Javier Bardem. Biutifulactor

Page 1

copertina bardem:Layout 1 14/11/11 15.05 Pagina 1

biutifulactor JAVIERBARDEM

JAVIERBARDEM

biutifulactor

Davide Mazzocco, 36 anni, è nato e vive a Torino. Giornalista e fotografo è redattore del sito “Quotidiano Piemontese” nel quale si occupa di cronaca, cultura e spettacoli. Collaboratore delle riviste “Alp”, “Slow Food” e “Narcomafie”, ha scritto per i quotidiani “l’Unità” e “L’Adige”. Scrive per il teatro e colleziona colli alpini in sella alla sua inseparabile bicicletta. Folgorato da “Sur un arbre perché” di Serge Korber nell’estate dei suoi cinque anni, da allora ha visto migliaia di film con una predilezione per il cinema d’autore francese, quello statunitense degli anni Settanta, la commedia all’italiana e i noir. Javier Bardem. Biutifulactor è il suo primo libro di cinema.

Davide Mazzocco

Che cosa significa, oggi, essere un attore? La risposta sembra darla, semplicemente con la propria carriera, Javier Bardem. La recitazione è il liquido amniotico in cui ha nuotato sin dall’infanzia, circondato da una dinastia di uomini e donne di cinema che hanno fatto la storia della settima arte in terra di Spagna. Eppure, nonostante questo background “genetico”, nonostante i riconoscimenti ottenuti ad ogni latitudine, mai e poi mai sentirete parlare questo attore di talento. Bardem preferisce associare i propri successi al lavoro e alla dedizione. Come i suoi grandi predecessori cresciuti a pane e Lee Strasberg, egli possiede la duttilità, la coordinazione, il carisma, il senso dello spazio e il coraggio per cedere, alternativamente, il monopolio della propria performance al corpo o all’orizzonte psicologico. Le cinque ore di trucco quotidiane necessarie per essere Ramón Sampedro e il raggiungimento dell’inquietante monoespressività di Anton Chigurh, i ritmi stakanovistici necessari per diventare Reinaldo Arenas e il grande lavoro preparatorio per incarnare il David di “Carne tremula” sono il paradigma della sua capacità di condurre a livelli di eccellenza la rappresentazione sia da un punto di vista fisico che da un punto di vista psicologico. Perché “un attore ha l’obbligo di sentire le cose, non solo di conoscerle” racconta l’attore in un’intervista. In una commedia di Woody Allen o in un dramma senza via d’uscita di Alejandro González Iñárritu, in un noir di Joel ed Ethan Coen o in un biopic di Alejandro Amenábar il suo approccio al personaggio viene costantemente regolato da due forze apparentemente divergenti: la millimetrica meticolosità della preparazione e l’estrema naturalezza dell’interpretazione. Dai primi ruoli nei film di Bigas Luna e Pedro Almodóvar ai recenti successi hollywoodiani, questo libro racconta vent’anni di cinema nei quali l’attore spagnolo è diventato un punto di riferimento per tutti coloro che lavorano davanti alla macchina da presa. Molto più che un semplice interprete dei sogni e delle vite altrui, Bardem si scopre, film dopo film, un teorico dell’arte della recitazione, un inesauribile esploratore dei limiti della rappresentazione scenica, un uomo instancabilmente innamorato del proprio mestiere.

biutifulactor JAVIERBARDEM Davide Mazzocco

Davide Mazzocco

ISBN: 978-8889782767

€ 19.00

EDIZIONI

www.falsopiano.com/bardem.htm EDIZIONI

FALSOPIANO

FALSOPIANO


bardem:linklater 14/11/11 15.10 Pagina 1

FALSOPIANO

CINEMA


bardem:linklater 14/11/11 15.10 Pagina 2


bardem:linklater 14/11/11 15.10 Pagina 3


bardem:linklater 14/11/11 15.10 Pagina 5

EDIZIONI

FALSOPIANO

Davide Mazzocco

biutifulactor

JAVIERBARDEM


bardem:linklater 14/11/11 15.10 Pagina 6

Ringraziamenti A Paula, sol nascido no ocidente. A Marco Casa, perché l’idea di questo libro è nata in una delle nostre innumerevoli fertili conversazioni. A mio padre Pierluigi, Alejandro de la Fuente e Angelo Castrovilli per il supporto logistico e per la preziosa fornitura di materiale video. Ai miei amici Giovanni e Dario coi quali ho condiviso la visione di tanti film dai tredici anni in su. A Davide e Roberto che sono saliti sulla mia barca quando era ancora una zattera.

In copertina: Javier Bardem in una scena di Non è un paese per vecchi (No Country for Old Men, di Ethan e Joel Coen, 2007)

© Edizioni Falsopiano - 2011 via Bobbio, 14/b 15100 - ALESSANDRIA www.falsopiano.com Per le immagini, copyright dei relativi detentori Progetto grafico e impaginazione: Daniele Allegri e Roberto Dagostini Prima edizione - Dicembre 2011


bardem:linklater 14/11/11 15.10 Pagina 7

INDICE

Biutifulactor. Il mestiere dell’attore secondo Javier Bardem

p. 9

«È un attore drammatico»

