda (MI), 1906

L’ESTETICA DELLE FABBRICHE

Questa centrale è proprietà dell’ENEL e tuttora funzionante. Lo stile dell’edificio è moderno, ma si sposa perfettamente con l’ambiente circostante, in particolar modo con il castello medioevale situato appena al di sopra, grazie ad alcuni dettagli decorativi come le merlature. Il materiale utilizzato per il rivestimento è il ceppo d’Adda, pietra tipica della zona.

Castello visconteo Centrale elettrica


L’ITALIA DEL BOOM ECONOMICO Un grande impulso nella costruzione di nuove fabbriche si collocò tra gli anni Cinquanta e Settanta, nel periodo del ”boom economico”, un periodo di forte crescita e sviluppo tecnologico, che portò anche a una radicale trasformazione degli stili di vita degli italiani, grazie alla diffusione di beni di consumo, come lavatrici, frigoriferi, automobili, televisori… Di fondamentale importanza nel periodo della ricostruzione fu l’IRI, l’Istituto di Ricostruzione Industriale, istituito nel 1933 per far fronte alla crisi bancaria ed economica di quel periodo. Negli anni Sessanta fu il promotore di grandi progetti per lo sviluppo produttivo e economico del Paese, come gli stabilimenti dell’Italsider di Taranto e dell’Alfa sud di Pomigliano d’Arco (NA).

Alfasud giardinetta del 1972


ESEMPI DI FABBRICHE ITALIANE TRA GLI ANNI ’50 E ‘60 Anche negli anni ’50 e ’60 architetti e ingegneri operarono al servizio dell’industria per creare soluzioni non solo funzionali alla produzione, ma anche innovative nelle forme e nello stile. AREA EX MONTECATINI A PORTO RECANATI (MC) La Montecatini è un’azienda storica italiana nata nel 1888, specializzata nella produzione di prodotti chimici, come i fertilizzanti. Negli anni Cinquanta iniziò la collaborazione con Giulio Natta (premio Nobel per la chimica nel 1963), grazie al quale diede il via alla produzione del propilene. Tutto quello che rimane dello stabilimento Montecatini di Porto Recanati è un magazzino per i materiali, realizzato negli anni Cinquanta, attribuito al brillante architetto “artista del cemento” Pier Luigi Nervi. La struttura è composta da una serie di archi autoportanti dell’altezza di 18 metri, tenuti insieme da elementi trasversali sui cui poggiava la copertura originale. L’edificio rivela una particolare attenzione alla forma, che è simmetrica, omogenea e compatta.


ESEMPI DI FABBRICHE ITALIANE TRA GLI ANNI ’50 E ‘60 FABBRICA DI CERAMICHE ARTISTICHE SOLIMENE DI VIETRI (SA) La fabbrica Solimene opera a Vietri sul mare dal 1947 e ancora oggi ha sede nell’edificio progettato nel 1951 dall’architetto Paolo Soleri.

La fabbrica rappresenta un esempio singolare e innovativo di architettura per il lavoro per l’impresa artigianale. La facciata dell’edificio presenta un rivestimento di cotto rosso e verde, dalla linea movimentata tipica dell’architettura ispirata al catalano Antonì Gaudì. E’ uno dei pochi progetti realizzati in Italia dall’architetto torinese Paolo Soleri, che operò soprattutto in America, sviluppando il concetto di arcologia, cioè architettura+ecologia.


ESEMPI DI FABBRICHE ITALIANE TRA GLI ANNI ’50 E ‘60 STABILIMENTO OLIVETTI DI POZZUOLI (NA) La fabbrica Olivetti, fondata nel 1908 a Ivrea, è stata una delle aziende più importanti al mondo nel campo delle macchine da scrivere, da calcolo e dell’elettronica.

Lo stabilimento, progettato dall’architetto napoletano Luigi Cosenza, venne inaugurato nel 1955. L’andamento della fabbrica è lineare per assecondare le esigenze del ciclo produttivo; gli interni hanno colori ispirati agli scavi archeologici dell’area vesuviana e grandi aperture per creare atmosfere di lavoro luminose e solari. La fabbrica è immersa nel verde e si affaccia sul golfo partenopeo e ora ospita una sede del CNR e alcuni dipartimenti dell’Università. La “Lettera 22” è uno dei prodotti più noti dell’Olivetti, fabbrica portata a livello internazionale grazie alla figura di Adriano Olivetti (1901-1960), che cercò sempre di curare, oltre agli affari, anche il benessere dei propri dipendenti, creando un equilibrio tra solidarietà sociale e profitto.


LE “FABBRICHE GIARDINO” A partire dall’esempio dell’Olivetti a Pozzuoli molte altre fabbriche iniziarono a sviluppare il “verde industriale” in Italia: negli anni Sessanta e Settanta lo spazio verde diventò una sezione fondamentale nella progettazione della fabbrica, affidata ad architetti e designer specializzati, come Pietro Porcinai. PIETRO PORCINAI Giardini del Lanificio Zegna di Trivero (Vc), 1960-64

Pietro Porcinai, figlio di un giardiniere esperto, è stato un “professionista del paesaggio” e ha saputo coniugare la tradizione del paesaggio italiano con la progettazione al servizio dell’architettura: tra i suoi lavori (che comprendono anche la già citata Olivetti di Pozzuoli), ricordiamo la sistemazione dei giardini della Perugina nel capoluogo umbro, dell’ENI a Roma e San Donato Milanese e del lanificio Zegna di Trivero.


IL FUTURO DELLE FABBRICHE Dagli anni Ottanta l’Italia, così come molte regioni europee (ad esempio il bacino della Ruhr in Germania, Manchester in Inghilterra), ha subito un processo di deindustrializzazione, che ha portato allo smantellamento di grandi stabilimenti industriali e alla loro progressiva riconversione. Il recupero di aree industriali dismesse ha dato vita a nuovi scenari: vecchie fabbriche si sono trasformate in uffici, università, spazi culturali… CITTÁ DELLA SCIENZA Napoli, 1996, riqualificazione degli stabilimenti dell’ex Italsider (oggi ILVA)

Un perfetto esempio di riqualificazione di un’area industriale dismessa è stata la Città della Scienza di Bagnoli (Napoli), andata quasi totalmente distrutta in un incendio nel marzo 2013. Il complesso era tra i più all’avanguardia in Italia nella divulgazione scientifica e vantava al suo interno un museo interattivo, un planetario e una sezione didattica riservata ai più piccoli; un’area era invece dedicata alla formazione e allo sviluppo territoriale. Nel 2005 venne premiata come miglior museo scientifico europeo (premio Micheletti).


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