p. 14

Nel segno dell’eros

p. 25

Fuga dai cliché fra noir e commedia

p. 41

Le sfide del corpo da Carne tremula a Prima che sia notte

p. 65

Le sfide del corpo da Prima che sia notte a Mare dentro

p. 101

Alla conquista di Hollywood

p. 133

Dall’Oscar a 007, gli anni della fama globale

p. 157

Filmografia essenziale

p. 181

I premi e le nomination

p. 195


bardem:linklater 14/11/11 15.10 Pagina 8

8


bardem:linklater 14/11/11 15.10 Pagina 9

BIUTIFULACTOR Il mestiere dell’attore secondo Javier Bardem Che cosa significa essere un attore nel terzo millennio? C’è un professionista che più di tutti gli altri sembra poter rispondere, con la propria carriera, a questa domanda. Si chiama Javier Bardem. La recitazione è il liquido amniotico in cui ha nuotato sin dall’infanzia, circondato da una dinastia di uomini e donne di cinema che hanno fatto la storia della settima arte in terra di Spagna. Eppure, nonostante questo background “genetico”, nonostante i riconoscimenti ottenuti ad ogni latitudine, mai e poi mai sentirete parlare questo attore di talento. Bardem preferisce associare i propri successi al lavoro e alla dedizione. Come i grandi attori cresciuti a pane e Lee Strasberg (Marlon Brando, Al Pacino ma soprattutto Robert De Niro) Bardem possiede la duttilità, la coordinazione, il carisma, il senso dello spazio e il coraggio per cedere, alternativamente, il monopolio della propria performance al corpo o all’orizzonte psicologico. Nel primo caso - prevalente nella sua carriera - il corpo diventa uno strumento per esplorare i limiti della recitazione. Quasi vi fosse nel percorso delle sue scelte professionali una reminescenza del passato di sportivo, Bardem sembra affrontare ogni nuova sfida professionale come un cartografo che debba definire i confini di un nuovo territorio. Ciò che è stato fatto da Werner Herzog, esploratore dei limiti “fisici” della regia, viene tentato da Bardem in campo attoriale. Quali sono i confini che può toccare un attore? Dove si può spingere il corpo dell’attore? Le cinque ore di trucco quotidiane necessarie per essere Ramón Sampedro e il raggiungimento dell’inquietante monoespressività di Anton Chigurh sono i mezzi per “accordare” lo strumento-corpo in modo da produrre un risultato unico e irripetibile. Questi due ruoli sono il paradigma della capacità di Bardem di condurre il binomio corpo-psicologia a livelli 9


bardem:linklater 14/11/11 15.10 Pagina 10

di perfezione raramente raggiungibili. La commozione priva di ricatti morali suscitata dal primo e la paura scatenata dalla fredda e amorale missione omicida del secondo giocano su un registro di sottrazione che sembrerebbe estraneo al titanismo del ruolo. È proprio su questi presupposti che si fonda la maturità di attore di Bardem. In Non è un paese per vecchi (No country for old men, 2007), Chigurh fa paura ma è una paura diversa da quella che suscitava il Jack Torrance di Shining. Laddove Jack Nicholson eccedeva, Bardem trattiene. E il resto lo fanno le scelte registiche dei fratelli Coen con la loro geniale intuizione di far avvenire gli omicidi di Llewelyn e Carla Jean Moss (Josh Brolin e Kelly McDonald) fuori scena quasi a voler avvicinare il loro capolavoro postmoderno alla tragedia greca, con tanto di Ed Tom Bell (Tommy Le Jones) nel ruolo di coro. Pur dando il meglio in film che lo vedono giocare sul suo straordinario trasformismo e sulla sua esuberante fisicità, Bardem sa, altrove, costruire raffinate psicologie, in piccoli film a basso costo che diventano casi cinematografici grazie alla sua capacità di far brillare di luce riflessa anche chi gli sta attorno. Raccontare la sua storia di attore richiede un esercizio piuttosto inconsueto nella pubblicistica cinematografica, molto spesso concentrata sui registi più che sugli interpreti: quello di esaminare come il suo stile di recitazione sia cambiato dalle prime prove sotto la regia di Bigas Luna ai successi hollywoodiani. Perché se si possono enucleare fasi della carriera per gli autori, il medesimo approccio può semplificare lo scandaglio di un percorso attoriale. Il Bardem che debutta in ruoli molto fisici e sensuali, si misura successivamente con il noir e la commedia, per poi intraprendere una fase di estenuante sperimentazione sui limiti del corpo dell’attore che inizia con Carne tremula (1997) di Pedro Almodóvar e si conclude con Mare dentro (Mar adentro, 2004) di Alejandro Amenábar. La quarta fase vede l’attore confrontarsi con la macchina hollywoodiana pur mantenendo una propria 10


bardem:linklater 14/11/11 15.10 Pagina 11

autonomia stilistica. La quinta è in corso d’opera: dopo l’Oscar del 2008 Bardem diventa uno degli attori più richiesti a livello globale: questo gli permette di operare scelte molto eterogenee che vanno da film che si calano in profondità nella realtà contemporanea come Biutiful (2010) di Alejandro González Iñárritu a megaproduzioni seriali come il ventitreesimo capitolo della saga di James Bond che lo vedrà interpretare il ruolo del villain. La sua capacità di mettersi in gioco con umiltà, di ridiscutere le coordinate del proprio mestiere in ogni avventura professionale e di relazionarsi in maniera paritetica e aperta coi colleghi semplificano non solo lo sforzo dei registi ma anche quello degli spettatori. Come? La recitazione di Bardem non è cerebrale. Nella maggior parte dei casi la sua bravura si sente prima nella pancia che nella testa. Quando ci si documenta sugli sforzi che ha compiuto per entrare nella parte, quando si prende atto dei sacrifici fatti per sostenere un ruolo, la convinzione di trovarsi di fronte a un grande attore è già data per scontata. Al massimo si rafforza. Al momento del ritiro del premio di miglior attore al Festival di Cannes 2010, Elio Germano ha scherzosamente chiesto se sulla sua statuetta ci fosse scritto che la vittoria era stata ottenuta ex aequo con Javier Bardem. Per quanto leggero e scanzonato, l’aneddoto ben evidenzia come l’attore spagnolo sia attualmente la pietra di paragone per chiunque intenda fare dell’arte della recitazione la propria professione. Quello che De Niro è stato per la generazione degli anni Settanta e Ottanta, Bardem lo è stato per gli anni Zero. Con il suo viscerale mimetismo frutto di una meticolosità e di una precisione maniacali, l’attore spagnolo opera sempre in quel range ristretto occupato dai grandissimi che sta fra il camaleontismo e l’overacting. A stupire è, inoltre, la puntualità con la quale si assume il rischio di ruoli estremi senza ricorrere all’ipergestualità o a qualsiasi tipo di scorciatoia atta ad accattivarsi i favori del pubblico. Esistono attori che danno il meglio di loro stessi quando vengono 11


bardem:linklater 14/11/11 15.10 Pagina 12

diretti da grandi registi (si pensi ai “due” Tom Cruise, quello diretto da Stanley Kubrick, da Oliver Stone e da Paul Thomas Anderson e a quello più commerciale e gigioneggiante sotto la guida di registi minori) e altri che sanno adattarsi alla mano e alla visione del regista fornendo regolarmente prove magistrali indipendentemente dal registro richiesto dal loro ruolo (il truce Daniel Day Lewis di Gangs of New York è efficace quanto il represso Daniel Day Lewis de L’età dell’innocenza). Inutile dire come Bardem appartenga a questa seconda schiera. È doverosa una premessa. La maturazione di Bardem come attore avviene nella Spagna del boom economico degli anni Novanta. E l’esplosione dell’economia iberica si accompagna a un boom del cinema che ne registra l’evoluzione da grigia dittatura a multiforme potenza globale. In questa temperie culturale i registi Pedro Almodóvar, Juan José Bigas Luna, Alejandro Amenábar e Álex de la Iglesia riescono a conquistare spazi importanti portando il cinema spagnolo fuori dai confini nazionali. Se fra gli anni Trenta e Settanta gli unici spagnoli ad avere un’ampia distribuzione internazionale erano stati Luis Buñuel, Luis García Berlanga e Juan Antonio Bardem, a partire dagli anni Novanta le pellicole iberiche ottengono grande successo anche in Europa e persino negli Stati Uniti creando un movimento e vere e proprie star. La carriera di Bardem decolla nel 1993 con l’interpretazione di Huevos de oro. In quella stagione cinematografica gli spettatori complessivi nelle sale spagnole sono 92,6 milioni ma di questi soltanto il 9,07% sceglie pellicole della produzione nazionale. Sei anni dopo - nella stagione di Tutto su mia madre (Todo sobre mi madre, 1999) - gli spettatori totali sono 131,3 milioni ma la percentuale degli spettatori del mercato interno è del 16%. Il biennio 2000-2001 segna un punto di svolta per il cinema spagnolo: Pedro Almodóvar vince l’Oscar per il miglior film straniero con Tutto su mia madre, Bardem ottiene la Coppa Volpi a Venezia con un film di produzione statunitense, Prima che sia notte 12


bardem:linklater 14/11/11 15.10 Pagina 13

(Before night falls, 2000) di Julian Schnabel, Alejandro Amenábar gira The Others (2001) con Nicole Kidman, Penelope Cruz gira tre pellicole a Hollywood al fianco di Johnny Depp, Matt Damon e Tom Cruise. Il cinema spagnolo entra di prepotenza a Hollywood dove Antonio Banderas si è già insidiato da qualche stagione diventando addirittura regista per Pazzi in Alabama (Crazy in Alabama, 1999). La sensuale Maribel Verdù recita nel sottovalutato Y tu mama tambien (2001) del talentuoso messicano Alfonso Cuaròn. L’osmosi con Hollywood produce un effetto benefico sul box office: il 2001 è la stagione dei record con 146,8 milioni di spettatori di cui 26,2 scelgono pellicole spagnole (contro gli 8,6 del 1993). Il bilancio del mercato interno (17,9%) è trainato dalla performance di The Others che porta al cinema ben 6,4 milioni spettatori (ovverosia il 23,8% di coloro che vanno a vedere un film spagnolo). Comincia da quel momento un lento e progressivo abbandono delle sale che culmina nei 104,4 milioni complessivi del 2009. Nel 2005 Javier Bardem, ormai richiestissimo da Hollywood, e Alejandro Amenábar danno vita a Mare dentro, opera che mette d’accordo critica e pubblico facendo razzia di premi (ad Amenábar vanno il Leone d’argento a Venezia, l’Oscar di miglior film straniero e una messe di riconoscimenti della critica iberica fra cui il Goya come miglior film, a Bardem la Coppa Volpi, il Fotogramas de Plata e il Goya come miglior attore) e portando al cinema 4 milioni di spagnoli (con un’incidenza del 20,7% di spettatori sul totale delle produzioni spagnole). Nel 2004 gli spettatori sono 143,9 milioni, cifra che segna la sommità di una parabola da quel momento in costante discesa. A quel punto Javier Bardem decide di spendere le sue due candidature ai Golden Globe per dedicarsi full time a Hollywood. Mentre la Spagna fa i conti con i primi scricchiolii della crisi economica lui conquista il premio Oscar con Non è un paese per vecchi. Ora può scegliere secondo la vecchia regola cerchiobottista “un film per me, un 13


bardem:linklater 14/11/11 15.10 Pagina 14

film per loro” cara a King Vidor, ovverosia un film di cassetta e un film d’arte. Ecco allora alternarsi le prove light di Vicky Cristina Barcelona e di Mangia, prega, ama (Eat, pray, love, 2010) con quelle di Biutiful e del prossimo The Burial di Terrence Malick. «È un attore drammatico» Quando Javier Ángel Encinas Bardem nasce a Gran Canaria il 1° marzo 1969, il ramo materno della sua famiglia è già una delle dinastie più floride del cinema spagnolo. Il nonno Rafael debutta sul grande schermo nel 1940 con Mauricio o Una vitima del vicio; nonostante un avvio tardivo (all’epoca ha 51 anni) il capostipite dei Bardem diventa uno dei caratteristi più richiesti della sua generazione, basti pensare che fra il 1947 e il 1949 il suo nome compare in ben 19 produzioni spagnole, fra le quali spiccano Eroi senza gloria (La Mies es mucha, 1948) e Romanzo d’una donna perduta (Una mujer cualquiera, 1949). È il regista Rafael Gil a impiegarlo nei ruoli più diversi come nel Padre Manuel de Il segreto di Fatima (La señora de Fatima, 1951), nel direttore di banca de Il segreto di una stella (Ser intrépida, 1952), nell’uomo che prepara la cena de Il bacio di Giuda (El beso de Judas, 1957). Gli anni Cinquanta sono intensissimi per il patriarca della dinastia che partecipa a oltre 60 pellicole, quasi sempre con ruoli di secondo piano. Anche sua moglie Matilde Muñoz Sampedro è attrice di cinema e teatro ed ha due sorelle che si dividono fra teatro e cinema, Guadalupe e Mercedes. Nel 1953 il loro figlio Juan Antonio (nato a Madrid nel 1922) debutta alla regia con Esa pareja feliz e chiama entrambi i suoi genitori a recitare. Juan Antonio si afferma immediatamente come uno degli autori più talentuosi della sua generazione e non manca di coinvolgere il padre in altri film come Felices pascuas (1954), Ho giurato di 14


bardem:linklater 14/11/11 15.10 Pagina 15

ucciderti (La venganza, 1958) e L’avventuriero dei due mondi (Sonatas, 1959) e la madre in altre pellicole, quasi a voler alternare le due figure genitoriali nei suoi lavori. Nel 1957 Rafael Bardem interpreta il ruolo di Elia Vagoni in Totò, Vittorio e la dottoressa per la regia di Camillo Mastrocinque. Il finale di carriera è all’insegna dei film di genere di produzione italiana: eccolo ne Il vendicatore di Kansas City (1965) e in Sette pistole per i McGregor (1966) e in un paio di brutte copie dei film di James Bond che proliferano in quegli anni, Da 077: intrigo a Lisbona (1965) e Agente x 1-7 operazione Oceano (1966). Muore nel 1972 a Madrid, all’età di 83 anni, con ben 112 film all’attivo in appena trent’anni di carriera. La “nonna”, invece, continua a lavorare incessantemente fino alla morte - avvenuta nel 1969, quando Javier ha appena sei settimane - interpretando spesso il ruolo di donne energiche e volitive. Ma è soprattutto Juan Antonio a portare alla celebrità la famiglia dei Bardem. Formatosi insieme al regista Luis García Berlanga nelle file dell’opposizione antifranchista, debutta nel 1951 dirigendo con il collega Esa pareja feliz, storia di una coppia di operai madrileni che risente dell’influsso del neorealismo italiano e che segna la rinascita del cinema spagnolo. La sua carriera prosegue con Cómicos, Felices pascuas, Gli egoisti (Muerte de un ciclista, 1955) che si aggiudica il premio di miglior film al Festival di Cannes e Calle Mayor (1956) che ottiene il premio della critica alla Mostra del Cinema di Venezia. Nel 1958 il suo Ho giurato di ucciderti diventa il primo film spagnolo a ottenere la candidatura all’Oscar come miglior film straniero. Ma, al momento della consegna dei premi, la storia di faide familiari interpretata da Raf Vallone, Fernando Rey, Arnoldo Foà e Carmen Sevilla soccombe a Mio zio (Mon oncle) di Jacques Tati. Ci vorranno altri 24 anni prima che un film spagnolo vinca l’ambita statuetta - José Luis Garci con Ricominciare (Volver a empezar, 1982) - e 50 anni esatti perché suo 15


bardem:linklater 14/11/11 15.10 Pagina 16

nipote Javier conquisti quella di miglior attore. Grande ammiratore del cinema italiano Juan Antonio Bardem viene frequentemente distribuito nel nostro paese formando con Buñuel e Berlanga un trittico di autori da esportazione. L’avventuriero dei due mondi (Sonatas, 1959), Sulla sabbia è passata la morte (Los inocentes, 1963), Amori di una calda estate (Los pianos mécaniques, 1965) lo consacrano a livello internazionale. In quest’ultima pellicola il regista madrileno può vantare un cast internazionale con la greca Melina Mercouri, l’inglese James Mason e il tedesco Hardy Kruger. Nel 1972 è dietro la macchina da presa in una produzione italiana che ha come protagonista Omar Sharif: L’isola misteriosa e il capitano Nemo. A metà degli anni Settanta la sua attività si biforca fra la produzione televisiva e più sporadiche regie cinematografiche come L’altra casa ai margini del bosco (La corruption de Chris Miller, 1973) e El poder del deseo (1975). Divenuto una sorta di monumento nazionale, negli ultimi anni di carriera Juan Antonio Bardem si dedica a due biopic televisivi sui più grandi artisti spagnoli del XX secolo: fra il 1987 e il 1988 gira i sei episodi di Lorca, morte di un poeta e nel 1993 le quattro puntate di El joven Picasso. Nel 1998 avviene l’addio al cinema con Resultado final. Muore il 30 ottobre 2002 all’età di 80 anni. La terza figura della famiglia Bardem è Pilar, figlia di Rafael e sorella di Juan Antonio. Nata a Siviglia nel 1939 debutta nel 1965 con El mundo sigue. Dopo la nascita di Javier torna al cinema con Aberrazioni sessuali in un penitenziario femminile (Las melancolicas, 1971) film che i distributori italiani titolano in maniera ingannevole in modo da attirare la morbosità del pubblico del sexploitation ma che in realtà è ben altra cosa dal genere carcerario, svolgendosi in realtà in un manicomio. Come suo padre Rafael e suo fratello Juan Antonio anche Pilar partecipa a produzioni italiane come Dirai: “Ho ucciso per legittima difesa” (1974). Proprio nel 1974 Pilar interpre16


bardem:linklater 14/11/11 15.10 Pagina 17

ta il ruolo di Cariharta nella serie televisiva El picaro scritta, diretta e interpretata da Fernando Fernán Gómez, uno degli attori spagnoli più famosi dell’epoca. Lo sceneggiato segue le vicende del picaro Lucas Trapaza nei suoi pellegrinaggi fra Spagna, Italia e Baviera. Nel mondo del cinema è tradizione coinvolgere nel ruolo di bambini figli o parenti degli attori. Ed ecco che il 13 novembre del 1974 il piccolo Javier si trova per la prima volta davanti alla macchina da presa. Uno sdentato bifolco tenta in tutti i modi di farlo ridere, così come richiede il copione, ma non c’è nulla da fare. Quando, poi, arrivano i due briganti con la pistola esplode in un pianto a dirotto. Il regista e attore Fernán Gómez ironizza sulla performance del piccolo attore con una battuta che ha il gusto della predestinazione: «Rinunciamo, è un attore drammatico». Bardem, però, in un’intervista al sito internet del New York Times 1 fa riferimento a un altro episodio per descrivere la sua epifania di attore: «C’è un momento in cui ho deciso di fare l’attore. È successo quando avevo cinque anni: ero con mio padre ed ero vestito come un cacciatore pronto per il safari con un piccolo coltellino. Non facevo nulla di particolare ma credo che in quel momento io abbia capito di essere un personaggio». Il primo ricordo cinematografico è All that jazz (1979) su cui Bardem ironizza: «C’erano molte donne nude e volevo assolutamente rivederlo!» Anche La febbre del sabato sera (Saturday night fever, 1977) lo suggestiona e il piccolo Bardem si diverte a imitare John Travolta intrattenendo la madre e le sue colleghe attrici nelle pause delle prove a teatro. È proprio la madre Pilar a nutrire in Javier la passione per la recitazione portandolo con sé sul set e nei retropalchi: «Sono stato abituato ad avere molto rispetto per questa professione. Ho visto mia madre tremare nel camerino e dopo salire sul palcoscenico e dare tutto. E da lei ho imparato che se avessi dovuto fare qualcosa avrei dovuto farlo bene. Ricordo di aver trascorso notti e notti intere ripas17


bardem:linklater 14/11/11 15.10 Pagina 18

sando con lei i copioni. Mi incantava farlo. Lei faceva il suo personaggio, io le altre parti e quando non si ricordava il copione lo ripeteva, lo ripeteva fino a impararlo a memoria. Lo facevamo per cinque o sei volte e la settima, quando già dominava il copione e la tecnica, la vedevo volare. In quelle notti imparavo che cos’era il sacrificio, l’ordine e il lavoro» 2. La figura materna è fondamentale nella formazione del giovane Javier che a dieci anni compare in un’altra pellicola interpretata dalla madre El poderoso influjo de la luna (1980). Negli anni Novanta la sua consacrazione come attrice coincide con il debutto di Javier. Le loro strade si incrociano in Le età di Lulù (Las edades de Lulù, 1990) dove madre e figlio svolgono la stessa attività lavorativa: si prostituiscono. Nel 1998, partecipano entrambi a Carne tremula di Pedro Almodóvar: Pilar è la maitresse di un bordello che aiuta una delle sue “ospiti” a partorire su di un autobus. Si tratta del prologo del film che si svolge nel gennaio del 1970 e che ha un divertente risvolto metafilmico: la partoriente è Penelope Cruz che diventerà nel luglio 2010 moglie di Javier e nel gennaio 2011 madre del suo primo figlio Leo! Ma il divertissement fra realtà e finzione non finisce qui: la futura vera moglie del vero Bardem dà alla luce il finto figlio che, una volta cresciuto, soffierà la finta moglie Francesca Neri al finto David interpretato da Bardem. Quando si dice il destino… Un altro aneddoto gustoso è quello riguardante i Premi Goya che la sera del 27 gennaio 1996 vedono imporsi Pilar come miglior attrice non protagonista per Nessuno parlerà di noi (Nadie hablará de nosotros cuando hayamos muerto, 1995), Javier come miglior attore per Boca a boca e Miguel - figlio di Juan Antonio - per La madre, il miglior cortometraggio dell’anno con Pilar e Javier finalmente nel ruolo di madre e figlio. Pilar, fra l’altro è presente con una comparsata anche in Boca a boca. Insomma, una serie infinita di incroci familiari. Pilar e Javier partecipano con due camei anche a Nessuna notizia 18


bardem:linklater 14/11/11 15.10 Pagina 19

da Dio (Sin noticia de dios, 2001) ed è a lei e a tutto il ramo materno della sua famiglia che, nel marzo 2008, Javier dedica il suo Oscar: «Mamma questo è per te, per i tuoi nonni, per i tuoi genitori, questo è per gli attori di Spagna che hanno portato come te dignità e orgoglio alla nostra professione». Decisamente più enigmatica è la figura di José Carlos Encinas Doussinague, il padre che abita una zona d’ombra nella biografia dell’attore canariano. Non è un caso che lui e i suoi fratelli Carlos e Monica abbiano scelto di conservare il cognome materno come nome d’arte. L’unica dedica pubblica al padre è stata fatta nel gennaio 1996 in occasione della sua seconda vittoria ai premi Goya: già malato di leucemia, José Encinas si spegne qualche settimana dopo in un ospedale madrileno. José Carlos Encinas Doussinague, studente di Economia, conosce una giovanissima Pilar Bardem e fra i due si stabilisce quasi subito un’intensa relazione. Subito dopo il matrimonio, però, Pilar si accorge di avere commesso uno sbaglio: l’uomo virile, colto, intelligente e ricco di senso dell’umorismo rivela una personalità enigmatica. Josè cambia circa dieci impieghi: prima lavora per la Piuma d’oro, una marca di impermeabili, poi per una ditta di foraggi composti, dopo per un’azienda di import-export e, verso la fine degli anni Sessanta, per un’agenzia immobiliare canariana diretta da un poliziotto. È proprio nei cinque anni di soggiorno alle Canarie che nasce Javier. Non sono le difficoltà economiche a mettere in crisi il matrimonio, quanto la personalità dispotica, autoritaria e imprevedibile del capofamiglia che - a separazione già decisa ma non ancora firmata - esplode addirittura alcuni colpi di pistola nel tentativo di aprire la porta che Pilar tiene chiusa per impedirgli di portare i figli con sé. Come in un melodramma di Almodóvar, in un’altra occasione è Pilar a impugnare un’arma da fuoco. Dopo aver atteso invano il ritorno dei figli dalla Settimana Santa trascorsa col padre a Bagdad (dove il genitore lavo19


bardem:linklater 14/11/11 15.10 Pagina 20

Un giovane Javier Bardem (nel tondo) con la divisa della Nazionale giovanile di rugby (courtesy Federaci贸n Espa帽ola de Rugby)

20


bardem:linklater 14/11/11 15.10 Pagina 21

rava per un’azienda di costruzioni), Pilar si reca nella casa madrilena del marito e lo minaccia con una pistola: «Mi hai detto che non avevo le palle per venire e spararti, ecco tieni» dice premendo il grilletto. «Gli sparai due volte racconta nella sua autobiografia Pilar -, premetti il grilletto due volte. Non era caricata. Altrimenti sarebbe stato impossibile sbagliare da quella distanza, lo avrei ucciso». Vinto da una lunga malattia, José Encinas viene accompagnato dai figli sino alla fine: «I miei figli si precipitarono al suo cappezzale - ricorda Pilar nelle sue memorie - Non avevo mai visto il maggiore piangere in questo modo. Diedi a Carlos un bacio sulla fronte gelata e gli dissi che lo perdonavo per tutto il male che mi aveva fatto, che andasse tranquillo e me ne andai a lavorare a teatro. Iniziai il 1996 come una vedova». Anche Carlos e Monica hanno scelto la carriera di attori, anche se con esiti molto lontani da quelli del celebre fratello e di alcuni loro predecessori. Carlos è il fratello maggiore. Nato a Madrid nel 1963 debutta piuttosto tardi, passati i trent’anni partecipando con i suoi due fratelli a Más que amor, frenesí (1996). I tratti somatici da indio ne orientano la carriera verso le produzioni d’Oltreoceano dove interpreta spesso il ruolo dell’ispanoamericano. In Perdita Durango, il primo ruolo anglofono di suo fratello, Carlos interpreta il cugino traditore che uccide Romeo Dolorosa. Le loro carriere si lambiscono anche in altre occasioni: nella commedia Torrente, el brazo tonto de la ley (1998) o ancora in L’ultimo inquisitore (Goya’s Ghost, 2006), dove Carlos ha una piccola parte in cui impersona un ufficiale francese. Nelle ultime stagioni la carriera di Carlos è evoluta verso ruoli più strutturati, staccandosi dalla subordinarietà che lo legava al suo fratello minore: prove ne sono il ruolo di Gerardo in La zona (2007) di Rodrigo Plá, di Moises Guevara in Che-Guerrilla (2008) di Steven Soderbergh e di Apache in Cella 211 (Celda 211, 2009) di Daniel Monzon. Decisamente più episodica è la carriera di attrice cine21


bardem:linklater 14/11/11 15.10 Pagina 22

matografica di Monica Bardem, più giovane di Carlos di appena un anno. Il debutto avviene nel 1993 con il ruolo di Lola Ruiz Picasso in una fiction televisiva sul grande pittore iberico. Nello stesso anno Monica lavora con Almodóvar in Kika - Un corpo in prestito (Kika, 1994) e due anni dopo fa parte del cast di Boca a boca (1995). Le sue apparizioni terminano alla fine degli anni Novanta. Tanto per non smentire la tradizione famigliare, Javier si lega sentimentalmente alla donna più desiderata di Spagna, tale Penelope Cruz che nel primo ruolo importante della carriera ha interpretato la sua ragazza. È il 1992, l’anno di Prosciutto, prosciutto (Jamon, jamon). Javier ha 23 anni e Penelope 18. I due partecipano ad altri due film senza mai occupare la stessa scena: in Carne tremula Penelope partecipa al prologo di un film che ha Javier protagonista e in Nessuna notizia di Dio Javier compare con un cameo di 5” sui titoli di coda nientepopodimeno che come incarnazione trascendente e mascolina di Penelope che è la protagonista “terrena” della pellicola. Per riaverli contemporaneamente sulla scena bisogna dunque attendere il 2008, quando i due attori spagnoli compongono con la maliziosa Scarlett Johansson e l’innocente Rebecca Hall il teatraedro amoroso di Vicky Cristina Barcelona di Woody Allen. La pellicola è galeotta. L’amicizia maturata sedici anni prima si trasforma in una relazione che Javier manifesta pubblicamente solamente al momento della premiazione come miglior attore protagonista al Festival di Cannes del 2010: “Mi amiga, mi compañera, mi amor... Penelope!” è la dedica dello spagnolo ritirando il premio di miglior attore. Poco più di un mese dopo i due si sposano in gran segreto alle Bahamas. Il 22 gennaio 2011 nasce Leo Encinas Cruz. Sarà lui a inaugurare la quarta generazione di attori? Di certo i geni non gli mancano...

22


bardem:linklater 14/11/11 15.10 Pagina 23

Carlos Bardem

23


bardem:linklater 14/11/11 15.10 Pagina 24

Note Lynn Hirschberg, T Screen Test Films. Lynn Hirschberg talks with Javier Bardem, (http://www.youtube.com/watch?v=KP7e9bk6_ok), 4 settembre 2008. 1

Elsa Fernadez Santos, No soy un genio, “El Pais”, 21 novembre 2010. 2

24


bardem:linklater 14/11/11 15.10 Pagina 25

Nel segno dell’eros Nel 1989 Bardem è un Superman in calzamaglia «Non è un uccello, non è un aereo... è Superman!» dice il presentatore - alquanto goffo nel programma El día por delante della televisione spagnola. Il giovane Javier fa da “sparring partner” alla madre attrice ripetendo con lei i copioni, si fa le ossa a teatro, lavora come attrezzista, fa la comparsa al cinema e recita in televisione (nella serie Segunda Enseñanza) per pagarsi gli studi all’Accademia delle Belle Arti dove coltiva la passione per la pittura e gioca a rugby arrivando addirittura nella nazionale giovanile spagnola. Il rugby oltre a forgiarne il fisico, gli regala un’impostazione mentale che Bardem ama ricordare in numerose interviste: «Ho praticato numerosi sport ma il mio preferito è stato sicuramente il rugby. Mi sono rotto le ossa e il naso ma in quindici stagioni di pratica ho imparato l’importanza di far parte di una squadra, l’importanza di conoscere la mia posizione e di poter supportare in un movimento comune quelli che stanno al mio fianco. Quando giro un film mi ricordo di quanto ho imparato nel rugby» 3. Gli ex compagni di squadra sono a tutt’oggi i suoi migliori amici: «I miei vecchi compagni della squadra di rugby nella quale giocai dai 9 ai 25 anni sono il mio segreto e sono importanti quanto una famiglia. La famiglia ti pone in situazioni più estreme perché non la scegli, ma gli amici li eleggi tu. Sono i miei punti di riferimento, la mia ossessione. Mi hanno aiutato a non perdermi. Prima della serata del mio Oscar dissi al mio agente che avrei portato alla cerimonia circa 17 persone, loro con le loro mogli. Ed egli dovette accettare perché tutto quello che mi è capitato di bello è anche merito loro» 4. Pur non abbandonando il rugby, compiuti vent’anni Bardem decide di tentare la carta del cinema. In Le età di Lulù (Las edades de Lulù, 1990) Bigas Luna sfrutta la sua fisicità per il ruolo di un gigolò che si prostituisce con altri compari per solleticare le fantasie della protagonista 25


bardem:linklater 14/11/11 15.10 Pagina 26

Pilar Bardem

26


bardem:linklater 14/11/11 15.10 Pagina 27

Francesca Neri. Come abbiamo già accennato in precedenza anche la madre di Javier interpreta il ruolo di una prostituta. Bardem è il “regista” degli accoppiamenti orgiastici con Lulù e attore di rapporti sodomitici che Bigas Luna riprende in maniera abbastanza esplicita. Le prime importanti apparizioni cinematografiche di Bardem sono tutte all’insegna dell’eros. Almodóvar gli offre un ruolo secondario in Tacchi a spillo (Tacones lejanos, 1991). Ricopre il ruolo di Antonio in Amo tu cama rica (1991) di Emilio Martinez Lazaro, partecipa con piccoli ruoli alle serie televisive Brigada central (1990), Tango (1992) e Cronicás del mal (1992) ma fa il definitivo salto di qualità con Prosciutto prosciutto di Bigas Luna. A soli 22 anni Javier ottiene il primo ruolo da protagonista al fianco dell’allora diciottenne Penelope Cruz. Il cast è internazionale, oltre alle due giovani promesse del cinema spagnolo ci sono le italiane Stefania Sandrelli e Anna Galiena e il connazionale Jordi Mollà. La fisicità prorompente di Bardem viene sfruttata al massimo da Bigas Luna che non gli risparmia accoppiamenti acrobatici con la Cruz e effusioni più ordinarie con la Sandrelli, nonché primi piani piuttosto espliciti sugli slip che indossa come modello di intimo. Classico melodramma iberico, Prosciutto, prosciutto ha come protagonista la giovane Silvia (Penelope Cruz), figlia dell’ex prostituta Carmen (Anna Galiena) e fidanzata di José Luis (Jordi Mollà). Quando Silvia rimane incinta e i due giovani decidono di sposarsi, Conchita (Stefania Sandrelli), madre di Josè Luis e moglie di Manuel (Juan Diego), decide di assoldare Raul (Bardem) perché seduca Silvia e mandi a monte il matrimonio. Ma il piano sfugge di mano alla sua stessa burattinaia: oltre a Silvia è la stessa Conchita a rimanere vittima del fascino di Raul e a offrigli qualsiasi cosa in cambio di un rapporto sessuale. Raul si “accontenta” di una Yamaha Fzr600 e inizia dei veri e propri straordinari tour de force amatori dividendosi fra il legame genuino per la bella Silvia e quello mercenario per la perfida 27


bardem:linklater 14/11/11 15.10 Pagina 28

Prosciutto, prosciutto (1992) di Bigas Luna

28


bardem:linklater 14/11/11 15.10 Pagina 29

Conchita. La situazione precipita e i due contendenti si sfidano brandendo due prosciutti come fossero spade: José Luis morirà e Raul resterà gravemente ferito. La coreografia del duello finale riprende l’iconografia del dipinto Duello rusticano di Francisco Goya, un nome che tornerà ripetutamente nella carriera di Bardem alcuni anni dopo. Il film viene presentato al Festival del cinema di Venezia del 1992 e suscita pareri contrastanti. La giuria decide di assegnargli il Leone d’argento a pari merito con Hotel de Luxe di Dan Pita e con Un cuore in inverno (Un coeur en hiver) di Claude Sautet. Il personaggio eccessivo, smargiasso e guascone di Bardem lo istrada su ruoli da mascalzone, ruffiano ed erotomane che mettono in luce la presenza scenica e l’impronta estremamente fisica e sensuale della sua recitazione. Bigas Luna, d’altronde, non potrebbe essere più esplicito: nella prima scena Bardem si allena per una toreada con il pene eretto, nella seconda è inquadrato nella selezione per i modelli della pubblicità di intimo della ditta diretta dai famigliari di quello che sarà il suo futuro rivale in amore. La sensualità dei protagonisti viene spesso associata al cibo. Il prosciutto del titolo viene evocato più volte da Raul che lavora, appunto, come distributore dei prosciutti Los conquistadores. Entrambi gli amanti di Silvia sono attratti dai seni di Silvia per il loro sapore di tortilla. Conchita prima di sedurre Raul mangia dell’aglio. Tragicommedia dai sapori forti, Prosciutto, prosciutto propone una girandola di passioni in cui tutti intrattengono o hanno intrattenuto relazioni con i protagonisti del piccolo microcosmo che ruota intorno alla coppia dei due giovani fidanzati: Silvia ama prima Luis poi Raul, Luis ha avuto una relazione con Carmen e ora ama Silvia, Raul si divide fra Conchita e Silvia, Carmen ha avuto una storia sia con Luis che con suo padre e così via con uno schema binario che non risparmia neanche i genitori di Luis. L’abbraccio finale che evoca la pietà michelangiolesca è insieme tragico e ironico: Manuel abbraccia Silvia, Conchita Raul e 29


bardem:linklater 14/11/11 15.10 Pagina 30

Prosciutto, prosciutto (1992) di Bigas Luna

30


bardem:linklater 14/11/11 15.10 Pagina 31

Carmen José Luis. I giovani vengono abbracciati dagli adulti, ma non sono i genitori ad abbracciare i figli ma gli amanti adulti che abbracciano gli amanti giovani. Già perché nel frattempo, mentre la situazione precipita, anche Manuel, padre di Josè Luis, viene sedotto dall’acerba bellezza di Silvia. Bigas Luna crede, dunque, in una prevalenza dei legami nati dalla passione rispetto a quelli dati dalla consanguineità. Ma non tutte le passioni sono sincere. Il personaggio più ambiguo è proprio il Raul interpretato da Bardem il quale pur dicendo di amare alla follia Silvia si fa ripetutamente comprare da Conchita, prima con una moto, poi con il miraggio di una Mercedes. L’ambizione di Raul contiene il germe di Benito González, personaggio che Bardem incarnerà un anno dopo, sempre al servizio di Bigas Luna. Il film esce nel 1992, una stagione capitale nella quale la Spagna approda in Europa e organizza le Olimpiadi di Barcellona avviando un processo di modernizzazione che la porterà a quindici anni di vorticoso sviluppo economico e sociale. Il personaggio di Bardem sembra incarnare più di tutti gli altri le tensioni opposte che brulicano nella penisola iberica: da una parte il richiamo atavico della tradizione (sesso, cibo e toreada), dall’altro quello del progresso (ricchezza e status symbol). E come non vedere una metafora della Spagna prossima ventura in Bardem e Penelope Cruz che si accoppiano sotto una di quelle silouhette taurine di cui fu disseminata la penisola iberica per pubblicizzare un noto marchio di cognac? È da questo film che nasce un cinema iberico che vent’anni dopo porterà, proprio quei due attori, ai vertici di Hollywood. Con Prosciutto, prosciutto arrivano anche i primi riconoscimenti da parte della critica: il premio San Jordi come miglior attore spagnolo e le nomination al Fotogramas de Plata e ai premi Goya. «Fu un’ascesa molto potente - racconta Bardem in un’intervista a “El Pais” datata 8 marzo 2007 a firma Rocio García -, come un colpo di pistola. Il successo fu grande sia per il film che per noi tutti ma fu lì che cominciai a rallentare il passo. Mi 31


bardem:linklater 14/11/11 15.10 Pagina 32

Prosciutto, prosciutto (1992) di Bigas Luna

32


bardem:linklater 14/11/11 15.10 Pagina 33

chiesi: “Posso arrivare a meta così facilmente?”. Grazie all’esperienza della mia famiglia sapevo che questa è una carriera che richiede costanza e per questo incominciai a rallentare il ritmo. Mi dissi che se volevo invecchiare bene nel cinema mi restavano molti errori da fare e molte cose da apprendere. Lo ricordo come un momento ansioso. Avevo 21 anni. “Dove sto sto andando? Dove sto andando?” mi domandavo. Fu in quel momento che fissai gli assi fondamentali della mia carriera, di quello che credevo potesse essere il mio futuro». Negli anni Novanta il cinema spagnolo sembra far esplodere la sessualità e la vitalità troppo a lungo represse negli anni del franchismo. La maggior parte dei film che vengono distribuiti in Italia in quegli anni sono contraddistinti da un alto tasso di erotismo, dalla frequente presenza di attrici italiane e da quella del giovane Bardem che dimostra di non avere pregiudizi per ruoli che mettono in primo piano la sua fisicità. Succede lo stesso per L’amante bilingue (El amante bilingue, 1993) di Vicente Aranda. Norma (Ornella Muti) è una ricca donna spagnola che parla sia il castigliano che il catalano. Sposata con l’umile Juan (Imanol Arias) lo tradisce ripetutamente con amanti occasionali che seduce per strada e nei bassifondi. Gli ipotetici amanti prima dell’accoppiamento devono superare un esame: mantenere sul loro pene eretto una scarpa senza farla cadere. Naturalmente anche Bardem che in questo film interpreta un lustrascarpe - supera l’esame calzaturiero. Si tratta di un ruolo secondario che fa da trait d’union fra le due pellicole di Bigas Luna che rivelano il talento attoriale di Bardem. La seconda è Uova d’oro (Huevos de oro, 1993) film del quale Bardem è assoluto mattatore. Benito González è miltare carpentiere a Melilla, nel Marocco spagnolo, insieme all’amico Miguel (un giovanissimo Alessandro Gassman). La sua fidanzata Rita (Elisa Touati) lo tradisce con il commilitone e Benito, una volta lasciato dalla ragazza, torna in patria e fonda un’impresa edile a Benidorm. Desideroso 33


bardem:linklater 14/11/11 15.10 Pagina 34

Prosciutto, prosciutto (1992) di Bigas Luna

34


bardem:linklater 14/11/11 15.10 Pagina 35

di edificare la Torre González, l’edificio più alto di Benidorm, Benito, pur avendo una relazione con la sensuale Claudia (Maribel Verdù), sposa Marta (Maria de Medeiros), la figlia del ricco finanziere Gil. Marta scoperta la relazione del marito con Claudia accetta di far parte di un rapporto a tre che si conclude tragicamente con un incidente d’auto in cui Claudia perde la vita e Benito rimane gravemente menomato. Dopo una lenta riabilitazione e ormai sommerso dai debiti, Raul conosce in un club notturno Ana e va a vivere con lei a Miami. La donna lo tradisce con un giardiniere (Benicio Del Toro) costringendolo al contrappasso di un ménage à trois che si conclude con un pianto finale, carico di amarezza. La critica di Bigas Luna alla Spagna dei primi anni Novanta è feroce. In questo film rieccheggia lo stesso spirito caustico delle commedie italiane degli anni Sessanta con le quali Monicelli e Risi descrivevano il nostro boom economico. La pantagruelica fame di Benito González si manifesta con la stessa voracità a tavola, in camera da letto e negli affari. Sin dal titolo - le uova d’oro che alludono ai testicoli - il tema della duplicità accompagna il protagonista nella sua parabola dall’inferno al paradiso e ritorno. Il personaggio bigger than life di Bardem mangia con voracità animalesca, seduce le donne piegandole alla sua volontà con la forza persuasiva della sua esuberante sessualità ma, soprattutto, si muove con aggressività e arrivismo nel mondo degli affari, passando come un rullo compressore su sentimenti e legami. Due catenine, due rolex d’oro, due cani, due donne, Benito vuole due di tutto. Afferma che il sesso è arte e fantasia ma non appena la situazione di dominio e di regia gli sfugge (si veda l’attrazione lesbica di sua moglie per Claudia) eccolo diventare capriccioso come un bambino. Canta a squarciagola Por el amor de una mujer di Julio Iglesias ma tutto sembra avere tranne la capacità di amare veramente una donna. Insieme a Bardem il regista Luna architetta un film nel quale il simbolismo è sempre dietro l’angolo. 35


bardem:linklater 14/11/11 15.10 Pagina 36

L’inscindibile legame fra sesso e potere si manifesta in maniera esplicita nel desiderio di costruire la torre più alta della città. Proiezione fallica nello skyline cittadino, la Torre González è anche il luogo in cui il protagonista incontra nuovamente Rita, la ragazza che lo ha tradito e che ora va da lui per ottenere, dopo esserglisi concessa, un lavoro da carpentiere per Miguel, suo fidanzato ed ex commilitone di Benito. Assolutamente incapace di essere elegante, Benito possiede un guardaroba criminale nel qule improbabili camicie a righe vengono alternate a casacche leopardate. Lui non se ne cura: «Meglio un rozzo arricchito che un povero raffinato» dice. Emblema del parvenu, González descrive la sfortunata parabola di chi vuole ascendere socialmente in un mondo che non accetta così facilmente i nuovi arrivati nelle stanze dei bottoni. La megalomania, l’esuberanza e la sfrontatezza che lo condurranno alla rovina lo rendono, allo stesso tempo, insopportabile e umano, irritante e verosimile. Il finale ha il sapore del contrappasso, della pena che involotariamente si autoinfligge chi vuole troppo e finisce, invece, per rimanere con un pugno di mosche. Il fatto che Bardem pianga mentre scorrono le note di Por el amor de una mujer vuol forse dire che Benito ha puntato tutto sul tavolo sbagliato, quello del benessere economico. Evoluzione del Raul di Prosciutto, prosciutto, Benito ne possiede la stessa vitalità ma la convoglia - più del suo “progenitore” - nell’ambito dell’affermazione economica. Laddove Raul di fatto si prostituisce per una moto o per il miraggio di una Mercedes, Benito usa il sesso come una leva di comando per esercitare il proprio potere su donne che sono il mezzo per arrivare al suo fine: la costruzione della Torre. Si veda, per esempio, il modo in cui la sua rapida ascesa viene descritta nei due ambiti in cui Benito esercita il suo potere: i locali (per la sfera pubblica) e la camera da letto (per la sfera privata). Dagli infimi locali in cui porta Rita a Melilla, Benito passa al ristorante sulla spiaggia in cui conosce Claudia, quindi, al ristorante di 36


bardem:linklater 14/11/11 15.11 Pagina 200

FALSOPIANO

NOVITÀ

Roberto Lasagna Walt Disney. Una storia del cinema

Nicola Boari Wakamatsu Koji. Il piacere della distruzione

Meris Nicoletto Valerio Zurlini. Il rifiuto del compromesso

Ignazio Senatore Roberto Faenza. Uno scomodo regista

Nicolò Barretta - Andrea Chimento - Paolo Parachini Alla ricerca della (in)felicità. Il cinema di Todd Solondz

In libreria e su www.falsopiano.com (le spese di spedizione sono gratuite)


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.